Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Llusern~ Tracce sull'acqua

« Older   Newer »
  Share  
.Neve
view post Posted on 9/1/2015, 16:15




168ga2o



Di un dolce gelo si ricopriva il bosco degli alti alberi, una patina di neve morbida. Lenta, fredda e sottile. Scendeva sopra il terreno d'erba rada, sui rami esili e flessuosi degli antichi salici, dei pini odorosi, e non chiedeva d'essere colta ma solo ammirata. Il gelo seppelliva quella terra malata, quel territorio aspro e infame che nascondeva limacciose insidie per gli uomini sventurati. Ed amena era la purezza di quel manto, perché il bianco lustrava terra e amarezza, cancellava tutto lo sporco del mondo. Lo avrebbero detto guardando il cielo pennellato da mani di viola e d'azzurro, caotico, come il dipinto di un bambino capriccioso. O magari avrebbero ammirato la tenue nebbia che sfumava all'orizzonte, donando la pallida illusione che forse esisteva solo quel bosco e quella pace. Nient'altro. Ma quel gruppetto di anime raccolte attorno ad un focolare vigilava e attendeva. Non che il freddo spirasse via da quella selva bianca, non che la stanchezza si sollevasse come un velo dai loro corpi. Ma che quel buio oltre la nebbia si accendesse di colori, ed una nuova quiete li attendesse radiosi.

Sostavano lì da giorni, e non contavano più le ore persi a guardare il vuoto oltre la caligine. Il cielo sopra di loro donava la frescura, le vesti di pelliccia e le storie davanti al fuoco accendevano i cuori e lo spirito. Dopo qualche passo oltre la selva, li attendeva immoto il villaggio di Penteref, cinquanta anime. Cinquanta vite disincantate in quel territorio troppo vasto per ritrovarsi tutti. Troppo arido persino per farne un giaciglio. Ma la scorza di quelle genti del nord era fin troppo dura per farsi abbattere dalle frivole pretese del tempo. E così si trascinavano in quella vita di rinunce e sacrifici. Le cave minerarie che sorgevano dietro il villaggio, erano per loro l'unica fonte di guadagno e sostentamento. L'unico appiglio per tirare a campare. Erano conosciuti in questo modo tra le terre ed i villaggi vicini, un gruppetto di genti semplici e poco interessate alla ricchezza ed agli agi delle grandi città. Cosa aveva spinto quelle note Lanterne a sostare ai piedi di quel buco di montagna, ben pochi lo sanno. Si diceva che l'ordine di quegli strani regolatori, era ormai da molto tempo sulle tracce di alcuni esseri spettrali. Ombre dagli intenti sospetti e nebulosi, esseri crudeli che si erano macchiati di tante, troppe uccisioni nella filiera dei villaggi contingenti. E proprio un gruppo di questi esseri era stato intravisto a Penteref. Di certo, questo tipo di creature era ben diverso dall'ultimo gruppo affrontato da loro stessi. Pareva forse che non uccidessero per necessità, come le loro cugine vicino Lithien, ma per pura e chiara voglia di predominio. Certo, davvero rare erano le notizie che arrivavano dai compagni che sostavano dall'altra parte dell'Erydlyss. Il rosso ed il bruno, dall'ultima missiva, avevano affermato di non aver visto movimenti sospetti sulle cime dei villaggi Anahmid. Il biondo d'altra parte, si era spinto sino alle profondità celate dell'Erynbaran, senza cavarne nulla di buono - solo vecchie cortecce ed erba sottile- avrebbe detto.

La solita crociata contro le Ombre, dunque? Né più né meno? Eppure ancora adesso loro credevano ad una nuova storia. Credevano in quella speranza di riscatto di tutte le creature dell'Edhel infame. Non più dominate dal giogo di potenti macchinazioni, o crudeli bestialità, ma libere di spingersi a testa alta in ogni angolo di mondo.

Mentre nel grasso pentolone sulla brace sobbolliva l'energetico rancio, La Banshee si avvicinò alla Vecchia quercia, intenta a spazzolare il suo frisone con aria distratta. I suoi occhi non mentivano. Era preoccupata, eppure una luce tenue ne illuminava lo sguardo.

qrd6ip

"Ancora nessuna altra notizia dal gruppo occidentale."
Donovan non fatò.
"Eppure siamo qui da cinque giorni e stentano a farsi vedere."

Giunse una mano in petto, ansiosa, ed una lunga pausa intercorse tra i due. Si fermò ad osservare i compagni stretti attorno al fuoco. C'erano Occhio di Civetta e Buon Sangue, suo fratello il Canterino con lo Straniero appresso, e poi lui la sua luce. Il Cartomante l'aveva seguita in quella nuova missione senza garanzie di sorta. Non gli aveva chiesto come mai lo avesse fatto, non aveva aperto bocca. Semplicemente l'aveva lasciato fare e basta. Forse dopotutto era il corso naturale delle cose, che lui fosse passato prima dal suo cuore e poi spontaneamente l'avesse seguita. E da lì forse lo avrebbe sempre fatto per i giorni a venire. Non era rimasta stupita da quella decisione improvvisa, l'aveva accettata così candidamente. Ma forse dentro al suo cuore era più preoccupata per lui e per i pericoli al quale lo avrebbe esposto. Se non fosse stato il Cartomante di Taanach, molti avrebbero compreso quei timori, l'avrebbero capita.
Ma lui era anche Jace il suo dolce Habibi e compagno di vita, come poteva rimanere tranquilla e serena?

Si passò una mano sullo chador di seta. Una lieve brezza accompagnava la caduta dei fiocchi di neve. Lei e Juan - lo Straniero -, così lontani dalla loro terra natia, parevano cattedrali in mezzo al deserto. E quel paesaggio così alieno e canuto ne accentuava le differenze con tutti gli altri viandanti.

"Forse hanno visto la lanterna che abbiamo lasciato in quella grotta e si sono spaventate."
"Chissà."
Parlava il vecchio, lisciandosi la barbetta brizzolata sul mento.
"Non possiamo conoscere realmente cosa passi loro per la testa."
"Eppure, sento che questa cosa non ci porterà a niente. Le provviste iniziano a scarseggiare e di loro nessuna traccia. Comincio a pensare che siano svanite nel nulla."
Sbuffò, puntando gli occhi su Jace e sugli altri. Il vecchio la guardò severamente, quasi a volerla redarguire.
"Bambina..."
Sussurrò lieve.
"Non lasciarti divorare da ciò che provi. Domina la mente.
Ed il cuore."

Lei annuì, distratta. Forse non capendo realmente le parole di Donovan.

Uno stridore.
Pochi secondi dopo, un falco dal folto piumaggio rossiccio si intravide da lontano. Volteggiò in alto sulle loro teste, poi il vecchio gli offrì il braccio destro, bardato dall'armatura di cuoio, ed egli vi si posò su in modo leggiadro. Donovan sfilò lentamente il rotolo di papiro legato alle zampe artigliate, attento a non ferirsi. Lo lesse in fretta e rilanciò in alto il grande volatile, ma non prima di nutrirlo con un grosso pezzo di carne essiccata. Quello stridette, quasi a ringraziare, poi volò via. Oltre l'orizzonte.

"Gearoid?"
"Si."
"E cosa dice?"
Un sorriso gioviale si disegnò allora sul volto rugoso della Vecchia quercia.

"Che presto arriveranno i rinforzi!"


QM PointVi do un caloroso benvenuto a "Tracce sull'acqua", secondo capitolo del ciclo Llusern!
Come si evince dal post, il gruppo delle Lanterne composto da Donovan (png), Afrah, Rick, Àlfar, Taliesin (png), Juan (png) e Jace, si trova accampato in un bosco a circa cinquecento metri dal villaggio umano di Penteref, dopo aver per molto tempo cercato un manipolo di Ombre che ha creato scompiglio nei villaggi vicini. I villaggi colpiti sono sia Anahmid che semplici villaggi umani. In particolare pare che ultimamente le creature si siano fatte vedere di sfuggita proprio vicino a quest'ultimo villaggio, che conta all'incirca una cinquantina di anime. Le Lanterne dunque da giorni cercano di capire se le ombre potrebbero mostrarsi, ma tutto pare tranquillo. È dunque un inizio in medias res per i personaggi di Grim, Volk/Wolf e Lill'. Dopo un po' arriva una missiva da parte di Gearoid, un png Lanterna che informa i compagni che presto o tardi arriveranno "i rinforzi". Il mezz'elfo viaggiatore, raccogliendo voci di altre Lanterne sparse per l'Erydlyss, ha infatti notato la presenza di Eloise, Bambino, Alaria e Arthur nei territori limitrofi e la loro voglia di entrare a far parte dell'Ordine. Come potete notare, tutto si sa - all'interno della cerchia di guerrieri - tramite passaparola o scambi di missive. Quindi avete la più completa libertà di caratterizzazione circa i metodi con i quali i vostri personaggi hanno saputo della posizione precisa del gruppo di Lanterne vicino Penteref. In questo primo post i vostri personaggi dovranno arrivare all'accampamento e presentarsi a loro - chi prima, chi dopo, o insieme non è importante-, e lo faranno tramite confronto. Magari potete accordarvi preventivamente tra voi e fare una scena unitaria in cui il gruppetto scorge l'altro, liberi di agire come meglio credete. Io risponderò di conseguenza, sempre in confronto, con Afrah e Donovan, Hole con Taliesin e Juan e gli altri (Lill, Grim e Volk/Wolf) potranno farlo con i loro personaggi. Non do una scadenza, ma dovete prima aspettare il post di Desdinova che aggiungerà altri dettagli e nuovi eventi alla scena e poi potrete postare con le indicazioni che lui vi darà, intanto però possiamo iniziare il confronto. Buon divertimento!

 
Top
view post Posted on 11/1/2015, 12:37
Avatar

Eternal Light
····

Group:
Member
Posts:
1,468

Status:


1zzhxn6

Con gli occhi volti verso la linea frastagliata dell’orizzonte, Rewot aspettava che il sole scomparisse dietro ai cucuzzoli in lontananza.
Quando sarà l'ora dovrai muoverti di nascosto, gli aveva detto Don Hemerich. Quel vecchio pazzo non poteva farlo agire alla luce del giorno, quando le temperature non erano ancora così basse da causargli un congelamento? No, figurarsi. Molto meglio agire nell’ombra, anche se tutto il villaggio sarebbe stato d’accordo a farlo andare. Perché?
Alfrimenfi gli fpirifi fi vefranno”, sussurrò il ragazzino imbardato di pellicce tanto grandi da far apparire la sua testa come una piccola pigna sulla cima di un abete. Nonostante la segretezza che gli era stata raccomandata, non poteva trattenersi dal scimmiottare quel religioso e le sue fantasticherie.
Gli spiriti… Come se quelle briciole di cenere avessero avuto occhi per osservare, se non anche solo vedere!
Se soltanto avesse avuto un fisico migliore, forse non sarebbe stato relegato al servizio di T’al. Ah, quanto sarebbe stata migliore la sua vita. Anziché servire la zuppa a uno sdentato, lavare la sua biancheria insudiciata e fetida, oltre a seguire le sue imbarazzanti conversazioni, avrebbe potuto andare a caccia nella foresta dietro al villaggio insieme agli altri uomini. Certo, forse sarebbe finito anche a lavorare nelle cave, ma qualsiasi cosa sarebbe stata meglio del dover sopportare le visioni di quel prete svitato.
Non c’era più tempo per lamentarsi, però. I tetti del villaggio avevano già smesso di riflettere la fioca luce del sole serale e presto le stelle avrebbero preso il loro posto. E, allora, il timore principale sarebbe stato quello di chiudere gli occhi, non certo di farsi vedere.
La morte sarebbe tornata nei loro sogni.
Stringendosi attorno le scure pellicce e lasciando nuvole bianche davanti a sé con ogni respiro, Rewot fece qualche passo avanti fino a raggiungere la scaletta a pioli che si inerpicava su per la palizzata alta sette piedi. Un muro non molto alto, ma solido ed efficace. Una sicurezza e la principale difesa per quella gente. Eppure, quella che era un’efficace protezione da orsi e cinghiali, più di quanto fosse necessario per un paese tanto a settentrione, non avrebbe sicuramente retto contro qualcosa di assolutamente innocuo, a una prima vista. L’acqua, per quanto stupida e priva di coscienza, avrebbe spazzato senza problemi quelle assi di legno piantate a terra in forma verticale.
Un salto di qualche piede, un tonfo sul terreno coperto di neve ed era fatta: era fuori dal villaggio. Non rimaneva altro da fare che cercare con gli occhi il focolare in lontananza e incamminarsi verso la sua luce.
Sperando che avrebbero accolto la loro richiesta di aiuto.

Troppi individui sconosciuti erano accalcati attorno al fuoco, al centro del cerchio di tende. Rewot raramente usciva all'aria aperta, sempre occupato a stare dietro al vecchio, ed era abituato alle facce rudi e pallide degli abitanti di Penteref. Eppure, ora… Tanti, troppi sconosciuti parlavano con voci le cui note mai aveva sentito, dalle vesti che intravedeva dal nascondiglio dietro il tendone dove si era nascosto. Qualche mercante appariva ogni tanto nel villaggio, ma erano quasi sempre gruppetti di poche persone, cui mai aveva dovuto rivolgere parola. Se solo quel dannatissimo pretaccio avesse mandato qualcuno di più adatto…
Ma che si trattasse di lui o di qualcun altro, qualcosa andava fatto per la visione che presto sarebbe giunta, di nuovo. Chiunque, in quei giorni, sarebbe stato felice di essere al suo posto e di rimandare ancora di qualche ora il riposo notturno e gli incubi che lo accompagnavano. Gli era stata affidata una missione importante; lui doveva invitare questi stranieri del Sud nel villaggio. Lui per primo avrebbe dovuto affrontarli.
Strinse i pugni e contorse lo sguardo in un’espressione arcigna, mentre si schiariva rumorosamente la voce per poi fare qualche passo verso il fuoco, lasciando che la luce inondasse la sua forma esile, resa però imponente dalle vesti che lo ricoprivano.
E dopo…
E dopo, appena sentì le voci acquietarsi per prestargli attenzione, tutta la sua risoluzione scomparve. Le spalle si abbassarono, il viso divenne ancor più rosso nonostante il calore del fuoco a combattere il freddo.
Do-dovete venire! Vengo da Penteref e ci serve a-aiù...”, disse, ma mentre stava parlando alzò per un attimo gli occhi, fino a incrociare quelli della donna che gli stava di fronte. Il fiato gli morì in gola mentre qualcosa dentro di lui gli dava calore, fino a fargli desiderare di rotolarsi nella neve per smettere di sudare.
Aiuto?”, disse lei. Quella… quella era davvero seta? Come aveva potuto pensare, lui, un semplice e sciocco ragazzino, di potersi rivolgere a persone tanto importanti?
S-sì!”, mugugnò posando gli occhi azzurri verso il fuoco, stringendoli per non farsi accecare dal calore.
”, ripeté di nuovo, a voce calma e tirando un profondo respiro per tranquillizzarsi. Subito il silenzio cessò e, con esso, cominciò a svanire anche l’agitazione.
Era fatta.


QM PointIl mio primo qm-point! Wiiih!
*Cough cough* Allora... Sono passate diverse ore da quando siete arrivati all'accampamento e ormai la sera è arrivata. Si presenta a voi, davanti a tutti, questo ragazzino esile coperto di pellicce, che fa da messaggero. Si rivolge ad Afrah per richiedere aiuto da parte di tutto il villaggio e... Qui finisce il vostro post. ^w^ Avete tempo fino a giovedì 15 alle 23.59 per postare!

 
Top
The Grim
view post Posted on 15/1/2015, 19:18





Jace passò la mano sotto al mento, e grugnì schifato: la pelle era resa ruvida e ispida dalla crescita di uno sbuffo di barba; anche se chiamarla così era un'offesa. Solo qualche rado pelo insozzava il suo viso liscio come quello di un neonato. Al sud non aveva di questi problemi, ad ogni angolo - anche nel villaggio più sperduto - si trovava un barbiere dalle forbici taglienti e le lozioni odorose, o in ogni caso era facile recuperare acqua calda e schiuma per farsela da sé; impossibile era trovare un freddo dannato come quello che lambiva lo stregone. Non era la prima volta che l'uomo aveva a che fare coi candidi fiocchi di neve, ma per lui era sempre stato uno svago effimero, qualcosa di esotico e straordinario; divertente perfino. Ora invece il gelo gli penetrava le ossa, strisciando al di sotto degli strati di pelliccia che coprivano i suoi abiti. Non avrebbe mai fatto a meno della sua cappa, per quanto leggera e inadatta ad un simile clima, ma le sue tasche ricolme di oggettini, chincaglieria, e trucchetti vari erano una risorsa troppo golosa per lasciarsela sfuggire; un dono degli dei, manna dal cielo. Eppure gli sarebbe bastata una richiesta o forse un pensiero per risolvere tutti quei problemi, una parola e si sarebbe trovato da qualche parte nel torrido sud, e a dirla tutto non era nemmeno stato costretto o obbligato a star lì fra la neve e rimanere al calduccio di un comignolo acceso. Invece aveva abbandonato Biancocolle, al seguito di Afrah e delle altre Lanterne, forse per eroismo, forse per amore, sicuramente per stoltezza, e non poteva lamentarsi, né l'avrebbe fatto davanti a quella gente. S'impegnò a fare la sua parte, sebbene fosse su per giù una zavorra: non sapeva niente di boschi, di seguire traccie, di quali bacche cogliere o di come agguantare un coniglio; cosa per la quale veniva spesso ridicolizzato dal gattaccio della beduina che invece era eccezionale in tutte quelle attività. L'unica consolazione del cartomante era quella di esser fra amici che non avrebbero fatto peso al suo essere un irrecuperabile damerino di città.

bosco_zps6314278f

Dal folto del bosco fece capolino una piccola testa, seguita da un corpo altrettanto minuto, che il cartomante riconobbe; sentieri che ancora una volta s'incrociavano. Era un ragazzino che l'uomo aveva salvato tempo addietro, in una foresta di poco dissimile a quella che ora si trovavano ad attraversare. Un luccichio, come un'impressione inquietante e importante, l'aveva condotto dal ragazzino alle prese con una delle Ombre impazzite che infestavano l'Edhel; una di quelle che non possedeva più alcun barlume di coscienza, troppo affamata per capire. Non era stata una lotta, era bastato poco più che un gesto per dissolvere nel nulla quell'essere, farne poco più che uno sbuffo di polvere, ma quando aveva posato gli occhi sull'infante si era sentito nauseato. Non era deforme, né brutto, il fatto è che aveva riportato alla mente brutti ricordi che preferiva seppellire in lontananza; immagini di una bambina rapita in un deserto sottile, e poi persa chissà dove. Lui l'aveva presa alla madre, altri uomini gliela avevano portata via mentre era ancora debole; si era addirittura imbarcato in un'impresa folle per recuperarla. Voleva darla ad Afrah, come un sacerdote da un agnello al proprio dio, sacrificata sull'ara dell'amore; solo a Qashra si era accorto di quanto fosse terribile quel suo gesto. Così era fuggito, con la vergogna in spalla come un pesante fardello, facendo finta che fosse la paura a spingerlo lontano dalle terre del sud, giustificandosi in mille maniere. Così mentre guardava quel bimbo solo, abbandonato al freddo e alla notte, l'urgenza di fuggire ruggì ancora nel suo cuore. S'assicurò che quello stesse bene e poi corse il più lontano possibile, seguendo quell'istinto irrefrenabile e fingendo che tutto ciò non fosse che un sogno, uno di quelli orribili e astrusi, finché il sole non fece capolino fra le fronde degli alberi. Di tutto ciò non avrebbe parlato alla sua Habibi, perché dopo tutto lui non era nient'altro che un vigliacco.

