Rise of the Whisper
Ciò che Diventiamo
Atto I
-Ricordi quella cosa che dovevo dirti riguardo il tuo essere un demone?!-
E Montu si trasformò davanti ai miei occhi.
Ero sorpreso, ma non lo diedi a vedere.
Il mio unico gesto fu di inarcare un sopracciglio.
«Non mi aspettavo una tale rivelazione, ma ti ringrazio per esserti confidato con me. Non è facile portare questa eredità fuori dai confini di Baathos.» Ero sincero.
-Lo sappiamo bene, ma continuiamo la nostra missione ora.- Fu la sua risposta.
Per la nostra genia non era facile riscattarsi dai propri peccati, eppure quel giorno avevamo compiuto un passo avanti verso un futuro diverso da quello segnato dalla corruzione.
Forse c'era speranza, forse in questo nuovo inizio per cui stavamo lottando, nessuno avrebbe più dovuto nascondere le proprie origini.
Ero stato irremovibile nel voler far parte della scorta del giovane sovrano.
Da quando Ludmilla aveva rivelato che Julien era ancora in vita, mi sentivo addosso una certa apprensione.
Non ero tranquillo, non volevo allontanarmi da quel ragazzino che avevamo strappato alla sua vita pacifica. Certo, un'esistenza persa nell'illusione, nella menzogna, ma lontana dagli intrighi politici.
Non riuscivo a scordare di come avessimo invaso la sua vita, spezzando quella gabbia dorata, cancellando nella luce del faro una esistenza in cui sarebbe potuto essere se stesso. Già un controsenso in termini, ma la sua eredità di sangue l'aveva portato a trasformarsi in un burattino, un bambino la cui personalità, ancora in crescita, poteva essere facilmente manipolata.
Ed io, per quanto fosse presuntuoso anche il solo pensarlo, avevo giurato che non sarebbe mai più accaduto.
L'avevamo strappato alla sua riacquistata innocenza, restituendogli quell'arroganza degna del ragazzino viziato qual era, esponendolo al pericolo, per creare una nuova Speranza.
Era giusto?
No, non lo era, ma purtroppo era la nostra sola possibilità di cambiare gli equilibri in gioco.
Lo accettavo?
No, fino all'ultimo avevo lottato contro la mia coscienza, mettendo a repentaglio sia il mio giuramento nei confronti di Ludmilla, sia la mia neonata amicizia con Montu.
Se solo ci fosse stata un'altra soluzione avrei lasciato Julien al sicuro, protetto da una famiglia che, per quanto illusoria, gli avrebbe donato quel calore che come Re non avrebbe mai potuto avere.
Non in questa vita, non in questo mondo, non in questa realtà...
Mi sentivo responsabile, desideravo per lui una seconda occasione, lontano dalle influenze dannose, libero di essere un sovrano degno di questo nome, un re giusto.
Volevo proteggerlo finché ne avessi avuto la possibilità...
Mi rifiutavo di pensare ad un finale tragico.
Non volevo perderlo, non volevo che venisse corrotto.
Era utopia?
Era un capriccio?
Era la mia innata testardaggine?
Qualunque fosse la causa, avrei lottato per mantenere fede alla mia promessa.
Probabilmente Ludmilla capitolò per sfinimento accettandomi nella sua scorta, ma non dubitavo che l'avrei scontata se fossimo sopravvissuti.
Mi aspettavo una punizione per la mia cocciutaggine che rasentava l'insubordinazione, ma anche così non avrei rinnegato la mia decisione, la mia promessa.
Montu, nel bene e nel male, era rimasto al mio fianco.
Prima della partenza avevo chiesto a Ludmilla di poterle parlare in privato, lontano da occhi ed orecchie indiscrete.
Dopo quello che era successo con Nicolaj non potevamo fidarci di nessuno, per quanto la cosa non mi andasse molto a genio.
Sperando di essere stati sufficientemente attenti, le esposi il mio piano.
