Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Stўgis - Adunanza

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view post Posted on 25/2/2015, 15:05
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And...bla..Bla..BLA
·······

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Notte Prima
Di tutte la più silenziosa e cupa.

Nel vuoto risuona macabra, lenta e cupa, la mia voce. Pare lamento d'animale.
Riconosco le parole, riconosco l'inflessione, eppure certezza non darei sul definire che per davvero essa possa appartenermi.
In quel tono cadenzato,
in quella vaga accentuazione di sillabe ed aspirazioni, come se il semplice proferire altro non sia che mordere le parole, ed una dopo l'altra sputarle fuori a rigurgito di ciò che erano.
Son davvero io?
Oppure vi è una strana magia nel semplice proferire parole che ad altri appartengono e spacciarle per proprie? Nel simulare voce e sentimento che miei non sono, eppure innegabilmente sento risalire dalla mia anima?
Di cenere e vanità,
direbbero pensieri più saggi dei miei,
le sillabe di chi sillabe non ha.
Eppure, mio malgrado, ho scoperto che in altro modo non mi è più concesso di parlare. Solo un farfuglio sommesso, corrotto, a soppiantare auliche parole ad ogni mio vano tentativo di ribellione. Come se le mie stesse labbra si opponessero nel sussurrare scempiaggini e goffe storpiature della lingua a cui mio malgrado so di non appartenere.
Nel risalire della rabbia, avverto quasi per caso il terreno sotto le mie mani sbriciolarsi, vinto da quella pazzia che oramai non mi è più possibile mostrare. Giacché è cosa assai normale vedere un pazzo sputare e sbraitare, ma non un pazzo di tutto punto vestito che tutto rosso, eppure ben lavato e lucidato, se ne esca con un
perbacco, quanto sono adirato!
E' allora che lo avverto nell'oscurità. Un respiro greve e agitato, ansioso. Distante abbastanza da lasciarmi indulgere sulla mia mancata capacità di avvedermene fin dal principio, eppure sufficientemente regolare da lasciarmi indovinare che da molto, e non da qualche istante, ne avessi trascurato la presenza.
Sospiro.
"Vattene"
non desidero avere spettatori. Non ora che tutto di me assomiglia così tanto ad una penosa pantomima di realtà.
Il respiro trasale, scatta indietro e fugge.
Per poi, il giorno dopo, tornare.

