Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rise of the Whisper ~ Ciò che Diventiamo, Capitolo Finale

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view post Posted on 29/1/2015, 12:29
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Maestro
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Brughiere del Sud, Roesfalda
Qualche giorno prima.


I capelli legati con un nastro rosso erano appena umidi nella parte inferiore, più vicina al collo.
La vasca ricolma d'acqua profumava la stanza di petali di rosa e si dipingeva di un tenue pallore porpora. Entro di essa, si muovevano le braccia sinuose di una giovane donna; le dita affusolate carezzavano i bordi smaltati in oro e si immergevano nella schiuma con lascivia, lasciandosi avviluppare dal calore rigenerante di quel bagno caldo. Nel mentre, gli occhi blu smeraldo, tendente al viola, si schiudevano dopo aver analizzato ogni angolo della grossa tenda da campo.
Mobili trafugati da qualche costoso palazzo si erano spinti fino a quell'accampamento, sballottati dalle ruote dei carri e dalle centinaia di pietre che ormai riempivano la via principale. I più belli si contavano sulle dita di una mano: alcuni tappeti pregiati, un quadro dei fastosi palazzi dell'inverno ed una statua in bronzo di media altezza, raffigurante un possente drago zanna ruggente. Quello, invero, sembrava il più recente.
Per il resto, la stanza sembrava ricolma di antichi soprammobili dal dubbio pregio. Arazzi di vecchi casati ormai caduti posavano sparsi sul terreno, pensieri di guerre lontane ed idoli di epoche ormai troppo distanti. Erano i legami con la vita di una volta, quella nobile e coronata di un Regno che aveva fatto del suo nome il terrore di tutto il continente. Un Regno che, per triste che fosse, aveva smesso di esistere molto prima della venuta dei Lorch. Ora, invero, erano solo ombre infauste di un periodo cui pareva troppo vergognoso paragonarsi. Strascichi di malinconia cui un debole non riusciva proprio a rinunciare, per non sentirsi tale. L'unico sfogo del proprio fallimento era rifugiarsi lontano dalla propria ignominia.
Succinto, com'era, da un panno spesso che gli circondava la vita, se ne stava accovacciato poco distante su di un tappeto scuro, ricercando ristoro vicino al piccolo fuoco acceso nel fornello posto nei pressi.
I suoi rotoli di grasso ricoprivano in parte il panno, in parte le sue vergogne, mentre il sudore luccicava alla luce del fuoco come la colata di olio che ricopre il maiale prima del banchetto.
Ed il suo volto era paonazzo, rosso come quel fuoco zampillante. Lo sguardo fisso su di esso, cercando nell'audacia del fuoco quella che in vita sua non aveva mai avuto.

« Andiamo, Marchese Ansbach, non si crucci così » disse la donna, smuovendo le labbra carnose tra le bolle di sapone. « Non è colpa vostra. »
« Un piccolo incidente può capitare a tutti, no? » Sussurrò, trattenendo a stento una tenue risatina.
Il Marchese si voltò, lasciandosi andare ad uno sguardo languido e spaurito. Le folte sopracciglia grigiastre tremarono, incurvandosi all'unisono con i margini della grossa bocca sformata.
Non disse nulla e tornò a fissare il fuoco come a voler scomparire totalmente dentro di esso, benché non avesse sufficiente coraggio per farlo.
Si sciolse in un sonoro lamento solo qualche istante dopo. « Oh, Lady Castellade » sussurrò con un ampio sospiro. « Voi siete così comprensiva... »
E la mente ritornava ciclicamente a qualche istante prima. A quando erano avviluppati sotto il lenzuolo di piume d'oca ricamato coi simboli del suo casato, ricercando soddisfazione nella reciproca carne. Coprendosi di carezze, baci e sospiri che rimbombavano nella stanza quasi ad amplificare fino all'eccesso l'eco invereconda di quella follia d'amore e sessualità. Eppure, quel cadenzato piacere rimbalzava come un macigno ad ogni sospiro, urlato con ancor più forza, quasi che il suo rimbombo crescente fosse sufficiente ad aumentare l'audacia delle sue estremità più nascoste.
Quasi bastasse urlare più forte per renderlo un vero uomo.
« Ma certo, caro Marchese » aggiunse lei, passandosi le mani piene di schiuma sui seni turgidi. « E poi abbiamo provato piacere insieme. »
Il Marchese sospirò ancora, sconfortato. « Certo » aggiunse, quasi piangendo. « Vorrei solo avervelo fatto provare io quel piacere. »

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La donna, poi, si levò. Un corpo statuario si erse oltre l'acqua della vasca, ricoperto in parte di schiume, in parte di sudore. Aveva un fisico sottile, ma abbondante nelle forme; glutei sodi e lunghe gambe, costellate da dita affusolate dalle lunghe unghie smaltate. Inoltre, si muoveva con una sensualità quasi innata ed ad ogni battito delle lunghe ciglia scure, il mondo sembrava cadere ai suoi piedi. Si slacciò il nastro dalla testa ed i capelli ricci neri ricaddero sulle spalle sinuose, stendendosi sulla schiena fino ai glutei. Sembrava una venere delle acque. Una venere dai capelli neri e gli occhi viola.
Dunque, passeggiò nella tenda a piedi nudi, lasciando che i talloni toccassero il suolo con cadenzata sinuosità. Danzava, quasi, tra i mobili antichi e le mutande abbandonate sul terreno, navigando tra il vizio e l'agio come un serpente bellissimo striscia tra gli arbusti del suo giaciglio. In attesa della preda grassa e vinta, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso mentre gli si avvicinava pericolosamente.
« Oh --- ohhhh » sospirò il Marchese che per poco non si lasciò andare oltre il necessario. « Siete così divinamente bella, Lady Castellade! »
La donna finse imbarazzo, strozzando in gola una risata licenziosa. « Amelia, eccellenza » ribatté, con calma. « Chiamatemi Amelia. »
Si sedette al suo fianco, nuda, e principiò a carezzargli il ventre flaccido, soffiandogli talvolta nell'orecchio sinistro parole sinuose. « Siete troppo duro con voi stesso, Marchese. »
O troppo poco, pensò, trattenendo un'altra una risata. Poi la mano le si portò ancora più in basso, dove il panno ricopriva le vergogne. Ed il marchese sussultò.
« Ma ditemi, piuttosto » aggiunse, socchiudendo gli occhi. « Quella missiva di cui mi parlavate, a chi è diretta...? »
« Oh --- per il Sovrano » ribatteva il marchese, quasi rapito dal piacere. « Sono ordini diretti di Lord A-ahhh --- io non so se poss--- »
La donna sbatté le ciglia, muovendo le mani con ancor più rapidità. « Oh, un segreto » aggiunse, lasciva. « I segreti mi eccitano molto. »
L'uomo socchiuse lo sguardo, spalancando le labbra, mentre un filo di bava colava da un lato della bocca. « V-va bene » aggiunse, quasi senza riflettere « vi dirò ogni cosa...! »
« Molto bene amor mio » ribatté, sfilando la mano dal panno ed alzandosi. « Vi accompagnerò fino a Basiledra. »
Il Marchese si scosse, svegliandosi dall'incanto. Si aggiustò il panno ormai umidiccio e scattò in piedi, raggiungendo a stento il metro e sessanta.
« A... Basiledra? » balbettò, preoccupato. «M-ma io devo incontrare i Pari ed è molto pericoloso...! »
La donna si voltò di scatto, fissandolo con sguardo gelido. Il marchese quasi si spaventò dal gesto, salvo poi perdersi nei suoi occhi grandi.
Lady Castellade sbatté gli occhi ed inarcò le sopracciglia con sguardo quasi implorante. « Ma ci sarete voi a proteggermi, Marchese. »
Poi, si avvicinò nuovamente a lui, carezzandogli il volto grosso e paonazzo. « E faremo l'amore durante tutto il viaggio...! »
I suoi occhi cambiarono colore, passando dal blu quasi viola ad un più attenuato arancio. Fino a divenire color oro intenso, quasi brillante.
« ...Lady Castellade... » chiamò l'uomo, rapito da quello sguardo. La donna seguitò a fissarlo; poi lo spinse sul letto di piume, che si affossò visibilmente sotto il peso del marchese.
Mosse rapidamente il braccio magro e tirò via il panno umido prima ancora che l'uomo potesse rendersi conto di alcunché. In una frazione di secondo era nuovamente a cavalcioni sopra di lui, come una fiera sopra la sua preda. Si passava la lunga lingua rossa sulle labbra e seguitava a fissarlo con le pupille di un dorato brillante, mentre i capelli neri ricci le scendevano da entrambi i lati.
« Chiamami in ogni gemito e sii schiavo del mio amore » disse lei, con tono melodioso. « Abbuffati di me e non saziarti mai. »
« E quando sarai all'apice del piacere, verrai col solo desiderio di assecondarmi ed esser mio fino alla fine dei tuoi giorni. »

Il suo fisico atletico ormai copriva interamente quello tozzo e flaccido del nobile. Questo, però, non riusciva a non fissarla, con occhi sbarrati ed un piacere libidinoso che l'avrebbe indotto a dire e fare qualunque cosa, pur di omaggiarsi col frutto dolce del paradiso. « Faremo come dico io, non è vero? »
L'uomo annuì senza pensare. « Dillo amor mio; fammi sentire le tue parole. »
« Faremo come dici tu Amelia » balbettò il nobile, totalmente rapito. « Faremo tutto quello che vuoi tu. »
« Bravo » aggiunse, sfiorandogli il volto con le mani. Poi, si abbassò verso di lui e si lasciò andare alle sue armi più pericolose.

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Porta Ovest di Basiledra
Oggi



Quando il pesante cancello di ferro e legno si aprì, era passata già un'ora.
D'altronde le porte principali di Basiledra erano affollate di carrozze e carri in attesa di passare i controlli delle guardie ed il cancello riservato ai nobili non faceva differenza.
Il cocchiere spronò i quattro stalloni con un robusto colpo di redini ed i cavalli nitrirono vigorosamente, spingendo il cocchio dietro di loro. Il carro era laccato in oro e verniciato in un azzurro chiaro, con fini ornamenti sul tetto. Per contro, le ruote erano sporche di sterco e fango e gli assi emettevano un sinistro cigolio; invero, il viaggio era stato lungo e lo stato della carrozza non sembrava farne mistero.
Proseguì a lungo sulla via principale; poi, si defilò di lato, dove una guarnigione di soldati lo scortò verso una zona più nascosta e tranquilla.

Qui, un uomo chiuso in un mantello scuro ed il collo in pelliccia se ne stava immobile, in attesa che l'ospite illustre smontasse dal suo provato trasporto.
Aveva lunghi capelli castani che gli scendevano fino al torso ed una maschera bianca, senza espressione, che gli nascondeva il volto. Eppure, un tenue movimento della mano ne tradiva un certo nervosismo.
Nervosismo che, per etichetta o abitudine, faceva di tutto per mascherare.
Dopo poco, la porta si aprì e ciò che ne uscì parve rinfrancare l'animo del Corvo in attesa.
« Oh per Zoikar » sbottò d'istinto. « Finalmente...! »
Dal cocchio ne uscì una nobile dama, vestita di una sottile gonna rosa ed un corpetto viola chiaro. Aveva un ampio cappello che le copriva gli occhi e lunghe ciocche ricce di cappelli neri che le scendevano sulle spalle, raccolte in due ampi fasci con dei nastri viola.
Un soldato le tese una mano, aiutandola a scendere. La donna, di risposta, lo fissò con tono indisponente e si limitò ad ignorarlo.
« Spero che il viaggio sia andato bene milady » disse l'uomo, rivolto alla sua ospite. Poi le tese il braccio, per accompagnarla.
La donna squadrò anche lui indispettita, passando un'occhiata alla maschera ed al braccio teso. Poi, parve sbuffare ancor più crucciata ed afferrò il braccio con un rapido gesto, quasi controvoglia.
« È andato tutto bene Lady-- Lady... » balbettò, imbarazzato. « Lady...? »
La donna gli restituì uno sguardo ancor più glaciale. « Castellade » abbaiò, stizzita.
« Quanto deve durare questa sceneggiata? » Chiese poi, abbassando il tono della voce.
L'uomo non rispose, ma le prese la mano che teneva stretta al suo braccio e la condusse entro un vicolo.
« Qui non ci potranno vedere » aggiunse l'uomo, togliendosi la maschera. Da sotto di essa emerse il volto di Dulwig, visibilmente preoccupato.
« Allora? » Chiese, rivolto alla donna. « Dov'è? »
La donna guardò in alto, nervosa. Poi in basso, ignorando quasi lo sguardo dell'altro. « Non ce l'ho con me » ammise poi, indispettita.
« Non erano questi i piani Viluca » disse Dulwig, in risposta. « E tu lo sai benissimo. »
« Quel nano impotente l'aveva passato di mano prima che arrivassi » ammise, sbuffando nervosamente. « L'ho mancato di poco. »
Dulwig stette immobile, riflettendo per qualche istante. Poi si scosse e tornò a parlare alla donna. « Dobbiamo trovarlo ed assicurarci che arrivi a destinazione. »
La prese per le braccia, fissandola negli occhi. « Sai dirci almeno chi ha il compito di consegnare il messaggio? »
La donna fece una smorfia di fastidio, inarcando gli occhi. « Si, lo stronzo qualcosa è riuscita a dirmela. »
« Non sapeva nemmeno lui il nome » aggiunse, sforzandosi di ricordare. « Ma dicono che sia un soldato della Guarnigione scelta dei Lancaster; ha una grossa cicatrice al posto dell'occhio destro, provocata durante l'addestramento di un cucciolo di drago. »
Poi rimase silente, riflettendo qualche altro istante. « Ah, si » sbottò, poco dopo. « Mi ha detto un'altra cosa, prima che tirasse le cuoia. »
« Porta una folta barba rossiccia ed è di media statura. »
« Bene » commentò Dulwig. « Dobbiamo trovarlo prima che lo trovi qualcun'altro; il messaggio deve arrivare a destinazione. »
« Ad ogni costo. »

La donna annuì distrattamente, staccandosi dalla presa. « Beh, buona fortuna » commentò, voltandosi verso l'uscita del vicolo.
Dulwig la bloccò, afferrandola nuovamente per il braccio. « Non hai capito temo, Viluca » aggiunse, fissandola con sguardo glaciale.
« Lo cercheremo entrambi » sentenziò, lasciando poco spazio all'interpretazione.

 
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۩ VIGILO • CONFIDO ۩
Il Regno del Terrore


I N F O R M A T I O N


Sentiva l’odore di sudore impregnargli le narici, acre quanto era acre la tensione in quel preciso momento. Una pattuglia di guardie Hafford, tutte occhi attenti e randelli in mano, stava passando proprio vicino alla gradinata sulla quale si era seduto per riposarsi un istante durante la lunga passeggiata che, dalle mura, lo avrebbe portato alla piazza del Cuore di Marmo. Ovvio che ci fossero. Quello era il giorno dell’esecuzione e di certo Lorch sapeva che qualcuno, loro, avrebbe cercato di salvare in extremis la prigioniera chiamata Fanie, ex capitano della Schiera del Drago Nero ed ora capo dei ribelli che si facevano chiamare la Resistenza ... era evidente che le misure di sicurezza sarebbero state aumentate per impedire sommosse ed assicurare il regolare proseguo di quell’evento così importante che era la sua condanna a morte. Persino i Lancaster, solitamente tenuti fuori città, erano stati richiamati e questo non era un bel presagio dato che avevano la fama di essere i combattenti più duri e più spietati del Nord.
Shimmen cercò comunque di rilassarsi per quanto gli riusciva, di scomparire nell’anonimato e nella folla e chinò il capo per nascondere i suoi lineamenti, appoggiandoselo sulle ginocchia come se fosse sul punto di appisolarsi ritenendo che le guardie non si sarebbero disturbate di interrogarlo se fosse apparso insignificante in mezzo a tanti altri potenziali rivoltosi. Inoltre era travestito molto bene e non era la prima volta che sfidava la sorte aggirandosi per la città ad osservare, a spiare le mosse del nemico: doveva solo comportarsi come un qualunque onesto cittadino, un uomo dell’est, capelli tinti di nero, ben vestito secondo lo stile della capitale ed assolutamente disarmato all’apparenza.
In quanto all’odore che sentiva, sapeva che si trattava soltanto un’impressione, un’immaginazione ... i suoi sensi registravano l’umidità della pelle sulla schiena e sul petto e la mente saltava alle conclusioni: era da mesi che il suo corpo non emanava alcun tipo di odore, così come sembrava non causare rumori di sorta quando si muoveva ... una delle stranezze a cui si era dovuto abituare durante la sua vita era che a volte scopriva di avere delle capacità che prima non possedeva. Doni del Chaos, le chiamava, ed erano imprevedibili.
Ora le guardie erano terribilmente vicine, nonostante il rumore della folla ne sentiva il clangore delle corazze ed i passi pesanti a pochi passi di distanza, insieme alle grida roche con cui gridavano per farsi largo tra la calca sempre più densa. Sentiva il cuore battergli forte, martellare nel petto gridando “sono qui! Sono colpevole! Arrestatemi, se potete!” in una specie di desiderio suicida di porre fine a quell’istante di estrema tensione, di sfogare in una lotta il suo desiderio di mettere le cose in chiaro ... ma quello era solo un istinto, e provocare un combattimento adesso non sarebbe servito a nulla. Un sorriso sghembo e tirato gli attraversò il volto in una sorta di autoironia: di sicuro prima della fine della giornata ce ne sarebbero stati a sufficienza, di combattimenti.
Per distrarsi pensò intensamente a Mark Smith, all’Arcimago di Basiledra ora a capo della Resistenza, ed al suo misterioso piano per salvare Fanie. Un piano che non era stato divulgato in anticipo, per paura che ci fosse qualche infiltrato tra le file dei ribelli. Lui era stato tra quelli che avevano sostenuto che fosse meglio saperne di più, tra quelli che volevano conoscere il piano per una questione di principio, di eguaglianza, anche se in cuor suo sapeva che l’Arcimago aveva ragione e che traditori potevano esserci ovunque, come la sua esperienza con i Sussurri gli aveva duramente insegnato: era stata solo prudenza, non mancanza di fiducia, ad aver consigliato quella misura estrema per un gruppo altrimenti così unito.


Continuò a riflettere su questo fatto dopo lo scampato pericolo, percorrendo a fatica le note ed sovraffollate strade della città per raggiungere la piazza. Ultimamente con la Resistenza aveva avuto l’impressione di sentirsi in qualche modo “a casa”, per la prima volta di appartenere veramente a qualcosa di grande ed unitario, capace di segnare la Storia. Se pure c’era qualcuno che ancora lo criticava per aver aiutato la Guardia Insonne a prendere il potere, cosa di cui peraltro non si sentiva minimamente in colpa visto che era servito ad abbattere i Corvi dalla sedia del potere, i più ormai lo avevano accettato come parte del gruppo, persuasi dalla determinazione che aveva messo nel procurare informazioni utili alla causa.
E lui, convinto individualista, aveva iniziato a capire cosa intendesse Fanie quando gli parlava di unire tutti per un ideale, uno scopo comune. Ora sapeva perché desiderava abbattere la tirannia del Lorch, e perché, amicizia e rispetto a parte, voleva salvare l’elfa: perché lei era il punto focale di quella rivolta, e dal successo di quella rivolta Shimmen Kasumaki voleva far si che l’immobile, monolitica ed inefficiente unità del Regno venisse spezzata; voleva abbattere quella che per troppo tempo era stata la “forma più alta” di governo alla quale gli umani avessero potuto aspirare e far emergere le peculiarità, i punti di forza di cento altre realtà minori, fino ad allora soffocate e zittite dal pesante giogo regale.
C’era troppo ordine , troppa staticità, nel mondo, occorreva portare più caos. Ed ovviamente molto più divertimento per quelli come lui che prosperavano nell’anarchia, e nella vitalità brulicante da essa generata.
-A proposito di vitalità- mormorò scorgendo un viso noto, quello di Ryellia Lancaster, entrare in una casa a lato della via, seguito da una giovane donna bionda in armatura che doveva avere qualche anno in meno di lei. –Speravo in effetti di incontrare qualcun altro di noi ...-
Decidere di seguire le due fu questione di un istante, più complicato invece fu fendere la folla che si stava sempre più radunando tanto che ad un certo punto Shimmen fu costretto ad usare una certa dose di spinte e sgomitate per farsi largo attraverso un gruppo particolarmente compatto di popolani che seguitarono a vociargli contro per qualche altro istante prima di perdere interesse, distratti da un giocoliere che si esibiva poco distante.
Dannazione a loro!
Imprecò sottovoce. Lui, un nobile aristocratico, costretto a ignorare la rozzezza e la scortesia degli stessi che cercava di salvare ... Ah! Se solo avesse potuto portare la spada in bella vista e non nascosta sotto il mantello, comportandosi secondo il suo rango, era certo che gli avrebbero fatto largo senza discutere. Ma non era decisamente il caso di attirare l’attenzione delle onnipresenti guardie mostrandosi armato, e tutto sommato in vita sua aveva passato di peggio.
Spinse il battente, legno robusto e borchie di ottone, trovando che per una strana fortuna l’uscio era rimasto aperto, come se altri fossero attesi in quella casa. Beh, era sempre stato sotto una buona stella. Si ritrovò in una stanza ampia e vuota di presenze umane, arredata con un tavolo ed alcune credenze di certa eleganza, su cui si scorgevano ancora mazzi di fiori odorosi nonostante fosse evidente che il posto era deserto da qualche giorno. Più in là un breve corridoio dava in altre stanze, una cucina, un ripostiglio, una latrina e delle scale che portavano al piano soprastante. Era da lì che sentiva venire le voci.
Chiuse la porta dietro di sè, avendo cura però di non calare la sbarra in modo che chiunque altro volesse entrare potesse farlo semplicemente spingendo, anche se da fuori sarebbe sembrata sprangata, e si diresse a passo veloce verso le scale, silenzioso come l’ombra di un gufo nella foresta.

Buona giornata a voi, signore.
Lo disse con un tono lievemente beffardo, il tipico che le donne di solito trovavano affascinante in un uomo attraente come lui. Sapeva che le avrebbe colte di sorpresa, Ryellia con la mano sulla spalla della sconosciuta: non faceva alcun rumore quando si muoveva e le porte non erano chiuse.
Perdonatemi l’intrusione e, vi prego, non disturbatevi a sciogliere il vostro abbraccio fraterno. Abbiamo tutti bisogno di conforto quando la nostra vita potrebbe finire oggi stesso insieme alla causa in cui crediamo ... io conto di uscirne vivo, naturalmente.
Questo, comunque, lo pensava realmente.
[color=purple]Chi diamin- Shimmen! Che sorpresa vederti! (gesto) Cosa ti conduce in questo luogo
?
Si separarono in fretta. La Lancaster prima si mostrò allarmata ma poi, quando ebbe avuto il tempo di riconoscerlo, si dimostrò chiaramente contenta di vederlo e segnalò alla compagna che non vi era pericolo. La mano di lei si allontanò dalla spada anche se con una certa, e comprensibile, esitazione. Non avrebbe dovuto farlo, c’era già abbastanza tensione nell’aria ma non sapeva proprio resistere a questo genere di entrate teatrali.
Sospirò. Ora toccava alle presentazioni.
Lo stesso motivo che ha condotto entro Basiledra tutti noi oggi, immagino. Vi ho viste entrare ed ho pensato che finchè l’Arcimago non ci svelerà il suo piano fosse meglio agire insieme.
Si inchinò alla giovane in armatura, come voleva la tradizione dell’est.
Sono Shimmen della famiglia Kasumaki, Signore di Vallegelida e conosciuto nell’est come Spadaccino Rosso, per via del colore dei miei capelli che non sono neri come potrebbero sembrare. Non ci siamo mai incontrati prima.
Lei rimase perplessa un secondo, chiedendo con lo sguardo consiglio a Ryellia e poi gli tese la mano, che lui strinse come facevano tutti quelli di Basiledra. Lesse della delusione sul suo volto, come se avesse fatto qualcosa che lei non si aspettava, e tuttavia quando lei ricambiò la presentazione non ci fu più traccia di quell’espressione.
Azzurra, lieta di fare la vostra conoscenza monsieur Kasumaki.
Sono lieta che tu abbia compiuto questa scelta, Shimmen.
Intervenne la Lancaster con un altro sorriso.
Visto il mistero che ci avvolge, cooperare è senz’altro la cosa più saggia. Ogni volta che le nostre strade si incrociano, uno scontro si profila davanti a noi. Spero solo che sia di buon auspicio per questo giorno all’apparenza tanto cupo e difficile.
Come sai non sono gli scontri che mi preoccupano, purchè qualunque sia il nostro piano funzioni. Le sorrise a sua volta, sollevato dall’averla al suo fianco in quel momento. L’altra volta ce la siamo cavata per un soffio e non credo che stavolta avremo un antico drago a salvarci.
Purtroppo si, siamo in una situazione molto delicata. A breve dovrebbe essere l’ora dell’esecuzione.


