Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

La crociata del traditore ~ Il trono che non trema, Arcana Imperii

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view post Posted on 26/4/2015, 15:57
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Raymond Lancaster
pellegrino sulla via della rovina

— il trono che non trema —

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« di morte mangerai, che mangia gli uomini, | e il morir finirà, morta la morte. »

Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso. A Raymond capitò alzando l'occhio destro, l'unico ancora funzionante, sulla mano sinistra; quella monca. Le tre dita erano contratte in una posa deforme, da incubo, e non riusciva in alcun modo a muoverle, benché fremessero instancabilmente. Era come se appartenessero al corpo di un altro e tentassero di esprimere a gesticolazioni la grottesca violenza che era stato costretto a subire. In realtà si limitavano a reagire agli urti della spada di Zoikar, rimbalzando dietro alla mano e al braccio con l'innaturale bizzarria di una ballerina storpia.
Roteando l'occhio sui nuovi arrivati, volle parlare. Aveva riconosciuto Ryellia, ma non credeva che le sue parole l'avessero raggiunta. Eppure, nell'aprire la bocca per la seconda volta, si rese conto che nella lingua che conosceva non esistevano parole per esprimere la demolizione di un uomo. Forse il dolore era tanto acuto da avergli fatto dimenticare come formulare ciò che gli stava accadendo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, gli si rivelò la verità: era arrivato al fondo. Più giù di così non sarebbe potuto andare. Condizione umana più misera non c'era e non era pensabile: gli avevano tolto la famiglia, gli amici, gli amori e la fede; se avesse parlato, non lo avrebbero ascoltato, e se l'avessero ascoltato, non l'avrebbero capito. Gli avrebbero tolto anche la natura, qualunque cosa ciò volesse dire.
Che cosa rimaneva di lui?

« b-basta, »
riuscì a rantolare con la stessa ingenuità di un bimbo cieco che non vede ciò che accade intorno a lui.
« per... per favore... »

Quanto tempo era passato dalla battaglia di Basiledra? Aveva creduto di rinascere, nello scoprire che in realtà suo fratello Athelstan non l'aveva ucciso per davvero. L'aveva visto fermare la mano di Iohan e ordinare a Ragnar di allontanare il suo corpo ferito dal luogo dei combattimenti, e aveva capito che oltre la facciata del Lancaster Perfetto si nascondeva un individuo incapace di ignorare ciò che suo fratello aveva sacrificato per lui. Gli aveva dato l'opportunità di scappare e rinascere come un uomo nuovo. Lui l'aveva gettata al vento, inseguendo le chimere degli spettrali trofei del suo passato.
Ah, ma guai a sognare! Quel momento di coscienza che accompagnava il suo assopirsi era una sofferenza persino più acuta dello straziarsi delle sue carni. Non era stato che un breve frammento di ricordo, però: di lui non rimaneva che una bestia stanca, ecco cosa. La memoria di quella fievole fiamma di speranza venne subito strangolata da quella delle giornate che l'avevano susseguita. Mesi in cui era dovuto scendere a patti con l'idea che sopravvivere senza aver rinunciato a nulla del proprio mondo morale non era concesso che a pochissimi individui superiori, della stoffa di martiri e santi. Lui aveva dovuto nascondersi, rubare e uccidere. Era rimasto stupito dalla sua stessa facoltà di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di ergersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze così disperate. Un prezioso lavorio di adattamento.

« ...bas-ta... »

Distruggere un uomo non è agevole, né breve: la persuasione che persino la sua vita avesse uno scopo era radicata in ogni fibra delle sue carni; era una proprietà della sostanza che componeva le sue membra. Eppure, finalmente e soltanto in quei momenti, iniziò ad abbandonarla. Esitava a dirsi vivo. Esitava a chiamare la propria morte, "morte". Era troppo stanco e vuoto per comprenderla.
Smise di chiedere ciò che non avrebbe potuto capire.

Ciò che rimaneva di lui era un sacco di carne, insanguinato e buttato in un angolo, contro una delle colonne della cattedrale. Un ammasso che a malapena ricordava un essere umano, gonfiandosi e stringendosi col suono spezzato del respiro.
Davanti a quello spettacolo miserabile, persino Zoikar decise di fermarsi. Abbassò la spada e i frammenti della sua voce reagirono come se fosse stato lanciato loro un ordine, ammassandosi velocemente intorno alla sua figura. La maggior parte degli abitanti di Theras era sparita nel nulla, così come i loro sciocchi attacchi, infrantisi contro il potere ineguagliabile del Sovrano all'interno della sua casa, e del gruppo precedente non rimanevano che tre individui: Azzurra Frederique de Rougelaine, Ryellia Lancaster e Shaoran.
La prima a gettarsi su di lui fu la cugina, approfittando di quei pochi minuti di pace. Lesse il terrore negli occhi di lei; l'incapacità di sovrapporre il ricordo del cugino al mucchio di carne che le stava davanti. Eppure la ragazza trovò il coraggio di superare quell'attimo di paura e si inginocchiò accanto a lui, piangendo disperata. Sollevò la mano, indecisa se toccarlo o meno. Infine si risolse nell'accarezzargli il capo con estrema delicatezza, sfiorandolo soltanto. « Raymond... oh, Raymond... » gli sussurrò con voce rotta dai singhiozzi. « perché...? »
« Ry-rye... » rispose lui roteando l'occhio sano, ricordando il nomignolo che le dava quando erano bambini. « non avrei voluto... mostrarvi... » faticava molto a parlare. Iniziò a piangere e ciò, naturalmente, non facilitò la formulazione delle seguenti parole. « coinvolgervi... so-sono felice che... che stiate bene... »
Ryellia continuò a passare la mano sul suo capo con delicatezza. « Non... non devi preoccuparti per noi, noi stiamo bene... ora... ora sei tu a doverti preoccupare di stare bene... non... non ti lasceremo, Raymond... siamo con te, e non ti lasceremo... »

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Fu con estrema debolezza che le prese la mano, interrompendo quel gesto ripetitivo.
« S-sei diventata corag-giosa, Rye. I-io... sono un po' come quei ragni... che ti facevano... paura. » le disse, scosso da un tremito incontrollabile. Stiracchiò il suo viso in una triste parodia di sorriso, cercando di rassicurarla. Quel gesto, però, gli provocò più dolore che altro. « An-nche se faccio del bene... » e il suo pianto si fece più intenso, spezzando la sua smorfia. « ...tu-tutti mi vogliono uccidere. »
Poco dopo, venne raggiunto anche dalle altre due figure rimaste. Non le conosceva, ma fu silenziosamente grato ad Azzurra quando la vide poggiare la propria mano sulla spalla di Ryellia, per confortarla. Faticava molto a comprendere che cosa gli stessero dicendo, ma fece un ulteriore sforzo di concentrazione per ascoltarli. Sharoan si era inginocchiato davanti a lui, fissandolo con pietà e paura. « Tu non sai chi sono, ed io ti conosco soltanto di nome. Per quel che vale, sappi che io non ti odio, né vorrei ucciderti. Mi dispiace di non poterti dare altro che la mia compassione. Non sono che un osservatore, senza voce in capitolo sul tuo giudizio. » si era così presentato, scuotendo il capo nello'osservare la massa informe che costituiva il suo corpo. « Se il tuo destino è quello di morire qui, spero che tu possa farlo senza soffrire ulteriormente. Tutto questo è... crudele. » il suo sguardo era perso nella scura tenebra del dubbio. Si chiedeva perché non dargli una fine rapida; perché prolungare quell'agonia.
« Vorrei che tutto questo fosse diverso. Non capisco ciò che sta succedendo, vedo solo le vostre ferite ed il vostro dolore. » disse invece Azzurra, con gli occhi lucidi, palesemente straziata dalla scena a cui stava assistendo. « Se c'è qualcosa che posso fare per voi, un messaggio, un gesto per vostra volontà quando torneremo a casa, non avete che da chiedermelo. Sarà un privilegio esaudire il vostro ultimo desiderio. » la ragazza pareva devastata dalla brutalità dimostrata dal Sovrano. La sua offerta nasceva dall'impotenza di poter salvare Raymond da quella situazione, ma il Drago Nero non la compatì affatto, per questo.
« i quat-tro regni... mi hanno solo... fatto... del male. » rispose a entrambi loro contemporaneamente, incapace di elaborare un discorso troppo complesso. « vor-rei poter rinascere... a Lithien... e leg-gere... tut-ti i giorni... qualcosa di diverso... »

« ma che se-senso ha... chiederlo a voi...? »

Azzurra gli si avvicinò e provò anche lei a carezzare il suo viso. « Il mio nome è Azzurra, e vi prometto di prendermi cura di Ryellia. » cercò di rassicurarlo. Anche lei era scoppiata in lacrime, nel frattempo. « Quando torneremo a casa, se vorrete, leggerò per voi. »

Ciò che nessuno capiva - che nessuno di loro aveva capito - erano le ragioni dietro a quella brutalità. I motivi per cui tutto ciò stava accadendo.
Quando si chiuse il sipario su quella lunga serie di confessioni, Zoikar si fece nuovamente avanti. Il suo corpo era celato sotto a una pesante armatura nera che ricordava nelle decorazioni e nella lavorazione le guglie grottesche della cattedrale; era stato persino lasciato sull'elmo un foro, all'altezza della fronte, oltre il quale poteva scorgersi il suo terzo occhio dorato. I cavalieri spettrali si erano disposti simmetricamente lungo le navate della chiesa, fermi e statuari come sempre, dopo aver aiutato il Sovrano nella vestizione.
Raymond Lancaster andava fermato. Raymond Lancaster avrebbe distrutto il mondo. Sottrarre un libro di Rainier Chevalier - il peccatore originale, colui che andava dimenticato - e adoperarlo per aprire uno squarcio verso l'Oneiron era stato solamente il primo di una lunga serie di malazioni che andava immediatamente interrotta. Zoikar aveva mandato un frammento della sua voce a istruire coloro che erano stati coinvolti da quell'oltraggio, ma si chiedeva quanto avessero appreso di ciò che aveva loro mostrato.
E per quanto riguardava la domanda posta in continuazione da Raymond - quel "perché?" gridato contro la volta del cielo e degli Dèi, ripetuto e intonato in accordi sempre più gravi - neppure il Sovrano aveva una risposta.
"Perché proprio Raymond? Perché tutto quello?"
La risposta si sarebbe dovuta ricercare nelle fibre del suo essere; intessuta nella carne del Drago Nero.
Zoikar sapeva soltanto che Raymond Lancaster era ingiusto. Sbagliato. Caotico. Che in nessun modo avrebbe potuto appartenere al suo popolo e che anzi, la sua stessa esistenza costituiva una minaccia diretta alle persone che aveva intorno, all'ordine costituito e persino a lui stesso. Aveva tentato di allontanarlo dal Dortan pacificamente, mandando ai Corvi dei sogni che li spingessero a non dargli asilo; ora che aveva generato tutto quel disordine, però, si trovava costretto a ucciderlo.
E non ci riusciva.

La brutalità del Sovrano non era voluta. Non riusciva a uccidere Raymond Lancaster... anche se agli occhi di chi assisteva, la scena si presentava in maniera molto differente. Il Drago Nero sfuggiva a ogni suo colpo; sopravviveva a ogni suo schianto; si prendeva gioco del suo potere senza nemmeno rendersi conto di farlo.
Per questo Zoikar fu costretto a indossare l'armatura.
Per questo Zoikar avrebbe dovuto parlare.
Ma non tutti potevano godere del privilegio di ascoltare direttamente la sua voce, che avrebbe cambiato la loro carne e le loro menti per sempre. Quante più persone andavano salvaguardate, mentre poche avrebbero goduto del privilegio di testimoniare: i tre testimoni. Soltanto tre.
Un passo. Due.
I cavalieri spettrali chinarono la testa.
Tutto l'Oneiron tese l'orecchio.

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« M O R T E »

tutto finì.
così come il supplizio di Raymond Lancaster.

