Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Questi nostri demoni

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Verel
view post Posted on 4/3/2015, 23:14




1joikd1

Duello ufficiale
"Questi nostri demoni"

Lena Lauren vs Hebiko
Bianca (G) vs Verde (C)

dettagli
Turni: uno (1) di presentazione e quattro (4) di duello
Primo post: Lena Lauren
Tempi di risposta: dopo tre giorni dall'ultima risposta verrà applicata una penalità di 0.25 punti in sportività al ritardatario per ogni giorno d'attesa
Regole: si seguirà la normale regolamentazione di un duello ufficiale. Modificare un post dopo la risposta dell'avversario sarà considerato come un demerito. Al vincitore sarà concesso un post di vittoria in cui non potrà però uccidere o mutilare l'avversario (pk off).

Ambientazione - la solitaria cittadina di Pietra Bianca: un piccolo centro urbano tra le pianure dorate dell'Alcrisia, dove sinistri avvenimenti stanno prendendo piede. Dopo una serie di misteriosi omicidi, Lena Lauren è chiamata a investigare. Tuttavia pare che il colpevole sia già stato catturato...
 
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Verel
view post Posted on 6/3/2015, 15:04




Il tenente Andrés Jones era un uomo alto, dai corti capelli color rosso spento portati a spazzola, due malinconici occhi verdi e una lingua tagliente quasi quanto la sua spada. L'uniforme civile del Corpo di Guardia svettava tra gli abiti modesti dei contadini dell'Alcrisia, con il suo colore bluastro e una spalliera metallica recante inciso l'emblema della forza di giustizia di Basiledra.
Jones si trovava a Pietra Bianca da qualche settimana e non vedeva l'ora di tornare in città, o quel che ne rimaneva.
La cittadina di Pietra Bianca era nient'altro che un ammasso di case buttate su una collina dell'Alcrisia come cristalli di zucchero su un dolce, senza ordine prestabilito o grandi fenomeni architettonici ma comunque con un certo, innegabile, fascino. Da lontano il paese poteva essere scorto come se si trattasse di una manciata di piccoli diamanti su un'immensa tela dorata, brillanti e in un certo senso affascinanti, ma comunque sempre e solo pietre. Così Jones, dopo pochissimo tempo, si era reso conto che Pietra Bianca non aveva molto oltre al suo aspetto caratteristico: era un insediamento di contadini che si era lentamente allargato, accogliendo i profughi desiderosi di fuggire da tutte quelle sanguinose guerre di potere che si svolgevano regolarmente sul territorio e ne deturpavano la bellezza.
Espandendosi, Pietra Bianca era inevitabilmente stata coinvolta in queste losche diatribe anche per via dell'insediamento dei Corvi e del credo del Sovrano in seguito alla Guerra del Crepuscolo: ovviamente i nobili locali non erano stati contenti di vedere un gruppo di uomini mascherati indottrinare i contadini su un Dio che non aveva eguali (e quindi tutti gli altri, dai Re agli scudieri, gli erano servi) e avevano dunque cercato di mantenere l'egemonia socio-politica, creando sconquassi ancora più caotici dei precedenti. Da quando la stabilità del regno era stata turbata dall'avanzata della Guardia Insonne poi, i conflitti si erano trasformati in vere e proprie guerre, con signori feudali sempre più agguerriti e spregiudicati nel mandare i loro eserciti a conquista di territori che per il governo centrale non rappresentavano altro che minuscoli sputi di terra. Solo una volta ristabilita l'autorità monarchica l'Alcrisia avrebbe potuto ritrovare il precario equilibrio di un tempo.
Ma intanto si erano palesati loschi individui pronti a tutto pur di arraffare quanto più potere possibile.
Jones era un uomo arguto, brillante e abile con la spada. Tuttavia cosa avrebbe potuto fare con queste capacità senza un lavoro? Il Regno ormai caduto non poteva più sostenere le spese di un esercito, che si era diviso e frammentato nella costellazione di città-stato che ora animavano i territori umani. Ma la sezione sud Basiledra del Corpo di Guardia era rimasta in città, per badare ai profughi e proteggerli il più possibile dai briganti e saccheggiatori che si spingevano sin nelle profondità della crepa dei Lorch pur di raccogliere qualche tesoro del vecchio Cuore di Marmo. Durante l'assedio e l'occupazione della Guardia Insonne Jones era stato lontano dalla capitale, si trovava già a Pietra Bianca per risolvere un caso alquanto fastidioso che il suo comandante, Alexander Terghe, gli aveva affidato.