[SPOILER]

۩ SHIMMEN• KASUMAKI۩
Aki no Kenshi - lo Spadaccino Rosso


Sinossi : Attraente, capelli rossi, lineamenti aristocartici.
Avventato, opportunista, riservato.
Razza : Orco Umano
Classe : Cacciatore
CS: 1 Destrezza, 1 Forza
Talento : Assassino
Stato Fisico : 0/16
Stato Psicologico : 0/16
Energia : 100/100
Equip :
- Erba Ricostituente x2 (+5% energie ciascuna)
- Gemma della Trasformazione
- spada lunga
- arco + 15 frecce (non presente in questa quest)
- Pelle resistente come un'armatura di acciaio (arma naturale)

Passive
Chaos Instinct: Auspex passivo basato sull'ostilità di chi lo circonda.
War Spirit: Possibilità di combattere anche con un corpo gravemente danneggiato, prossimo al Mortale. Sotto l'effetto di un qualsiasi power-up Shimmen prende 2 CS bonus.
Essence of Silence: Shimmen non produce rumori, odori o qualsiasi cambiamento nell'ambiente circostante.
Mantello dell'Esploratore (oggetto incantato):
- Esploratore dell'Ovest: [Passiva]: il mantello svolazzerà attorno allo spadaccino durante il combattimento, ostruendo i movimenti del nemico che combatte contro Shimmen. Il mantello non conterà come un'arma e non potrà parare i colpi al posto dello spadaccino, tuttavia l'avversario dovrà concentrarsi maggiormente sullo scontro per riuscire a non farsi distrarre dai movimenti dell'indumento; [Attiva], tecnica magica, consumo Basso: per 2 turni qualunque arma (una soltanto) in possesso dello spadaccino verrà ricoperta di un vento vorticoso, permettendole di colpire a distanza come se estendesse la sua affilatura a dismisura. Così una spada potrà lanciare temibili lame di vento e un'ascia scaglierà possenti archi taglienti. Contano come semplici attacchi fisici, e come tali vanno affrontati.
- Araldo del Sud: [Attiva], tecnica Magica, consumo Medio: fuoco si sprigionerà dal mantello e avvolgerà il nemico, distruggendo un pezzo del suo equipaggiamento a scelta di Shimmen e togliendogli una CS. Non causa altri danni.

Attive:
Note:




Edited by vulcano1 - 29/1/2015, 23:42
 
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view post Posted on 29/1/2015, 18:50

Lamer
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L'alba era appena sorta quando il gruppo di ventisette persone smise di marciare. Era strano vedere quel particolare assortimento di individui e razze, specialmente per via della loro missione. Distruggere gli accampamenti e le dogane della Guardia Insonne intorno a Basiledra.

Ovviamente il loro non erano l'unico gruppo che stava eseguendo quell'ordine impartito dal primo sussurro, ma sicuramente dei tanti drappelli quello sembrava quasi anomalo rispetto agli altri. Cinque donne portate per la magia, venti uomini armati di coraggio e di voglia di libertà un nano e un elfo.

Era questo il gruppo che il Doppielame aveva voluto formare. Nessun soldato Cavendish, solamente chi di propria iniziativa aveva deciso di unirsi alla causa di re Julien e dei sussurri e tra questi nessuno avrebbe mai tentennato davanti al nemico.

Ogni persona che Lhotar aveva chiamato a combattere in nome della libertà era accorsa e all'inizio della loro missione il loro totale era arrivato a settantatré, ma ad ogni attacco che facevano, per via della poca esperienza che la maggior parte aveva o per via della superiorità numerica del nemico il numero scemava nonostante altri uomini si univano alla loro causa e le vittorie continuavano a susseguirsi.

Eppure quella involontaria selezione aveva reso quel drappello di uomini uno dei più agguerriti che il nano avesse mai visto. Ad ogni accampamento che attaccavano la loro ira, il loro dolore, la loro sete di vendetta gli faceva combattere oltre ogni limite di sopportazione e il Doppielame non era di certo un eccezione.

Per via di quella missione Lhotar aveva dovuto abbandonare Fanie al suo destino. Dentro di lui si sentiva un traditore e un ipocrita. Aveva deciso di appoggiare l'elfa quando aveva formato la resistenza, ma ora che era lei ad avere bisogno di lui non poteva aiutarla.

Questo lo faceva infuriare con se stesso e la frustrazione ad ogni battaglia ricadeva sulle sue vittime che venivano lacerate e fatte a pezzi dalle sue spade che velocemente squarciavano la carne dei nemici che gli si ponevano davanti.

Addirittura Bolg, quando riusciva da lontano a sentire le urla dei nemici si chiedeva cosa stesse accadendo al suo compagno avendo intuito il suo strano stato d'animo, mai dubitando che quelle urla non fossero sue. Anche Raven, che aveva deciso di combattere al fianco del nano, si stupiva della rabbia, del dolore e della frustrazione che ad ogni anima strappata appariva sul volto del compagno.

"Fermiamoci qua per circa un ora per riposare, poi ripartiremo."

Subito tutti si prepararono a rifocillarsi mentre il panorama boscoso copriva il debole fumo del falò che avevano appena acceso. Velocemente Lhotar tornò sui suoi passi ripercorrendo per circa un chilometro tra la boscaglia il percorso appena fatto per poi sentire ad un tratto la foce famigliare del suo fedele amico.

"Ancora una volta leggo sul tuo viso un dolore e una tensione che non ho mai visto. So che il dolore deriva dal fatto che ti senti un traditore nei confronti di Fanie, ma se ti rincuora, sono sicuro che se sapesse cosa stai facendo sarebbe dalla tua parte e non ti accuserebbe, anzi, probabilmente di incoraggerebbe a dare il meglio di te. Eppure sono certo che la tensione che senti non derivi dal fatto che stai lasciando Fanie nelle mani del resto della resistenza, ma da altro. Vuoi parlarne?"

Il tono della voce di Bolg era quasi tenero nonostante fosse un drago decisamente poco comprensivo eppure ciò che aveva appena detto era vero. I due si capivano fin troppo bene e quando uno dei due era turbato l'altro riusciva subito a capirlo e in questo caso non aveva sbagliato minimamente.

Non era per l'elfa che ad ogni passo la sua tensione aumentava, ma per via dell'uomo che visitava i suoi pensieri ogni notte costringendolo a testare il suo coraggio addirittura quando niente di male gli poteva accadere. Aveva paura di quel bastardo e del suo compagno incatenato a lui probabilmente senza neanche volerlo, aveva il timore che se lo avesse visto non sarebbe stato capace di combatterlo ed era terrorizzato dal fatto che quella volta non solo la sua vita sarebbe stata in pericolo.

Con gli occhi lucidi guardò quelli grandi del suo migliore amico e lentamente scese una lacrima lungo il volto barbuto pensando che quella poteva essere una delle loro ultime chiacchierate prima della fine. Lentamente gli si avvicinò stringendo con le sue corte braccia la zampa di Bolg e con un filo di voce rispose all'amico di mille avventure.

"Io ho paura. Ho paura che quando arriveremo a Basiledra e combatteremo finalmente fianco a fianco io possa perderti, io ho paura che il nemico che devo affrontare sia troppo anche per noi due insieme, io temo che tutto ciò che ho passato non si risolva come nelle favole che Rhotgar ci leggeva quando eravamo piccoli. Bolg, no voglio perderti."

Gli occhi grandi del drago iniziarono a guardare il nano che per la prima volta da quando si ricordava lui aveva ammesso ad un'altro di avere paura. A quel punto una singola lacrima percorse le squame blu del drago fino a quando si staccò dal corpo per cadere ed infrangersi sul sottobosco di quel luogo.

La malinconia dei momenti belli passati assieme avvolse i due che per qualche minuto e si lasciarono cullare in quella specie di abbraccio tra due personalità affini e diverse allo stesso tempo. La gioia, la felicità e l'allegria del passato si erano trasformati troppo velocemente in dolore, rabbia e sete di vendetta verso coloro che gli avevano tolto praticamente tutto.

Fu Lhotar il primo a staccarsi da quel gesto di amicizia eterna e velocemente, senza rivolgere neanche uno sguardo per via del suo orgoglio all'altro, si diresse velocemente verso gli i suoi nuovi compagni per continuare la loro marcia verso Basiledra.

Il loro prossimo ed ultimo obbiettivo era Spina Rossa, una specie di piccola fortezza in un pianura abbastanza boscosa, ma da quello che aveva potuto capire da ciò che aveva letto nella voce, già un altro gruppo aveva come obbiettivo finale quel posto e ciò facilitava la loro missione.

La marcia durò tutto il giorno e solo quando il sole arrivò al crepuscolo il gruppo si fermò per fare una breve pausa. In quel frangente Lhotar spiegò in modo sommario che se tutto fosse andato come avevano previsto il loro aiuto sarebbe stato più di supporto alla battaglia sopratutto perchè nonostante i due gruppi fossero in comunicazione l'orario preciso dell'assalto non era stato del tutto chiaro.

Aveva letto ai suoi ventisei compagni che l'attacco sarebbe stato molto elaborato, che sarebbe avvenuto in piena notte e che probabilmente avrebbero trovato al loro arrivo già le porte aperte. Con un rapido calcolo avevano visto che sarebbero arrivati a notte fonda a destinazione e probabilmente avrebbero raggiunto Spina rossa a battaglia già in corso.

Dopo essersi velocemente rifocillati il gruppo si rimise in marcia tranne Lhotar che chiamò a se Raven. Il ragazzo aveva dimostrato di saperci fare con la spada, e non solo nel forgiarle nella sua fucina al Palazzo dei Picchi Innevati. L'arma che portava con se l'avevano forgiata quando avevano convinto Morgane Holstein a scacciare la Guardia insonne dalla loro patria, la "Lama di inverno" avevano deciso di chiamarla e per ora non aveva mai tradito il suo portatore.

"Raven, voglio che tu rimanga con Bolg questa volta. Solo qualcuno di cui si possa fidare può stare con lui senza di me e in questo gruppo tu sei l'unico che per ora si è dimostrato degno a lui. Raggiungeteci entrambi a fine battaglia."

Anche se Lhotar si aspettava un obbiezione questa non giunse e Raven velocemente si allontanò nella direzione opposta a quella presa da tutti gli altri per non aspettare il drago senza far niente. In verità il nano si era affezionato all'amico di Sunshine e per non rischiare che gli succedesse qualcosa aveva preferito affidargli questo compito.

Velocemente il Doppielame raggiunse il resto del gruppo che avanzava velocemente. proseguirono ad un andatura sostenuta finche il chiarore del crepuscolo glielo permise, ma quando l'oscurità calò su di loro dovettero rallentare per via del sottobosco instabile.

Quando giunse notte fonda Lhotar controllo la piccola mappa che si era portato appresso e notò che mancavano pochi chilometri alla meta e dopo aver ordinato una piccola pausa di qualche minuto si lasciò andare ai suoi pensieri.

La sua mente tornò a quel sogno che aveva fatto nella radura dove era stato sepolto Gregory Holstein. Lui, il suo orami mortale nemico e i due draghi in lontananza sopra i cieli di Basiledra. Probabilmente era stato un segno, un presagio da parte di T'al che gli suggeriva di combattere contro il figlio di Raymond.

Dopo aver fumato velocemente il tabacco della sua pipa Lhotar si alzò e ordinò al suo piccolo drappello di avanzare. Velocemente percorsero la poca distanza che li separava dalla fortezza e quando ormai si intravedevano le mura di Spina rossa sentirono un boato di grida che sicuramente segnalava l'inizio dell'attacco.

Subito il gruppo si mise a correre e quando la boscaglia si diradò videro la retroguardia dell'esercito alleato entrare dalla porta aperta della piccola fortezza che in quella notte sembrava quasi spettrale. Immediatamente un urlo si alzò da tutti i suoi compagni che immediatamente si buttarono contro la fortezza assetati di vendetta ed avidi del dolore che provavano gli sciagurati che capitavano sotto le loro armi.

Anche il nano provò a gettarsi subito nella mischia e quando il suo gruppo raggiunse l'altro nelle retrovie subito Lhotar capì che per quei poveri sciagurati non c'era speranza. Come dal nulla le spade del Doppielame scintillarono tra le sue abili e tozze mani che in maniere quasi impeccabile iniziarono a lacerare ed amputare arti dei nemici che gli si paravano davanti avanzando sempre di più all'interno della fortezza.

Dopo qualche minuto il suo sguardo cercò di individuare i suoi compagni, eppure in quel momento si ritrovò solo e guardando avanti si accorse che un unico nemico era ancora in piedi davanti a lui. Era palese che avesse paura, ma Lhotar sapeva che era proprio quell'emozione che lo avrebbe fatto combattere fino alla fine.

Il soldato infatti non esitò ad attaccare cercando di affondare la spada delle viscere del nano, ma velocemente il Doppielame riuscì a scansarsi e a recidere velocemente il braccio con cui impugnava la spada. Subito il guerriero si accascio a terra urlando, ma lui non sentì minimamente pietà per quella misera creatura. Eppure poco prima che Lhotar finisse il povero sventurato quest'ultimo iniziò a parlare con voce implorante.

"Ti prego! Ti scongiuro! Non uccidermi! Io ho una famiglia, dei figli! Ho una moglie ..."

Il nano non aspettò oltre. La lama aveva trafitto la cassa toracica perforando il polmone destro e a breve sarebbe morto dissanguato. Eppure,prima che morisse, Lhotar si sentì obbligato a rivelare il perchè del suo gesto senza scrupoli all'uomo in fin di vita ed avvicinandosi all'orecchio con voce quasi truce iniziò a parlare.

"Anche io aveva una famiglia, anche io aveva qualcosa a cui tenevo, ma tu sei stato più fortunato di me. Tu oggi perdi la vita e non proverai dolore alla morte dei tuoi figli e di tua moglie, io per colpa vostra vivrò con il dolore e la consapevolezza di essere l'ultimo dei diecimila della mia razza che avete sterminato ed ammassato come letame."

A quel punto si allontanò lasciando morire quel povero uomo tra atroci sofferenze che per sua fortuna non durarono troppo. A quel punto capì che la battaglia era terminata anche nelle altre zone della fortezza anche se nella foga non sapeva dove era capitato.

Velocemente il nano iniziò a girovagare con le spade grondanti del sangue dei nemici per i corridoi e solo dopo parecchi minuti trovò la via di uscita da quel labirintico palazzo riuscendo ad uscire nel cortile principale. Subito si accorse che tutti i suoi compagni erano sopravvissuti anche se una decina aveva riportato delle ferite abbastanza gravi, anche se non mortali.

Eppure nonostante tutti si riposassero lui uscì velocemente dalla fortezza e inoltrandosi per qualche centinaia di metri nel bosco per annunciare a Raven e a Bolg la riuscita della missione. Finalmente avrebbe potuto viaggiare con il suo compagno senza lasciarlo indietro ogni volta per paura che la missione fallisse.

Dopo pochi minuti i due arrivarono e Lhotar raccontò brevemente la vittoria ottenuta e invitò i due ad entrare nella fortezza quando una scarica di suoni e luci bianche investì i tre che girandosi si accorsero che qualcuno stava ancora lottando scagliando fulmini.

Velocemente i tre corsero verso la luce e per via delle corte gambe Bolg caricò il nano sulla sua groppa. I tre però arrivarono a scontro concluso mentre un ragazzo fin troppo famigliare agli occhi di Lhotar finiva i pochi soldati sopravvissuti alla scarica di fulmini e rincuorava quelli che probabilmente erano stati ostaggi. A quel punto la voce del Doppielame risuonò nell'aria chiamando l'avversario che aveva dovuto combattere per ordine di Denethor nel suo periodo di prigionia.

"Shaoran è da un pò che non ci si vede, a quanto pare quel bastardo di un giudice non ha ucciso nessuno dei due. "

Era felice di vedere che il suo rivale era riuscito a salvarsi, anche perchè avevano preparato la resistenza di Borgo Alto insieme a Kirin, Fanie ed altri durante l'assedio a Basiledra. Eppure i suoi pensieri si rivolsero al giorno che sarebbe sorto. "Tutti siamo destinati a cadere", gli avevano detto i suoi mentori quando era giovane, ma per una volta Lhotar aveva paura che molti dei suoi amici ed alleati quel giorno sarebbe stato quello in cui sarebbero caduti per un ideale che aveva convogliato così tante persone in un unico luogo;



La libertà.

 
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view post Posted on 30/1/2015, 00:08
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Cavalier Fata
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Rise of the Whisper - Ciò che Diventeremo.
« La sua ora più bella. »

Due giorni prima, casa sicura della Resistenza, Basiledra.

« Ancora una volta, Patrick. »
Il giovane Corvo, alle prese con una spada per la prima volta, incespicava di continuo sotto all'esiguo peso della sola lama. Non sarebbe riuscito a uccidere nemmeno una formica agitandosi a quella maniera, menando fendenti a destra e manca con così poca grazia che neanche un ubriaco avrebbe potuto far di peggio. Eppure non aveva molta scelta.
« En garde! »

Agitai la spada in sua direzione, colpendogli il guanto con il piatto della lama.
Subito lasciò cadere l'arma prodigandosi in assurde, ed infantili, esclamazioni di disappunto. Per un solo attimo temetti che potesse scoppiare a piangere, ma si riprese in tempo, consapevole che quel genere di onta non avrebbe potuto tollerarla nemmeno un pusillanime come lui.
« Azzurra! Per tutto ciò che è santo, posso sapere cosa volete da me? Vi sembro forse un soldato? »
Si teneva la mano dolente poggiata sul petto, quasi cercasse di farmi compassione.
« Sono un uomo di chiesa, accidenti, ho studiato per diventare un prete, non per prendere le armi e andare in guerra. »
Nel suo sguardo si aprì un barlume di rabbia repressa. Potevo sentire la sua frustrazione, l'onta ricevuta nella degradazione dell'ordine monastico, la perdita di potere, il rincorrersi dei pericoli e, per ultimo, l'aver visto morire i suoi due compagni per mano di Mathias Lorch. Ora lo vedevo chiaramente, anche sotto quello strato di puerile rifiuto di adempiere al proprio destino, un uomo che iniziava a comprendere quanto dovesse dare al mondo, prima di aspettarsi qualcosa in cambio.
Patrick non sarebbe mai più stato un Corvo, non come lo era prima almeno, ma sarebbe diventato qualcosa di più. Se non per Basiledra, il popolo o il Sovrano, lo sarebbe stato per se stesso.

Raccolsi lentamente la spada dal pavimento della nostra piccola stanza, porgendogliela con una certa insistenza.
« Il clero è forse esente dal dover imbracciare le armi e difendere la propria casa, signor Welstat? »
Rifiutava di prenderla ma, per sua sfortuna, non ero così facile da lasciarmi sopraffare dall'aria timorosa e innocente di nessuno.
Lo colpii al centro del petto con l'elsa della sua spada, lievemente, come ad invogliarlo a prenderla con le buone prima che la situazione degenerasse. Non gli avrei mai fatto del male, era l'unica persona davvero innocente e priva di colpe in tutto quel palazzo, ma questo non significata che potesse esimersi dall'essere in piazza, l'indomani, assieme a tutti noi.
« La storia non ricorderà i nostri nomi, le nostre cariche o il nostro ruolo in quello che accadrà, statene certo, ma ricorderà molto bene il risultato che verrà ottenuto. »

« Avete paura? »
Lui tentennò, fissando alternativamente la spada ed il mio volto, alla ricerca di una risposta impossibile.
« Sì. »
Sussurrò.
« Anche io. »
Gli sorrisi.
« A che servirebbe il coraggio senza la paura? A cosa servirebbe la fede senza il dubbio? »

Parve tranquillizzarsi all'idea che pur io, nella mia apparente inamovibilità, temessi per l'inevitabile. Tutto stava nel non farsi travolgere dall'idea che non c'era speranza, ma nel prendere un singolo granello di sabbia e farlo diventare sempre più grande, sempre più inarrestabile.

« Prendete questa spada, amico mio, combattete le vostre paure. Siate artefice del vostro futuro. »

Timidamente strinse la mano ossuta attorno alla spada, tornandone in possesso.
Forse non sarebbe sopravvissuto nemmeno ad un semplice scambio di colpi con un vero soldato, ma che senso aveva vivere inginocchiati per il resto dei nostri giorni, quando ci veniva offerta la possibilità di spirare ruggendo sino all'ultimo istante? Qualsiasi cosa fosse successa a Basiledra sarebbe stata scolpita nella pietra, scritta nei libri, forgiata nel cuore di ogni anima. Noi ne eravamo parte integrante.

Levai di nuovo la spada.
« En garde! »

[ ... ]

Tempo Presente, tetti delle case popolari di Basiledra.

Chiunque fosse Shimmen Kasumaki non era un qualcuno da prendere alla leggera. Se non altro mi rincuorava il fatto che fosse amico, o conoscente, di Ryellia, altrimenti non so quanto tempo gli avrei lasciato per aprire bocca e dargli fiato. Sì, dovevamo restare calmi e fidarci di quelli che parevano essere nostri alleati, ma pensavo fosse in mio diritto quantomeno dubitare, in prima istanza, di uno sconosciuto che ci aveva seguito di soppiatto. Il fatto che non ci avesse assassinate cogliendoci di sorpresa, comunque, era di per se un valido motivo per allentare le mie preoccupazioni, seppur non del tutto.
A cosa si riferisse, parlando di antichi draghi, mi sfuggiva. Avevo il brutto sospetto che tra i miei due compagni ci fossero dei trascorsi piuttosto pittoreschi su cui non era né tempo né luogo per indagare approfonditamente. Indubbiamente, però, un drago avrebbe fatto straordinariamente comodo.

« Purtroppo sì, siamo in una situazione molto delicata. A breve dovrebbe essere l’ora dell’esecuzione. »

Non ero agitata, sebbene il momento lo permettesse ampiamente visto il rischio elevatissimo, ero più preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere. Abituata da sempre al controllo, alla legge, all'ordine, quel mondo caotico e male organizzato mi indispettiva, turbava. Non ne avevo fatta menzione con dama Lancaster perchè lo ritenevo un argomento frivolo, una mia mera indisposizione morale, ma parlarne mi avrebbe fatto bene. Solo che l'orgoglio mi impediva di aprirmi a quella maniera.
Non con Shimmen presente, perlomeno.

Poi una nuova voce, dalla porta delle scale, mi fece trasalire. Chi diavolo si era spinto sin lassù? Che quella specie di samurai fulvo si fosse fatto seguire? Afferrai la spada, portandomi davanti a Ryellia per difenderla da chiunque avesse osato minacciare la sua vita. E rimasi come di sale a vedere che, la voce che mi aveva spaventata, altro non era che una bambina dall'aspetto grazioso e dall'aria furba. Allibita guardai prima la donna e poi lo spadaccino che erano a pochi passi da me, cercando in loro una risposta plausibile a quanto stava accadendo.

« C-cosa ci fai qui? » domandai, in un limbo ibrido di stupore e incertezza. « Come sai di Mathias? »
Poi mi sforzai di riprendere il controllo delle mie emozioni, evitando di andare nel panico per la sola vista di una creatura innocente.
« Aspetta un secondo... »

Indicai con la spada il volto della piccolina, senza troppo badare al gesto un poco troppo minaccioso per la situazione.
Le avevo visto uno strano bagliore in viso, anche con la poca luce che filtrava dalla finestra. nei suoi occhi c'era qualcosa di strano, di sorprendentemente poco consueto rispetto ai pargoli poveri e vestiti di stracci che erano soliti frequentare case popolari come quella. No, c'era qualcosa di maledettamente confuso nella sua apparizione: nessuna bambina di dieci anni, o poco più, sfugge al controllo dei genitori in mezzo al caos a quella maniera per finire in una soffitta con tre cospiratori a parlare di... Mathias Lorch.

« ...cosa hai fatto agli occhi e ...dove sono i tuoi genitori? »
Invitai gli altri a guardarla meglio in volto con un gesto della testa.
« Madame Ryellia... avete mai visto qualcosa del genere? »
Domandai, senza distogliere lo sguardo dalla minaccia.
Forse era una nuova, improbabile, alleata ma senza alcuna garanzia da parte dei miei compari non volevo abbassare la guardia.

[ ... ]

Tempo Presente, vicino alla piazza, Basiledra.