" ...Ma sotto la montagna non c'è nulla di nuovo. "
Fu una voce gutturale, come quella che avrebbe una montagna o forse un grosso masso a riportarlo alla realtà. "
Pochi soli, fin'ora, cartomante. Nessun prete.
"

Per un attimo Jace rimase impietrito, non capendo bene a cosa il nano si riferisse. Poi gli venne in mente la predizione che aveva tessuto per lui e gli fu chiaro; tanto da fargli strappare un sorriso amaro.

" Da me si dice che questo è un buon modo per attirare sventure.
Parlare di preti, porta solo sciagure come matrimoni o funerali!
"

Un motto di spirito, che sperava strappasse qualche risata, che allontanasse preoccupazioni e pensieri troppo cupi dalla sua mente prima che da quella degli altri. La sua attenzione però continuava a rimbalzare su di Afrah, che dialogava col bambino. Nel suo viso era semplice leggere la preoccupazione, sotto la quale Jace leggeva facilmente ben altro; un istinto materno mai soffocato, e mai estinguibile.

" Heh! "
A Rick bastò un cenno, in direzione della beduina, per rendere ancor più tesi i nervi dell'uomo.
" Venissero, almeno. Qui non si v- "

Il burbero guerriero si mosse come in risposta ad un attacco, Jace si voltò con la medesima ferocia, ed un po' di sollievo; quello di preoccupazioni più concrete e con cui era più semplice avere a che fare. Invece dal sottobosco sbucò, quasi a fargli il verso, un nuovo infante, dallo sguardo tremulo e spaventato, di chi si stava per mettere a piangere. Pronunciò poche parole incerte e fragili, tanto che sarebbe bastato uno spiffero per cancellarle. Un nodo si strinse in gola allo stregone.
Chiedeva aiuto, e le Lanterne non erano forse lì per quello?

Finalmente c'era qualcosa da fare, così Jace si fece più ritto, mettendosi a fianco alla banshee come a dare forza alla sua posizione e autorità alla sua figura; anche se lei non ne aveva bisogno né le voleva certe cose. Lui d'altro canto si sentì meglio a starle vicino.




specchietto

CS: 5 | Intelligenza 2 Prontezza 1 Determinazione 1 Maestria delle Armi 1
Critico 36 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5



Stato Fisico: Perfetto;
Stato Psicologico: Perfetto;
Energia: 100

Note: Non ho segnalato le passive, visto che al momento non sembra necessario. Non che ci sia nulla che possa influenzare gli altri, credo!



Edited by The Grim - 15/1/2015, 19:36
 
Top
Lill'
view post Posted on 15/1/2015, 21:29






…E da allora, anni ed anni erano passati.
Il vecchio rimase così a fissare il camino con uno sguardo vuoto, o forse l’avventore seduto di spalle alla brace. Al di là del crepitare delle fiamme il silenzio aveva avvolto di nuovo la stanza. Ogni tanto si udiva il fischiare del vento, che penetrava tra le assi nei muri; le ragnatele su in un angolo vibravano allora, nella penombra rossastra.
Mmh. L’avevi sentita, questa storia?
La conosci?

[…]

La conosci?
Rick Gultermann prese in mano la sua ciotola di zuppa, incuriosito verso il bardo. Si erano stretti attorno al fuoco quella sera, consumando l’attesa con vaghe chiacchiere e storielle quando non si era di guardia. E se c’era qualcuno che poteva sapere quella favola che a Rick era piaciuta, era proprio quel ragazzo: diceva di una donna bellissima e un moglie gelosa che l’aveva trasformato per incanto in una pozza d’acqua, o forse era il contrario. Poco importava, finché bruciavano così le lunghe ore della sera. Erano lì da un paio di giorni ormai: Taliesin e lo Straniero, Afrah, Jace il Cartomante, la Quercia e Àlfar il meticcio, con cui il vagabondo aveva parlato più di tutti tempo prima. Aspettavano, imbacuccati chi in pellicce di alce, chi di leprotto; si informavano sui movimenti delle ombre, su altre cento dicerie. Correva voce prede ben meno succulente appestassero quella zona, e lui non era certo una ragazzetta schizzinosa, eh!

Tra veglie e storie più o meno allegre il gruppo di Lanterne si trovò ad accogliere nuovi giunti: viandanti come il nano, poveracci a vagare nel gelo della stagione fredda e incontri d’ogni sorta.
Ma finché gli toccava una scodella di rancio al giorno, Rick non s’era mai lamentato in vita sua.

Una sera Rick Gultermann s’era messo a parlare con il Cartomante, ragguagliando tutti su quanto aveva scoperto nei suoi giri al nord. La parte settentrionale dell’Edhel era ancora piena di grane ben peggiori che nelle foreste, a quanto c'aveva potuto capire; lì invece non gli dispiaceva certo la compagnia, che era già tanto che c’era, e anche la mancanza di zuffe e pericoli l’accoglieva ben contento. Non era sicuro, questo sì, che trovarsi tutti a Sud, in un unico posto, fosse la scelta migliore. Lasciava stare però, finché raccogliere ceppi da ardere era tutto quanto aveva da fare.

Al campo arrivò un nuovo viandante: un marmocchio che si era perso nella foresta. Dopo aver visto che di pericoli non ce n’erano, Rick si mise a dare un occhio in giro per trovare nuova legna per alimentare le fiamme: il miglior benvenuto che ti potesse toccare, al di là di chiacchiere e merletterie senza sostanza. Scaricato il suo fardello di legna, Rick si sedé su un tronco accanto al fuoco, riprendendo fiato. Era buio lì fuori, e valutò la quantità di ceppi ancora da ammucchiare.
Beh, se ci siamo fatti uno scudiero, tanto vale darmi una mano con la legna. disse il nano, dopo aver scrutato il piccolo per un po’. Il tempo di fargli finire la sua razione di zuppa, propinatagli dalla beduina o da Donovan.
Tu porta i ceppi più piccoli!
Non sono il vostro scudiero” rispose il bimbo dopo diversi istanti; a guardarlo bene la giacchetta che indossava era consumata, e doveva averne passate tante con quella faccia smagrita. Certo non voleva dire gli avrebbe passato vitto e fuoco per nulla, almeno non lui: l’avevano abituato con incombenze ben peggiori, sin da quand’era un moccioso. L’altro ringraziò per la zuppa e gli chiese della legna.
Hah, rimbottò in testa il nano; almeno la voglia di lavorare non gli mancava, nonostante tutto.

Immersi nel buio del bosco, i due raccattarono quanto potevano sotto la copertura della neve. Non era certo il caso di spostarsi troppo dal campo, con il bambino appresso: il più della legna era fradicia fino al midollo però, e Rick Gultermann si preoccupava di trovare qualche fuscello non del tutto bagnato. Il ragazzino lavorava poco distante.
Che tipo di mostri affrontate voi Lanterne?
Gli chiese a un certo punto.
Il nano alzò un attimo lo sguardo, scorgendo la sagoma del piccolo china vicino a un salice. Mostri? Quello che capita. Buttò l’occhio di nuovo a terra, mettendosi un ramo contorto e voluminoso in spalla.
Spiriti, fanfaluche, figli del Bathos...anche marmocchi indemoniati!; il nano tornò a fissare l’altro, ma senza una luce particolare negli occhi: non c’era malizia o comprensione, tra quei solchi sottili. Era come se stesse raccontando un fatto, con quella sua voce ruvida. Roba che aveva visto. “Capisco.
Va bene così disse poi,
valutando la piccola pila tra le braccia del ragazzino. Anche se la statura dei due era più o meno la stessa, il nano non accennava a volerla finire lì con la raccolta. Gli indicò la direzione del campo, raccomandandogli di stare vicino al fuoco.
In alto, la luna brillava indifferente oltre le fronde. L’intero bosco riluceva nel suo pallore, riflesso dal manto di neve ai loro piedi: in quelle notti non si poteva mai sapere cosa strisciasse all'ombra tenue degli alberi.

Tra storie e sentori di spiriti,
così passarono quei giorni per Occhio di civetta. E davvero aveva poco di che metter il broncio;
pure, ai consigli di Donovan col suo ronzino, alla saggezza serena di Àlfar che sgranocchiava cibarie attorno al fuoco e in special modo all’arrivo di nuovi viandanti, rispondeva spesso con poche parole e un sorriso duro ch’era il presagio di nuove sfortune. Ascoltava le dicerie di tutti.
Forse era più l’abitudine di anni amari quella, che gl’erano penetrati nelle ossa;
come il gelo in quei maledetti rami inumiditi.




SPOILER (click to view)
Eccomi, si comincia!

EDIT: 2 errori


Edited by Lill' - 15/1/2015, 21:54
 
Top
zis
view post Posted on 15/1/2015, 22:14





Il mio nome è Alaria e questo corpo non mi appartiene:
io sono una fata.




La nuvoletta bianca uscì fuori dalla mia bocca, il mio alito si condensava rapidamente all'aria gelida di questa regione: l'Erydlyss.
Seppur si trovasse a Sud nei territorio dell'Edhel, le alte catene montuose avevano creato un clima particolarmente rigido.
La bufera di neve era già terminata e la piccola grotta luminosa, che ero riuscita fortuitamente a trovare, era stata come manna dal cielo per evitare l'assideramento.
Nonostante gli spessi vestiti sentivo il freddo penetrare nella mia carne e raggiungere anche le mie ossa.
Però ero una fata!
Non potevo quindi lamentarmi degli eventi esterni che mi circondavano, quando ero stata così fortunata a nascere sotto quest'importante stirpe di creature.
Sopportavo sommessamente chiedendomi perché nel mio pellegrinaggio di purificazione fossi giunta in una regione tanto ostile.
Oddei, ero riuscita a trovare la pace necessaria per scavare dentro il mio animo, avevo trovato una rinascita del mio spirito... però che freddo. Brrrrr!
Ora che avevo uno scopo nella mia vita: essere di supporto, la guaritrice, la portatrice di speranza... dovevo trovare ora un modo per mettere in pratica tutte queste cose.
Avevo bisogno di un'avventura dove poter riscattare il mio torbido passato di violenza.
Ero rinata e tutti dovevano sapere che una nuova fata risplendeva per le terre dell'Edhel.
Ma prima di buttarmi a capofitto in mirabolanti azioni mozzafiato dovevo fare rifornimenti e chissà, magari l'occasione della mia vita sarebbe spuntata casualmente davanti ai miei occhi.

°

Avevo sentito di un paesino non molto distante da dove mi trovassi in quel momento, forse tre, quattro ore di camminata? Credo a circa venti chilometri di distanza a nord-est.
Era ancora prima mattinata, il cielo coperto da leggere nubi iniziava a malapena a rischiararsi della luce del sole, ancora non sorto.
Della soffice neve sembrava voler continuare a cadere per tutto il giorno.
Continuai a camminare in modo spedito, sapevo che nella piccola città che mi attendeva ci sarebbero state botteghe o artigiani che mi avrebbero offerto un'ottimo servizio... ma non potevo immaginare quello che mi si parò davanti agli occhi.
Appena misi piede nella strada principale del borgo mi ritrovai in una calca e conglomerato di persone.
C'era un chiasso assurdo, tutti che parlottavano avvolti nelle loro pellicce, in mezzo ad un immenso mercato; per essere più precisi, immenso per la regione in cui ci trovavamo.
Sembrava che molte persone fossero giunte anche dalle vicinanze, altrimenti non era possibile spiegare tutta quella gente accalcata.
Molti mercanti dovevano essere giunti quel giorno, con le loro merci migliori, anche dal sud probabilmente. Si notava dalle stoffe pregiate che mostravano sulle loro bancarelle, dai frutti esotici che esponevano con tanta cura e maestria.
Le tende soprastanti erano di mille colori, si sentivano mille profumi.
Rimasi per un secondo incantata ferma persa nel vuoto e la neve che continuava a scendere rendeva il tutto ancora più magico.
Che sia lei?
Una figura minuta attirò la mia attenzione, una giovane fanciulla.
Doveva essere lei. Colei con cui avevo combattuto all'interno dell'immensa biblioteca.
La ragazza che avevo ferito, cui avevo recato dolore per stupide ragioni.
Sentivo come se quell'essere biancastro e minuto instillasse in me un senso di violenza in quel mondo parallelo, avevo rinnegato la mia natura di fata e mi aveva in seguito recato tanti sensi di colpa.
Dovevo assolutamente raggiungerla e scusarmi, ma qual era il suo nome?
Ehy!
La mia voce si disperse nel rumore della folla.
Ehy! Fanciulla!
Gridai più forte.
Le persone attorno a me si girarono per osservare chi stava schiamazzando, ma trovandosi davanti una fata tanto carina stettero zitti e si allontanarono leggermente, sicuramente per un senso di meraviglia e riverenza.
Anche lei si volto, la ragazza tanto carina e delicata.
I nostri sguardi si incrociarono, i suoi si sgranarono per un piccolo istante, e subito dopo... iniziò a sgattaiolare lontano da me, mostrandomi le spalle.
No!
Iniziai a farmi largo a forza tra tutte quelle persone, con ben poca delicatezza, tanto che ricevetti qualche parola poco gentile e molte imprecazioni.
Dovevo accelerare e lo feci.
Dovevo raggiungerla e a ogni passo era sempre più vicina.
Il mio obbiettivo si era fermata, allungai la mano e con delicatezza le toccai la spalla.
Sono Alaria. Ansimai.
Sgusciare in mezzo a quella marmaglia di gente mi aveva affaticato particolarmente.
Mi appoggiai con le mani sulle ginocchia, leggermente piegate, per riprendere fiato.
Non ti spaventare per il mio aspetto... sono una fata.
Anche se nessuno mai ci credeva.
Sei tu vero? Non sto prendendo un abbaglio?
La fanciulla rispose dopo un piccolo istante di incertezza.
Temo di essere proprio io.
Mi chiamo Eloise.

Che bel nome.
Tutta affannata cercai di tirare fuori il grande peso che mi portavo dentro da ormai troppo tempo.
Perdonami. Mi mancava le parole, non sapevo più come esprimere tutti quei sentimenti che provavo.
Non ero propriamente in me. C'era quel piccolo essere che insinuava in me strani pensieri. Cercai il contatto visivo, deglutii. Volevo sembrare più sincera e candida possibile.
Speravo veramente che mi credesse.
Una fata non farebbe mai del male a qualcuno di sua spontanea volontà, capisci?
Le porsi la mano.
Possiamo ricominciare?
L'avrebbe afferrata? Mi avrebbe perdonata?
I nostri palmi si sfiorarono e il mio cuore iniziò a battere forte, un grande senso di leggerezza invase il mio animo e il mio corpo, che da troppo tempo era soggiogato da quel pesante macigno.
In questo caso ti prego di fare lo stesso con me, anch'io ti ho attaccata in quella biblioteca.
Sì... ma ero stata io la scintilla, la tua era legittima difesa.
Non lo dissi, non aggiunsi altro, ormai quello era passato.
Sorrisi.
Eravamo forse amiche? Era questa l'amicizia?
Dovevo trovare qualcosa per continuare il discorso, magari tenendomi sul vago?
Cosa ti porta in questa terra desolata?
Ci fu un solo istante di silenzio.
Hai mai sentito parlare delle Lanterne?
La sua voce era sussurrata con una nota di entusiasmo.
Sono quello che è rimasto dei Leoni dell'Edhel?
Ne avevo sentito già parlare, ma mai in modo approfondito.
In questo momento alcune Lanterne sono accampate a Penteref, non lontano da qui.
La voce della ragazza si fece più basso, come se stesse rivelando un piccolo segreto e il suo ditino, in modo molto discreto, indicava la direzione del piccolo villaggetto.
Mi sono fermata qui per prendere alcune cose prima di raggiungerle.
Magari puoi venire con me.

DAVVEROOOOOOOO?
Oh santi Daimon dell'Edhel, mi aveva veramente invitato ad andare con lei in un'avventura?
Un passante dando una spinta ad Eloise la fece arrivare addosso a me, come se la nostra amicizia fosse ormai suggellata.
Che bella sensazione era non essere soli per una volta.
Volevo riscattarmi, farle capire che aveva fatto bene a fidarsi di me, nonostante il nostro primo incontro fosse finito così male.
Mai l'avrei tradita e avrei fatto di tutto per proteggerla.
Chissà se ci sarà anche Afrah? Sussurrai tra me e me. Avevo un debito anche con quella donna, che mi aveva protetto da quel cavallo informe e putriscente. Bleah! Al solo pensiero rabbrividii.
Ti aiuterò a raggiungerla! Puoi contare su di me!
Allora concedimi ancora qualche minuto, poi ci metteremo in marcia.
Che bello! Non vedevo l'ora.

°

Il viaggio fu piacevole, parlammo molto di tutto e di niente. Tante piccole cose aveva alleggerito la stanchezza e brutalità del mondo, sembrava che tutto fosse scomparso e rimanessimo solo noi due a chiacchierare di stupidaggini che talvolta mi strappavano qualche risatina acuta.
Ma cambiò tutto appena raggiungemmo il campo.
Vidi il volto di Afrah e mi si fermò il cuore.
Un'improvvisa timidezza invase il mio corpo e non sapendo come approcciarmi a lei, rimasi in silenzio.
Era pieno di sconosciuti che parlavano di mostri e della missioni che li attendeva.
Rimasi in disparte, silenziosa, eppure vigile a ciò che stava succedendo attorno.
C'erano troppe persone e anche se normalmente fossi di natura abbastanza espansiva, così tanti volti nuovi mi mettevano in soggezione.
Nulla avvenne, finché il Sole calò e un ragazzotto imbardato giunse al campo esordendo con poche parole.
Do-dovete venire! Vengo da Penteref e ci serve a-aiù...
Tutto ora avrebbe avuto inizio.


 
Top
view post Posted on 15/1/2015, 22:30
Avatar

koneko no baka
··

Group:
Member
Posts:
485
Location:
montagne

Status:


Llusern
-Tracce sull'acqua-




Sopra la valle silenziosa e malinconica, sopra i picchi canuti e severi, un cielo screziato da sottili nuvole viola e porpora spolverava quel creato gelido con minuscoli fiocchi di fragilissima neve. La brezza invernale spazzava i cadaveri dei fiori con gentilezza divina, mentre l’autunno fuggiva dalla landa insidiosa cosparsa da radi ed insignificanti insediamenti umani. Dopo appena una manciata di tiepide ore dal suo arrivo, il sole iniziava già la sua caduta verso le montagne, pronto a scomparire e lasciare quel paesaggio ancor più muto e gelido di quanto già prima non fosse, privandolo della sua debole e malata presenza.
Eloise camminava con costanza, abbreviando diligentemente la distanza che la separava dalla sua meta, Penteref. Il villaggio, non lontano da quello che si apprestava a esplorare per rifornirsi di piccole provviste, era un luogo triste e solitario, un piccolo agglomerato di pietre e assi di legno tenute insieme da una manciata di anime che ancora non si arrendevano al rigido gelo di quella zona così a nord dell'Erydlyss. Le loro vite sedentarie fatte d'abitudini procedevano senza scopi che davvero li muovessero a chiedersi cosa ci fosse oltre gli angoli delle loro case fatiscenti, quante meraviglie si celassero dietro la tenda di nebbia candida che ammantava il loro orizzonte rendendo l'intero villaggio l'illusione di un disegno al centro di un grande foglio bianco i cui margini avrebbero potuto essere lontani miglia, come dietro alle loro spalle. In quell'oasi silenziosa fatta di rimorsi doveva essere successo qualcosa, qualcosa di degno di nota che aveva spinto le Lanterne ad accamparsi nelle immediate vicinanze. Era da giorni che Eloise rifletteva sulla sua scelta di unirsi al gruppo e all'operazione che progettavano di portare a compimento. Aveva sentito parlare molte volte delle Lanterne, ma ognuna di esse, la ricordava essere stata una conversazione intrattenuta sottovoce agli angoli di una strada, sotto la luce fioca della luna o di fronte ad una pinta vuota ed una candela consumata. Non una malaparola veniva scagliata contro di loro, solo velata riconoscenza. Inoltre, aveva un ricordo ancora vivido della donna che aveva guidato lei e gli altri guerrieri contro la torre di Velta, qualche tempo prima. L'aveva ammirata molto, per il suo coraggio e la sua forza, venendo poi a scoprire che alla sua scomparsa, i Leoni dell'Edhel avevano tristemente perso il loro stimato capo. Ma persino dopo che Alexandra si era eclissata, e con lei la sua aura di gloria e splendore, i Leoni avevano continuato a compiere il loro dovere e portare a termine le loro missioni, come unica differenza, il loro nome era stato tramutato in "Lanterne".

