Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Everything Fades To Gray, Arrivo di Sivhas

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view post Posted on 8/2/2015, 20:09
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Cardine
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Everything Fades To Gray
I



Zo3DOKn


Il sole, incastonato in un cielo terso ma di un azzurro come ingrigito e stanco, splendeva al di sopra di quella cappa scura e tetra conosciuta col nome di Gwathlaiss. E già soltanto il fatto che la foresta non fosse più avvolta - o forse protetta - da nubi minacciose o assoluta oscurità sarebbe sembrato strano a chiunque che si fosse mai trovato in quel posto. Era da molto tempo che un maltempo quasi sovrannaturale non smetteva di flagellare quelle terre. Qualcosa doveva essere cambiato, negli ultimi tempi, poiché quella sorta di maledizione pareva finalmente svanita.
   Non che la luce riuscisse però a penetrare le rigogliose e contorte fronde: quella che il bosco fosse davvero illuminato era soltanto una banale illusione. Nemmeno una foglia del sottobosco avrebbe mai goduto di quel raro sole. Il contrario: la vegetazione, corrotta e malsana, pareva persino ritrarsi ed evitare quel calore, invece che anelare verso il cielo.
   Ed era come se la luce faticasse ad illuminare un punto in particolare, celato dalla foresta come fosse la più preziosa delle gemme. Si trattava di un'elegante passerella, bianca e diroccata, che si protendeva al di sopra di un grosso cratere dove le piante non si erano mai spinte. L’aria stessa che si respirava era diversa, più cupa e pesante. Quel luogo aveva un significato ben preciso, una raison d'etre non ancora spentasi nel presente.
   Laddove la passerella si interrompeva, iniziava una lunga scalinata che presto si inabissava nel sottosuolo. E com'era lecito aspettarsi non si trattava una scalinata qualsiasi. Non ci sarebbe stato momento più propizio per addentrarsi nell’antica dimora dell’Inquisitrice e del suo clan poiché la presenza l'Oneiron, il mondo dei sogni, che aveva trovato in Velta il suo primo e il più importante punto d’adesione a Theras, era lontana e sbiadita. I suoi effetti sulla foresta degli incubi erano stati come inibiti, tanto da essere ormai quasi impercettibili. Ma per quanto ancora l’incanto sarebbe durato, garentendo quel fragile momento di stasi? Nessuno avrebbe potuto rispondere con certezza assoluta. Il rischio era proprio quello di restare imprigionati nel mezzo della foresta, nell’oscurità del sottosuolo, come una bestia in trappola.
   In molti erano ignari del pericolo, ma alcuni sarebbero stati persino disposti a rischiare.

CITAZIONE
Ciao! Saltiamo presentazioni e convenevoli. Intanto scusa per l'attesa, ma sono reduce da una settimana di malattia che si è tradotta in un buco temporale nella mia lista degli impegni - non saprei nemmeno dire cosa ho fatto in quei 3-4 giorni. Credo tu sappia bene come funziona un arrivo, quindi non mi dilungherò in spiegazioni. La giocata somiglierà a una piccola quest. Dai il massimo, mi raccomando!
L'inizio è chiaro, anche se il mio post non è nulla di che, ma vorrei che descrivessi i primi momenti di Sivhas, e in particolare il suo vagare all’inteno di un Gwathlaiss parecchio tranquillo - ma non meno tetro del solito. Giungerai nel luogo dove un tempo c'era il Gorgo, e lì terminare il tuo post una volta deciso come comportarti, se proseguire o fare altro. Puoi prendere inziative di qualsiasi genere - ad esempio utilizzare tecniche attive, fare domande sull'ambiente - e se lo ritieni opportuno possiamo risolverle via confronto.
E grazie ai Sonata Arctica, perpetua fonte di ispirazione - e di titoli. :v:
 
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view post Posted on 10/2/2015, 14:50





Tempo sconosciuto, luogo sconosciuto.
Il cosmo è in movimento, il paese di Vetro ha esalato un respiro; una spaventata, impercettibile vibrazione. La creatura più sola del creato, la più diversa.
Sivhas, per l'ennesima volta ormai, prese conoscenza altrove, lontano da ciò che è e che non è conosciuto all'uomo, niente di più che una preda degli eventi, incapace di reagire adeguatamente alla realtà. La coscienza riemerse lentamente e, con essa, sfocate immagini di luoghi lontani, luoghi familiari e luoghi inospitali; notò di non essere in grado di stabilire quali fossero reali, meravigliandosi di se stesso; si scoprì più giovane di quanto pensasse, destino in fondo comune ad ogni uomo. Sentì nuovamente il calore del proprio corpo riversarsi lungo le vene, portandolo a sentirsi nuovamente parte del luogo, carne adagiata su terra.
Assunse finalmente una forma composta, la schiena contro il tronco di quel che rimaneva di una vecchia quercia, rigettato dall'esistenza in un altro piano di essa.
Presto, fra le molteplici figure emerse nei suoi pensieri, vide qualcosa di nuovo, qualcosa che lo tirava a sé, come se esercitasse una lieve ma costante pressione sulle sue meningi. Si erse, animato di un'inquieta volontà, qualcosa di non propriamente suo: il fato aveva nuovamente deciso al suo posto. Certamente non si trattava della sensazione più lieta, ma era pur sempre un motivo per vivere, e vivere – almeno per il momento – era abbastanza.

La quiete diurna, ritmata dal lieve serpeggiare del vento lungo le venature d'erba e legno del paesaggio, venne spezzata da un incedere di passi sempre più rapidi, pesanti.
Sivhas si trovò nel mezzo di una foresta di rovi scuri, perseguitato da piante le cui ombre disegnavano sagome mostruose. Uno scenario calmo, ma immerso nell'ansia, nell'ancestrale paura dell'ignoto. Un alito di vento mosse una coppia di rami secchi che andarono a cozzare l'uno contro l'altro, attivando ogni istinto del Riflesso, ormai protagonista di quella che appariva come una decisamente improbabile storia dell'orrore. Sentiva la propria coscienza opprimerlo, ogni fibra del suo corpo gli chiedeva di voltarsi e tornare sui suoi passi, ma una forza ben più intensa lo richiamava dalla parte opposta, lo trascinava inevitabilmente verso un baratro ben più spaventoso degli scherzi della flora boschiva. Inspirò lentamente, seguendo il proprio istinto e portandosi oltre ciò che rimaneva della vegetazione del Matkara. La foresta morente si estendeva per centinaia di passi, rendendosi ostile con ogni mezzo a sua disposizione, ma Sivhas si abituò facilmente, come sempre.
Notò con piacere come il paese di cui non ricordava il nome gli avesse fatto dono della capacità di adattarsi.
Egli stesso si sorprese di quanto rapidamente si potesse abituare alla medesima situazione che, attimi prima, aveva risvegliato in lui le più antiche paure; gradualmente si sentì parte integrante della foresta bruna, non più ospite indesiderato.
Null'altro che vetro sulla terra , si disse.
Oltrepassato il primo bizzarro abominio della natura, senza troppo preavviso se ne presentò un secondo, di una specie ancora più curiosa.
Si prospettava un panorama spettacolare, ma orrendo. Un'immensa conca buia come la notte troneggiava al centro della sua stessa desolazione magnetizzando lo sguardo ancora incredulo di Sivhas. Poco oltre, nel mezzo del baratro, si allungava un'umile passerella marmorea, evidenziata da colori contrapposti al resto dello scenario, sottile e pallida, come ciò che resta dopo la morte della speranza.
Sivhas sentì l'accrescersi di un sentimento multiforme: apprezzamento e ripudio, ammirazione e timore si univano in una miscela instabile. Sentiva di avere qualcosa in comune con quel luogo.
Mosse qualche passo verso il cratere e, giunto sull'orlo del baratro, inclinò lo sguardo verso il basso e prese a mirare l'evanescenza del vuoto. Benché non vi fosse altro che il nulla, Sivhas sentiva di stare guardando in uno specchio. Uno specchio che non rifletteva soltanto la sua figura, ma tutto ciò che rappresentava. Vide più di un semplice riflesso. Vide Lei, la bestia, violenta e maligna più delle acque che un tempo occupavano il cratere, agitarsi tetra nel buio. Nei suoi occhi balzarono fulminei i contorni della manticora, gli stessi lineamenti che la sua pelle, non troppo tempo addietro, assunse, e in quel momento, solenne come pochi altri, Sivhas Nymaises capì che quel sentimento che ancora si agitava in lui non era rivolto al paesaggio, ma a se stesso.
Distolse lo sguardo, chiedendosi se avesse finalmente ottenuto ciò che stava cercando, ma qualcosa gli rispose negativamente.
Il vento prese a soffiare con più vigore, facendo del suo meglio per poter rinforzare il momento con il proprio tocco.