Al momento opportuno intendevo sostituirmi a Julien. Avevo ancora il ciondolo trovato alla fattoria, non sapevo quanto potesse avere valore, quando fosse un legame per il giovane sovrano, ma avrei lo stesso corso il rischio.
Era un azzardo, ma per quanto riponessi la mia fiducia in Ludmilla, nei miei compagni, non potevo permettermi di non pensare allo scenario peggiore.
L'unico punto debole era la limitata padronanza del mio essere un demone mutaforme.
Non avevo la possibilità di mantenere le sembianze del ragazzo troppo a lungo, ma potevo concedere del tempo prezioso per permettere a Julien di reclamare la sua eredità, minimizzando i rischi per la sua incolumità.
Stava a Ludmilla decidere se accettare o meno la mia proposta.
Io avrei atteso la sua decisione.
La notizia dell'esecuzione di Fanie mi aveva lasciato l'amaro in bocca. Mi sentivo così impotente a restare ad osservare l'evolversi del suo fato, senza avere la possibilità di contrastarlo.
Lei era la mia più cara amica, la persona che mi aveva aperto gli occhi su una visione del mondo che non conoscevo. Mi aveva insegnato l'importanza della collaborazione, del sacrificio, del mettere anima e cuore in ciò in cui credevo. A poco a poco le nostre strade si erano legate, complici le battaglie che avevamo affrontato uniti, sfidando ad ogni passo la morte. Era la persona cui sapevo di poter affidare la mia vita, l'amica che avevo giurato di non tradire mai, la mano che avrei potuto afferrare in ogni situazione e...
...E invece la stavo abbandonando a se stessa...
Io che non accettavo di dover scegliere tra due opzioni imposte dal fato, mi stavo comportando seguendo la filosofia dei Sussurri.
Io che credevo di essere una voce fuori dal coro, avevo scelto di rinunciare al bene del singolo per proteggere il regno.
Avevo scelto di onorare la mia promessa nei confronti di Julien, rinunciando ad essere accanto a Fanie.
La moneta che mi aveva donato, bruciava tra le dita.
Le scritte incise, che erano diventate il suo lascito alla Resistenza, si erano trasformate in un'ammissione di colpevolezza.
Il mio peccato...
La mia presunzione nel credere di essere in grado di trovare sempre una strada alternativa.
Faceva male...
Il mio cuore sanguinava...
Mi ripetevo fino allo sfinimento che dovevo fidarmi di chi era rimasto a Basiledra.
Non avrebbero lasciato nulla di intentato pur di salvarla, anche rischiarendo di cadere in trappola.
Sarebbe stato da ingenui pensare che Mathias non avesse preso delle precauzioni in merito, che quel rendere pubblica la notizia non fosse un invito rivolto proprio a chi aveva fatto delle parole di Fanie il suo credo.
Era difficile restare lucidi, focalizzati sulla missione.
Non volevo perdere anche lei, non volevo rivivere quel senso di impotenza nel perdere qualcuno cui volevo bene anche rinunciando alla mia stessa vita.
Assurdo! Era così assurdo! Soffrire per aver scoperto la propria umanità.
L'amore, l'amicizia, qual era la loro forza?
In quei momenti mi sembravano solo una debolezza, che stava logorando la mia mente.
Non li comprendevo, faticavo a non farmi travolgere, facevano riaffiorare un dolore che non si era ancora sopito.
Zaide e Fanie, i loro volti si alternavano nei miei ricordi, fino a sovrapporsi.
Avevo perso l'amore, sarei riuscito a sopportare la perdita dell'amicizia?
Era l'egoismo che mi stava incatenando in quel ciclo vizioso, che stava congelando la mia lucidità, il mio sangue freddo?
In quei tempi oscuri la morte era una compagna che non potevamo rinnegare. Morire per un ideale, non era un destino accettabile alla fine?
Diventare un vessillo per un futuro di speranza...
Era quello il suo fato?
E anche se fosse riuscita a sopravvivere avrebbe accettato quel dono in cambio del sangue di quanti... quanti sarebbero morti nel tentativo di liberarla?