Patrick Welstat stava scomodo con l'armatura. Lui aveva borbottato di non volerla indossare, io l'avevo obbligato. Alla fine l'avevo spuntata io e, lamentandosi, si era corazzato quanto possibile prima di mascherare il tutto con la sua logora e consunta tunica da Corvo. Era un travestimento perfetto, sebbene per lui rappresentasse ancora il simbolo della sua vita clericale, del lungo praticantato nelle province limitrofe e, probabilmente, anche della sua vera fede... ma mai, come quel giorno, essere coperto da capo a piedi di nero lo faceva sentire così al sicuro da sguardi indiscreti.
Era nel mezzo della folla, spintonato a destra e manca, eppur non si lasciava scoraggiare dalle imprecazioni, dal caos e dalle botte che ora questa ora quella guardia infliggevano ai malcapitati sotto tiro per far scorrere la fiumana.

A breve sarebbe riuscito ad accedere alla piazza principale. Forse.
Teneva, ben al sicuro dentro le larghe maniche, un pugnale da palmo mentre la spada corta, unica arma che aveva imparato a brandire senza ferirsi, restava assicurata alla cintura sotto le vesti. Aveva paura, molta paura, ma oramai era in ballo e non poteva più tirarsi indietro. Se lo avesse fatto nessuno gli avrebbe più dato credibilità ma, sopra ogni cosa, avrebbe perso anche la sua ultima possibilità di lottare per quello in cui credeva. Non nella libertà, non nella fede sopra ogni cosa, ma nel fatto che anche lui, ultimo tra gli ultimi, avrebbe potuto ritagliarsi un posto nella storia.

Pregò il Sovrano, mentalmente, perché gli desse la forza di rimanere fermo sulle gambe e non tremare.
Non ci riuscì, ma ignorò il tremito.
Sarebbe rimasto.



dividerazzurrafinale_zps51a4e64f
B. 5% - M 10% - A. 20% - C. 40% - M. 80%

Capacità Speciali: 2 Resilienza 1 Tenacia (3)
Stato fisico: Illesa.
Stato mentale: Illesa.
Riserve Energetiche: 100%
Stato Emotivo: Preccupata.

Equipaggiamento:
• Spada Bastarda (Arma bianca, spada bastarda)
• Braccio Corazzato. (Arma bianca, conta come maglio)
• Corazza Mista. (Protezione mista, metallo-stoffa, medio-pesante)

Passive:
• Figlia dell'umanità. (Passiva Raziale Audacia, non sviene sotto al 10% delle energie)
• Baluardo della fede. (Passiva Talento Guardiana I, capacità di lanciare difese istantanee)
• Europa, il grande sguardo. (Passiva Talento Guardiana II, difese ad area uguali al costo)

Attive: ///

Note: Intermezzo. Secondo post per completare i dialoghi ed introdurre un png puramente narrativo che porto con me dall'arrivo. Patrick è un Corvo fuggiasco che si è dovuto coercitivamente unire alla resistenza. Ho pensato di narrare anche il suo punto di vista, poiché connesso con quello di Azzurra, spero sia una gradevole aggiunta.
 
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K i t a *
view post Posted on 30/1/2015, 18:03




R i s e • o f • t h e • W h i s p e r ❞.
CIÒ CHE DIVENTIAMO
separatore




~ Basiledra ( La Capitale )
❝ Logorante Attesa ❞.





Tutta la città era in fermento. Poteva avvertirlo dall’aria stessa, che sembrava percorsa dall’elettricità, un po’ come prima di un potente temporale. Forse era proprio quello che stava per succedere, un potente cataclisma si stava per abbattere su Basiledra, e nessuno sapeva come sarebbe andata, chi sarebbero stati i vinti e chi i vincitori, chi sarebbe vissuto e chi invece sarebbe morto. E purtroppo le probabilità giocavano chiaramente a loro sfavore.
La donna sospirò, cercando di mantenere la calma. Sostava davanti alla porta principale di una palazzina dall’architettura classica, probabilmente era stata eretta molto tempo prima della sua nascita. Si trovava in una strada adiacente alla piazza che anticipava il Cuore di Marmo, abbastanza vicina ma comunque forte di una distanza consistente. Una via di mezzo, si sarebbe potuto definirla. La via era colma di gente e nessuno faceva realmente caso a lei, complice anche l’abbigliamento anonimo che aveva scelto. Il lungo abito verde scuro che scendeva mite lungo il suo corpo era di evidente fattura mediocre, degno di una qualsiasi popolana. Solo la gonna era visibile, perché il resto del corpo era coperto da un manto grigio scuro, che portava calato sul capo come un pestante scialle. Era tenuto fermo sul busto da una comune spilla di ferro, drappeggiato in modo approssimativo attorno alle spalle, senza la minima cura. Alcuni ciuffi dei capelli ondulati sbucavano fuori dal tessuto, e danzavano mossi dal vento carezzandole i contorni del viso. Quando le sfioravano il naso o le labbra muoveva rapida la mano, spostandoli distrattamente, mentre gli occhi cerulei saettavano tra la folla, sperando di scorgere quel volto familiare.
Era innegabilmente nervosa, ma non era soltanto l’attesa o l’idea dello scontro a renderla così. Ciò che maggiormente la logorava era il buio in contro al quale si accingevano a camminare. Strinse con forza i pugni, cercando di lasciar scivolare via quel moto di rabbia. Doveva rimanere lucida, non poteva permettersi di perdere la concentrazione. Non c’era in gioco solo la sua vita, quel giorno. E per quanto le fosse estremamente cara, non poteva dimenticarsi del motivo per cui aveva deciso di impegnarsi in quella folle lotta, della persona per cui aveva scelto di combattere.

Sembrava che quel periodo oscuro dovesse nascere e morire con Fanie. La sua mente correva veloce, ed era felice di distrarsi durante quell’attesa che pareva eterna. Si ricordò di quando era stata condotta nelle prigioni, subito dopo l’ascesa di Mathias Lorch come Re. Poteva ancora vedere il viso tormentato della giovane elfa, mentre sostava di fronte alla sua cella, così diversa da lei anche in quel momento. Lei che era pervasa dall’ira, l’orgoglio ferito irreparabilmente, che si agitava in quella gabbia come una fiera in trappola; e Fanie in quell’angolo, stretta a sé come avesse paura di cadere a pezzi se si fosse lasciata andare. In quel viso dai lineamenti eterei, di quella bellezza estranea e stupefacente, aveva visto riflesso l’angoscia e il dolore degli abitanti che erano stati traditi e sopraffatti poco prima nella piazza. Aveva risentito le urla strazianti nelle sue orecchie, le preghiere, gli scongiuri, il rumore dell’acciaio che fendeva l’aria, che dilaniava quei corpi inermi… Tutto, in quella singola donna. Un solo sguardo era stato sufficiente per farle comprendere in una sola volta la portata del suo errore, il passo troppo lungo che aveva compiuto credendosi in grado di partecipare a quel gioco di morte, di essere all’altezza della situazione. Credeva di essere capace di mettere da parte la sua umanità: del resto quando mai aveva pensato di essere una semplice umana? Lei che condivideva il sangue dei draghi, che camminava tra quei due mondi tanti distanti come un abile funambolo, destreggiandosi con eleganza ed estrema consapevolezza. Come poteva pensare di essere invece debole come tutti loro? Che avrebbe provato quel rimorso, quell’odio viscerale verso chi aveva disatteso i suoi piani, ma più di tutti verso se stessa che ci aveva scioccamente creduto? Era stata Fanie a dirle di Raymond, del suo sacrificio avvenuto per mano del fratello, del suo stesso sangue. L’elfa gli era legata più di quanto Ryellia potesse comprendere, e solo dopo aveva capito che gran parte di quel dolore era dovuto da quella perdita. Il pensiero si spostò in modo spontaneo verso suo cugino, e un moto di rabbia la trapassò nuovamente.
Non pensava a Raymond, da cui era stata separata per lunghissimo tempo, bensì ad Athelstan e al loro ultimo incontro. La facilità con cui aveva contrastato il suo attacco le faceva ancora bruciare le guance dalla vergogna: non riusciva a capacitarsi di essere realmente così debole al suo confronto, da non valere altro che un fiacco gesto. Aveva trascorso tutta la sua vita nel tentativo di abbattere quelle barriere, di stravolgere le convinzioni di quel lato della sua famiglia, ma a quanto pareva tutta la sua fatica e il suo impegno non erano valsi a nulla. E ancora sarebbero stati convinti del suo misero valore, del suo essere una bieca caricatura di un Lancaster, una femmina senza qualità migliore di un bel viso. Quei pensieri la accecavano, e sentiva lacrime amare che spingevano agli angoli dei suoi occhi per uscire con prepotenza e solcarle il viso. Si strinse nel manto, cercando di reprimere quell’istinto.
Cercò di distrarsi, e ancora pensò a Fanie: quella era stata l’ultima volta che la aveva vista. Un’altra occasione in cui lei si era sacrificata per tutti loro, finendo per essere catturata pur di garantire loro la salvezza. Ecco perché si trovava la, quel giorno: lei e tutti gli altri. La maggior parte della Resistenza doveva tanto a Fanie, quanto meno il fatto di essere riuscita, con il suo carisma e la sua forza d’animo, a riunirli tutti sotto un’unica bandiera per combattere contro la tirannia della Guardia Insonne. Ma c’era di più, per Ryellia le cose erano diverse: l’elfa si era fidata di lei, quando nessun altro lo aveva fatto. Aveva creduto nel suo pentimento, la aveva sostenuta nel periodo passato tra i soldati come spia, e non aveva esitato ad aiutarla quando la sua copertura aveva vacillato. Fanie si era messa completamente in gioco per lei, e ora si sentiva in dovere di ricambiare quei gesti. Le doveva la libertà, e avrebbe cercato di ottenerla con ogni mezzo a sua disposizione.

Il flusso di pensieri s’interruppe all’improvviso: aveva riconosciuto il volto di Azzurra, che le veniva rapidamente incontro. Anche lei aveva preso delle precauzioni per non dare troppo nell’occhio, coprendo la lucente armatura con una cappa anonima. Nonostante quello l’aveva riconosciuta senza troppi problemi: avevano trascorso gli ultimi tre giorni spesso in compagnia una dell’altra, perciò non solo i lineamenti, ma anche le sue movenze le stavano ormai diventando familiari.
La raggiunse in pochi passi e si apprestò immediatamente a chiederle scusa: «Eccomi, ho avuto un piccolo impedimento.» le disse. Ryellia sorrise, scuotendo la testa. Azzurra era fatta così: sicuramente complice la sua educazione, era sempre distinta e impeccabile. Questi comportamenti erano uno dei motivi per cui la Lancaster la apprezzava tanto. «Sei in perfetto orario. – la rassicurò – Ci sono stati problemi?» domandò, con appena una nota di preoccupazione. «Ho reclutato due persone. Non temete, ho accuratamente evitato di menzionare il vostro nome.» spiegò, per poi spostare lo sguardo verso il palazzo che le sovrastava. «Qui?» le chiese poi. «Sei scaltra e previdente.» si complimento sinceramente Ryellia, rivolgendole un sorriso. Seguì anche lei il suo sguardo, annuendo: «Sì, ci ho riflettuto a lungo, e credo che altezza e posizione ci favoriranno.» tornò a guardarla. «O almeno, così spero.» concluse.
La ragazza sospirò, incapace di nascondere il proprio scontento: «Preferirei stare a terra a combattere, ma temo che Mathias sia meno stupido di quello che sembra». Con un gesto della mano indicò la folla attorno a loro: «Questo caos ci gioca contro, Ryellia, impedisce a loro di vederci ma a noi di agire liberamente.» le disse. Lo sapeva bene la Lancaster, fin troppo quel pensiero la aveva tormentata nelle ultime ore. Si voltò, osservando il Cuore di Marmo, che spiccava tra le varie abitazioni. «Purtroppo è così. Non possiamo sottovalutare Lorch, non una seconda volta. Se solo Smith si fosse degnato di metterci al corrente dei suoi piani...» rispose. Cercava di controllare la sua voce e nascondere il risentimento, ma non era sicura di esserci riuscita fino in fondo. La verità era che detestava Smith per quella sua idea di non informare nessuno di cosa avesse in mente. Per quanto si sforzasse, non riusciva a essere tranquilla. Brancolavano nel buio, buttati nella mischia senza di dove andare, di cosa fare. Senza un piano, senza una guida, potevano aggrapparsi unicamente al proprio istinto. Si chiedeva quanto sarebbe valso, e se non sarebbe stato meglio avere un’unica linea d’azione, in modo da aumentare le loro possibilità di vittoria. Per quanto tentasse di essere positiva, non poteva negare che le circostanze giocavano decisamente a loro sfavore, e l’eventualità di morire quel giorno era più concreta di quanto volesse ammettere. Si consolava pensando che se avesse subito una qualche perdita e lei e Smith fossero sopravvissuti, gli avrebbe strappato personalmente il cuore dal petto.
«Tutta questa segretezza ci sta remando solamente contro.» la voce di Azzurra la ridestò da quelle macabre riflessioni. Si guardava rapidamente attorno, insicura di chiunque avessero vicino. «Non abbiamo coordinazione, se attacchiamo a testa bassa come una massa di contadini rischiamo, per salvare una vita, di ucciderne migliaia...» le sue parole erano uno specchio dei suoi pensieri, non avrebbe potuto darle torto. «Sono d'accordo con te.» sospirò, scrutando il suo viso. «Il terrore instaurato da Lorch è penetrato anche nella Resistenza, alla fine... Se non possiamo fidarci di noi, non so come faremo a combattere tutto questo. – scosse con decisione la testa, come a cercare di allontanare quei pensieri negativi – Non dobbiamo permetterlo. Dobbiamo fidarci di Smith, e cercare di fare del nostro meglio, per quanto possibile... Nella speranza che abbia un disegno più ampio del nostro.» concluse, cercando di mostrarsi convinta e risoluta. Non riuscì a capire se Azzurra le avesse creduto o se semplicemente voleva lasciarglielo pensare, ma annuì alle sue parole, per poi aprire la porta del palazzo alle loro spalle, scostandosi appena in modo che potesse entrare per prima, per poi seguirla a pochi passi di distanza.

Fece strada lungo le scale, fino ad arrivare alla finestra designata. Da quel punto avrebbero potuto spostarsi con facilità per i palazzi limitrofi, tenendo sotto controllo la situazione circostante.
Ryellia comprendeva bene il pensiero e lo stato d’animo della sua giovane amica. Ai suoi occhi tutto quello doveva risultare assurdo, e non poteva negare di pensarlo anche lei sotto un certo punto di vista. Si era unita a quella causa per il suo forte senso d’onore, una caratteristica – o meglio, una delle tante – che la accomunava alla prigioniera che volevano salvare, ma effettivamente quella non era la sua battaglia, perciò non riusciva a comprendere fino in fondo il senso del sacrificio che tutti loro stavano accettando di compiere. Non c’era malizia o codardia nelle sue parole, anzi, era quanto di più puro e sincero si potesse trovare: cercava sinceramente di comprendere, di essere più partecipe a quell’inspiegabile situazione. E per quanto la Lancaster ci provasse, sapeva che non era possibile riuscirci: forse, se fossero usciti vittoriosi da quella giornata, se avesse avuto occasione di conoscere Fanie, allora avrebbe capito il perché e sarebbe stata felice di aver condiviso con loro quell’impresa. Perché l’elfa sarebbe stata sicuramente d’accordo con la ragazza, ritenendo che nessuno di loro avrebbe dovuto rischiare la morte pur di salvarla. Eppure Ryellia sapeva che no, ne valeva assolutamente la pena.
«Sarà uno splendido gran finale.» commentò Azzurra. Non poté fare a meno di sorridere, scrutando Basiledra che si stendeva sotto i loro occhi. Sì, in un modo o nell’altro lo sarebbe stato.
Strinse dolcemente la mano sul braccio della ragazza. Divisi cadiamo, uniti resistiamo. Per sempre.

separatore




Rise of the Whisper
- C i ò C h e D i v e n t i a m o -



CS :: 3 Intelligenza ~ 1 Determinazione
Pericolosità :: C
Razza :: Umana
Classe :: Mago
Talento :: Evocatore
Stato Fisico :: 0/16
Stato Psicologico :: 0/16
Energia :: 100/100
Equip :: Spada (riposta); DragonSoul (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Orgoglio del Drago :: Passiva Razziale Umana: raggiunto il 10% delle energie non sverrà.
Conoscenza del Dragoniano :: Capacità di comunicare con i draghi (Abilità I)
Legame :: Capacità di richiamare l'aiuto dei suoi compagni di battaglia a tempi pressoché azzerati, quasi istantaneamente (Talento I).
Condivisione :: Capacità di condividere parte della propria potenza con le creature evocate, tanto che le stesse verranno richiamate sul campo di battaglia con un CS in più, oltre a quelli conferiti dalla tecnica di evocazione (Talento II).
Sensi Affini :: Il legame è talmente indistricabile da arrivare a condividere persino i sensi, al punto da potere vedere e sentire con gli occhi e le orecchie dei suoi draghi (Talento III).
Unione :: Evocazioni tramite per le tecniche (Abilità II).
Samael :: Compagno animale utilizzabile in combattimento (Abilità III) // può utilizzare il comparto tecnico del PG (Abilità IV)
Sangue di Drago :: l bastone non può essere rubato o distrutto, e il proprietario può disfarsene solo deliberatamente.
Legame di Sangue :: Auspex.
Sostentamento Arcano :: Ryellia è in grado di cancellare le limitazioni fisiche che conseguono dalle ferite inflittegli.


ATTIVE—

Nessuna :: ///


ANNOTAZIONI—

Ecco anche il mio post! Ho inserito le riflessioni di Ryellia riguardo ciò che ha vissuto in questi mesi e il dialogo concordato con Last. Visto che è venuto fuori un lungo papiro, ho deciso di aggiungere l'arrivo dei due inaspettati compagni nel prossimo post, per evitare di indurre al suicidio chiunque tentasse di leggere questo! Spero vi piaccia, buona quest a tutti! :D:

 
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view post Posted on 30/1/2015, 20:47
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Aprì gli occhi.
I dettagli, come tasselli di un enorme puzzle, si erano incastrati nella sua mente.
Nemmeno si era reso conto che quella guerra, a cui aveva partecipato anni prima, aveva avuto così tante conseguenze, e un così intricato preludio.
Aveva iniziato a prendere coscienza, di sè e del mondo, dal momento in cui Kuro lo aveva accolto nei Silenziosi Sussurri.
Non era entrato solo nell'organizzazione segreta che muoveva i fili nei Quattro Regni, ma era entrato in un mondo fatto di menzogne, raggiri, tradimenti.
La stessa guerra era stata frutto di un inganno, e il Demone aveva provato sulla sua pelle il potere distruttivo del Leviatano Rosso. Potere che non era servito a salvare Basiledra purtroppo... Il monaco Aang era stato il primo a cadere per la città, anche se qualcuno, chi dalle mura aveva visto il suo combattimento contro l'intero esercito della Guardia Insonne, affermava che non fosse morto, ma portato in salvo dallo stesso Leviatano.
Appena reclutato dal Sanguinario, era stato mandato in missione al Sud, lì aveva conosciuto Kirin. Incredibile che ora, dopo tanto tempo, si erano ritrovavano ancora a combattere fianco a fianco. Le strade dei due Sussurri si erano incrociate innumerevoli volte... Ogni volta era un passo verso il giorno che stavano vivendo.
Ludmilla iniziò a parlare, dicendo a tutti che il Re era vivo, e Montu si ritrovò a pensare ad ogni cosa successa da quella sua prima missione come Sussurro, in cui Frederich Lorch aveva perso la vita, all'assedio di Basiledra.
Recuperò perfino un ricordo sepolto, che credeva di aver rimosso.
Lui Aang l'aveva conosciuto. Non che avessero parlato, ma si erano ritrovati faccia a faccia. Aang era con lo Spettro, a liberare Lithien!
Un successo che riecheggiava ancora nell'Edhel, un successo che nessuno era riuscito a replicare a Basiledra.
Il cuore di Montu aveva avuto un sussulto quando si era accorto che l'esercito di Sigrund veniva accolto dai cittadini come l'esercito della salvezza, del futuro. E poi il tradimento, l'ennesimo, e Mathias. La città era caduta.
Quando, non molto tempo dopo quell'episodio, l'Eterno aveva saputo della disfatta della Mano il suo nuovo mondo fatto di certezze era definitivamente crollato.
La Voce era muta, i Sussurri erano persi.
Poi venne Malzhar.
-Oh, Malzhar, amico mio!-
Lui aveva dato la massima fiducia ai pochi Sussurri rimasti, li aveva condotti attraverso le montagne, attraverso le foreste, avevano superato indicibili pericoli per giungere a Winterdorf.
Cinque semplici uomini, cinque nomi che forse non sarebbero mai stati ricordati, erano in presenza delle tombe ghiacciate della Mano.
E la fiducia dello Sciamano com'era stata ripagata?
Sapeva che ora Malzhar era alla conquista di Spina Rossa, aveva preparato il piano per mesi, ma il Demone non l'aveva potuto seguire, non lì. Il peso dei sensi di colpa l'avrebbe travolto.
Quanti uomini avevano lottato, stavano lottando, per cosa?
Un sogno, un ideale. Pace, libertà.
Non così diverso da quello che aveva mosso Sigrund.
E anche Kirin, era rimasto accanto al Re nonostante la sua amicizia con Fanie, perchè così aveva promesso. Onore.
Lo guardò, ascoltava anche lui distrattamente le parole della Goccia, con sguardo meditabondo.
Erano circondati da una decina di uomini che avrebbero scortato Julien fino a Basiledra, fino al suo trono.
Chissà, chissà come sarebbero finite le cose.
Mai aveva sentito la morte così vicina, nemmeno quando c'era lui dentro la città.
Smise di guardare il compagno e si fissò su Ludmilla, li incitava, donava loro speranza. Chissà se si stava chiedendo dove fosse l'uomo che amava, chissà se anche lei tremava, al rischio di non vederlo più.
Ogni figura che aveva incrociato in quei mesi gli era sembrata inamovibile, soldati pronti a morire per qualsiasi ideale ritenessero valido... Ma non era così. Non poteva essere così!
Forse anche il Demone, fuori, non sembrava altro che un guerriero che avrebbe sempre impugnato la spada, senza pensarci troppo.
Invece erano uomini, nessuno ascoltava le parole di incitamento, tutti ricordavano casa, tutti temevano la morte, pochi l'avrebbero evitata.