Mosse il primo passo verso la passerella; ne derivò un suono incerto come le sue intenzioni, ogni spostamento vibrava sensazioni ostili, la sua volontà vacillava. Eppure non rimaneva che avanzare, per quanto doloroso potesse essere. Gli altri passi vennero da sé. Si sarebbe abituato anche quella volta, doveva farlo. Null'altro che vetro sulla terra.



Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Incerto, a tratti curioso
Danni subiti: - Corpo | - Mente
Energia: 100%
CS: 1 Destrezza, 1 Intuito
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata lungo Vehemens

Tecniche Attive utilizzate: -

Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino.
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

Riassunto: Dopo aver preso conoscenza in un luogo a lui sconosciuto, vaga brevemente per il Gwathlaiss, giungendo alla zona in cui un tempo c'era il Gorgo; conoscendo molto poco del posto e non sapendo con esattezza che scelte fare, comincia a percorrere la passerella.

Note: A te la penna.
 
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view post Posted on 13/2/2015, 21:16
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Everything Fades To Gray
II


Il cuore della tenebra.
   Ecco dove Sivhas stava lentamente discendendo, consapevole o meno di ciò; consapevole che una volta, in quel luogo, acque scure vorticavano in un gorgo che incuteva timore anche nel più impavido degli animi, e che al di sotto di esso, negli abissi delle lunghe grotte, sorgeva La Torre. La dimora dell'Inquisitrice. Velta.
   Migliaia di persone avevano calcato la passerella ed erano discese per quella scalinata, giù nel buio delle caverne. Ma quanto tempo era passato dall'ultimo aspirante accolito che i guardiani avevano accolto? Secoli, avrebbero giurato alcuni. Ma, nonostante non fossero passati tutti quegli anni, le cose erano cambiate in modo definitivo ed irrimediabile.
   Matkara, la perla nera dell'Edhel.

Sivhas si ritrovò in un mondo buio, freddo ed ostile, ma silenzioso come una tomba. E che cos'era diventata poi Matkara, se non un enorme mausoleo all'imperitura memoria del clan Sorya? Non trovò nulla nelle gallerie, scarsamente illuminate da una luce spettrale e misteriosa: nulla di pericoloso, inquietante, anomalo. Nulla di vivo, e nulla che un tempo lo fosse stato.
   Ed infine eccola.
   Al centro dell'enorme androne si ergeva Velta: l'ombra o poco più di una torre spezzata. Attorno ad essa si estendeva la città, un macabro e desolato alveare scuro. Ad illuminarla vi era la solita luce grigia che filtrava appena dal soffitto, alla quale ormai i suoi occhi si sarebbero abituati. Donava a tutta la città un'atmosfera surreale, come se il solo fatto che all'apparenza non ci fosse anima viva non bastasse a renderlo un luogo alieno e temibile.
   Avrebbe potuto proseguire in qualsiasi direzione, se lo avesse desiderato. Matkara era ormai un simulacro di ciò che era stata, ma avrebbe potuto trovare ancora qualcosa, nei suoi abissi.

Post semplice, di transizione. Le cose cominciano a farsi interessanti nel momento in cui Sivhas scende nel sottosuolo. Arrivi in poco tempo a Matkara, una città ormai semidistrutta e completamente deserta, avvolta in un'oscurità quasi totale. Ti trovi di fronte a una serie di bivi: scalinate, strade... non mi importa. Decidi tu. Puoi andare indicativamente in cinque direzioni:
- a Sud, il settore più vicino a te una volta sceso dal Gorgo;
- a Est;
- a Ovest;
- a Nord, quello più lontano da te;
- verso Velta;
- puoi... aspettare;
- puoi ovviamente tornartene indietro. Dico sul serio, non forzare la scelta di Sivhas. Tanto qualcosa di terribile ti succede lo stesso.
Ci sono modi per arrivare in ognuno di questi settori senza passare per la città, ma la cosa è molto indicativa: semplicemente quello che sceglierai sarà il posto dove "succederà qualcosa" per la prima volta. Quindi puoi scegliere Velta e arrivarci senza problemi di sorta passando per la strada più breve. Quello che cambia è l'evento corrispondente, che io ho precedentemente legato ai vari luoghi. La trama della giocata cambierà proprio in base a questo.
Possiamo gestire questa parte via confronto. Aspetto il tuo post!
 
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view post Posted on 17/2/2015, 12:35




Κατάβασις

Fu un lento incedere, il suo.
Calma surreale, un giorno ancora amorfo cominciava a prendere forma, darsi un colore e una direzione. I primi passi furono quelli più incerti, ancora timidi al contatto con la pietra degli scalini.
Da lì in avanti non fu che un lento avanzare verso il basso, sommessamente scandito dal suono simile ad un ticchettio degli stivali lungo la discesa. Passarono brevi istanti prima che la luce venisse meno e l'avanzare si affidasse più sull'aver memorizzato le abitudini del suolo che sui cinque sensi. L'odore di terra, di antichità diveniva metro dopo metro più insistente, livido ricordo di ciò che non era sopravvissuto al tempo, chiuse gli occhi per un momento; chiaramente la strada era ancora lunga. Aveva molto a cui pensare, e molto tempo per farlo. I ricordi emersero confusi, frammenti di memoria ancorati a sezioni distinte e distanti nel tempo, vide le ombre del Paese di vetro, nient'altro che contorni affusolati e deformi – per la maggior parte inaccessibili, più onirici che reali – accatastarsi in ordine confuso gli uni a ridosso degli altri.
Nel tentativo di riordinare la propria mente, emerse all'improvviso una breve sequenza; poteva quasi vedere i contorni del cielo terso al di sotto del quale si stagliava la densa coltre di polvere.
Qualcuno suonava. Ore intere spese a vagare nell'immotivato ripetersi del deserto di vetro quando, ad un certo punto, musica. Al senso di spaesatezza al quale non era possibile abituarsi si aggiunse il brivido del nuovo, si trattava di acufenie, forse? Eppure il suono era reale, una musica lieve, delicata. L'artista – chiunque o qualunque cosa fosse – era capace. Un bardo girovago, per caso?
Magari era soltanto un tintinnio distorto dovuto allo sfregamento del vetro.
Quando vide la sua sagoma emergere dalla coltre di nebbia, fu percorso dai brividi, notando che la certezza di essere soli era spaventosa tanto quanto quella di non esserlo.
Il musicista siedeva sui cocci come fossero la sua poltrona, le gambe raccolte e la schiena curva.
Gli dava le spalle. Forse parlarono, ricordava qualche parola.
«Non siamo che sonnambuli che anelano alla veglia.»
Cosa successe, poi? Chi fosti, Sivhas Nymaises?

La ridondanza del percorso venne meno in un battito di ciglia, quando quest'ultimo prese a snodarsi lungo una serie di vie sotteranee, scarsamente illuminate e pervase dall'odore della terra selvaggia, intonsa da decadi. Quello nelle gallerie fu un viaggio più breve e di gran lunga meno lineare; finalmente aveva raggiunto la sua meta.
Ispirò a pieni polmoni, lasciando che il desiderio di conoscere quel mondo crescesse ancora di più, vincendo – almeno per il momento – le remore che il raziocinio aveva fondato. Matkara era certamente maestosa, ma il buio, il silenzio e l'atmosfera in cui era immersa lo erano di più; riusciva quasi a sentire lo spessore della storia che un tempo interessò quel territorio. Reale, vivido seppur abbandonato, come un vulcano quiescente. Sentiva di avere avuto qualcosa in comune con quella terra; per un momento volle credersi parte dell'ultima pagina di storia del luogo.
Il suo sguardo si posò sulla torre spezzata: come la luna troneggia nel mezzo di un cielo nuvoloso, essa si ergeva, esile e invincibile, al di sopra delle rovine. Si mosse, attratto da Velta come una falena dalla luce, senza ulteriori indugi, accompagnato dalle lievi oscillazioni di Vepres, accoccolata intorno al suo braccio sinistro.
Camminava solo al centro di una strada magra e quasi del tutto sgombra, ogni suo passo sollevava anni di polvere, non vi erano edifici che fossero sopravvissuti al corso degli eventi, essi apparivano come un unico, fatiscente blocco di pietra. Rimaneva soltanto lo scheletro inanimato di una fontanella, umile e misero, impiegava la sua giornata a combattere contro il tempo, prima di sfaldarsi e lasciare dietro di sé nulla che la polvere non avrebbe inghiottito. Le rivolse uno sguardo misericordioso, senza fermarsi.
La torre aveva un aspetto consumato, sconfitto ma ancora in salute, proprio della regina di un simile territorio. Prese a ispezionare con cura e sincero interesse la struttura; essa non mostrava aperture né segni di vita salvo la tenue e misteriosa luce color della polvere che proiettava verso il basso.
Ai suoi lati, sagome deformi, sconvolte dal tempo, lasciavano dedurre che si trattasse dei guardiani del luogo, nulla al di fuori di un ricordo sbiadito.
Un boato piovve alle sue spalle, Sivhas sentì le sue membra iniettarsi di sangue, mentre assumeva automaticamente una posizione curva, quasi bestiale. Si voltò verso la strada, cominciando a srotolare qualche centimetro di Vepres mentre avanzava a passi misurati nella direzione del suono; la scarsa illuminazione non gli consentiva di avere una visione nitida del posto.
Vide soltanto un masso, precipitato da un arco che aveva appena terminato la sua lotta col tempo.
Probabilmente non vi era alcun reale pericolo, tuttavia la calma e la quiete vennero meno.
Rimase vigile.


Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Guardingo
Danni subiti: - Corpo | - Mente
Energia: 100%
CS: 1 Destrezza, 1 Intuito
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata lungo Vehemens, circa venti centimetri sono stati slegati e pendono lungo il braccio.

Tecniche Attive utilizzate: -

Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino.
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

Riassunto: Scendo a Matkara, lungo la discesa vi è un breve e confuso flashback. Una volta arrivato mi dirigo verso Velta, quando sento il boato torno sui miei passi e mi fermo al masso, come concordato. Nel caso non succeda nulla negli istanti che seguono, torno verso la torre.
Note: Post più impegnativo di quello che pensavo, ma eccolo qui. Procediamo.
 
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view post Posted on 21/2/2015, 15:37
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Everything Fades To Gray
III


Gli bastò mettere il piede qualche centimetro più in là. sulla roccia scivolosa. Perse l'equilibrio, rimanendo sopra l'arco di pietra soltanto grazie alla sua prontezza di riflessi, ma quel movimento inconsulto fece sì che una roccia si distaccasse dalla struttura. Quando essa si infranse sul lastricato, il rumore, secco e potente, parve rimbombare in tutta Matkara, e l'elfo si dannò tre volte per la sua sbadataggine. Già cominciò a temere la severa reazione del suo maestro, nonostante avesse dovuto temere più di lui ciò che si nascondeva negli anfratti della città.

«Chwech drwsgl fel ych. Ni ddylwn i fynd â chi gyda mi!» ruggì il vecchio Rahm as Aid, a denti stretti. Non poteva alzare la voce quanto avrebbe voluto, ma lo avrebbe fatto non appena fuori da quegli odiati cunicoli. I due si erano nascosti sul tetto lì accanto ed erano restati perfettamente immobili. Era la cosa migliore da fare, ad avviso dell'anziano elfo: quel rumore avrebbe potuto attirare attenzioni indesiderate, e i tre trafugatori non avevano intenzione di finire nei guai in un posto del genere.
   Quando ad arrivare fu Sivhas, e non qualche altra bestia informe, i loro timori si tramutarono in profonda e cieca paura. Una persona, chiunque essa fosse, a differenza di qualche altra aberrazione, avrebbe potuto farsi domande scomode. Avrebbe potuto voler salire e dare un'occhiata all'arco, trovare le loro impronte si tetti e raggiungerli in pochi istanti. E a Matkara coloro che camminavano su due zampe, in genere, non erano degli sprovveduti.
   Furono istanti di immobile paura, che l'ignaro Sivhas non poté nemmeno immaginare. I Rahm as Aid non potevano fare altro che attendere una sua reazione, ed agire di conseguenza. A un minimo segnale di pericolo, sarebbero scappati, o forse si sarebbero difesi. Ma non ci fu bisogno di nulla del genere, poiché la Manticora si ritirò. Il vecchio poteva ancora sentire l'odore della sua natura sovrannaturale.
   Solo a quel punto, dopo un cenno dell'anziano, l'arco dell'elfa si abbassò, lentamente. Fece poi colare il veleno posto sulla punta della freccia in una piccola boccetta di vetro, per poterlo riutilizzare in futuro. Sivhas scomparve alla loro vista, ed i tre si domandarono chi fosse.

*Sei goffo come un bue. Non avrei dovuto portarti con me*

Self explainatory. Ci sei andato vicino - ma questo mica lo sai. Il problema è ora. Ci vediamo in confronto, ti dirò lì che succede. :sisi:
 
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view post Posted on 3/3/2015, 22:47





Viveva, in apparenza.
Il pilastro interrotto pulsò di vita, catturando meccanicamente lo sguardo di Sivhas. Dopo la luce, venne il suono di centinaia di sospiri che si mescolavano disordinatamente in un unico lamento non dissimile dallo strisciare del vento. Accennò mentre si spostava ancora una volta verso la torre, livido relitto che si dimostrava ancora una volta un organismo quiescente ma ancora in forze, ancora degno del nome che un tempo chiunque conosceva. Cosa poteva essere? Quale storia era lì sepolta, quale il peso della polvere di cui si ornava? Tutto ciò che sapeva era che non poteva essere stato il mero caso a condurlo nel cuore di Matkara. Le parole del musico strisciarono lungo la sua mente come un avvertimento che lo invitava a diffidare dei propri sensi. Camminare da soli per così tanto tempo porta a fare supposizioni sbagliate, imboccare strade sbagliate e prendere scelte sbagliate. Un monito gelido ma fondato su esperienze concrete, che quel giorno avrebbe potuto salvargli la vita. Smise di avanzare, limitandosi a sfogare il proprio desiderio di conoscenza in una domanda accompagnata dal gesto di protendere la mano verso l'inarrivabile luce grigia.
«Cosa sei?»
Prima che la leggera eco delle sue parole si quietasse, un boato infuriò improvvisamente, il frastuono delle macerie che si schiantavano riportò in fretta lucidità alla mente di Sivhas. Una sagoma nera, ancora distante, incedeva ad ampi balzi verso di lui, trascinando dietro di sé onde di polvere.
Il Grigio scattò sulla sinistra, si appese alla prima sporgenza e continuò ad arrampicarsi fino ad arrivare su di un tetto a un paio di metri da terra prima che il mostro potesse notarlo. Riuscì a vederlo soltanto quando passò oltre il suo nascondiglio, concedendogli il tempo di uno sguardo spaventato e affascinato al contempo; otto lunghe zampe scure penetravano nel terreno come trivelle, sorreggendo un addome gravido e deforme oltre il quale si intravide solo per un istante il volto del Bebilith, lo sguardo torvo dei suoi occhi vuoti unitamente alle zanne unte di bava ricreava un dipinto macabro, ma squisitamente dettagliato.
Per un brevissimo istante si ricordò quanto fosse difficile interpretare la parte del mostro.
Il ragno emise un sibilo maligno e balzò all'improvviso, schiantando le zampe posteriori contro un pilastro, mentre spariva oltre la polvere. Il piccolo complesso di archi cedette innescando una serie di crolli che coinvolsero un torrione adiacente all'edificio sul quale Sivhas aveva trovato riparo, facendolo sgretolare rovinosamente; si spostò di appena un passo, senza scomporsi né lanciarsi giù dal tetto, lasciando che parte della torre graffiasse la sua schiena e affondasse sulla struttura, riducendola ad un cumulo di macerie. Era più saggio accettare qualche escoriazione che gettarsi al centro della strada e attirare l'attenzione del mostro. Poco dopo infilò la mano destra sotto il soprabito e la portò alla spalla opposta, sincerandosi di non versare in una condizione peggiore del previsto, mentre si allontanava dai resti dell'abitazione.
Trattenne il dolore senza grandi difficoltà, ma le circostanze cominciavano a fargli abbandonare l'idea di permanere nel sottosuolo, almeno per il momento.
Solo dopo riuscì ad udire i passi della figura che stava alle calcagna del mostro, ed era ormai tardi per defilarsi e lasciarsi oltrepassare senza essere notati. Tutt'altro che un cavaliere, l'uomo dinanzi a Sivhas si presentava come la personificazione di ciò che rimaneva della sua gloria passata: statuario e robusto, ma stanco dentro e fuori, visibilmente consumato dall'aria centenaria di Matkara eppure perseverante nel suo obiettivo, un'immagine che si sposava alla perfezione con l'ambiente circostante. Non vedeva un altro essere umano da settimane, ed incontrarne uno in simili circostanze non poté che accrescere il senso di smarrimento legato alla vicenda.
Calmo nell'apparenza, si limitò a cambiare il destinatario delle parole pronunciate appena una manciata di minuti prima. «Chi sei?» Esordì, non senza lasciar trasparire un lieve accenno di confusione. L'uomo reagì di scatto in un moto istintivo, mostrandosi ragionevolmente sorpreso, ma si arrestò presto. Sivhas prese atto di come l'aspetto consunto del guerriero fosse bastevole a sminuirlo nonostante brandisse una spada bastarda bagnata del sangue di un simile mostro. Sembrava che tutto quel luogo stesse per collassare nella sua stessa miseria; avvertiva con più intensità il bisogno di tornare in superficie.«Perché ti trovi qui, tu?» Concluse, distratto e distaccato, quasi come se d'un tratto la questione non fosse più di suo interesse. Il guerriero diede una risposta singolare ma dai toni vaghi, lasciando che Sivhas tornasse fra i suoi pensieri mentre l'altro si dava all'inseguimento del Bebilith.
Velta esplose di luce, esasperando la propria immagine nel mezzo della città. Le onde luminose che emetteva, insieme al turbine incessante delle voci, parevano quasi auspicare la rovina, come se quello stesso vulcano maestoso e quiescente stesse per eruttare, cancellando ogni cosa.
Sentì una voce alle sue spalle, probabilmente proveniva da uno dei vicoli di cui la città era invasa, ancora una volta dovette cercare di reprimere la tensione e mantenere i nervi saldi, avanzando lentamente ma con ferma decisione, distendendo le dita di Vehemens.
Loro uscirono allo scoperto prima che si spazientisse del tutto.
«Non un altro passo, figliolo. Non vogliamo farti del male. Ce ne stiamo andando da qui»
Esordì un elfo anziano probabilmente a capo del trio. Aveva il viso marcato e la voce profonda, non sembrava un individuo pericoloso, come non lo sembrava neanche l'elfo più giovane un paio di passi oltre di lui. Fermò il proprio sguardo sugli occhi decisi del terzo membro: la ragazza sembrava fermamente intenzionata a piantargli una freccia nel cuore.
Sebbene ci fosse sempre meno tempo, si prese un paio di istanti prima di rispondere, arrestandosi e ricomponendosi in una posizione eretta.
«Andate, dunque» Rispose, dispiegando la mano destra davanti il vecchio. Era possibile che si fossero soltanto persi, proprio come lui.
«Forse non hai capito, straniero. Le Ombre stanno tornando. Devi andartene da qui, in fretta»
Le parole dell'elfa cancellarono la sua ultima supposizione, lasciando tuttavia al suo posto una certezza ben più lieta: non erano malitenzionati, se lo fossero stati si sarebbero limitati ad aggredirlo senza la minima spiegazione. Riprese il passo verso di loro, tornando a preoccuparsi dell'aspetto della torre.
«Dopo di voi, allora»

