Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Riflessi, ombre e sangue.

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view post Posted on 24/1/2015, 16:14

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Il Re era fermo dinnanzi quello stramaledetto specchio da un giorno intero. Una roba eterea, pallida, simile a fumo argenteo ammantato di bruma parlava con lui in quello strano linugaggio fatto di sussurri e schiocchi. Kalah-Greba, il linguista di corte, era stato chiamato urgentemente. A Gregory non piaceva quell'uomo e meno ancora gli piacevano le ombre che danzavano dinnazi la superficie incrinata dello specchio. Il Re le chiamava "le mie sentinelle oltre la soglia" e diceva che erano i suoi occhi e le sue orecchie la fuori.
Ciò, però, non diminuiva di una briciola il timore che riuscivano ad incutere nel cuore inflessibile dello Sceriffo. Kalah-Greba, poi, lo riteneva semplicemente inquietante.
Era stato accolto a palazzo come un esperto di lingue poco prima del sortilegio, ma Gregory sapeva che era ben altro. La pelata lucida era cosparsa di scritte in alfabeti morti. La struttura corporea ossuta e rattrappita lo faceva apparire uno scheletro su cui qualcuno, per qualche orribile scherzo, avesse posato la pelle di un uomo. Pallido, emaciato con quelle sue labbra riarse e di un blu intenso. Quelle dita disgustosamente lunghe e coperte di anellacci con mostruose figure. Quegli occhi vivi, fin troppo vivi per un uomo che si lamentava costantemente di qualche malanno. Se quello era un linguista lui era una capra e Greg non aveva mai belato.
«L'Oriente si muove. La cacciata del Cane del Nord è vicina. Lo Sciamano ha avuto successo. »
Disse traducendo gli incomprensibili sibili dell'ombra. Con il suo scivolare mellifluo il traduttore fu vicino al Re, troppo vicino per i gusti di Ser Gregory Northwood.
«Chiedigli come mai non sono venuto a scoprirlo prima. »
Stava per avvicinarsi al suo signore quando udì risuonare quel tono gelido. Il freddo ghiaccio che albergava nella voce del Re era un chiaro segnale dell'ira bruciante che lo stava divorando all'interno. Quand'era così in collera non era una buona idea avvicinarlo nemmeno per lui, il suo più fido e leale servitore, il suo unico amico.
Il linguista esitò un istante, come se sapesse che qualunque risposta non avrebbe migliorato l'umore del sovrano. Tanto bastò perchè la furia rompesse la sottile crosta di ghiaccio che la mascherava e si scatenasse con tutto la sua terrificante violenza.
La mano del Re trapassò il petto esile dell'umuncolo come se fosse fatto d'aria.
Ne estrasse un cristallo nero come l'onice. Il linguista fu in ginocchio. Lo sguardo trasecolato e il corpo scosso da un tremore antico come la paura stessa.
«Sei stato cauto, paziente Kalah-Greba ... » - sussurrò il Re Stregone - «Hai intessuto la tua rete con maestria, te lo devo. Ma davvero pensavi di surclassare l'acutezza della mia mente? La mia capacità di prevedere e calcolare ogni singola mossa? »
Il verme si agitò mentre Erein stringeva il suo cuore tra le mani. Soffriva, questo era certo. Improvvisamente si alzò, guizzando come una vipera dall'erba. Afferrò con quelle sue lunghe dita viscide come lombrichi il collo del sovrano. I suoi anelli brillarono di una luce intensa, violacea. Mentre la sua pelle orribilmente si incartapecoriva e piaghe putrescenti si aprivano lungo le braccia un'energia malevola, oscura, blasfema iniziò a danzare intorno ai due.
«L'Ordine delle Mosche ti invia i suoi ossequi!»
Sghignazzò il negromante mentre la sua corrotta magia si nutriva dall'evidente tormento dell'uomo. Improvvisamente le mani di Kalah-Greba si coprirono di fiamme nere che emanavano un lezzo intollerabile di putrefazione e pattume marcio. Grossi vermi, ripugnanti scarafaggi nacquero dall'aura malefica del negromante. Gregory era paralizzato dal terrore ma il suo Re no, rimaneva lì fermo con un sorrisetto sprezzante sulle labbra. Strinse il pugno in cui si trovava il cuore del nemico, fiammate nere salirono fino a sfiorare il soffitto. Sembrava che quanta più sofferenza gli veniva inflitta, tanto più la magia del negromante cresceva. Ma non era comunque sufficiente a vincere le resistenze del Re che rimaneva impassibile e intocco dalle putride lingue di fuoco.