VM8yte9

E non in solitudine, ma con un amico altrettanto spaventato ed altrettanto ansioso ad accompagnarlo.
Forse sono carnivori, ipotizzo, piccoli demoni dell'oscurità alla ricerca di facili prede. Mi hanno fiutato ed ora, mio malgrado, è cosa davvero probabile che mi vogliano sbranare. Del resto come dargli torto? Trovare una preda esanime, sola, indifesa nelle gallerie di Baathos non è cosa da tutti i giorni. Sorrido nel buio mentre, con un semplice cenno della mano, li scaccio ancora una volta.
Perfino di me stesso stento a ricordare le sembianze. Sono ombra e fuliggine del me di un tempo, divorato dalla notte, smembrato dai ricordi, riverso a terra come una carcassa morente di un passato forse troppo crudele, forse troppo forte per potervi resistere.
E dunque eccoli qui, gli spazzini del sottosuolo. A me giungono ansiosi di annientare l'ultimo macilento riflesso di me, abbastanza stremato da non reagire eppure ancora sufficientemente forte da resistere fino ad un numero di due.
Ma di tre?
Tornano vicini gli uni agli altri, stretti come fanciulli il primo giorno di scuola, ed insieme si avvicinano a piccoli passi fino a che nella notte mi è possibile scorgere il famelico scintillio delle loro pupille.
Hsssshhh
Scappano rapidi, nel mio schiudere le labbra in sibilo di serpente. Ringhio letale eppure svilente nella propria avulsa manifestazione.
Che io fossi più potente prima, mi è difficile oramai ricordarlo. Grottesca creature di zampettare formata, i miei pensieri parevano nodose spire alla deriva di un concitato bisbigliare, folla rumorosa nelle mie orecchie stipata e li insieme intenta a sussurrare, instancabile monotonia
"Andate via"
Sono quattro ora, o cinque forse, eppure a vederli parrebbero già dieci o più. Son piccoli come sputi, maleodoranti e molesti come zecche delle caverne, eppure adesso non riesco a respingerli con la medesima indolenza di prima. So che è il mio cuore -di certo non il mio affetto- che bramano, eppure non riesco a non pensare a quanto essi paiano sempre più - in qualche modo - visitatori molesti che ogni giorno si presentano alla mia porta bussando alla finestra, e non sul battente, per paura di farsi notare. E non attendendo risposta alcuna li rimangono imperterriti, fino al mio cavernoso digrignare i denti e ostinatamente gridare
"Via, non c'è nulla qui per voi che gradirei abbandonare"
Ma quando sono un centinaio e più, cicaleggio rumoroso e inarrestabile, una miriade di piccole iridi rosso fuoco a brillare come sanguigno firmamento attorno a me, la mia voce non pare più bastare.
Esitano un attimo, forse nel profondo turbati da quel mio colorito improperio tutto gentilezze e rabbie affatto credibili, ma desistono comunque dall'andarsene, forti come sono del proprio indecifrabile numero. Così io taccio, e nel mio indolente giacere laddove essi mi hanno trovato, sorrido con denti d'acciaio nel buio.
Non lascerò che mi prendiate.
Vorrei dire.
Sebbene sappia che esistono quantità impossibili da fronteggiare pur avendo con due draghi e tanta disperazione in corpo. Neppure quando la tua pelle trasuda scaglie prossime dal comparire, pallida come cera ed al contempo ruvide sotto i polpastrelli al pari di pietra calcarea. E' così tanto tempo che giaccio qui, che a fatica ricordo cosa voglia dire camminare. E malgrado ciò per un momento mi chiedo come sarebbe riprovare, così per scherzo, a correre. Snudare le mie grottesche membra e decidere improvvisamente di fuggire dinnanzi ad una fine così ricca di indifferenza e casualità.
Una fine da preda, e non cacciatore come a lungo credetti di essere.
Ma ormai, i Molti tacciono, abbandonandomi all'Uno che ora sono. Unico tassello di una scultura che ancora prima di essere finita, si sgretolò fra le mie mani lasciandomi con un unico pezzo fra le dita. Due Monete. Così che la mia anima sapesse bene dove andare, una volta giunta la mia tanto agognata ora. Oro a discolpa di tutto ciò che fui ed un giorno desiderai di essere. Ancora più potente. Ancora più alieno all'umanità che come un giogo rovente mi aveva consumato.
Due Monete, preziose come occhi sgranati nel buio, soli eppure...
Improvvisamente i Cento e più attaccano. Da ogni dove si slanciano, insetti carnivori sull'agonizzante preda.
I Cento e più...
I Molti...
Ed afferrarne il più vicino e con un semplice movimento frantumare il suo cranio sulla pietra è cosa da nulla. Pare quasi di non essermi nemmeno mosso mentre i miei denti affondano nel bacino sfondato e della sua vita fagocitano carne e sangue fino all'ultimo anelito.
Così il roboante assalto si blocca improvvisamente ai miei piedi. Come animale unico si schianta di botto attorno a me, sgomento diffuso ed incredulo prima che assieme all'innalzarsi della mia mano insanguinata, tutte le pavide teste di quegli esanimi avvoltoi si reclinino all'unisono.
No.
Non lascerò che mi prendiate.
Non così. Non Ora.
Mai e poi mai lascerò che i Molti abbiano la meglio sull'Uno.

Alzarsi in piedi è un'esperienza quasi insolita e dolorosa ora che il mio corpo giace in uno scheletro troppo debole e fragile per sopportarne la potenza ivi racchiusa. Ma non vi è forma più cara di questa che accetterei di possedere. Così ansimo appena, lasciando che garze e bende oramai vecchie mille anni e ancora si sfilaccino attorno a me lasciandomi inaspettatamente nudo e pallido nel comune ansimare.
Lo scorgo appena nel dipanarsi dell'ombra, il profilo del mio Essere. Curva flessuosa in una piega di acre ironia. Affatto bello, a dire la verità. Eppure sufficientemente singolare -unico- da togliermi il fiato e lì lasciarmi nell'atto della contemplazione, ad immaginare quanto meno potrebbe essere bello se apparisse anche solo un poco più normale.
Ed è davvero come brillare di nuovo, risplendere quasi, in quel riflesso di mille occhi sparuti che all'unisono guardano ciò che egualmente io paio incapace di non apprezzare. E' come se il baluginio delle loro iridi crepitasse intorno a me, antica fiamma che del mio cuore conserva memoria.

"Io sono Shahryar"

ricordo allora a me stesso, improvvisamente conscio di come un nome possa rappresentare non solo un'origine, ma anche un destino.
Delle Mille ed una Notte il Malefico persecutore.
Padrone di incubi e favole, predone del libero e più semplice immaginare.

zrSAdxI

La mia mano trema appena, gocce rosse a creparsi su di essa come arazzo sgomento. Nel suo atteggiarsi colgo appena il piglio dominante delle dita, tese come a schiacciare i volti attoniti che ora la fissano senza quasi respirare.
Sorrido.

"E voi sarete i miei primi, fedeli, cortigiani"

Poichè servi è cosa davvero penosa e trista da dire.

"Che altri giungano, ancora, ad omaggiare Shahryar, dei Labirinti il Signore
Qui nell'Abisso nasce oggi una Corte,
dell'incubo il Cuore"

 
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