Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Stўgis - Alba

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view post Posted on 27/1/2015, 12:51
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And...bla..Bla..BLA
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nlaSS4p
Storie di mondi, storie di Canti
Akha’t s nis, ighetur f’ehy navahri
Eve’drhis ume’nis èvist


Ricordo ancora, giorni d’estate. Giornate calde, piene di brividi di sole e sospiri di speranze.
Ricordo pensieri tersi come veli d’acqua limpida, risate di madri e di perle, preziose come segreti racchiusi in scrigni d’avorio.
Ricordo profumi lontani, speziati di vita e pungenti di fatiche buone e giuste, di quelle che si solgono ricordare negli anni a venire quando il corpo stanco brama solo calore e riposo per infine spegnersi senza rimpianti.

nei’mhir ih’s
eve’nteh ha

Storie di volti e di altri
eiber kiuy wesh imlah

Ricordo dunque il giorno ove la vita, forse stanca del mio manchevole duettare al suo fianco - forse cristallo e nera pece non si possono l’uno all’altro accompagnare senza guastarsi reciprocamente- si accomiatò proprio nel mio più basso intonare.
E così eccolo, quel La profondo, vibrare sotto i miei piedi come fremito cupo, incombente, minaccioso. Come promessa di abissi ancora più vasti ad intrecciarsi sotto i miei pensieri ingenui. Sotto il mio misero commiserarmi allora e chiedermi che senso avesse, dunque, cantare ancora.
Senso ne ha eccome
rispose dunque una voce dal basso -più basso di quanto desiderassi immaginare-
Ma molto dovrai cercare, se quel senso desideri davvero trovare.

eutusu’g vahrax
buyreth guiren a

Storie forse mai vissute
theyren?
Yaraths?


Ricordo allora il mio lungo affondare, preda ignara, vittima innocente, nell’umida rete di quel ragno abissale, spettrale richiamo che attorno a me vibrava come sospiro di terra, come scorrere di sangue in vene cavernose e senza fondo. Ricordo il mio ansimare mentre in attimi lunghi eternità - per quanto rimasi lì, inerme burattino senza vita, a ballare quell’infernale ballata di gnomi e fate? Non ricordo...- affondavo con dita insanguinate nelle grevi fondamenta del Limbo immaginandomi che al di sotto avrei trovato...cosa?
Una promessa?
Una punizione?


Nai ghilen. Nai ghilash
Omenir khal’veh

E storie rubate, di altri forse
uben’hir olinat he
ahm’lim dorth farnir’helenish


Forse solo altro fango in cui sguazzare. Altro granito ove rinchiudermi e lì accovacciarmi come bimbo spaventato dalle ombre della notte. E lì sospirare. E lì piangere infine - o per solo una volta- il realizzarsi di ogni mio timore, di ogni mio più oscuro incubo tanto gentile e garbato da infine concretizzarsi dinnanzi ai miei occhi intorbiditi dal troppo sgranarsi nell’oscurità.
Del resto che può fare l’anima quando, sola, si ritrova sull’orlo della propria circonferenza -mondo inesplicabile ed inconcepibile, eppure finito- con la sola tentazione del salto a separarla dalla propria fine?
Saltare
Rispose la voce allora
E più in fondo, ancora di più, cercare

Aveni’r fhayt no reghd ir
Avene’s lambic’re mainor’vah

Ma storie per davvero
Mav’è onh’a
Venir’t vathlas


E così, più in giù andando, più in giù trovai ciò che per davvero stavo cercando.
Trovai sentieri senza direzione, porte, nascondigli e tane senza padrone.
Scorsi baratri e pianure,
case, edifici e figure
che dal loro millenario aspettare
mi accolsero, mi sorrisero, mi fecero banchettare
in quel loro inferno privo di tempo - poiché il tempo stesso tempo non ha- e ragione.
Non è una prigione.
Mi rassicurarono. Solo un luogo da ove uscire non si può,
che sfortuna invero, poichè nessuno ad una porta pensò.
E così noi siam qui, tristi e dolenti,
ad aspettare.
“Eppure voi siete di certo molto potenti”
obiettai però io tutto intimorito.
Che facce fecero allora “Potenti assai” rispose uno con volto svilito
“ Ma senza una mappa, di uscire nel mondo vero non potrai che sognare”

Hal’ish
Non di vita, ma del suo riflesso mero
Hal’ish

Ricordo allora...
Hal’ish
Basta.
Basta storie.
Che la morte mi colga almeno silenziosa, se è proprio del mio spirito che le aggrada sfamarsi
.