La brezza ora si era fatta persino più fredda, seppur più quieta. Ogni tanto la ragazza sollevava la testa, facendo scivolare ogni volta un po' di più il cappuccio del mantello sui capelli canuti e volgendo gli occhi all'orizzonte frastagliato di montagne. Le toglievano il fiato ogni volta, la loro maestosità e grandezza l'abbattevano senza alcuna pietà ricordandole quanto lei appartenesse a loro, a quella terra spazzata dai venti gelidi del nord. Anche l'amore per l'Edhel era stata una delle cause principali che l'avevano spinta ad intraprendere quel viaggio. Se lo scopo delle Lanterne era quelo di proteggere l'Edhel, lei non si sarebbe tirata indietro facilmente.


~



Il villaggio in cui giunse dopo svariate ore di viaggio era un piccolo garbuglio di case e viottole tortuose che non portavano da nessuna parte, aggrovigliate tra loro come le grinze sulle mani dei vecchi. Penteref non era distante, ma trovandosi di fronte un modesto mercato, aveva riflettuto seriamente sull'impellente necessità di compensare la mancanza di provviste con qualche acquisto. S'inoltrò dunque nella stradina colma di gente, cercando di dirigersi il più in fretta possibile verso le bancarelle che più la interessavano, strisciando in mezzo a capannelli di donne intente a chiedersi pareri su scampoli di stoffa ed appiccicandosi alle schiene degli uomini più grossi in modo che le aprissero la strada.
Comprare qualche pezzo di pane e della frutta si rivelò più difficile di quanto avesse immaginato. Le volte in cui rimase incastrata in densi gruppi di persone furono più di quelle in cui aprì bocca per chiedere informazioni. Le parve assurdo che così tante anime potessero anche solo starci in un paesello così piccolo. Si sentiva quasi male, in mezzo a quella folla così pressante e viva, in mezzo a quella marea gracchiante di arti impazziti. Riempì i polmoni di aria gelida, con un respiro profondo, strinse i denti e continuò con le sue spese, in modo da finire il più in fretta possibile e rimettersi in marcia per Penteref, dove avrebbe già dovuto essere.
« Hey! » esclamò qualcuno alle sue spalle. Eloise si voltò spontaneamente, incuriosita da una voce che era sicura aver già udito prima di quel momento. Ma nel vedere - non lontano da lei - l'imponente figura di una mezz'orca cercare di farsi largo tra la folla per ragiungerla, la ragazza si pietrificò un poco. Le spalle le caddero leggermente e il battito del suo cuore accelerò, gridando nel suo petto, dove nessun'altro se non lei avrebbe potuto sentirlo. I loro occhi s'incontrarono per un istante, un momento brevissimo in cui entrambe rividero la biblioteca, la Torre e le Ombre che camminavano sulle pianure del Matkara a orde, come oscuri eserciti di altri mondi. « Hey! Fanciulla! » le voci delle persone si mescolavano fra loro, soffocandosi a vicenda, ma quella della mezz'orca rimaneva sempre più squillante delle altre. Eloise si voltò di scatto, troppo rapidamente anche solo per fingere noncuranza. S'intrufolò dietro ad una coppia di ragazze e volse lo sguardo ad una venditrice fingendo di parlarle. Ma dietro di lei l'altra continuava a farsi strada tra la gente, ora confusa ed irritata per la sua smania di passare e la sua stazza tremendamente imponente.

Eloise trasalì quando una mano le si posò sulla spalla con sorprendente gentilezza. « Sono Alaria » esalò la voce di poco prima. Per un attimo la ragazza stette immobile, cercando di metabolizzare quanto appena accaduto. Poteva sentire il respiro pesante della mezz'orca dietro di lei, che dopo qualche secondo tolse la mano da sopra la sua spalla e la portò assieme all'altra alle ginocchia, mentre si piegava per riprendere fiato dopo la breve corsa che aveva fatto per raggiungerla. Quando finalmente Eloise si voltò a guardarla, rimase in silenzio, come interdetta. Si era aspettata il peggio nell'incontrare di nuovo la sua avversaria della guarra a Velta, dopotutto, non avevano mai finito quel duello. Ma Alaria pareva non avere intenzioni bellicose. « Non ti spaventare per il mio aspetto... sono una fata. » disse lei, assumendo una strana espressione. A questo punto, anche se avesse voluto, Eloise non avrebbe avuto idea di come ribattere. Si limitò a osservare Alaria senza capire. forse la sua espressione confusa scosse la mezz'orca, perché quest'ultima le rivolse uno sguardo di scuse. « Sei tu vero? Non sto prendendo un abbaglio? » chiese infine.
Dopo un momento di silenzio Eloise rispose con un filo di voce. « Temo di essere proprio io... » sussurrò, « Mi chiamo Eloise. » concluse poi, il suo bel viso ancora colorato di velata confusione. « Perdonami. » attaccò l'altra con la voce incerta di chi non sa bene come esprimere le sue emozioni. « Non ero propriamente in me. C'era quel piccolo essere che insnuava in me strani pensieri. » disse, cercando i suoi occhi. Poté udirla deglutire quando i loro sguardi s'incontrarono. « Una fata non farebbe mai del male a qualcuno di sua spontanea volontà, capisci? » esclamò poi tutto d'un fiato. Eloise la guardò attonita, cercando di muovere la testa in un muto assenso, ma perfino quello le risultò difficile. Poi Alaria le porse una mano, « Possiamo ricominciare? »
La piccola ragazza osservò la mezz'orca con diffidenza e profonda confusione, prima di porgerle una mano esitando lievemente. D'un primo momento, sospettò che dietro ci fosse qualcosa che l'avrebbe trascinata a fondo, ma scrutando negli occhi di Alaria, Eloise poté vedere soltanto una grande voglia d'esser perdonata e una sorta d'imbarazzo e pentimento per le passate azioni. Non appena le loro mani si sfiorarono gentilmente, capì che non ci sarebbe stato nulla per cui valesse la pena preoccuparsi. Al contrario, trovò moralmente corretto scusarsi a sua volta per la piega che il loro ultimo incontro aveva preso, tempo addietro.

Quando la ragazza sorrise Alaria parve risollevarsi, illuminandosi di contentezza. « Cosa ti porta in questa terra desolata? » esclamò all'improvviso, dopo ch'ebbero iniziato a camminare tra la gente. « Hai mai sentito parlare delle Lanterne? » chiese la ragazza, alzando un poco la voce per farsi sentire. « Sono quello che è rimasto dei Leoni dell'Edhel? » domandò a sua volta Alaria, che pareva essere informata quanto Eloise. La piccola ragazza annuì, facendo ondeggiare i capelli candidi, ora scoperti. Una manciata di minuscoli fiocchi di neve caddero con grazia dai suoi grovigli delicati. « In questo momento, alcune Lanterne sono accampate a Penteref, non lontano da qui. » mormorò non appena l'altra le fu più vicina, indicando discretamente con un dito la direzione del paesino. « Mi sono fermata qui per prendere alcune cose prima di raggiunerle. » concluse poi, fermandosi per guardare l'altra negli occhi. Qualcuno la urtò improvvisamente da dietro e lei per poco non finì addosso ad Alaria. « Magari puoi venire con me. » propose sorridendo.
Alaria stette qualche secondo a pensarci su, ponderando quelle che parvero migliaia di possibilità. Disse qualcosa fra sé e sé - che Eloise non riuscì a capire - poi sollevò lo sguardo incrociando ancora una volta gli occhi della ragazza, « Ti aiuterò a raggiungerle! Puoi contare su di me! ». L'entusiasmo della mezz'orca mise quasi allegria ad Eloise, che annuì e sorrise con velata soddisfazione. « Allora concedimi ancora qualche minuto, poi ci metteremo in marcia. » concluse con voce ferma.


~



Il viaggio fino a Penteref non fu né lungo, né faticoso. Avere qualcuno accanto fu una gradevole novità che Eloise non si sarebbe mai aspettata. Fino ad allora aveva sempre viaggiato da sola, ma avere qualcuno accanto non le stava affatto dispiacendo. Lei e Alaria si scambiavano parole ogni tanto, le loro voci si disperdevano nel cielo rosato in bianche evanescenti nuvolette. Ma si lasciavano anche lunghi periodi di sacro silenzio in cui entrambe ascoltavano la natura e l'inverno accanto a loro.
Verso sera giunsero all'accampamento delle Lanterne appena fuori dai confini di Penteref. Trovarono una manciata di persone, sedute su panche di legno disposte in cerchio attorno a un modesto focolare. Parlavano tra loro a bassa voce, rispettando il silenzio della sera e delle neve meravigliosa che copriva delicatamente il bosco. Eloise si staccò rapidamente da Alaria e s'introdusse nel gruppo silenziosamente, cercando di non attirare attenzioni sulla sua figura minuta ammantata di blu. Si sedette in un angolo, rimanendo in silenzio e osservando quelli che sarebbero stati i suoi compagni. Alcuni di loro avevano aspetti che non rispecchiavano affatto le tipiche caratteristiche nordiche. Cercò di non incontrare i loro sguardi e si rannicchiò facendosi ancora più piccola per non laciar fuggire il caldo dal suo mantello. Li studiò a lungo, in silenzio. Le parvero essere tutti uomini, ognuno di loro ammantanto in cappe e pellicce pesanti. Fra tutti, un mantello rosso catturò il suo sguardo. Avvolgeva un ragazzo esile, i suoi capelli scuri ricadevano sui suoi grandi occhi verdi che teneva puntati sul viso di un altro uomo, e ricadeva poi al suolo come sangue sulla neve bianchissima. Tra di loro scorse una ragazza, portava un velo nero sopra i capelli fatto di un tessuto leggerissimo e meraviglioso di cui le parve poter sentir la morbidezza sulle dita intorpidite dal freddo. Al suo fianco, sedeva un uomo dalla pelle molto chiara, anch'egli coperto da un mantello. Non prestò troppa attenzione agli altri, giacché il suo sguardo era stato rubato dalla giovane donna e dal suo velo scuro, e lei la osservava come incantata.



Corretta piccola svista, chiedo venia.


Edited by aki - 15/1/2015, 22:42
 
Top
view post Posted on 15/1/2015, 22:34
Avatar

Cardine
·······

Group:
Member
Posts:
7,349

Status:


ao876q


Si svegliò per colpa di un dolore atroce, che gli attanagliava le tempie tanto violentemente quanto avrebbe fatto una tagliola per orsi, capace di tranciare la carne e spezzare le ossa. Gli capitava spesso, soprattutto in quella stagione. Gli abitanti di Penteref, sempre comprensivi nei suoi confronti, sostenevano fosse colpa del trauma, di quel triste incidente che tormentava il povero Jonah sin da quando era poco più di un ragazzo. Nonostante negli anni successivi fosse diventato un uomo forte e rispettato da tutti, le sue crisi non si erano mai affievolite. Basta guardare nell'abisso una volta soltanto, per rimanerne irrimediabilmente sconvolti. Gli era toccato assistere all'atroce e sanguinosa morte di un amico - un fratello, avrebbero detto alcuni - per mano loro.
Le Ombre.
Sì, era colpa loro.
Se lo ripeteva ogni ora della notte, quando i ricordi lo tenevano sveglio.

La luce lunare filtrava placida dalla finestrella. Aveva un colore diverso dal solito, quasi verdazzurro, e pareva baluginare come il lume tremolante di una candela. Illuminava la modesta dimora del taglialegna, piccola e poco arredata, fredda nella sua austerità.
Jonah si levò in piedi, sperando che quel dolore passasse almeno un poco facendo due passi e concentrandosi su qualcos'altro. Era un metodo che funzionava anche quando si metteva a tagliare la legna, dimenticandosi del mondo che lo circondava: per lui esisteva solo il prossimo colpo, solo un altro sforzo nelle braccia per tagliare a metà l'ennesimo ciocco. Ma quella volta a bloccare la repentina fuga dal doloroso passato furono le sue stesse gambe, che lo tradirono come mai gli era successo. Lo resero vulnerabile e impotente. Rimase a terra in preda ai tremori, per qualche lungo istante. Il suo violento respiro che si infrangeva sulle assi del pavimento somigliava a un singhiozzo, penoso e sommesso.

Uscì dalla sua piccola casupola, al limitare del villaggio, incamminandosi in una delle sue solite passeggiate notturne. Faceva così, quando non riusciva a prendere sonno - succedeva tristemente spesso - e tutti gli abitanti sapevano di questa sua abitudine. Era come se vegliasse su Penteref, il buon Jonah. Non che ce ne fosse mai stato davvero bisogno, fino a quel momento.
Ma quella volta era diverso. Qualcosa non andava, e non fu difficile accorgersene.
Un rombo, come quello di un tuono, fece tremare i monti, e la luna scomparve dietro le nuvole, lasciando Penteref nel buio della notte invernale. Ma nonostante questo Jonah poté vedere chiaramente tutto quanto. Vide l'onda innalzarsi, lontana. Un muro d'acqua impetuosa, alto metri e metri, che avanzava nella foresta spazzando via tutto ciò che gli si parava dinnanzi. E c'era qualcosa, dentro l'acqua, capace di emanare un tenue e sinistro bagliore color verde mare. Magia o maledizione? Brillava sulle creste e pulsava in profondità. Poteva vedere l'orizzonte intero dipingersi di quel colore spettrale.
Prima che Jonah potesse anche solo iniziare a disperarsi, l'inondazione travolse una Penteref ancora dormiente . L'acqua si riversò nelle strade con la velocità di una valanga unita all'impeto di una frana, distruggendo legno, terra e pietra. Nulla poteva opporvisi. Inghiottì gli abitanti, ignari della catastrofe, e poi giunse fino al giovane taglialegna.
Rase al suolo tutto il villaggio, nel silenzio della notte.

No. Ho ancora tempo, pensò Jonah.

Gli restava qualche secondo prima che l'inondazione giungesse lì, in mezzo alle montagne. Poteva ancora correre e salvarsi, come stavano cercando di fare gli altri abitanti, che ora erano ben svegli e terrorizzati. Erano stati avvertiti in tempo dal forte rombo ma, nonostante fuggissero come passeri da un albero che sta venendo segato, non c'era speranza nei loro occhi. Cercavano di mettersi in salvo, donne e bambini per primi, ma era come se fossero già rassegnati a quella calamità. E anche Jonah avrebbe seguito senza esitare la fiumana di gente in fuga, se soltanto non lo avesse visto con la coda dell'occhio. Lì, dietro la chiesa di T'al. Il profilo di un ragazzo che avrebbe riconosciuto tra migliaia.

Ho ancora tempo. Posso salvarlo, si ripeté.

Iniziò così la sua corsa contro il tempo, in cerca di un'ombra che scompariva nel nulla ad ogni angolo della strada. Corse senza sosta, come impazzito, incurante che di lì a poco non sarebbe rimasta nessuna speranza di sopravvivere né per lui né per il ragazzo. Se posso salvarlo, tanto vale rischiare, pensava. Almeno così non avrebbe vissuto una vita di rimpianti. Stava cercando disperatamente un ultimo appiglio al quale appendersi, di rimediare a quanto successo quel giorno di molti anni prima.
Ma l'onda travolse le abitazioni, serpeggiando tra le strade ormai deserte e spazzando via ogni cosa. Avanzava verso di lui, gonfiandosi minacciosamente.
La fine.
L'acqua fredda lo avvolse in un abbraccio di morte, mentre lo portava con sé verso valle. Ma egli fece in tempo a schiudere gli occhi, e ad osservare il bagliore che baluginava sott'acqua.
Jonah comprese solo a quel punto di essere sempre stato solo.
E che non c'era mai stato nessun ragazzo da salvare, a cui tendere la mano.


NO!


Urlò, madido di sudore e senza respiro.
Era ancora nel suo letto di paglia, al sicuro e all'asciutto.
Solo.

QM PointSurprise!
Quanto narrato in questa breve scena non è contemporaneo alla quest dal punto di vista dei vostri personaggi. Si tratta di un sogno, fin dal falso risveglio - le incoerenze successive sono ovviamente volute. Non si capisce nulla, sono qui solo per creare hype. Occhi aperti, però!

 
Top
view post Posted on 15/1/2015, 23:47
Avatar

– E l'inferno è certo.
·······

Group:
Member
Posts:
5,339
Location:
To whom it may concern.

Status:


« Tracce sull'acqua »
~

Ti ricordi della prima volta che ne hai sentito parlare?
Ti ricordi del fuoco? Ardeva, quella notte. Le lingue di fuoco si specchiavano nei tuoi occhi azzurri, e stavi per coricarti al termine di una lunga giornata di viaggio.
Dove stavi andando ancora non lo sapevi, l'avresti saputo solo dopo qualche tempo. Ti eri sistemato come meglio potevi a terra, con Teddy al tuo fianco. Avevi trovato riparo in una piccola radura nella foresta del Gwathlaiss, l'erba fresca era il tuo giaciglio.

« Buonanotte, Teddy. » Hai detto all'orsetto, e il torpore velocemente ti ha assalito.
Ti hanno sempre detto che il fuoco tiene lontane le bestie e i mostri, ma ciò non è del tutto vero. Ci sono creature che, semplicemente, non si possono tener lontane. E, ancora, alcune di queste ne sono fatalmente attratte.
Ricordi il rumore che ti ha svegliato? Il rumore sordo di un corpo che cade, e quando hai riaperto gli occhi hai visto vicino a te il corpo di un'ombra, morta. Sopra di essa un uomo con un ampio mantello che lo ricopriva dalla testa ai piedi.
Ancora nel dormiveglia avevi capito che ti aveva salvato da quel mostro. Lentamente ti eri messo seduto e avevi ravvivato la fiamma. L'uomo ti aveva chiesto come stavi, e cosa ci facevi tutto solo nel bosco.