Sapevo che lei non l'avrebbe voluto, che non voleva più piangere in silenzio per tutti coloro che aveva perso senza poter fare nulla per salvarli.
Il suo credo aveva comportato molti sacrifici.
Quel giorno a Basiledra aveva perso così tanto...
Se chiudevo gli occhi potevo vedere il suo sguardo, quando la Speranza si era trasformata in Orrore.
Il Regno del Terrore, il Regno di Mathias Lorch...
Potevo solo provare ammirazione per lei, che si era risollevata, nonostante tutto, per dare una nuova Speranza a tutti noi.
Non potevo vedere nel futuro, non potevo essere sicuro del lieto fine, purtroppo al momento potevo solo sperare che, qualunque fosse l'epilogo di quella storia, lei avrebbe trovato la pace.
Lasciai scivolare la moneta nella tasca dei pantaloni.
Chiusi il mio cuore ai ricordi, non mi potevo più permettere di indugiare.
Avevo scelto di essere a fianco di un ragazzino troppo giovane per conoscere il fardello di essere un re giusto, il cui destino sarebbe stato deciso dall'esito della tempesta che stavamo per scatenare.
La mappa parlava chiaro; per quanto il percorso scelto seguisse un itinerario atto a tenere al sicuro Julien, vi erano dei focolai non ancora estinti. Non erano un obiettivo primario, non necessitavano di mobilitare una delle squadre che si stava occupando di stroncare resistenze più insidiose, ma restavano comunque un rischio da non sottovalutare. Un tempo luogo di ristoro per i viandanti, con l'avvento di Mathias era stato convertito in posto di blocco. Pur essendo una via secondaria rispetto a quelle più battute per raggiungere Basiledra, qualcuno sembrava non voler correre rischi, creando un piccolo avamposto. Dalle informazioni in nostro possesso, si trattava di un complesso di poca importanza, vicino ai margini della foresta. L'insidia, in realtà, proveniva proprio dal bosco limitrofo, dove c'era il rischio di incrociare una pattuglia nemica.
Ci offrimmo volontari in sei: io, Montu e quattro con buone capacità di mimetizzazione in ambienti boschivi.
Per quanto avrei preferito vegliare sul ragazzo, disponevo di un'abilità che poteva risultare molto utile per giocare a nascondino con le pattuglie all'interno della foresta.
Ero in grado di percepire le presenze e le emanazioni magiche, un vantaggio in termini strategici. E in caso di necessità, con un piccolo dispendio energetico, potevo estendere questa mia potenzialità a distanze considerevoli.
Non ci fu un discorso di commiato, ognuno conosceva le proprie responsabilità, ulteriori parole sarebbero state superflue.
Per il momento noi saremmo stati l'avanguardia; Ludmilla si sarebbe occupata del resto.
Il piano d'azione era semplice, una volta divisi in due gruppi avremmo adottato un avanzamento a spirale verso il posto di blocco.
Fu n incidente di percorso? Semplice fortuna?
La prima pattuglia che percepii ci trovò ancora uniti. Erano un gruppo formato da cinque unità, non avvertivo emanazioni magiche. Un'informazione positiva per quanto andasse presa con cautela; non potevo garantire che tra di loro non si nascondessero maghi o manipolatori mentali.
Piombammo addosso sfruttando l'ambiente. Forti della nostra superiorità numerica ci accingemmo ad ingaggiarli.
Rapidamente impugnai l'elsa della schiavona facendo turbinare l'azzurro della lama in direzione del mio avversario. Non mi ritenevo uno spadaccino nel vero senso del nome, ma in passato avevo preso lezioni da Fanie, che aveva cercato di inculcarmi l'importanza di saper padroneggiare un'arma da mischia anche se ero un incantatore.
«Il giorno che non potrai fare affidamento sui tuoi poteri, come ti difenderai?»Mi aveva sfidato ad un duello di addestramento durante il periodo in cui militavo nella Resistenza, ma un imprevisto aveva interrotto la sfida sul nascere.