Status Fisico: Escoriazioni e contusioni sparse appena sotto le spalle.
Status Psicologico: Illeso, teso.
Danni subiti: Medio Corpo | - Mente
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CS: 1 Destrezza, 1 Intuito
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata lungo Vehemens

Tecniche Attive utilizzate: -

Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino.
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

Riassunto: Pura narrazione e interpretazione, poco da riassumere.
EDIT: Formattando il post ho erroneamente inserito uno specchietto riassuntivo in cui non avevo scritto il danno subito. Chiedo scusa per la svista. Corretto.



Edited by Name Less - 5/3/2015, 00:47
 
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view post Posted on 8/3/2015, 10:33
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Everything Fades To Gray
IV


Quando estrasse la spada dalla carcassa del Bebilith, tanto grande da coprire l'intera imboccatura del cunicolo dal quale aveva cercato di scappare, le nauseabonde viscere del mostro si sparsero sul lastricato.
   Il cavaliere errante pulì la lama dal sangue verdognolo passandola con vigore sui barbigli delle zampe dell'aracnide, e aggiunse quella enorme bestia al suo immaginario novero di trofei. Uno in più. Per la Regina, pensò, freddamente. Alexandra era scomparsa da tempo, ma la crociata dei suoi fedeli era appena all'inizio. Niente o nessuno avrebbe mai spento l'ardore dei suoi veri seguaci, coloro che venivano chiamati Dominazioni, dei quali Edmund era forse il meno conosciuto: questo perché il suo compito lo costringeva a passare giorni interi sotto la superficie, lontano dalla luce del sole e da altri suoi simili. Ma quello era il suo frammento di Edhel, la terra che andava liberata dalla corruzione. Aveva accettato di buon grado tale vita - era l'ultimo ordine che la Regina gli aveva dato - e con il passare del tempo suoi occhi si erano fatti sempre più simili a quelli dei Neiru. Un aiuto in più per trovare e cacciare l'aberrante progenie del Kishin.
   Non poteva permettere che i Bebilith fuoriuscissero dai cunicoli di Matkara. In genere questo non succedeva mai, poiché la città fantasma era popolata dalle Ombre e i Molti non osavano mai oltrepassare luoghi tanto pericolosi, ma raramente, come succede con l'allineamento delle costellazioni nella volta celeste, l'Oneiron si allontanava temporaneamente da Theras persino nel punto esatto da dove tutto era cominciato: Velta. E come se non bastasse il fermento delle bestie, nei cunicoli dimenticati di Samarbethe, si era fatto più intenso negli ultimi tempi. I parassiti vagavano come senza padrone, cercando disperatamente risalire. Cosa spingesse loro a un tale comportamento era impossibile saperlo, ma Edmund ne aveva dilaniate a centinaia solo nell'ultimo mese.
   Eppure...
   Osservò con attenzione la bestia con le sue zampe mancanti.
   Avrei giurato...
   Avrebbe giurato che, nel suo inseguimento tra le vie deserte di Matkara, ad essa non mancasse nemmeno una zampa. Ma come poteva essere?
   Capì immediatamente di aver commesso un errore, e senza rinfoderare la spada cominciò a ripercorrere i suoi passi, di corsa.

«Le ombre stanno tornando, straniero, e Matkara non è più un posto sicuro» borbottò il vecchio Rahm as Aid, rompendo il silenzio. Non sperava che Sivhas lo ascoltasse, ma gli sembrava doveroso metterlo in guardia. «Sono rari i momenti in cui...».
   Venne interrotto da un forte clangore metallico. Il giovane elfo apprendista si era inciampato ed il sacco che si portava sulle spalle, schiantandosi a terra, aveva liberato parte del contenuto che ruzzolò per la strada: erano monili e oggetti preziosi, trafugati a Matkara in quel momento propizio. Il trio di trafugatori evitò accuratamente lo sguardo di Sivhas. Fu sul punto di berciare qualcosa al ragazzo, ma si fermò. Qualcosa non andava.
   Il ragazzo era inciampato in qualcosa, ed i suoi piedi erano come imprigionati in una ragnatela.
   «NO!» fece in tempo a urlare.
   Dall'alto giunse la ragnatela, che avvolse il gruppo come una rete. Il Bebilith, gigantesco e furioso, fece capolino da uno degli edifici che torreggiavano sopra la strada, e con estrema rapidità discese verso le sue prede. Spalancò le sue fauci e cercò di divorare l'elfa, che riuscì a ritrarsi e a evitare l'aggressione. L'attenzione del mostro passò poi su Sivhas, quello più in disparte. Allungò una delle sue enormi zampe, con la quale cercò di colpire l'altra sua preda.
   Non stava combattendo per necessità: avrebbe fatto meglio a scappare via da Matkara. Ma era da tanto, troppo tempo che non mangiava. E la fame lo aveva reso furioso.

Doveva succedere, lo sai meglio di me. Combattimento! :D:
Sostanzialmente sei sceso a Matkara in uno dei momenti migliori, quando l'Oneiron ha meno influenza su Theras e la città non è infestata dalle Ombre. Anche altri sono scesi nella città, in modo più consapevole: i tre trafugatori di tesori, la Dominazione e, ahimè, i Bebilith. I Molti non ci sono più, e alcune bestie si sono semplicemente sottratte al comando del Kishin, cercando di tornare in superficie. Per quale motivo? Vedi "Stygis".
Il Bebilith fuggitivo - uno degli ultimi della sua specie, probabilmente, e quasi sicuramente l'ultimo dei Molti che qualcuno avrà la possibilità di combattere in modo ufficiale - vi si avventa contro utilizzando un paio di tecniche. La prima è una tecnica Alta ad area - quindi media - che ha il solo effetto di impedire i vostri movimenti. Poi, dopo aver cercato di divorare uno dei tre elfi, prova a colpire Sivhas con una zampata. Attacco fisico sferrato a 6 CS.
Ed ecco un bel combattimento vecchio stile: procediamo nel solito modo.
 