" Afrah ha ragione, c'è proprio bisogno delle Lanterne. "
Aveva aggiunto tra sé e sé, come sovrappensiero.
« Ora sto bene, grazie. » Ti eri sistemato meglio vicino al fuoco, e con un cenno del capo avevi invitato l'uomo a fare lo stesso. Ti aveva salvato la vita e gliene eri riconoscente.
« Non sono solo, c'è Teddy con me- » avevi indicato l'orsetto di pezza, e poi hai continuato, con un leggero sorriso: « sono abituato a questa vita, non si proccupi, signor ... »
E poi: « Le lanterne? »
" Jace, Jace Beleren, Cartomante e Stregone, al vostro servizio. "
Aveva fatto un inchino esagerato, sorridendo. Si era guardato attorno, attorno attento a scorgere altre ombre, e poi era ritornato con lo sguardo su di te.
" Non ti preoccupare di quelle, sono un gruppo di pazzi che si sono messi in testa l'idea di rendere questo posto" aveva indicato con un dito tutto intorno a lui "un posto sicuro da ogni pericolo. Che tutti possano vivere in pace, e cose simili. Disgraziatamente anche io ci sono finito in mezzo "
Nonostante il tono, non sembrava affatto dispiaciuto della cosa. Eri rimasto molto colpito da quelle parole, e per un attimo avevi fantasticato che loro ti avrebbero accolto e accettato. Sembrava esattamente il gruppo di pazzi che avevi sempre desiderato esistesse per quelle terre.
" E tu piccolo, come ti chiami? Vuoi che ti porto da qualche parte al sicuro? "
« Io... non ho un nome*. Tutti mi chiamano Bambino. » Avevi detto, leggermente a disagio. Non possedevi ancora il nome che ti aveva donato Alluka, e ogni volta che qualcuno te lo chiedeva ti sentivi quasi in colpa, inferiore.
« La ringrazio molto, ma sono già in debito con Lei. Domani mattina mi rimetterò in viaggio, farò più attenzione. » E avevi sorriso, per rassicurarlo e rassicurarti che saresti stato al sicuro.
E poi, ripensando alle lanterne, il tuo sorriso si era punto di una nota d'amarezza « Però, allora sarebbe bello se ci riusciste. Ve lo auguro sinceramente. »
Ed era vero, glielo auguravi con tutto il cuore.
Mentre Jace spariva alla ricerca di altre ombre ti eri giurato di tenere a mente quel nome, le lanterne. Ti sembrava una cosa importante. Quelle terre che ti avevano cacciato e impaurito avevano bisogno di pace e di ordine, ne eri convinto. Le lanterne... la loro esistenza era qualcosa di tremendamente vicino ad una speranza.
Te lo ricordi, Bambino mio?


~

Non hai dimenticato.
Come avresti potuto? Le parole di Jace sulle Lanterne si sono depositate in un angolo della tua mente e non ti hanno mai lasciato. E così hai chiesto a tutti, hai ascoltato tutte le voci che ti arrivavano all'orecchio, e alla fine sei arrivato a conoscenza di una loro riunione in un villaggio dell'Erydlyss.
Ti sei messo in viaggio. Con te solo hai solo l'essenziale, del cibo sotto sale, vestiti pesanti e Teddy.

« Sei sicuro che sia una buona idea? Sappiamo così poco, di loro. » Ti chiede, dubbioso. Ma sai che lo fa solo per il tuo bene.
« Sì. Uno di loro ci ha salvati, e penso che possiamo fidarci. Non abbiamo nessun altro posto dove andare. » Dici, siete in viaggio da ormai molti giorni e la fatica si fa sentire. Il paesaggio è sempre più spoglio e roccioso, l'aria sempre più fredda e pungente. Hai scelto una strada poco battuta, come tuo solito. Mentre parli con Teddy tuttavia due figure ti superano a passo svelto: un cavaliere e una donna. Sei stupito di vederli in quella landa desolata, tuttavia ci dai poco peso. D'un tratto però entrambi rallentano, fino a fermarsi del tutto. L'uomo si volta e si avvicina a te, inginocchiandosi per poterti parlare faccia a faccia.
« Ehy piccolo, che ci fai per questa strada tutto da solo? E' pericoloso per un bambino come te essere in un posto del genere senza nessuno. » Ti chiede, e non ti stupisca che si preoccupi per te, ormai ne sei quasi abituato. Ormai sai cavartela, ma sei comunque un Bambino: agli occhi degli altri sarai sempre innocuo.
« Oh ma io non sono solo! Ho Teddy con me. » E sventoli davanti alla faccia dell'uomo l'orsetto di pezza, hai un compagno saggio e vuoi che lo sappia. Inoltre se non lo dicessi Teddy si offenderebbe a morte: è terribilmente permaloso.
« E poi, tutti i posti sono pericolosi per me su questa terra; uno vale l'altro. Mi chiamo Io - » allunghi la piccola mano verso l'uomo, seguendo le buone maniere, per presentarti « e sto andando nell'Erydlyss. Voi? »
« Piacere di conoscerti Io. Il mio nome è Richard. » Ti dice, stringendoti la mano con vigore. « Anche noi stiamo andando verso l'Erydlyss; a Penteref. Che ne dici se ci facciamo un pezzo di strada assieme? » Si alza in piedi, e volgendo i primi passi verso la compagna ti introduce a lei: « Lei è Rebecca, ed entrambi siamo partiti da Lithien: tu da dove sei partito per l'Erydlyss? »
« Piacere, Rebecca. » Dici, con un piccolo inchino di circostanza, le buone maniere prima di tutto. « Arrivo dalle foreste del Gwathlaiss. »
« Che coincidenza! Anche io sto andando lì, voi per quale motivo lo fate? Pare che viaggeremo assieme fino alla fine, quindi. » Sei sorpreso dal caso, da quanto ne sai quelle montagne hanno ben poca attrattiva per gli uomini, e che voi tre siate in viaggio nello stesso momento è una cosa ben strana. La donna ti guarda e fa un lieve cenno della testa, voltandosi verso la destinazione.
« In verità » dice Richard « stiamo andando ad incontrare dei nuovi amici che ci aspettano lì. Tu invece? Hai qualcuno che ti attende? Ti chiede. Poi il suo volto sembra illuminarsi.
« Sto andando a conoscere delle persone. Non so ancora se saranno miei amici, però lo spero vivamente. » Gli rispondi, sovrappensiero. Non ti attendono, no, ma speri che sarai comunque il benvenuto. Desideri una casa, una famiglia, e hai bisogno del contatto e del calore umano. Hai bisogno di parlare con qualcuno e di ascoltare storie.
« Ehy, bambino, ti piacciono i maghi quando fanno i loro trucchetti?» Ti chiede, e fiamme di vivaci colori risucchiano la sua armatura, e quando scompaiono l'uomo indossa un mantello.
Osservi la magia del guerriero e sul tuo volto appare un ampio sorriso.
« Che bei colori! » Esclami, estasiato, chiedendoti se non sia la compagnia di un mago e della sua assistente.
« Ah, lo supponevo ti sarebbe piaciuto questo trucchetto. » Ti dice Richard, soddisfatto. « Ma visto che il viaggio è lungo, voglio chiederti una cosa: non hai mai sognato di poter salire in groppa ad un falco gigante o ad un drago e poter volare? Guardare dall'alto le foreste e le montagne, toccando le nuvole? »
Per un attimo resti in silenzio, sognante, a fantasticare sulle sue parole. Ti chiedi se non sia che il preludio a un'altra magia, il secondo numero nella scaletta del suo spettacolo. Incuriosito lo guardi bene in volto, e chiedi: « Chi non ha mai sognato di volare, ma come? »
La risposta non era quella che ti saresti immaginato. Non compie un incantesimo su di te, ma è il suo corpo a mutare. E prima che tu possa capirlo, davanti non hai più un guerriero, ma un grande drago. La tua bocca non può fare a meno di spalancarsi, ma poi cerchi di ricomporti, ripetendoti che non è la cosa più strana che tu abbia mai visto. Rose, senza esitazioni, sale sul drago, e ti tende una mano, invitandoti a fare lo stesso.
« Bambino...? » Dice Teddy, titubante, quando alla fine accetti la mano della donna. Lo senti urlare e tremare quando vi alzate in volo.
« Io soffro di vertiginiii~! »

~

È Jace ad accoglierti.
Appena ti vede si avvicina e ti saluta, chiedendoti come stai.

« Sto bene, grazie. E ho imparato che tenere acceso il fuoco, la notte, può essere pericoloso.» Gli rispondi, con una leggera punta di auto-ironia, evocando il vostro primo incantesimo. Sei debito con lui, e non te lo sei dimenticato. Poi ti conduce da Afrah, per presentartela. La donna, che sembra straniera - il suo volto è completamente diverso dal tuo, pallido come la neve di quelle montagne - è stupita nel vederti. Si inginocchia fino ad arrivare alla tua altezza.
"Cosa ti porta qui da noi, machluk?" La voce è dolce e modulata, di un accento che sembra straniero. Gli occhi rossi e apprensivi sono fissi sui tuoi. Non distogli lo sguardo.
"Qui intorno è pericoloso, non hai una casa in cui tornare?" Ti chiede.
« Sì, ho una casa a cui tornare, prima o poi. Ma non oggi. » Scuoti lentamente la testa, i tuoi occhi azzurri sono velati di malinconia. E' la stessa casa che hai dovuto abbandonare, fuggendo, ormai molti anni fa, e la sogni ogni notte. Ritornare... già. Ma non oggi.
« E qui intorno è molto meno pericoloso della strada che dovrò percorrere, un giorno. Ma siccome è qui che per ora vivo, vorrei che fosse un posto migliore, per tutti. » Sei sincero. L'Edhel è la tua casa al momento, e vuoi che sia accogliente e ospitale, senza paura per nessuno.
Allunghi la piccola mano ad Afrah, ti senti solo vagamente in soggezione al cospetto dei grandi. « Mi chiamo Io, e non si preoccupi per me, so badare a me stesso... più o meno. »
"V-va... va bene." E' titubante, e non gliene fai una colpa. Ma davvero stai crescendo e vuoi diventare più forte e coraggioso, anche se sai di avere ancora molta strada da fare. Di certo, non vuoi essere un peso per nessuno.
Ti prende per mano e ti conduce vicino al fuoco e agli altri, coprendoti le spalle con alcune pellicce. I suoi gesti sono lenti e molto naturali. La ringrazi con un leggero cenno del capo.

"Il mio nome è Afrah e loro..."
Indicando gli altri attorno al fuoco.
"Loro sono i nostri compagni."
Il suo viso sembra distendersi in un lieve sorriso.

an9qHij

Ti sistemi meglio che puoi davanti al fuoco, solo parte del tuo viso rimane scoperta: tutto il resto è avvolto in un pesante cappotto e dalle pellicce che Afrah ti ha donato. Nonostante tu abbia vissuto sempre a contatto con il freddo adori il calore del fuoco, e come tutti i bambini sei incantato dal crepitio delle fiamme. Rimani in silenzio per qualche tempo, lasciando solo che il tuo corpo si scaldi.
« Buonasera a tutti. » Alla fine rivolgi un sorriso sghembo a tutti, genuinamente felice di trovarti davanti a un fuoco. Guardi in faccia tutti i presenti, per imparare a conoscerli.
« Cosa facciamo? » Non vuoi essere l'ultimo arrivato e tempestarli di domande, quindi ne poni una domanda volutamente vaga, che può riferirsi all'attività delle lanterne oppure a quella del gruppo in questione, desideri sapere perché siete riuniti proprio in quel posto.
A risponderti è un vecchio che sente gli altri chiamare "Scura quercia". Prende una ciotola, la riempie di zuppa e sedendosi vicino a te te la porge con gentilezza. La accetti e ringrazi con un cenno del capo. La mangi con gusto, assaporando la gioia di mettere qualcosa di caldo sotto i denti dopo un lungo viaggio.

"Beh, per ora c'è da aspettare, giovanotto."
Ha l'aria affabile e lo sguardo di chi ne ha passate tante.
"Ci sono creature troppo prepotenti in questa terra. Gruppi di individui che cercano di estendere il loro potere sugli altri. Ed il nostro compito è quello di evitare che ciò accada."
Annuisci in silenzio mentre consumi il tuo pasto, sei nel posto giusto. Tuttavia, il fatto che siano gruppi ti spaventa un po'.
"Vicino a quel villaggio..."
Indica Penteref, poco più avanti.
"Sono stati visti alcuni esseri che hanno fatto del male a molte persone di questa zona.
Dobbiamo cercare di fermarli, ma per ora non si sono ancora fatti vedere."

« Io... non capirò mai quelle creature. » Scuoti leggermente la testa, laconico. Aspettare ti sta bene, ma prima o poi sai che dovrai fare i conti con quei mostri, e dimostrare a tutti loro che non sei un peso, che non sei un semplice bambino sperduto.
Tu sei un bambino sperduto parecchio speciale.

I tuoi pensieri vengono interrotti dall'arrivo di un nano coperto quasi interamente dalla legna da ardere che trasporta. Dopo averla poggiata ti guarda, e non sembra per niente felice di vederti all'accampamento.

"Beh, se ci siamo fatti uno scudiero, tanto vale darmi una mano con la legna. Tu porta i ceppi più piccoli!""
Per un po' resti in silenzio, pensieroso, come se non avessi neanche udito le sue parole. Finisci la tua zuppa lentamente.
« Non sono il vostro scudiero. » Finalmente guardi il nano, nei tuoi occhi c'è solo determinazione. Vuoi che sia molto chiaro che vuoi essere d'aiuto, e che ti impegnerai al massimo per perseguire lo scopo delle lanterne.
Appoggi la ciotola vuota a terra, facendo un cenno al vecchio: « Grazie per la zuppa. »
« Allora, questa legna? » Ti alzi e ti avvicini al nano, e insieme vi dirigete a raccogliere altra legna: la notte si preannuncia lunga e fredda.
« Che tipo di mostri affrontate voi lanterne? » Gli chiedi mentre ti carichi piccoli legni sulle braccia. E' il meno disposto nei tuoi confronti, quindi sai che ti dirà la verità senza avere pietà di te. Sai che non gli importerà se ti farà paura.
"Mostri? Quello che capita." Accenna uno sguardo distratto alla tua volta, quindi torna a raccogliere ceppi.
"Spiriti, fanfaluche, figli del Bathos...anche marmocchi indemoniati!" Torna a fissarti, ma non c'è vera malizia o comprensione nel suo sguardo: sembra più che stia raccontando quello che gli viene in mente col suo tono piatto, ruvido. Narrando cose che ha visto.
« Capisco. » Marmocchi indemoniati... non puoi fare a meno a pensare alla povera Alluka, che deve condividere il suo corpo con un demone. Il tuo volto si spegne e si rabbuia. Quando hai incontrato Alluka, davanti ad una scelta, hai deciso di non uccidere nessuno: né lei, né il suo demone, Nannika. Non potevi farlo, ti aveva donato un nome, Io, e per qualche motivo le volevi bene.
Non l'hai uccisa. Non se lo meritava, nessuno ha colpe per i mostri che gli invadono il cuore. E i mostri... i mostri non hanno colpe per essere nati così.
Speri di non venire posto davanti a un'altra scelta del genere in futuro. Ma, sempre e comunque, cercherai un'altra via.
Finisci distrattamente di raccogliere legna, poi ritorni al campo.

Incredibilmente silenzioso ascolti le storie e le parole altrui, mentre le fiamme danzano nei tuoi occhi: sei come ipnotizzato.
Un bambino, incredibilmente simile a te per corporatura ed età, arriva trafelato a chiedere aiuto da Penteref. Sembra sconvolto.
E l'attesa è finita.


Energia ~ verde.
CS ~ 1xagilità, 2xintelligenza.
Condizioni ~ normali.
Energie ~ 100%
- - -
Armi ~ Coltellaccio da cucina; un paio di forbici; cerbottana.
1xstordente; 1xaccecante.
- - -
Innocenza ~ Passiva che rende Bambino innocuo agli occhi degli altri.
Passiva che rende imperscrutabile l'allineamento e le intenzioni di Bambino.
Lettura del cuore ~ Difesa psionica passiva da auree e influenze mentali.
Passiva di controllo e studio delle circostanze.
- - -
//
- - -
Riassunto azioni ~ Il post è diviso in tre parti:
1) Un ricordo, in cui Jace salva Bambino e gli parla delle lanterne.
2) Il viaggio, in cui incontro Richard e procediamo assieme.
3) L'arrivo e le interazioni con i pg al campo.
Note ~ *La scena si svolge prima dell'arrivo, dunque Bambino non ha ancora ottenuto il nome di Io.
La voce di Teddy è udibile solo da Bambino.

 
Top
Endymyon
view post Posted on 16/1/2015, 18:03




Llusern ~ Tracce sull'acqua


~Territorio di Lithien
A sud della città.~




Camminavano in due, fianco a fianco, su quella stradina poco praticata dalla maggior parte dei viandanti. Le tracce delle ruote dei carri e dei passi dei mercanti stavano svanendo, e come una ferita, la terra l'avrebbe rigenerata facendovi crescere un nuovo manto verde. Il mantello bruno svolazzava dietro al passo convinto della donna, lasciando qualche volta scoperte gambe e petto ricoperte da pesanti abiti di un colore verde scuro.
Alla sinistra di Rose invece vi era Richard, avvolto dalla sua vecchia e fedele armatura nera. Su di essa si potevano scorgere ancora i segni lasciati da alcune battaglie, quelle più recenti, nelle quali un colpo al costato aveva ammaccato un po' una piastra che fino ad ora non era stata ancora riparata.
Il volto senza barba di Richard si faceva sedurre dal tocco fresco del vento che tentava di rinfrescarlo, quasi avesse notato che il corpo del uomo sembrava febbricitante a causa dell'armatura, che però non voleva togliere. La mattina infatti, il guerriero si era guardato allo specchio, indeciso se presentarsi alle Lanterne come il burbero orso di montagna, con tanto di manto in faccia, oppure di avvicinarsi a loro con un sorriso. Si spalmò la schiuma, ma quando stava per incominciare a tagliare la barba si fermò. Aspettò un attimo, e poi deciso, eliminò i peli dal volto, per poi accorciare un poco i capelli. Ormai voleva fare buona impressione, e nulla lo avrebbe fermato.