Il tempo sembrava scorrere fin troppo velocemente, il conto alla rovescia che li stava condannando continuava implacabile la sua marcia.
E così marciavano loro, verso la capitale. Verso un nuovo futuro.
Lui e Kirin avevano preso alcuni uomini dalla scorta del Re, e avevano affrettato il passo per eliminare eventuali pattuglie della Guardia Insonne. Gli ordini di Kuro erano tanto semplici quanto spietati: nessuno sarebbe dovuto sopravvivere, nessuno avrebbe dovuto poter avvertire Mathias che il popolo dei Quattro Regni era risorto, e stava andando a reclamare ciò che gli spettava di diritto.
I due Sussurri si erano divisi ancora, in due gruppi di tre uomini, e avanzavano verso un obiettivo comune: su una mappa della zona era segnato un sentiero, e secondo gli informatori del Sanguinario lì doveva esserci un posto di blocco della Guardia Insonne.
Il Demone avanzò nel bosco, spada alla mano, pronto ad intercettare qualche avanguardia, ma raggiunse il punto di ritrovo senza alcun incidente. I tre sembravano essere fortunati, ma dovevano ancora liberare la strada per il cammino del Re.
Quando, dopo poco meno di un'ora, i sei si riunirono, potevano scorgere un edificio in rovina, probabilmente bruciato, e alcuni carri ribaltati a bloccare la strada.
Kirin prese la parola:
-Percepisco la presenza di un gruppo di persone davanti a noi... Vediamo... oltre i carri ribaltati ce ne sono due non visibili dalla nostra posizione, quindi in totale sono in quattro. Poi altri quattro radunati più avanti... forse in quelle rovine che si intravedono... e infine... altre due persone più avanti. Non rilevo emanazioni magiche. Vi posso fare uno schema sul terreno.-
Prese un bastone e iniziò a disegnare nel terriccio umido quello che i suoi sensi avevano percepito. La tattica era già chiara nella mente del Demone, che nonostante l'inferiorità numerica poteva contare sul fattore sorpresa.
-Dobbiamo dividerci, non possiamo permetterci che qualcuno fugga, conosciamo gli ordini. Due dei nostri superano i carri passando tra gli alberi, io e Kirin pensiamo ai soldati nella nostra direzione, voi due occupatevi di quelli negli edifici. Obiezioni?-
-Nessuna. Mi raccomando cercate di essere il più silenziosi possibili. Non posiamo sbagliare.- Poi guardò direttamente Montu. -Cercherò di utilizzare un incantesimo ad area e poi correrò verso il tizio sulla sinistra. Da come è vestito potrebbe essere quello in comando. Non ne sono sicuro, ma meglio che restare qui ad indugiare.-
Un cenno di assenso, poi aspettarono qualche minuto, affinchè tutti si posizionassero.
Kirin infuocò l'aria, e una fenice si abbattè sui bersagli dei due Sussurri.
Poi scattarono, la katana e la pistola vibravano nelle mani del Demone.
Appena giunto sugli uomini affondò la lama nella gola di un soldato inginocchiato, stordito dall'attacco magico di Kirin, e velocemente girò su sè stesso estraendola dal macabro fodero per parare l'affondo di un'altra guardia.
I vestiti erano bruciati, lo sguardo ricolmo di paura fissava la sua spada, tenuta bassa dalla katana di Montu, che alzò la pistola e sparò.
Vide il sangue e la carne schizzare verso il carro, poi sentì l'urlo del compagno:
-Montu, ne sta scappando uno!-
La pistola ancora fumante stretta in mano. Vide il soldato cavalcare in direzione di Basiledra, non poteva restare vivo.
Lasciò cadere la spada ai suoi piedi, usò la mano sinistra per tenere ferma l'arma da fuoco, e si appoggiò ai carri ribaltati per una maggiore stabilità.
Fece ancora fuoco, e l'uomo cadde da cavallo, morto.
I sei, in poco più di un minuto, avevano liberato quel posto di blocco.
Ottimi soldati, forse averli accanto una volta giunti Basiledra avrebbe fatto comodo.
Ma Kirin aveva altri piani, e mentre gli uomini nascondevano i cadaveri si avvicinò a Montu.
-Io vorrei riunirmi a Ludmilla. C'è qualcosa che dovrei fare...-
La sua aria irrequieta tradiva scomodi pensieri.
- Tornare indietro... Perché? -
-So che dovrei fidarmi di lei, però... non mi sento tranquillo. Ho in mente un piano ma non posso dirti di più, non qui. Mi spiace.-
Ancora segreti? Possibile?! Dopo quello che gli aveva sentito dire, riguardo gli errori commessi dai Sussurri?
Non poteva fargliene una colpa. Gli sarebbe rimasto accanto fin sotto le mura di Basiledra, lo avrebbe difeso a costo della vita, perchè in lui aveva scoperto un fratello, ma le loro strade, in quel sentiero nel bosco antistante la capitale, si dividevano dopo tanto tempo.
Forse per poi incrociarsi ancora, dentro quelle mura.
-E che siano gli ultimi segreti amico mio!- Gli sorrise -Perlustrerò il posto di blocco insieme a due uomini, poi mi dirigerò verso Basiledra.- Gli tese la mano -Ti aspetto dentro la città, la libereremo!-
Kirin la strinse annuendo: -Te lo prometto Montu!-



Energia: 150 -10 =140%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Illeso
CS Forma Umana: +3 Astuzia

Armi:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta (3/5 colpi)

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
[Amuleto del Potere]

Abilità Usate:
Colpo Duro. Consumo: Medio (10%)
il guerriero esegue un attacco più potente del normale, in grado di ferire gravemente l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.

Note: Una guardia del posto di blocco viene uccisa con la Pergamena Colpo Duro. Nient'altro da segnalare
 
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view post Posted on 30/1/2015, 23:14
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Borgo Alto

Tredici gradini.
Percorso il piccolo tratto di strada che collegava il Cuore di marmo alla Piazza, Fanie Elberim appariva serena. Forse aveva semplicemente accettato la prospettiva della propria esecuzione, consapevole che Mark Smith avrebbe continuato a combattere al suo posto per la libertà degli uomini del regno. O forse Astryd Lorch, come ultimo atto di clemenza, aveva cancellato in lei ogni paura per quello che la aspettava allo scopo di darle una morte serena.
Erano alle spalle del patibolo, ancora nascosti agli occhi del popolo sulla piazza.

« La tua vita per la libertà del popolo. »
« È un prezzo che sono disposta a pagare. »

Mathias ascoltava soddisfatto il dialogo fra le ragazze. Finalmente il momento era giunto.
Da quella posizione poteva osservare solo la cima delle case nobiliari che davano sulla piazza: il resto era coperto dalla grande struttura in legno del patibolo: si estendeva da un muro all'altro impedendo difatti l'accesso verso il Cuore di Marmo tranne per qualche apertura ben sorvegliata. Alto circa cinque metri era un vero e proprio muro di legno al centro del quale si ergeva un soppalco più piccolo destinato all'esecuzione. Lì nessuno strumento: niente ghigliottine, neppure semplici ceppi di legno per la decapitazione: Mathias voleva una morte simbolica, cruenta. L'avrebbe uccisa personalmente, trafiggendola con Angelica.


Dodici gradini.
Il primo passo era compiuto. Alle spalle dell’Elfa, Mathias scrutava i suoi uomini sui tetti delle case. Se Fanie era l'esca che aveva attirato tutti gli uomini della Resistenza in quella piazza, loro erano la rete che avrebbe catturato ognuno dei suoi nemici. Tutto era pronto.
Probabilmente avrebbero provato a reagire, ma il Tiranno del Regno del Terrore si aspettava a malapena un insulso canto del cigno: il suo piano non possedeva punti deboli, e più si sarebbero agitati a combattere per la libertà, più dolore avrebbero provato una volta resa palese la sconfitta.

Tre gradini.
I tre riuscirono finalmente ad affacciarsi sulla piazza. Un boato, un misto fra fischi, urla esaltate e grida confuse li travolse, mentre il Tiranno osservava ogni volto di quelle che considerava misere formiche. Una doppia cerchia di soldati li teneva a distanza di sicurezza, rendendogli impossibile qualunque tentativo di interferire con l'esecuzione. Tre incantatori stavano in ginocchio alla base del patibolo, pronti a ergere strutture magiche istantanee per proteggere da eventuali cecchini.

Un gradino.
« Osservali per l'ultima volta, elfa. »
Poco più che un sussurro che rimarcava con disprezzo la razza della paladina. Gli occhi di Fanie erano spenti, ma si iniettarono di paura dopo la successiva frase dell’uomo
« Non lo trovi buffo? Loro sono qui per vederti morire, ma sarai tu a osservarli mentre li schiaccerò come i parassiti che sono. »








Fuori le Mura


Finalmente erano arrivati. Con le lenti speciali progettate da Ilyr, Kuro riusciva ad osservare nitidamente il panico e l'agitazione delle guardie sulle mura. Era comprensibile in fondo: si erano visti piombare dal nulla, con appena una trentina di minuti di preavviso, un intero esercito pronto a dar battaglia, che aveva circondato interamente la città.
Poche ore prima tutti i gruppi che avevano distrutto gli avamposti della Guardia Insonne si erano riuniti, formando un fronte comune. Si erano congratulati con la donna per l'ottimo piano di accerchiamento che li aveva portati in quella posizione di vantaggio, perché a quel punto nessuno li avrebbe potuti sorprendere con attacchi alle spalle. Avevano onorato la memoria dei compagni caduti per il bene del Regno, spinti anche da alcuni Corvi uniti al gruppo strada facendo. Questi corvi erano diversi da quelli a cui si era abituato il popolo dopo l'avvento di Caino, e anzi ne ripudiavano i dettami. Si facevano chiamare "Corvi Leici", e durante i giorni di marcia erano occupati di fornire assistenza a poveri e bisognosi che, villaggio dopo villaggio, si erano uniti all'esercito per osservare con i propri occhi la battaglia per la libertà.

« Se non Caino, chi? »
« Zeno.»

Con una sola parola, con un solo nome, i Corvi Leici mostravano una volontà diversa e più umile, e venivano accolti come benefattori fra le genti.

Ma un ultimo, grave ostacolo si ergeva di fronte Kuro e i suoi uomini: le possenti mura di Basiledra. Mathias aveva riparato la breccia creata durante il loro assedio, e aveva rinforzato ulteriormente la cinta che appariva decisamente più alta e spessa rispetto a qualche mese prima. Oltre questo, gli uomini riuscivano a distinguere chiaramente alcuni strati di ghiaccio che crescevano per rinforzare le parti probabilmente più vulnerabili per rendere più difficile creare una breccia.
Il sanguinario fermò l'avanzata, e chiamò al suo fianco un arciere Cavendish che, scoccando una freccia a vuoto, si assicurò di non essere a portata di tiro. Per quel migliaio di uomini era giunto il momento di attendere. Con calma prese la Voce, le cui pagine libere si contavano ormai sulle dita di una mano, e scrisse una semplice parola diretta all'uomo che li stava attendendo.

"Muoviti."

Attesero una decina di minuti, che in quel contesto sembrarono come ore. Stare semplicemente immobili mentre il nemico aveva tutto il tempo di organizzarsi innervosiva i soldati non poco, e nei vari reparti iniziava ad essere percepita una lieve insofferenza. Uno dei luogotenenti Cavendish, un nobile combattente del casato Aoyama, si lasciò trascinare dal nervosismo afferrando Yuri Ivanov e strattonandolo per una spalla.

« Che diavolo stiamo aspettando, Sussurro? »
Il ragazzo sorrise, rispondendo spavaldo e con l'irruenza tipica della sua giovane età. Si liberò dalla presa, sistemandosi poi il fucile sulla spalla.
« Che un vecchio decrepito si decida ad aprirci la via. »
« Cosa... »
« Trenta giorni fa siamo stati liberati da una prigione di ghiaccio, e prima di dividerci ci siamo dati appuntamento esattamente oggi in questo luogo. Se non l'hanno ucciso qualcuno verrà a darci l'accoglienza che meritiamo. »

Era vero: d'un tratto due piccole esplosioni fecero saltare dall'interno una piccola parte di muro, grande appena per far passare una figura piccola e gobba. Un vecchio piegato dagli anni, che si muoveva lento, zoppicando e che sputava a terra di tanto in tanto mentre si avvicinava all'esercito.
Kuro sorrise, facendo qualche passo per andargli incontro.

« Ce ne hai messo di tempo! »
Era felice di vederlo, e il sentimento era ricambiato nonostante la risposta acida al saluto.
« Vorrei vedere! Hai idea di quanto ci sia voluto per preparare tutto?! Assottigliare travi, allentare bulloni, sostituire pietre... Ma ammetto che non ce l'avrei fatta se una decina di giorni dopo il mio arrivo non avessi scoperto una mistura a base di salnitro e antimonio che, se innescata dal calore... » sorrise « ...è in grado di liquefare la pietra.
Non dovevo certo fare una stupidaggine come raccattare un esercito per la via!
»

Risero tutti, tutti coloro che conoscevano Ilyr Stephanich, il Pipistrello. La mente geniale che aveva creato le Voci e i mille altri congegni che rendevano possibile l'operato dei Silenziosi Sussurri. Alle sue spalle volteggiava uno strano apparecchio meccanico che, ruotando, si muoveva per intercettare frecce e altri proiettili che le guardie delle mura gli lanciavano addosso.

« In ogni caso, benvenuto, vostra maestà. »
Fece una riverenza verso Julien, che si trovava ben protetto da Ludmilla, Sergey e una piccola scorta di uomini scelti. Il giovane re non sapeva se essere più spazientito per quel teatrino, o disgustato dall'aspetto del vecchio.
« A quanto pare un certo Mathias Lorch ha tenuto caldo il trono in questi mesi. Si scusa personalmente di non poter accogliere il legittimo sovrano alle mura, ma è leggermente impegnato ad ammazzare una certa Fanie Elberim, quindi sta a me fare gli onori di casa. »

Frugò fra le tasche tirando fuori due pietre focaie. Ne fece cadere una a terra, e seguendola con lo sguardo tutti si accorsero che era finita su una scia di polvere nera che il vecchio si stava trascinando fin dalle mura. L'altra cadde sulla prima, e la scintilla creata dall'impatto iniziò a propagarsi raggiungendo in pochi secondi le mura

« Bentornati a Basiledra. »

Non fu la piccola esplosione generata a stupire gli spettatori, ma quello che venne dopo: come un blocco di ghiaccio sotto al sole, le mura iniziarono velocemente a collassare su se stesse. Il granitico bastione nel giro di pochi secondi semplicemente si dissolse, e la capitale del regno rimase nuda, mentre tutto attorno le sfortunate Guardie Insonni che vegliavano sulla cinta si ritrovarono uccise brutalmente dal quel mare di pietra fusa.
Continuando a camminare, il pipistrello raggiunse Kuro e il resto della Mano, che insieme a ogni uomo lì intorno era letteralmente rimasto ammutolito per lo spettacolo mostrato.
In fondo, cos’è un esercito al confronto del potere della scienza?






Borgo Alto

« Alcuni di voi penseranno all'ingiustizia di questo gesto, altri si arrabbieranno stringendo i pugni vogliosi di colpire il mio volto. Ma nessuno riuscirà mai a raggiungere questo ideale: nessuno riuscirà mai a comprendere quello che spinge la mia volontà. »

Mathias Lorch parlava ormai da qualche minuto alla folla immobile. Si muoveva avanti e indietro gesticolando, con Angelica già sguainata che accompagnata dalla mano frenetica del suo proprietario sembrava bramare il sangue dell’Elfa. Fanie di suo era già inginocchiata, dietro di lei Astryd che con i suoi poteri amplificava le parole del Tiranno rendendole chiare e distinte ad ogni uomo presente in città.

« Siete dei poveri conigli senza coraggio. Nulla più che prede per i miei Cani Bradi! Chinerete sempre lo sguardo al mio passaggio, mentre vi riempirete la bocca fra bettole e puttane di quanto in realtà vorreste arrivare a sfidarmi. Patetici vermi, parassiti di un regno che non meritate. Anelate ad una libertà finta, ma desiderate soltanto chiudere gli occhi e lasciare che qualcuno vi dica cosa fare!
Con me è veramente diverso? Cosa è cambiato nelle vostre vite da quando sul trono siedo io invece che Caino, e quando invece sedeva il Re che non perde Mai?
»

Nella piazza, gli uomini ascoltavano attentamente, rendendosi conto che, almeno per una buona parte di loro, Mathias Lorch non stava mentendo. C'erano centinaia di persone ad ascoltare quelli che a prima vista potevano apparire come i deliri dispotici di un folle, ma di queste solo una piccola parte aveva osato levare le armi contro l'oppressione ed entrare a far parte della Resistenza. Il resto viveva semplicemente alla giornata, lamentandosi di tanto in tanto con qualche confidente, ma cercando di tenere un profilo quanto più basso possibile per non attirare l'attenzione delle Guardie Insonni.
Nell'ascoltare le parole di quel ragazzo con i capelli bianchi che armeggiava in cima al patibolo, il loro cuore si riempiva di vergogna.

« Domani sarà un nuovo giorno. Domani cesseremo di spadroneggiare su queste terre, e diventeremo i garanti della libertà. Lo dobbiamo alla memoria di un uomo che voi stesso avete accolto come eroe, prima di tradirlo vilmente una volta posate le armi!
Lo dobbiamo a Sigrund Lorch!
»

Un boato di approvazione. Sia dalle Guardie Insonni che da alcuni uomini del popolo che illusi dalle parole di Mathias, si erano lasciati andare alla speranza della pace, immediatamente infranta dal seguito di quel discorso.

« Ma non sarete voi ad assaporarla, la libertà. Misere formiche opportuniste, uomini della Resistenza fondata da questa donna, l'unica fra tutti che ha osato sfidarmi direttamente. Voi non meritate nulla di tutto questo!
Voi nemmeno lo vedrete, un domani.
Il Re senza una Spada!
»
« LA TERRA SENZA UN RE! »

Era il segnale che avrebbe fatto scattare la trappola. Il gelo scese immediatamente fra la folla nella piazza, e una decina di uomini nel mezzo alzarono le mani al cielo. Il popolo di Basiledra li riconobbe subito come membri della guardia Insonne, ma non riuscirono a muoversi a causa del ghiaccio che, spandendosi dai corpi di questi, si propagava nel terreno e saliva lentamente per bloccargli le gambe sul posto.
Gli uomini appostati sui tetti invece, terminato di recitare un mantra che andava avanti già da una decina di minuti, generarono una serie intricatissima di muri di ghiaccio che dall'alto apparivano come una ragnatela. Questi innalzandosi per una decina di metri circa, avevano separato la grande massa di persone in piccoli gruppetti, fin troppo impauriti per poter reagire in qualche modo.
La paura però, prese il sopravvento quando udirono un ruggito familiare.

Le due figure si erano mosse dal cortile alle spalle del Cuore di Marmo, dove erano rimaste nascoste alla vista di tutti. Il giovane si trovava in groppa alla grande bestia che mesi prima aveva distrutto da sola gran parte degli edifici di Basiledra: Iohan Lorch, insieme al drago Brummen erano entrati in azione.
Volavano minacciosi sulla piazza del Borgo Alto, osservando compiaciuti la coreografia formata dalla trappola generata dalla crudeltà di Mathias e dal controllo del ghiaccio dei Mounmoth. L’altezzoso giovane carezzava il collo del suo drago, sussurrandogli all’orecchio parole di derisione verso gli uomini che dall’alto della loro posizione apparivano come piccoli insetti.

« Brucia quelle formiche, Brummen! »

Come ordinato, una serie di enormi e violente palle di fuoco vennero generati dalle fauci del drago, dirette indistintamente sul popolo e sui membri della Resistenza. Quello era il piano di Mathias: bruciarli tutti dall’alto mentre erano bloccati dal ghiaccio in un unico punto, e probabilmente sarebbe andato a buon fine se qualcosa di terribilmente inquietante non avesse attirato l’attenzione del ragazzo : mosse lo sguardo lontano, verso i limiti estremi della capitale. L'evento osservato allarmò così tanto il bastardo Lancaster che semplicemente ordinò al drago di volare via, dirigendosi verso i confini cittadini spinto da un terribile presentimento.
Le mura cittadine erano letteralmente scomparse.








Fuori le Mura

L'esercito fermò per un attimo la marcia. Stavano caricando la città ormai sprovvista di mura, guidate verso un preciso punto indicato dal pipistrello: la piazza del Borgo Alto. Il desiderio di salvare la vita di Fanie Elberim si era unito a quello di estirpare il Lorch dal Trono che non Trema, e nonostante Kuro e i Sussurri ritenessero l'elfa assolutamente sacrificabile per il bene del Regno, così non la pensavano altri soldati che li accompagnavano.
Si erano inizialmente divisi in piccoli gruppi di qualche decina di uomini, pronti a permeare all'interno della città sfruttando ogni vicolo a loro disposizione. La Mano dei Sussurri si era riunita insieme a Julien, finalmente dotato della migliore scorta possibile, ma anche loro, come tutti, si fermarono una volta osservata la creatura.

Un drago enorme. Probabilmente il più feroce e aggressivo mai visto dagli uomini d'oriente, ma fin troppo conosciuto a coloro che erano presenti a Basiledra il giorno della sconfitta. Una creatura magnificente, che volando sulle loro teste disegnava cerchi tanto eleganti quanto minacciosi. Poi una palla di fuoco dall'alto spazzò via un intero gruppo di soldati.

« Che cazzo è quella cosa? »
« Un Lorch. In città continuano a parlarne come un flagello inarrestabile. »

Sergey imprecò, spazientito.

« Quanti cazzo di Lorch dobbiamo ammazzare prima di finire? »
« Sembrano funghi: ne muore uno e ne spuntano altri tre... »

Gli uomini di Kuro erano entrati letteralmente in preda al panico: un colpo dopo l'altro, l'enorme potenza di fuoco di Brummen falciava i vari gruppi di uomini che provavano ad aggirarlo per entrare in città. Da solo, troneggiando sui cieli, era in grado di tenere a bada un intero esercito.

« Yuri, è tuo. »

Il primo attirò l'attenzione dell'Occhio, che stava già caricando il fucile. Forse fra tutti era l'unico in grado di poterlo colpire. Si inginocchiò per tenere la canna poggiata sulla gamba in modo da migliorare la precisione. Dopo pochi secondi, esplose il primo colpo.

« Merda! »
« Lo hai mancato? »
« No, ma quella bestia è completamente coperta di scaglie... il proiettile è rimbalzato senza neppure scalfirlo. »

Il cecchino dei Sussurri provò a sparare una seconda e una terza volta, colpendo esattamente lo stesso punto di prima cercando la vana speranza di far saltare una scaglia e scoprire un punto debole, ma senza successo. Per tutta risposta il drago rivolse a loro la sua attenzione, iniziando a caricare l'ennesimo globo infuocato che, senza troppi fronzoli, li avrebbe semplicemente spazzati via.
I riflessi dei Sussurri però, furono più rapidi: Ilyr lanciò immediatamente una fiaschetta a Sergey, che infrangendola sulla lama della spada gli conferì una colorazione bluastra. Il Torchio saltò andando incontro alla palla di fuoco, che scontrata con la spada si aprì in due separandosi e facendo terra bruciata attorno al gruppo della Mano, che venne risparmiato.

« SCENDI A TERRA, FOTTUTA LUCERTOLA! »

A nulla servirono le provocazioni del Sussurro: grazie all’intruglio di Ilyr poteva fronteggiare il fuoco della bestia e combattere cercando la vittoria, ma contro qualcuno fisso a venti metri d’altezza, neppure il migliore fra gli spadaccini sarebbe riuscito a concludere nulla
D’un tratto, una sfera luminosa impattò violentemente sul fianco del drago, distogliendo la sua attenzione dai Sussurri.

Era stata lanciata da un gruppo di uomini giunti insieme a Sergey, fin troppo allegri e scalmanati per andare d'accordo con Kuro, ma comunque ben accetti all'interno dell'esercito perchè condividevano il desiderio di estirpare Mathias da Basiledra. Riuscivano a tenere alto il morale delle truppe inventando storie divertenti, come quella che la Guardia Insonne nel suo periodo più fulgido temeva persino di addentrarsi nelle colline a Nord di Basiledra, loro territorio.

« Daje Francè! »

Dietro l'uomo riconosciuto come loro leader, gli altri dieci del gruppo continuavano a passargli delle palle di cuoio che una dopo l'altra venivano lanciate addosso a Brummen, che disturbato da quei colpi decise di scendere a terra ad una decina di metri da loro.
Era un’occasione irripetibile: quegli uomini si erano letteralmente sacrificati per far scendere Iohan Lorch e la sua creatura a terra, condannandosi a morte certa ma allontanando il pericolo dal resto dell’esercito, che velocemente iniziò ad entrare in città.

« A guercio! Pija er re pupo e vincete sta guerra pure pe' noi! »

Da una parte, l'ennesimo calcio ad una palla di cuoio generò un vero e proprio globo di luce diretto verso il drago. Dall'altra, una gigantesca sfera di fuoco che nel tragitto inglobò il colpo dei banditi, e continuando la sua traiettoria li cancellò dall’esistenza, non lasciandone neppure le ossa.
Un eroico sacrificio. Non certo il primo, non certo l’ultimo. Ma uno dei tanti necessari per giungere una volta per tutte alla vittoria.








CITAZIONE
QM POINT

Signori, si continua! Cercherò come al solito di spiegare il meglio possibile, ma essendo un turno in cui vi darò tutto sommato abbastanza libertà, sarò come al solito disponibilissimo a rispondere a qualunque vostro dubbio!

Resistenza: nella piazza osservate il trio salire sul patibolo, sentite i vari deliri di Mathias, e cadete nella sua trappola: vi ritrovate circondati dal ghiaccio insieme a tutti i cittadini presenti. Per rompere il labirinto di ghiaccio dovrete colpirlo ed infliggergli in totale un danno Critico + Alto –e di conseguenza, liberarvi. Oltre questo, dall’alto vi arrivano una serie di palle di fuoco che, una volta a terra, causeranno un danno pari a Critico a chiunque non riesca a difendersi. Se riuscite a infrangere il muro di ghiaccio e liberarvi, potrete semplicemente ingaggiare un combattimento con i soldati a difesa del patibolo, che vi attaccheranno in seguito ad un segnale di Mathias.

Esercito: arrivate di fronte a basiledra e osservate lo spettacolo di Ilyr che scioglie le mura. Ad un certo punto però Brummen vi blocca la strada e inizia a spararvi delle palle di fuoco di potenza Critica. Viene quindi attirato a terra da parte dei leggendari banditi delle colline che uccide ;_;
Questo però, lo rallenterà solo momentaneamente: ALMENO UNO di voi deve fermarsi quindi a combattere contro Iohan Lorch e il suo drago, altrimenti questo vi attaccherà alle spalle facendovi fare una brutta fine!
Chiunque non si fermi a combattere, può descrivere l’entrata a Basiledra e iniziare a combattere contro uomini della Guardia Insonne. Potete liberamente decidere di arrivare alla piazza dell’esecuzione, o fermarvi a combattere prima, nel Borgo Basso.