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view post Posted on 9/3/2015, 19:29




Cominciava a conoscere quel suolo.
Ogni passo era più sicuro del precedente, l'ansia ed il pulsante senso di agitazione scemavano ordinatamente, sfociando in una sicura seppur lieve sensazione di controllo, null'altro che l'illusione di poter essere parte integrante del relitto che il tempo aveva abbandonato nel sottosuolo.
I tre elfi lo precedevano, muovendosi come se conoscessero bene il luogo. Sivhas non disse nulla, limitandosi a chiedersi che tipo di persone fossero. Non erano sicuramente residenti di Matkara, né avevano l'aspetto di dei vagabondi. La figura vissuta del vecchio non gli comunicava nulla al di fuori della calma, sia per il timbro pacato della sua voce, sia per il fatto che non sembrava avere armi con sé. Il tintinnio metallico che derivava dal grosso sacco rigonfio che l'elfo giovane portava sulla schiena richiamava di quando in quando la sua attenzione, stuzzicandone la curiosità: magari erano venuti a recuperare un oggetto dal luogo, o forse a depositarlo. Tuttavia, era soltanto la sua fantasia che si rincorreva, ponendosi domande e inventando risposte. Probabilmente era la ragazza quella al comando, con il suo passo spedito e i movimenti fermi, una figura difficilmente accomunabile agli altri due.
«Le ombre stanno tornando, straniero, e Matkara non è più un posto sicuro.» Esordì l'anziano cercando l'attenzione di Sivhas, che inclinò leggermente il capo mentre si preparava ad ascoltare le sue parole. Il Grigio mantenne il silenzio; la premessa sembrava promettere un argomento interessante, e soprattutto ora quel luogo aveva un nome.
Matkara, dove il tempo ha smesso di scorrere.
Un tassello che veniva aggiunto al quadro. Per un attimo si chiese se fosse già stato in quel posto, se quello non fosse altro che lo stesso, identico luogo visto sotto una luce diversa, da degli occhi diversi. Altri frammenti riemergevano caoticamente, per un secondo vide le cascate di vetro infrangersi all'orizzonte, rimbombando in una eco millenaria mentre il vento soffiava contrario. Che luogo era? Quale era il suo nome?

«Sono rari i momenti in cui...». Il vecchio lo riportò alla realtà subito prima di fermarsi, mentre un tonfo seguito immediatamente da un clangore metallico rotolarono per tutta la città, trapassando il silenzio. La strada era disseminata di reliquie e preziosi di vario genere, un paio di passi alla sua sinistra si trovava l'elfo giovane, comicamente disteso per terra, il sacco vuoto al suo fianco. A quel punto la nebbia che ammantava il ruolo e la figura dei tre elfi si dissipò come cera sul fuoco. Sentì il clima di tensione spezzarsi in fretta: non erano nient'altro che tre ladruncoli che si guadagnavano da vivere saccheggiando i resti delle città fantasma. Sivhas accennò un sorriso divertito, mentre cercava con lo sguardo l'anziano. Fu quando incontrò l'espressione corrucciata di quest'ultimo che la situazione precipitò.
In quel momento, sentì solo il vecchio urlare «NO!» nella velocità degli eventi. Dall'alto piovve una pesante ragnatela che lo costrinse nella sua posizione, attaccandosi alla schiena.
Prima ancora di sentire il sangue schizzare nelle vene, si trovava pronto a reagire. Scorse attraverso i legacci la figura del Bebilith scivolare fra i tetti e correre contro il gruppo, precipitandosi contro l'elfa, a qualche metro da Sivhas. Non riuscì a vedere con chiarezza la scena, ma qualche secondo dopo il mostro si voltò contro di lui, sollevando una delle immense zampe.
Negli istanti a seguire, egli non sentì null'altro che il ruggito soffocato della bestia che si lamentava dentro di lui, seguito da una furia esplosiva. L'affondo del mostro fallì, perdendosi oltre i contorni bui e sfocati del Grigio e andando a perforare una piccola parte della sua stessa rete.
Sivhas si era gettato alla sua destra facendo pressione su di un lato, riuscendo a spostarsi quel poco che bastava perché la bestia mancasse il suo attacco. Istante dopo istante, sentiva la pesantezza del calore circolare dentro di lui, disseppellendo sentimenti morti da un'eternità.
Fissò intensamente gli occhi inespressivi del ragno, ardente di collera, una collera che si lanciò al di fuori del suo petto, inondando di fiamme la zona circostante, seguita da un urlo bestiale.
Dopo anni, Matkara brillava nuovamente. Il fuoco prese a divampare per la strada, concentrandosi principalmente sotto gli arti del mostro.
Mentre il tessuto di cui era composta la ragnatela cominciava a decadere, Sivhas sentiva già il sapore amaro del sangue della bestia, percependo una sensazione quasi aliena, proveniente dal suo corpo ma non direttamente riconducibile ad esso. Ill furore accecava la sua mente e la manticora, nel mezzo delle ombre più recondite, tuonava imperiosa, facendo tremare il suo animo. Presto si sarebbe ricordato di quel nome.



Status Fisico: Escoriazioni e contusioni sparse appena sotto le spalle.
Status Psicologico: Furioso.
Danni subiti: Medio Corpo | - Mente
Energia: 100% -10% -20% = 70%
CS: 1 Destrezza, 1 Intuito
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata per la maggior parte lungo Vehemens, qualche decina di centimetri è slegata e pende

Tecniche Attive utilizzate:
CITAZIONE
così, con un consumo Medio, Sivhas potrà rendere la propria pelle ed il proprio equipaggiamento traslucido, lasciando che l'aria si confonda con i suoi contorni intermittenti, facendo in modo che chiunque tenti di attaccarlo si trovi costretto a fronteggiare una figura confusa, evanescente e a tratti intangibile. In termini tecnici quest'abilità si traduce in un'immunità dagli attacchi fisici non tecnica per due turni, e in generale offre tutti i benefici di una mimesi parziale.

CITAZIONE
Basterà un lieve sospiro ed uno sforzo Alto per far sì che la terra bruci; rapidamente il suolo si infiammerà, tornando allo stato originario dopo due turni dal momento di lancio, cagionando ogni turno un danno Medio a chiunque si trovi in mezzo alle fiamme, queste ultime copriranno una vasta area, rendendo impossibile uscirne senza l'ausilio di tecniche apposite.

Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino.
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

Riassunto: Per quanto riguarda il combattimento, attivo Mimetizzazione, che mi garantisce l'immunità dagli attacchi fisici non tecnica, facendo in modo che il Bebilith mi manchi, e rispondo con Trappola Incandescente, lanciandola chiaramente ai suoi piedi. Avrei voluto anche aggiungere un attacco non tecnica, ma data la rete di potenza Media a limitare i miei movimenti mi è sembrato più coerente evitare, almeno per questo turno.

Note: Nulla da segnalare, divertiamoci.
 
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view post Posted on 9/3/2015, 20:58
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V


Le zampe della bestia cominciarono a sfrigolare, a contatto con il suolo incandescente. Spalancò i suoi cheliceri ed emise un urlo acuto e terrificante.
   Nel frattempo i Rahm as Aid si dimenavano tra le ragnatele per cercare di sfuggirle. Cominciarono a ritirarsi, ma essa se ne accorse immediatamente - nemmeno il più infimo movimento nelle immediate vicinanze sfuggiva alla percezione dei suoi barbigli - ma quando fece per assicurarsi che la sua cena non scappasse, le sue zampe cedettero per colpa del dolore Il suo ventre si schiantò, bruciando anch'esso con un suono ripugnante.
   «Scappa!» gridò il vecchio elfo a Sivhas, mentre si trascinava a stento su per la strada, con i suoi due apprendisti. «Mettiti in salvo, sciocco» mormorò. Non era la prima volta che lo sciacallo si trovava davanti a un Bebilith, e poterlo testimoniare era stato solo un caso. Qualcosa gli diceva che, qualora fosse rimasto, non sarebbe stato così fortunato una seconda volta.
   L'aracnide si arrampicò quindi su uno degli edifici, infilando le sue zampe artigliate nelle finestre ormai senza vetri e assicurandosi così alla solida pietra. Là il tranello incandescente della Manticora non poteva raggiungerla. Spalancò di nuovo le fauci, e vomitò ancora la sua tela, ma questa volta essa non avrebbe soltanto imprigionato il bocconcino. La bestia avrebbe immediatamente strattonato verso di sé la preda, facendola schiantare sull'edificio di pietra. Faceva così con quelle più pericolose e non troppo grosse: dopo averle tramortite era più facile nutrirsi lentamente dei loro liquidi.