«Madeleine. Chi non muore si rivede.»
Jones sfoggiò uno dei suoi sorrisi più fascinosi, appoggiandosi alla scrivania piena zeppa di scartoffie con il gomito e sporgendosi verso la sua ospite. Quell'ufficio non era davvero il suo, apparteneva al podestà di Pietra Bianca, gestore di tutti gli affari della cittadina. O meglio, apparteneva al podesta, deceduto pochi giorni prima. Era una sala troppo decorata per i gusti di Jones, che disprezzava gli affreschi sul soffitto quasi quanto la montagna di documenti di cui avrebbe dovuto occuparsi. Lui era un uomo d'azione! Che ci faceva dietro ad una scrivania?
«Chiamami Lena.» Tagliò corto l'investigatrice, sedendosi di fronte a Jones su uno sgabello e ignorando le sue maldestre avance. «E così il podestà è l'ultima vittima. E tu, essendo il militare di rango più alto rimasto, sei stato incaricato dai cittadini per governare gli affari della città. Sono sorpresa di non vedere un corvo al tuo posto.» Lena rispose al sorrisetto del soldato con uno sguardo tagliente, come per sfidarlo.
«E così la nostra aspirante investigatrice non si smentisce mai. Sono contento di vedere che non hai perso il tuo tocco, cara.»
«Investigatrice e basta.» Lo corresse per la seconda volta Lena, che si sarebbe già spazientita se non avesse già avuto qualche litigio con Jones qualche anno prima, quando il Corpo di Guardia si era messo in mezzo ad una delle sue prime indagini, a Basiledra. «Come stanno Alexander e Giulia? So che alcune unità del Corpo di Guardia sono rimaste in città nonostante i trambusti.»
Jones si ammutolì, ricadendo sullo schienale della poltrona. «Giulia è morta. Alexander si è tuffato nel lavoro da allora. Abbiamo tre nuove reclute ora.»
La rivelazione sembrò far attorcigliare lo stomaco di Lena, che bisbigliò un timido "mi spiace" e lasciò che Jones continuasse la conversazione lasciando perdere gli spiacevoli convenevoli.
«Ti ho mandata a chiamare da Taanach per risolvere un caso spinoso, Lena. Assassinii, e quanti! Quelli di cui siamo a conoscenza sono ben sette, incluso quello del precedente podestà, che è morto poco tempo dopo che ti ho inviato la lettera con tutti i dettagli. Volevo assoldarti per risolvere finalmente questo problema e tornarmene a Basiledra, ma...»
Lena si sporse in avanti, interessata.
«Sei arrivata tardi. Abbiamo catturato questo bastardo.»
Un'espressione di vero disappunto si impadronì del volto di Lena. Aveva attraversato l'intero deserto dei See lasciando la sua gilda di Taanach sotto la costante minaccia di un'invasione demoniaca per niente?
La delusione si trasformò rapidamente in rabbia. Lo sguardo dell'investigatrice si fece di fuoco, come se avesse voluto incenerire Jones per aver catturato il colpevole che lei, per dovere, avrebbe dovuto acciuffare. L'idea che delle vite erano state potenzialmente salvate non la sfiorò nemmeno. «Cosa?» Sbottò, faticando a contenersi.
«Lo so, lo so!» Rispose il soldato, come leggendo nei pensieri dell'investigatrice. «Ma è anche il mio lavoro! Non potevo aspettare che tu arrivassi e rischiare di trovarmi altri due, tre cadaveri sulla coscienza!»
Lena sembrò calmarsi, lasciando uscire l'irritazione con un profondo sospiro. «Pretendo il pagamento pattuito per mancanza di rispetto dei termini del contratto e che tu mi lasci interrogare questo tizio. Non sono venuta qui per niente.»
«Ti concedo entrambe le cose, naturalmente. In nome della nostra vecchia amicizia?» Jones ripropose il suo sorriso fascinoso, ma Lena si era già alzata. La sua voce era fredda e spazientita: «Mi farò dare le indicazioni dalla guardia qui fuori. Ti auguro un piacevole ritorno, Jones.»

Lena non dovette fare molta strada: le segrete dove venivano rinchiusi i malviventi si trovavano direttamente sotto il palazzo del podestà, come per rappresentare la loro sottomissione al potere del governatore. L'aria nei sotterranei era pungente e le correnti d'aria fecero rabbrividire l'investigatrice. Una giovane guardia l'attendeva davanti alla cella dell'assassino. Lei gli rivolse uno sguardo amichevole e gli disse a bassa voce di rimanere dove il prigioniero non avrebbe potuto vederlo, in modo da mettere a suo agio il colpevole ma anche per avere un testimone che potesse confermare le dichiarazioni di Lena.
Jones l'aveva aggiornata rapidamente sugli sviluppi più recenti. Dopo essersi infiltrato nell'abitazione del podestà, l'assassino gli aveva tolto la vita con quello che doveva essere uno strano sortilegio: non c'erano segni di colluttazione sul corpo del cadavere e non era stata rilevata la presenza di veleno. Ma l'assassino aveva commesso un errore fatale e, in effetti, troppo stupido per essere vero.
Era uscito dalla porta principale. Il giorno dopo gli uomini di Jones lo avevano identificato e catturato grazie alle testimonianze di chi lo aveva visto uscire dal palazzo del podestà.
Lena era felice di essere rimasta a Pietra Bianca, perché qualcosa non tornava. Com'era possibile che dopo ben sei delitti perfetti (per Jones, ovviamente) un assassino in grado di uccidere un uomo senza lasciargli alcun segno commettesse un errore così cretino? Jones era un uomo arguto e intelligente, ma era anche accecato dal bisogno di tornare immediatamente a Basiledra per assicurarsi dell'incolumità della divisione a cui apparteneva, e quindi avrebbe potuto fare un giudizio affrettato.
Lena era in piedi dinnanzi alla cella dell'assassino.
Le sbarre di ferro rugginoso li dividevano. Lena si chiese se quella sistemazione fosse abbastanza sicura per trattenere quello che doveva essere un incantatore, o peggio un negromante.
Il carcerato era un uomo inaspettatamente magro e pallido, fragile e vestito di stracci scuri e sporchi. I suoi capelli erano caduti a chiazze e gli mancano dei denti, ma i suoi occhi erano vivi e il loro sguardo, che Lena incrociò per un istante solo, era carico di malizia. L'assassino non badò a Lena dopo averle rivolto quell'occhiata, ma continuò a fare quello che stava facendo: scarabocchiare il pavimento con una pietruzza. La donna si piegò sulle ginocchia in modo da avere un contatto visivo con l'assassino alla stessa altezza.
«Qual'è il tuo nome?» Ma il carcerato non rispose. Lena iniziò a sentirsi meno a suo agio di quanto avrebbe dovuto per mantenere l'interrogatorio il più liscio possibile. C'era qualcosa di strano e alieno in quell'uomo, qualcosa che stava intaccando la sua anima, la sua vera essenza. Lena iniziò a temere il peggio. «Sai dove ci troviamo?» Nessuna risposta, solo il regolare suono della pietruzza contro il pavimento.
Lena si alzò, rinunciando ad ogni approccio amichevole. Il suo tono iniziò a tradire i segni dell'irritazione che si era portata sulle spalle sin dalla chiacchierata con Jones. «Rispondimi!» Afferrò le sbarre con violenza, incapace di trattenere il temperamento esplosivo che a volte si impossessava di lei. Il carcerato si immobilizzò, continuando a dare le spalle all'investigatrice.
«Hai ucciso tu il podestà di Pietra Bianca? Rispondi!»
«Sì...» Sibilò l'assassino.
Lena si morse il labbro, quasi delusa. «Perché lo hai ucciso?»
«Perché... perché... mi aveva dato fasti.... fastidio...»
La voce Lena si fece perentoria. «Non mentirmi.»
«Questa è... la volontà del serpente...?»