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« E il risultato è... lavori forzati! »
La voce di Sapphire risuonò cristallina nella piazza di Ladeca, raggiungendo le orecchie di tutti. La ragazza sventolava in aria il foglio su cui aveva dovuto tener conto dei voti, mostrandolo come l'orgogliosa bandiera di quel rudimentale tentativo di democrazia. Il popolo esplose in una fragorosa esultanza generale, applaudendo agitando le mani al cielo; chi non era concorde con quel risultato si limitò a rimanere zitto, soffocando il proprio dispiacere nell'esultanza coinvolgente di chi aveva accanto e limitandosi a scrollare le spalle o scuotere la testa.
Gási Drömskog e i suoi compagni stavano impietriti sul sagrato della piccola chiesa, appena sopra gli scalini. I loro visi erano pietrificate in un'inconcepibile espressione di profondo sconvolgimento: la pena che era stata data loro, in fondo, non era così terribile! Non da giustificare quella paura, perlomeno! Invece, loro respiravano affannosamente e condividevano lo stesso stato d'animo di alcuni elementi sparpagliati nella piazzetta, spaesati quanto loro.
Erano stati rispediti a Ladeca. Tutti quanti perfettamente illesi, anche coloro che avevano perso la vita. Tutti quanti nello stesso momento, anche se le loro fuoriuscite dall'Oneiron si erano verificate distanziate le une dalle altre.

La loro stessa confusione la condivideva anche Zeno. Il sacerdote respirava affannosamente e sudava freddo; si torceva le mani con le dita e si guardava intorno incessantemente. Approfittandosi della confusione provocata dal popolo, decise di allontanarsi e si allontanò dalla piazzetta, addentrandosi all'interno della chiesa. Lì trovò un bacile di pietra e ci si gettò sopra, stringendosi con forza ai suoi bordi. Afferrò la maschera da Corvo Leico e la gettò distante, in preda allo sconquasso, poi si lavò la faccia agitatamente, chiudendo le mani a coppa e spruzzandosi l'acqua in volto.
Non passarono che pochi minuti prima che Sapphire lo raggiungesse.

« Eccellenza... » disse la ragazza, affacciandosi dall'uscio della chiesa. « ...vi sentite bene? »
Zeno esitò. Non sapeva come rispondere. Non sapeva come interpretare ciò che a cui aveva appena assistito.
« Zoikar... » sussurrò schietto, perdendo il consueto garbo artefatto con cui inquadrava le proprie parole. « ...mi ha mostrato un... insegnamento. »
« Oh! » esclamò lei, avvicinandoglisi. Teneva tra le mani un gruppo di pergamene e una matita, che doveva aver utilizzato fino a poco prima. « Volete rimanere solo per rifletterci? Desiderate che allontani le persone dalla piazza? »
« Sì, Sapphire. Grazie. »
« C'è altro che posso fare per... »

Sapphire interruppe la frase all'improvviso, lasciando cadere in terra ciò che tratteneva tra le mani. Si chinò immediatamente a raccogliere il tutto, vergognandosi di quella reazione impulsiva.

« Mi scusi, io... »
« ...Non importa. Va tutto bene? »
« Sì; immagino che non riuscirò mai a farci l'abitudine. » rispose lei con un sorriso, tornando a guardare Zeno negli occhi. « È soltanto che è sorprendente. »
« voi siete in tutto e per tutto identico al Re che non perde mai. »

« Già. » rispose Zeno, raccogliendo la maschera e indossandola di nuovo, per coprire quel viso. « ...una vera sfortuna. »

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RENDETEVI CONTO CHE NON POSSO INCORNICIARE QUESTE INFORMAZIONI IN UN QUOTE PERCHÈ CONTIENE TROPPI CARATTERI.

Eccoci al finale della quest! Venite riportati tutti quanti a Ladeca, pressoché nello stesso momento in cui l'avete lasciata. Ricomparite tutti nello stesso istante (compresi i personaggi che hanno accompagnato Raymond fin da Zoikar) benché siate spariti dall'Oneiron in momenti distinti e differenti (il tempo, nei sogni, è distorto - semicit.). Spero di aver spiegato tutto quello che c'era da spiegare, ma se avete qualche domanda sulla trama vi prego di pormela in confronto; sono disposto a fornire ogni chiarimento possibile! Va da sé che questo è l'inizio di un lungo, lungo ciclo di giocate e che, di conseguenza, è normale che alcune cose restino avvolte nel mistero.
La quest si chiude ufficialmente qui - le ricompense più sotto - tuttavia in giornata 02/05/15 farò un ulteriore post di conclusione vera e propria: prima di allora sarebbe mio grande piacere se anche voi utenti descriveste il risveglio dei vostri personaggi a Ladeca e, in generale, le vostre conclusioni.
Passo alle valutazioni:

Generalmente
La prima cosa che ho voluto mostrarvi con questa giocata è il potere della costanza. È una lezione importante, di cui dovreste far tesoro anche in vita: qualunque cosa facciate, qualunque siano i vostri ideali, qualunque obiettivo vi mettiate in testa di raggiungere, non è possibile farlo senza costanza. È vero, qui stiamo parlando di una quest su una piattaforma PbF, quindi niente di importante, ma se imparaste a estendere l'atteggiamento che ho visto in alcuni di voi anche a tutto il resto delle vostre azioni in vita, allora non potrete che avere successo. Da parte mia postare alle cinque di ogni quinto giorno non è stato semplice, ma riuscendoci abbiamo prodotto la più grande quest di Asgradel, priva di alcun ritardo o intoppo. Undici (dodici? tredici?) pagine di racconto corale che abbiamo prodotto insieme, fino alla disgraziata esecuzione di Raymond. Un eccezionale numero di partecipanti e visualizzazioni. Risultati che - numericamente parlando - hanno superato persino quelli del valzer al crepuscolo. Vi avevo promesso che i vostri personaggi non sarebbero usciti da questa quest come ci sono entrati; ormai dovreste aver capito perché. Devo scusarmi con tutti voi per i binari "rigidi" della quest e spero che non vi siano pesati troppo; d'altra parte quando si coinvolgono così tanti utenti e si vuole scrivere una storia precisa, è inevitabile.

Passiamo alle note dolenti, però, perché ci sono. Sopra ogni cosa, nel corso di questa giocata mi avete mostrato la vostra incapacità di organizzazione - specialmente in quest'ultimo giro, dove vi ho dato pressoché totale carta bianca. Il problema principale è che ciascuno di voi (salvo pochi elementi) pretende con ogni sua azione di coinvolgere tutti gli altri. Vi avevo chiesto di "concordare delle azioni": se avessi voluto vedervi combattere, ve lo avrei detto espressamente, con regole a puntino per evitare la confusione. Utilizzare tecniche (perfino ad area) sugli altri, senza aver concordato la cosa, li costringe a una risposta - risposta che magari arriva solo da uno, ed è un'altra tecnica ad area. Siamo matti? Non c'è nulla di costruttivo in un gioco del genere: è solo caotico e confusionario per tutti, nonché irrealistico sotto un punto di vista narrativo, visto che le azioni finiscono per sovrapporsi, confondersi e andare "a turni". Non dico che non si potessero usare tecniche sugli altri, ma perché non concordare vicendevolmente la cosa? Non è una gara, né una competizione: è una storia, e chiunque con un po' di senno avrebbe concordato delle ferite, se attaccato. Perlomeno, io l'avrei fatto.

Il caos è anche una derivazione della vostra ostinazione di voler coinvolgere sempre tutti con le vostre azioni. Faccio un esempio precedente a questo giro di post quando, durante la battaglia, Shavronne - non per sua colpa, ovviamente - non ha usufruito della difesa ad area lanciata sui pari perché ha postato prima di chi ha lanciato questa difesa, creando un paradosso. Aldilà del fatto che continuare a usare difese ad area per difendere un gruppo di dieci persone è pesantemente antisportivo, giacché è un abuso palese della meccanica, questo accade perché non vi sapete organizzare. Dovete smetterla di pretendere di organizzarvi in troppi quando non ne avete la possibilità: sarebbe stato molto meglio organizzarsi in piccoli gruppetti di tre/quattro persone, ognuno dei quali con le proprie difese (ad area o meno) e concordare le vostre azioni con più fluidità. Se leggete la quest con occhio esterno vi renderete conto di come le azioni orchestrate fra pochi utenti siano le migliori, le più credibili e le più godibili - siano quelle che creano storie dentro le storie. Aruj che consola Azzurra alla tavola del Sovrano; i pari che conversano riguardo alle votazioni e decidono come comportarsi a riguardo; la discussione fra Lothar e Rainier, ecc. ecc.

Questa è la ragione per cui alla fine ho mantenuto la scelta sui tre testimoni: Azzurra, Shaoran e Ryellia. Il loro comportamento è stato quello più costruttivo - dall'annuncio dei loro nomi in poi, è stato un degenero. Ripeto, mi sarebbe piaciuto vedervi combattere a vicenda, vedere qualche tradimento, qualche colpo alle spalle, ecc. ma concordato. Non era un duello; quella che vi concedevo era la possibilità di scrivere una storia nella storia. Mi spiace che in pochi l'abbiano compreso. A dimostrazione di ciò, ho contattato i tre testimoni e ho concordato con loro parte del finale della quest - leggete questo post e ve ne renderete immediatamente conto.

Detto questo, passo alle valutazioni individuali. La ricompensa in Gold è dipesa direttamente dal numero di post fatti nella quest.

Last Century
Senza ombra di dubbio il migliore dell'intera quest, al pari di Hole sull'altro filone. Parlando sotto il profilo della scrittura, dimostri di avere uno stile fluido e appropriato al personaggio, di saper produrre dei dialoghi accattivanti e di risultare sempre convincente. Non dilungarti troppo nelle descrizioni (soprattutto psicologiche) che a volte risultano prolisse. Tu più di tutti sei stato l'utente che ha capito qual'è lo spirito del "concordare le azioni"; dello scrivere una storia dentro la storia e di interpretare una parte a piacere, in maniera non artefatta e non imposta. Azzurra interagisce, a turno, con quasi tutti i partecipanti della quest, in maniera elegante e per nulla ingombrante; piccole azioni che non costa nulla fare, ma che hanno un grandissimo significato e spezzano completamente le barriere tra personaggi, che altrimenti sembrano delle isole a sé stanti. Il contatto con Aruj, l'interazione con Medoro, i discorsi fra i pari all'accampamento, la pistola di Kirin, trattenere Ryellia... tante piccolezze che danno alla narrazione un tono molto, molto, molto più organico, piuttosto che limitarla alla testa e al corpo di uno soltanto (un processo fattibile, ma difficile da rendere coinvolgente per un lettore esterno).
All'interno della giocata si è vista anche la forte crescita di Azzurra, che realisticamente non ha potuto rimanere insensibile a ciò che le accadeva intorno. Una reazione umana e credibile, perfettamente accordata con i pensieri, i toni e le argomentazioni trattate nel post (va da sé che io preferisco di gran lunga l'Azzurra fallibile e incerta, piuttosto che quella prolissa e sicura di sé dei primi post). Fai attenzione a far sì che ciò che ha visto non si trasformi in un'agonia (come è accaduto nel primo post alla tavola di Rainier, forse un po' troppo esagerato e fuori dalle righe). Unica nota dolente è stato l'utilizzo di una difesa ad area per proteggere dieci persone, ma perlomeno hai rifiutato di farlo di nuovo quando ti è stato chiesto.
Ti vengono assegnati un punto promozione per la fascia rossa e 1450G