Dapprima vide il bagliore delle fiamme, e poco dopo udì l'urlo atroce del Bebilith, non molto lontano da lì. Il cavaliere si mise a correre con tutte le sue forze, non perché qualcuno fosse in pericolo, ma perché l'immonda progenie del Kishin non potesse mai godere della luce del sole. Pregustava già il suo sangue amaro, un sapore a cui non avrebbe mai e poi mai rinunciato.
   Vide Velta, in lontananza, pulsare di luce grigia e fredda. Non gli restava molto tempo: presto l'Oneiron avrebbe inghiottito ogni cosa, famelico ancor di più dei Moltii. Doveva eliminare la bestia e fuggire prima che le Ombre sciamassero di nuovo a Matkara.
   Prima che tutto svanisse nel grigio.

Il Bebilith subisce un danno medio alle zampe, ma poi si ritira rapidamente su di un edificio (conta come una difesa di potenza media che previene il danno nel prossimo turno). Non riuscendo bene a colpirti ti lancia una tecnica di natura fisica e potenza alza. In tutto conta come un semplice danno alto al fisico, romanzato nel modo che ho descritto io. Appena dopo il colpo la tela si sfalderebbe. Vediamo come ti comporti in questa situazione.
A te!
 
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view post Posted on 14/3/2015, 02:20





Albero2



«Mettiti in salvo, sciocco»
Parole che fuggivano nell'aria. Il gruppo di elfi svanì dai suoi pensieri, in quel momento non esisteva nulla al di fuori del Bebilith.
Sivhas bevve ogni frammento del dolore del mostro incespicante sul suolo infuocato, non aveva intenzione di andarsene proprio in quel momento. Ogni istinto ribolliva di una vitalità nuova, come se si fosse appena destato da un sonno centenario, un groviglio cristallizzato di sentimenti che esplodeva all'improvviso, riversandosi dentro di lui. La bestia, quella vera, stava stringendo il suo morso. Il Grigio capì di stare perdendo lucidità, ma dal calore di quell'ira sconosciuta e quasi immotivata derivava un immenso piacere.
Il Bebilith perse un istante a fissare i contorni sfocati di Sivhas, illuminati a tratti dalle vampe poco distanti, poi saltò su di un edificio alla sua destra, evadendo dal fuoco.
Attese che prendesse posizione, non potendo semplicemente gettarsi in un assalto cieco. Il ragno incastrò le zampe nello scheletro di un edificio ancora robusto, provocando un boato sordo, e prima ancora che Sivhas potesse reagire, lo cinse nuovamente con l'orribile ragnatela di cui era già caduto vittima una volta. La secrezione lo centrò in pieno petto, bloccando entrambi gli arti superiori e risalendo verso il suo viso, rendendolo vulnerabile. Provò a divincolarsi con tutta la sua forza, opponendo braccia e gambe alla trazione, ma venne sottomesso. Dovette chiudere gli occhi; era al buio. Fu lì che la vide, tranquillamente accoccolata nella tenebra contemplare placidamente il vuoto, seduta sul confine della sua coscienza.
Si sentì trascinato.
Nello stesso momento in cui la bestia strattonò il bozzolo, l'altra emerse, spingendo in senso contrario. Sivhas fu avvolto da una patina vitrea, la sua mente cedette brevemente, mentre la realtà si dissolveva sul vago. Possedeva un altro corpo e un'altra volontà, adesso. Qualcosa di interamente nuovo, eppure profondamente antico.
Le due zampe inferiori, ben salde al suolo, si opposero fieramente alla forza del ragno e subito dopo collassarono sulla ragnatela stessa, tranciando di netto il filamento che li congiungeva. Quando il tessuto cadde, essa, finalmente, fu manifesta.
Al centro della strada, tremendamente sola, si ergeva la manticora. La sua sola esistenza era un errore, ibrido misto e impuro, appartenente ad un genere che nulla aveva a che fare con il mondo degli umani. Gli occhi glauchi, privi di pupilla, comunicavano una sensazione abominevole e cupa, essi sembravano dare su di un'altra dimensione. Gli arti, coperti di pelo vizzo e dello stesso colore della polvere che calpestavano, ammantavano la fiera di un'aria gelida. Era l'incarnazione del tormento. Sibilò sinistra, assaporando per la prima volta da troppo tempo l'essenza dell'aria. Il sapore di Matkara aveva qualcosa di familiare. Si sentiva quasi a casa.
La manticora affondò lo sguardo sul Bebilith, scoprendo una fila di denti. Le sue ali si dispiegarono in uno scroscio metallico mentre si ergeva sulle posteriori palesando la sua abietta maestosità e levando un urlo grigio che spense parte delle fiamme alle sue spalle, ascendendo e dipanandosi lungo tutta la strada. Nell'istante successivo, fece la sua mossa.
Piegò le ali per darsi una spinta, flettendo le quattro zampe e spiccando un volo che la portò per un momento sufficientemente lungo alla stessa altezza del ragno. Ora era alla sua portata, al centro delle sue mire.
Gli artigli si ricoprirono di una spessa lastra color del vetro mentre precipitavano contro la preda. Nei secondi che precedettero lo schianto, emise un secondo ruggito, ancora più carico di passione, pregno di amore e disprezzo per la vita.
La fiera avrebbe fatto a pezzi le sue carni. Per prima cosa avrebbe colpito le zampe; dopo aver spezzato la loro presa sulla pietra, le avrebbe strappate dall'addome del ragno, scaraventandolo contro il suolo e affondando le tre file di denti nel suo ventre fino a quando non ne avrebbe mangiato l'ultimo lembo di vita. Al di là degli occhi della bestia, Sivhas, provato e ancora confuso, nuovamente vittima di un ciclo che aveva appena cominciato a ripetersi, non aveva scelta se non limitarsi ad ammirare lo spettacolo, potendo considerarsi nulla se non un tramite semisenziete che – almeno per il momento – non faceva che esercitare una volontà che non gli apparteneva, che non sentiva sua, ma che al contempo lo completava. Aveva ceduto al suo stesso animo, e ne aveva pagato il prezzo. Le domande che si era posto a partire dall'inizio della catabasi fino al momento presente sembravano trovare risposte confluenti in un'unica direzione.
Ora ricordava il nome di Aliaveritas, il paese di Vetro.



Status Fisico: Escoriazioni e contusioni sparse appena sotto le spalle. Forma demoniaca.
Status Psicologico: Indefinito, misto fra furia e confusione.
Danni subiti: Medio Corpo | - Mente
Energia: 70%-20%-20% = 30%
CS: 1 Destrezza, 1 Intuito 2 Forza Fisica
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx [Assente in forma demoniaca.]
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata per la maggior parte lungo Vehemens, qualche decina di centimetri è slegata e pende [Assente in forma demoniaca.]

Tecniche Attive utilizzate:
CITAZIONE
La forma di offesa allo stato più grezzo e violento. In base all'energia infusa nell'azione seguiranno mutazioni crescenti nel corpo di Sivhas; una serie di venature e riflessi vitrei ricoprirà la sua pelle, fino a renderlo, in casi più rari, una sagoma apparentemente riflessa in un vero e proprio specchio. Mediante uno sforzo Variabile Sivhas provocherà un danno di pari entità attraverso scatti, impeti e manovre offensive che chiuderanno rapidamente le distanze, portando il Riflesso il più possibile vicino all'avversario, sempre in posizione di poterlo offendere in mischia con armi bianche o a mani nude, cercando quando possibile di atterrare il nemico in seguito alla colluttazione.

Utilizzata due volte, entrambe a consumo Alto. La prima volta ha scopo difensivo - andando di fatto a tagliare la tela, la seconda è un'offesa con balzo.
Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino.
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

E' in questo momento in uso, inoltre, la Passiva razziale, che concede la metamorfosi in manticora, spostando i due CS in mio possesso da Intuito e Destrezza a Forza.

Riassunto: Dopo la trasformazione in manticora, mi difendo dall'offensiva del ragno come descritto poco sopra, e sfrutto l'abilità personale per spiccare un balzo e attaccare le zampe, cercando di trascinare il ragno verso il basso e farlo schiantare al suolo. Aggiungo, un istante dopo l'uso della mia variabile (che specifico nuovamente essere a consumo e potenza Alti), un morso portato con 2 CS che mira al ventre. Aggiungo anche che la manticora ha tre file di denti, e che il morso verrebbe portato idealmente dopo la colluttazione con il suolo in caso di successo nel tentativo di scaraventare il Bebilith giù dall'edificio. Nel caso in cui non riuscisse nel suo intento, la manticora proverebbe semplicemente a mordere un arto nelle immediate vicinanze.

Note: A scanso di equivoci, quando ho descritto dell'affievolirsi delle fiamme, stavo semplicemente disattivando la tecnica utilizzata nel turno scorso, ormai inutile, per soli scopi scenici. Credo sia tutto, a te.
 