L'investigatrice non riuscì più a cavare una risposta dal prigioniero. Ma non si era data per vinta. Si era fatta accompagnare da un Jones sempre più impaziente nelle stanze del podestà, che ovviamente alcuni soldati troppo scrupolosi avevano messo a soqquadro pur di trovare qualcosa. Lena rimproverò il soldato per la sua mancanza di perizia nelle indagini e lo spedì a casa sua, così che potesse dormire e la mattina seguente tornare a Basiledra, lasciando il potere della città in mano al Corvo -un novizio, visto che il suo superiore era stato assassinato.
Lena rimase in quelle stanze per ore. Ma per lei quelli furono minuti. Quando iniziava a lavorare Lena diventava instancabile e incontentabile, rimanendo alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto benissimo non esistere.
Quella volta, però, esisteva. Era minuscolo, quasi invisibile. Ma letale.
E con esso, una verità ancora più letale si era aprì a Lena Lauren.

L' investigatrice si precipitò a perdifiato fin nelle segrete, animata da un timore profondo. Il palazzo del podestà, senza Jones, era praticamente deserto. Il primo uomo che Lena incontrò era la giovane guardia di quel pomeriggio, ma appena lo vide gli occhi di Lena si riempirono di orrore: il giovane era riverso su una scalinata delle segrete, immerso nel suo stesso sangue che scorreva giù dai gradini con il un macabro rintocco. Plic, plic. Era morto, ma non da molto. Lena non si chinò nemmeno su di lui, ora certa di cosa avrebbe trovato poco più avanti. E i suoi timori divennero realtà.
L'assassino, il prigioniero, era steso esanime nella sua cella. La porta della cella era ancora chiusa, e le chiavi ancora nella cintura della giovane guardia. Lena estrasse la sua Misericordia e sparò un colpo contro la serratura della cella, la cui porta si aprì con un calcio ben assestato. Entrando nella cella, Lena lesse con orrore cosa recitava la scritta incisa ripetutamente dall'assassino sulle quattro mura del suo piccolo mondo:

" AHRIMAN "

L'intuito di Lena si era dimostrato corretto. Quell'uomo era stato corrotto, e la sua anima non era completamente umana -questo lei lo aveva percepito, ma i segni della trasformazione non erano ancora abbastanza evidenti per permetterle di essere certa che il prigioniero fosse diventato un demone.
Il corpo dell'assassino a differenza del precedente cadavere non era ferito, e Lena avrebbe potuto scommettere che non aveva nemmeno ingerito del veleno.
La terribile risposta al dilemma posto da quella morte e da quelle precedenti si trovava nelle mani di Lena.
E in quelle del vero assassino.

Lena si fiondò fuori dal palazzo, nella luce del crepuscolo. Il sole si stava per inabissare tra le colline dell'Alcrisia, e presto le tenebre sarebbero calate su tutto quanto. L'investigatrice si guardò attorno con ansia, cercando in ogni direzione un qualsiasi segno del passaggio di un uomo. Fu allora che, con la coda dell'occhio, colse il lembo di un mantello scuro sparire dietro ad un vicolo. Lena si gettò alla rincorsa di quell'ombra, senza sapere davvero se avrebbe trovato qualcosa o qualcuno, ma non importava: l'assassino era certamente vicino, anzi vicinissimo. Lena aveva permesso tutto quello. Aveva mandato a casa Jones, spogliando il palazzo dalle difese offerte dai suoi uomini, e permettendo all'assassino di entrare e commettere le sue efferatezze. Era stata convinta che quell'uomo, ora morto, aveva ucciso davvero. Ed in effetti era così: non aveva mentito. Ma aveva mentito sul perché, ed ora il motivo era chiaro:
aveva ucciso per conto di qualcun altro.

Quando Lena svoltò l'angolo, estrasse immediatamente Misericordia e la puntò contro quella figura oscura, avvolta nel suo mantello. Ma quelle precauzioni non sarebbero mai servite per celarsi agli occhi dell'investigatrice:
il vero assassino era un demone.
«So che hai appena ucciso due uomini, mostro.
Non provare a scappare o mentirmi, o ti uccido.
Rivelati!»