Non avevamo più avuto occasione di riprendere il discorso, ma non avevo dimenticato le sue parole.
Parai un affondo portato contro il mio fianco sinistro, lasciando che le due lame scivolassero l'una sull'altra. Non avevamo molto spazio di manovra in un ambiente ricco di vegetazione. Era una danza mortale compiuta su brevi distanze. Un gioco di destrezza tra le spade che si incrociavano, ruotando e cercando un'apertura verso il proprio obiettivo. Il mio avversario, un giovane sui venti anni, con il blasone della Guardia Insonne, esile di corporatura, con una chioma rossa che usciva ribelle dall'elmo, vibrò una serie di attacchi che mi costrinsero ad indietreggiare. Non notai la radice dell'albero alle mie spalle e mi ritrovai pericolosamente sbilanciato all'indietro. Con un colpo di reni riuscì a non perdere l'equilibrio. Non fino a quando la lama affondò nell'addome del soldato, che mi rovinò addosso. Mi ritrovai a terra con il corpo del giovane sopra di me. Lo spinsi di lato, rendendomi conto che non opponeva resistenza. Quando mi misi a sedere mi resi conto del pugnale conficcato nella sua schiena.
Tutto a posto ragazzo? mi domandò Alrich, tenendomi la mano per aiutarmi a rialzarmi.
Annuii, accettando l'aiuto. L'unica nota dolente era il mio onore. Chiusi gli occhi del giovane dalla chioma cremisi, cercando di non pensare all'espressione sorpresa impressa sul volto.
Vidi Alrich ripulire il pugnale e infilarlo nel fodero che portava legato alla coscia sinistra. Era un veterano, sulla quarantina, ambidestro, esperto esploratore, abile nel muoversi in ambienti naturali e cittadini.
Non potendo bruciare i cadaveri, li seppellimmo cercando di mascherare le tracce con la sterpaglia del sottobosco. I predatori si sarebbero occupati di terminare il lavoro. L'idea mi nauseava, ma gli ordini era stati categorici. Non potevamo permetterci di venire scoperti. La segretezza era la nostra arma più importante.
Ci separammo, attenendoci al piano concordato in precedenza. Ci saremmo incontrati in prossimità del posto di blocco.
Nel nostro avvicinamento incrociammo altre tre pattuglie.
La prima fu eliminata in breve tempo con un attacco coordinato: Miran, una ragazza abile nell'uso dell'arco centrò il cuore della guardia più lontana, mentre Alrich scivolava silenziosamente alle spalle del soldato avversario recidendo la gola. Io ero rimasto in attesa, focalizzato nel percepire eventuali presenze. Analoga sorte toccò alla seconda pattuglia che crollò esanime senza possibilità di scampare all'agguato.
L'ultima fu quella che creò qualche problema. Non per la potenza combattiva quando per il numero. Era composta da quattro uomini, divisi in due unità, che si tenevano ad una certa distanza tra di loro. I primi non si curavano di far rumore, mentre la retroguardia ero riuscita a percepirla solo grazie alla mia abilità. Feci cenno ai miei compagni di fermarsi e indicai ad Alrich la posizione approssimativa dove si trovavano i tizi più furtivi. Sarebbe stato uno scontro di abilità. A Miran sarebbe spettato il compito di freddare sul colpo uno dei due soldati dell'avanguardia. Io mi sarei dovuto occupare dell'altro e poi avrei dovuto dirigere i miei colleghi in caso di fuga di uno dei nostri bersagli. La freccia fu scoccata con una freddezza ammirevole da parte della ragazza. Nello stesso tempi diressi una salva di proiettili arcani verso il corpo dell'altro bersaglio. Senza perdere tempo scattai nella sua direzione ingaggiandolo in combattimento. Era ferito, ma ancora abile a combattere. Mentre duellavamo, sentii un frusciare di foglie alle mie spalle e poi il sibilo di una freccia, che ci sorpassò per colpire uno dei tizi furtivi, usciti allo scoperto. Approfittai di quell'attimo di distrazione per cercare un'apertura e colpire con un affondo il fianco destro. Barcollando tentò una risposta maldestra che riuscii a parare. Il mio colpo successivo non gli lasciò scampo. Lo vidi crollare in ginocchio con il respiro affannoso. La mia lama sopra di lui, ma esitai.