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view post Posted on 16/3/2015, 19:55
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Il Cavaliere giunse appena in tempo per osservare il macabro spettacolo del Bebilith che veniva dilaniato da una bestia di corruzione a lui pari. Anche i tre contrabbandieri, quando la mostruosità si era schiantata al suolo in modo tanto violento da sembrare spacciata, avevano arrestato la loro fuga. Ora osservavano, le mani alle loro armi, valutando cosa fosse più saggio fare. L'arrivo del cavaliere, che loro riconobbero immediatamente come una Dominazione, rincuorò i loro animi. Forse avrebbero potuto fuggire di lì portandosi dietro anche lo straniero, e qualche altro gingillo in più.
   Edmund riconobbe subito la vera natura della Manticora. Sapeva di averla già incrociata, poco prima, e sapeva che essa non era la vera minaccia, in quel frangente. Certo, avrebbe dovuto ignorare per qualche momento gli editti del suo codice, che altrimenti gli avrebbero imposto di passare a fil di spada entrambe le aberrazioni, ma farlo era una necessità. Sarebbero dovuti uscire di lì al più presto.
   E proprio quando il ramingo si lanciò alla carica, con sguardo ancor più severo e determinato di prima, da Velta cominciò a diffondersi una musica sinistra, e con essa una luce grigia che si sostituì in fretta alla penombra che cullava Matkara. I contorni di tutte le cose parvero più vividi, ma quasi privati del loro colore. Una minaccia maggiore di tutte incombeva adesso su di loro: la dimensione onirica si stava ricongiungendo lentamente con la città sotterranea, prendendone possesso in modo lento e costante come l'ombra di un'eclissi.

Ultimo turno prima del giudizio finale. *tono drammatico* Probabilmente esso arriverà senza un mio post vero e proprio, ma questo dipende anche da te.
Edmund, la Dominazione, raggiunge il gruppo e sta per scagliarsi sul mostro sfuggito. E... fine. A questo punto lascio completamente a te la penna, per un ultimo post che sarà forse più corposo degli altri.
Nella prima parte potrai trattare il Bebilith in modo totalmente autoconclusivo, utilizzando gli elfi e persino il cavaliere errante, dotandoli di tecniche a piacere, che non discordino però con quanto detto da me fin ora. Non hai davvero limiti di sorta, ma affidati al buonsenso per capire come e quanto continuare. Il mostro ha ancora il 40% di energie, un danno Alto più uno Basso al fisico e 2 CS.
In secondo luogo, dopo questo "colpo di grazia" molto scenografico, devi pensare a un'altra cosa: dartela a gambe. Oppure restare a Matkare, decidi tu. Sappi solo che i tre trafugatori e il cavaliere se ne andranno in fretta, mentre da Velta si diffonde una nenia simile a quella dei Sonata Arctica che ho messo nel post - se la ascolti ti fai un'idea molto vicina a quello che avevo immaginato. Se decidi di fuggire inizia pure a descrivere la fuga, mentre se vuoi restare ti basterà separarti dal gruppo. A te la scelta!
 
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view post Posted on 18/3/2015, 17:20





Trionfava.
La foga della manticora soverchiò il mostro affamato; dopo essersi lanciato sulle due zampe anteriori con cui il Bebilith si manteneva saldo alla palazzina e averle squarciate, Sivhas dovette soltanto appendersi a quest'ultimo perché questo precipitasse al suolo, in una caduta rovinosa che lo vedeva completamente sottomesso al peso della fiera. Non ruggì questa volta, ma sibilò maligna e abietta come solo una creatura di quella specie sapeva fare, mostrando la scura lingua biforcuta.
Il Grigio cercava di guadagnare coscienza di sé; chi era a controllare quel mostro? A chi apparteneva la sua furia cieca? La risposta fu manifesta proprio nel momento più alto dello scontro. Non vi era alcun mostro. I demoni che pensava fossero entrati nel suo corpo altro non erano che aspetti del suo animo che non aveva mai avuto modo di vedere prima di allora, o meglio che non poteva ricordare di aver visto. Non poteva fare nulla per ottenere il completo controllo di sé, se non rammentare chi fosse lui e cosa fosse Aliaveritas, il paese di Vetro, dove tutto svanisce nel grigio.
Ne poteva scorgere i contorni, cominciava quasi a rievocare il tono della voce del bardo mischiarsi al suono freddo del vento sul deserto di polvere.
«Oggi ci sono le nuvole, si dice che esse danzino intorno alla disgrazia»
Sembrava una persona semplice, il suo aspetto affabile e gli abiti informali gli conferivano un'aria bonaria per nulla dissimile da quella di un qualunque bardo girovago, errante di corte in corte, di piazza in piazza. Tuttavia vi era un enigma in tutto ciò che diceva, ogni sua espressione era fuori dalla portata dell'immediata comprensione, le sue parole alludevano chiaramente a qualcosa di oscuro, Sivhas ricordava di aver provato a vederci chiaro, ma da ogni risposta derivavano decine di domande. Poi, nuovamente il buio; la sua memoria rifiutò di andare oltre.
Dopo un istante, il suo sguardo, lo sguardo della manticora, era nuovamente fisso sul ragno, i suoi denti riuscirono a strappare appena un lembo di pelle prima che questo reagisse con un veloce affondo dei cheliceri, che lo colsero impreparato, ferendolo sul viso, appena oltre la criniera.
Sentiva il veleno forzarsi nel suo sangue in un doloroso taglio rosso fuoco, mentre la mente sembrava già perdere ulteriore lucidità. Balzò all'indietro in un battito d'ali appena accennato, lasciando che il mostro potesse rimettersi in piedi. Nello stesso momento vide Velta ammantata di una luce immensa nell'aspetto, ma morta nella sensazione che comunicava. In quella profonda luce grigia vide le nuvole del bardo, e tutta la disgrazia attorno la quale danzavano, lente e inarrestabili. Doveva fuggire in fretta, ma prima era necessario che il Bebilith morisse.

Poco oltre, fino ad ora in disparte, i tre elfi, dopo aver abbondantemente ripreso fiato, avevano trovato il momento ed il luogo ideali per il contrattacco. Khreela si era portata al di sopra dei resti di un tetto crollato sul lato destro della strada, alla sua sinistra il tremendo spettacolo della torre spezzata, alla destra quello delle due bestie. La freccia intrisa di veleno era già incoccata, attendeva soltanto che il mostro si muovesse, non tirava mai senza che il bersaglio avesse fatto il primo passo; aveva fatto lo stesso con Sivhas, pochi minuti prima. Grief, non più agile come avrebbe voluto, si limitò a defilarsi dalla mente del ragno, rendendosi per lui niente di più che una creatura marginale e, senza allontanarsi troppo, mormorò parole nella lingua del Nord che si levarono in aria e raggiunsero le membra del gruppo. I suoi compagni erano usi a quella sensazione, ma essa fu tutta nuova per Sivhas ed il cavaliere Edmund, giunto in soccorso proprio in quel momento, la spada tenuta saldamente con entrambe le mani alla destra del corpo in una carica rabbiosa.
Gholb, invece, se ne stava accovacciato dietro una roccia nell'angolo più buio della strada, tutto tremulo e col sangue congelato. Continuava a ripetersi che quella non era la sua battaglia, che non aveva dato la sua disponibilità a prendere impegni del genere e che non era il caso di correre un rischio talmente inutile. In realtà aveva una gran paura e poca voglia di ammetterlo. Avrebbe voluto aiutare, ma non si sentiva minimamente in grado di poter anche solo guardare i mostri negli occhi, né quello con i cheliceri, né quello con le ali. Ogni tanto sporgeva la testa oltre la sagoma del suo riparo, ma prima ancora che i suoi occhi potessero vedere qualcosa, cambiava idea e tornava dietro la roccia, augurandosi di potersene andare il prima possibile.

Khreela lasciò andare il dardo non appena il Bebilith fece inconsapevolmente cenno di stare attaccando, nel disperato tentativo di avere la meglio. Non lo vide arrivare, ed esso penetrò nella sua carne. L'acuto e improvviso dolore fermarono momentaneamente il suo incedere, e fu in quel momento che Edmund colse l'occasione saettando oltre Sivhas, concludendo la sua carica in un affondo maestoso e fulmineo, ma la bestia reagì con altrettanta rapidità, nonostante sentisse di essere allo stremo. Sapeva di aver soltanto rimandato di qualche istante la propria morte. Istintivamente, cercò di voltarsi e fuggire, trascinandosi dietro gli arti inservibili coperti del suo stesso, putrido sangue. La manticora balzò felina in avanti, portando a termine la propria opera. Atterrata sul dorso del mostro, che non aveva neppure la forza di dimenarsi, portò gli artigli umidi di sangue fino alla sua bocca e, forte di una misteriosa potenza, spalancò gli orrendi cheliceri fino a separarli dalla bocca. Assaporò l'ultimo grido di dolore di ciò che aveva osato provocare la bestia, poi mise fine alla sua sofferenza con i denti.
Quando tutto fu finito, Sivhas aveva nuovamente il suo aspetto, pervaso da una meravigliosa sensazione di calma, rinnovato controllo di sé. Si era adattato, ed era giunto a comprendere una parte di se stesso che, senza quel fortuito incidente, avrebbe continuato a tormentarlo ogni giorno e ogni notte. Era il momento di andarsene, subito. Tutta la caverna cominciava a colorarsi del tocco di Velta, e lentamente cantava la sua melodia, aiutandola a dipingere una scena tetra, corrotta al di là di ogni immaginazione. Corse svelto verso il cunicolo buio e umido per il quale era arrivato, senza neanche curarsi di dove si trovassero gli altri quattro; era chiaro che lo avrebbero seguito.