Se la caverà? Le parole di Rose si riferivano al cucciolo d'uomo che stavano sorpassando a grandi falcate.
Probabilmente no.
I passi dei due si fecero sempre più piccoli, finché la marcia non si arrestò del tutto. Uno sguardo d'intesa, e l'uomo si girò su se stesso, avvicinandosi piano al bambino, ed una volta in sua prossimità si abbassò per arrivare alla sua altezza. Ehy piccolo, che ci fai per questa strada tutto da solo? E' pericoloso per un bambino come te essere in un posto del genere senza nessuno.
Il ragazzino gli rispose sventolandogli l'orsetto in faccia, per poi porgergli la mano, come ogni adulto farebbe. Un mezzo sorriso si allargò sul volto di Richard, affranto per la leggerezza con la quale il bambino gli mostrava il peluche: l'unica cosa che non lo rendeva solo.
Piacere di conoscerti Io. Il mio nome è Richard disse stringendo la manina del piccolino. Anche noi stiamo andando verso l'Erydlyss; a Penteref. Che ne dici se ci facciamo un pezzo di strada assieme? Si alzò in piedi, e volgendo i primi passi verso la compagna la introdusse al bambino: Lei è Rebecca, ed entrambi siamo partiti la Lithien: tu da dove sei partito per l'Erydlyss? Non lo dava a vedere la donna, ma aveva teso le orecchie verso i due da quando avevano incominciato a parlare, e con la coda dell'occhio era interessata a vedere che cosa facessero.
La donna lo guarda e fa un lieve cenno della testa, voltandosi verso la destinazione. In verità disse Richard stiamo andando ad incontrare dei nuovi amici che ci aspettano lì. Tu invece? Hai qualcuno che ti attende? Un'idea balenò nella mente del guerriero. Ehy, bambino, ti piacciono i maghi quando fanno i loro trucchetti? Con un movimento rapido del braccio destro, fendendo l'aria come una frusta, un pezzo di armatura si disperse dopo una breve vampata di fuoco rosso. Seguì a breve anche la seconda mano, che spariva in una vampata blu. Dai piedi, a pari intensità, due fiamme, una verde e una gialla andarono a ricoprire interamente Richard, che in poco meno di un secondo si ritrovò ricoperto da un mantello marrone.
Il volto del bambino illuminato dal suo stesso sorriso e da un guizzo di curiosità che passò fugace negli occhi non fece più dubitare Richard.
Ah, lo supponevo ti sarebbe piaciuto questo trucchetto. disse Richard sorridendo Ma visto che il viaggio è lungo, voglio chiederti una cosa: non hai mai sognato di poter salire in groppa ad un falco gigante o ad un drago e poter volare? Guardare dall'alto le foreste e le montagne, toccando le nuvole?
Al guerriero non serviva neppure che il piccoletto rispondesse, per sapere la risposta. In un attimo, liberandosi del corpo che tratteneva il suo spirito, il drago si manifestò di fronte al bambino. Fece un cenno con la testa a Rose, ancora un poco contraddetta, ma che non indugiò oltre e gli salì in groppa. Quando anche Io, grazie all'aiuto della compagna si posizionò, prese una breve rincorsa e incominciò a salire verso il cielo.
Quella era la fase più gravosa e stancante, perché non aveva correnti da sfruttare e doveva basarsi solo sulla forza dei propri muscoli, ma lo sforzo ne valeva la pena. In alto, tra le nuvole, quello è il posto in cui aveva trascorso la sua vita ed è quella che lui considerava casa.

Arrivati all'accampamento delle Lanterne, Io prese l'iniziativa e andò a conoscere i loro prossimi compagni, mentre Richard e Rose aspettarono un attimo, prima di arrivare. Il drago si era ritrasformato, ma aspettava qualche tipo di critica della compagna, che però non arrivò. La guardò, ma lei non volle dirgli nulla, schermandosi dietro al silenzio.
Pochi metri, e il fuoco da campo era già di fronte a loro. Una rapida occhiata agli occhi dei presenti e un accenno di introduzione. Sono Arthur Richard Grey, e sono stato inviato come rinforzo
Al fine di ciò, si sedette sul tronco, aspettando in silenzio che gli altri dicessero qualcosa.


Status & Co.
Energia residua: 100%
CS: 2 costituzione, 1 saggezza
Danni fisici: nessuno
Danni mentali: nessuno
Equip:
Armatura di piastre- Armatura naturale- Scudo- Ascia e annessa sfera.
Oggetti:
Cristallo della conoscenza- Biglia oscura
Passive:
Sostegno: permette di volare/camminare sulle varie superfici (acqua ed aria comprese);
Personale 3/10: permette di portare persone o armi/armature pesanti senza problemi. In combattimento concede l'utilizzo anche di armi/armature pesanti senza il minimo sforzo;
Dominio I e II: Uso di difese a tempo zero e difese ad area con potenza pari al consumo;
Razziale: consente la trasformazione nella forma draconica o viceversa.

Attive utilizzate:
Nulla di teletrasporto di armi ed armature, per toglierla in modo "spettacolare".

Note: Il mio post non prende in considerazione l'ultima parte, cioè l'arrivo del ragazzo, perché voglio sfruttarla nel prossimo post con le conseguenze del suo arrivo



 
Top
view post Posted on 16/1/2015, 18:54
Avatar

Studioso
····

Group:
Member
Posts:
1,082

Status:



Llusern~

Tracce sull'acqua -
Rinforzi e richieste d'aiuto.



Dialoghi: Àlfar.
Pensieri: Àlfar.


L
a neve aveva coperto le tende del campo in una morbida coperta gelida, che scintillava alla luce del focolare. Riflettendo ora il rosso dei ciocchi accesi ora il giallo chiaro delle fiamme più allegre. A passi lenti il mezzo drago avanzava verso il cerchio di pietre che fungeva prevalentemente da luogo di ritrovo per le Lanterne più infreddolite.
L’aria era fredda quanto bastava per costringere anche il più temerario a calare il cappuccio sulla testa ed Àlfar era ben lieto di aver foderato il proprio di pelliccia mentre sfregava le mani tese verso il cuore luminoso dell’accampamento. Il suo sguardo correva tutt’intorno cercando di seguire alcuni compagni agitati. A breve sarebbero arrivati nuovi membri del gruppo.
Attribuiva l’indifferenza verso la notizia al fatto che nulla era successo in quei giorni.
Beh, almeno avremo qualcun altro a fare i turni di guardia. Anche se fino ad ora è stato tutto più che calmo.

L’arrivo dei nuovi membri era comunque un motivo di curiosità ed interesse.
Nuovi volti. Magari altri draghi? Sì. Una vana speranza per il figlio di Lilith. Ma non gli dispiaceva indulgere su quella possibilità.
Così aspettava anche lui, sgranocchiando arachidi in un momento di calma.


Un odore familiare, l’odore della battaglia condivisa, accompagnava l’arrivo di una figura nota.
”Tu qui? Ah, pare che un paio d’ali si siano aggiunte al gruppo!” Esclamò il giovane, riconoscendo Arthur tra i nuovi arrivati.
Àlfar si apprestava ad attaccare bottone con il volto noto, ma un evento inaspettato pospose il momento dei convenevoli.
Un ragazzino era comparso dal fitto del bosco, esausto per la corsa. Era coperto di pellicce per combattere il gelo e sembrava per quello ancora più accaldato e affaticato, con il fiato spezzato per la corsa e le emozioni il cucciolo d’uomo ebbe appena la forza di proferire quelle poche parole che tutti – più o meno segretamente – speravano da giorni di sentire.
Una richiesta d’aiuto da Penteref.
Finalmente! Qualcuno ha messo il muso fuori dalla tana.

Si alzò, raccogliendo la lancia e la bisaccia che aveva accomodate al proprio fianco. Controllò rapido di avere tutto l’occorrente per ciò che sarebbe seguito.
Armato e pronto, oserei dire.
Guardandosi attorno esaminò i propri nuovi e vecchi compagni, spostandosi leggermente più distante dalle lente fiamme del fuoco da campo e appoggiandosi alla parete muschiata di uno dei pini attorno al campo, più vicino al sottobosco da cui era sbucato il messo.

Attendeva gli ordini delle cariche più alte.

Scheda tecnica:
CS: 2(Saggezza - Intelligenza) [Umanoide] / [Draconico] 2(Forza - Destrezza)
Stato fisico: Sano
Stato mentale: Sano
Energia residua: 100%

Passive:
Talento Lv. I – Evocazioni a tempo zero
Razza – Arma naturale indistruttibile (Soffio di Fuoco – forma sferica)
Amuleto Razziale – Forma draconica
Spettro nella Selva – Mimesi (sfocatura della figura) nella vegetazione


Attive:

Riassunto e NdA:

Non è lungo, purtroppo ho avuto una settimana dura e questo è il massimo che sono riuscito a dare/salvare. Però andrà meglio :D sono veramente curioso di vedere dove finiremo :D

 
Top
.Neve
view post Posted on 18/1/2015, 02:39




s15nqf



Oltre le cime più alte degli alberi, il sole si era già messo a riposare scoprendo lembi di viola e d'azzurro nel cielo. Così, quando le Lanterne si alzavano per seguire il ragazzino aldilà della foresta, una gelida brezza si era messa a frusciare tra le pieghe dei loro vestiti. Come se il tempo per le chiacchiere ed il calore conviviale fosse ormai giunto al tramonto. Durante il tragitto per raggiungere il villaggio, scostando rami ed arbusti, affondando le gambe nello strato di neve soffice, pareva si macinassero chilometri sotto i loro calzari. In verità, i movimenti erano resi lenti e difficoltosi in mezzo alla canuta distesa, tanto che la strada completamente piana pareva una salita ripidissima e faticosa. E così Afrah si era messa a fissare, dal centro di quello schieramento scomposto, i passi stanchi ed incerti del giovane Rewot, ma certo ben più accorti in quella coltre biancastra di quelli di alcuni altri suoi compagni che non parevano forse abituati alle alte quote. Non si poteva dir lo stesso della lei di qualche anno prima. Ma ora le sveglie notturne di vigilanza in quei territori e le camminate al mattino per assaporare l'aria di montagna l'avevano resa parte di quel luogo. Come se davvero ci fosse sempre stata. O nata. Ripensando a quei singolari suoi cambiamenti, si fece strada tra i compagni, fino ad arrivare innanzi alla mezz'orca ed ad alla strana ragazza vicino a lei, così albina e fragile, la sua completa antitesi. L'aveva persa in quel canto di morte e distruzione che era Velta, lì dove le sue oscure aberrazioni arrecavano sofferenza tra alleati e fratelli. Allora, in mezzo alla fioca luce del suo lume che dissipava le tenebre, era stata sorpresa prima dalla sua forza d'animo che dal suo aspetto. Non si immaginava di poterla rincontrare tra le schiere dei suoi compagni.

"Alaria!"
Un tocco sulla sua spalla.
Lo sfiorare indeciso e flebile.
"Sono lieta che tu ci abbia trovati."
Fece a fil di voce, inarcando leggermente le sopracciglia.
Il volto lievemente disteso, la mano esitante sul petto.
"Tu e la tua amica siete le benvenute."

Quell'accento così esotico, soprattutto quando prestava fede alle sue etichette, era un marchio ben impresso nella memoria di tutti. Sapeva dar pace con la sua voce dalle note musicali, e forse questo le bastava. Chinò il capo, compostamente, e guardò il cielo scurirsi. Un velo di nostalgia incupiva il suo sguardo. E nella sera ancora da compiersi rinveniva il gelo di un remoto passato. Osservò la schiera così radunata che marciava verso il villaggio. C'erano altri volti nuovi tra i presenti, come quella coppia di individui variopinti, così in sintonia con il caro Buon sangue. Amava poter guardare amicizie e gioie compiersi, lo sbocciare di diverse sinfonie, diverse voci unite ed intrecciate in una sola canzone. Per tanto tempo aveva evitato lo sguardo degli altri, era fuggita, si era nascosta, aveva tremato, aveva pianto. Eppure adesso, questo compiersi di vite e di intrecci, era una delle gioie più belle. Una delle poche certezze in quella esistenza di incognite. Solo non si arrischiava a osservare quel bambino sbucato dal nulla, perché il suo cuore forse avrebbe ceduto di fronte al desiderio di un figlio da amare. Per cui dissimulava, cercava di non pensarci, rimandava i pensieri a tempi migliori. E allora la vita l'avrebbe bacchettata per bene, ancora una volta. Di questo ne era certa.

1zp5n38

"E quindi si sono mostrati?"
Donovan accompagnava il frisone dalle briglie, accorto a non inciampare in qualche buca mentre abbozzava una iniziale conversazione con il piccolo Rewot. Impaziente di sapere cosa mai stava accadendo.
"Chi?"
"Gli spiriti."
L'altro scosse la testa e alzò le spalle, facendo smuovere le ingombranti pellicce che si portava appresso.
"Solo briciole, sciocchezze.
Ma non è quello che ci preoccupa..."


Prima che il vecchio potesse rispondere erano già arrivati a Penteref. Due uomini li attendevano innanzi al grande portone di legno posto davanti alla palizzata, e non appena videro il gruppetto si adoperarono ad aprirlo. Era massiccio e pesante, un'entrata quasi inscalfibile. Poche volte era stato aperto per far entrare gli stranieri. In genere gli abitanti del villaggio utilizzavano la piccola scala interna per poi saltare giù sulla neve. Un tuffo sul morbido. Gli uomini, certo. Perché le donne non ci pensavano nemmeno a mettere il muso fuori da quel cantuccio di montagna. Dentro, il villaggio dalla semplice pianta circolare, era lo specchio di una vita ritirata e misera fatta di rinunce e sacrifici. Di giorni trascorsi l'uno uguale all'altro. Davanti a loro si estendeva ampio il grande deposito dei minerali, una delle poche merci di scambio con i villaggi vicini. Dietro Penteref infatti, erano site piccole grotte e spelonche di estrazione naturale. Timidi tesori tra i cristalli ghiacciati. E loro ne andavano fieri, o almeno un tempo si diceva che lo fossero. Subito dopo toccava al gran casolare del taglialegna, famoso per aver costruito - insieme al vecchio padre carpentiere morto anni prima - quasi tutti gli edifici del luogo. Piccole case mal disposte che sorgevano come funghi dall'altra parte della piazzetta. E poi la chiesa di T'al. Quella minuscola costruzione che sorgeva quasi in rialzo rispetto alle altre costruzioni. Ma una luce più radiosa delle altre si intravedeva in quella sera dai velati bagliori. Quella dell'edificio più grande di tutta Penteref: il deposito, o zona comune. Il luogo ove quasi ogni sera, prima di andare a dormire, quelle cinquanta anime si riunivano a cena, discorrendo del più e del meno, facendosi forza per il giorno che sarebbe giunto.

E per la notte.

"Vi stavamo aspettando."
Fece calma una voce aldilà della soglia. Era un vecchio che a malapena si reggeva su un nodoso bastone. Gli occhi piccoli e dal colore indecifrabile, affossati in un volto pieno di crepe e macchie. Rughe che si disegnavano sulla pelle come solchi ed insenature arse dal sole. Dentro al gran casolare c'era tutto quanto il villaggio, gruppi di genti composte, chi sugli sgabelli accomodati alla lunga tavolata, chi alle cucine, chi a sistemare le provviste. Ma nell'insieme non si percepiva baccano, solo un amaro e sincero silenzio. Una pace sinistra e malsana, quasi.
"Si.."
Intervenne Donovan guardandosi intorno.
"Io sono Malthe, il capo villaggio."
"Ed io sono, anzi noi siamo le L..."
"Lo sappiamo bene chi siete."
Fece l'altro annuendo con veemenza. Poi si fermò quasi a fissare il vuoto. Come se avesse visto qualcosa aldilà della nebbiolina di fritto e zozzura che appestava lo stanzone.
"Chi siete, di grazia?"
Il vecchio guerriero balbettò un po' imbarazzato, ma Rewot interruppe quel patetico silenzio.
"Le Lanterne!
Vecchio, ce ne hai parlato tu l'altra sera, ricordi?"

"Ricordo, ricordo!"
Rintuzzò quello, sbottando.
"Ma è l'ora che tu ricordi anche gli insegnamenti di tua madre, giovanotto!
Non ci si rivolge così agli adulti."

Ed agitò il grosso bastone, tremolando.
Rewot sbuffò e si mise a sedere su uno sgabello.

"Prego."
"Grazie."
Rispose il guerriero, sempre più scettico dinnanzi a quella bizzarra situazione. Fece un cenno a tutti gli altri, in modo tale che si sedessero anche loro. Attorno, la gente non fiatava, si limitava ad osservare con noncuranza quello strano gruppo di viandanti bardati. Perché forse ormai rassegnati di fronte alla loro condizione.

Il vecchio si schiarì la voce, poi attaccò a spiegare.

"Da circa dieci notti, o forse più - non le abbiamo contate - siamo stati vittime di uno strano fenomeno. Ci addormentiamo tutti alla stessa ora e ci svegliamo quando sorge il sole, allo stesso momento. Però forse la cosa più strana è quello che avviene all'interno dei nostri sogni."
Alcuni annuivano in silenzio. Altri fissavano con occhi grigi i nodi di quel lungo tavolo. Non volava una mosca.
"Noi, ogni notte, moriamo."
E lo sguardo divenne cupo e affilato.
"O sarebbe meglio dire, affoghiamo. Perché è di acqua quello che si tratta. Nel sogno un'enorme inondazione si riversa sulle nostre case, sui nostri luoghi e noi non possiamo far nulla per fermarla."

"È sempre la stessa storia."
Avanzò timidamente uno degli uomini lì seduti.
Una barba rossiccia adornava il suo volto pallido.
"Quello in cui possiamo sperare è soltanto una morte rapida e dignitosa. Nient'altro."
Ed il suo sguardo scuro pareva parlasse da sé.
"Ehe, voi ragazzi.
Io per fortuna non ricordo mai un accidente di nulla, santo T'al!"

E sghignazzò in modo sdentato.
La sua risata in quel clima di tensione, pareva lo scoppio di un archibugio difettoso, pronto ad esplodere.

"Comunque, siamo qui per sapere cosa succederà ed evitare la catastrofe. Non vogliamo che una simile sciagura ricada per davvero sulle nostre vite."
Fece sorridendo.
"Ci aiuterete vero?
Dicono che voi Lumini, Lu..cette... siete parecchio in gamba. Quindi risolvete questo nostro dilemma.
Abbiamo già predisposto alcuni luoghi per farvi riposare. A casa mia c'è posto! E anche lì, da Jonah."

Fece, indicando l'energumeno taglialegna dal capo bruno seduto in disparte a trangugiare qualcosa. Quello, dal canto suo, si limitò ad alzare la mano in segno di comprensione.

"Anche nella mia piccola chiesa, T'al accoglie le anime generose."
Fu un prete a rispondere. Un uomo impomatato sulla cinquantina. Sfoggiava un grosso sorriso al quale mancava qualche dente, ma di certo luminoso. Le mani giunte dietro la schiena, il busto all'infuori coperto da una tonaca viola e oro.
"Beh, anche a casa mia posso ospitare qualcuno. Sono Josefine, molto lieta."
La donna che aveva parlato era una brunetta di bell'aspetto, e che non dimostrava per nulla l'età che in realtà aveva.
Dietro di lei alcune donne mormorarono.

"E poi beh... poi ci sono le stalle.
...

A volte abbiamo avuto anche grasse vacche da latte."

Esordì improvvisamente ed in modo del tutto sconclusionato.
Poi chiuse gli occhi per un istante e si appisolò sulla sedia.
Il sano mormorio inondò la sala.

Fuori, in quel cielo di velluto, se qualcuno avesse alzato la testa avrebbe scorto non una, ma ben due lune a torreggiare sul villaggio.
Una strana circostanza.

____

Da dietro il tavolo e le panche, una piccola zazzera bionda faceva ogni tanto capolino intenta ad osservare i nuovi venuti, particolarmente interessata a quel bambino che poteva avere proprio la sua età. Si avvicinò cauta e poi toccò la spalla di Io con il braccio della sua bambola di pezza che aveva gli stessi suoi capelli.

"Ciao!"
Disse come se parlasse proprio la bambola.
Ma quella era fissa con i suoi occhi di bottone ed il sorriso grande grande cucito sul volto.
"Io mi chiamo Greta."
Dietro quel piccolo fantoccio, due innocenti iridi nocciola sorridevano.

_____

QM PointPostone!
Mi scuso e mi pento perché avrei voluto scrivere un po' meno, ma le esigenze mi hanno portato a tutto questo. Sorry!
Comunque sia, aldilà delle fisime di Afrah e del suo approccio approssimativo ad Alaria ed Eloise, i vostri personaggi arrivano finalmente a Penteref. Esso è un piccolo borgo di cinquanta anime, ammassate tutte in quella sera nella zona comune-deposito ove è predisposta una grande tavolata e vi è anche il capo villaggio, il Vecchio Malthe, ad accoglierli. Il vero problema di Penteref non sono "gli spettri" a quanto pare, ma i sogni - cercano dunque aiuto e offrono ospitalità a tutti. Alla fine del post una bambina si avvicina a Io e si presenta con fare giocoso, decidi tu cosa fare e come interagire con lei, l'importante è che tu risponda in confronto ed io ti risponderò di conseguenza.