Una freccia finì il lavoro, strappando l'ultimo alito di vita dal corpo del soldato.
Non puoi permetterti di esitare, Kirin. E' una lotta per la sopravvivenza. Noi o loro. Tienilo bene a mente! Il volto di Alrich era serio.
Sapevo che aveva ragione, ma non era facile uccidere a sangue freddo.
Abbassando lo sguardo, notai il suo braccio sanguinare.
Non è nulla, ragazzo. Mi hanno colpito di striscio. Minimizzò, strappando un lembo della camicia per fare una fasciatura di emergenza.
Raggiungemmo il punto d'incontro senza ulteriori contrattempi.
Nascosti nel sottobosco, mi concentrai per cercare di capire quante persone fossero presenti in zona. Dalla nostra posizione potevamo vedere dei carri ribaltati a formare una protezione e due soldati che sporgevano. Dei nitriti indicavano la presenza di cavalcature. Oltre la barricata di fortuna si scorgevano dei ruderi di legno. Forse i resti di un edificio.
«Percepisco la presenza di un gruppo di persone davanti a noi... Vediamo... oltre i carri ribaltati ce ne sono due non visibili dalla nostra posizione, quindi in totale sono in quattro. Poi altri quattro radunati più avanti... forse in quelle rovine che si intravedono... e infine... altre due persone più avanti. Non rilevo emanazioni magiche. Vi posso fare uno schema sul terreno.» Spiegai, prendendo un bastoncino di legno da un rametto spezzato e disegnando la posizione rispetto a noi delle persone che avevo percepito.
Fu Montu a prendere la parola.
- Dobbiamo dividerci, non possiamo permetterci che qualcuno fugga, conosciamo gli ordini. Due dei nostri superano i carri passando tra gli alberi, io e Kirin pensiamo ai soldati nella nostra direzione, voi due occupatevi di quelli negli edifici. Obiezioni? -«Nessuna. Mi raccomando cercate di essere il più silenziosi possibili. Non posiamo sbagliare.» aggiunsi rivolto ai quattro scout. Guardando Montu
«Cercherò di utilizzare un incantesimo ad area e poi correrò verso il tizio sulla sinistra. Da come è vestito potrebbe essere quello in comando. Non ne sono sicuro, ma meglio che restare qui ad indugiare.» Considerai.
Lasciammo il tempo agli altri di posizionarsi, poi rilasciai la mia energia magica modellandola a formare una fenice che si scagliò contro gli uomini alle barricate. L'emanazione magica si scisse in più strali per colpire i bersagli designati. Senza lasciare tempo di capire cosa stesse accadendo, scattai rapido verso quello che avevo individuato come il loro capo.
Prima che potessi raggiungerlo, la guardia più vicino a lui si frappose tra noi nel tentativo di difenderlo dal mio attacco. Incrociò la sua lama con la mia, mentre il capitano si muoveva nel tentativo di fiancheggiarmi.
Erano entrambi feriti, ma solo il soldato sembrava aver accusato pesantemente l'attacco magico.
Non era facile schivare e parare i fendenti che mi arrivavano da ambo i lati. Fui costretto ad estrarre anche la flinlock, maledicendomi di non aver optato per una seconda arma da mischia.
Tenendo d'occhio il comandante, manovrando per evitare di essere colpito da uno dei suoi attacchi, mi concentrai sull'altro. Il buon senso suggeriva di finire l'avversario più debole. Un paio di stoccate e riuscii a farlo crollare a suolo. Non era morto, ma senza cure tempestive non sarebbe sopravvissuto a lungo. In quel momento mi accorsi di un movimento sospetto.
