Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Arcana Imperii ~ Live long and prosper

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view post Posted on 5/3/2015, 23:09
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Sto cadendo
La salvezza si allontana
Il buio mi divora rapidamente
Sto cadendo.
Sto morendo.

Non significa nulla tutto questo, per me?
La terra scompare, divenendo un briciolo di virtù che non mi appartiene. Mi saluta da lontano, con le sue certezze e le sue empietà; è sicura che mi dimostrerà il suo valore, molto più di quanto io non abbia fatto a lei e con molte più possibilità di quante non gliene abbia fornite io. Eppure, non ho paura. Non la temo. Perché non ho paura?
Sento il vuoto sotto i miei piedi e un lento galleggiare non mi provoca alcun turbamento. Non ci provo nemmeno ad aggrapparmi qualcosa; le braccia sono scosse dalla corrente e attraversate da tenui frammenti di marmo e pietra, che scivolano verso il baratro con me. Che si deprimono e cadono come lacrime del mondo, compatendo il mio trapasso verso una paradisiaca eternità; un dominio incondizionato di niente invisibile nel quale saprò agire e vivere senza sentirmi inadeguato al ruolo. Senza provare un moto di nullità in quella vita di perpetuo niente. Perché a non fare niente non si sbaglia mai.
E così che scivolo verso la morte, insieme ai tanti lamenti. Così che il Cuore di Marmo mi segue, piegandosi su di un lato e morendo con altrettanta indegna rapidità.
Eppure, un palazzo austero una vita l'ha avuta. Un nome e una virtù, cadenzata dal tono che i suoi numerosi padroni le hanno dato. Prima bella, poi tetra, poi bella e di nuovo tetra. Ma viva in tante sfaccettature diverse e a suo modo costruita entro un'aura di imponenza.
Io, invece, muoio nel silenzio. Cado senza urlare, perché non son degno nemmeno di compatirmi. Sprofondo con la Corona di Basiledra, ma faccio meno notizia di quanto non lo farà lei.
Perché io non ho un nome che sia stato veramente mio. Non ho una storia che si sia dimostrata degna di ciò che sono. Ho soltanto una serie di scuse, compatimenti e supposizioni.
Sono soltanto l'imperturbabile certezza di un piccolo principe che non ha mai provato a essere null'altro. Che è stato protetto e sbalzato, come una piuma inerme in preda al vento.
Incapace di darsi una direzione e trasportato dagli altri. Ora dal male, ora dal bene.
Ora dalla morte.

Per questo non ho paura? Non ho paura.
Per questo non sento alcuna emozione? Si, per questo.
Perché la morte mi trasporta, come hanno fatto tutti. E se mi conduce evidentemente non merito null'altro che lei.
Quantomeno smetterò di chiedermelo il mio ruolo; smetterò di provare questo senso di inadeguatezza.
Smetterò di chiedermi cosa posso fare per me. Smetterò di chiedere aiuto.
Sebbene lo vorrei. Sebbene vorrei dimostrare ancora qualcosa; sebbene un'altra possibilità non mi dispiacerebbe.

Dovrei chiedere aiuto?

Aiuto.
Dovrei implorare aiuto?
Aiuto!
Dovrei sperare in un aiuto?
Aiuto!

Aiuto. Solo un aiuto.
Solo un'ultimo aiuto. Per l'ultima volta.
«
Aiuto! »