Majo_Anna
Ainwen è un personaggio molto sentito e viene ruolato in maniera altrettanto profonda, sviscerando ogni suo pensiero fino al limite ed esagerando ogni sua sensazione, al punto tale da non farla sembrare nemmeno cieca. Come sempre, Anna, dimostri una padronanza dell'italiano eccelsa e una cultura lessicale particolarmente vasta; i tuoi post sono sempre un tripudio di ricercate costruzioni verbali e fini metafore - sotto questo punto di vista, sei inattaccabile; parliamo d'altro, quindi. Innanzitutto, il fatto che non si capisca che Ainwen è cieca può essere inteso sia in senso positivo che negativo, a seconda del post; io vorrei poterlo intendere sempre in senso positivo. È una cosa che andrebbe sottolineata di continuo - non tanto a parole, quanto a gesti, comportamenti e azioni, altrimenti perde completamente del suo spessore narrativo. Esagerare tutte le sensazioni provate da Ainwen è un buon inizio, ma non sempre una buona idea, a seconda della situazione che la circonda. Mi sarebbe piaciuto leggere molte più banalità da ragazzina "cieca", come farsi accompagnare, chiedere che cosa stia accadendo o altro. È vero che Ainwen può usare le bambole per vedere, ma deve farlo proprio sempre?
In secondo luogo abbiamo il comportamento come utente alla fine della quest. Non mi è piaciuto granché, anzi, è stato proprio tossico. Pur di ottenere il ruolo di testimone hai scatenato il caos generale, utilizzando illusioni ad area e continuando a compiere in confronto azioni che avresti potuto tranquillamente concordare per vie private. Addirittura spingendo altre persone ad attaccarsi a vicenda. È quello che avrebbe fatto Ainwen? Certamente. Poteva essere concordato meglio? Senza dubbio. Non capisco quale fosse il problema di creare un piccolo gruppetto - prendendo te, Shavronne, Malzhar e Stella, o altri - e concordare la sequenza di azioni tra voi (anche condita da tradimenti, minacce, promesse, attacchi alle spalle e simili) senza coinvolgere tutti quanti e chi stava già facendo il suo gioco. Ciò che avete fatto, semplicemente, non è costruttivo.
Ti vengono assegnati 1400G

dra31
Pregi e difetti. Pregi: la costanza, i dialoghi accattivanti, il realismo, il non voler mai fare cose esagerate (in senso negativo) né coinvolgere le altre persone in maniera scomoda, la veridicità del personaggio. Difetti: l'essere esageratamente distaccato dal gioco, i tempi verbali confusi, il non volersi mai scoprirsi troppo (in senso positivo) e la mancanza di iniziativa. Ti trovi sul limite fra l'essere un giocatore equilibrato e uno a cui non interessa partecipare al gioco. Benché, infatti, tu sia uno di quei giocatori che hanno postato sempre, viene spontaneo chiedersi perché tu non abbia osato di più, specialmente in alcune situazioni: attaccare Mathias con un medio alla mente (quando la mente era l'unica risorsa integra che possedeva) per fermarlo definitivamente è stata una mossa a dir poco strana, strategicamente parlando; sembrava quasi che volessi prolungare lo scontro, quando ovviamente non era così. Aldilà di tutto ciò, il tuo difetto più grande è la tendenza a "tagliare troppo" dei tuoi post (cosa strana, visto che a più di metà dell'utenza di Asgradel direi l'esatto contrario). Troppo spesso scrivi troppo poco in rapporto a ciò che vuoi esprimere; la narrazione ne esce mutilata, troncata e affettata, ed è una sensazione spiacevole per il lettore. Non riporti nemmeno per intero le azioni concordate in confronto, togliendo al testo buona parte della sua spontaneità. Allo stesso modo Serhat appare a volte come innaturalmente distaccato e lontano da ciò che sta succedendo - una reazione irrealistica, considerati gli sviluppi di questa giocata.
Ti vengono assegnati 1300G

Shavronne
Dunque, ho avuto il piacere di leggerti e giocare con te per la prima volta e due sono le cose che ho principalmente apprezzato: la costanza e l'iniziativa. Sei sempre puntualissimo e hai molta voglia di giocare, provare a fare cose nuove e buttarti nella mischia - un comportamento che stimo tantissimo (ad esempio ho apprezzato tanto l'idea di buttarsi in una casa e poi salire fin sul tetto per uccidere Iohan). Per quanto riguarda la scrittura, ti dirò la cosa che più di tutte mi è saltata all'occhio: non si capisce, in ultima istanza, se Hebiko debba essere un personaggio serio, umano, grave e pesante, oppure un personaggio parodistico, cartoonesco e leggero. Non ci sarebbe niente di male nell'intraprendere alcuna delle due direzioni, ma restare nel mezzo confonde un po' il lettore. Mi spiego meglio:
Stando ai pensieri, alle descrizioni e alla presentazione del personaggio, Hebiko sembrerebbe umana, fragile, grave e malvagia. Ciò si evince soprattutto dal post fatto alla tavolata di Rainier (uno dei migliori, secondo me). Stando ad alcune sue azioni, però, si ha l'impressione opposta: ossia che sembri il cattivo di un cartone animato. Compie azioni molto cruente (come l'uccisione di una coppia di anziani) con una naturalezza disarmante e dice frasi che in un contesto di realismo non starebbero né in cielo né in terra, come, parafrasando "non mi ricorderò di Zoikar, ma di questa promessa". Quando compie questo tipo di azioni mi ha ricordato molto Vegeta o Freezer, di Dragonball. Insomma, non è un problema, ma dovresti decidere da che parte stare e accordare l'interezza della tua narrazione di conseguenza: o umana, fragile, grave, complessa, stratificata, pesante e realistica, oppure leggera, cartoonesca, esagerata e disarmante. L'importante è fare una scelta e perseguirla coerentemente.
Per quanto riguarda il caos provocato nell'ultimo giro di quest, non posso che segnalarti le stesse cose che ho già detto anche a Majo_Anna. Avreste dovuto accordarvi in piccoli gruppi per imbastire un bel tradimento, un bello spy-game o simili, piuttosto che coinvolgere persone che si stavano già accordando per conto loro.
Ti vengono assegnati 1300G

Malzhar Rahl
Nel tuo caso ho visto un miglioramento nel corso della quest. Il tuo difetto principale come giocatore è sempre stata l'incapacità di accordare la lunghezza del testo alla quantità di contenuti da esprimere: scrivevi sempre troppo rispetto a quanto volessi dire. Tuttavia, specie da metà quest in poi, hai fatto un passo avanti in tal senso, iniziando a tagliare i tuoi post e accorciarli dove necessario, rendendoli più godibili. Intendiamoci: è stato un passo incerto e artefatto; nei tuoi post si sente ancora la pesantezza delle descrizioni ridondanti e dell'elementarità dello stile, che andrebbero eliminate. Il lavoro di uno scrittore dovrebbe essere quello di far capire che un personaggio è, ad esempio, "maniaco dell'igiene, ossessivo compulsivo, nevrotico e abitudinario" semplicemente dicendo che "si lavava le mani a ogni occasione". Questo intendo io quando dico di "condensare i concetti" e che "l'arte è sintesi", non semplicemente di tagliare righe di testo dove necessario (anche se resta necessario pure questo).
Per il resto posso dire che apprezzo questo personaggio più del precedente; vedo un potenziale di crescita e un inserimento più coerente e facile all'interno di ambientazione e storie. Mi sono piaciuti la maggior parte dei dialoghi; un po' meno le descrizioni. Anche tu entri nel gruppo del "degenero dell'ultimo post", iniziando a lanciare tecniche ad area e costringendo moltissime persone a interagire con te per forza. Non una mossa elegante, purtroppo.
Ti vengono assegnati 1300G.

kremisy
Ti valuterò in maniera molto didattica; purtroppo hai ancora molti difetti come giocatore, mentre sotto altri punti di vista sei un utente migliore di molti altri. Hai costanza, hai iniziativa e, soprattutto, non hai paura di fare azioni che altri definirebbero stupide per inseguire la caratterizzazione del tuo personaggio. Il risultato qual'è? Che ridendo e scherzando, Lothar è più caratterizzato, vivo e coerente di tantissimi altri personaggi che hanno partecipato a questa quest; anzi, ormai è una figura perfettamente delineata nella mente di tutti, tanto che non è difficile immaginarsi le sue reazioni. Purtroppo, però, non è tutto rose e fiori.
Innanzitutto, le ripetizioni: tra i molti errori che compi (di costruzione verbale, di modo, tempo, sintassi e battitura) le continue ripetizioni saltano all'occhio veramente troppo. Rileggi, rileggi e rileggi, prima di postare. In secondo luogo, i dialoghi. Come ho cercato di farti capire attraverso Rainier, non dovresti utilizzare un tono al quale non sei abituato, nel far parlare Lothar: dalla sua bocca escono frasi contorte, lunghe, di difficile comprensione e piene di errori. Evita. Farlo parlare più terra terra... è anche più nel suo carattere! Inoltre non giova nemmeno che Lothar "non faccia nulla" mentre parla: tu come scrittore ti limiti a scrivere mattoni di dialogo che non sono inframezzati da alcuna azione. Pensa a Rainier, che continua a gesticolare e indicare persone mentre parla: lo fa perché quei piccoli gesti bastano a caratterizzare il personaggio. Ti assicuro che intramezzare i dialoghi aiuterebbe tanto la narrazione e aiuterebbe molto la godibilità del testo; ti faccio un esempio:

"Dama Aiwen, è da quel giorno ai giardini di Ruldo che non ci incontriamo." si presentò con tono schietto e a malapena guardandola negli occhi, mentre accendeva la pipa. "Spero vivamente che siate riuscita nei vostri intenti riguardanti quel maledetto mercante dei desideri."

oppure;

"Dama Aiwen, è da quel giorno ai giardini di Ruldo che non ci incontriamo." esclamò entusiasta con tono elegante e pomposo, compiendo un buffo inchino come riverenza. "Spero vivamente che siate riuscita nei vostri intenti riguardanti quel maledetto mercante dei desideri."

Capisci quanto può cambiare il carattere di un personaggio, nonostante dica la stessa identica frase? È il modo in cui lo dice, che cambia tutto. Naturalmente non ti sto dicendo di non porre attenzione ai dialoghi, ma solo consigliando un modo semplice per renderli cento volte più caratterizzanti.
Comunque, il tuo difetto più grande resta un altro: la tendenza incontrollata a scrivere cose anti-ambientazione, di continuo, nei post. Io non posso in alcun modo promuoverti oltre la fascia bianca se continui a sostenere - attraverso il tuo personaggio - fatti che smantellano completamente l'ambientazione di Theras, senza chiedere il permesso a nessuno. Prendiamo per esempio l'ultimo post (che complessivamente mi è piaciuto moltissimo!) dove all'inizio scrivi di riconoscere Zoikar: Lothar l'ha visto in alcune illustrazione dei "libri della Montagna". Quali libri? Com'è possibile, visto che nell'ambientazione è specificato che i Daimon sono rarissimamente conosciuti e che quando Zoikar viene rappresentato, viene descritto come un uomo in armatura nera?
Questa è chiaramente un'inezia, eppure sarebbe bastato chiedere per risolverla. Il problema è che sono inezie che compi di continuo: parlando con Rainier sostieni che lui è il profeta del Sovrano, e quando lui ti nega questa cosa tu gli assicuri che l'hai letto sui libri dei Corvi. Ma come? Quali Corvi? Dovevano essere ubriachi per aver scritto una cosa del genere, visto che nell'ambientazione c'è scritto ciò che Rainier ti ha spiegato, per filo e per segno. Ma naturalmente non sono queste le azioni gravi: le azioni gravi sono quelle in cui attraverso i tuoi post fai apparire interi eserciti in grado di destabilizzare l'equilibrio politico dell'intero mondo di Theras, dove non ne erano previsti. Il problema è quando presenti migliaia di draghi, quando questi - su Theras - sono pressoché estinti. Azioni che scombussolano il gioco di tutti e che trasformano arbitrariamente il mondo, senza che tu abbia chiesto il permesso a nessuno di farlo. Permessi che tra l'altro, per alcune cose piccole, ti sarebbero pure concessi.
Attraverso le parole di Rainier ho cercato di darti un suggerimento su come potresti trasformare il tuo personaggio per renderlo più coerente col mondo che lo circonda. Sta a te coglierlo, ovviamente.
Ti vengono assegnati 1300G

Lindow
Tu sei il secondo - e ultimo - partecipante a questa giocata a cui devo consigliare di scrivere di più. Se paragoniamo la mole di concetti, pensieri, rivelazioni e processi mentali che ha Samath in ogni post con le quantità di righe usate per descriverle, il risultato è veramente misero. Sul serio, hai un buono stile (elegante, privo di errori, scritto bene, con descrizioni perfette, dialoghi accattivanti e buone metafore), eppure il profilo dei contenuti è catastrofico: alcuni post sono completamente privi di contenuto (si limitano a descrivere in maniera sterile ciò che succede); altri hanno invece una mole tale di pensieri da poter difficilmente essere contenuta in una manciata di righe. Il mio primo consiglio è senza dubbio quello di spingerti a "fare di più" nei post, con Samath - post di sola elucubrazione sono pesanti, ridondanti e, spesso, risultano perfino inutili ai fini dell'economia complessiva del personaggio. Osa; abbi più iniziativa; compi azioni fuori dal coro, piuttosto che lanciare immensi non necessari (che non piacciono a nessuno, tra l'altro - sono tendenzialmente antisportivi, non essendo previsti dal regolamento standardizzato) - ad esempio ho apprezzato il tuo abbandonare la chiesetta per dirigerti verso dove si trovavano i pari, a metà della battaglia.
Insomma, il modo più diretto che hai di migliorare è quello di lavorare seriamente sul contenuto dei tuoi post. Ricordati che ogni volta che scrivi un intervento, la storia deve comunque andare avanti; qualcosa deve succedere, e non semplicemente quello che descrivono gli altri. Hai il potere di influenzare il mondo che ti circonda - sfruttalo.
Ah, piccola nota a parte: ti odio per aver postato ogni singolo post a poche ore dal termine, nonostante la maggior parte fossero così corti.
Ti vengono assegnati 1300G