Tutti: dovete innanzitutto scegliere in che luogo, tra quelli proposti, passare la notte e riferirmelo in confronto.
Qui una piccola e rudimentalissima mappa di Penteref dei luoghi che i vostri personaggi possono vedere a colpo d'occhio:

I posti disponibili sono, dunque:
- Jonah, il taglialegna; 4 posti.
- Casa di Josefine; 1 posto.
- Stalle; 4 posti.
- Chiesa di T'al (Don Hemerich) 2 posti.
- Casa del vecchio Malthe, 1 posto.

Considerando il fatto che Afrah andrà sempre e comunque dove vuole andare Jace e Donovan prenderà posto nelle stalle.

Dopodiché potete interagire con tutti i png presenti, sempre tramite confronto, e noi vi risponderemo. Nota bene: non siate MAI autoconclusivi con loro. Per interagire però avete poco tempo: due ore in game, che si traducono in alcuni giorni reali (fino a Martedì notte alle ore 00:00). Quindi dovete decidere in fretta e interagire se volete, perché poi calerà la notte ed i vostri personaggi si addormenteranno istantaneamente. La scadenza di postaggio è fissata a Venerdì 23, alle ore 23:59. Buon lavoro!

 
Top
Lill'
view post Posted on 21/1/2015, 21:19





Se si comincia ad aver le traveggole prima di passare in osteria, allora qualcosa non va.
Le due lune occhieggiavano sbiadite nel crepuscolo.
Staccando un pezzo di focaccia Rick tolse lo sguardo da quella finestrella accennata nel gran casolare di legna, trovando una piccola brocca di vino. Lavò giù il sentore di fritto con tutte le storie, comprese quelle del vecchio Malthe, la testa abbassata sul tavolone. Poi passò alla carne; e il tendersi di mascelle e lembi e il biascicare era davvero tutto quanto si sentiva tra quei commensali taciturni.
Salute, prete sazio a metà, il vagabondo si avvicinò al sacerdote per trovarsi un giaciglio. Rick. Vengo io da te. Grazie, eh! Si guardò intorno, scorgendo l’unica anima con cui forse valeva la pena spendere del tempo: la brunetta col bambino. La donna gli sorrise di rimando, mentre Rick finiva di sboncoccellarsi un quarto di camoscio, chiedendo di fiumi e rischi nella zona. “Siete il benvenuto, signor Nano” disse il prete a mani giunte. Cianciando con il tale Don Hemerich, Rick scrutò ancora un po’ lo spazio vuoto nella panca affianco a madre e figlio, i risvolti ben curati della gonna di lei nel capannone che puzzava di fritto, con barattoli di frattaglie ammassate. Non che a lui desse fastidio.
Solo ruscelli e qualche torrente”, lo rassicurò il prete. “Di inondazioni qui non ce ne sono mai state. Eppure tutto fa pensare a questo. Cattivi presagi...
Nel mentre anche la grossa orchessa s’era avvicinata, pure lei in cerca di un posto dove buttarsi per quella notte. Tra tutti i nuovi arrivati al campo, Rick non era sicuro di ricordarsi il suo nome.
Sono Alaria, piacere.” Disse, con quel faccione butterato che torreggiava alto sulla testa di Rick. Forse aveva persino più pidocchi di lui. Salute a te, Rick
Non credo che "l'acqua" di cui si parla nel sogno sia qualcosa di origine naturale. Il dubbio che mi attanaglia è "perchè proprio dieci giorni fa?". Ci deve essere una causa scatenante di questa specie di sortilegio. A lei viene in mente nulla di strano o sospetto che sia avvenuto circa dieci giorni addietro o poco di più?
Sortilegio, hai detto bene! Dieci giorni fa ho sognato le due lune. La profezia. ” gli rispose il prete. “Venite con me

Prima di uscire con i due dal capannone, però, Rick si fermò sulla soglia a dare uno sguardo. Qualche donna ancora ripuliva i resti dei pasti, alzando quei pochi bicchieri e cocci di legno sul tavolone, unico rumore. Il gelo della porta aperta dietro di lui gli accarezzò le spalle. Non è che ci vedesse poi molto in quella storia dei sogni, né si faceva troppi problemi su presagi e altre fesserie, se davvero di fiumi lì non ce n’erano. Eppure una vocina aspra lo avvertiva: veniva da dentro, come bile che risale quando digrigni i denti e tieni duro.
Dalle profondità delle sue viscere, o di una montagna.
Così il suo occhio si fermò ancora su Josefine e, voltandosi, sulla figura del prete, che già s’era incamminato nel piazzale. Rick Gultermann raggiunse lui e l’orchessa filando a testa bassa tra la neve. “…non ci credono, ma ve lo dico io: la catastrofe avverrà quando le due lune si scontreranno. Non dipende da noi” stava spiegando all’altra Don Hemerich, indicando il cielo. Nella blu triste della sera incipiente, le due palle di luce si facevano meno sbiadite, e c’era poco da imbrogliarsi: di lune ce n’erano due; una giallognola e grande, l’altra di un azzurro tremolante. Il vagabondo le guardò scontroso di rimando.

1rtewxk

Nella chiesa un po’ di polvere aleggiava nell’aria.
Era fatta di legna e paglia, come tutto il resto; entrarono salendo un paio di scalini, mentre Hemerich dava un colpo al portone di pino scuro. Camminando tra le poche panche e il tavolone cerimoniale, il sacerdote gli mostrò una porticina laterale, collegata a un piccolo corridoio. Rick scrutò tra le travi che puntellavano qua e là il soffitto, che si alzava in una sorta di punta poco elaborata. Notò sul tavolone cerimoniale, poggiata su una tovaglietta un po’ ingiallita, una qualche chincaglieria votata a T’al, il dio fabbro. Mentre don Hemerich li accompagnava nello stabile affianco alla chiesa, indicandogli la camera con qualche brandina arrangiata per lei e Alaria, pensò che alla fine non gl’era andata troppo male. Buttò i suoi pochi cocci in un angolo, rivangando la scalogna che gl’era toccata con i giacigli negl’ultimi mesi. Chiese e tempietti avevano sempre gli alloggi migliori, in sua memoria, ed erano pieni di sciccherie come quella carabattola d’argento: chissà perché, ma tutta la roba cerimoniale lui l’associava sempre ad un’urna; o qualche vezzo simile per i morti. Si sedette sulla branda, nella penombra di una finestrella tra le assi. Forse era perché alla fine ci buttavano tutti le proprie lagne e preghiere, in quei ricettacoli di speranze in legno malfatto. O forse erano proprio le ceneri dei Demòni che cercavano, insieme alla polvere, a trovarsi sugli altari. Scosse la testa, lasciando stare quei pensieri strani; tanto più che T’al era tra quelli che forse una mano te la davano pure, Dio dei lavoratori e di chi si arrabatta.
Così gli avevano insegnato nelle bande mercenarie.
Una volta l'ho conosciuto, un orco, al Passo dell'arpia.
Di colpo si ricordò di Alaria, e buttò lì quello che gli tornava in testa. Tutto il reggimento l'ha conosciuto, in effetti.. Si portò una mano al collo, lentamente, mentre parlava sommesso.

Ma io sono una fata, mio caro Rick
Una voce garrula rispose.
Il nano guardò di sottecchi la mole dell’orchessa, alta quasi il doppio di lui; e sebbene non s’azzeccava uno sconvolgimento esagerato tra quello sopraccigli arcigne, di certo era un bene aver sentito quelle parole lontano dalla Casa comune, o da qualsiasi tipo di pasto capace di andarti di traverso. “Ti perdono per il tuo errore, molti mi scambiano per un'orchessa. Se ci fossimo conosciuti prima forse non ti sarebbero rimasti quei segni. Avrei potuto guarirti.” disse Alaria. Si scambiarono così quattro parole, tra i vocaboli mal biascicati di Rick e la storia di come l’orchessa - o fata - avesse sentito delle Lanterne. Il cielo oltre la finestrella s’era fatto scuro.

...trovare Greta” furono scossi poco dopo dagli improperi del prete e del ragazzino, quello che l’aveva invitati al villaggio giù al campo. Alaria si offrì di aiutare nelle ricerche della bimba, dicendo a Rick di stare sveglio. Il nano gli raccomandò un po’ di liquore e tornò in branda.
Passò qualche minuto, con giusto gli aliti del vento a produrre qualche rumore nella camera degli ospiti. Un ragno si dibatteva nella sua tela alla fioca luce che filtrava dalla porta. L’orchessa non tornava. Così dopo un po’ Don Hemerich si vide quell’ospite sfregiato chiedergli da bere, e si spostarono in cucina. …Non ero granché lontano da Samaberthe, quando ho sentito questa storia. Mi hanno detto che c'erano delle Ombre qui in zona disse il nano, fissando il Don negl’occhi. Non dei sogni.
Più che una minaccia, forse, ombreggiava in quelle due fosse scure l’aspettativa di cose dure; la stessa piega grama delle faccende per cui si scarpina ogni giorno e che, bene o male, ci si ritrova a fuggire e inseguire allo stesso tempo.
Incubi, signor Rick. Incubi” precisò il sacerdote, versando un liquido dall’aroma forte in un bicchierucolo di terra cotta. Poi ci ripensò, preparandone uno anche per sé.
Le Lanterne... siete la nostra salvezza. Ma si sa poco sul vostro conto
C'è poco da sapere, prete. È anni che faccio questa roba, e ...altro.
Il vagabondo accennò alla roncola che portava alla cintola, l’unico suo avere che non aveva lasciato accanto alla branda. Si ricordava l’ultima volta che l’aveva usata, nel buio sotto la montagna che dorme; certo ne aveva fatti di lavori finiti male come quello, il nano.
E ognuno, ma quello in particolare con più forza, gli aveva lasciato qualcosa nella testa:
scoperte nelle gallerie.

Tu?
prese ad assaggiare il liquore; ne ingollò un sorso più lungo.

Sono solo un umile sacerdote di un paesino sperduto” confidò Hemerich.
Faccio il mio meglio per proteggere queste anime dalle incombenze dell'Erydlyss. Ma queste lune... oh, queste lune! Cattivo presagio.

Presagi, dici tu. fece l’altro ripulendosi le gengive con la lingua. Non pareva troppo convinto.
Di Ombre e fatti strani qui in passato niente, però. Di roba che si può andare lì e risolvere niente, però..
Bevendo, l’arma alla cintola del nano oscillava lentamente; così come quelle parole.
Ma dove si è cacciata quella disgraziata? attaccò di nuovo il Don. “È una fortuna che ci siate qui voi Lanterne, ora. Spero che possiate fermare la catastrofe.

Rick Gultermann non disse altro.
Si scolò quanto rimaneva del suo bicchiere, chiudendosi nelle braccia; si alzò quindi, e diede la buonanotte. Ripassando nell’angusto corridoio e poi tornando in camera, qualche fiocco biancastro si poteva indovinare sotto la finestrella. Dalla statura del nano, in alto, si vedeva chiaramente il cielo
e la luce di due fuochi diversi rischiarare l’aria notturna.

Sperò che almeno T’al gli facesse la carità d’una lavoro senza troppi giri e come si deve. Ripensò anche a quella bella mora, Josefine, e ad Alaria nel letto affianco: schiantandosi sulla branda con l'arma ancora appesa alla cintola
Rick non imbrogliò se stesso.



SPOILER (click to view)
CS: 5 (2 Pellaccia dura, 1 Tempra di ferro, 1 Riflessi fortuiti)
Energie: 100 - 5 = 95%
Danni Fisici:
[16/16]
Danni Mentali:
[16/16]
Armi:
Scudo tondo di ferro e legno [Avambraccio dx], Martello [Mano sx], Armatura di Cuoio [Tutto il corpo eccetto Testa e Mani], Roncola [Cintola], Asce da lancio x2 [Cintola] (in questo turno tutte le armi sono ripose meno la Roncola)

PASSIVE
QUOTE
~Abilità da Talento. Io speriamo che me la cavo.
Rick se la cava sempre, anche contro tutti i pronostici. Persino quando la situazione appare disperata, il nano sarà comunque in grado di imbastire una difesa: non importa quanto sia scomodo o inverosimile, qualcosa per salvarsi i fondelli se la inventerà.
Sarà dunque in grado di erigere le sue difese in maniera istantanea ed inconscia o, parimenti, di difendere eventuali alleati in un'area con lo stesso sforzo con il quale difenderebbe se stesso.
[Talento, Passive liv. I, II e III; Possibilità di difesa istantanea, Difese ad area con Potenza pari al Consumo, Difese inconsce]

~Abilità razziale. Il tozzo ancora in piedi.
Rick non molla. Malgrado tutto.
Rick usa tutte le sue energie nella lotta, non si risparmia, lascia andare colpi tosti – e però non molla. Anche senza un goccio d'acqua, senza mangiare o non essendosi riposato per giorni, Rick resiste. Finché non riesce in quello che fa, il nano va avanti: certo li sente i morsi della fame, il sonno, i crampi. Una birra la desidererebbe proprio a volte, ma a conti fatti ne fa a meno - lui è incrollabile.
[Razziale Nano Tenacia, Passiva; Insensibilità a fame, sete o fatica]

~Abilità personale. Sopporta!
Rick è così abituato a viaggi sfiancanti o a contese infinite per miseri rimasugli di carne che ha imparato la resistenza, la resistenza vera. Ha alzato il suo metabolismo a livelli inverosimili, appreso come compiere ogni gesto con ferite indicibili sul proprio corpo. Si arrangia.
La cosa si traduce, nella pratica, con la possibilità di essere insensibile al dolore fisico: il vagabondo sarà in grado di combattere nonostante abbia subito un ammontare di danni al corpo notevole, prossimo al Mortale, che ne abbia compromesso irrimediabilmente l'integrità fisica. Contusioni, fratture e mutilazioni fisiche che abbiano compromesso le sue facoltà gli arrecheranno normalmente danno, ma non ne ostacoleranno mai le capacità combattive.
Semplicemente sopporterà, come un mulo.
[Personale I, Passiva; insensibilità al dolore fisico]
[Pergamena Irriducibile, Iniz. Campione; possibilità di muoversi con ferite ingenti]


~Dono dell'Oscurità:
Possedere l'Oscurità determinerà la possibilità di percepire e talvolta anche vedere le Ombre aggirarsi nei territori dell'Edhel. Non si potrà parlare con loro e nemmeno interagire con esse fisicamente, ma talvolta il personaggio avrà la netta sensazione di essere a sua volta percepito dalle stesse. Ulteriore Bonus, il personaggio nel cui corpo si annidi l'Oscurità svilupperà la capacità di capire a tratti il linguaggio delle Ombre, riuscendo a cogliere alcuni suoni, parole o simili. In ultimo, il personaggio guadagnerà 1 CS passivo liberamente assegnabile. Possedere L'Oscurità comporterà il modificarsi del corpo (iridi nere, pdeterminante o immediatamente visibile. Dovrà però sussistere anche in minima parte.
[Passiva; Possibilità maggiori di interazione con le ombre, 1 CS in riflessi]

PRIMA LEGGE
La vita è effimera e fugace. Non sforzarti di considerare l'esistenza degli altri e vivi appieno la tua. Preservala gelosamente, avvinghiati a lei, rimanine aggrappato. Anche a costo di far del male a chi ti sta intorno. Piuttosto menti, ferisci, uccidi se è necessario. Sopravvivi finché puoi e cerca solo amicizie convenienti per te.
[Passiva; il portatore dell'artefatto avrà un auspex in grado di localizzare i personaggi tendenzialmente malvagi.]

TERZA LEGGE

Nessun uomo è uguale all'altro. Abbiamo tutti peculiarità differenti ed ognuno di noi è unico. Per questo motivo anche i nostri diritti e doveri lo sono. Alcuni hanno più privilegi rispetto ad altri e non tutti devono seguire gli stessi precetti. Tu sei un favorito. Manifesta questa tua fortuna più che puoi. Discrimina chi non ha il tuo stesso rango sociale, circondati di gente come te.
[Passiva; il possessore dell'artefatto sarà in grado di comunicare telepaticamente con tutti i personaggi tendenzialmente malvagi.]

ATTIVE
QUOTE
QUARTA LEGGE
Tu sei il Mondo intero. Pensa solo a te stesso, non ti curare degli altri. Inganna, fuggi dai tuoi doveri, non pensare fuori dal tuo centro. Accumula sempre più ricchezze e potere e non condividerle con nessuno. Creati una cerchia di alleati per coprirti le spalle, ma guardati bene anche da loro. Puoi fidarti solo di te stesso.
[Potenza Bassa, natura psionica; per due turni il possessore dell'artefatto attirerà a sé mentalmente i personaggi tendenzialmente malvagi, allontanerà i personaggi tendenzialmente buoni.]

Riassunto e note: come Rick, anch'io spero non manchi nulla.
EDIT: al solito, un paio di errori.


Edited by Lill' - 21/1/2015, 22:05
 
Top
view post Posted on 23/1/2015, 02:53
Avatar

koneko no baka
··

Group:
Member
Posts:
485
Location:
montagne

Status:


Llusern
-Tracce sull'acqua-




Il cielo terso striato di sottili nuvole di madreperla si preparava ad accogliere la notte, sospirando una lieve e gelida brezza. Le Lanterne erano state sedute in uno scomposto cerchio attorno alla luce tiepida del focolare per qualche tempo, i loro sguardi persi nelle minuscole scintille che bramando la grandezza del cielo vanificavano la loro breve vita spegnendosi a qualche centimetro dalle fiamme. Giunti fin lì per immergersi in problemi che li riguardavano soltanto per le montagne aspre che tanto amavano, si erano forse scordati del silenzio e della pace che invece avrebbero potuto trovare nel paesaggio canuto e purissimo attorno a loro. E se anche avessero voluto farlo, dentro di loro sapevano che non avrebbero veramente potuto, non in quell'istante. Dunque un leggero chiacchiericcio alleggeriva il silenzio del tramonto, mentre una spietata attesa regnava su di loro.
Non appena furono lì, il ragazzo e la sua figura scarna ammantata da pellicce che di sicuro non gli appertenevano, parvero tremare sotto gli sguardi degli avventurieri, i quali cercarono di carpire la sua goffa richiesta d'aiuto. Il suo tono volle farsi arrogante, ma la voce fuggì codarda non appena gli occhi di Afrah incrociarono i suoi. I due si scambiarono alcune parole che magicamente bastarono a movimentare le Lanterne, le quali in fondo, come bozzoli di farfalle che hanno finalmente ricevuto il segnale per rompersi e lasciar volare via la meraviglia che fino a poco prima gelosamente contenevano, non erano lì che per quella ragione.
S'incamminarono in silenzio, mentre l'aria si faceva più fredda e la volta celeste più scura e vellutata. Eloise non sollevò lo sguardo nemmeno per un istante, posizionandosi quasi inconsciamente al fianco della sua nuova improvvisata compagna di viaggio. Guardò la neve sotto i suoi stivali per tutto il tempo, la sottile patina farinosa che scompariva ad ogni suo passo, appiccicandosi alle sue suole miseramente. Lasciava piccoli dipinti di sassolini ed aghi di pino dietro di lei, orme leggere che venivano poi coperte da altri cristalli delicati e canuti. Una voce armoniosa e tranquilla raggiunse le sue orecchie come la carezza di un'onda, distraendola dal suo casuale interesse per la neve. Volse gli occhi nella sua direzione, involontariamente. Afrah ora camminava al fianco di Alaria, le toccava la spalla e le parlava. Poi la beduina aveva mormorato un gentile benvenuto per lei e per Eloise, la sua voce un tintinnio pacifico, la sua mano una preoccupazione leggera e sconosciuta sul suo cuore. Eloise aveva cercato di sorridere tornando ad osservare il sentiero, lieta d'esser accettata. La neve e il suo candore avrebbero forse voluto dirle qualcosa, ma lei era troppo distante da sé in quel momento, troppo impegnata a vivere in mezzo a reali esseri fatti di ossa e carne, e capelli e pensieri, dimenticandosi le sue giornate in compagnia di persone create da emozioni e sbuffi di luce e vento, da colori sfumati nella corteccia di un abete, nelle fronde delle felci.