livelongprosper

Una mano scivolò rapidamente nel vuoto, librandosi oltre il baratro. Una mano nuda e spoglia, che non si fece scrupoli di raschiarsi ai margini del marmo, pur di arrampicarsi ove il buio sembrava farla da padrona. E le dita sporche si avvinghiarono come ganci intorno al braccio esile. Lo strinsero in una morsa salda, tenendola con fermezza fino quasi a fagli male.
« Ehi...! » Chiamò qualcuno, da un punto luminoso imprecisato al di là del baratro. « Tutto bene la sotto? Ti tengo io, sta tranquillo! »
Il Cuore di Marmo era crollato da poco, insieme alle sue certezze. Eppure, non tutti avevano lasciato che le proprie speranze sprofondassero insieme a lui. C'era ancora chi lottava, chi si dimenava tra le rovine e scavava in cerca di sopravvissuti. Fu così che il suo sottile sibilo implorante giunse alle orecchie più inaspettate. Non quelle di soldato o nobili. E nemmeno quelle di divinità o guerrieri abbastanza virtuosi da aver volontà e ragione di scendere e risalire quel baratro più volte. Ma quelli della gente comune; il Popolo di Basiledra, che più di tutti si era rialzato ed era sopravvissuto a secoli di razzie, distruzioni e ricostruzioni.
Che una mano non l'aveva mai negata a nessuno e dopo nessuna catastrofe. Che del loro coraggio e della loro voglia di vivere nessun cantore aveva mai parlato o scritto strofe.
Ma che si era rialzata dopo infinite sconfitte, molto più di qualsiasi generale o qualsiasi eroe. Molto più di tutti.
« Oh, issa! » Sbottò la voce, stringendo i denti dalla fatica.
Ci vollero alcuni minuti per trascinarlo oltre il buco e riportarlo sulla terra. Il ragazzo aveva i vestiti lacerati, strappati dai detriti in più punti; il volto era interamente ricoperto di terriccio e i capelli ammassati in un cespuglio multiforme, sporco e stopposo. Gli cadevano dalla fronte come una maschera, coprendo ulteriormente il suo viso già di per se quasi del tutto nascosto.
« Clint » disse una voce di donna, sbraitando ordini come fosse un generale, « garze, una coperta e dell'acqua, presto. »
La donna teneva una lunga tunica variopinta che le copriva gran parte del corpo; solo le maniche erano girate verso l'esterno, lasciando scoperte le braccia nude e sporche. Braccia stanche, che avevano lavorato per giorni. Ma che sembravano non volersi arrendere.
La tunica era dipinta sui colori del rosso e, per qualche ragione, ricordavano i tratti dei Corvi di Basiledra, benché più vivaci e meno impressionanti alla vista. Sul volto, poi, teneva una maschera rosata, con incisa un'espressione sorridente e quasi serena. Dopo averlo pulito per qualche minuto, emise un sospiro di stanchezza. Dunque, si passò la mano sulla maschera e la tolse, respirando con ampie boccate.
« Per Zoikar » sbottò la donna, « sto soffocando con questa cosa addosso. »
Aveva capelli biondi chiari, lunghi e ondulati, che incorniciavano un volto pallido e fine, quasi nobile. Ma sporco di lavoro e fatica, come pochi ne aveva mai visti.
« Ecco l'acqua, Sapphire » disse qualcuno accanto a lei. Riconobbe facilmente la voce che aveva udito nel fondo del baratro; poi, la collegò al braccio forte che l'aveva salvato e ad un torso muscoloso, con petto imponente e un volto duro, pieno di peli. « Grazie, Clint » disse la donna, schioccandogli un bacio volante.
« Andiamo piccolo » aggiunse poi, tornando a parlargli « il peggio è passato. »
E gli passò l'acqua a più riprese. Gli lavò il volto con tenui carezze, scostandogli i capelli dal viso e raccogliendogli in una comoda coda; poi passò al collo e, infine, gli pulì occhi e orecchie.
Eppure, a ogni carezza di pulito, il suo sguardo si crucciava sempre di più. La fronte della donna si corrucciava in una smorfia di preoccupazione. Alla fine, quasi sembrava non credere ai suoi occhi.
« Per gli dei » balbettò, sottovoce « t-tu sei...? »

« Re Julien! » Disse qualcuno poco distante. « Quel ragazzo è il fottutissimo Re Julien! »
E il grosso omaccione che rispondeva al nome di Clint dovette intercettare un uomo sulla cinquantina, dalla maglia di ferro grigia e pochi capelli neri, che cercò di scagliarsi contro di lui. Lo placcò a metà dell rincorsa, afferrandolo con entrambe le braccia e ricacciandolo indietro. Questo franò su un gruppetto di persone, mischiate tra la grossa folla che - nel frattempo - si era creata attorno a loro.
« Lo riconosci? » Gli chiese un altro, reggendolo per un braccio. « Come fai a dirlo? Io nemmeno mi ricordo com'è fatto Re Julien »
L'uomo dalla maglia di ferro sorrise beffardo, rialzandosi in piedi. « Sono sicuro sia lui » insistette, sicuro, « l'ho visto in una parata, poco prima della guerra »
« E poi, guardate com'è vestito il principino » sogghignò ancora, schernendolo, « è lui, sono sicuro! »
« Stai indietro » abbaiò Clint, comprendendo al volo quanto la situazione stesse degenerando, « state indietro tutti o vi meno! »
L'uomo dai pochi capelli neri e la maglia grigia avanzò pericolosamente, spalleggiato dalla folla. « Oh vi prego » implorò, fingendo un lamento, « lasciate che lo tocchi! »
« Solo un paio di sberle e magari qualche calcione » aggiunse, con tono minaccioso, « fatemi sfogare un pochino su quel finocchietto di un re. »
La folla parve apprezzare l'uscita e lo incitò ad ampie riprese. « Lasciatelo a noi » disse qualcun'altro, « è lui la causa di tutto questo! »
« Siete scemi? » Aggiunse poi un altro uomo dai capelli rossi, « io lo toccherei soltanto per ricacciarlo dentro il buco. »
Poi prese a fissarlo, con sguardo di sberleffo « lasciamo che muoia in quel fosso; se non l'aveste salvato a quest'ora saremmo tutti più felici. »
« Si, saremmo tutti più felici! » Gli fece eco la folla intera. « Che muoia come un cane; che soffra come soffriamo noi! » altri si aggiunsero, attorno a lui.