Ark
Devo dire, ottima prestazione. Se non fossi stato recentemente promosso a fascia verde, ti avrei senza dubbio dato il punto promozione al termine di questa giocata. Shaoran forse non brilla per iniziativa o particolari virtuosismi tecnico/narrativi, ma è un personaggio coerente, umano e ben inserito nel mondo che lo circonda. La narrazione che adotti per descriverlo è semplice ma fluida (stai attento ad alcune ripetizioni ed errori di battitura), a mio parere adatta alla tipologia di personaggio; i dialoghi funzionano e ti consiglio anche di tenerti lontano dalla troppa complessità del narrato: non si associa bene né al tuo stile né a Shaoran stesso. Mantieniti su una narrazione semplice ed efficace, che va dritta al punto, e non potrai sbagliare.
Naturalmente ho voluto premiare la crescita del personaggio nel corso della giocata. Trovarsi davanti a Mathias e arrivare quasi a pentirsi di averlo ucciso ha colpito profondamente Shaoran - com'è giusto che sia! - e mi è piaciuto molto vederti risolvere questa crescita nel giro finale. Per migliorare il mio consiglio principale è quello di avere un po' più di iniziativa all'interno del gioco - te la puoi permettere, fidati - e tentare di rendere lo stile di scrittura meno "sterile" (ma non meno semplice), ricercando qualche buona metafora, aggiungendo qualche guizzo narrativo (flashback, ad esempio) o altro.
Ti vengono assegnati 1150G

Stella Alpina
Allora, nel corso della quest ti sei dimostrato un po' un "diesel", iniziando in sordina e terminando in maniera molto prepotente. Il tuo stile è forte di una buona narrazione e di eccellenti capacità di dialogo, anche se i post - specialmente i primi - danno l'impressione di essere poco raffinati. Le descrizioni di ciò che accade sono particolarmente lunghe e ingombranti, spesso al punto da diventare superflue o prive di un reale significato che non sia quello di voler mostrare al lettore nel minimo dettaglio ciò che circonda Gabriel. Comunque è un dettaglio che contraddistingue soprattutto i primi post e che, in seguito, correggi autonomamente. Anche nel tuo caso, in realtà, il problema più grande è stata la "trasparenza" all'interno della quest - resti un giocatore che può permettersi di compiere qualche follia, se lo desidera (ad esempio la testa gigante di Rainier, lol), e avrei voluto vedertela fare. Decidi di agire solamente nell'ultimo post, ma lo fai nella maniera meno costruttiva possibile: lanciando una tecnica ad area che costringa alla risposta anche chi non era interessato ad agire con te e stava concordando altre azioni per conto proprio; per altro, facendolo all'ultimo momento (seppur per problemi tecnici) e a un giorno di distanza dal termine del post. Continuo a dire che se tu, Malzhar, Ainwen e Shavronne vi foste accordati in piccolo per creare una scena di ambizione e opportunismo, che raccontasse di voltagabbana e promesse vane, sarebbe stato molto più godibile per tutti e probabilmente sareste stati anche scelti come testimoni.
Ti vengono assegnati 1200G

The jedi doctor hobbit who lived
Ammetto che sei stato una vera e piacevole sorpresa; c'è da chiedersi perché non ti si possa leggere più spesso. Per ora, quello che manchi in costanza lo rimpiazzi in qualità: i tuoi post sono ottimamente costruiti, con una narrazione organica che non lascia nulla al caso e, anche quando sono lunghi, c'è un motivo perché lo siano. Il primo post - anche se è un papiro e nell'economia della quest la ammazza completamente - è particolarmente godibile. Purtroppo non ho ritrovato altrettanta ispirazione nei testi successivi, se non nell'ultimo, in cui vengono mostrati ad Aruj Voljund e l'abisso. Sul serio, per quanto riguarda la scrittura ho veramente poco da recriminarti: per me se continui su questa strada non hai che da migliorare. Piuttosto, avrei preferito sentirti più partecipe della quest; come altri, sei un giocatore che può permettersi di avere più iniziativa e che ha la capacità di influenzare in maniera costruttiva lo svolgersi degli eventi - sfruttala! Agisci! Non lasciare che le quest ti scorrano addosso senza compiere niente di veramente "tuo", è un peccato.
Ti vengono assegnati un punto promozione per la fascia rossa e 1100G

Shinodari
Innanzitutto, mi è dispiaciuto molto vederti sparire sul finale della quest, quando le cose avrebbero dovuto farsi più intense. Sei una giocatrice talentuosa, con idee di gioco buone e inusuali (come quella di preoccuparsi dei cittadini dell'Altaloggia) e sono pressoché certo che avresti compiuto qualche azione degna di nota nell'ultimo giro di post. Il tuo stile di scrittura è molto riflessivo e introspettivo, ma per nulla pesante; si vede perfettamente che è stato rodato nel tempo per essere centellinato alla perfezione, in modo da non stancare il lettore. Il mio consiglio è quello di renderlo più conciso: molti dei pensieri di Kirin possono essere espressi in semplici gesti e abitudini, piuttosto che elencati materialmente al lettore. Meno riflessioni, ma più pesanti, potenti, determinanti ed elaborate, potrebbero fare al caso tuo - così facendo il post non dovrebbe risultarne allungato e persino più godibile di quanto già non sia.
Come suddetto, ho apprezzato soprattutto il comportamento fuori dal coro di Kirin, che lancia un auspex per assicurarsi che le vittime della valanga stiano bene e tenta di parlare persino con Gási Drömskog. Queste sono le piccole cose che danno profondità alla trama di una quest e caratterizzano un personaggio; queste solo le cose che mancano agli altri quando li rimprovero di non avere iniziativa.
Ti vengono assegnati un punto promozione per la fascia rossa e 1100G

K i t a *
Ottima interpretazione. Ryellia è un personaggio che - per ovvie ragioni - si inserisce alla perfezione all'interno della quest, ma non hai sprecato questa occasione. Anzi, mano a mano che si è andati avanti con la giocata, c'è stato un netto miglioramento sia sotto il punto di vista dell'utente che del personaggio, che è andato incontro a un inevitabile processo di crescita. Inizialmente hai indugiato su un numero di righe forse troppo esagerato per esprimere alcuni concetti, che avrebbero potuto essere relativamente semplificati in un gesto o in una frase - fortunatamente la lunghezza è snellita da dialoghi molto credibili e da uno stile calzante, forte di un'ottima scelta lessicale. Come per altri giocatori, ciò che ti recrimino di più è la scelta di rimanere ai margini della quest, piuttosto che agire, interagire e "buttarsi nella mischia". Avrei voluto vederti parlare con i PnG, oppure compiere qualche azione fuori dall'ordinario "seguire il gruppo". Fortunatamente di riveli nell'ultimo giro, che è un piccolo capolavoro - il tuo ultimo post è un tesoro che devi conservare nel cuore e usare come modello per ogni giocata futura.
Ti vengono assegnati un punto promozione per la fascia rossa e 950G

Humean
Sarò sincero: mi sei piaciuto. Molto. Sono dispiaciutissimo di averi visto sparire verso il finale della quest e spero di non esserne stato la causa. I tuoi post dimostrano che il layout non conta nulla: si può scrivere bene anche senza infarcire ogni proprio testo di decine e decine di codici HTML. Non contano nulla. Hai uno stile buono e una narrazione molto attiva, che passa da una parte all'altra in maniera fluida e lungimirante. I dialoghi sono credibili e non compi alcun errore grammaticale. L'unico problema è da ricercarsi forse nella mancanza di contenuti (saltuariamente) e nella caratterizzazione solo abbozzata del personaggio - mi sarebbe piaciuto vederti all'opera con l'ultimo giro di post, dove forse avresti tirato fuori un comportamento inaspettato e virtuoso; d'altronde è ciò che hai fatto nella piazza di Ladeca, in precedenza. Bravo; spero che la tua sparizione sia solo temporanea.
Ti vengono assegnati 1000G

Shivian
Quante volte ti ho valutato, dalla fondazione di Asgradel? Purtroppo gli impegni sono impegni ed è giusto che si dia loro priorità: hai fatto pochi post (rispetto agli altri partecipanti) e con una grammatica a volte zoppicante, ma ricchi di affascinanti contenuti. Il tuo stile è piacevole e, soprattutto, a differenza di molti altri, "misurato"; non eccede mai la mole di azioni che avvengono nel post ed è accordato di conseguenza. Ho adorato l'idea di farsi togliere il malus imposto da Caino dall'ombra di Astryd Lorch: un'azione super caratterizzante, di crescita del personaggio, calzante con la situazione e molto coraggiosa. Un gesto che non ho potuto non premiare, considerando che la quest, per te, avrebbe potuto terminarsi dopo quel momento. Questo è quello che intendo quando parlo di "iniziativa", "azioni fuori dal coro" e "comportamento caratterizzante"; molti altri giocatori dovrebbero prendere esempio da questo semplice gesto.
Ti vengono assegnati 900G e ti viene rimosso il malus permanente subito in precedenza dal personaggio.

janz
Un altro veterano che avrò valutato almeno dieci altre volte. Non ho bisogno di dirti ciò che già sai; col tempo hai raggiunto l'eccellenza ed è un dato di fatto. Quando parlo di azioni che caratterizzano il personaggio in poche righe, mi riferisco a cose come lo schiaffo dato da Teslat al bimbo mendicante e la reazione di Ludwig, nel primo post: in tre righe tutti i lettori già sapevano che tipo di personaggio si trovava loro innanzi e non è cosa da poco. Soprattutto con Teslat hai raggiunto un livello inarrivabile, a mio parere - peccato per aver scelto di mandarlo incontro alla "scelta più antistrategica di sempre", anche se quella è stata, come tutte le altre, una decisione obbligata dalla caratterizzazione del personaggio (come Lothar nell'ultimo giro di quest, in fondo). Insomma, parliamoci chiaro: tre post, ma che post.
Ti vengono assegnati un punto promozione per la fascia nera e 450G

vulcano1
Vulcano, purtroppo con soli tre post non è che possa stilare un giudizio particolarmente elaborato o complesso. Avrei voluto vederti più attivo e partecipe, ma la vita è la vita. Uno dei difetti del tuo stile di scrittura (oltre agli errori grammaticali che già ti sono stati fatti notare in diverse circostanze, ma che fortunatamente sono in diminuzione rispetto a qualche tempo fa) è l'elementarità dello stile: nei pochi post che hai fatto ti limiti a descrivere quello che succede, senza uscire dal seminato e senza dare ai tuoi testi alcuna costruzione narrativa caratterizzante: succede questo, quest'altro, poi quest'altro, ecc. ecc. il problema è che questo tipo di piattezza narrativa andrebbe intramezzata da flashback, riflessioni, dialoghi o simili, per non stancare il lettore. Tu di dialoghi ne metti, in effetti (e che dialoghi!), ma fai lo stesso errore che ho esposto a kremisy più sopra: non dai loro personalità. Leggiti il suo giudizio per capire cosa intendo.
Ti vengono assegnati 450G

Capitan_Kuro
Ehm... due post sono due post, purtroppo. Posso dire che da quel poco che ho letto, mi piace moltissimo il taglio cartoonesco che hai voluto dare a Sherlock e i testi mi sono sembrati molto ispirati! Hai anche avuto l'iniziativa di parlare con i png della Guardia Insonne, come Kirin, e stavate già concordando alcune azioni costruttive. È un peccato che tu non abbia potuto proseguire nella partecipazione attiva alla quest, davvero.
Ti vengono assegnati 200G

I tre testimoni
I tre testimoni hanno una ricompensa aggiuntiva; un'abilità derivante direttamente dall'aver ascoltato la voce di Zoikar e la sua ricompensa per aver assistito all'esecuzione di Raymond. Dovete capire che Zoikar non è crudele: davvero non riusciva a uccidere Raymond Lancaster, finché non ha usato la sua arma più potente. La voce. La voce del Sovrano cambia permanentemente chi la ascolta, dunque non poteva permettere che una porzione così grande del suo popolo ne fosse soggetta. Per questo solamente tre testimoni. Inoltre voleva che qualcuno fosse presente alla morte di Raymond per assicurarsene la veridicità - nell'Oneiron i pensieri si concretizzano spesso in fatti veri e propri: testimoniare un evento fa sì che esso sia avvenuto certamente, nel senso letterale del termine.
Naturalmente nessuno di voi è a conoscenza delle intenzioni del Sovrano.