Arrivare a Penteref fu una sorta di spartiacque fra le ore spese a camminare e quelle che sarebbero seguite, annunciate da una patetica ansia che si annidava nello stomaco di Eloise come mani che si intrecciano e strofinano tra loro senza tregua. Non sapere cosa l'avrebbe attesa oltre alle pesanti assi di legno che si stavano lentamente scostando per lasciar passare lei e le Lanterne, la metteva in una sorta di dimensione di confusione e curiosità. Dall'altra parte della massiccia palizzata, come la corolla di un fiore bianco schiuso per metà, il villaggio si sviluppava timidamente. Sul lato destro, una serie di edifici di legno e pietra si stendeva fino al punto finale della circonferenza dove una chiesetta di legno si stagliava fiera, lontano di fronte a loro. Quelli a destra, parvero essere depositi, più che abitanzioni, contrariamente alla zona sinistra del paesello, spuzzata di piccole case anch'esse di legno e pietra. Nel centro, lo spaventoso silenzio di una piazza deserta galleggiava come una cappa pesante. Il ragazzo condusse i viaggiatori attraverso quell'oasi di irreale tranquillità verso una delle costruzioni sul lato destro, la più grande fra tutte.
Insipidi profumi e vapori velavano le luci di quella stanza così grande e colma di genti semplici e indaffarate. E davanti alle Lanterne, un vecchio uomo le osservava una alla volta, bloccando poi lo sguardo sul guerriero in testa al gruppo e passando infine ad una neutra e fissa occhiata sul vuoto dietro tutti. Muoveva quei due lembi rugosi di pelle, lasciando intravedere a tratti il buco nero e sdentato della sua bocca, miracolosamente producendo suoni. Il suo discorso di benvenuto fu una manciata di frasi poco connesse tra loro, che accompagnarono i viaggiatori fino a modesti e rustici posti a sedere su panche e sedie attorno ad un enorme tavolo al quale si erano nel frattempo accomodati anche gli abitanti di Penteref.

« Da circa dieci notti, o forse più - non le abbiamo contate - siamo stati vittime di uno strano fenomeno. Ci addormentiamo tutti alla stessa ora e ci svegliamo quando sorge il sole, allo stesso momento. Però forse la cosa più strana è quello che avviene all'interno dei nostri sogni. »



La voce rauca e graffiata del vecchio giunse dalla cima della tavolata, dove lui declamava il suo discoso stritolando il suo bastone di legno nodoso. Come in una bizzarra versione degli eventi, lo sguardo degli avventurieri era puntato con attenzione sull'oratore, mentre quello dei compaesani era perso i chissà quali rimorsi letti nelle assi di legno del tavolo.

« Noi, ogni notte, moriamo. »



La voce scalfì perfidamente ancora una volta quel silenzio grave che gli abitanti di Penteref non sembravano voler smettere di tenere. Alcuni di loro si curvarono ancor di più sui loro piatti, come a voler sfuggire da quella realtà e dall'annunciarla con un tono di voce così elevato. Eloise guardava il vecchio senza fiatare, nemmeno nella sua testa. Assimilava le parole con una sorta di lievissima comprensione.

« O sarebbe meglio dire, affoghiamo. Perché è di acqua quello che si tratta. Nel sogno un'enorme inondazione si riversa sulle nostre case, sui nostri luoghi e noi non possiamo far nulla per fermarla. »



Ed a quel punto, come alla caduta della goccia decisamente di troppo, la conversazione dovette venire alleggerita dall'intervento di un compaesano e dalla risata eufemisticamente fuori luogo di Malthe. Un lieve chiacchiericcio inondò vigliaccamente la sala, mentre il vecchio, il prete e una bella donna dai capelli scuri offrivano ai viaggiatori posti dove passare la notte. Poi Malthe, indicando un uomo in fondo alla sala che saggiamente aveva iniziato a mangiare il suo cibo prima che questo divenisse freddo come quello nel piatto di tutti gli altri, intenti ad ascoltare il vecchio, disse che anche lui avrebbe potuto ospitatare alcuni degli avventurieri. L'uomo, per tutta risposta, fece un cenno con la mano senza sollevare gli occhi dal piatto. Le Lanterne allora iniziarono a toccare la cena di fronte a loro, scambiando ogni tanto qualche parola con quella elitaria fetta di abitanti che avevano accennato poco prima alla faccenda dell'ospitalità per la notte. Dal canto suo, Eloise rimase seduta lievemente in disparte, ascoltando le voci che si fondevano e diventavano una sola onda di marea ad abbattersi scrosciando contro le sue orecchie, sopra le teste di tutti. Poco distante da lei il ragazzino con i capelli canuti come i suoi che aveva seduto assieme a lei poche ore prima all'accampamento parlava con una bambina che reggeva una bambola di fronte a lei, nascondendo il viso dietro di essa. Alaria e il nano, un viso dipinto di cicatrici come lo schizzo di carboncino di un bimbetto capriccioso, intrattenevano una conversazione con il prete che aveva offerto due letti nella sua chiesa. Afrah sedeva accanto all'individuo che l'aveva accompagnata anche prima, una figura longilinea e immersa nell'alone misterioso della sua lunga cappa. Lui non toccò il cibo, ma nessuno fece domande. Voltandosi casualmente in direzione della porta dalla quale erano entrati, catturò l'istante in cui il ragazzo ammantato di scarlatto lasciava la sala in compagnia del beduino che gli era stato accanto anche attorno al focolare. Ma non si fece troppe domande, perché in quell'istante Eloise, mentre taceva e osservava tutti, lasciava cadere lo sguardo sull'energumeno silenzioso che poco prima aveva acconsentito ad ospitare alcuni di loro. Lo scrutava in silenzio, ascoltando i pezzetti di cibo che venivano mecinati lentamente nella pressa dei suoi denti così precisa e calcolata da far paura persino a lei, mentre rifletteva su quanto la sua situazione e quella del tizio isolato in fondo alla tavolata fossero simili in quel momento. Così decise che avrebbe passato la notte da lui, l'uomo silenzioso.

Dopo la cena, Eloise uscì dalla sala preceduta da Jonah, ma anche da da Afrah e il suo accompagnatore, che scoprì essere le persone che avrebbero condiviso il rifugio con lei. I loro respiri nella notte silente e ghiacciata volavano via creando soffici sbuffi biancastri. Mentre osservava quegli spettri evanescenti pensava ai suoi veri fantasmi, quelli che la tenevano sveglia gran parte delle sue notti. E se ancora non poteva ricordare cosa li aveva portati sino a lei, sapeva che la loro presenza era dovuta a qualcosa che li aveva insinuati nella sua mente e nei suoi sogni angosciosi. Prese a camminare più velocemente, affiancando il taglialegna.

« È mai morto qualcuno per colpa dell'acqua in questo villaggio? Voglio dire... è mai affogato qualcuno? »



La sua voce un sussurro, le sue labbra una fessura, nel proferire una domanda che lei non avrebbe voluto essere motivo di dispiacere per l'uomo. Ma quest'ultimo, non appena il suono lo raggiunse e la mente realizzò, arrestò l'andatura, bloccandosi sul posto per qualche istante. Rifletté sulle parole per un po', guardando negli occhi Eloise,

« No, niente del genere »



Concluse dunque il taglialegna, voltandosi e riprendendo bruscamente il cammino verso la sua dimora. Eloise distolse lo sguardo, volgendolo al cielo ora nero e tempestato da miriadi di stelle. In un angolo di quel sipario di diamanti, due lune gemelle ricambiarono il suo sguardo come planetarie vuote orbite. La ragazza rimase attonita e confusa dalla seconda perla incastonata nel cielo, ma tacque, ponderando l'idea di chiedere di più a Jonah non appena avessero avuto un tetto sopra le loro teste. Qualcosa la spinse a pensare a quanto fosse poco saggio rimanere all'esterno anche solo un secondo di più, così accelerò il passo per star dietro agli uomini e ad Afrah, morsa da quell'inspiegabile senso di sgomento nell'aere immobile e gelido della notte.


~



Non riuscì a metabolizzare bene ciò che poi successe una volta giunti a casa di Jonah. Il suo unico pensiero in quel pugno di secondi era stato mettere più distanza possibile tra lei e ciò che ora giaceva silente dall'altra parte del muro di pietre e della porta spessa di legno. L'accompagnatore di Afrah discusse col taglialegna, chiedendo anche spiegazioni sulla presenza di una seconda luna nel cielo. Quello rispose restando sul vago, il suo tono quasi disinteressato ma mai scortese. Ma l'accompagnatore non gradì. E in pochi attimi, poco prima che il taglialegna sparisse nel suo laboratorio, colse la sua bugia richiamandolo indietro. Eloise si era voltata di scatto, allarmata. Il tono dell'uomo ammantato era diventato duro e minaccioso mentre chiedeva per la seconda volta una spiegazione a Jonah. E a quel punto anche il taglialegna si era girato, fulminando l'uomo e gonfiandosi d'ira. Ora gli occhi di Eloise correvano da un viso all'altro tra i due uomini, cercando di carpire ogni dettaglio. Ma Jonah aveva troncato la conversazione con uno sbraito rabbioso, un ruggito frustrato che aveva preceduto la sua fuga dalla stanza per recarsi sul retro dell'edificio.
Tutto accadde molto in fretta e prima che la conversazione potesse degenerare o qualcun altro potesse fare domande, le due parti si erano sciolte, gli eserciti erano scomparsi lasciando la polvere della tensione ad appestare l'aria della stanza.

Ora Eloise sedeva sul letto di paglia che Jonah aveva preparato per lei. Poggiava la schiena sul muro, accanto ad una finestrella quadrata. Guardava la patina di vapore che offuscava la vista del cielo e delle montagne all'esterno con una sorta di preoccupazione crescente che non avrebbe saputo spiegarsi. Forse si trattava solo della solita angoscia di ogni sera, la solita paura di sognare che le attanagliava le viscere poco prima di andare a dormire. Rilassò le spalle. Decise che non avrebbe dormito, quella notte. Non era così stanca, dopotutto. Inoltre, nella stanza assieme a lei c'erano Afrah e quell'altro uomo; sapere che l'avrebbero sentita gridare quella notte le tolse ogni voglia di chiudere occhio.
Posò una mano sul vetro opaco, saggiandone la freddezza. Qualcosa la scosse nel profondo, una sensazione tremendamente fisica, orribilmente reale. Improvvisamente tutto si fece distante, troppo in fretta per riallacciare il legame con la realtà. I rumori delle braci nel caminetto si affievolirono fino a ridursi a un sibilo sottile, un silenzio di morte l'avvolse come una spessa coperta chiudendola in un bozzolo. Gli arti si fecero di piombo, la testa si svuotò di colpo, l'unico pensiero rimasto fu la confusione. Lentamente, senza che lei potesse spiegarsi il perché le sue spalle iniziarono ad afflosciarsi, la schiena ad incurvirsi e scivolare verso il letto, trascinata dalla gravità. La testa ricadde all'indietro, le orbite si rovesciarono lasciandole come unica occhiata la stanza acquarellata di fronte a lei. La porta si aprì lasciando entrare il ragazzo con il mantello porpora che poco prima aveva lasciato la sala della cena. Fece qualche passo, poi crollò al suolo come un fragile papavero sotto un'invisibile roccia. E mentre dentro di lei la ragazza lottava contro quel mistero potente e silenzioso, le sue dita morivano trascinandosi sul vetro, lasciando cinque squarci di notte nella condensa biancastra appiccicata alla finestra. Come una divinità potente di un mondo che cessa di esistere al suo volere, il sonno si portò via Eloise, che abbandonò il corpo immobile su quel letto di paglia.

 
Top
The Grim
view post Posted on 23/1/2015, 23:41





Gli serviva aiuto. Bastò quella frase - o forse solo l'ultima parola - a sciogliere il groppo che non lo faceva respirare, a prendere le ansie del momento, farne un fagotto e schiaffarlo in fondo, nell'anfratto meglio celato del suo animo; là con le sudicerie più orride che s'impegnava a tenere lontane dal ricordare. Raddrizzò la schiena e una ventata di colore rinfrescò il suo volto fin troppo pallido, gli occhi passarono dal ceruleo di un cielo nuvoloso all'azzurro di quello primaverile, divenne più serio e forse più vivo. Qualcuno avrebbe potuto pensare che fu l'urgenza del momento a ravvivarlo, forse la gioia di poter finalmente aiutare qualcuno - e sicuramente c'era un pezzo di tutto ciò nel suo nuovo portamento - ma il cuore di quel cambiamento stava in tutt'altro: il sollievo di poter finalmente fare qualcosa di concreto. Non sapeva se c'era bisogno di combattere o di aguzzare l'ingegno, non aveva nemmeno capito il nome del villaggio o quanto fosse distante; ma qualsiasi cosa sarebbe stata migliore di quel vagabondare randagio e inconcludente, inseguendo il profumo di qualche fantasma. In quello il Jace-del-Nord era parecchio diverso dal Jace-del-Sud, la voglia di mettersi in pericolo contrapposta al terrore del benché minimo pericolo lo facevano apparire come un uomo completamente diverso, mentre quello era solo un riflesso pragmatico, il banale adattarsi ad un mondo completamente diverso. Non esisteva sicurezza in quella terra martoriata dal male, pochi rifugi che galleggiavano incerti in un oceano di oscurità dalle forme più disparate ma sempre crudeli; la civiltà come l'aveva sempre intesa era solo un sogno utopico in quelle distese solitarie. Schierarsi con chi s'impegnava in una simili lotta non presentava più pericoli del semplice vagabondare o di trovare un posto per sé stessi, al contrario i vantaggi che si prospettavano erano parecchi: alleati ben armati, amici su cui contare e la possibilità di creare un posto migliore per loro. Il pensiero di quella parola bastò al Cartomante per accorgersi di quale fosse il reale cambiamento che aveva attraversato: al centro dei suoi pensieri non c'era più un Io, ma un Noi mai identico a sé stesso, che l'altro ieri stava per Afrah e Jace, il giorno seguente per loro due e Biancocolle, ed oggi invece significava le Lanterne; non faticava ad abituarsi a questo, fu stupito di come si fosse adattato immediatamente ad esso. Considerazioni simili erano per lui pure vertigine, vorticavano a velocità estrema nella sua testa, gli davano l'impressione di essere leggero tanto era lontano dalle sue certezze. Marciò granitico e muto, con la sensazione che uno sbuffo di vento l'avrebbe facilmente gettato a terra.

bosco_zps6314278f

Quel posto era completamente anonimo. Un cerchio di case, senza alcuna grazia; un luogo grigio come i bassifondi di Taanach. Mi pareva Biancocolle, ma senza il profumo di Biancospino o l'amore di Tornis per il legno che conferiva ad ogni casa un ché di accogliente anche solo dalla facciata. Il vecchio che li accolse sembrava ad un passo dalla tomba, per nulla adatto a guidare il posto in caso di emergenza; come quella che stavano vivendo. Se Helga fosse stata lì, avrebbe preso a calci quel rimbambito e gli avrebbe insegnato innanzitutto come accogliere degli ospiti, e sopratutto come fronteggiare le avversità con autorità. Un mare di possibilità gli balzò in mente: una possibile maledizione magari di qualche fantasma causato dalla stupidità di qualche villico, o forse un abitante aveva sviluppato degli insoliti poteri ed ora consumava una vendetta covata da chissà quanto; la sua ipotesi preferita però rimaneva l'avvelenamento di cibo o acqua. Questo ed altri motivi lo convinsero che era meglio sguainare la Vena: voleva autorità su quei paesani, far sentire il peso di chi stavano per affrontare così che nessuno tentasse azioni stupide; e forse gli sarebbe servita la tenacia che l'investiva quando la lancia era salda fra le sue mani. Con quella poteva stare fermo in una bufera senza che il freddo l'attanagliasse, correre e saltare sulle vette dell'Erydlyss senza sentire i polmoni bruciare o la testa dolergli; stare per giorni senza la fame a borbottare nello stomaco o l'arsura a gonfiare lingua e gola. Poi chiuse gli occhi, lasciando fluttuare i suoi pensieri a metà fra la coscienza e l'incoscienza; a quel punto sussurrò una parola a Vergilius.

Còocit.

ɲ Ɏ ɳ

Un turbinare di colore divampò nel cielo,
come un'aurora boreale che abbracciava un arcobaleno,
come aver fatto leccato un bufo dello Xuaraya tre volte di seguito.
Una volta l'avevo fatto, in un noioso pomeriggio alla Torre dei Mastigos. Sapeva fosse stato un momento memorabile, eppure non ricordava più nessuna di quelle immagini oniriche che tanto l'avevano emozionato e spaventato da giovane; era strano ma forse sapeva chi avrebbe potuto incolpare. Il tatuaggio prese a vorticare all'altezza del collo, con fare da finto innocente, di chi era al cento per cento colpevole. Era certo di averlo sentito sghignazzare in maniera soddisfatta,
sebbene l'Atlante fosse sempre muto.
In confronto a l'oceano di pastello che risplendeva di stelle,
le case parevano ancor più grigie e misere, tristi,
cadaveri abbandonati, celle infernali d'infinita disperazione.
Oltre a quello però il mondo si era tinto di una venatura ulteriore,
simile alla visione delle aure, ma se quella era come vedere con un terzo occhio, questo nuovo senso era come un secondo olfatto; non conosceva parole più adatte di quelle. Non poteva riconoscere le persone grazie a quella capacità, ma poteva saperne la qualità: il capo del villaggio sapeva come di bucato pulito, ma non appena lavato; un che di neutro, né piacevole né fastidioso. Come pure il falegname e gran parte delle persone: né santi né diavoli. Il parroco sapeva di muffa e umidità, non il rancido odore del male, ma un sapore viscido di fango e palude. Ma c'era anche chi sapeva di buono, un misto di fiori, come la piccola bambina che li squadrava curiosa.
E poi c'era una donna - Josefine - che non possedeva alcun afrore,
non neutra: vuota.