Il vero assassino era un serpente.

Risorse
Energia: 100%
Fisico: 75%
Mente: 125%
Passive utilizzate
Lena può riconoscere le menzogne (utilizzi: 5/6)
Lena può riconoscere la razza altrui (utilizzi: 5/6)
Note: divertiamoci! Tra poco ti mando delle specifiche sulle modalità che avevamo stabilito per mp!


Edited by Verel - 7/3/2015, 00:00
 
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Shavronne
view post Posted on 7/3/2015, 16:49









Quando raggiunse la città di Pietra Bianca, Hebiko per la prima volta ebbe a che fare con la società umana. Si era presentata al palazzo del podestà raccontando la classica storiella della giovane principessa di un regno lontano caduta in esilio; aveva fatto scendere qualche finta lacrima e pronunciato qualche tenera parola e, in dieci minuti aveva ottenuto la stanza più lussuosa del palazzo; non che in quel posto ci fosse qualcosa che vi si potesse definire veramente lussuoso. Oltre ad un letto a baldacchino che occupava il centro della camera vi erano un armadio uno specchio e un comodino, tutti ormai troppo vecchi per dare all'ambiente un aspetto nobiliare.
«Mia signora cosa ci facciamo in un posto del genere... non merita la vostra presenza...»
Il gobbo, che aveva recitato la parte del povero servo rimastogli fedele, aveva ottenuto uno sgabuzzino.
«Mio inutile e lamentoso servo, il viaggio è lungo e noi abbiamo bisogno di informazioni...» poi con un sorriso innocente e terrificante allo stesso tempo aveva aggiunto «...e io ho voglia di divertirmi.»

Aveva passato i seguenti giorni a passeggiare per le bianche case della città. Le donne attratte dalla sua eleganza e dai suoi modi nobili non facevano altro che trovare pretesti per potersi far vedere in sua compagnia, così poi da vantarsi con le amiche, i maschi invece la desideravano: erano soliti accompagnarla lungo le strade con sguardi carichi di desiderio, ma quasi nessuno aveva avuto il coraggio di iniziativa. In poco tempo la ragazza aveva capito le usanze e i pensieri della popolazione: venivano comandati dal podestà, al quale riconoscevano la massima autorità, poi c'era il corpo di guardia cittadina che si occupava della sicurezza e del potere esecutivo e infine vi erano i Corvi e il loro credo.
I suoi giochi erano iniziati quando, così per caso, Hebiko aveva incontrato durante le sue solite camminate Artus Folk, un tipo che abitava ai margini della città e che veniva evitato dal resto della popolazione. Era un uomo dall'aspetto emaciato, senza cura per se stesso, ma la cosa che aveva attirato l'attenzione della ragazza era la sua fragile psiche completamente diversa da quella dei suoi concittadini.
Quando lei aveva provato a discutere, lui aveva completamente ignorato il tema della conversazione ed aveva iniziato a vaneggiare: aveva parlato di demoni e divinità, di come lui la sera svolgeva riti e pronunciava preghiere nascosto nella sua baracca e di come la gente del posto lo prendeva per pazzo. Hebiko aveva ascoltato i suoi discorsi con attenzione, come se fossero stati i più interessanti che avesse udito durante quei giorni. La principessa decise; avrebbe donato a quel povero pazzo trasandato un barlume di felicità, gli avrebbe dato il suo demone. Naturalmente tutto questo aveva un prezzo.
Quella stessa notte Hebiko si era presentata sulla soglia della baracca di Artus Folk, era poco più di un buco con i muri sporchi e il pavimento di legno marcio. Il fuoco contenuto in un camino illuminava l'unica stanza, le fiamme nascevano e morivano alternando luce e ombra sul giaciglio di paglia su cui stava inginocchiato il padrone di casa. Era talmente intento nella lettura di una macabra preghiera scritta su un giallognolo pezzo di pergamena che non si era accorto della presenza della principessa, nemmeno quando questa si era trasformata mostrando il suo vero aspetto demoniaco.
«Tu mi hai chiamata mio fedele servitore!»
Al sentire di quelle parole Artus aveva lasciato cadere la pergamena e si era voltato di scatto. L'espressione che comparve sul suo volto era qualcosa di impagabile: terrore e ammirazione si alternavano facendo compiere alla bocca movimenti innaturali e ridicoli. Hebiko in quel momento ottenne la certezza: quell'uomo ormai era suo, avrebbe eseguito qualsiasi suo ordine. Senza aspettare una risposta la serpe d'argento aveva lasciato cadere ai piedi del suo nuovo accolito un pezzo di carta con nomi e date ed un ago d'oro molto simile a quelli presenti nei suoi capelli.
«Pungi con l'ago le persone scritte su quel foglio, ESEGUI!»

Nei giorni seguenti erano iniziate le morti misteriose di Pietra Bianca. Hebiko si divertiva a vedere come le sue azioni modificassero la vita dei cittadini, vedeva la loro paura, ascoltave le loro stupide ipotesi e nel frattempo provava a comprendere la mente umana.
Il primo a morire era stato un commerciante che durante il mercato aveva provato a raggiungere con la mano le curve della ragazza, lei lo aveva dolcemente fermato ed aveva subito ripreso il suo percorso attorno alle bancarelle. Il secondo era un Corvo, la gente non doveva pensare che una carica importante potesse essere immune al suo volere. Poi era toccato ad una ragazza che, più insistente delle altre sue amiche, aveva provato a fare amicizia con la principessa annoiandola con i suoi terribili discorsi: come fai ad avere dei capelli così belli? Mi insegni a truccarmi come te? E così via.
In fine era toccato all'ultimo della lista: il podestà, cancellando così la figura di maggiore autorità e potere della città.
Nella sua stanza, lontano da occhi indiscreti, il gobbo esultava e si congratulava con la sua signora ad ogni morto ritrovato, ma quando Artus venne catturato rimase interdetto.
«Quell'idiota! Si è fatto prendere, dobbiamo scappare!»
Hebiko lo aveva guardato come se a parlare fosse stato un demente.
«Grazie al nostro amico la guardia cittadina se n'è andata, prova a indovinare come la gente possa accogliere una nuova morte...»