L'effetto della voce si risolve in una tecnica nulla usa e getta che non rientra né nel calcolo della pericolosità, né nel limite di abilità personali. È il "ringraziamento del Sovrano" e ha valenza solamente come effetto On-GdR.
In pratica, concordando la cosa con il gestore della giocata, il vostro personaggio può far intervenire Zoikar negli eventi che lo stanno coinvolgendo e mutarne il destino. Il vostro personaggio può, di fatto e se approvato dal QM, provocare la verificazione di un vero e proprio miracolo all'interno di una giocata (vostra o di altri). La capacità è usa e getta, e dopo essere stata consumata non potrà più essere riutilizzata: è il ringraziamento del Sovrano per averlo assistito e le sue scuse per avervi costretto ad assistere a qualcosa di così atroce come l'esecuzione di Raymond. Naturalmente i vostri personaggi non sono coscienti di questa capacità; lo siete solo voi come utenti.

Infine
Vorrei ringraziare tutti quanti per la quest che abbiamo finito col costruire. È emozionante trovarsi davanti a una storia così lunga, così vicina al mio progetto iniziale (che è cambiato molto nel tempo) e così impreziosita dai vostri interventi.
Ci vediamo ai prossimi capitoli della crociata del traditore! E aspettatevi il finale a sorpresa di questa quest, fra una settimana circa! Nel frattempo, mi assegno 1300G per la gestione.
 
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view post Posted on 27/4/2015, 16:56
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Cavalier Fata
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La crociata del traditore ~ Il trono che non trema.
« Amore sopra la ragione.
Amore sopra la materia.
Amore sopra ogni cosa. »

Ladeca riapparve come in un sogno, mentre nella mia testa risuonava ancora quell'unica, imponente, parola.
Gli occhi velati dalle lacrime, il cuore straziato da quanto avevo visto, l'anima troppo pesante per permettermi anche solo di respirare. Avevo la testa piena di domande, di dubbi, di paure... volevo solamente tornare a casa e piangere, piangere sino a quando quel dolore non fosse fuoriuscito tutto. Con le mani tremanti cercai di detergere le lacrime sulle guance, provando a capire cosa ci fosse successo.
In basso, la piccola ragazzina che mi aveva consolata dopo il discorso, ancora mi fissava con sguardo interrogativo, chiedendomi cosa fosse successo, anche lei stravolta da quello che ci aveva colpito.
« Io... » tentennai, guardandola con aria persa. « Cosa mi è successo? »
« Dov'è lui? Credo... credo che sia stato lui, a salvarci. Dov'è monsieur Raymond? »
Anche lei sapeva. Anche lei aveva vissuto.
« Raymond... » tirai su col naso, cercando fanciullescamente di darmi un contegno. « Io non credo che... tornerà. »
con gli occhi corsi verso la folla che acclamava il risultato della votazione, cercando Ryellia senza successo.
« Devo.. devo andare, perdonami. »

Speravo di essere in un brutto sogno dal quale svegliarmi presto, ma ogni secondo che passava non facevo altro che realizzare quanto dolorosa e inevitabile fosse la realtà. Camminando tra le persone, come un'anima senza meta, mi sentivo mancare le forze, debole, stanca. Desideravo solamente tornare a casa, stringere di nuovo Ryellia tra le mie braccia e, per assurdo che fosse, dimenticare. Ma ero certa che, qualunque fosse il nostro destino, niente al mondo ci avrebbe concesso il privilegio di tornare ad essere le persone inconsapevoli e spensierate di prima. Qualcosa si era irrimediabilmente rotto per il nostro mondo e noi, volenti o nolenti, ne eravamo i testimoni.
La figura di Aruj, d'un tratto, spuntò dalla calca venendomi incontro con aria preoccupata. Mi afferrò delicatamente le mani mentre altri singhiozzi, seppur di gioia nel rivedere sane e salve le persone scomparse per mano del Sovrano, s'impadronirono della mia voce.



« Che è successo laggiù? »
« Siete vivo Aruj... » dissi, tra un singhiozzo e l'altro. « Raymond Lancaster... ha trovato la morte. »
Quasi un sussurro, mentre gli occhi iniziavano ad arrossarsi e gonfiarsi per il pianto.
« T-tu hai assistito ... tu hai visto? »
« Sì... l'ho visto... »
Abbassai lo sguardo, cercando conforto in quella nuova amicizia. Non c'era più venalità nei modi di quel nano, non c'erano più i modi scherzosi e sorridenti che avevo imparato a conoscere, ma solamente una profonda confusione, paura e sconforto.
« È un qualcosa... che non rie-riesco a spiegare. Ho quell'immagine viva in testa, le ultime parole di un uomo. »
Mi morsi delicatamente il labbro inferiore, chiudendo con forza gli occhi per pulirli dalle lacrime.
« Non a-avevo mai visto nessuna persona soffrire tanto... non... riesco a capire... »
« Mi... mi dispiace Aurj non riesco a p-parlare adesso scusatemi... io devo andare.
Devo trovare Ryellia.
»

Mi allontanai dal nano regalandogli un sorriso forzato, per fargli capire quanto contasse per me quello che, forse senza accorgersi, aveva compiuto.
Era riuscito a donarmi la capacità di aggrapparmi anche alla più piccola delle cose, la più misera delle speranze, per continuare a lottare.
E allora corsi, corsi a più non posso per la piazza di Ladeca sbattendo contro questo e quel passante, senza riuscire a vedere bene dove andavo, gridando con tutto il fiato che avevo in gola il nome di Ryellia. Senza titoli, senza appellativi, senza null'altro che non fosse la paura di averla persa per sempre.

« Ryellia! »
« Ryellia! »
« Ryellia! »
« Non lasciarmi. »
« Ti prego. »

E poi la vidi, sulla piazza, che guardava nella mia direzione con lo sguardo ricolmo di dolore e sofferenza.
Le corsi incontro aprendo le braccia e stringendola a me in un abbraccio forte, sicuro, da cui non avrei voluto staccarmi mai più.
In quell'istante non contava più niente, più nessuno.
« Mi dispiace. Mi dispiace. Mi dispiace. »
Tra profondi singhiozzi non riuscivo a dire altro che mi dispiace.
Non l'avevo protetta, non avevo impedito che soffrisse.

« Mi dispiace, Ryellia. »
Poteva bruciare il mondo, le bandiere, il regno.
Avrei dato la mia stessa vita per vederla smettere di patire...
...ma non potevo far altro che stringerla ancora più forte.

Cercai di passarle un dito sulla guancia, dolcemente.
« Sono qui... »
« ...andiamo a casa. »

[ ... ]Lithien, alcune settimane dopo.

L'aria fresca delle montagne, mitigata appena da un accenno stentato di primavera, accarezzava la mia pelle dondolando silenziosamente i lembi della lunga veste turchese che indossavo. Seduta sul davanzale della finestra, osservavo il paesaggio meraviglioso che si estendeva incantato dai picchi di Lithien, immaginandomi luoghi fantastici e avventure indimenticabili. Sognando un lieto fine per ogni cosa.
Abbassai gli occhi sull'ultima pagina di un piccolo libro finemente decorato, scorrendo con l'indice sino all'ultimo paragrafo.

« [ ... ] Così vinceva il Gran Cavaliere, e a lui tanto avanza ancor della diurna luce ch'a la città già liberata, al santo ostel del Sovrano i vincitor conduce.
Né pur deposto il fiero manto, vien al tempio con gli altri il sommo duce; e qui l'arme sospende, e qui devoto la gran Cattedrale adora e scioglie il voto.
»
Lessi lentamente, cadenzando ogni parola col giusto peso, senza fretta, chiudendo il libro poco dopo l'ultima parola.
Lasciai andare la testa all'indietro, fissando il cielo pulito dell'imbrunire dove le prime stelle facevano timidamente capolino e la luce, tenue, moriva.
Sorrisi, inspirando profondamente, serena.

« Signorina? » un vecchio bibliotecario, dall'aria gentile e con una rada barba bianca, mi si avvicinò. « Sta facendo buio, dovreste rientrare. »
Poi si fermò, guardando il libro che stringevo tra le mani.
« Stavate leggendo ad alta voce... è una cosa rara, specie da soli. »
Annuii sorridendo.
« Sì. Stavo leggendo per una persona. »
L'anziano la prese come una battuta cortese e si lasciò andare ad una piccola risatina, proseguendo verso alcuni scaffali distanti.
Io, invece, osservai per l'ultima volta la copertina del libro, passando una mano sul titolo di quell'opera tanto cara seppur fantasiosa.
Scritta da un poeta ignoto, idealizzava il ritorno trionfale della giustizia in una città che ora giaceva in rovina.
"Basiledra Liberata"

Mi portai davanti allo scaffale dove avevo preso il libro, riponendolo con cura e carezzandone la rilegatura timidamente.
« Ovunque voi siate, spero possiate ascoltarmi. »
Gli occhi si appannarono un istante, ma con un gesto della mano cancellai quella tristezza.
« Mi prenderò cura io di Ryellia finché avrò vita... non dovete preoccuparvi. »
« Addio, Raymond Lancaster. »

E così, come finiva ogni storia negli infiniti volumi di quella biblioteca, anche il primo capitolo della mia esistenza si avviava alla conclusione.
Avevo la fortuna di non aver finito la mia storia quel giorno, ma di aver semplicemente voltato pagina, scoprendone un nuovo, complesso eppur meraviglioso, capitolo.
Adempivo a quella mia ultima promessa, nella speranza che ovunque fosse il suo spirito trovasse finalmente la pace.

Come quei libri raccontavano la loro storia e il loro finale, anche io, Ryellia e Shaoran avremo cantato della fine di Raymond.
Custodi della sua morte, custodi della sua immortalità.



La mia conclusione, sentita, corta forse ma pur sempre uno dei post che mi ha toccato maggiormente e che non voglio rovinare con uno spoiler immenso. Mi limiterò a ringraziare tutti coloro che hanno permesso ad Azzurra di crescere, di capire, di diventare qualcosa che mai avrei creduto quando ho iniziato a giocarla. Grazie. Nothing else.
 
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dra31
view post Posted on 28/4/2015, 12:49




La crociata del traditore ~
Il trono che non trema - X
Ladeca, I Quattro Regni.

E il risultato è... lavori forzati!

L'esplosione di euforia della piazza sorprendere il costruttore che, di scatto, apre gli occhi. Spaesato, si guarda intorno in cerca di qualcosa, di una prova, di un dettaglio significativo.
Qua e là, dispersi nella folla, riesce a scorgere le figure di alcune delle persone viste di là, in quel luogo assurdo. Non gli basta, la loro presenza non è sufficiente per confermare se tutto quello che ha visto e vissuto sia una fantasia o meno. È tentato ad approcciarli, a chiedere loro se hanno visto e provato le sue stesse memorie, di condividere quell'incertezza che gli riempe il cuore. Stacca la schiena dalla parete, compie un passo avanti allungando un braccio verso di loro e aprendo la bocca per chiamarli. Il suono attenuato di qualcosa che sbatte sul fianco lo ferma un attimo prima di emettere un qualsiasi suono; la mano afferra rapace l'oggetto, arrestandone il dondolio, e lo porta davanti a sé, in modo che possa vederlo. La maschera!
Davanti a lui si trova la maschera che gli copriva il volto durante l'incontro con il Re che non perde mai, avvenuto in quel luogo chiamato Oneiron: la maschera di una talpa dai colori tendenti al verde. All'incertezza si sovrappone un moto di vergogna, si sente ancora una volta come fosse stato vittima di una burla.
Riaffiorano i ricordi: un cieco e avaro menzognere onesto, amante della stabilità e di una vita senza scosse ed imprevisti. Non è forse vero? Nel profondo di sé stesso non sta forse evitando di provocare ulteriori scosse alla sua esistenza? Vuole avere la conferma che quanto è successo sia vero e allo stesso tempo vuole che quei fatti non disturbino i suoi progetti. Ha creduto, in quel luogo, di avvicinarsi dall'essere una lince, di saper veder oltre quanto appare. Mentirebbe a sé stesso se dicesse che è vero; in fondo rimane una talpa, sebbene capace di vedere i propri difetti.

Mentre la folla sfoga in una corale esultanza la condanna inflitta ai suoi nemici, mentre poche persone si riprendono dal disagio che li pervade, un uomo in disparte sul limitare della piazza ritrae il braccio proteso verso essa e le volge le spalle, sparendo in breve tempo tra le vie della piccola cittadina.

png


- note. Nulla di particolare, un post minimale per chiudere la giocata, forse anche incompleto e insensato. Non è un problema. Si ringrazia l'intera brigata e il QM per l'interessante giocata e i suggerimenti dati, nella speranza di saperli cogliere.