Ark: quando entri in città con gli altri –non puoi essere tu a combattere Iohan- trovi il corpo morente di un soldato, colpito per sbaglio dalle fiamme di Brummen. Indossa le uniformi Lancaster, ha una folta barba rossa e una cicatrice al posto dell’occhio destro. Attirando la tua attenzione ti dice di consegnare un messaggio che ti porge, essendo lui ormai quasi morto ed essendo il messaggio di fondamentale importanza. E’ un rotolo di pergamena sigillato con la ceralacca. Ti chiede di portarlo ad Ashtaleon Lancaster, il capo delle forze armate della famiglia nella piazza dell’esecuzione: ti dice che sono gli ordini per farli rivoltare contro i Lorch. Nei deliri della morte però si fa sfuggire che la Guardia Insonne lo cerca, e Mathias Lorch avrebbe letteralmente sommerso d’oro e di qualunque ricchezza chiunque glie lo avesse consegnato.
A te in confronto la scelta su cosa fare del messaggio –portarlo al Lancaster, portarlo a Mathias, tenerlo per te/fare altro-, quindi ti darò ulteriori indicazioni su come procedere


Per qualunque domanda vi ricordo ancora il topic in confronto. Il mio prossimo post da Qm arriverà intorno al 7 febbraio!


Edited by Capitan_Kuro - 31/1/2015, 12:33
 
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view post Posted on 2/2/2015, 01:18
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۩ VIGILO • CONFIDO ۩
Il Regno del Terrore


I N F O R M A T I O N


Ryellia?

Ormai ci conosciamo abbastanza, io e lei, per comprenderci con poco.
Un gesto, una parola e capiamo subito i pensieri dell’altro, sincroni e fluidi come compagni di lungo tempo passato insieme. La comparsa di un altro attore sulla scena non era una sorpresa in sé, la porta lasciata aperta era sufficiente a capirlo, quanto piuttosto lo era l’apparenza di chi aveva varcato la porta: un mantello ciliegia faceva spiccare candidi vestiti ed una pelle pallidissima, quasi marmorea, con sapiente eleganza e quando la bambina alzò il viso dal leggero inchino, pronunciando parole di saluto, lo Spadaccino pensò che non aveva mai visto qualcuno con degli occhi che non si potevano altro che definire “soli riversi/in liquide pozze d’oscurità diffusa”, per citare i versi del poeta Hikari Tohsibaro.
Non aveva mai visto nulla del genere in tutti i suoi viaggi, eccetto forse un trovatore del Nord che si faceva chiamare Occhioacuto, anche se il suo vero nome era Enteri. L’occhio sinistro di quell’uomo, aveva scoperto, era stato corrotto dell’oscurità del Malstrom del Sorya in non chiare circostanze appena prima che Il Re che Non Perde Mai, Rainer, rilasciasse il suo potere dando origine agli eventi della Guerra del Crepuscolo ma, nel suo caso, l’intero bulbo oculare si presentava come una nera chiazza di oscurità, striata di turbinanti vortici grigi e gli consentiva di vedere oltre gli oggetti solidi come se non esistessero.
Cosa poteva essere successo a quella bambina, sempre che se ne potesse parlare in termini di essere umano?
La osservò meglio, prolungando quasi sfacciatamente l’incontro dei loro occhi. Non poteva temerla, nonostante l’aspetto sconvolgente; era solo una bambina ed aveva un’espressione così angelica e timorosa che si addiceva poco a malevoli intenti o a doppi fini reconditi, tanto che non dubitò della sincera innocenza della domanda: ne era incuriosito piuttosto, affascinato dalla novità della cosa come era stato affascinato dalle mistiche torri volanti di Ob-Namib, nelle giungle del Sultanato.

Di quale festa stai parlando bambina mia? Purtroppo c’è ben poco di allegro nell’assistere passivi alla condanna a morte di una donna che ha fatto così tanto per il suo prossimo, e per questa città. Era una mia amica, almeno da parte mia la consideravo tale.

Una risposta sincera la sua, eppure sottilmente diplomatica in quanto non li identificava immediatamente come membri della Resistenza, anche se un orecchio attento avrebbe potuto capirlo dai particolari.
Passeggiò fino alla finestra, volgendo lo sguardo sul mare di folla rumoreggiante sotto di loro. Ciascuno di loro era lì, quel giorno, per assistere a qualcosa di unico ed epocale, la morte di un’Eroina e di un’elfa che aveva difeso strenuamente la città per evitare che fosse conquistata dai secolari invasori e che, nonostante una cocente sconfitta, aveva continuato a lottare per dare speranza.
Sospirò e per un momento parve in preda ad un profondo scoraggiamento, dando spazio ai ricordi. Lui aveva contribuito alla presa della città, aveva combattuto con l’esercito delle Guardie Insonni e non era pentito delle sue scelte; però non poteva negare che l’ascesa dei Lorch fosse stata una cosa assolutamente negativa per quella libertà e quel Chaos che erano il suo scopo ed oltre a quello lui non aveva mai abbandonato un amico, in una situazione così disperata.

Ecco. Ascolta!

Additò il Lorch che arringava la folla con un’arroganza pari alla sua, sferzando il popolo impaurito con parole dure e veritiere, con parole di un uomo che sa di avere il potere dalla propria parte: il potere di un Re. Il potere di un Tiranno.
Un potere che non avrebbe mai più voluto vedere.
Un potere che avrebbe ucciso, se avesse potuto.

Quello è l’uomo chiamato Mathias Lorch. Quello è il male.



.


۩ SHIMMEN• KASUMAKI۩
Aki no Kenshi - lo Spadaccino Rosso


Sinossi : Attraente, capelli rossi, lineamenti aristocartici.
Avventato, opportunista, riservato.
Razza : Orco Umano
Classe : Cacciatore
CS: 1 Destrezza, 1 Forza
Talento : Assassino
Stato Fisico : 0/16
Stato Psicologico : 0/16
Energia : 100/100
Equip :
- Erba Ricostituente x2 (+5% energie ciascuna)
- Gemma della Trasformazione
- spada lunga
- arco + 15 frecce (non presente in questa quest)
- Pelle resistente come un'armatura di acciaio (arma naturale)
- Corallo
- Rubino
- Biglia Dissonante


Passive
Chaos Instinct: Auspex passivo basato sull'ostilità di chi lo circonda.
War Spirit: Possibilità di combattere anche con un corpo gravemente danneggiato, prossimo al Mortale. Sotto l'effetto di un qualsiasi power-up Shimmen prende 2 CS bonus.
Essence of Silence: Shimmen non produce rumori, odori o qualsiasi cambiamento nell'ambiente circostante. Shimmen non può essere avvertito tramite tecniche di auspex.
Mantello dell'Esploratore (oggetto incantato):
- Esploratore dell'Ovest: [Passiva]: il mantello svolazzerà attorno allo spadaccino durante il combattimento, ostruendo i movimenti del nemico che combatte contro Shimmen. Il mantello non conterà come un'arma e non potrà parare i colpi al posto dello spadaccino, tuttavia l'avversario dovrà concentrarsi maggiormente sullo scontro per riuscire a non farsi distrarre dai movimenti dell'indumento; [Attiva], tecnica magica, consumo Basso: per 2 turni qualunque arma (una soltanto) in possesso dello spadaccino verrà ricoperta di un vento vorticoso, permettendole di colpire a distanza come se estendesse la sua affilatura a dismisura. Così una spada potrà lanciare temibili lame di vento e un'ascia scaglierà possenti archi taglienti. Contano come semplici attacchi fisici, e come tali vanno affrontati.
- Araldo del Sud: [Attiva], tecnica Magica, consumo Medio: fuoco si sprigionerà dal mantello e avvolgerà il nemico, distruggendo un pezzo del suo equipaggiamento a scelta di Shimmen e togliendogli una CS. Non causa altri danni.

Attive:
Note: Ebbene si, anche io sono caduto nel clichè di citare il mio vecchio personaggio. Forse qualcuno se ne ricorderà, di Enteri che fu assassino, bardo e seguace del clan Sorya, quando ancora erano i tempi di Velta l'Oscura, della sede di un clan avvolto nella leggenda e nel mistero del Gorgo.
Accidenti Shimmen dovrebbe essere di allineamento Corrotto! Me ne son reso conto solo ora a rileggere ... tutto questo salvare ed aiutare lo stà pericolosamente portando vicino ad un ritorno alla neutralità. :ahsi:
Bah, in qualche modo lo riporterò sulla retta :laserone: via. Sayonara!!!




Edited by vulcano1 - 2/2/2015, 10:29
 
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view post Posted on 3/2/2015, 06:54
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Rise of the Whisper - Ciò che Diventeremo.
« La sua ora più bella. »

Mathias Lorch. Il suo discorso risuonava limpido e cristallino sin dentro le case, alle nostre orecchie, al pari di un'arringa leggendaria, talmente importante da strappare l'interesse per la nuova giunta. L'esecuzione era iniziata.
Il tiranno camminava e gesticolava, si muoveva come un Dio tra quelli che vedeva come vermi che strisciavano ai suoi piedi, esprimendo a parole il suo disprezzo, lo sdegno per il popolo così poco coraggioso e fiero che si era fatto sottomettere dalla potenza straniera senza battere ciglio. Pochi, tra molti, avevano osato levare la spada per la libertà, la giustizia, ed ancora meno avevano scelto di vivere nell'ombra pur di portare avanti una giusta causa. Su quello, anche un folle come lui, non poteva che avere straordinariamente ragione. Poggiai una mano sull'infisso, scrutando assieme a tutti gli altri quanto stava accadendo sulla piazza: di lì a poco ero certa che la testa dell'eroina del popolo, Fanie Elberim, sarebbe rotolata in una pozza di sangue portando con se ogni speranza di vittoria.
Eppure aveva realmente torto? Quanti si erano opposti e quanti, invece, avevano preferito tacere o, peggio ancora, vendere quei pochi che avevano giurato di ridare lustro ad una città decaduta, morta, stretta alla gola dalle mani vili di un assassino? Quanti, di quelli che assistevano in silenzio e col cuore pieno di cordoglio per la prossima fine della propria eroina, potevano dirsi davvero in pace con se stessi? Nessuno. Nemmeno io, chiusa in una soffitta polverosa, avrei potuto giustificare la mia sopravvivenza rispetto a quella di Fanie. Forse non avrei ucciso direttamente quel bastardo, ma l'avrei visto agonizzare assieme a mezza città. Quello era il destino che un uomo del suo calibro meritava, quello era il lascito che avrebbe donato alla sua gente, passando alla storia come un ignobile, vigliacco, codardo e tiranno che aveva giocato col cuore e con l'anima stessa degli uomini.

« Così sempre ai Tiranni... »

Sussurrai, quasi tra me e me, in risposta alle parole del giovane spadaccino.
Mathias Lorch non era il male, il male era stato ciò che l'aveva spinto al potere, ciò che aveva fatto si che l'intera macchina bellica degli Insonni discendesse sulla capitale. La nostra debolezza era stata la loro forza.
Non sarebbe riaccaduto.

E venne il ghiaccio. Evocato dalle parole del Lorch quasi come una preghiera, e lanciato dai suoi maghi, intrappolando decine di persone al suo interno tra innocenti, guerriglieri e membri della resistenza. La trappola, come sospettavamo io e Ryellia, era scatta a tempo debito bloccando gran parte delle nostre risorse prima che potessero anche solo sguainare la spada. Mathias ci stava aspettando, ci avrebbe uccisi tutti quanti.

« Eccola! Mon dieu! »


Guardai spaventata la Lancaster e poi Shimmen. Non avrei atteso un secondo di più lontana dal mio posto, in mezzo alla lotta, con tutti gli uomini e le donne pronti a dare la vita per ciò in cui credevano. E anche se per me Fanie non era nient'altro che una donna come tante, se anche Mathias era un uomo come tanti, Basiledra era una città per cui lottare e morire. Ed anche il suo popolo era essenziale, la linfa vitale del nostro mondo, il futuro, il passato ed il presente di ogni cosa... attraverso gli occhi di quegli ignari spettatori la storia sarebbe stata scritta, il futuro plasmato ed il destino piegato in nostro favore.
Rifoderai rapidamente la spada, iniziando a correre verso le scale, salvo poi fermarmi un secondo per guardare Ryellia negli occhi, uno sguardo breve, fugace, che trasmetteva allo stesso tempo ogni paura e ogni determinazione di cui fossi capace. Le sorrisi, dal profondo del cuore, perché se fossi caduta quel giorno volevo che almeno lei, tra tanti, mi ricordasse serena, consapevole di quanto andavo a fare.

« ... » le parole mi morirono tra le labbra. « ...non morite. »

Senza attendere risposta, troppo spaventata dall'idea che potesse convincermi a restare al sicuro, mi fiondai giù dalle scale verso il secondo piano.
Gli scalini soffrivano ogni mia falcata, l'armatura urtava a destra e manca contro il corrimano, il muro, qualche quadretto appeso alle pareti, strappando ora un pezzo di misero e fatiscente intonaco, ora gettando al suolo qualche logora cornice. Eppur non mi interessava. Corsi verso la finestra del secondo piano che dava sulla piazza, poco sopra al gigantesco muro di ghiaccio impenetrabile... ed in quel momento lo vidi: un gigantesco drago volava sopra la piazza pronto a mietere ogni anima che non fosse stata abbastanza forte da fuggire. Troppi innocenti sarebbero morti carbonizzati, colpevoli solamente di trovarsi laddove il terrore di Basiledra li aveva voluti. Cosa era, una dimostrazione di forza? Uccidere decine di cittadini ignari e timorosi era il modo in cui Mathias prevedeva di governare la culla della cultura umana nel Theras? Non lo avrei mai permesso, mi fosse costato la vita. Mi avvicinai alla finestra, aprendola con un pugno ben piazzato, non oppose nemmeno resistenza tanto era malmessa.
Le palle di fuoco rischiaravano il cielo, cadendo a velocità folle verso il suolo, ed io non potevo far altro che saltare e sperare di non morire per la caduta.
Presi la rincorsa e, prima di saltare fuori dalla finestra, afferrai una delle due tende che penzolavano inerti ai lati dell'infisso. Spiccai un balzo e mi ritrovai nel vuoto, attaccata solamente ad un pezzo di stoffa che mi separava dallo strapiombo: la tenda resse un singolo strattone, lanciandomi oltre il muro di ghiaccio, ma poi si strappò a mezz'aria lasciandomi in caduta libera lungo la parete interna del labirinto. Urlai, disperatamente, e muovendo il guanto corazzato cercai di afferrare qualche protuberanza di ghiaccio che potesse rallentare la mia caduta: impattai un paio di volte contro alcuni speroni, ammaccando seriamente la corazza attorno al costato, ma alla fine riuscii a conficcare alcune delle placche appuntite della protezione dentro al muro, frenando almeno in parte la caduta.
Quella era in assoluto, innegabilmente, la cosa più insensata, folle e stupida che avessi mai fatto, eppure la mia preoccupazione non era rivolta al pericolo che correvo io, ma quello che correvano le persone ancora intrappolate.
Rovinai al suolo pochi istanti dopo, chiudendomi a riccio per minimizzare i danni dell'impatto, ma la botta fu comunque tremenda e persi per qualche istante l'orientamento, oltre che a provare un gran male all'altezza delle ginocchia e della zona lombare. Il dolore e la confusione non mi fecero desistere dal mio obiettivo e, carponi, mi trascinai verso l'interno della piazza schivando i soldati che già incrociavano le spade con quei pochi coraggiosi della resistenza.
Estrassi la spada e caddi in ginocchio, chiudendo gli occhi.

Se Mathias voleva una carneficina avrebbe dovuto farla con le sue mani, non col fuoco di un drago.
Se davvero odiava la gente, ritenendola indegna, che fosse la sua coscienza a sporcarsi per l'eternità.
Perchè io, in silenzio, non sarei rimasta.

Concentrai tutte le mie energie canalizzandole nella spada, la mia anima parve fluttuare e sussultare dietro a quell'incredibile sacrificio, ma rimasi salda e silenziosa. Fu questione di pochi istanti e tutto il mio potere si racchiuse in una colonna di luce che salì rapidamente verso le palle di fuoco, ingigantendosi ad ogni secondo di più, assumendo la forma di una maestosa fenice dalle ali spiegate, che fermò le fiamme facendole scoppiare sul suo corpo. Una, due, tre esplosioni.
Da ogni scoppio nascevano una miriade di scintille, lucenti come raggi di sole e leggere come piccole piume, mentre il rombo assordante delle fiammate mi entrava sin dentro le ossa. Alzai lo sguardo al cielo, rimanendo quasi abbagliata da quella visione. Mai, prima di allora, avevo osato chiedere tanto e mai, sino ad allora, mi era stato concesso così tanto. Il mio corpo, provato, ebbe un tremito ma il cuore gonfio di coraggio ed orgoglio mi fece resistere alla fatica ed al dolore. Le mie mani, ancora strette sull'elsa della spada, tremavano debolmente e, mentre cercavo di rialzarmi, la grossa fenice esplose assieme all'ultima palla di fuoco, dissolvendosi in una miriade di quegli impercettibili frammenti.

Ansimavo, sopportando a stento il peso della corazza, ma lentamente il mio corpo stava recuperando dall'intensa attività. Barcollai verso il folto dei cittadini nel panico, mentre una figura tra la folla spuntava correndo in mia direzione. Patrick, con una grossa ferita sul viso ma ancora vivo, si era tolto il cappuccio e correva scartando a destra e manca questa o quella guardia. Nello sguardo un misto di preoccupazione e disappunto, quasi come se mi avesse accusata di aver fatto qualcosa di implicitamente stupido ma, al tempo stesso, fosse grato di non aver finito i suoi giorni in quella piazza, come un nessuno tra tanti.
Mi prese per le spalle, aiutandomi a sgusciare fuori dall'assalto della guardia di Mathias, mentre i nostri alleati si lanciavano in un attacco contro il tiranno tentando il tutto per tutto: era il loro momento, io non avevo le forze per confrontarmi con quell'uomo e, anche potendo, avevo già ricevuto la mia sconfitta. Avrei vinto in un modo diverso, avrei fatto quello che era giusto facessi.

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Urlai, più forte che i polmoni potevano consentirmi.
« Popolo di Basiledra! »
Continuai ad avanzare liberandomi del supporto del giovane, proseguendo unicamente sulle malferme gambe.
« Avete udito il vostro Tiranno! Vi ha detto che siete formiche opportuniste... »
« ...aiutateci a riprendere la vostra città, aiutateci a vincere questa guerra! »
Alzai la spada al cielo.
« Il Tiranno vi teme, teme la vostra furia! Insorgete! »
Guardai Patrick, come a cercare in lui un sostegno, ed il giovane Corvo alzò a sua volta la piccola daga.
« Mostrate a Mathias Lorch cosa possono fare le formiche quando lottano per la propria Libertà! »
« Mostrate a Mathias Lorch Basiledra ed il suo popolo nella sua ora più bella! »

Coltelli, forconi, qualsiasi cosa sarebbe andato bene quel giorno. Non importava il ceto sociale, non importava il sesso, l'età, l'abbigliamento e nemmeno quale fosse il mestiere di ognuno dei presenti. Per la prima volta riuscivo a capire ciò che aveva spinto tante persone a lottare per Basiledra, a battersi sino all'ultimo fiato per quel popolo che sembrava tanto debole eppure aveva dentro di se tanta forza. Se tutti assieme avessero levato le loro armi contro Mathias, nulla avrebbe potuto fermarli. Come una fiumana inarrestabile avrebbero travolto qualsiasi diga, qualsiasi sbarramento, sradicando alla radice ciò che per tanti mesi avevano silenziosamente odiato. Erano lì, impauriti, e tutto quello di cui avevano bisogno era solamente qualcuno che credesse in loro, che li ritenesse abbastanza importanti da decidere il corso del proprio destino. Non erano vermi, né formiche, né indegni... erano volti di uomini e donne spaventati, arresi, cuori gelidi che avevano bisogno di essere riscaldati. Che fossero le mie parole, la fenice, le gesta dei miei valorosi compagni, non importava. Chi voleva combattere, quel giorno, avrebbe avuto il suo momento di gloria.

« Meglio morire oggi, da uomini liberi, che domani da schiavi! »
« Alle caserme! Alle caserme! Armatevi e combattete per quello che vi è più caro! »
Patrick mi si avvicinò correndo, notando che quell'ennesimo sforzo mi aveva fatto vacillare nuovamente.
Sussurrando, poi, parlai all'orecchio del giovane.
« Dobbiamo proteggere vecchi, donne e bambini da questo inferno... »

Appena la barriera fosse crollata sotto i colpi dei guerriglieri avrei guidato, chi avesse voluto seguirmi, verso una delle caserme più vicine. Dovevamo armare al meglio chiunque potesse permettersi di brandire un'arma e, al tempo stesso, proteggere chi non poteva farlo dagli attacchi martellanti degli insonni. C'era solo una flebile speranza per noi, tra il panico generale, i feriti della calca e quelli già caduti, ma non potevamo arrenderci senza combattere. Il futuro dell'umanità dipendeva da quel momento, laddove si sarebbe deciso una volta per tutte quanto gli uomini avrebbero realmente meritato la propria libertà. Era la guerra, il bisogno di far fronte comune contro un nemico più grande, a rendere gli uomini degni di tale nome.

« Chiunque abbia un'arma combatta e protegga gli indifesi! »

A terra, poco distante da me, giaceva il corpo esanime di un ragazzo. Avrà avuto poco più di vent'anni, barba rada e l'espressione atterrita in volto. Era stato colpito, o era caduto, alla nuca nei momenti di panico successivi all'apparizione delle palle di fuoco e la ferita gli era stata fatale. Mi inginocchiai al suo fianco per chiudergli lentamente gli occhi e recitare due parole alla sua anima. Quelli erano i risultati che l'arroganza umana aveva prodotto, con la sua voglia di dividersi, frammentarsi, lasciarsi dominare da una potenza venuta dai più reconditi abissi della ribellione. Invece di dirigere il nostro sguardo alle stelle, ammirando l'opera di Dio sulla volta celeste e mirando a compiere imprese meravigliose, ci eravamo messi a uccidere i nostri fratelli, lordando il terreno di sangue innocente e distruggendo ciò che di bello avevamo faticosamente creato. Avrei dato ogni goccia di sangue, sudore, e coraggio per sistemare ciò che, nel mondo, era rotto da troppo tempo... tutti noi, dal più umile dei servi al più grande dei Re, dovevamo ritrovare la nostra strada per la gloria.

Il combattimento infuriava, ma la confusione regnava sovrana in quell'incubo. Sfilai la sciarpa del giovinetto, scarlatta, dal suo collo oramai inerte, porgendola ad una ragazzina dai capelli biondi vestita di stracci, che reggeva un lungo bastone da pastore. Tremava come una foglia, stretta a quell'asta di legno e letteralmente accerchiata da altri popolani, forse suoi parenti, intenti a tenerla ben lontana dal pericolo.
Anche lei era molto giovane, avrà avuto a dir tanto sedici anni, ma dall'aspetto pareva già essere stata provata dalla fame e dalla sofferenza.

« Mon petit, legala al tuo bastone. Oggi sarai l'eroina di cui la Resistenza ha bisogno. Guidaci verso la vittoria! »

Le sorrisi, dolcemente, mentre cercavo di tenere lo sguardo fisso sui soldati ingaggiati in combattimento dai miei compagni.

« Tienila alta e rimani vicino a Patrick, lui ti aiuterà! »

Dissi, indicando il Corvo che già si era affrettato a legare la fascia rossa sul bastone.

Avevamo bisogno di eroi. Senza un nome, senza forza, ma che potessero essere l'emblema di qualcosa per cui combattere, per cui valeva davvero la pena morire. Come una ragazza la cui innocenza traspariva dagli occhi verde acqua, che tremava sotto il peso di quella che riteneva una responsabilità immane. Era quello il momento. Per Basiledra, per il paese, per i regni e per tutto ciò in cui quegli uomini credevano.
Contro la paura, contro il terrore, contro i Tiranni.
Liberté!
« Contro la paura! Contro i Tiranni! Chi è con me?! »

Un ultimo grido, e mentre la spossatezza andava attenuandosi lasciando spazio ai lividi per la rocambolesca caduta, serrai le mani sulla la spada, prendendo il mio posto assieme ai civili: nessuno avrebbe toccato quella gente, non senza prima aver ucciso anche me. Quello era l'unico modo di assicurare a Basiledra un futuro, un futuro fatto di sogni, di speranze, di voglia di vivere che superasse di gran lunga la paura. Uccidere Mathias era solo il primo passo, ma cosa è un re senza un popolo da governare?


dividerazzurrafinale_zps51a4e64f
B. 5% - M 10% - A. 20% - C. 40% - M. 80%

Capacità Speciali: 2 Resilienza 1 Tenacia (3)
Stato fisico: Basso da contusione diffuso.
Stato mentale: Illesa.
Riserve Energetiche: 100% - 40% = 60%
Stato Emotivo: Preccupata.