Julien abbassò lo sguardo, imbarazzato e sconfitto. Gli occhi divennero lucidi e carichi di lacrime, ma si sforzò di non piangere; di non dar loro la soddisfazione di un re debole e anche frignone.
Si passò la manica sul volto umido, asciugandosi poco. Nel mentre, fissò Sapphire, ancora prona su di lui. La donna sembrava spaventata dalla situazione e indecisa sul da farsi; forse l'avrebbe protetto, o forse l'avrebbe consegnato, pur di salvarsi la pelle. D'altronde un re inutile, non vale il prezzo di una vita umana.
« I-io... » balbettò, stentando frasi con la voce rotta dal pianto « i-io forse dovrei consegnarmi a loro. »
« Sarebbe meglio se morissi; sarebbe tutto più facile... »

« Sapphire...! »
Una voce risuonò dalle loro spalle. Accompagnato da uno stuolo di mercenari armati alla meglio, si fece largo una figura imponente.
Aveva una lunga tunica bianca, con ricami stilizzati sulle maniche e lungo i bordi; indossava una maglia di ferro sotto la tunica, che rinforzava braccia, spalle e parte del torso. Aveva, inoltre, un'andatura rapida e imponente, col volto coperto da un lungo cappuccio bianco e una maschera pallida e poco espressiva che nascondeva i lineamenti del viso.
« Oh, Zoikar ti ringrazio » sbottò Sapphire, evidentemente sollevata, « Zeno... per fortuna. »
Zeno si portò dinanzi a Sapphire, accanto all'imponente Clint. Fece pochi passi, sfidando la gente e frapponendosi tra loro e Re Julien. Per tutta risposta, la folla indietreggiò poco. Nessuno di loro avrebbe mai sfidato Zeno e la sua autorità. Nessuno di loro avrebbe mai osato mettersi contro l'unico uomo che li aveva salvati e protetti. Ciascuno di loro, infatti, era stato curato, guarito o aiutato dai Corvi leici di Zeno; ciascuno di loro conosceva almeno un paio di persone che erano state salvate da morte certa.
Zeno era un benefattore. Forse, l'unico rimasto.

« Dunque, siete sopravvissuti alla guerra per diventare degli assassini? » Zeno li fissava torvi e loro presero a restituirgli sguardi colpevoli, « allora non siete diversi da loro. »
Disse, indicando fuori le mura della città. Passò un velo di silenzio sulla folla e gli animi si raffreddarono piuttosto in fretta.
« Jacob » aggiunse poi, fissando l'uomo con la maglia grigia, « Julien ha la stessa età di tuo figlio. »
« Uccideresti un ragazzino dell'età di tuo figlio solo per sfogarti della tua frustrazione? » Lo catechizzò, fissandolo negli occhi. « Con che faccia poi torneresti da lui, Jacob? »
L'uomo con la maglia grigia abbassò lo sguardo, sconfitto. Prese a piangere in silenzio, retto dagli altri al suo fianco. Zeno passò gli occhi sugli altri, dunque.
« Questo ragazzo non ha colpa del destino del Regno: esattamente come i vostri figli, o i vostri nipoti » aggiunse, serio. « Volete trasmettere le nostre colpe sui loro capi innocenti? »
Poi allargò le braccia, assumendo un tono meno austero. « No, certamente; noi non siamo come loro » disse ancora, placidamente, « non siamo assassini e non siamo giudici. »
« Anche se fosse, infatti, non spetta a noi il compito di giudicare. »

« E ora andate, tornate alle vostre famiglie » asserì, con voce pacata, « e lasciate che Julien viva la sua vita, come voi vivrete la vostra. »
Alle parole di Zeno, la folla si placò e - dopo poco - si disperse. Nel mentre, Julien se ne stava ancora prono, vinto e sconvolto dall'accaduto, piangendo.
« Sono un re debole » balbettava tra se e se. Zeno si accovacciò su di lui, pulendogli il volto dalle lacrime. « Siete un essere umano, maestà. »
« E gli esseri umani piangono e si disperano, talvolta. » I suoi occhi sorrisero, attraverso la maschera « non vergognatevi di ciò che siete; avete tutta la vita per fingervi qualcos'altro. »
Julien smise di piangere e prese a fissarlo, quasi rapito. « I-io... » biascicò ancora, imbarazzato, « grazie. »
Zeno parve sorridergli ancora. Subito dopo, però, la terra si scosse nuovamente; un rumore sordo riempì l'aria e frammenti di pietra si scostarono dai palazzi vicini, per poi rovinare al suolo.
Poi, il boato si acuì, divenendo un rombo chiassoso. Il terreno si smosse come fosse fatto d'acqua e alcuni dei presenti ricaddero al suolo.
« Oh cielo, ancora? » Sbottò Sapphire, spaventata. « Sono scosse di assestamento » rispose Clint, sforzandosi di rimanere eretto « credo. »
All'ennesima potente scossa, Zeno fu smosso dal suo posto e mise un piede in fallo, nel tentativo di non cadere. Nel farlo, però, la sua testa fece un movimento brusco e la maschera bianca gli scivolò via dal volto, cadendo per terra.