Il sole stava per nascondersi dietro le colline e la sera ormai prossima sarebbe stata buia e priva di stelle. Hebiko aveva percorso le deserte strade cittadine pensando a quanto era stata brava: aveva eliminato il podestà e la guardia cittadina in un sol colpo e a breve avrebbe fatto regnare il caos. Giunse nelle prigioni sotterranee in cerca di Artus ma trovò una guardia ad attenderla.
«Mi scusi signora ma le visite sono chiuse a quest'ora della not...»

Zock!


Il pugnale che aveva tenuto nascosto sotto il mantello nero si conficcò nella gola di lui senza nemmeno lasciargli il tempo di finire la frase, lasciandolo sgocciolante e privo di vita.
Finalmente arrivò di fronte alla cella della sua marionetta. L'uomo appena la vide si precipitò verso di lei, con le braccia che si allungavano attraverso le inferiate nel tentativo di toccarla. La principessa senza dire una parola gli afferrò un polso e lo punse con un ago identico a quello usato per gli omicidi, poi si voltò e corse via.
Ormai era fatta, non vedeva l'ora di scoprire i risvolti l'indomani mattina. Camminò veloce dietro un vicolo, voleva liberarsi del mantello al più presto quando sentì una voce alle sue spalle.

«So che hai appena ucciso due uomini, mostro.
Non provare a scappare o mentirmi, o ti uccido.
Rivelati!»


Qualcuno l'aveva seguita e stava per rovinare tutto. Si voltò lentamente togliendosi il mantello lasciando così libero alla vista il suo bellissimo viso da ragazza e il suo corpo vestito con un elegante kimono azzurro con piccole rose a ricamarne i contorni. Un ampio sorriso nascose la profonda rabbia che stava salendo nel suo animo.

«Come osi chiamarmi mostro?»




B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]



۩ Stato fisico:75%(illesa)
۩ Stato mentale:75%(illesa)
۩ Riserva energetica: 150%(illesa)
۩ Stato emotivo: Arrabbiata

۩ Abilità passive:
Trasformazione demoniaca, usata giorni prima (utilizzi 5/6)
Con l'esposizione al buio della notte gli Hachurui possono mostrare il loro vero aspetto. Quando Hebiko compie la trasformazione i suoi tratti demoniaci, normalmente solo accenati, prendono il sopravvento sulla forma umana. La sua pelle viene interamente ricoperta da squame argentee, la lingua si biforca e le pupille diventano verticali. Il cambiamento maggiore però si svolge dalla vita in giù: al posto delle gambe prende forma un enorme coda di serpente. Oltre ai puri cambiamenti estetici la nuova forma ottenuta risveglia nella mente della razza una sete di sangue latente, un istinto predatorio primordiale. Proprio a causa di quest'ultimo aspetto la principessa serpente tende a trattenere la liberazione della forma demoniaca quando nelle vicinanze vi sono persone la cui esistenza resta gradita.
Passiva razziale: forma demoniaca. Utilizzando questa passiva Hebiko può mostrare la sua vera forma.(Numero di utilizzi: 6)


Malia psionica passiva: attrazione(utilizzi 5/6)
Nel mezzo di un combattimento il guerriero noterebbe lo sguardo malizioso, il mendicante ceco il suo dolce profumo, e la sua voce per le strade svuoterebbe le case. Non importa la razza, il sesso o l'età chiunque trovatosi al cospetto di Hebiko ne verrebbe inevitabilmente tentato.
Grazie al bell'aspetto unito ai modi eleganti e sensuali, la principessa serpente è riuscita a perfezionare questa sua dote innata. Infatti la malia esercitata non si limita ad un mero piacere carnale ma ad una impossibilità di opposizione: le sue proposte risulteranno all'orecchio dell'assoggettato stranamente allettanti e la sua ingombrante presenza difficilmente ignorabile.
Passiva di talento(Affascinare): attivando questa passiva Hebiko crea un'aura di malia psionica, esercitando un sentimento di tentazione sulle creature presenti.(Numero di utilizzi: 6)


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana. Non equipaggiata.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti(20 munizioni per giocata).
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.

۩ Note: Nulla di particolare, divertiamoci!