Jace scelse la casa del falegname,
per mancanza di alternative valide fra le tante proposte:
la stalla gli faceva schifo, che di nuotare nello sterco aveva sempre evitato,
le chiese nella sua testa avevano sempre puzzato di vecchiezza e morte,
rimaneva solo quella, ed era larga abbastanza per lui e per Afrah.
Mosse un passo in quella direzione - ma non più di uno - e poi sentì una mano tirargli la cappa.
Era il bambino - Io - che come si comportava proprio come un figlio: indicò la bambina che sapeva di zucchero dicendo che sarebbe andato da lei; non sembrava ci fosse niente di cui preoccuparsi. Gli incubi erano certo un mistero da risolvere, ma nessuno sembrava essersi fatto male a causa loro; non indagò ulteriormente. Una parte di lui urlava istericamente delle cose terribili che sarebbero potute accadergli. Tentennò ma poi si ricordò di cosa aveva già fatto: l'aveva lasciato da solo in un bosco gelato, fuggendo all'impazzata dalle proprie responsabilità come chi inguiava la propria fidanzata. Si stava mostrando cento volte più responsabile quella stessa sera. Quando però una delle nuove reclute gli chiese del marmocchio ebbe uno scrupolo di coscienza e un momento di sollievo. Gli confidò quel che sapeva, felice che qualcuno si sarebbe preoccupato di lui, mentre lui scortava la sua Habibi a quella che sarebbe stata la loro dimora. Alzò gli occhi al cielo e gli sorse spontaneo chiedersi se stava bene visto che due grosse lune campeggiavano in un mare di stelle; la beduina però gli confermò che non era affatto folle che lei stessa le vedeva.

Il posto era modesta, non tirato a lustro come la dimora di un principe né lurido come una topaia di quart'ordine, con robe gettate alla rinfusa ovunque ma senza che queste sommergessero gli abitanti. Più che una casa ricordava il laboratorio di un artigiano, e di certo la verità non si allontanava tanto da quella considerazione. Era giunto il momento d'iniziare a farsi qualche idea, anche se di scoprire la verità bisognava lavorare parecchio. Jace teneva l'arma ancora in mano, come lo scettro di un sovrano o il pastorale di un pontefice, a ricordare il suo ruolo - cacciatore di bestie e protettore delle vie del settentrione - eppure poggiò una mano sulla spalla dell'altro come fosse un caro amico, sfoderando un sorriso caldo e sincero. L'anello dell'Uroboro brillò di una luce vermiglia, e lo stregone fece le sue domande: quando aveva avuto il primo incubo sull'inondazione, cosa era successo di particolare in quei giorno; e sopratutto da quanto tempo c'era una seconda luna in cielo. L'altro non avrebbe potuto mentirgli, o lui l'avrebbe saputo, e sperò con tutto il cuore che quello si limitasse ad essere sincero e non imbrigliare la matassa; non aveva proprio pazienza per simili situazioni. Quello invece lo fece: gli mentì. Non su tutto, ma questo bastò perché lui montasse su tutte le furie. Un ghigno arrabbiato gli montò in volto, i suoi occhi si fecero cattivi e privi di pietà, e il cartomante gli abbaiò di far silenzio, e fu schietto nella sua minaccia. Sapeva che il carpentiere aveva incubi da tanto tempo ed esigeva risposte, altrimenti le avrebbe prese con la forza; e non sarebbe stato piacevole. Quello, di tutta risposta se ne andò, borbottando qualcosa sul fatto che non fossero affari dello stregone. Jace alzò la lancia, pronto a fare lo sgambetto al tizio e scaraventarlo a terra, e poi lasciare ai suoi prodigi di divertirsi con quel bugiardo di terz'ordine; una mano candida sfiorò la sua. Nemmeno lui poteva mentire ad Afrah, che sapeva di ogni suo pensiero anche senza il potere delle Vene. Abbassò gli occhi come un cane bastonato, e quella le accarezzò il capo, per dirgli di non preoccuparsi; non aveva fatto nulla di grave in realtà. Si abbracciarono e stettero così per qualche tempo, accontentandosi l'uno della compagnia dei pensieri dell'altro, senza proferir parola. Poi la porta si aprì di scattò, e Jace roteò in quella direzione, pronto a rimbrottare qualche brutta parola contro il falegname; non riuscì ad accorgersi che invece si trattava del bardò. Caddè al suolo, sprofondando nel sogno, mano nella mano con la sua amata.

specchietto


CS: 5 | Intelligenza 2 Prontezza 1 Determinazione 1 Maestria delle Armi 1
Critico 36 | Alto 18 | Medio 9 | Basso 5

Stato Fisico: Quasi Perfetto, Ustione di livello Basso alla mano sinistra(Autoinflitto);
Stato Psicologico: Quasi Perfetto, Lieve furto di ricordo di entità Bassa(Autoinflitto);
Energia: 100 - 0 - 0 = 100 %


Mastigos: I Mastigos sono più potenti ingannatori. Essi possono lanciare le sue tecniche di illusione, infatti, anche nel caso in cui fosse completamente immobilizzato ed imbavagliato: non avrà necessità di alcun movimento per ricorrervi né di pronunciare alcuna parola. Sono in grado di modificare a piacimento il tono, il volume e il luogo di provenienza della propria voce. Potrà farla suonare blasfema e cavernosa come quella di un demone; potrà ingigantirla al punto da assordare i propri avversari; potrà farla sembrare un sussurro proveniente da poco distante alle orecchie dei suoi alleati, e molto altro ancora. I più potenti possono inoltre fondersi nelle loro stesse illusioni. Fintanto che sul campo di battaglia sarà presente un'immagine richiamata da lui, infatti, egli potrà modificare a sua volta anche il suo aspetto, assumendo qualsiasi forma e dimensione desideri. Questa mutazione - seppur ingannando tutti i sensi dell'avversario - sarà tuttavia soltanto un'illusione e non donerà al possessore del dominio alcuna capacità aggiuntiva rispetto alle sue. Infine essi non svengono una volta raggiunto il 10 % dell'energia sebbene muoiano una volta esaurita la riserva energetica. Inoltre la sua aura risulta invisibile agli auspex di natura magica.
[ [size=0]Passive di Talento (I, II, III) e Razziale e Personale
]

Circolo di protezione dalla Magia: Questo sortilegio gli permette di affrontare facilmente altri incantatori, non perché protegge la sua pelle dagli incantesimi, bensì lo rende capace di contrattaccare più facilmente. Ogni volta che un avversario utilizzerà una tecnica di natura magica, per la durata di quel turno lo stregone guadagna 2 CS in Intuito. [ Pergamena Discendenza Arcana ]

Vergilius: Un intricato disegno di glifi e rune in perenne movimento sulla spalla sinistra. In realtà il marchio è una creatura vivente, che può assumere l'aspetto di un'ombra dalle forme umanoidi, muta e cangiante, che si impegnerà a difendere il suo Portatore. [ Tatuaggio/Compagno animale, Artefatto d'ambientazione ]

Cappa degli Eterni: Il più appariscente degli indumenti del Cartomante, un enorme drappo azzurro ricoperto di simboli argentei che cinge le sue spalle e lo copre fino alle caviglie, sotto la quale è però celato un robusto corpetto di strisce di cuoio, tinte del medesimo colore. L'armatura lo copre dalle spalle alla vita, lasciando però libere le braccia, garantendo così una completa mobilità ed una moderata protezione al busto. Quando la indossa tutte le tecniche offensive scagliate da Jace ad area saranno di potenza equivalente al consumo speso per castarle. Inoltre una volta che il cartomante avrà accumulato un danno Critico al fisico, guadagnerà 2 CS in Istinto fino alla fine della giocata. Una delle gemme incastonate nella cappa dona a Jace 1 CS in Maestria con le Armi. [ Armatura leggera al busto, Artefatto epico di caratterizzazione + Diamante ]

Sigillo dell'acchiappasonni: Un ninnolo di capelli intrecciati delle tribù dello Xuraya che racchiude all'interno uno spirito maligno dei sogni. L'essere intrappolato al suo interno non solo è innocuo per il suo portatore, ma anzi lo fortifica. La potenza magica sovrannaturale della creatura gli permette di essere pari ai più grandi Illusionisti, aumentando i poteri del suo Dominio di un livello. L'essere inoltre conferisce la capacità di vedere l'invisibile, sotto forma di auspex di potenza passiva. Inoltre forte delle memorie e delle capacità dello spirito Jace è inoltre capace di utilizzare le pergamene della Classe Ladro. [ Cristallo della Conoscenza e Tomo Furtivo e Tomo magico e Amuleto dell'Auspex - Cucito sulla cappa ]

Attive usate:
CITAZIONE
Còocit_ E’ la seconda dimensione dell’Oneiron, prima visione dell’Orizzonte di quel mondo altero e sperduto, in costante mutamento. Qui si dipanano le vie dell’Oltre, tante quanto le sfumature dell’iride, molteplici e infide più che i pensieri che le possono originare. E’ il crocevia dell’Ignoto, costantemente in movimento poichè in movimento è la volontà che in ogni attimo li origina. Pensare ad un mare in tempesta è cosa utile. Quando si troverà in questa dimensione, il Portatore vedrà Vergilius assumere principalmente forme corrispondenti ai suoi pensieri, voluttuose concretizzazioni dei suoi sogni e paure. In quegli istanti Vergilius potrà parlare, seppur spesso tenderà a dire tutto ciò che il portatore non vorrebbe dire, esprimendo cose che sarebbe stato meglio tener segrete.
Second- Trovandosi in questo stato, il portatore potrà percepire l’allineamento delle persone che lo circondano. Tecnicamente, una volta che questa passiva sarà attiva i giocatori i cui personaggi si ritroveranno a subirla dovranno indicare offtopic se la natura del proprio personaggio è buona, malvagia o neutrale.[Passiva]

Il prezzo delle bugie. [Tecnica magica, potenza Bassa mediante autodanno Basso al corpo: per due turni il portatore sarà in grado di capire se il suo interlocutore stia dicendo o meno una bugia, ma questa capacità non gli consentirà di conoscere quale sia invece la verità.]



Edited by The Grim - 23/1/2015, 23:48
 
Top
Endymyon
view post Posted on 23/1/2015, 23:46




Llusern ~ Tracce sull'acqua

Seduto su un tronco, attorno al fuoco, gli occhi di Richard fecero il giro dei volti. Si soffermò prima sui due individui che accolsero Io. Entrambi esili e dalla carnagione chiara, spiccavano come elfi tra i nerboruti uomini del nord.
I suoi occhi poi andarono a fermarsi su Donovan, vecchio Leone che conosceva già per la sua fama, ma che mai aveva visto in persona. Solo alcuni manifesti e le storie delle taverne avevano portato il guerriero a poter associare il nome a quel volto grigio. Chissà quante ne avrà viste di cose strane e pericolose il vecchio armigero. Sembrava temprato dalla battaglia come pochi altri lì attorno. Semmai avesse dovuto affidarsi a qualcuno, Richard sarebbe andato probabilmente da lui, o dal nano che aveva preso da parte Io per raccogliere legna. Sotto quella barba sembrava uno che ne sapeva qualcosa delle battaglie, oppure era solo un inganno dato dalle sue cicatrici e dallo sguardo duro.
La compagnia era tranquilla, come se attendesse qualcosa o qualcuno, ed infine, questo qualcuno si presentò. Un ragazzino avvolto sotto una gran quantità di vestiti incominciò a biascicare qualche parola. Non ebbe nemmeno la forza e la velocità per finire la frase, che le Lanterne si mossero assieme.
Durante il breve viaggio Arthur si avvicinò ad una “vecchia” conoscenza. L'ultima volta che lo aveva visto era tra le gelidi montagne del Erydlyss, e forse non si sarebbe nemmeno dovuto stupire di re-incontrarlo lì, eppure era rimasto un poco sorpreso nel apprendere che anche il mezzo-drago fosse una Lanterna.
"Àlfar! Il mondo è piccolo, ma non pensavo di ritrovarti così a breve! Come va?" Disse porgendogli la destra mentre sorrideva. Rose dal canto suo rimase silenziosa, salutando con un cenno della testa il mezzo-drago.
Avrebbe voluto conversare un po' di più, ma erano già arrivati al villaggio, così preferì tendere l'orecchio e la sua attenzione verso il capo villaggio. Era un vecchio un po' strampalato, forse per via di una mente non più capace di discernere tra presente e passato, oppure perché era semplicemente rimbambito, ma rimaneva pur sempre lui la persona che amministrava la vita di quelle poche anime necessitanti d'aiuto, perciò il drago desistette dal giudicarlo tanto in fretta.

Nel corso della serata sia le Lanterne che gli abitanti del paesello si erano accomodati in una sala comune. Le donne si erano destreggiate nelle cucine, preparando delle pietanze, ma nella sala non vi era un brusio tanto forte da sopire il rumore prodotto dalle stoviglie. Non che gli abitanti fossero muti o intimoriti, ma sembrava piuttosto non avessero voglia di parlare. Probabilmente sentivano il futuro incombere su di loro, e sapevano che per l'ennesima notte avrebbero vissuto l'incubo della morte per asfissia. Tutto pareva far parte di una maledizione, ma Richard non avrebbe potuto dire chi potesse avere del rancore contro Penteref.
Si era immerso nei suoi pensieri talmente tanto, il drago, che non si era nemmeno accorto che la cena fosse già finita e alcuni stavano già alzandosi.
Il bambino dov'è?” chiese Arthur alla compagna rinvenendo alla ragione.
“E' uscito. Perché?” Rose non sembrava preoccupata, le sopracciglia inarcate tradivano un certo stupore. “Lo hai visto anche tu mentre se ne andava con la ragazzina.”
“No” disse voltandosi verso l'uscita “Non … non ci ho fatto caso”. Rimase in silenzio, basito, come se si fosse finalmente reso conto di aver dimenticato la testa tra le nuvole di quella mattina.
“Lo stavi gaurdando, o almeno, lo guardavi mentre se ne andava. Ma forse quel uomo lì” tese la mano indicando l'uomo alto e magro “Io ha parlato con lui prima di andarsene. Forse lui lo sa.”
Rispose con un mugolio mentre si alzava dallo sgabello per raggiungere l'uomo indicato da Rose. "Scusa se ti interrompo, mi chiamo Richard" disse tendendo la destra "Vorrei sapere se Io ti ha detto dove avrebbe dormito? Sembra sia coraggioso, ma non vorrei gli capitasse nulla"
In poche parole Jace si presentò, rivelandogli ciò che sapeva del piccolo. Poche cordiali battute, né fredde né calde, tanto che Richard scordò subito il tono di voce del portatore delle Vene, quasi non fosse una persona importante, nonostante il lascito del Sorya che portava appresso. Le aveva notate: d'altronde non era difficile quando qualcuno le mette in mostra, ma per qualche motivo non ne era rimasto sorpreso. Si era informato bene su chi fossero stati i Leoni del Edhel, e non era segreto che grandi personalità si potessero ritrovare assieme, dacché i loro scopi sembravano essere simili.

"Capo villaggio, io e la mia compagna ci vorremmo accomodare nelle stalle, ma la paglia punge e la terra è dura: sa a chi posso rivolgermi per un paio di coperte per rendere più comodo il riposo?" Mentre parla Richard passa lo sguardo anche su Jonah, il taglialegna, per avere un aiuto in caso il vecchio avesse problemi di memoria, ma non servì. L'anziano indicò delle donne vicino alla cucina, che in poco tempo rifornirono il guerriero di tutto il necessario.
Anche le stalle erano mute e, similmente agli abitanti, i pochi animali oltre al cavallo di Donovan non sembravano dare importanza ai nuovi ospiti.
Il drago colse subito la frecciatina di Àlfar, ma si limitò a sorridergli di rimando, per poi uscire dalla stalla e fare il giro del villaggio.
Si era accorto subito di quella strana neve, ma non sentendola sciogliersi o raffreddarlo in alcun modo, il drago rimase solo incuriosito dall'evento. Anche le due lune, in alto nel cielo non dovevano esserci, ma nessuno sembrava badarci più di tanto. Era diventata normale amministrazione lì in quel paesino, eppure Richard non ricordava che tutto ciò fosse una cosa normale. Da quel che poteva rimembrare, sul Erydlyss non vi erano mai brillate due lune, né vi era mai stata una falsa neve simile alla cenere.

Il tempo della ricognizione era finito, quasi come quello prima che il sonno potesse avvolgere gli abitanti del villaggio. Eppure lui non voleva arrendersi, qualcosa di sbagliato avvolgeva quel posto, perciò decise di fare appello agli occhi dell'anima. In poco tempo la natura attorno a lui incominciò ad illuminarsi un poco, come se brillasse di un fuoco a sé stante. Le piante ardevano in fiamme grigie, mentre le persone, quasi tutte, brillavano dal azzurro fino al blu più intenso.
Il suo sguardo andò a guardare il cielo, ma nulla sembrava esserci di strano. Guardò le case, ma la sua vista poco riusciva a fare, se non vedere dietro ai primi muri e poco più in là. Ciò che però attirò lo sguardo di Richard fu la chiesa. Al suo interno distingueva bene le auree di alcuni suoi compagni e del sacerdote, ma non vedeva quella di Io e della bambina che doveva essere con lui.
Il suo rientro alla stalla fu rapido, con grandi falcate si gettò verso le coperte, per prenderne una abbastanza spessa, prima di scappare di corsa. Era riuscito solo a slacciarsi il mantello per non farsi intralciare-
“Appena trovo il piccolo torno” gridò mentre si stava già allontanando dalla compagna e dal mezzo-drago che lo aveva appena incoraggiato.
Doveva trovare il piccolo.


“Huh”


Il sonno si avvicinava e lui non era al caldo sotto le coperte.
“Huh... hu”


L'Erydlyss non era magnanimo.
“Huh...huh...hu...huh”


I suoi passi iniziarono a rallentare. Aveva girato quasi mezzo villaggio, e una stanchezza improvvisa si era impossessata del suo corpo.
“Huh...Huh..huh”
...

I un ultimo sforzo disperato si avvicinò al magazzino e andò ad appoggiarsi all'angolo in cui non batteva il vento. Si lasciò avvolgere prima dall'armatura di piastre completa, in modo da trattenere il calore del suo corpo il più allungo possibile, poi si avvolse nella grande pelle, tentando di isolarsi il più possibile.
Avrebbe voluto leggere una piccola nota ironica in tutto ciò, dato che era finito ad essere lui più sconsiderato di un bambino, ma le forze lo abbandonarono, portate via dal sonno.


Status & Co.
Energia residua: 95% (100-5 per auspex)
CS: 2 costituzione, 1 saggezza
Danni fisici: nessuno
Danni mentali: nessuno
Equip:
Armatura di piastre- Armatura naturale- Scudo- Ascia e annessa sfera.
Oggetti:
Biglia oscura
Passive:
Sostegno: permette di volare/camminare sulle varie superfici (acqua ed aria comprese);
Personale 3/10: permette di portare persone o armi/armature pesanti senza problemi. In combattimento concede l'utilizzo anche di armi/armature pesanti senza il minimo sforzo;
Dominio I e II: Uso di difese a tempo zero e difese ad area con potenza pari al consumo;
Razziale: consente la trasformazione nella forma draconica o viceversa.

Attive utilizzate:
Con la sua nuova forma umana però, Richard è diventato anche più conscio della vita che lo circonda. Dalle piante agli animali e poi alle altre creature, egli è ora capace di percepirle. Non ne percepisce i movimenti e gli odori, ma bensì l'emanazione di quella energia vitale che ogninuo manifesta. Chiamato semplicemente forza vita, energia, oppure ky o aura, qualsiasi cosa essa sia, il drago è capace di percepirla. [Percezione Magica: Consumo Basso; Auspex passivo di 2 turni]

Personale 2/10: Nulla di teletrasporto per far comparire l'armatura.

Note: Unica cosa che ho fatto, e non detto nel confronto è stato utilizzare la Nulla di teletrasporto dell'armatura. Va bene che un drago non si ammala, ma non si sa mai XD



 
Top
54 replies since 9/1/2015, 16:15   3272 views
  Share