Status Fisico: Escoriazioni e contusioni sparse appena sotto le spalle, forte senso di stanchezza, taglio superficiale sulla guancia.
Status Psicologico: Calmo.
Danni subiti: Medio + Basso Corpo | Medio Mente
Energia: 30%-10%=20%
CS: 1 Destrezza, 1 Intuito 2 Forza (+2 alla Forza e 2 alla Rapidità), per un totale di 6 CS
Vehemens[Guanto d'arme artigliato]: Braccio sx
Vepres[Catena di rovi]: Arrotolata lungo Vehemens

Tecniche Attive utilizzate: Personale Variabile offensiva a consumo Medio
CITAZIONE
La forma di offesa allo stato più grezzo e violento. In base all'energia infusa nell'azione seguiranno mutazioni crescenti nel corpo di Sivhas; una serie di venature e riflessi vitrei ricoprirà la sua pelle, fino a renderlo, in casi più rari, una sagoma apparentemente riflessa in un vero e proprio specchio. Mediante uno sforzo Variabile Sivhas provocherà un danno di pari entità attraverso scatti, impeti e manovre offensive che chiuderanno rapidamente le distanze, portando il Riflesso il più possibile vicino all'avversario, sempre in posizione di poterlo offendere in mischia con armi bianche o a mani nude, cercando quando possibile di atterrare il nemico in seguito alla colluttazione.

Passive influenti: Passiva I livello del dominio Assassino
CITAZIONE
Inoltre, lo scorpione influisce passivamente sui movimenti di Sivhas, annullandone i suoni prodotti.
Il suo corpo sarà privo di odore e incapace di essere percepito indirettamente, vuoto come il Riflesso che è diventato.

Riassunto:
Qui, un sunto delle tecniche utilizzate dai vari personaggi
CITAZIONE
Bebilith – Abilità a consumo Medio per iniettare veleno |schivata di consumo Alt.

Grief – PU di 4 cs ad area [+4 cs, 2 in forza fisica, 2 in rapidità a tutti], abilità di potenza Bassa della durata di due turni che rende una o più creature poco inclini a notarlo.
Khreela – passiva che permette percepire ogni singolo movimento di una creatura visibile, dardo di potenza Media che stordisce e causa danno fisico.
Gholb – malus psionico che lo rende incapace di combattere contro creature mostruose
Edmund – affondo di potenza Alta.

Quando Sivhas si trova sul Bebilith, questo riesce a dimenarsi e a ferire la manticora con una tecnica Media (tossina stordente, danno Medio, -10% alle energie) accompagnata da un colpo non tecnica che cagiona un danno Basso.
La manticora balza indietro, poi Grief utilizza il suo PU ad area e Khreela scaglia un dardo di potenza Media, colpendo il ragno che non vuole sprecare energie per pararsi da un'offensiva del genere.
Il bebilith vede arrivare Edmund e schiva il suo colpo (tecnica di potenza Alta contrastata con una schivata di pari consumo, [-20% alle energie.]) Stremato[al 10% delle energie, dunque prossimo allo svenimento], il ragno cerca di fuggire, ma la manticora, cominciando a sentire la stanchezza, lo raggiunge attraverso un altro uso della personale (lanciata a potenza Media) e atterra su di lui, lo priva dei cheliceri, e lo uccide masticando la sua testa, forte del divario di CS.
Dopo di ciò, tornato in forma umana quasi senza rendersene conto, ripercorre la strada per la quale era venuto, dirigendosi all'esterno.

Note: Con questa giocata ho avuto modo di approfondire il personaggio di Sivhas in un modo che non mi sarei aspettato, scoprendo io stesso parti del personaggio che non avevo notato e che ho avuto modo di esplorare. E il titolo di questa giocata è assurdamente azzeccato. Grazie tante.
 
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view post Posted on 18/3/2015, 19:58
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Cardine
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Scrittura
Suggestiva e consapevole. In generale anche piacevole da leggere.
I tuoi testi sono scevri di errori grammaticali o refusi di battitura - ti assicuro che è sempre un piacere. Da questo punto di vista più tecnico però criticherei un poco alcune tue scelte, come la suddivisione dei periodi o quella dei paragrafi. Prendo come esempio quest'ultimo post, dove dici: «Tuttavia vi era un enigma in tutto ciò che diceva, ogni sua espressione era fuori dalla portata dell'immediata comprensione, le sue parole alludevano chiaramente a qualcosa di oscuro, Sivhas ricordava di aver provato a vederci chiaro, ma da ogni risposta derivavano decine di domande». Forse adesso, rileggendola, ti sei accorto di come suona ripetitiva. Questo perché hai messo in fila una serie di principali autonome come si trattasse di un asindoto. O è un errore, oppure una figura retorica non riuscita. Spesso questi refusi provengono da una mancata rilettura o una modifica postuma non seguita da un ulteriore controllo, quindi presta attenzione!
Stesso discorso per la divisione in paragrafi: l'ultimo del tuo ultimo post è inspiegabilmente lungo, quando al suo interno avvengono numerosi cambiamenti che avrebbero meritato, a mio avviso, un'importanza maggiore. Non è sbagliato ciò che hai fatto, ma avresti potuto pensarci meglio. Ti consiglio di porre attenzione anche su quell'aspetto, spesso sottovalutato anche dagli scrittori più abili, dato che si può sostenere che il paragrafo sia quell'elemento, all'interno del racconto, che dona ad esso il "respiro". (Non mi prendo il merito di questa affermazione: lo ha detto Stephen King, mica io).
Hai però dimostrato abilità non da poco, dando prova di una certa esperienza, e ti sei adattato bene alle situazioni. Non ho dubbi nel dire che, per quanto concerne la scrittura, meriti la fascia verde.
Strategia
Questo è un campo sempre molto difficile da valutare in un arrivo e bla bla bla. La verità è che hai fatto anche più di ciò che ci si poteva aspettare, nel breve combattimento che ti ho messo davanti. L'utilizzo di mimetizzazione per evitare l'attacco fisico è stato molto strategico ed apprezzabile, come anche l'abilità - comincio già a parlare con i termini post patch - Trappola incandescente. Nel secondo turno, nonostante tu sia stato costretto a utilizzare due volte la stessa abilità, hai reagito con astuzia all'attacco del Bebilith. Buona anche la combinazione di tecniche nel post finale, non troppo forzata, che ha portato alla conclusione del combattimento in modo più che naturale. Al tuo posto avrei sfruttato un po' di più quel power up ad area permettendo anche ai png di scagliare qualche attacco fisico, ma non sempre mettere più carne al fuoco è una buona idea.
Sportività
L'ultimo post era niente di più che una trappola in cui sarebbe stato facile cadere, ma tu sei stato bravo. Ci sono alcuni piccoli nèi qua e là, come l'utilizzo un po' ardito di certe abilità che strategicamente va molto bene, ma dal punto di vista sportivo potrebbe non piacere. Ma non hai commesso autoconclusioni e sei stato sempre corretto. Conosci bene il gioco e sai altrettanto bene come si gioca. Davvero nulla da recriminare, quindi.


Abbiamo finito! Per sapere cosa succederà a Matkara non molto tempo dopo gli avvenimenti da te narrati ti invito a dare un'occhiata ai cataclismi territoriali del ciclo Stygis - dall'abisso. Ora salutiamo la fazione dei Molti e accogliamo al suo posto la Corte dell'abisso!
Ti assegno l'energia verde e 1000 gold di ricompensa ma, come già ti aspettavi, non hai diritto all'abilità personale gratuita che la promozione garantiva in precedenza. Consolati con il fatto che ora 1000 gold sono davvero tanti. Io aggiungo al mio conto i 400 gold che mi spettano per la gestione di questa pseudo-quest.

E buona permanenza su Asgradel!
 
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12 replies since 8/2/2015, 20:09   235 views
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