Respira calmo, quietamente. Lunghi sospiri ad avvolgere e poi allentare corde di costole attorno al suo torace nudo, pallido incavarsi di magrezze esangui. Trema di gelo, foglia accartocciata sul pavimento dell'inverno, eppure giace immobile su un fianco, addormentato, avvinto in una culla di riposo come fantasma muto, come spettro affamato. Non ha fretta. Del resto perchè mai dovrebbe averne? Mille giorni per dormire, recita un antico adagio, uno solo per destarsi. Dunque perchè rovinare quella dolce e indolente attesa, preambolo di un risveglio che poi non concederà più tempo per fermarsi, per sostare ed ancora una volta, riflettere e pensare?
Se lo chiede, non senza una punta di ironia, e poi lascia che -come risalito- il pensiero di quel "forse" retroceda da solo nella sua mente, marea fiacca e cedevole.
Attorno a lui l'oscurità ha come un brivido, allora, pallide iridi ad accendersi e spegnersi all'unisono come vitreo firmamento senza calore. Sospira. Attende, la Notte. Attende, ma senza per davvero aspettare. Scintillante presagio di certezza che di tanto in tanto lo raggiunge, circonda, quasi annusa e poi si allontana.
Attende.
Attendono.
Ancora un sospiro, rantolo rosicchiato, cavo quasi quanto le gallerie che lo circondano.
Che non ti facciano aspettare i figli. La prole ha fame. "E' tardi" dicono sempre "E' tardi e bisogna andare"
E poi un ringhio basso, cupo, profondo.
Quasi un grido a labbra strette, serrate e avvinte come chi, dopo troppo smascellare, infine si arrenda alle ganasce incollare.
Ed il Vuoto aprì allora un occhio, poiché l'altro il Destino gliel'aveva da tempo rubato. Era stato come un gioco fra di loro, un trucco per capire come vivere su un foglio di mondo sarebbe stato. Il Destino aveva allora vinto, vile marrano, poiché il Vuoto su pagine di niente non ci poteva stare, era invero troppo strano.
g2bDR5W
Ho detto
Basta.

Questa volta sembra quasi di udirle, quelle parole, scivolare da labbra bruciate come sibilo di serpente, minaccia tanto viva da fendere con dita d'acciaio l'oscurità e lì illuminare le ombre ivi racchiuse. Per un attimo immobili, come paralizzare, e poi subito brulicanti a nascondersi per ogni dove, terrorizzate ed insieme colpevoli del proprio manchevole farsi scoprire.
Fra di esse,

una.

Una più o meno visibile delle altre.
Una.
Più o meno abbozzata sull'arazzo ossidiana della nuda pietra ovunque ritagliata.
Figura snella ed al contempo forte, nuda, forse, eppure abbastanza vivida da costringere lo sguardo a lì guardare e dopo un attimo, soffermarsi e pensare
"Ti conosco?"
sussurra allora il Vuoto, che con occhio vitreo ora indugia su quelle fattezze note, eppure al contempo sconosciute.
Scuote il capo, la figura
"Chi non conosce del proprio corpo la fattura"
esordisce
"Non ha il diritto di conoscere -o forse solo indovinare..."
Il Vuoto sospira
Socchiude le palpebre -sottili ora come veli di nebbia
e poi conclude
"La propria Natura"
E finalmente eccola, quella risata velenosa, cruda e astiosa, intrisa di una passione tanto nera quanto vorace
"Che il Nuovo Giorno giunta a te felice, dunque.
Io ti Saluto, Molti e Unico volto della disperazione"

E se quell'ombra non fosse stata altro se non un vitreo riflesso di un muro di ghiaccio congelato, tanto più facile sarebbe parso farla parlare e rispondere come l'altrui persona che ella non avrebbe potuto essere.
Io ti saluto.
Io Mi saluto.
Io ti saluto, Signore di Storie e Canti. Narratore di ciò che accadde e forse mai avverrà. Latore di Bugie, e di un mondo che al Mondo mai sopravvivere potrà.
Ansima, appannarsi di vista.
Basta.
Ripete ancora, pur inutilmente, giacchè non si possono fermare quelle parole che di propria sponte salgono alla mente.
Basta Storie.
Giacché è davvero impossibile smetterla di Raccontare, di esordire, di narrare, quando è la Storia stessa che nella tua voce si vuole mostrare.
Il Vuoto allora si ferma, si siede e indugia. Poi si alza, si volta, ed è con astio e rinnovato ardore al contempo che i suoi occhi si puntano sul riflesso oltre la parete che ancora, attento, lo scruta.
nbP5cnX
Dunque,
lo sfida, gli sorride, quasi come creatura che non capisca che un riflesso solo un riflesso è, nulla più della speranza di un'altrui che non c'è.
se di narrare non si può proprio fare e meno,
perchè a questo dono mettere per davvero un freno?

Pare vecchio di cent'anni ora, eppure a vederlo lo si vedrebbe nulla più che un raggrinzito bambino alla vigilia della propria -ennesima- nascita.

Shahryar,
non starai ora forse facendo di un boccone mal digerito,
una qualità che non hai?
Sai che le Storie ai Draghi appartengono, e ai Draghi soltanto.
Tue non saranno mai.


Sorride nel buio, l'Unico dei Molti, file di pallidi denti a sgranarsi e digrignare gli uni sugli altri per poi spalancarsi in una mascella ferina.

Mai come molte delle cose che ora possiedo, tuttavia.
Mai come l'infrangersi dei sogni che dimenticati dilagano poi in queste vie segrete, in queste gallerie d'orrore.
Quanti sono non lo so, mai per davvero indovinerò.
Eppure si, di tutti io sarò mercante e pastore.
E con parsimonia, e con dolce, e con amore io li guiderò ad uno ad uno fra cunicoli e grotte
perchè in realtà io so quanti sono

sono Mille
E una Notte.

 
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