Equipaggiamento:
• Spada Bastarda (Arma bianca, spada bastarda)
• Braccio Corazzato. (Arma bianca, conta come maglio)
• Corazza Mista. (Protezione mista, metallo-stoffa, medio-pesante)

Passive:
• Figlia dell'umanità. (Passiva Raziale Audacia, non sviene sotto al 10% delle energie)
• Baluardo della fede. (Passiva Talento Guardiana I, capacità di lanciare difese istantanee)
• Europa, il grande sguardo. (Passiva Talento Guardiana II, difese ad area uguali al costo)

Attive: ///
• Un solo Credo, un solo Dio, un solo Re: Ho una sola morale, un solo Sovrano ed un unico Re a cui inginocchiarmi. E questo è ciò che l'umanità tutta dovrebbe aspirare ad avere. Io combatterò per loro, combatterò per loro e per me stessa, fintanto che avrò fiato. Richiamerò gli scintillanti cavalieri di un remoto passato, possenti leoni e incantevoli draghi, tutti composti da una soffusa ed impenetrabile luce, pronti a morire diecimila volte per salvare l'altrui vita. Sarà questione di un singolo istante, di un fugace guizzo dal mondo delle tenebre, appariranno e spariranno prima che io possa anche solo guardarli. Eppure, quando tutto sarà finito, li ricorderò piangendo d'amore.
Azzurra è in grado di materializzare scudi dalle forme più disparate, animali o antropomorfe, in base al dispendio della tecnica. Maggiore è il consumo e più importante sarà la forma assunta dallo scudo stesso. L'effetto è puramente scenico.
[Tecnica Personale (2). Difesa Critico di potenza un grado inferiore al consumo, ad Area, che materializza scudi. Magica]

Note: Eccolo qui... questo post mi ha fatto scendere un paio di lacrimucce sul finale. Parte tecnica: blocco le palle di fuoco di danno critico con una difesa equivalente ad area, critica, che essendo guardiana non scende di potenza.
Parte narrata: Azzurra si getta dalla finestra del secondo piano, in accordo con l'altezza del muro di circa 5 metri, gettandosi oltre lo stesso. con le sue CS non subisce troppi danni, essendo molto robusta, ma ho comunque voluto prendere un basso da urto per questioni di sportività ed un forte stordimento per l'uso di metò energie in un colpo solo. In seguito cerca di radunare i civili e spingerli a lottare. Ho descritto la scena del fazzoletto rosso e della ragazza perchè... volevo rendere bene l'idea che ha Azzurra dell'umanità. Di rendere importanti le persone semplici, di mostrare al popolo che anche una ragazzina di sedici anni con in mano un pastorale con legata una sciarpa rossa può fare la differenza! Al grido di libertà! Libertà! Libertà!
 
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view post Posted on 3/2/2015, 19:48

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RoW: Ciò che Diventiamo~ Il giorno della Sirena.

Una sirena è molte cose ma prima di tutto è una predatrice. Le sue armi sono la sensualità e l’inganno; ecco perché trovarsi in quel luogo non le destava alcuno scandalo.
Era vestita di sete leggere, diafane, quasi trasparenti. Quegli abiti suggerivano solamente la malizia che si nascondeva di sotto. Il corpo perfetto, plasmato dalle abili mani dell’evoluzione era come avvolto da una sottile bruma. Immagina, riempi il vuoto con la tua fantasia: questo dicevano le stoffe con cui era addobbata. La pelle era lucida d’olio e sembrava luccicare come se fosse stata cosparsa di polvere d’oro. Le braccia, la schiena, le gambe erano lasciate nude: un’ulteriore proposta indecente al fortunato avventore che avrebbe goduto dei suoi servigi. I capelli le erano stati acconciati in un elaborata e pesante pettinatura: centinaia di treccioline andavano raggruppandosi in una crocchia racchiusa in una rete dorata cosparsa di pietre dure. La forma della sua acconciatura le pareva simile alla danza delle serpi in amore: un groviglio sinuoso e lascivo, esotico e ricco, seducente e minaccioso. Gli occhi erano stati sottolineati in modo che l’azzurro zaffiro risaltasse nell’oro morbido della pelle. Orecchie, braccia e caviglie erano state letteralmente ricoperte di sottilissimi anelli aurei che tintinnavano deliziosamente ad ogni suo movimento.
Quale scintillante canzone avrebbero cantato nell’impeto della passione, quale suggestiva melodia avrebbero sussurrato alle orecchie del suo fortunato amante!
L’odore della sua pelle, quello era rimasto lo stesso … Perché cancellare con brutti profumi l’odore del mare, del vento caldo e sapido di spezie che accarezza i flutti, l’effluvio inebriante dei fiori d’acqua ?
Nessun profumo avrebbe retto il confronto con quell’odore piccante e seducente che la natura le regalava per meglio circuire le sue prede. Ah se avessero saputo quale fetido, rivoltante fetore può emanare il sangue di una Sirena colpita a morte. Quel lezzo era pure un’arma: serviva a distrarre il cacciatore mentre le sorelle di scaglie provvedevano alla vendetta …Ma li sorelle non c’erano. Era sola, sola e perfettamente in grado di farsi vendetta da se semmai la situazione lo avesse richiesto.
Le era stato ordinato di seguire lo Sciamano, di fare ciò che andava fatto quando gli eventi fossero giunti a compimento.
«E’ doveroso. » – aveva detto con solennità il suo Re, con quella strana fiamma di rispetto che ardeva solo quando parlava di certi temi - «Chi come noi crede nella Luce e si arma della Sua Ombra, deve vigilare sulla morte. » - nonostante fosse abituata al suo modo di fare il fatto che l’aveva inclusa nel suo culto la infastidiva un poco. Non che a lei importasse molto di Dei e religioni, ma ogni volta che lui ne parlava si sentiva sempre più imbrigliata in quegli affari da umani sciocchi. Un giorno lei gli aveva esposto il problema e lui sorridendo aveva affermato:
«E’ quello lo scopo. Se più ne parlo e più ti senti legata allora vuol dire che esercito bene il mio ufficio. »
Lei gli aveva detto dove poteva ficcarsi il suo ufficio, la sua corona e tutta la sua dannatissima arroganza. Lui aveva riso - rideva sempre – le aveva accarezzato la guancia e si era detto felicissimo di averla al suo fianco.
Non lo capiva, non riusciva a comprendere come ragionasse, quali strani pensieri si intrecciassero nella sua testa ma una cosa era certa: lei non poteva disobbedirgli e da qualche tempo non desiderava nemmeno più farlo …
Si era recata a Basiledra, il luogo della battaglia prossima, il posto in cui a dirla come il suo Re “si sarebbe compiuto ciò che doveva essere”. Trovava le città irritanti, lei abituata agli spazi infiniti del mare, non capiva affatto come si potesse desiderare di passare l’esistenza in un posto come quello.
Scatole che contengono altre scatole che a loro volta contengono altre scatole: mura, quartieri, abitazioni, camere ecco cos’erano. Tollerava appena l’Isola e la Città dello Specchio ma li c’erano grandi spazi aperti e il mare era sempre vicino. Basiledra invece le sembrava orribile, puzzolente, squallida. Non aveva degnato di uno sguardo gli edifici solenni che tiranneggiavano sulla città come crudeli Lord o Re. Non aveva apprezzato la massa di umani con i loro effluvi, la loro frenesia, la loro costante paura di vivere e osare.
Non gli piacevano i cani che sembravano aver preso possesso della città. Branchi ululanti, luride, bestie immonde e rivoltanti quasi peggio dei loro padroni.
Un bordello le era sembrato la sistemazione più adatta: era pulito, profumava e poteva affinare le sue arti a suo piacimento. Ovvio non era uno di quei posti fatti di legno marcio e tende sporche che potevi trovare nei bassifondi! Era un palazzo signorile dalle camere ampie, decorate a tema: lei aveva scelto l’Alcova dei Mari.
Lady Ada aveva detto che era perfetta per quella stanza. L’aveva vestita come la Vergine D’Oro delle Isole ad Est; era una dea – le aveva detto – una dea dell’amore e della fertilità che ogni giorno andava a purificarsi in mare in un turbinio di spuma e canti di sirene.
Se una sirena avesse visto davvero una scena simile avrebbe preso la sciagurata sgualdrina per i capelli e le avrebbe picchiato la testa su una roccia fino a farla svegliare dal sogno idiota in cui era calata. Lei sapeva bene che il mare non aveva il potere di purificare un bel niente, semmai corrompeva con i suoi mille tranelli. Preferì tenersi per se la sua versione della storia in fondo Lady Ada era una persona gentile, premurosa e dolce e non voleva darle un dispiacere.
«Mia cara sei semplicemente raggiante! » - esclamò la tenutaria entrando in camera reggendo un’abbondante colazione a base di frutta - «C’è un ospite tesoro mio. Puoi fare colazione dopo se ti va di vederlo. Hasha, Krisa e Laurentia già scalpitano per averlo. E’ bello e nobile, un forte generale di Ser Mathias Lorch. » - le porse il braccio e la condusse allo spioncino da cui le ragazze poteva osservare il clienti e scegliere se accoglierli o meno nelle loro stanze. - «Io preferirei che andassi tu … » - le disse scoccandole un’occhiata allusiva - «Credo sia il genere di cliente adatto a te. »
«Non verrai pagata. Di nuovo … » - le rispose asciutta.
«Resisterò! » - disse lei sorridendo.

Lady Ada era stata una giovane e promettente cortigiana. Era famosa ma il suo carattere austero e la dignità che non avrebbe mai osato cedere le rendevano intollerabili certi soprusi. Pur potendo servire direttamente a corte e persino giungere a sposare un cortigiano aveva preferito mettersi in privato.
Con il denaro guadagnato aveva acquistato un palazzo nel Borgo Alto e aveva aperto una casa di piacere in cui le ragazze fossero rispettate. Poi un giorno un cliente molto particolare le aveva fatto visita. Non era interessato alle ragazze ma a quello che le ragazze ascoltavano.
«Se vi piacciono le urla potete rivolgervi a Grunt Manolercia, fa il custode di porcili. I maiali urlano parecchio … » - aveva risposto fraintendendo volontariamente. Il cliente aveva gentilmente insistito e all’ennesimo rifiuto aveva messo sul tappeto un’offerta irrifiutabile. Quattro, ben quattro esperte cortigiane di Miyako pronte a rivelare le loro segreti arti e fare da maestre alle sue ragazze in cambio di informazioni innocenti su personaggi non altrettanto innocenti. Aveva accettato, il mattino dopo tre traditori del Regno erano stati trovati inspiegabilmente morti. Erano uomini terribili - le aveva spiegato il suo gentile ospite – avvelenatori, cospiratori e assassini. Lady Ada aveva verificato l’affermazione e da allora aveva collaborato attivamente con il gentile ospite d’oriente.
Poi un giorno era sparito. Lui e tutti i suoi amici. La città era caduta in mano a quel bastardo di Lorch e lei aveva deciso di farsi nuovi amici: fabbri prevalentemente. Così, ora, forniva alloggio a personaggi scomodi, favoriva l’uscita e l’ingresso alla città di uomini particolarmente “resistenti” e di tanto in tanto ripuliva le strade da qualche buon soldato della Guardia Insonne.
L’arrivo della strana donna dagli occhi azzurri come il mare era stata una manna dal cielo. Prima doveva arrischiarsi a comprare il veleno da loschi individui dalla lingua lunga e le mani leste, ora era lei ad occuparsi di tutto. Era giunta solo tre giorni prima ma il numero di cani sciolti in circolazione era già calato drasticamente per la somma felicità di alcuni amici impegnati nella fucina di Mark Smith.


Ursula si accostò al letto completamente coperto di veli. Spalancò il baldacchino e si accomodò sinuosa sulle lenzuola di seta. Lanciò un occhiata al cesto di frutta, frugò sotto i cuscini per vedere se “l’opzione b” era ancora affilata e pronta all’uso poi con voce languida chiamò :
«Dolcezza … Puoi entrare … »
Era davvero avvenente come Lady Ada diceva. I capelli bruni gli ricadevano in riccioli sulle spalle, la mascella forte era appena cosparsa di barba e le spalle larghe e il torace ampio guizzavano di muscoli. Indossava una semplice camicia, già aperta e dei pantaloni di cuoio rinforzato. La guardò con voracità ma ebbe la buona grazia di perdersi nelle smancerie degli amori fugaci.
«Non vorresti addolcirti la bocca con un frutto? Sembri amareggiato … »
Lui disse che lo era. La città era in tumulto per l’esecuzione di una sgualdrina pazza della resistenza – senza offesa si affretto ad aggiungere – e lui era stato costretto a tre notti di ronda. Lui! Un Generale di Altaloggia!
Era giovane e impetuoso, proprio il genere di uomini che solitamente finiscono ammazzati per primi.
Accettò l’offerta, si avvicinò al cesto e affondò la mano tra i grappoli d’uva, le mele, le pesche e le prugne dolci come miele. Improvvisamente emise un urlo e sollevò la mano imprecando. Qualcosa l’aveva punto.
Ursula sorrise ma senza darlo troppo a vedere.
«Fichi d’india … » - spiegò - «Non sai quante volte ho picchiato quelle servette idiote! Come puoi mettere questa frutta pericolosa nel piatto di una donzella indifesa come me? »
Il lord della Guardia Insonne non era stato punto da una spina di fico d’india ma morso da un piccolo ragnetto originario dell’est. Il morso di quella creaturina poteva uccidere un cavallo in meno di un’ora e un uomo nell’arco di una giornata. Lui non poteva saperlo.
«Vieni su, lascia stare quei frutti … » - lo invitò con voce roca - «Ho qualcosa di più dolce per te… Tutta qui, in queste lenzuola. »
L’uomo perse il controllo e si tuffò nell’alcova. Passò un ora, un ora in cui Ursula fece battere il cuore dell’uomo assicurandosi che il veleno finisse in circolo. Una morte dolce lo avrebbe atteso la notte successiva mentre ancora pensava alle delizie con cui era stato ucciso.
«Sembra felice … » - le disse Lady Ada quando il giovane cavaliere uscì dalla camera.
«Mark Smith lo sarà di certo quando l’informerò della cosa … »
Poi qualcosa accadde …Urla. Urla spaventose. L’intero bordello confluì nell’Alcova del Mare.
Clienti spaventati, ragazze seminude e persino qualche passante intrufolatosi nel caos generale starnazzavano su un evento davvero incredibile.
«LE MURA! » - urlò uno dei grassi clienti - «LE MURA SI STANNO SCIOGLIENDO! »
Ursula scoccò uno sguardo a Lady Ada. «E’ iniziata. Mi spiace ma dobbiamo dirci addio. »
La vecchia tenutaria annuì seria, le passò uno stiletto e le diede un bacio sulla fronte.
«Ammazzane più che puoi mentre sei fuori. »


Note: Per chi segue gli eventi di Malzhar ed Erein ( il mio futuro PG) "Lady" Urusla dovrebbe essere una conoscenza nota. Per quanto concerne il post è un semplice, irrilevantissimo PoV di un PNG che fa poco meno di una comparsa. E' piccantello ma (spero) mai volgare. Ha un suo senso che si capirà più avanti. Mi auguro possa servire da piacevole intervallo tra le altre narrazioni sicuramente più interessanti che lo precedono e seguiranno.
P.s: Il titolo è un mio personalissimo "grazie" a Janz, una citazione goffa del titolo della quest di mentoraggio con cui l'ho ammorbato per mesi. Ora che Malz sta per finire in archivio mi piacerebbe ringraziare tutte le persone che hanno collaborato alla sua crescita (poca per colpa mia) e maturazione ( nulla; la responsabilità pè dello stesso pessimo individuo.)



 
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view post Posted on 3/2/2015, 22:45
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Borgo Basso

Il gruppo di testa era già avanzato all'interno della città. Se le informazioni di Ilyr -unico fra i Sussurri con una chiara conoscenza di Basiledra negli ultimi giorni- erano vere, non avrebbero trovato alcuna resistenza significativa prima di giungere a Borgo Alto per unirsi alla battaglia. Senza dubbio avevano avuto fortuna. Una fortuna talmente sfacciata da sembrare quasi programmata da qualcuno più in alto: esattamente il giorno del loro arrivo, l'esecuzione di Fanie. E con lei la battaglia della Resistenza.
Inutile comunque farsi domande scomode prima del tempo: avevano una guerra da vincere, e solo dopo Kuro avrebbe analizzato con calma tutti gli eventi e le trame culminate a Basiledra quel giorno. D'altronde lo preoccupava anche solo l'idea: se avesse potuto guidare tutti dietro le quinte, avrebbe fatto esattamente la stessa cosa.

Era passato circa un minuto, e la Mano dei Sussurri, insieme a Re Julien e ad una manciata di uomini scelti e fidati, non si era ancora inoltrato per le vie della città. Era dunque giunto il momento di muoversi, senza indugiare oltre.

« Quindi, come ci muoviamo? »
Sergey era impaziente come sempre. Fosse stato per lui sarebbe andato da solo a Borgo Alto, ingaggiando la Guardia Insonne in uno scontro diretto per ucciderne quanti più possibili. Ma non era quello il piano.

« Continueremo a muoverci lungo la periferia, evitando quanto più possibile gli scontri. I nostri uomini e la Resistenza stanno lottando, e non è detto che non vinceranno comunque. Noi dobbiamo stroncare il morale della Guardia Insonne, e allo stesso tempo convincere il popolo a combattere per noi. »
« Come? »
« Mostrando il nostro vessillo: arriveremo di soppiatto al Cuore di Marmo, entreremo, e mostreremo a Basiledra che il loro re è vivo, pronto a riprendersi il trono che gli spetta. »

« Sarà facile? »
Ludmilla era a terra, con la schiena poggiata al muro della casa che li riparava. Stava disegnando sulla terra battuta già da qualche minuto, ricostruendo quanto meglio possibile una piantina di Basiledra, su cui erano riportate la loro posizione, la loro destinazione, la piazza a Borgo Alto in cui si stava combattendo, e tutte le vie possibili da percorrere per evitare gli scontri.

« I soldati della Guardia Insonne non dovrebbero essere un problema: fra noi e la Resistenza sono già abbastanza impegnati. Il problema sono i tre Lorch: loro sono dannatamente potenti. »
« Già, è proprio un peccato esserceli persi la scorsa volta... che sanno fare? »
« Iohan l'avete visto tutti: è il ragazzino a cavallo del drago. Mathias è un guerriero brutale e formidabile... da solo è riuscito a sconfiggere Medoro senza subire neppure una ferita superficiale, e a quanto pare gli ha rubato Angelica grazie alla quale ha aumentato ancor più la sua potenza.
Astryd invece.... è come Nicolaj...
»
« CAZZO, NO! »
Un urlo di rabbia, comprensibile a tutti. Non ci voleva molto a capire che dei tre, la donna era sicuramente la più pericolosa per loro: un soggetto in grado di manipolare le menti in condizioni normali sarebbe stato tenuto a bada dalla Foglia, ma da quando questo era passato dalla parte del nemico, la Mano era diventata estremamente vulnerabile. Si scoraggiarono in un istante.

« E quindi? Dobbiamo arrenderci in partenza?! »
Yuri, come al solito, era il più propositivo del gruppo. Ascoltando quella frase però, Ilyr sorrise pronto a rivelargli l'ultima fondamentale informazione scoperta.
« Certo che no... la ragazzina Lorch per ora è sul patibolo nel Borgo Alto, e a meno che di punto in bianco non decida di tornare nel Cuore di Marmo... »

Non fece in tempo a finire la frase, per quella che dall'esterno poteva apparire come una scena tragicomica: tutti i Sussurri capirono di avere a disposizione una strettissima finestra di tempo per aggirare la donna, e immediatamente si alzarono iniziando a correre lungo una delle strade consigliate da Ludmilla. Chiaramente un vecchio e un ragazzino avrebbero potuto rallentare il gruppo, specie quando ogni secondo di vantaggio poteva essere fondamentale: Ilyr e Julien vennero presi di prepotenza sulle spalle da Kuro e Sergey, contro la loro volontà, per essere letteralmente trascinati per le vie del Borgo Basso.
Le loro lamentele vennero bellamente ignorate.





Cuore di Marmo


Il trono che non trema.
L'uomo all'interno del Cuore di Marmo carezzava candidamente lo scranno che, quel giorno come in passato, rappresentava l'ambito trofeo della battaglia che tutto intorno si stava consumando.
Era rimasto solo: da quando Mathias aveva conquistato il Regno, il palazzo non ospitava più nobili e facoltosi mecenati, ma guardie scelte e ben addestrate che al momento si trovavano nella piazza a combattere. Fra quelle fredde mura marmoree, la figura che si muoveva realizzava soddisfatto di avere un intero castello a sua disposizione.
Osservava il trono incuriosito, ponendosi domande retoriche come quella del nome dei Quattro Regni: alla fine di tutto si sarebbero chiamati ancora in quel modo? In fondo, non gli importava.
I pensieri vagavano, e la mano strinse con forza il bracciolo del trono, prima di allontanarsi: in condizioni simili qualunque abitante di quel luogo avrebbe provato l'ebbrezza di sedersi, di osservare la sala del trono, seppur oscurata dalle pesanti tende calate sulle finestre, dalla prospettiva del Re. ma lui no.
Nicolaj Luciano non ambiva al trono. Nicolaj Luciano era solo un servo.

Si era spostato su un lato della sala, scostando appena una tenda per osservare la battaglia sulla piazza vicina. in realtà grazie alle sue percezioni era in grado di stabilire a grandi linee l'andamento della schermaglia, ma vedere vari gruppi di uomini in lotta per un ideale lo appagava non poco.
Lo spettacolo era meraviglioso, e un brivido di soddisfazione attraversò la schiena nella foglia dopo aver notato che ogni cosa stava andando esattamente nel posto che gli spettava. Come mille pezzi di un mosaico componevano un'opera d'arte, come i pezzi di una scacchiera si disponevano per vincere la partita, anche a Basiledra quel giorno si stava per compiere un'opera ben più grande.
Per avere successo però, avrebbe dovuto allontanare una singla figura dalla piazza: colei che da sola aveva i poteri per assoggettare l'intera città alla sua volontà per puro diletto. Era una fortuna che fossro così simili: gli bastò concentrarsi un attimo per stabilire il collegamento con la mente portentosa della donna, che si accorse subito di essere stata violata.

"Astryd Lorch... ti aspetto."





Borgo Basso

« Su uno dei tetti di Basiledra, ben lontano dalla Piazza in cui si stava combattendo l'ultima battaglia, Mark Smith recitava ormai da parecchio tempo un lungo e complesso rituale. Insieme a lui, disposti in punti ben precisi della città, due uomini e due donne, vecchi compagni della Reale Accademia della Magia in cui erano stati formati.
Si trovavano ai cinque estremi di un pentacolo perfetto, le cui linee erano state tracciate furtivamente nei giorni precedenti da volontari inconsapevoli della grande strategia per mettere sotto scacco la Guardia Insonne. Un simbolo che, visto dall'alto, circondava completamente la capitale. Presto sarebbe finito tutto. Presto avrebbero vinto.
Eppure, in lontananza, l'arcimago udiva chiaramente le urla di dolore, il cozzare delle lame, il ruggito dei draghi e il resto della battaglia. Ma non poteva intervenire in alcun modo, e questo lo rattristava.
Sperava soltanto che i suoi uomini non avessero perso la fiducia in lui: nonostante tutto non li aveva ancora abbandonati.