In quell'istante, i suoi occhi incrociarono quelli di Julien e il piccolo Re ebbe un sussulto al cuore.
Vide uno sguardo. Uno sguardo familiare. Uno sguardo che avrebbe riconosciuto tra mille.
« Tu sei... » asserì, sottovoce, « ...tu sei... ? »
Zeno non perse tempo; afferrò immediatamente la maschera e la ripose sul volto. Poi, si levò dal posto, come se nulla fosse, mentre la scossa si placava.
Immediatamente dopo, poi, un rombo di passi fece eco al frastuono. Facendosi largo tra la folla, apparve una guarnigione di soldati, accompagnati da un Ufficiale in alta uniforme.
Portava lo stemma dei Lancaster e uno sguardo tronfio che sembrava svettare con alterigia sui capi di tutti gli altri.
« Maestà, è un sollievo vedervi in vita » disse l'ufficiale, senza alcuna emozione. I soldati si scambiavano sguardi a metà tra il preoccupato e il rabbioso; tenevano le mani ai foderi delle spade, pronti a scattare in ogni momento. Zeno se ne accorse e fece segno ai suoi di allontanarsi.
« Prendiamo noi in custodia il Re, se non vi dispiace » aggiunse poi, con finta gentilezza.
Julien scambiò uno sguardo preoccupato a Zeno e i suoi; avrebbe voluto capire, chiedere. Avrebbe voluto sapere.
« Andate, maestà » disse Zeno, liberandolo dall'imbarazzo, « con loro sarete molto più al sicuro. »
« No, aspetta... » Julien rimase interdetto, « ..io, vorrei.... »
Zeno rispose abbozzando un inchino nervoso: « Andate maestà, è meglio per tutti. »
Il piccolo Re si allontanò con passo lento, sostenuto dalle guardie al suo fianco. Poi si voltò nuovamente, fissando l'uomo ammantato di bianco con un ultimo laconico sguardo.
Quello che aveva visto, non l'avrebbe mai dimenticato.

Mentre lo fissava allontanarsi, Zeno incrociò i suoi occhi e gli parlò un ultima volta.
« Diventa un uomo, prima che un Re » gli disse, sillabando le parole, « rispetta i tuoi sudditi e ne riceverai amore. »
« Lunga vita e prosperità, Julien »
Live long and prosper.



La scena, oltre che introdurre la fazione dei Corvi Leici, è da considerarsi come ricompensa per la Q.F.A. "Rise of the whisper".
Lo Staff dona una parte fondamentale dell'ambientazione di Theras all'utente Capitan_Kuro il quale, in breve, potrà decidere il destino del personaggio "Re Julien".
Il giovane Re di Theras è sofferente, sottomesso e provato dagli eventi. Inoltre, una scoperta apparentemente importante lo ha ulteriormente scosso, mettendo in discussione gran parte delle sue certezze.
Cosa succederà a Julien? L'utente Capitan_Kuro avrà facoltà di decidere in gran parte il destino del personaggio, potendo scegliere, in astratto - o in concreto - il suo specifico percorso, che sia quello di un Re illuminato deciso a riguadagnare il suo potere con la propria saggezza, oppure di un Re tirannico deciso ad affogare ogni resistenza nel sangue o, ancora, di un mercenario che si allontana dal trono per riscoprire se stesso. È una ricompensa narrativa, frutto di un elaborata decisione che ha posto, alla base, il desiderio stesso espresso dall'utente. L'utente ha facoltà di comunicare allo staff (privatamente) la decisione; lo staff da a Capitan_Kuro, orientativamente, un mese di tempo per scegliere, con facoltà di proroga, ove si renda necessaria.
Lo Staff si riserva comunque il diritto di "adattare" qualunque idea ai progetti futuri dell'ambientazione, oltre che di rigettare qualunque scelta apparentemente illogica e in totale contrasto con l'ambientazione.
La scena, inoltre, è anche un piccolo omaggio a Leonard Nimoy, modesto e senza pretese.

 
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