 
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Verel
view post Posted on 9/3/2015, 18:04




pochi minuti prima

La camera da letto del podestà era nel più completo disordine, in modo non dissimile al resto delle sue stanze. Gli uomini di Jones avevano certamente fatto un lavoro approfondito, ma non sufficientemente accurato: non c'era stato alcun processo metodico per ispezionare la scena del delitto, poiché gli altri sei omicidi precedenti non avevano dato il ben che minimo segno di prova. Tuttavia Lena sapeva che questa volta sarebbe stato diverso, e anche Jones pochi giorni prima doveva aver avuto quel presentimento. Quel presentimento derivava dalla verità dei fatti, ovvero che l'assassino era stato catturato. Ma constatare i fatti non era il lavoro di Lena, non era ciò che un investigatore avrebbe dovuto fare. Bisognava scavare a fondo, fino a raggiungere le più nascoste radici della verità ed estrarle con uno strattone secco e deciso abbastanza per poterle liberare dal cumulo di terra che le imprigionava.
Il compito di Lena non era di agire in base ai fatti, ma di dedurre perché i fatti erano successi.
Quindi, perché l'assassino si era fatto catturare?
Evidentemente, notò Lena mentre si chinava a rovistare in alcuni cassetti, lo stato mentale del colpevole era fragile. Da quanto tempo fosse in questa condizione però non le era dato sapere, anche se azzardò che fosse peggiorato durante la serie di uccisioni, fino a renderlo incapace di pensare chiaramente. Che fosse questa pazzia la causa principe di tutti gli omicidi? Lena non ne era totalmente convinta. Perché un folle avrebbe dovuto uccidere così indiscriminatamente il Corvo più anziano e il podestà, oltre ad altre persone senza una particolare rilevanza politica? Dov'era il nesso? Il problema che Lena stava tentando di penetrare pareva insolvibile: stava tentando di spiegare il comportamento di un folle! Per definizione, le sue azioni non avrebbero dovuto avere un nesso logico. Ma la dichiarazione dell'assassino stesso sembrava darle un'altra pista -"questa è la volontà del serpente".
Fu mentre quelle parole gli tornarono in mente che Lena notò di aver calpestato qualcosa.
Quando alzò lo stivale, vide la risposta alle sue domande.

WzUexWF

ora

«Come osi chiamarmi mostro?»
Il vero assassino, o per meglio dire la vera assassina, rivelò il suo volto a Lena. Era quello di una fanciulla, incredibilmente bella e curata, dai tratti decorati con un pesante velo di trucco in grado di renderla non poi così dissimile da una bambola di porcellana. I suoi occhi incontrarono quelli di Lena e le due si guardarono per un solo, lunghissimo istante, in cui Lena sentì tutta la forza e il fascino della donna che aveva di fronte come se si trovasse stretta in un sensuale abbraccio. Eppure quegli occhi erano freddi, spietati, animati dal rancore per l'insulto subito. Erano gli occhi di una predatrice che scintillavano attraverso un cespuglio di rose, osservando in attesa che la loro preda si fermi ad annusare i fiori.
Tuttavia, Lena aveva rivelato la vera natura di quella bellezza, aveva falciato via il cespuglio e scoperto la vera natura di quella serpe:
quella di un demonio.

«Mostro è l'unica parola con cui ti potrei descrivere, demone. Osserva:»
Lena allora, tenendo sempre puntata Misericordia verso la vera assassina, estrasse con la mano sinistra un oggetto scintillante dalla sua tasca e lo mostrò al demone. Era un minuscolo ago d'oro, quasi invisibile ma certamente letale. Era la risposta che Lena aveva trovato nelle stanze del podestà, l'unica prova che potesse far luce su quasi tutti i dubbi che ingombravano quel bizzarro caso. «Sono sicura che riconosci questo oggetto. La punta era imbevuta di un veleno mortale chiamato "Soffio del diavolo". Non lascia nessuna traccia nelle sue vittime, paralizzandole e poi fermandone il cuore in meno di un minuto. È prodotto solamente dalle ghiandole di una categoria di serpi su Theras: quelle demoniache. Un semplice mendicante non avrebbe mai potuto mettere le mani su questo veleno, potrebbe solamente essergli stato donato.»
Lena buttò a terra l'ago e lo calpestò violentemente con lo stivale, spezzandolo. Nel silenzio delle vie di pietra bianca il suono di quel gesto avrebbe significato presto l'inizio dello scontro, e Lena era sicura che anche la vera assassina lo sapeva. Riportò entrambe le mani sulla sua arma ma non si decise a sparare -era davvero sicuro combattere lì? L'avversario era un demone vero, sarebbe riuscita a sconfiggerlo? Lena aveva incontrato membri di quella razza poche volte e non aveva di certo mai puntato Misericordia verso di loro. La cosa più vicina ad un demone che avesse mai affrontato era stato il "Kaiser" e ne era stata completamente sconfitta.
In ogni caso, non poteva permettersi di tornare indietro.

«Il mio nome è Lena Lauren, e sono un'investigatrice:
so bene che sei un demone, le tue menzogne e i tuoi inganni non funzioneranno su di me.
Perché hai costretto quell'uomo ad uccidere per te?»