 
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view post Posted on 4/2/2015, 12:12
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Mathias Lorch. Il tiranno. Lo guardò salire sul palco. Fanie Elberim. L'eroina. La guardò incedere a testa alta, come se in realtà non avesse paura. Cosa li rendeva davvero diversi? Difficile dirlo. Entrambi così pieni di sé da aver totalmente perso il proprio equilibrio. Entrambi così sicuri da non accorgersi della morte così vicina, così imminente, da non annusare l'odore acre del fallimento. Sarebbero morti entrambi, o forse si sarebbero salvati, ma poco importava: quelli come loro erano destinati a fallire. Ad essere di esempio agli altri.
Ascoltò il suo discorso con la bambola in grembo, concedendosi un sorriso sarcastico. Molto d'effetto, senza dubbio. Perfetto per scuotere l'animo ignavo di quel popolo che aveva già decapitato e portato sulle spalle molti re. Uomini che si sarebbero pisciati addosso piuttosto che sognare la ribellione, o che forse l'avevano raccontata alle puttane nei bordelli più sordidi di Basiledra. Forse tra essi alcuni si stavano indignando, affilavano la spada pronti a gettarsi in avanti, a dimostrarsi ancora più sciocchi degli altri. Era certa che sarebbe successo, che ne sarebbero stati spazzati via a sufficienza perché tra di essi sopravvivessero nuovi simboli e nuovi eroi. Chissà, forse alcuni le sarebbero potuti tornare utili.
La bambola levò lo sguardo verso Gabriel. Senza dubbio sarebbe stato un bello spettacolo. Tutto quel sangue sui gradini di un patibolo costruito per una persona sola. Tutte quelle grida per salvare una vita inutile quanto la loro. Per ribaltare un tiranno di comodo e, chissà, forse eleggerne immediatamente un altro. Sospirò. Bisognava davvero avere molta pazienza. E i discorsi cominciavano ad annoiarla.
Non aveva nemmeno finito di formulare quel pensiero, che dal terreno sorse un labirinto di ghiaccio e un drago si levò alto nel cielo. La bambola seguì i movimenti sinuosi della creatura con i propri occhi di ceramica. Ainwen socchiuse le labbra. Senza dubbio una mossa inaspettata, non la mossa di un tiranno, ma quella di un folle. Perfino affascinante. Aggrottò la fronte. Non era stata una buona idea da parte di Mathias Lorch, niente affatto. Forse sarebbe rimasta a guardare la sua fine da lontano. Non si sarebbe davvero impicciata. Non era affar suo, almeno per il momento, cosa il popolo volesse fare con i propri signori.
Ma quello era davvero un affronto. Levò una mano, intenzionata a parare il colpo del drago, ma qualcuno l'aveva già preceduta. Riconobbe la voce che inneggiava nuovi proclami di coraggio. Si concesse un altro sorriso, uno di quelli da leonessa che le erano tanto comuni. Alla fine non si era sbagliata: una nuova fiamma stava accendendosi. Ed era quella giusta, quella che lei avrebbe voluto.
Annuì tra sé. Sarebbe stato un nuovo peccato che quella guerriera morisse subito, prima di aver affondato la propria spada in qualche Guardia Insonne. Prima che lei potesse affiancarla e prometterle potere in cambio di fedeltà.
Ancora una volta si rammaricò: le sarebbe piaciuto che Fanie Elberim se la cavasse da sola insieme ai suoi adorati popolani. Che insieme si agitassero nel fango fino a che non li avesse annegati o non avessero imparato a nuotare. Gettò indietro il cappuccio, scoprendo il volto cieco. Alcuni uomini attorno a loro si scostarono di un passo, evidentemente inorriditi. Era davvero incredibile quanto potessero essere squallidi perfino in un momento come quello.
Levò i propri occhi, quelli veri, verso Gabriel. Sfiorò la sua mano con la propria. Era quasi certa ce non avrebbe approvato quell'intromissione, dopo tutto gli aveva promesso di non correre rischi. Ma un simile affronto non sarebbe rimasto impunito. Mathias Lorch si era dimostrato non solamente un bastardo, ma anche un cane più rognoso dei propri mastini. Strinse il pugno. Per questo meritava di morire.


Se fossi in voi mi leverei di mezzo. A meno che non vogliate salvare Basiledra”.


Un sorriso sprezzante a quegli uomini che ancora la fissavano a bocca aperta. Alcuni strinsero più forte le proprie armi improvvisate e si scagliarono in avanti. Altri rimasero a fissarla impietriti e poi iniziarono timidamente a farsi indietro. Non li avrebbe giudicati: dopo tutto loro sarebbero ritornati alle proprie case, avrebbero potuto raccontare cosa era accaduto. Forse avrebbero perfino fatto il suo nome, sebbene lo ritenesse improbabile: i mostri non compaiono mai nelle storie di eroi.
Sentì la rabbia che le cresceva dentro come una marea. Rabbia verso quegli idioti, verso gli uomini capaci di uccidere la guida a cui avevano inneggiato solo poco tempo prima. Rabbia verso i guerrieri in armatura splendente, tanto sicuri di sé. Tanto stupidi da non accorgersi del vero pericolo.
I maghi ai piedi del patibolo parevano essere passati inosservati: un po' come lei non avevano nulla di glorioso con cui attirare l'attenzione. Forse proprio per quello li aveva scelti come bersaglio. Sfortunatamente per loro, non avrebbero mai avuto il tempo sufficiente di saperlo. Tese la mano in avanti, torcendo lentamente il polso. Iniziò a camminare in avanti, a passi misurati. Mentre il potere usciva da lei, il suo volto cieco si deformava sotto la spinta delle sue emozioni. La bambola sbattè le palpebre.


Benvenuti all'inferno”.


Solo un sussurro, improbabile che potessero udirlo. Sperò che vi riuscissero, almeno forse sarebbero fuggiti prima che lei fosse abbastanza vicina.



Perchance to Dream

Cs. 3.[Astuzia] 1.[Intuito]* 1.[Determinazione]
*Proviene da un Occhio
B.[4%] M.[8%] A.[16%] C.[32%]

Energia. 100% - (Critico) = 68
Fisico. Illesa
Mente. Illesa

Armi. Coltello



.Passive.


Stratega. Capacità di riconoscere le illusioni di cui è vittima, difesa psionica passiva e immunità al dolore psionico
Bambola. Visione attraverso gli occhi della bambola e auspex delle anime; possibilità di cambiare l'aspetto esteriore della bambola ad ogni giocata
Collana elfica. Possibilità di utilizzare la bambola in combattimento [la bambola gode di 3 CS]
Passiva razziale umana. Non sviene al di sotto dell 10% delle energie*


.Attive.


Terrore: La tecnica ha natura psionica. Il caster ammalia il proprio avversario, scatenando nel bersaglio una sensazione di paura crescente, di cui l'utilizzatore della tecnica è l'origine. A seconda del consumo impiegato, la vittima potrà dirsi solo inquietata o letteralmente terrorizzata dal caster. La potenza è di un livello inferiore al consumo speso per utilizzare la tecnica, che lascia anche un uguale ammontare di danni alla mente del proprio avversario in caso di successo. Può essere utilizzata solo ad area.
Consumo di energia: Variabile (usato a Critico)

.Riassunto.



Casto terrore sui tre maghi, sperando di coglierli di sorpresa e di distrarli il tempo sufficiente agli altri per agire.

.Altro.



In sostanza Ainwen se ne frega di voi ma io vi vi bi <3
 
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view post Posted on 4/2/2015, 20:03
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۩ VIGILO • CONFIDO ۩
Il Regno del Terrore


I N F O R M A T I O N



Vi è un momento nella vita in cui un uomo è messo alla prova dai propri principi, sfidato dal destino a fare una scelta che segnerà il corso della sua esistenza. Tanti la evitano, questa scelta. Non vogliono assumersi la responsabilità di decidere, di combattere per quello che c’è nel loro cuore e preferiscono assistere passivi al dispiegarsi degli eventi, piagando la schiena alle frustate e sperando di non essere notati, di scamparla.
Li capisco, anche se la comprensione è velata dal disprezzo. Essi non sono come noi, in loro non arde la fiamma, l’ambizione o la giustizia. Sono carrettieri, mercanti, macellai, gioiellieri, servitori, prostitute che vivono le loro vite chiedendo solo di essere lasciati in pace; sono nobili e funzionari, cortigiani e consiglieri, troppo attaccati alla stabilità della loro posizione per avere il coraggio di rischiare qualcosa di più di miseri e stupidi giochi di potere.
Queste persone in massa non significheranno nulla per i destini dei Regni, per le grandi trame del mondo: non sono altro che inferiori, degni di essere governati con saggezza e criterio ma nulla di più. Degni comunque di avere quello che chiedono, dalle mani di coloro che sono abbastanza audaci da guidare il proprio destino.
Io sono tra questi ultimi. Io sono lo Spadaccino Rosso dell’Est. Io non combatto per loro, combatto per me stesso, per avere la possibilità di cambiare la storia dei regni, riplasmarla secondo la mia volontà.


Limpido come una notte di luna piena.

Sono laggiù i due Lorch, Mathias ed Astryd, su quel palco che dovrebbe essere il patibolo per l’eroina di Basiledra. Circondati da una schiera di guardie e maghi in assetto da combattimento, pronti a proteggerli da chi volesse lottare per un’ultima possibilità di sopravvivenza, da chi avesse l’illusoria speranza di fermare l’esecuzione con un avventato colpo di mano. La trappola del tiranno si era concretizzata, cristallizzata, in una prigione di ghiaccio simile a quello che rivestiva in alcuni punti le mura della città. Fragili incrostazioni azzurre si erano espanse tra la folla ignara intenta ad ascoltare il discorso del padrone della città; erano cresciute come se interi inverni fossero passati, belle e letali, dividendo la piazza in celle e gabbie destinate a sciogliersi sotto il fuoco crudele di un drago. Era la morte per tutti coloro che si trovavano laggiù fra cui più di cinquanta membri della Resistenza, i soli coscienti di andare incontro ad una trappola ordita per eliminarli ma che non potevano evitare, non volevano evitare per avere la possibilità di reagire e, forse, anche di vincere.
E laggiù era Fanie, l’elfa che era il centro di tutto. Esca e trappola allo stesso tempo, legata per le mani da corde di seta e rassegnata al suo destino al punto da scendere le scale con le proprie forze, diretta al luogo dove sarebbe stata uccisa. Lo Spadacino sibilò di disprezzo per quel comportamento remissivo ma il suo non era un disprezzo avulso da compassione, giacchè era consapevole che grazie al sacrificio di quella donna molte vite tra cui la sua erano state salvate: semplicemente Shimmen non sopportava l’idea di essere legato, di essere impotente. Lei non voleva che la Resistenza cercasse di salvarla, finendo in tal modo nella trappola del suo nemico. Voleva che continuassero a combattere per la libertà. Ma il Kasumaki non accettava questo suo volere: lui avrebbe lottato, ed avrebbe vinto con l’aiuto degli altri. La trappola di Lorch si sarebbe rivolta contro lui stesso, esponendolo al pubblico come un bersaglio.


Inarrestabile come l’acqua. Silenzioso come la fiamma di una candela. Invisibile come il fondo di un lago.

E’ la quintessenza di qualcosa che non può essere contenuto, di qualcosa che rifiuta catene e limiti al punto che non vi è luogo in cui non possa recarsi, se ha desiderio di farlo, o persona che possa scovarlo, se decide di non farsi trovare. Il Kasumaki sorrise a Ryellia ed Azzurra, prima che quest’ultima di precipitasse fuori dalla casa gridando, sforzandosi in quel gesto di trarre ancora una volta forza come ogni volta che andava incontro al pericolo. Aveva paura, come sempre, nonostante tutta la sua apparente tranquillità nell'affrontare il pericolo quelli erano due Lorch, due fuoriclasse incredibilmente potenti ma, come ogni volta, lottò per superarla. Era certo delle proprie capacità: se ben impiegate avrebbero dato filo da torcere a chiunque. E per fargli del male dovevano prima individuarlo, cosa tutt’altro che scontata, ricordò a sé stesso sollevando lo sguardo con fermezza.
Erano rimasti solo loro due, ora.
Lui e la compagna con la quale era iniziato tutto, una donna bellissima e coraggiosa che come lui non temeva di sfidare la morte per ideali o desiderio di avventura. Una vampata di gratitudine ed affetto gli salì spontanea e d’impulso l’abbracciò stretta alla luce feroce del fuoco che piombava dal cielo, seppellendo il viso nei lunghi capelli biondi al punto che oro e rosso divennero una cosa sola.
Ci vediamo sul palco Ryellia. So che verrai.
Il fulgido colore delle fiamme faceva da contrappunto alla lucentezza grigia dei suoi occhi rendendoli ancora più luminosi, mentre il corpo di lui svaniva alla vista, reso invisibile dalla magia delle anime mentre ancora la stringeva a sè. Una mano sorprendentemente delicata al tocco le sfiorò la fronte con una carezza e le depositò qualcosa nel palmo della mano, chiudendole poi le dita intorno al piccolo oggetto.
Questo se non dovessi tornare. Sussurrò lo Spadaccino con una strana intensità, un tono colmo di tristezza come mai lo si era sentito in precedenza. Voglio che lo abbia tu.
Poi d’improvviso il contatto svanì, senza un suono, senza un accenno di movimento che indicasse che Shimmen non era più li, riempiendo l’aria con le grida terrorizzate di cento persone in trappola ed i ruggiti di un grande drago.

Quieto come la calma che precede la tempesta.

Osservare quieti la scena da dietro la schiena di Astryd Lorch aveva qualcosa di surreale. La piazza ribolliva letteralmente di energie crepitanti, il ghiaccio si sbriciolava sotto i colpi possenti con grandi fragori e la luce di un’immensa fenice di energia proteggeva tutti dal fuoco che pioveva dal cielo in ondate e getti multiformi: era la lotta di una creatura ferita che non vuole morire, che non vuole arrendersi agli artigli dell’aquila che l’ha stretta ma non ancora portata in alto nel cielo. Eppure tra i Lorch vi era tranquillità, pacata fiducia nelle proprie forze e nei propri mezzi. Non sapevano, non potevano immaginare che un nemico invisibile era già dietro di loro, la spada in mano e l’altra chiusa a pugno, pronta a scagliare qualcosa. Non ci fu nessuna pietà nella risata di Mathias quando un gruppo di persone in fuga fu abbattuto proprio ai piedi del palco, solo la soddisfazione estrema di una vendetta che avrebbe voluto vedere il sangue di ogni uomo del Regno per essere soddisfatta. Una cosa che Shimmen poteva in parte capire, visto che non gli era importato di fare altrettanto quando si era trattato di spazzar via i soldati sulle mura, per gettare i Corvi nel fango e nella paura; eppure nel suo caso non vi era piacere in quel gesto, solo necessità per raggiungere un risultato ambito. Mathis si vedeva invece che godeva del terrore che provocava, che gli piaceva. Il tiranno di Basiledra si chinò dunque su Fanie, la quale strattonava le corde, i legami che la costringevano a vedere uno spettacolo orrendo a cui non poteva sfuggire: la negazione dei suoi stessi ideali e lei impotente a fare qualsiasi cosa per fermare quella follia. Uno spettacolo che scosse nell’animo Shimmen, affiancandosi alla paura e facendogli digrignare i denti di rabbia tanto era violento il desiderio di attaccare allo sbaraglio lì su due piedi quel lurido figlio di scrofa dal cuore nero, un desiderio al quale per poco non cedette, resistendo grazie alla consapevolezza di avere un unico colpo, un’unica uccisione a sua disposizione prima di dover combattere per la propria vita.
Guarda, elfa. Disse Mathias a voce abbastanza alta perché lo Spadaccino potesse sentirlo, prima di allontanarsi per andare ad incitare con la sua presenza le guardie che tenevano a bada la folla impazzita. Imprimiti questo negli ultimi istanti della tua inutile vita. Assapora la tua impotenza e sappi che per merito tuo da domani loro vivranno una vita migliore, mentre tu sarai cibo per i cani e nutrirai la mia forza per i giorni che verranno.
Tutti sentirono però una voce di sfida superare il ruggito della battaglia, persino il boato di tuono che si sprigionò tra i maghi in posizione, verosimilmente scompigliando qualsiasi incanto potessero ordire per difendersi dalla furia in arrivo e lasciandoli storditi per alcuni preziosi istanti: una voce che non si udiva rombare da quel giorno nefasto che aveva segnato la presa al potere della Guardia Insonne.
Rekres. Il Berserker era tornato!
Fu con il cuore più leggero che la punta della spada corse a cercare il cuore della dama Lorch, passando sotto il braccio di lei e puntando all’ascella, porta aperta per una morte senza scampo. Non erano stati vani gli insegnamenti di Rokuoi e degli altri compagni sfuggiti come lui al Levitano Rosso, dopo la guerra tra Vaash e Cavendish: veterani di molti scontri sapevano bene come uccidere, di spada o pugnale, e lui si era addestrato con loro lungo la strada verso nord, verso la conquista del feudo di Vallegelida. Astryd sarebbe morta senza un lamento, sottratta alla vita da uno sconosciuto che non avrebbe neppure visto in volto: un uomo nobile di nascita eppure creato assassino dalle circostanze, una mano indisposta a mostrare pietà dopo aver provato la crudeltà che il mondo aveva mostrato con la sua faccia più spietata.
Il suo cadavere sarebbe caduto sul legno della piattaforma, spinto con decisione, mentre la lama del Kasumaki avrebbe donato la libertà ad un’elfa ancora in grado di combattere, se la sua determinazione era ancora quella di sempre.
Svegliati, Fanie Elberim e canta per la libertà!



La spilla d’argento scintillava sul palmo della mano della Lancaster, tiepida ancora del calore della mano di lui. Insolitamente pesante per un oggetto di quelle dimensioni, l’occhio del piccolo serpente era un prezioso rubino, incastonato nella trama delicata delle scaglie e dei lunghi denti affilati. Era un oggetto squisito, un dono principesco nonostante la punta della coda fosse piegata e spazzata, come da un colpo violento; chiaramente pensato per mani femminili, era una di quelle spille che Signore della Corte d’Oriente usavano portare per fermare i mantelli e le sopravesti ma aveva un aspetto antico e solenne. Sul retro vi era inciso, a guardare attentamente, un piccolo kanji dal significato sconosciuto oltre ad uno stemma rappresentante una spada ed una montagna stilizzata.
Lo stemma della famiglia Kasumaki.



۩ SHIMMEN• KASUMAKI۩
Aki no Kenshi - lo Spadaccino Rosso


Sinossi : Attraente, capelli rossi, lineamenti aristocartici.
Avventato, opportunista, riservato.
Razza : Orco Umano
Classe : Cacciatore
CS: 1 Destrezza, 1 Forza + 6 velocità (Rubino + passiva) = 8 CS totali.
Talento : Assassino
Stato Fisico : 0/16
Stato Psicologico : 0/16
Energia : 85/100
Equip :
- Erba Ricostituente x2 (+5% energie ciascuna)
- Gemma della Trasformazione
- spada lunga
- arco + 15 frecce (non presente in questa quest)
- Pelle resistente come un'armatura di acciaio (arma naturale)
- Corallo
- Rubino (usato)
- Biglia Dissonante (usata)


Passive
Chaos Instinct: Auspex passivo basato sull'ostilità di chi lo circonda.
War Spirit: Possibilità di combattere anche con un corpo gravemente danneggiato, prossimo al Mortale. Sotto l'effetto di un qualsiasi power-up Shimmen prende 2 CS bonus.
Essence of Silence: Shimmen non produce rumori, odori o qualsiasi cambiamento nell'ambiente circostante. Shimmen non può essere avvertito tramite tecniche di auspex.
Mantello dell'Esploratore (oggetto incantato):
- Esploratore dell'Ovest: [Passiva]: il mantello svolazzerà attorno allo spadaccino durante il combattimento, ostruendo i movimenti del nemico che combatte contro Shimmen. Il mantello non conterà come un'arma e non potrà parare i colpi al posto dello spadaccino, tuttavia l'avversario dovrà concentrarsi maggiormente sullo scontro per riuscire a non farsi distrarre dai movimenti dell'indumento; [Attiva], tecnica magica, consumo Basso: per 2 turni qualunque arma (una soltanto) in possesso dello spadaccino verrà ricoperta di un vento vorticoso, permettendole di colpire a distanza come se estendesse la sua affilatura a dismisura. Così una spada potrà lanciare temibili lame di vento e un'ascia scaglierà possenti archi taglienti. Contano come semplici attacchi fisici, e come tali vanno affrontati.
- Araldo del Sud: [Attiva], tecnica Magica, consumo Medio: fuoco si sprigionerà dal mantello e avvolgerà il nemico, distruggendo un pezzo del suo equipaggiamento a scelta di Shimmen e togliendogli una CS. Non causa altri danni.

Attive:
- Essence of Chaos: Questa volta il Caos ha donato a Shimmen una forma di fumo e vapore, essenza della non-foma che lo caratterizza: perennemente mutevole, non si ferma a lungo in nessun luogo, non dà appiglio agli attacchi dei nemici. Un consumo Variabile di energie ed a seconda della situazione carne ed ossa diverranno inconsistenti, o sembreranno distorcersi, insieme a tutto cio' che egli porta con se', avvitandosi come spirali di fumo e svaniranno per poi riprendere forma altrove. (Variabile difensiva basata sul tetrasporto sotto forma di fumo. Può essere usata per gli spostamenti).
- Essence of Silence: Ma ovviamente uno come lui non viene visto davvero a meno che non lo desideri. Per uno o due turni infatti, pagando un consumo Medio o Alto di energie a seconda della necessità, potrà celarsi alla vista e scomparire quindi in maniera pressochè totale, invisibile ed inudibile come l'aria fino a che il suo sangue non venga versato o i due turni di effetto abbiano fine, quale delle due avvenga prima. (Pergamena Invisibilità, da Ladro e Personale Alta che dona invisibilità magica per 2 turni, l'effetto si annulla se si viene feriti).

Note: Post che mi è piaciuto davvero tanto scrivere e di cui sono abbastanza orgoglioso. Spero solo di non fare una brutta fine, e di ammazzare la cara Astryd prima che mi spappoli la mente.
Parte strategica: Shimmen si rende invisibile (Perga Invisibilità, costo Medio) e si teletrasporta (Essence of Chaos, Basso) sul palco subito dopo che Azzurra ha parato il fuoco del drago e vede da quella prospettiva l'inizio delle azioni di contrasto della Resistenza. Spera che nessuno lo individui dato che grazie al talento Assassino non influenza in alcun modo l'abienta circostante e non provoca nè rumori nè odori quando si muove, oltre a poter attaccare da una posizione quantomento inaspettata, se tutto va come pensa. Quando Rekres lancia la sua sfida (pergamena Oltraggio) su Mathias, ed al contempo gli altri membri della Resistenza attaccano i maghi, Shimmen entra in azione lanciando in mezzo a loro una Biglia Dissonante (per impedirgli di lanciare efficacemente incantesimi in risposta agli attacchi in arrivo) e si protende a colpire Astryd Lorch con una terribile punta di spada all'ascella, mirando al cuore e quindi ad un'uccisione rapida. Il colpo è sferrato con 8 CS.
Sfruttando la sua estrema rapidità si protende poi a darle una spinta lontano da Fanie, verso l'orlo della piattaforma (probabilmente non sarà abbastanza per buttarla giù ma magari tra la ferita e l'attacco inaspettato ho fortuna) e con la spada taglia le corde che tengono legate le mani dell'elfa. Visto che è scesa con le sue gambe ho supposto che quelle le abbia già libere.
Parte narrativa: Le frasi all'inizio dei capitoletti sono prese da un'immaginazione di un giardino giapponese, con vari elementi del tipico paesaggio, mentre è in arrivo una bufera, Mi è parsa una bella immagine. Ah, cita vagamente quello che dice Syrio Forel, il maestro di Arya Stark nelle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.
Rokuoi, Yomi (non citato qui) e gli altri sono dei PNG che avevo creato dopo lo scontro tra Vaash, Cavendish e Corvi e che mi hanno accompagnato anche negli eventi della quest "Il Destino dei Re", ed in alcuni contest.
Quanto alla spilla, ed al kanji sconosciuto ... beh, spero che Ryellia prima o poi voglia scoprirlo.

Ringrazio Kuro per l'ispitazione (il pendente e l'impostazione della pagina, citazioni comprese), Kita per l'opportunità di far emergere un pezzo del passato ed un lato di Shimmen che finora non ho mai avuto occasione di tirare fuori, tutti gli inseparabili compagni di chat che mi stanno sostenendo con la loro sfrenata allegria e voglia di fare.



Edited by vulcano1 - 4/2/2015, 21:56
 
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view post Posted on 5/2/2015, 13:36
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« Ho cominciato
un tema moderno, una barricata... e, se non ho combattuto per la patria, almeno dipingerò per essa... »

( (Eugène Delacroix)



“Idiota” fu il primo pensiero che gli attraversò la mente, vedendola. Cosa credeva di fare? Di essere sopratutto? Rappresentare la lotta per la libertà del popolo di Basiledra, incitate da Lei? Lei come la personificazione della Libertà?
Quanta idiozia, soprattutto se era stata la prima a piegarsi a chi, prima di Lorch, attentava a quegli stessi valori che lei voleva personificare senza averli mai capiti. Un allegoria che era rimasta tale ed ora avrebbe fatto, per l’ennesima volta, da monito. Esempio dell’oppressione, esempio del potere che schiaccia chi non ha forza per potersi opporre: su quel palco il despotismo era imperante. Assolutismo imperante in un'unica figura; il resto era solo un ammasso di carne e basta.
Ma buono per dare l’ennesima mazzata ad una città e ad un popolo ormai ridotti in ginocchio e schiavitù. Il colpo sarebbe stato ferale, perché sebbene non l’amasse, Fanie Elberim aveva dato una piccola luce di speranza in giorni fin troppo tetri e oscuri. Fanie Elberim avrebbe chiuso a doppia mandata la gabbia che tanto aveva cercato di spezzare…infame destino. La morte l’avrebbe presa, l’oblio sarebbe stata la sua corazza e bara, il trionfo di Lorch sarebbe stato completo.