Errare è umano. Dare la colpa a un altro ancora di più.
Serhat Satu

 
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view post Posted on 28/4/2015, 23:44
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Un attimo prima era in piedi in mezzo a tutti gli altri, cercando di emergere sopra di loro con tutte le proprie forze. Un attimo prima osava provocare la guerra al cospetto di un dio, mentre alle sue spalle un uomo, un semplice uomo, lentamente moriva. E non se ne stava curando, perché quello era il destino dei più deboli. Il destino che lei conosceva bene. Non vi è alcuna speranza per chi si trovi ad affrontare qualcosa di più grande. Nessun sogno di riscatto che possa andare a buon fine.


Siamo poco più che frammenti di morte, coscienze che si ribellano alla non esistenza.
Siamo solo ciechi che cercano in vano di vedere, spalancando le palpebre nella notte, inventandoci altri colori che non siano l'oscurità.
Siamo falsi eroi, che si nutrono delle grida di dolore di chi non ce l'ha fatta. E tendiamo la mano verso amici che non potremo mantenere, verso amori che non potremo salvare.
Io. come tutti gli altri. Mi ero illusa. Ho voluto farlo.
Ancora e ancora.
Seduta al tuo cospetto, ho creduto che un insulto fosse un scampolo di considerazione.
Che il tuo disprezzo potesse dare un nome alla mia anima.
Siamo poco più che ombre, che cercano di darsi un volto e un'identità. Proprio quando crediamo di essere, il tempo a nostra disposizione è già fuggito.


Era in mezzo a loro, che cercava di distruggerli per poter prendere il loro posto. Senza sapere come fare, annaspando nella propria delusione, nell'incapacità e nel disappunto. I suoi occhi erano quelli di una bambola, le sue mani una donna serpente, il suo cuore un vampiro ancora inconsapevole.
Ma il tempo era ormai giunto al suo scadere, e già tutto quell'incubo svaniva nel buio. Nell'oscurità che lei ben conosceva. Filamenti di vita che si strappavano, sfilacciandosi nella sua memoria, abbandonandola. Tutta la fatica, tutta la rabbia, tutta l'angoscia svanivano. La speranza si riduceva in granelli di sabbia che le sfuggivano dalle mani.
E lei si trovava di nuovo sola, consapevole di ciò che non sarebbe riuscita ad essere, di ciò che non era.


Sono una crisalide da cui una farfalla zoppa tenta di liberarsi.
Non vi è redenzione per chi ha sbagliato la prima volta. Non vi è pace per chi è nato desiderando.
Un giorno spalancherò le ali e mi getterò nel vuoto.
E quando mi accorgerò di precipitare, non sarà troppo tardi. Perché forse godrò per un istante dell'ebbrezza di volare.


Tese le mani, entrambe, quasi a voler afferrare quella realtà che la bandiva. Abbandonò la bambola, che rotolò a terra. Non le importava, perché valeva la pena di sacrificare tutto per assistere a quell'ultimo momento.
Anche se sapeva che non ce l'avrebbe fatta comunque. Un tremito la scosse.
Le sue mani strinsero qualcosa. Stoffa, velluto tiepido. Qualcosa la afferrò. Altre mani.
Si sentì attrarre in avanti. Non portava più la maschera, e la brezza carica dei profumi della città le scivolava sul viso, portandosi via le lacrime. Stava piangendo.
Ad occhi chiusi, il viso premuto contro il petto di Gabriel, che le impediva di scivolare a terra.
Piangeva di rabbia e di dolore, per quello che aveva vissuto, per la consapevolezza di non essere riuscita ad incontrare Rainier nemmeno quella volta. Per la sensazione di aver assistito al preludio della rovina dell'uomo, della sua umiliazione davanti agli dei.
Le mani del Conte trattenevano il suo tremito, contenendolo contro il suo corpo. La bambola era a terra, e lei non voleva vedere. Non voleva guardare Ladeca, la piazza dove tutto era cominciato, la sua quotidianità che continuava a scivolare verso l'oblio. Voleva trattenere dietro le palpebre, ancora per qualche istante, il sogno grandioso di cui erano stati pedine.
Non aveva nemmeno bisogno di chiudere gli occhi per farlo. Con le mani si aggrappò alla schiena di lui, levando il capo. Attorno a loro doveva esserci una folla esultante, poteva sentirla, percepirla. Accanto a loro, forse, i suoi servi.
Ma era irrilevante. Come una piccola isola nel mare di buio, per lei in quel momento esistevano solo loro, il confine labile dei loro due corpi. Si pentì di non aver compiuto quel gesto nell'altro mondo, di non essersene andata a quel modo.
È tutto finito”.
Nella sua voce era bruciante il rammarico, il senso di sconfitta, di nostalgia. Non aveva alcun bisogno di nasconderlo, non con lui. Che vedesse pure la sua debolezza, come tante altre volte. Desiderò che asciugasse le sue lacrime.
Andiamocene”.
Poggiò la fronte contro di lui, ascoltando il proprio corpo spossato che chiedeva riposo. Ed erano passati solo pochi minuti da quella mattina in cui era giunta, carica di orgoglio e disprezzo, pronta a guardare la ridicola sarabanda di un popolo intenzionato a governare.
Non voglio tornare mai più”.
Voleva solo rannicchiarsi in un angolo, chiudersi nel proprio doloroso silenzio, e piangere. Voleva farlo tra le braccia di lui.


Sono il sogno di un viaggiatore stanco.
Ho vagato per orizzonti dipinti e mi sono perduta.
Ora, nel buio della mia anima, vorrei tornare. Ma non posso.
Come un'isola in un mare troppo vasto, temo che nessuno potrà raggiungermi.
Quando apro gli occhi, la realtà mi pare poco più che un'illusione.


Contro l'orecchio sentiva il battito del cuore di lui, regolare come i rintocchi di un orologio.
Avrebbe dovuto ringraziarlo per quello che stava facendo. Ma non ne aveva la forza. Provava troppa malinconia, troppo dolore, per poterlo fare.
Mentre le dita di lui le asciugavano le lacrime si disse che non era tutto finito, anzi che nulla era davvero accaduto, che era solamente l'inizio.
Ma era troppo stanca perfino per convincersene.
Andiamo. A casa”.


Al limitare del sogno. Quando i ciechi tornano a non vedere.
E i morti vengono dimenticati.
Ricorderò il tuo nome, Raymond Lancaster. Non ti conoscevo, ma un giorno vorrei essere capace di vendicarti. Di rivolgere gli occhi ad un orizzonte ove i deboli e i visionari non debbano più pagare.
Al ritorno nella vita. Quando resta solo l'incertezza.
E i desideri della notte sfumano come neve al sole, canterò il tuo requiem.
Spoglierò la maschera che mi ha difeso, mostrandomi nuda davanti al mondo. Lascerò che il disprezzo mi rivesta come un'armatura, per continuare a combattere. Il nulla, dopo tutto, non può essere ferito.
E un giorno, sul trono che non trema, incideremo tutti i nostri nomi. Ci inchineremo davanti al seggio vuoto, consapevoli di come sia stato tutto inutile, ma meraviglioso. Aspettando di divenire polvere ai piedi di quelle pietre. E sorrideremo, tenendoci per mano, in attesa dell'alba.
Noi, i sopravvissuti. In pace, dopo esserci odiati troppo a lungo.
Perché finalmente saremo a casa.


 
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K i t a *
view post Posted on 30/4/2015, 11:47




L A   C R O C I A T A   D E L   T R A D I T O R E

IL TRONO CHE NON TREMA ❞.
M U T A


kLux6po



Quella voce.
Da quanto tempo non sentiva quella voce?
E ora quando l’avrebbe sentita di nuovo?
Mai.

Era là, inginocchiata al fianco del corpo martoriato di suo cugino. Lo ascoltava ipnotizzata, cercando di memorizzare quel suono, ogni increspatura, ogni accento, qualsiasi inflessione. Li voleva portare con sé per il resto della sua vita, ripeterseli come una preghiera, tenerli nell’animo fino alla fine dei suoi giorni.
Poi ecco il titano avvicinarsi, nella risplendente armatura nera, l’occhio d’oro rivolto verso il piccolo gruppo stretto attorno a Raymond. Tutti loro lo fissavano, immobili, faticando perfino a respirare. Il silenzio aveva invaso la Cattedrale, il mondo intero. Ogni cosa sembrava in trepidante attesa, cristallizzata in quel secondo che sembrò durare secoli.
E parlò.

Aprì gli occhi, ma la luce del sole la sorprese, costringendola a serrarli con forza. Portò una mano davanti al viso, e sbatté le palpebre,
una,
due,
tre volte.
Si abituarono alla luce dopo qualche secondo, in cui inebetita si domandava che fosse successo.

Trattenne rumorosamente il respiro mentre tutto quanto le tornava alla mente, in un vortice d’immagini.
Si guardò attorno, lo sguardo che correva all’impazzata da una parte all’altra: attorno a sé una moltitudine di persone, un gran vociare, il vento sferzante, il profilo di case. Era tornata a Ladeca.
A riprova di ciò sentì chiaramente la voce di Sapphire annunciare l’esito delle votazioni:
«E il risultato è... lavori forzati!» disse con tono risoluto.

Sul petto di Ryellia si aprì una voragine, in cui sprofondò il cuore, i polmoni, lo stomaco.
Si portò le mani sul ventre, stringendolo convulsamente.
Sentiva di essere sul punto di rimettere,
ma che cosa
se dentro di sé non sentiva più nulla?
Avrebbe voluto urlare,
se solo fosse stata in grado di respirare.
Perché quella gente parlava? Perché gioiva?
Sentiva le lacrime pizzicarle gli angoli degli occhi, mentre continuava a osservare ciò che la circondava, nella testa un turbinio di pensieri.
Cos’era successo?
Era davvero successo?
Sì, lo era.
Era sicura fosse tutto vero, per quanto assurdo fosse anche solo concepirlo.