Quello era il nocciolo del problema. Perché? Ora che i fatti erano chiari e il primo velo di menzogne era stato squarciato, Lena avrebbe dovuto penetrare ancora più a fondo, fino all'origine di tutto. Non solo al motivo di quelle azioni, dunque, ma anche all'identità di quella donna e la sua storia. Fu allora che, mentre l'adrenalina del momento iniziava ad offuscarle la razionalità, Lena penso alla corruzione. A quella che i Maegon chiamavano tentatio. All'Ahriman e il suo esercito di demoni. Alla sua casa, la sua gilda di Taanach, a Marcus e Maximillian che l'aspettavano. Erano forse in pericolo? Se un demone si era fatto strada fino a all'Alcrisia, sfruttando la corruzione del cuore di un mendicante, era possibile che la situazione al sud fosse degenerata? Eppure, la guerra sembrava ancora lontana quando Lena era partita, la sua presenza era ancora distante, presente soltanto nel vociare preoccupato dei mercati di Taanach. Lena sapeva che la minaccia esisteva, e così tutto l'Akeran. Ma si erano resi conto della portata di quell'evento?
Se il demone che aveva di fronte in quel momento proveniva dai deserti a sud, era anche probabile che fosse in contatto con l'Ahriman stesso.
Qual'era la verità? In quegli istanti, Lena non poteva escludere nessuna di quelle possibilità. Il peso di quella preoccupazione era tutto sulle sue spalle.
«Cosa sai dell'Ahriman?»
si decise finalmente a chiedere. Tuttavia, non si limitò solo a questo. Concentrandosi profondamente per un singolo momento, la mente dell'investigatrice divenne improvvisamente più chiara, fredda e distaccata. La sua offensiva partì istantaneamente: aveva costruito nella sua immaginazione uno scenario, creato nei più piccoli particolari, nel quale la sua avversaria veniva trafitta alle spalle da una copia di Lena con la sua daga, aveva immaginato che la lama le penetrasse il cuore e le emergesse dal petto, uccidendola all'istante. Quello scenario fu chiuso in un frammento della mente dell'investigatrice e spedito verso quello del demone: per quanto forte e potente potesse essere, la sua mente era sempre un meccanismo fragile -è da lì che Lena aveva intenzione di iniziare a spezzarla.
Ma una piccola allucinazione non sarebbe bastata. Senza esitazione Lena esplose un colpo normale di Misericordia, e il proiettile viaggiò velocissimo verso la coscia sinistra dell'assassina, probabilmente troppo presa dall'essere pugnalata per difendersi prontamente.

Le domande che Lena aveva fatto non erano necessarie. Era la sua sete di sapere che aveva dettato il bisogno di conoscere quei dettagli.
L'assassina le era di fronte, e doveva fermarla. Per quello era stata assoldata, il resto poco importava.
Se voleva risposte, probabilmente avrebbe dovuto prenderle dal corpo agonizzante della sua nemica, indipendentemente da quanto più forte di lei potesse essere.
«Parla.»
Vincere era il suo lavoro.

Risorse
Energia: 90% (-10% per affaticamento)
Fisico: 75%
Mente: 115% (-10% per affaticamento)
CS: Intuizione (2)
Passive utilizzate
///
Attive utilizzate
Ispirazione ~ Con un consumo medio di energie, la Lauren può aumentare di due punti le sue CS in intuizione e schermarsi da un assalto psionico di potenza bassa o inferiore nello stesso istante, in modo da poter affrontare qualsiasi situazione che normalmente la vedrebbe in difficoltà (psionica - consumo medio, personale 4/25)

Persuasione ~ Grazie alle sue capacità mentali e alle sue mirabili capacità di osservazione, Lena può insinuarsi nella mente nemica e inserire una pellicola di ricordi creati con cura dei più piccoli particolari senza essere notata. Così facendo può manipolare a suo piacimento i più ingenui, la cui mente sarà affaticata da uno sforzo di entità media -lo stesso che deve compiere l'investigatrice per creare i ricordi in un istante (psionica - consumo mentale medio, personale 3/25).
Note: l'equipaggiamento in possesso di Lena per questa scena è lo stesso che ha in scheda: la sua pistola Misericordia e una daga corta. Lena utilizza "Ispirazione" per guadagnare due CS e "Persuasione" per inserire nella mente di Hebiko il ricordo di essere stata pugnalata da un'altra Lena, creando potenzialmente un momento di distrazione indispensabile per permettere al proiettile sparato dalla vera investigatrice di ferire la coscia sinistra dell'avversaria e intralciarne i movimenti. Questo attacco fisico non è effettuato usando i CS guadagnati in questo turno, che quindi rimangono nella riserva di Lena.
 
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Shavronne
view post Posted on 10/3/2015, 21:00









Nelle case di Pietra Bianca le persone avevano iniziato ad accendere i lumi. La loro luce illuminando le finestre aveva creato nelle strade l'impressione di essere circondati da enormi e misteriose faccie bianche con vividi occhi rossi. Il sole aveva lasciato spazio ad una timida luna parzialmente nascosta tra le nubi notturne che, con il suo fievole bagliore rivelava un leggero strato fumoso di bassa nebbia in grado di occultare i piedi delle uniche due persone attualmente presenti in quella tetra e lugubre via.
Hebiko si era voltata e aveva scoperto l'aspetto della sua inseguitrice: era una giovane donna proprio come lei, era bella proprio come lei, ma erano completamente diverse. I suoi vestiti sembravano voler nascondere il suo lato sensuale e i suoi modi erano diretti e senza giri di parole. La principessa capì da subito che non si sarebbero mai potute trovare in accordo. La cosa che però la urtò maggiormente fu il modo di porsi dell'investigatrice; sicura di sé aveva confermato il suo insulto ed ora stava avanzando teorie e poneva domande, la stava interrogando.
Poteva percepire il suo disprezzo e la sicurezza con la quale lo mostrava, sentiva il fastidio provocato dalla sua presenza manifestarsi sul suo corpo come se fosse stato un seccante prurito o una presenza ingombrante nel suo stomaco. Non poteva ignorare quella situazione e non poteva ignorare quella persona, l'avrebbe rimessa al suo posto mostrandole la grande differenza che le separava.

«Cosa sai dell'Ahriman?»