Uno sguardo glaciale, composto, un nessuno tra nessuno si mischiava alla folla attendendo il momento, scandito dai gradini e dal ticchettare delle armi. Ogni tanto si tastava il fianco sinistro, massagiandoselo dove un capitano della Guardia Insonne aveva infierito e bagnato la sua lama col sangue. La fasciatura teneva e il tempo era stato un ottimo medico, ma non era ancora guarito del tutto; in ogni caso non sarebbe mancato a questo appuntamento col destino e con la storia.
La Resistenza non avrebbe permesso ciò: la sua campionessa non poteva perderla e avrebbe fatto di tutto per salvarla e portarla tra le loro fila per vincere. Come se Fanie avesse qualche proprietà miracolosa di accendere il cuore ad atti di coraggio e d’orgoglio. Salvarla e rischiare tutto allo stesso tempo…




PBQPmpV





E così ci siamo… uno spettacolo niente male. Mi domando perché non ammazzarla subito, infilare la sua testa su una picca e basta. Tutto questo teatrino a che pro? C’è qualcosa che non quadra…

Il tono era un sussurro, mentre il suo compagno guardava dritta la scena senza perdersi un movimento dei protagonisti. Kaito Aotsuki, lo spadaccino errante aveva stretto la sua katana a quell’immagine, a quelle parole.

Stavolta la vedo male. Vi è una strana atmosfera nell’aria…

Rogozin comunque prestava attenzione a due facce della stessa medaglia, due persone che avevano perso l’equilibrio trovandosi impantanate a sguazzare nella pazzia e nell’ubriachezza del potere. Patetici entrambi…in un modo o nell’altro. Ma di certo vi era che tutto questo doveva finire. Il prima possibile.
In ogni caso sapeva che la Resistenza non avrebbe taciuto e avrebbe levato alto il grido di vendetta…vendetta? Contro chi? Salvare Fanie? E perchè? Basiledra era meno importante che una donna che aveva cercato di essere un Dio? Pateticamente debole che aveva combattuto un tiranno nato da altri mille.
Basiledra era stata una puttana gravida di tiranni, di despoti, di figli marci che continuavano a pensare di avere la paternità su quel regno ormai lercio e puzzolente come una cloaca.
Divertente pensare che in mezzo a loro vi erano corvi, vi erano gente che era stata grande nella tirannia precedente; quanta pazzia . Continuavano ad affogare nel lerciume senza imparare a nuotare.
A dirla tutta però, lui invidiava Lorch. Aveva per lo meno fatto qualcosa, cercato di cambiare le cose anche se guidato dalla pazzia e dal non capire che, se avesse dalla sua il popolo, ora non vi era Resistenza, Corvi, eserciti che lo avrebbero potuto scalfire né togliergli quel trono marcio.

Del resto era figlio degli errori perpetuati da Basiledra e dai suoi governanti, delle sue profonde contraddizioni. Il primo a levare la spada ma non di certo l’ultimo che credeva di avere potestà su quel regno. E Fanie era una delle tante stupide che aveva fatto parte di quella contraddizione per poi schierarsi da un'altra parte quando si era palesato un nuovo nemico…nemico che era nato, anche e soprattutto, dai loro stessi errori.
Libertà…forse una parola che Basiledra non conosceva e mai avrebbe conosciuto…forse era per quella stessa parola che lui era lì. Forse perché voleva una nuova alba per quella città martoriata e per un popolo asservito per troppi, lunghi, anni.
Una libertà nel senso più ampio del termine; una libertà che era un sussurro, un vento che a volte si alzava repentino e fragoroso a spazzare via le nebbie e a mostrarci nuove vie.
Nuove possibilità e scelte. Possibilità e scelte che Lorch non voleva dare…se non le proprie.
Non era questo che serviva a Basiledra…


Mathias Lorch parlava ormai da qualche minuto alla folla immobile. Si muoveva avanti e indietro gesticolando, con Angelica già sguainata che sembrava bramare il sangue dell’Elfa. Le sue parole erano veritiere però…un pugno nello stomaco fatto di verità e certezze.
In fondo nulla era cambiato…ma qualcosa si doveva fare. Era il momento di assistere ad un'altra alba, ad un'altra scelta e questa sarebbe dovuta passare prima per presa di coscienza di ognuno degli uomini di Basiledra: dal bambino, al vecchio perché non potevano assistere impassibili a quello che succedeva intorno a loro.
Non potevano affidare le loro vite sempre a qualcuno, come zattere perse nel mare senza timone né timoniere, dovevano essere loro a riprendersele in mano. Potevano farlo…potevano combattere.
Anche le parole di Lorch non erano nient’altro che pugni dati al loro orgoglio…erano davvero vermi? Non erano stufi di essere schiacciati? Prima da caino, ora da Lorch e domani? Domani chi sarebbe stato a governare i loro cuori e la loro vita?
Forse per questo era lì: per difenderli ed essere il loro guerriero. Non per la libertà ma per darli una scelta.
Scudo e spada…

Applausi scroscianti ora. Il popolo era davvero un animale senza testa o solo voleva vivere ed essere lasciato in pace, governato secondo giustizia senza chiedere nulla, senza ambire ad essere eroi e giudici di specchiata virtù. A volte vivere semplicemente come un contadino poteva essere una bella vita anche senza gli onori, la gloria e l’immortalità del nome. Senza scrivere pagine di storia. E dopo le urla, la gioia, gli applausi tutto fu… gelo.
Dal terreno sorse un labirinto di ghiaccio e un drago si levò alto nel cielo così come si mostrarono le loro katane. Il suo ruggito si mischiò a quello di Rogozin e dei suoi compagni che si preparavano a scontrarsi con Lorch e i suoi cagnolini e lucertoline troppo cresciute.
Una serie di enormi e violente palle di fuoco vennero generati dalle fauci del drago, dirette indistintamente sul popolo e sui membri della Resistenza. Questa era la libertà che tanto declamava? La libertà di una bara voleva dare ad ognuno di loro ma qualcosa aveva fermato quell’attacco.

Ammazza che culo oh! Ari mejo mortacci sua e de su nonno! Che se ne annasse a fanculo! Mò lo sfragnamo sur muro, che già me so rotto er cazzo de Lorch, cani, draghi e cazzi e mazzi!
Anvedi questo che non c’ha popo che da capito un cazzo…ja sbroccato er cervello ormai.


Le pistole si muovevano leggiadre tra mani esperte, un sorriso da sbruffone, ampio mantello a mostrare il petto nudo e ben tornito, una zazzera bionda corta e spettinata incorniciava un bel viso con una barba poco curata e due occhi neri come ossidiana.
Mentre accanto a lui un altro giocava con un mazzo di carte, facendole apparire e scomparire in mani da pianista, mentre un tatuaggio col simbolo di picche vi era sotto il suo occhio sinistro e quello di quadri sotto il destro.

La pazzia governa il suo fato. Quali carte pescheremo? Quale il nostro destino?

Destino dici? Noi semo li mejo e lui andrà a culo a terra! Stop! Quer cane rognoso je faremo magnà un osso troppo duro e je lo ficcheremo pure ner culo!
Daje!


E mentre intorno tutto fu caos e fuoco Rogozin alzò gli occhi e Furikami fu con lui. La trappola era scattata e la battaglia era appena inziata…chissà se avrebbe rivisto il tramonto. Chissà se avrebbe rivisto… lei.
La libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere e con questo pensiero le sue ali si aprirono. Quattro paia, come una corolla, come un fiore delicato che si apre mostrandosi in tutta la sua fulgida bellezza. Argento e perla si mischiavano con i toni rubino ed erano enormi e magnifiche di un retaggio molto più antico di quanto potesse immaginare e i suoi tatuaggi brillarono.

Libertà è partecipazione.





3WSpgvx
Andiamo…





Pistole esplosero i loro colpi e spade scintillarono nell’aria mentre tutto intorno a loro fu pazzia. Pazzia imperante, pazzia che esplodeva nel sangue e nello scintillar d’armi e nel cozzare di armature e scudi.
Il caos…ma non dove le sue ali lo stavano portando: lì dall’alto poteva vederli come formiche impazzite e capire che si stava giocando una partita a scacchi.
Dare subito scacco matto alla testa del Re? Con tutte le sue pedine già schierate? Era una pazzia…prima doveva aprire un varco e cercare di portare un offensiva.
Lorch aveva studiato bene il terreno di scontro e il suo attacco fu repentino, sicuro e inaspettato: aveva dato fondo a tutte le sue energie e intelligenza.
Ma mentre era lassù la sua voce tuonò. La libertà significava anche e soprattutto responsabilità: ecco perché molti la temevano, rinchiusi nelle loro case come conigli ad aspettare che altri decidessero.
La libertà stava nel fare le proprie scelte….basiledra era chiamata a scegliere il suo destino. Era la loro patria, la loro città, si trattava delle loro vite era il momento di scegliere se essere uomini o conigli, come li aveva apostrofati Lorch.
Scegliere. Responsabilità. Orgoglio. Basiledra poteva riaverle, stava nelle loro mani questo potere, dovevano solo avere il coraggio di riafferrarlo, con qualche aiuto. E da lassù urlò con tutto il suo fiato. Le sue ali brillavano alla luce e la sua spada si levò alta nel cielo come a squarciarlo per far tornare un nuovo sole ad illuminarli tutti.


Popolo di Basiledra! Combattete ora! Combattete per voi, per tutto ciò che di caro avete in questa vita…che avete nella vostra città. Combattete da uomini liberi e riprendetevi quello che è vostro!

Nessuno vi può dare la libertà. Nessuno vi può dare l'uguaglianza o la giustizia.
Se siete uomini, prendetevela!



E il cielo a quelle ultime parole si rannuvolò, le sue ali si chiusero su di lui – come corolla di fiori – e un rombo sordo squassò il cielo.
Il vento si alzò e i fulmini illuminarono a giorno quelle nuvole nere cariche di pioggia e tempesta.
Si abbatterono intorno a lui, intorno al suo corpo che fu come una meteora di luce abbagliante.
Una tempesta si stava per abbattere su Basiledra e l’artefice era Rogozin. Stava richiamando tutto il potere della natura per scatenarli contro gli arcieri posti sui tetti.
Tutta quella potenza si concentrò in un unico fulmine. Enorme, crepitante di energia come non mai che a poco a poco prendeva forma di un drago rampante.
Sembrava attirato dalla spada che ancora si levava alta nel cielo, richiamando a sé tutto quel potere immenso.





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KIRIN!





Kirin…benché in molte leggende fosse una figura benevola, era anche considerato una creatura che puniva senza pietà chi si fosse macchiato di una grave colpa. Nel caso di Mathias Lorch il despotismo e la sua pazzia.

Respirò profondamente Rogozin e la tempesta, per un solo istante lungo come una vita, sembrò acquietarsi…la spada, sinuosa, si mosse verso il basso in un fendente che squarciò anche il cielo e con un ruggito carico di tempesta e crepitio il Kirin si sarebbe abbattuto sui tetti e sugli arcieri per permettere ad altri di avere la strada sgombra e poter combattere.
Divisi cadiamo, uniti resistiamo. Per sempre. Un semplice sorriso a quel pensiero...







Vediamo che sai fare Lorch. A voi il resto...





Un sussurro furono quelle parole. Se il suo attacco avesse avuto più o meno successo non poteva fare più di così: per il momento doveva riprendere fiato e lasciare ad altri il peso delle responsabilità e della battaglia.





Rogozin
Energia: Gialla Pericolosità: E CS: +3 Maestria armi, + 1 Istinto

Status fisico: Status Psichico: // Consumi energetici in questo turno: 40%; 5%
Riserva energetica residua: 55%
Armi Crimson Thorn(frusta); Antares(wakizashi); Wrigel(wakizashi)
Armi In Uso Antares(wakizashi)

_ ___ _____ ___ _

Abilità Passive:
Memoria ancestrale:
Il personaggio avrà ereditato dalla progenie dei draghi la mitologica memoria di questi. Il personaggio potrà ricordare ogni minimo dettaglio degli eventi vissuti, cogliendo particolari insignificanti e remoti finanche dopo molto tempo. Questa capacità gli consentirà di rielaborare qualunque informazione derivante dalla propria memoria con estrema rapidità e perizia, consentendogli di ragionare su dettagli infinitesimali come fossero evidenti e recenti. [Passiva Razziale].

Duellante: il possessore del dominio ha sviluppato una capacità innata di sfruttare ogni oggetto riesca ad impugnare come una letale arma. Non solo, quindi, l'arma cui è legato e con la quale ha vissuto gran parte della propria vita, o della propria esperienza. Qualunque mezzo, per strano, informe o artificioso che sia, potrà asservire allo scopo designato di ledere il proprio nemico, sempre che la logica e la razionalità lo consentano. Pertanto, potrà sfruttare bottiglie, funi, cinte, sedie, falli, semplici assi di legno o pezzi di metallo, come armi letali che, nelle proprie mani, taglieranno il nemico al pari di una lama affilata o di una poderosa ascia.[Passiva Talento Lv I]
I possessori di questo talento vedranno ampliarsi le proprie capacità, interessando le stesse non solo la maestria nel brandire qualunque oggetto come arma, ma anche l'abilità nel farlo con estrema rapidità. Il possessore, infatti, guadagnerà la capacità di estrarre le proprie armi con tanta velocità da sembrar quasi un gesto istantaneo, rapido ed appena percettibile agli occhi. Tale circostanza si applicherà non solo all'estrazione dell'arma propria del possessore dal fodero ove è naturalmente riposta, ma anche all'eventualità che questo sia costretto ad impugnare un'arma secondario o un qualunque oggetto dell'ambiente circostante (in virtù della passiva di primo livello). Potrà così cambiare arma in un attimo, cambiando strategia e potenza offensiva. Intimando il proprio avversario ad una resa senza condizioni, o - più semplicemente - tappandogli la bocca. Per sempre.[Passiva Talento Lv II]


Velenrancore Non è una casta vera e propria, si potrebbe dire - ma è solo parte dell'abominio generato dalla trasformazione della foresta nel Gwàthlaiss a causa dell'essenza del Gorgo scioltasi nel suolo - andando ad intaccare il profondo rapporto fra le fate e la natura. L'indole generalmente pacifica delle fate divenne distorta per alcuni in una paranoia, in altri per un desiderio impulsivo di uccidere coloro che minacciavano la propria tribù. Qualcosa che superava ben più la voglia di difendere i propri compagni che guidava i Frémalis, come se il rancore del Gorgo fosse divenuto insito all'anima delle Fate. Un furore che si manifesta nel loro stesso sudore, si dice, rendendo le loro lame portatrici di morte e pestilenza. Loro sono il cancro per curare il cancro.
[Ogni attacco fisico portato con le proprie armi può avvelenare l'avversario. Il veleno è quantificato come danno Basso al corpo, che sarà progressivamente debilitato da nausea e febbri ad ogni colpo andato a segno.][Passiva]

[Armatura naturale] I tatuaggi che ha sul corpo non solo delle rappresentazioni mistiche, simboli e percorsi di un viaggio lungo e ancora non concluso, non rappresentano la strada percorsa e quella che ha deciso di intraprendere, non sono solo legami con le forze naturali e la sua parte più selvaggia - il suo animale totem - quella Pantera che sente ruggire dentro di sé in un anelito di libertà ma sono molto di più. Fatti da un antico maestro tatuatore i suoi Irezumi raffigurano pantere insieme a peonie e fiori di ciliegio. Ma si uniscono anche a simboli più esoterici e insieme più particolari che sono i simboli della sua anima più selvaggia.
Tutto questo si traduce come una vera e propria armatura: simboli di un potere più arcano e ancestrale che ancora oggi non sa bene quale sia. Ma è indubbio che lo proteggono come se avesse una vera e propria armatura e forse nascondono molto altro.

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Abilità Attivate:
Dominio dei cieli: Lo sciamano, sollevando una mano verso il cielo, è in grado di cambiare le condizioni climatiche.
La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno a tutti gli avversari inferiore di un livello al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area.
Consumo di energia: Critico

Ali spirituali: il campione genera sulla propria schiena un paio di splendide ali che lo ingraziano del dono del volo.
La tecnica ha natura magica. Adoperata per fini strategici, il campione genera sul dorso due ali eteree, materialmente intangibili, che gli concedono la capacità del volo per due turni di gioco compreso quello di attivazione. La velocità in cielo sarà la medesima che il caster ha sul terreno, non pregiudicando in alcun modo la normale regolamentazione sulle Capacità Straordinarie. È possibile personalizzare la manifestazione con la quale questo potere ha luogo; sarà infatti possibile cambiare l’aspetto delle ali nonché il movimento che potranno eseguire nel volo, adattandosi perfettamente sulla figura del personaggio.
Consumo di energia: Basso



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Riassunto e Note:
Nulla di che: casto un Critico ad area sui tetti, per cui di potenza Alta visto che non ho passive apposite, per colpire gli arcieri ed avere qualche rogna in meno. Mi fermo qui anche perchè, visto i consumi spesi, Rogozin ha bisogno di rifiatare per lo sforzo. Lascio che siano per il momento gli altri a far baccano grosso io controllerei la situazione dall'alto restandomene a distanza di sicurezza.

 
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Stella Alpina
view post Posted on 5/2/2015, 23:54







Quattro Regni, Basiledra, tempo attuale


Lo sproloquio proseguiva già da un po' ma l'attenzione del conte era rivolta alla gente intorno al patibolo. Osservava con attenzione i maghi disposti più avanti pronti a reagire ai possibili incanti, vedeva le guardie insonni stringersi tra loro in attesa di entrare in azione, notava sguardi tesi tra la gente e gesti nervosi. I suoi occhi cercavano costantemente pericoli intorno per evitare sorprese non gradite. Mathias continuava ad insultare il popolo in un monologo che aveva del ridicolo e del delirante. Non erano certo quelle le ultime parole che il conte avrebbe voluto pronunciare prima della sua dipartita. Una delle cose che più gli erano rimaste impresse degli insegnamenti della contessa era proprio l'educazione. Il saper parlare bene e il trattare con educazione persino il tuo nemico più odiato concedeva quel tocco di classe in più che ad un regnante era dovuto. Quell'uomo stava per ricevere la fine che meritava anche se ancora non se ne rendeva conto e lo stava facendo nel modo più triste. Però in quel suo sproloquio aveva detto una cosa giusta: il popolo agognava qualcuno che agisse al suo posto, che lo governasse con il pugno di metallo in un guanto di velluto. Il problema era che a Mathias quel necessario guanto di velluto mancava totalmente. Sarebbe stato divertente assistere allo spargimento di sangue che a breve si sarebbe verificato. Era da molto che Gabriel non aveva la fortuna di ritrovarsi in mezzo ad uno scontro di grande portata. Sapeva l'effetto che gli faceva, la vista di tutto quel sangue lo inebriava, gli faceva girare piacevolmente la testa ed una voglia immensa di nutrirsi lo prendeva violentemente. Per quello si era dovuto portare appresso varie fiaschette contenenti del sangue conservato appositamente. Una mano si appoggiò per qualche secondo sulla tasca in cui era contenuta una di quelle fiaschette per poi tornare velocemente lungo il fianco. Il discorso sembrava essere giunto al termine e Gabriel sospirò contento di non dover torturare ulteriormente le sue orecchie con quelle parole insignificanti. Qualcosa però non andò come previsto. Enormi muri di ghiaccio si alzarono tra la folla dividendoli ed imprigionandoli. Istintivamente la mano del vampiro si poggiò sul fianco della sua compagna attirandola leggermente a sé. Le sorprese però non terminarono lì. Un'ombra gigante lì coprì, oscurando in parte la luce del sole. Gabriel alzò lo sguardo al cielo rimanendo di stucco. I suoi occhi misero a fuoco la forma del drago, una creatura che mai prima d'ora aveva avuto la fortuna di incontrare. Quell'esemplare poi sembrava essere abbastanza grande. Il conte osservò stupito la sua immensa mole e cercò di carpirne tutti i possibili dettagli per via di una curiosità quasi bambinesca. Sulle spalle del drago sedeva il cavaliere, ma era troppo lontano per poterlo identificare. Quella magnificente creatura lo entusiasmava, la sua presenza portava ancora più divertimento a quell'evento così particolare. Una domanda rimbalzò tra i suoi pensieri. Chissà che sapore doveva avere il sangue di un drago. Un sorriso ambiguo si aprì sul suo volto mentre lasciava spaziare la fantasia per trovare risposte valide a quel quesito. Soltanto i getti di fuoco prodotti dal drago lo distrassero dal suo fantasticare e quando d'istinto cominciò ad evocare la protezione si fermò di colpo. Qualcun altro si era preso la briga di proteggerli. La famigerata resistenza era entrata in atto, la battaglia per Basiledra stava per cominciare. Gabriel sentì la stretta affettuosa della mano di Ainwen e volse lo sguardo su di lei. Lo stava osservando e sorrideva, aveva qualcosa in mente, forse qualcosa che non avrebbe apprezzato del tutto. L'oracolo avanzò di qualche passo e cominciò a parlare. In un istante capì che non avrebbe atteso in disparte, Ainwen voleva partecipare. Gabriel sospirò sconsolato e la seguì restandole abbastanza vicino da poterla proteggere, poi concentrò la sua attenzione sulle mura di ghiaccio. Un getto di potere nero scaturì da lui per poi dirigersi verso il gelido muro. Non avrebbe permesso alla Guardia Insonne di tenerli rinchiusi come topi, non quando lì con lui c'era l'oracolo.





Riassunto Tecnico

Energia rimasta: 80%
Energia consumata: 20%
Stato Fisico: Ottimale.
Stato Mentale: Ottimale.
CS: 3CS all'Intelligenza 1CS all'agilità.
Consumi: Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Critico 40%

Abilità passive


Questa maledizione non è del tutto negativa, ha i suoi vantaggi lo riconosco. Dopo che ho bevuto il sangue della contessa, qualcosa è cambiato in me. Sono molto più intelligente di quanto non fossi prima, noto particolari che ai più sfuggirebbero e so bene come sfruttarli a mio vantaggio. So di emanare costantemente un'aura intorno a me. L'autorità è innata ai più, a me invece è stata aggiunta, non ne avevo prima. Ora invece la gente pende dalle mie labbra. Basta un gesto per zittire i disaccordi ed uno sguardo per calmare gli animi, non più di un sorriso per ben disporre la gente alle mie attenzioni. Riconosco gli effetti della mia autorità sulla gente, noto immediatamente chi non ne è colpito e capisco subito chi prova intenzioni ostili nei miei confronti. La mia autorità è tanto potente da risuonare persino attraverso gli altri. Posso scegliere di investire della mia autorità degli araldi che la emaneranno a loro volta riconducendo gli ammaliati al mio volere. Auree subordinate che rispondono alla mia unica e reale. Finché resteranno nelle mie vicinanze potranno godere di questa mia benedizione. Per quanto riguarda me invece, sembro aver sviluppato una resistenza naturale a questo tipo di influenze. Su di me non attecchiscono i miseri tentativi di ammaliarmi, di piegarmi alla volontà altrui. E pensare che prima della trasformazione non ero nemmeno conscio dell'esistenza di queste influenze.
[Passive I, II, III del talento Ammaliatore, Pergamena Mente impenetrabile]


Abilità attive utilizzate

L'oscurità più nera alberga nel cuore del conte, un'oscurità con cui è costretto a fare i conti da più di duecento anni. Ormai si è talmente abituato a questa presenza da riuscire a controllarla in tutti i modi e ad esternarla. Con un consumo Variabile Alto Gabriel sarà in grado di creare manifestazioni del male in ogni forma gli venga in mente scatenandole contro un singolo bersaglio oppure ad area su più individui provocando nel primo caso danni pari al consumo e nel secondo danni di un livello inferiore al consumo speso. Contro la progenie dei draghi il danno risulta di un livello superiore al consumo mentre contro la progenie dei demoni sarà di un livello inferiore.
[Pergamene Dominio del male]


Commenti
Gabriel decide di tirare un alto sul muro di ghiaccio usando la pergamena dominio del male. Poi assiste alla scena mangiando i pop corn.




Edited by Stella Alpina - 12/2/2015, 12:46
 
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