«Montu, ne sta scappando uno!» Gridai. Non potevo occuparmene di persona. Approfittando del mio momentaneo attimo di distrazione, il capitano vibrò un violento fendente sulla guardia della schiavona, costringendomi a lasciare la presa. La lama cadde sul terreno. Non mi lasciò il tempo di riorganizzarmi, incalzando per evitare di farmi utilizzare la flintlock. Era esperto, questo era indubbio. Più di una volta rischiai di finire nella traiettoria della sua lama. Peccato che non avesse considerato il mio asso nella manica. Concentrato sulla mia persona, non si rese conto della lama che stavo muovendo con la telecinesi, raso terreno. Approfittando di uno sbilanciamento momentaneo diressi la schiavona alle sue spalle. Riuscii a spostarsi, ma non ad evitare completamente il colpo. La lama affondò nel fianco sinistro. Non era una ferita mortale, ma mi diede il tempo di sparare una salva di dardi arcani che lo colpirono al petto. Cadde in ginocchio. Non sembrava sconfitto, al contrario fece leva con la spada per rialzarsi in piedi.
Nessuna pietà! Diressi la pistola verso la sua testa e feci fuoco.
Lo scontro era terminato e mentre il resto della nostra squadra si occupava di far sparire ogni traccia, frugando tra gli effetti personali dei soldati alla ricerca di informazioni, io mi avvicinai a Montu.
«Io vorrei riunirmi a Ludmilla. C'è qualcosa che dovrei fare...» Avevo un'aria pensierosa. Mi sentivo irrequieto.
- Tornare indietro... Perché? -«So che dovrei fidarmi di lei, però... non mi sento tranquillo. Ho in mente un piano ma non posso dirti di più, non qui. Mi spiace.» Non potevo correre il rischio. Non potevo metterlo a corrente della mia idea, per quanto desiderassi il suo sostegno nel proteggere Julien.
- E che siano gli ultimi segreti amico mio! - Mi sorrise
- Perlustrerò il posto di blocco insieme a due uomini, poi mi dirigerò verso Basiledra. - mi tese la mano
- Ti aspetto dentro la città, la libereremo! -Annuii stringendogli la mano.
«Te lo prometto Montu!»...Niente più segreti nel nostro futuro...
Kirin Rashelo
CS
[Riflessi 3, Intuito 1], «Kirin l'umano»
[Intuito 2, Intelligenza 2], «Zeross l'incubus»
Energia: 90% = [100 - 10, Fenice di Fuoco utilizzata ad area]%
Danni Fisici: -
Danni Mentali: -
Stato Emotivo: Riflessivo
Equipaggiamento
Flintlock: 5/6 [estratta]
Schiavona [estratta]
Pietra Lunare della Percezione Amuleto dell'auspex
Passive
Arcanista
Non importa come si definisca tale capacità, auspex, sesto senso, intuito, quello che conta è il poter “vedere” gli effetti arcani comprendendone la loro natura intrinseca. [Passiva, Liv.III]
Telecinesi
Taanach: quel giorno segnò la fine di quasi tutte le mie abilità "Esper".
L'unica capacità, che è sopravvissuta, consiste nel riuscire a muovere il mio equipaggiamento con la sola forza del pensiero, senza alcun dispendio energetico, ma a distanze limitate rispetto alla mia posizione.
Tattiche di combattimento
Attive
Fenice di Fuoco
Accolito degli elementi
L'incantesimo inscritto in questa pergamena permetterà al mago, una volta che l'abbia imparato, di manipolare l'energia elementale del fuoco per dar vita ad una Fenice fiammeggiante che si scaglierà contro l'avversario.
Se utilizzata ad area, la tecnica causerà danno basso ad ogni nemico colpito.
Note: Tecnica di Natura Magica, elemento Fuoco.
Danni: Medio.
Consumo di energia: Medio.
Note
Come da accordi privati con Montu
Ho inserito solo quello che ho utilizzato in questo post, per evitare di fare uno schema wallpost