Un sibilo, la lama che corre con precisione verso il bersaglio. Il negromante urlò ancora e una nuova bordata di fiamme raggiunse il soffitto. Greg si era riscosso dal suo orrore ed aveva agito, invano. La morte sembrava non volerselo portare!
«Ti ringrazio comunque per il tentativo. » - disse Erein scoccandogli uno sguardo colmo di calore e gratitudine. Poi tornò a guardare neglio occhi il negromante - «Ti ritenevo più scaltro o quantomeno consapevole. Qui nessuno può reggere il confronto con me. Nessuno! Figuriamoci la tua immonda, spregevole magia del sangue!»
Nonostante le parole e il contegno borioso del suo signore Greg poteva vedere il sudore imperlargli la fronte e i denti digrignare per lo sforzo. Presto, molto presto le sue difese avrebbero ceduto e le perverse fiamme nere lo avrebbero avvolto. Perchè non reagiva? Perchè non si liberava dalla stretta di quelle dita morte? Lo Sceriffo aveva visto più e più volte il suo signore sfuggire dagli attacchi dei nemici svanendo in una voluta di fumo.
Poi comprese ...Il cuore. Liberarsi dalla morsa del negromante voleva dire abbandonare l'unico strumento capace di neutralizzarlo. Allora perchè non frantumava quel cuore nero? Perchè non poneva fine a quella follia subito? La risposta alle sue domande stava per arrivare. Un turbinio di fumo e le lunghe dita del negromante si ritrovarono a stringere l'aria.
Il Re Stregone era scomparso riapparando pochi metri più avanti, proprio dinnanzi lo specchio. Il cristallo color della pece a terra a portata di mano del legittimo proprietario
« Perchè qui ed ora, perchè rischiare? »
Il Negromante si voltò da una parte e dall'altra incapace di decidere se rivolgere la sua attenzione verso il nemico o il prezioso organo vitale.
«Sei rimasto da solo Alto Sacerdote. » -sibilò grondante di perversa soddisfazione - « L'ultimo del tuo Ordine. »
Lo sguardo del Re Stregone si adombrò, il suo sorriso sfiorì trasformandosi in una smorfia disgustata. Il Negromante avanzava con passi lenti e strascicati seguito dal suo rivoltante corteso di creature striscianti.
«Si, si ma perchè ora? Rispondi! »
Lo Sceriffo potè sentire la magia vibrare nella voce del suo Vide la testa pallida dell'avversario piegarsi di lato, i suoi occhi farsi vacui mentre le malie del suo padrone ne coercevano la volontà. Risposte, ecco perchè non l'aveva ancora distrutto, voleva risposte.
« Lo- lo Sciamano ... » - blaterò quello lottando contro il potere che lo stava schiacciando come un acino d'uva maturo - « ... lui è la chiave. Conquistato il suo cuore sarai libero. N-non posso permetterlo. N-non ti permetterò di rifondare i-il tuo ordine! »
Erein rise. La sua risata gelida e priva di gioia riempì la sala dello Specchio rimbombando come il rombo di un tuono.
«E pensavi che nascondermi il fatto che la sua ultima missione abbia avuto successo avrebbe cambiato le cose? E' mio, mio qualunque cosa accada. Questo piccolo inconveniente ha come ultimo risultato quello di accellerare un poco le cose ... »
« Non se ti ammazzo prima! »
Le fiamme oscure si condensarono in una sfera ribollente e maleodorante. Gregory non pensò un attimo solo sul da farsi. Piegò le ginocchia e balzò, la daga stretta nel pugno, l'obiettivo: il cuore nero del negromante. Atterrò infilzandolo, strappando al mostruoso sacerdote un urlo che gli congelò il midollo nelle ossa. Lo vide cadere al terro, l'empia magia dissolversi e il suo stesso seguito di oscenità striscianti rivoltarsi contro ricoprendolo.
Erein Dewin si avvicinò al nemico ormai alla sua mercè. Il volto era una maschera fiera e solenne.
«Hai profanato la mia casa, hai violato la mia fiducia e hai osato persino usare contro di me la tua disgustosa negromanzia. Non sei degno di avermi come esecutore.»
Ombre strisciarono, silenziose, severe, inquietanti. Ben presto furono un drappello.
«E' tardi, troppo tardi. Sei stato tradito di nuovo Re Erein»
Blaterò pateticamente sconvolto da risate prive di gioia. Il volto del Re Sacerdote era una maschera di ghiaccio. Solo un sorrisetto derisorio spezzava il gelo del suo volto apparentemente privo di emozioni.
«Prendetelo. »
Sciamarono verso di lui, le spade in pugno. Quello prese a tremare. Dinnanzi l'inesorabile nemmeno lui aveva la tempra di morire con dignità, pensò lo Sceriffo.