Mentre il suo sguardo vorticava nell’aria, finalmente ne incrociò uno familiare. Erein era a qualche passo da lei, e la guardava con sincera apprensione.
Era così evidente? Aveva delle crepe sulla pelle, come se stesse per crollare in mille e più pezzi?
L’uomo avanzò, prendendola tra le braccia, stringendola a sé con fermezza, cercando di fermare quella frana inevitabile. «Ryellia, mia cara, so che tutto questo è crudele...» si scostò appena, il tanto sufficiente per guardarla negli occhi. La sua mano le sfiorò il viso, raccogliendo le lacrime che le solcavano le guance.
Quando aveva cominciato a piangere?
«So cosa vuol dire veder giustiziata una persona cara, mia madre...» s’interruppe, il viso contratto per un dolore remoto ma ancora pulsante. «...io ho stesso ho dovuto ordinare la sua morte. Il mio fratellastro non mi aveva lasciato scelta...» scosse il capo, come a scacciare quei pensieri. «Ma dobbiamo essere forti, dobbiamo ricordarli, dobbiamo combattere per loro.» portò l’altra mano sul petto, all’altezza del cuore. «Io la sento ancora qui, il suo cuore batte con il mio».
Lei si lasciò avvolgere da lui, cercando di mantenersi integra ancora un poco, quanto bastava. «Erein caro... ti ringrazio... Io non so che dire, che pensare... Mi sembra così irreale... Come se mi fossi svegliata dopo un incubo... Solo che... che...»
che era successo davvero.
«Tu sei stata testimone di un evento terribile e al contempo grandioso.» gli sussurrò lui, con delicatezza. «Non a tutti il Sovrano concede un simile, dolorosissimo, onore. Non conoscevo Raymond, ma era un uomo buono. Lui si sarebbe sacrificato se la sua vita avesse minacciato questo mondo».
Ryellia scosse la testa, meccanicamente. I ricordi vorticavano, spilli che ferivano la sua mente, il suo corpo, la sua anima. «Non ha senso, Erein, è semplicemente assurdo... Raymond non è mai stato pericoloso, non ha mai desiderato il male di nessuno, neanche di chi l’ha massacrato... Perché... Perché farlo?» lo guardò, trepidante, confidando che lui sapesse darle una risposta a quell’interrogativo che la stava dilaniando.
«Non lo so...» ammise lui. «La mente di un Daimon è imperscrutabile. Sono esseri potenti, la loro percezione del tempo e degli eventi non è facile da capire.» il suo sguardo si perse, come se stesse osservando qualcosa di troppo lontano. «Se può consolarti, un giorno qualcuno mi ha detto che dalle migliori intenzioni possono scaturire le peggiori conseguenze».
Lei sospirò. Sapeva che aveva ragione, ma questo non lo rendeva più semplice. «Non è facile da accettare... Un Dio in cui non credevo ci ha portato su un altro piano nel tempo di un battito di ciglia, facendoci vivere una guerra già combattuta, per poi chiedermi di assistere all'esecuzione del mio stesso sangue...» tremò.
Trattenne il respiro, spaventata.
Non doveva crollare,
non poteva permetterselo,
non ancora.
«Non devi accettarlo...» una strana luce s’impadronì del suo sguardo. «...niente di tutto questo sarebbe accaduto se il Dortan non fosse caduto in questa spirale di follia che si attorciglia intorno al Sovrano... Un giorno tutto questo finirà...» affermò convinzione.
Quelle parole le fecero tornare in mente come tutto quello fosse cominciato. I motivi che l’avevano condotta in quel luogo le apparivano così insulsi adesso. Il discorso di Zeno, la votazione, la rabbia contro il nano. Tutto era senza significato, senza valore, adesso. «Stamane... Sono arrivata qua preoccupandomi del discorso di un Corvo... Ora sembra tutto così misero e insignificante...» gli disse.
Erein le sorrise con dolcezza sentendo quelle parole: «Insignificante? Niente di tutto ciò che è accaduto è insignificante, niente di tutto ciò che ci attende è insignificante... Tu non sei insignificante.» concluse. Lei arrossì in risposta, imbarazzata da quelle parole. Per un momento il dolore le sembrò sfocarsi, adombrato da quella piccola dichiarazione. «Grazie Erein...».
A un tratto si rese conto di cosa la disturbava nel profondo, della nota stonata in quel chiacchiericcio, di tanta fragilità.
Azzurra non era con lei, non era al suo fianco.
Cominciò a guardarsi attorno, frenetica.
Dov’era?
«Hai visto Azzurra da qualche parte?» chiese all’uomo.
Quello scosse la testa: «No, non la vedo dal momento in cui siamo tornati, vuoi che ti aiuti a cercarla?» si offrì gentilmente. «Sì, devo trovarla assolutamente.» disse lei, cominciando a muoversi tra la folla.
Si spostava rapidamente, guardando da ogni parte, tanto che la testa le girava ogni volta che muoveva lo sguardo. E poi, eccolo.
Sentiva il suo nome risuonare nell’aria, pronunciata da una voce tanto familiare da sembrare la propria.
Azzurra.
Azzurra?
«Azzurra!»

«AZZURRA!»
La intravide a qualche metro da lei.
Il peso che la stava schiacciando divenne improvvisamente più leggero.
Guardando il suo viso si sorprese a respirare.
Quando inspirava sentiva il profumo dell’aria.
Il battito del cuore le fece vibrare il petto.
Era viva, infine.

Si ritrovò a correre incontro senza neanche accorgersene e a gettarsi tra quelle braccia calde e accoglienti che la strinsero con forza, come se non la volessero più lasciare. Si aggrappò alla ragazza, gli occhi serrati, il viso nascosto sul suo collo.
Si scusava; ogni singhiozzo era una scusa.
Perché lo faceva?
Era con lei, e improvvisamente tutto aveva riacquistato un senso, un colore, una tonalità.
Le sfiorò la guancia con un dito, un tocco delicato e leggero che esprimeva tanto amore quanto non ne aveva mai sentito. «Sono qui...» le sussurrò dolcemente. «...andiamo a casa.»
A quelle parole sentì il corpo rinsaldarsi, ricomporsi, quel tanto che bastava per andare avanti e sopravvivere. Le sorrise e annuì.
«Torniamo a casa nostra».


kLux6po




La Crociata del Traditore
- I l T r o n o C h e N o n T r e m a -



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: B
Stato Fisico :: 100/100
Stato Mentale :: 70/75
Energia :: 95/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Nessuna :: ///


ATTIVE—

Nessuna :: ///


ANNOTAZIONI—

Dico solo: grazie.
A tutti voi, grazie per quest'esperienza. Ne farò davvero tesoro :sisi:

 
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view post Posted on 30/4/2015, 16:21

Lamer
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Era tornato. Aprì gli occhi lucidi mentre la voce della attendente di Zeno gli giungeva alle orecchie. Scombussolato, distrutto, senza più speranze. Sentì Aruj parlare con Azzurra e sentire la fine che Raymond aveva fatto. Un'ennesima volta aveva fallito, fallito come in tutta la sua vita, fallito.

Una parola che gli riecheggiava nella mente, ancora, perpetua come l'acqua che dal mare evapora nel cielo per cadere come pioggia, per cadere come lacrime amare, dolorose, piene di quel dolore che ora si rinnovava per far tornare alla mente quei pensieri che lo avevano accompagnato per tutto il viaggio nell'Onerion.

Tastò la spada di Iohan, la conferma che tutto quello che gli era successo non era stato un mero sogno, guardò le facce degli altri pari capendo che anche loro avevano vissuto quello stesso viaggio. Niente poteva fargli sperare in un'allucinazione o in qualcos'altro.

Raymond Lancaster era morto nel tempio di Zoikar e questa volta per sempre.

Eppure prima ancora di avere il tempo di fare mente locale successe qualcosa che ribalto completamente la situazione. Una voce, una voce profonda nella sua mente e una figura fatta di pietra che solo una volta nella vita aveva visto dal vivo durante la Riunificazione, colui che per lui era stato un punto di riferimento.

Si guardò introno notando che era rimasto solo con quella magnificente creatura di roccia che lo fissava con quegli occhi magnifici. In quel nulla l'araldo di T'al lo guardava. Geon, così lo conosceva, si avvicinò lentamente continuando a guardare il nano per poi toccarlo solamente sulla fronte.

"Hai sofferto molto e ciò che vedrai ti farà soffrire ancora di più, ma il tuo passato deve essere rivelato e il tuo presente deve essere cambiato." staccò la mano lentamente per poi continuare "Consacrato, scopri chi veramente sei, poiché tu non sei solo Lhotar Doppielame, e neanche soltanto un figlio della terra, tu sei di più. Guarda il tuo passato per decidere del tuo presente e modellare il tuo futuro."





37 anni prima, Montagna, qualche mese dopo la nascita di Bolg e Lhotar



Rhotgar camminava veloce cercando di trovare qualcuno all'interno di quella vuota roccaforte. Nessun nano, nessun abitante se non suo nipote, sua cognata e il piccolo drago nato insieme a Lhotar. Eppure qualcun'altro si aggirava per quelle sale, una presenza oscura, un servo di quel maledetto culto che loro si erano rifiutati di seguire. Quei bastardi adepti di questo Sovrano gli avevano condannati alla morte, quei venti nani che erano riusciti a fuggire dall'Akeran e dalla schiavitù.

"Rhotgar, non fuggire, io voglio solo tuo nipote."

La voce gli giunse dal nulla, possente anche se umana e ovattata come se quella maledettissima maschera dietro cui si nascondeva gli donasse quei poteri innaturali che un semplice nano mai aveva visto con i propri occhi.

Guardò nell'oscurità di quel luogo, mentre dalla sua spada gocciolava il sangue dell'ultimo uomo ucciso nel tentativo di allontanare il loro capo dalle uniche persone che gli erano restate al mondo. Non poteva lasciarli morire, non dopo la promessa che aveva fatto al fratello.

Si, se la ricordava bene, "difendi mio figlio come fosse il tuo, difendi quel drago poichè è destino che quei piccoli vivano insieme, sacrificati per loro se necessario, ma ti prego salvali da Noah." Glielo aveva detto in lacrime, mentre piangeva, conscio che la ferita che gli avevano provocato era mortale.

Era successo tutto così in fretta e ora si ritrovava ad affrontarlo. Gli avevano chiesto asilo e avevano provato ad approfittarsi di loro, si erano liberati e ora erano inseguiti come degli schiavi. Non poteva essere vero si ripeteva, ma il dolore che il suo cuore provava diceva tutt'altro.

"Non gli avrai Noah, lui non è un tuo dominio!" lo disse facendo esplodere dalla spada di un bagliore rosso che illuminò l'immensa sala per via di una sostanza iffiammabile. " Dovrai passare sul mio cadavere per averlo. Lui è il consacrato di T'al! Non può servire un altro Dio!"

Una risata profonda uscì dalla bocca dell'uomo che l'onda cremisi aveva illuminato in fondo alla stanza. Era mascherato, vestito di nero e armato di un semplice bastone che in quel momento aveva emesso una piccola luce bianca che aveva iniziato ad illuminare l'intera stanza.

"Lui è già mio e tu sei già morto, solo che non lo sai." Era la prima volta che lo incontrava da solo e non sapeva per quale ragione indietreggio come se sapesse già di cosa quell'uomo fosse capace. "Tu sei il secondo più forte del tuo gruppo, e se tuo fratello Hotar non ha avuto possibilità contro di me, tu non ne puoi avere."

A quel punto si tolse la maschera mostrando il viso rude e quasi diabolico di un uomo che aveva donato tutto il suo essere alla pazzia e a una sfrenata ossessione religiosa facendo rimanere solo un guscio vuoto. Aveva uno sguardo folle, e un piano in mente; usare quel nano per ingraziarsi il Sovrano.

Noah aveva visto il potere che racchiudeva quel marmocchio deforme e nessuno gli avrebbe tolto la possibilità di sfruttarlo a suo piacimento. Avanzò convinto dei suoi poteri e conscio che però quel maledetto nano davanti a lui gli era indispensabile per trovare il marmocchio.

"Non ti ucciderò, mi serve il tuo corpo, ma non la tua anima." Mosse la mano destra tesa in avanti mostrando il mignolo amputato dal fratello del suo bersaglio. "Tu sarai il mio fedele servo, per sempre fino alla tua morte."

Un unica bordata mentale, capace di portare un uomo alla pazzia si abbatte sul povero Rhotgar che si ritrovò senza la sua personalità. Schiavo di Noah, si inchinò subito al suo nuovo sovrano, conscio dentro quella insignificante parte della sua anima che era restata attaccata al suo corpo che quello sarebbe stato il suo futuro per sempre.

"Portami da tuo nipote e uccidi la sposa di Hotar."

Impotenza e disperazione percorsero quella piccola parte che ancora esisteva dentro di lui mentre il suo corpo guidava Noah nei sotterranei, prendeva la spada, sventrava la madre di suo nipote. Pianse dentro come un poppante, non poteva fare altro e mentre Noah tesseva l'illusione che avrebbe reso Lhotar e Bolg succubi di un mondo utopico provò a gridare, sapendo che probabilmente non avrebbe potuto aiutarlo nel momento decisivo.

"Oggi rinasci e sarai portato sempre a incontrare i servitori del Sovrano." Alzò le mani come per onorarlo. "Oggi rinasci come mio schiavo finchè io vorrò averti in mio potere o fino a quando i tuoi occhi non si poseranno su un dio, poichè solo una tale vista potrà sbriciolare questa illusione. Grazie a te e al tuo potere potrò diventare l'araldo del Sovrano ."








"Questa è la verità, questa è la tua storia."

Lhotar stava fermo, immobile, spiazzato. Rainier aveva ragione, tutto il suo mondo era stato un'illusione e i suoi sensi lo avevano tradito succube di quel corvo. Ora capiva tutto, capiva perchè così tanti corvi apparivano alla Montagna di continuo e perchè non aveva mai saputo realmente cosa fosse successo durante il massacro del suo popolo. Perchè tutto quello non era mai accaduto.

"Come... perchè... Dove, dove posso trovarlo? Dove!"

Linee di ira nera apparvero sul volto del nano mentre una nuova forza nasceva dentro il Doppielame. Si, alla fine il dolore per Raymond e quello per la scoperta appena fatta lo aveva reso più forte e mentre capiva perchè Geon aveva scelto quel momento l'araldo rispose.

"Ciò che non ti ha ucciso ti ha reso più forte e vedere il giusto ti ha reso migliore." A quel punto si voltò, continuando a parlare. " Ora vai dal tuo drago poichè è solo con lui che potrai sconfiggerlo. Ricordati però, ciò che hai vissuto nell'ultimo anno che hai passato fuori dalla Montagna non è stata un'illusione. Hai visto i nobili e i corvi per quello che realmente sono, sta a te decidere se fidarti ancora dei pari o meno. Addio."