Quella parola, Ahriman, le era entrata in testa, l'aveva letta nella cella di Artus e lui l'aveva pronunciata confusamente durante i suoi vaneggiamenti ma non aveva idea di cosa significasse. Stava per rispondere quando un'immagine apparve nella sua mente facendole dimenticare completamente la frase che voleva pronunciare. Aveva visto chiaramente una seconda donna, identica all'investigatrice, piombargli alle spalle e trafiggerle il cuore con una daga. Il suo corpo si mosse automaticamente: si girò di scatto estraendo il pugnale ancora sporco del sangue della guardia uccisa poco prima ed eseguì un taglio dove sarebbe dovuta esserci stata la gola del suo aggressore. Il rapido movimento dell'arma fece fischiare l'aria ma nulla di più, alle spalle di Hebiko non c'era nessuno. La ragazza non seppe spiegarsi che cosa fosse avvenuto, lei solitamente viaggiava tra i ricordi e gran parte della sua conoscenza derivava da essi... possibile che proprio loro l'avessero tradita?

Bang!


L'esplosione del colpo di una pistola rimbombò nelle strade della città, un rumore secco e potente che causò l'illuminazione di nuove finestre e qualche rumore lontano e nascosto, molti cittadini dovevano essere stati svegliati.
Il forte scoppio fece rinvenire dai suoi pensieri Hebiko che istintivamente fece una capriola verso destra per poi ritrovarsi nuovamente in piedi di fronte a Lena.
La principessa guardò verso la sua coscia sinistra dove il suo kimono azzurro era stato lacerato, lasciando un lembo di stoffa appeso per pochi millimetri. Per un attimo pensò di essere riuscita ad evitare il colpo, poi però una macchia di sangue nacque sul vestito e si espanse accompagnando un forte bruciore.
D'istinto posò la mano libera dall'arma sulla ferita per constatarne le proporzioni: anche se faceva male doveva essere stata colpita di striscio e riusciva a muoversi ancora liberamente.

«...maledetta...»


Fu poco più che un sussurro pronunciato a denti stretti, in quel momento l'unica cosa importante era il sangue di quella donna.
Hebiko si avvicinò a passo lento verso la sua nemica e con una mano strappò il pezzo di abito macchiato, odiava lo sporco. Dalla fessura creata tra le sottili labbra rosse rilasciò il suo veleno incolore nell'aria. In quella strada nebbiosa sarebbe giunto fino alla mente della vittima e lì le avrebbe mostrato il suo corpo in decadimento con tanta forza da renderlo reale. Quella donna non meritava la bellezza.
Poi la camminata divenne una corsa, fece girare rapidamente e con maestria il pugnale nella mano, pronta a piantarlo nel ventre della ragazza e una volta ferita avrebbe sentito le sue forze abbandonarla con un contatto più intimo: un morso carico del suo veleno alla base del collo.
Da quel sorriso malvagio un piccolo rivolo di un liquido verde pallido stava scendendo verso il mento.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]



۩ Stato fisico: 70% ( -5 danno basso da lacerazione alla coscia destra)
۩ Stato mentale:65% ( -10 danno medio da affaticamento)
۩ Riserva energetica: 120% ( -20 danno alto da affaticamento), (-10 danno medio da affaticamento)
۩ Stato emotivo: Arrabbiata

۩ Abilità passive: //

۩ Abilità attive:
Veleno mentale:
L'aspetto più pericoloso degli Hachurui è sicuramente quello riguardante il loro veleno. Hebiko ha plasmato questa sostanza secondo la sua personalità: un arma subdola quanto letale. Un gas inodore ed incolore, rilasciato dalla bocca, con la capacià di raggiungere con precisione la vittima designata. Esso, a differenza dei comuni veleni, andrà a colpire la mente del contagiato creando in lui la macabra convinzione di stare andando in putrefazione. Sebbene questa sostanza agisca sulla psiche gli effetti immaginati prendono realmente forma sul corpo dell'assogettato, creando veri e propri decadimenti dei tessuti fisici del corpo.
Abilità personale: la tecnica è di natura psionica e ha un costo di energia pari ad alto. I danni causati invece saranno fisici e pari al consumo della tecnica stessa.
Consumo all'energia: alto

Arma subdola
Mai fidarsi di un serpente. Il veleno scorre nelle sue vene e se colpiti da una sua arma vi è sempre il rischio che esso possa scorrere anche in quelle del malcapitato. Il liquido che Hebiko applica sulle sue armi ha un colorito verde pallido e se immesso nell'organismo di un'altro essere potrebbe causare seri danni all'apparato circolatorio di quest'ultimo, manifestandosi come ingenti epistassi o malesseri generali.
Abilità personale: la tecnica ha natura fisica. La principessa intinge una sua arma di veleno, aumentando così i danni causati dal prossimo attacco. La ferita inferta causerà un danno Medio al corpo della vittima. Il veleno resta sull'arma per un singolo attacco.
Consumo all'energia: medio



۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana. Non equipaggiata
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.

۩ Riassunto giocata: Hebiko subisce la tua malia psionica e successivamente il tuo colpo di pistola riesce a colpirla. Lei contrattacca con veleno mentale (attacca la mente ma danneggia il fisico) poi esegue un attacco fisico con il pugnale senza uso di CS e per finire prova a mordere il collo di Lena con un morso avvelenato Arma subdola.

۩ Note: Non ho riportato nelle note ma penso si sia capita l'assenza del Gobbo, che così come la mia spada-ombrello mi sembrava irreale portarmi appresso. È tutto, a te la penna tastiera!

EDIT: Concessa proroga a Verel fino alle 21 di Lunedi^^




Edited by Shavronne - 14/3/2015, 16:56
 
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4 replies since 4/3/2015, 23:14   189 views
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