«Vieni camminiamo, credo che morirà anche se noi non saremo qui a guardarlo. » - ordiniò con gentilezza al suo servitore Erein.
Nel frattempo i rantoli disperati dell'uomo cessarono. Lo stracichio degli abiti si mescolò a al tintinnare sinistro dei bracciali e degli anelli d'argento che Greg aveva visto indossare al negromante. Si voltò in tempo per vedere un ombra approssimarsi e un'altra trascinare ciò che restava del traditore oltre lo specchio.
Il Re sorrise alla fiugra pallida avvicinatasi per ricevere nuovi ordini.
«Avete fatto un buon lavoro.» - disse - « Vi siete finte al suo servizio quando la vostra lealtà in me non ha mai vacillato. Presto, molto presto vi chiamerò ancora. Avvisa gli altri il vostro Re è di ritorno. » - la congedò e quella chinandosi tornò ad immergersi nella superficie riflettente che si liquefece nell'attimo stesso in cui l'ombra la sfiorò.
«C-cosa significa? » - Gregor tutto si aspettava fuorchè una frase simile dalla bocca del Re.
«Hai appena assistito ad un'educato confronto tra esponenti di un diverso credo. » - ironizzò il sovrano - «L'Ordine delle Mosche voleva la mia morte da tempo, ma quando hanno scoperto cosa stavo per fare hanno deciso che tenermi prigioniero in ques'isola avrebbe risparmiato ad entrambi fastidi. »
«Tu lo sapevi?! » - era passato al "tu" questo voleva dire che lo Sceriffo era sconvolto.
«Ovviamente. » - rispose asciutto Erein
«Ha tentato di ucciderti! » - completò cupo lo Sceriffo.
«Me ne sono accorto! »
Poche parole, male. Erein di Deyrnas non era mai stato parco in quanto a parole. Sentendolo parlare si poteva ben dire che se c'era qualcosa che adorava era il sentire il suono della propria voce. Quando iniziava era un fiume in piena, capace di schiantare a terra un nemico con un unico, interminabile monologo.
«PERCHE??»
Il Re lo guardò divertito. «Da quando mi interroghi serratamente? »
«Da sempre. Ogni volta che mi nascondi qualcosa. Spesso, dunque.»
«Touchè... » - ammise divertito - «Lui sapeva che presto Malzhar Rahl sarebbe partito per combattere la sua guerra e ovviamente non voleva che lo sapessi.»
«E come questo è un male per noi?»
«In guerra si muore ... Se Malzhar muore niente cuore. E niente cuore...»
Non c'era bisogno di aggiungere altro.
«Andiamo. Devo parlare con Lady Ursula. Dobbiamo accellerare i tempi. »

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view post Posted on 2/2/2015, 17:33

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Stavano lì, l'uno dinnanzi all'altro, più simili e diversi che mai. A separarli la superficie fragile di uno specchio. Intorno a loro le ombre mugugniavano e roteavano come un raccapricciante stormo di corvi.
«Non c'è soluzione. » - diceva lui e più lo ripeteva e più le si stringeva il cuore. Aveva imparato a stimarlo, forse lo aveva persino desiderato. Ma se il suo destino era davvero scritto e se nemmeno Erein di Deyrnas poteva fare nulla per cambiarlo allora poteva considerarlo già morto
«Puoi credermi amico mio. Ho scrutato le fiamme fino a farmi bruciare gli occhi e la gola per il fumo ma ... Ogni strada portava alla tua tomba. Mi dispiace. » - sentirlo parlare così quasi la spaventava. Sapeva riconoscere quando il suo Re fingeva e guardandolo era evidente tutta la sua costernazione e ... paura.
Spaventato lo era di certo, senza quell'uomo prezioso la sua cella si sarebbe trasformata nel suo sepolcro ma Ursula non avrebbe mai immaginato che Erein potesse dispiacersi per una pedina che già aveva intenzione di sacrificare dal principio. Lo osservò meglio il suo Re. Occhi violetti, sfavillanti come spinelli appena appannati da un accenno di lacrime.
Luci, sembravano quegli occhi, luci che si riflettevano nel mare. Piccole lanterne attaccate alle prue dei pescherecci, minuscoli bagliori che lei era abituata ad osservare con bramosia perchè significavano una ed una sola cosa: prede, carne fresca.
Non li aveva mai visti umidi, mai. Certo il Re doveva aver pianto in passato e molto. Ma da quando lei era al suo servizio i suoi occhi erano sempre stati più asciutti del deserto.
Perchè piangeva? Per lo Sciamano? Per se stesso? Per la sua gente costretta a patire il suo stesso destino infame? Preferì non saperlo e passo a guardargli i capelli. Ah come li amava quei capelli! Una cascata di oro pallido, di argento liquido. Gli umani non avevano capelli così belli, solo gli elfi li possedevano e i draghi. Ed Erein era nella stessa misura drago, elfo e umano. L'ossatura fiera contrastava con la pelle pallida, quasi diafana.
Dinnazi a lui un uomo di tutt'altro aspetto. Gli occhi dello Sciamano erano fumo e ombra insieme, non aveva mai visto occhi simili prima d'allora. Erano una specie di marchio, un segno di qualcosa, ma cosa lei non poteva dirlo. I capelli corvini erano stati tagliati in una acconciatura marziale, la pelle era più scura, i tratti assai più attraenti di quelli del suo sovrano. Si guardavano i due, incapaci di comprendere a fondo quanto fossero simili.
«Morirò quindi?» - disse lui, la bocca secca, lo sguardo perso. Non se lo aspettava. Era arrivato baldanzoso a Deyrnas. Se ne sarebbe andato segnato per il resto della sua breve vita.
«Ti sacrificherai, si, ma per chi e quando non è dato saperlo. Io conosco solo l'occasione e l'evento: Malzhar Rahl offrirà la sua vita per dare una speranza al Basiledra. »
Qualcosa si illuminò nell'uomo. Ursula potè vedere il bagliore incontaminato accendersi negli occhi fumosi dello sciamano.
«Servirà? Dimmi che non sarà invano.»
La bocca del Re si piegò verso il basso. Scosse la testa con lentezza. Strinse i pugni.
«Niente è certo. Solo la tua morte lo è ..»
Fu' come se il mondo fosse precipitato sulle spalle dello sciamano. In un attimo divenne vecchio, stanco, rotto. Sapeva che la sua fine era vicina ma non aveva nemmeno il conforto di morire sapendo che non sarebbe stato invano. Tutto il suo mondo finiva quel giorno, dinnanzi uno specchio.
CRACK!
Odore di sangue. Rumore di vetro infranto. Rabbia, paura, follia che si mescolano.
Ursula quasi non balzò per lo spavento. Qualcosa si era impossessata di Malzhar Rahl, una furia cieca, una collera bruciante. Aveva colpito la superficie riflettente e ora, bava alla bocca, urlava, imprecava, si dimenava.
«PERCHE' ? PERCHE' DIRMELO ALLORA? AVREI POTUTO COMBATTERE E MORIRE SENZA TUTTA QUESTA ...PAURA!»
Lo lasciò sfogare il Re. Muto. Quando ormai la furia dell'uomo si era placata e di lui non rimaneva che un esserino tremante e rannicchiato sulla gelida roccia che pavimentava il Palazzo di Deyrnas Erein parlò.
«Tu puoi fare molto, moltissimo. Tu puoi salvare me. Puoi salvare la mia gente. »
Speranza? Era quella l'emozione che leggeva ora nei suoi occhi? Disperazione forse, la disperazione che rende ogni menzogna credibile, ogni palliativo una cura.
«Come?»
«Il tuo cuore. Serve che tu me lo offra. Il giorno in cui sacrificherai te stesso la sua magia, il suo potere spezzeranno il sortilegio. Fino ad allora vivrai: senza paura, senza timori. Quando qualcuno offre a me il suo cuore io posso lasciare che un emozione riempia il suo vuoto. Scegli tu cosa provare ...E' il mio dono, il dono che ti faccio per ringraziarti del tuo sacrificio. »
«Dovere. Ecco cosa voglio provare. Dovere. Se la mia mente non è oscurata dalle altre sensazioni potrò combattere meglio, potrò essere ciò che sono nato per divenire: un arma.»
Il Re sorrise tristemente
«Avrei preferito donarti la pace... Ma hai scelto saggiamente.»
«Lo farai davvero? Difenderai il Regno se ne avesse bisogno?»
Quale regno? Si chiese Ursula. Ognuno aveva la sua concezione, la sua idea di regno.
Per Erein era Deyrnas, per Malzhar Basiledra. Quale regno avrebbe giurato di proteggere il suo Re?
«Lo prometto.»
«Allora fallo!» - disse lo sciamano esponendo il volto con fierezza all'ululante vento che flaggellava Deyrnas. «Ma tradisci la nostra promessa e giuro che tornerò dai morti e ti verrò a prendere...ovunque tu sia.»
Un sorriso, quel sorriso, riapparve sul volto del Re
«Non ne dubito.» - disse. Ma Ursula sentì anche qualcos'altro e giurò che lui le aveva scoccato un occhiata sinistra. «A dirla tutta lo spero proprio.»



 
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