In quel momento tutto tornò normale, ma questa volta non dubito per un secondo che quella visione fosse falsa. T'al gli aveva parlato per bocca di Geon e lui non avrebbe buttato via quella possibilità. Fu a quel punto che Lhotar si promise solennemente che avrebbe vendicato la sua famiglia, l'ultima vendetta prima di liberarsi per sempre di passato falsato dalla mente di un uomo.

Poi pensò alle ultime parole dell'araldo. Si poteva ancora fidare dei pari ora che le sue idee di regno si erano rivelate illusorie? Potevano essere il Leici la giusta strada? Forse fu la risposta che si diede, ma avrebbe verificato presto. Lui era Lhotar Doppielame, il consacrato di T'al, e da quel giorno avrebbe ricominciato una nuova vita.





è stata un ottima giocata, veramente e attraverso questa il mio pg ha scoperto ciò che realmente gli è successo poco dopo la sua nascita. Probabilmente cambierò fazione, ma non ancora XD, se tutto va bene con questa giocata, i punti che ho già e quelli che potrei prendere al peccato originale dovrei arrivare a 200. se sarà così (o se arriva sui 190) farò la scena con il boss di fazione e poi cambierò andando dai Leici.



Grazie a tutti
 
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Shavronne
view post Posted on 30/4/2015, 21:45









Provò una sgradevole sensazione allo stomaco poi la luce e il rumore la colpirono riportandola in quella cittadina che così facilmente aveva dimenticato.
«Hanno scelto i lavori forzati... peccato la vostra scelta era sicuramente migliore.» La voce di August, il servo, passò nella sua mente confusa. Ci mise qualche secondo a realizzare il significato delle sue parole, Ladeca e il discorso di Zeno le sembravano ora parte di un passato lontano.
«Vi sentite bene?» Il suo viso più pallido del solito era pervaso da un respiro rotto e agitato. Poteva sentire i muscoli delle gambe perdere forza e abbandonarla tanto che dovette impegnarsi per restare in piedi.
Si stava ancora chiedendo se tutto quello che aveva vissuto poco prima fosse stato reale quando si accorse di avere qualcosa stretto tra le mani tremanti: la maschera del serpente d'argento. Finalmente riuscì a guardare quello che era stato il suo aspetto, la barriera che l'aveva almeno in parte protetta dalla sua stessa debolezza. Percorse con un dito i freddi lineamenti metallici, accarezzò la forma della bocca sottile, e lì sentì le piccole scheggiature riportate durante lo scontro avvenuto in quel particolare viaggio. Pensò a come la sua pelle si sarebbe rigenerata eliminando le cicatrici e restando perfetta.
Lasciò scivolare la maschera dalle sue mani facendola cadere e rimbalzare alle sue spalle, l'abbandonò senza più guardarla, sentendo il rumore del metallo che colpiva il suolo, il suono di un addio.
«Andiamo via, non voglio restare un secondo di più.»
Aveva bisogno di restare sola, voleva lasciarsi tutto alle spalle eppure non riusciva a separarsi dalle emozioni che aveva vissuto.
Diede un'ultima occhiata verso la piazza ancora gremita di gente alle sue spalle, era veramente diversa da loro? Era veramente migliore?



Piccolo post di chiusura, ringrazio tutti sperando di avere nuove occasioni per scrivere insieme.^^


 
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view post Posted on 1/5/2015, 00:14
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Maestro
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Solo un uomo.
Solo un bozzolo di carne.
Un involucro di pietà e dolore.
Solo debolezza.

Lame invisibili sventrano il petto, disegnando ghirigori di nervi e vomito.
Si sente la cute scindersi, districarsi e ribollire come coperta di pece. Un qualcosa di smorto che si muove e si districa tra le membra, ruggendo a fasi intermittenti; lasciando che la corona di spine che porta in volto si districhi all'interno del suo corpo, lambendo le pareti e screziandole con lamenti profondi.
È qualcosa di maestoso e terribile; un peccato tanto remoto che nessuno può dirsi davvero di meritare. Sicuramente non lui, che mai l'aveva meritato. Che mai l'aveva anche solo patito quel boato di strozzata angoscia. Lui, che non l'aveva mai sentito risalirgli lo stomaco e districarsi, fino a esplodere. Fino a non farcela più.
Eppure deve contenerla; gli occhi si stringono attorno a essa e attorno alla sua fragilità. Come mai era accaduto, le dita affusolate stringono un lamento che non credeva nemmeno di possedere. Sangue riarso che fluisce come bava di un cane affamato; che tocca i nervi e lo scuote a ogni secondo, ricordandogli e insistendo sulla sua rinnovata caducità. Qualcosa di diverso, così esplosivo e malevolo che fa paura. Lo spaventa sapere di non avere mai sofferto così, di non aver mai provato dolore e di non averlo mai fatto in quel modo.
Spaventano lui. Che non si era mai spaventato.

Lo percepiva come un dolore diffuso, che si srotola dallo stomaco e giunge al fegato, risalendo finanche in gola e poi in bocca. Lì, dove non potrebbe mai arrivare. Dove non potrebbe mai permettergli di uscire.
È li che stringe i denti, serra le gengive e lascia che gli esploda un urlo dentro. Che si sfoghi ove non potrebbe mai farlo. Soffre e stringe gli occhi, lasciando che il rimorso diventi lacrime e sgorghi per gli occhi come una frustrazione senza nome, né padrone. Come la peggiore delle bambine, lasciate al freddo tra gli spasmi della fame. È qualcosa di piccolo, minimo; preferibile e migliore di qualsivoglia urlo di dolore.
Qualsiasi cosa sarebbe meglio di urlare il proprio dolore, in quel momento. Di dimostrarsi vivo, molto vivo. Umano nella carne, nel sangue e nella sofferenza.

Umano, molto umano.
Troppo umano.

Ladeca
Piazzale della chiesa

   Tutto durò il tempo di un colpo di tosse.
   Ricordava perfettamente tutto quanto; la cena, le stoviglie, le battute e quell'ombra riarsa di paura che lo fissava dal fondo della sala. Ricordava, inoltre, quel volto mostruoso divorarlo in un sol boccone, col cantico raccapricciante di un incubo che diventa orrore, e l'orrore che diventa informe ammasso di ribrezzo. Un volto enorme e fauci altrettanto grandi, che lo stringevano tra i grossi denti aguzzi e lo mandavano giù, come lo scroto di un bufalo cotto sulle braci.
   Eppure, percepiva il tempo in maniera distorta. In un certo senso, gli sembrava quasi non essere trascorso. Vedeva le persone discorrere come nulla fosse accaduto; sentiva le urla gracchianti dei richiami festosi, le risa delle matrone e i latrati estenuanti dei cani ai margini delle strade. Li sentiva e li vedeva tutti, ricordandoli nell'esatto istante in cui li aveva persi. In cui tutto era diventato buio e lui - subito dopo - era morto.
   Ora, era lì. Lo stesso corpo, la stessa pettinatura e lo stesso passo cadenzato. Ma con molte certezze in meno.
   Il suo occhio di sufficienza e il ghigno beffardo, allungato in un angolo della bocca, sembravano svaniti. Al loro posto c'erano uno sguardo spaventato e una bocca tremula che si mordeva ripetutamente il labbro, fino quasi a farsi male.
   I suoi vestiti erano gli stessi, benché scossi in una serie di brividi che gli facevano sudare freddo. Erano impiastricciati del puzzo della propria paura, increspati come fossero passati per un gorgo di letame. Benché, in realtà, non fosse passato niente più che un istante. Una frazione di secondo.
   Un attimo in cui non era successo nulla. Almeno per tutti gli altri.
   Per un momento gli prese il panico. Stette immobile fissando le persone attorno a se; ignare e incoscienti. Ma, solo per questo, pericolose fautrici di un giudizio incosciente che trovava improvvisamente fastidioso e preoccupante. Come se quei giudizi penetranti presto l'avrebbero scovato nella propria debolezza, riscoprendolo tanto fragile quanto stolto. Riscoprendolo inutile e vinto nell'impietoso confronto con quello che era fino a un attimo prima. Fino a quando non era stato divorato dal proprio rimorso. E non solo.
   Poi, si passò una mano sul ventre. Sentiva ancora il lamento del proprio corpo; le interiora infrangersi contro pietre invisibili, punte di coltelli ingoiate nello stomaco chissà come e chissà perche.
   Come se quell'incubo a occhi aperti non fosse stato soltanto un incubo, ma gli avesse lasciato in dono molto più che una semplice sensazione di fastidio.
   Piccole fratture del corpo che non riusciva a spiegarsi, ma che echeggiavano nel suo ventre a ogni passo. A ogni parola; a ogni pensiero.
   La mano passò sulla camicia di seta. La ricordava intonsa e perfetta, benché ora ne potesse avvertire le decine di pieghe tra le dita sporche. Tagliata e strappata in più parti, lasciava intravedere il traumatico blasone di una masticata innervosita. C'erano parti di carne lacerata; sottili ferite disposte a raggio lungo un'ipotetica linea diagonale. Un morso avrebbe detto qualcuno, a ben guardare. Proprio come se qualcuno l'avesse assaggiato, per poi sputarlo via.
   Si passò la mano da sinistra verso destra, lungo tutto il perimetro del torso, accompagnandola a un leggero tremore di ansia.
   Poi se la passò sul collo e, infine, la portò al volto.
   Era rossa; era completamente bagnata di sangue.

   « Teslat! »
   Dulwig lo chiamò dai piedi del palco, facendosi strada tra la folla festante. Lanciava occhiate irritate alle persone attorno a lui. La maggior parte di queste, però, fingevano di non vederlo, quasi ostacolandogli il passaggio di proposito. Teslat lo vide impegnato, preoccupato più per se stesso che per altro. Non si era accorto del suo stato e lui, per qualche motivo, fu sollevato dalla cosa.
   Allungò la mano verso il mantello che teneva in spalla; si coprì interamente il torso, badando bene che la stoffa potesse mascherare ogni lembo del suo corpo debole e reietto. Di quella vergogna tramutata in sangue sporco e scuro. Poi, seguitò a fissarlo, mentre veniva verso di lui. Si atteggiò in un sorriso smorto, finto e poco credibile.
   Dubitò del suo sorriso ogni passo di Dulwig. L'avrebbe compreso; forse o forse no. Probabilmente in quel caos non si sarebbe nemmeno accorto di niente. Probabilmente.
   « Avevi ragione tu, Teslat » abbaiò Dulwig, visibilmente contrariato, « non dovevamo nemmeno venirci in questo posto. »
   « Con certa gente non si può nemmeno parlare. » Disse, mentre lo sguardo scivolava da un lato all'altro dello sfondo, scrutando e giudicando la massa di cittadini colpevoli di un credo che non apparteneva loro. Ma che gli era bastato per ridicolizzarli.
   Solo dopo tornò a fissare l'altro. Dulwig vide quel sorriso finto, racchiuso in un volto sudaticcio e sotto capelli unti. Tremulo e visibilmente sofferente. Lo squadrò per un attimo, percependo qualcosa di diverso. Senza capire cosa. Era Teslat; eppure, era come se non lo fosse.
   « Tutto bene? » Chiese, modulando il tono della voce.
   L'altro scosse il capo, sforzandosi di apparire naturale. Teneva entrambe le mani sotto il mantello, stringendoselo da parte a parte e avvolgendosi come una catena sul collo dell'impiccato.
   « S-si, tutto bene » asserì, rapidamente, « è questo posto che mi rende nervoso. »
   Dulwig annuì perplesso. « Tu... nervoso » rispose, ancora stranito, « ...e da quando? »
   Stava cadendo. Sentiva il peso di un giudizio imprevedibile che discendeva dagli occhi del suo fraterno alleato e aveva fine nella sua impacciata indifferenza. Dulwig era stato sempre un esempio e un compagno, per loro. Eppure, in quel momento Teslat sentì un brivido scuotergli la cute e raggelare l'aria attorno a loro. D'altronde, era pur sempre Dulwig. Il più nobile Arconte, il fiero comandante del Dicasterio. Il cocco di Caino.

Come avrebbe reagito?
Cosa gli averebbe detto?
Che ne sarebbe stato di lui?


   Un nugolo di domande che, per la prima volta, gli balenavano in mente. E, anche per quello, lo rimbrottavano con irritante sfrontatezza. Non aveva diritto di giudicarlo; ma il sol fatto che temeva il suo commento, lo irritava oltremodo. E lo spaventava non poco.
   Dunque, fu quasi d'istinto che si scosse. Che decise cosa meglio sarebbe stato per entrambi. Mentire, negare; far finta di nulla.
   Sbottare in un provocante scherzo.

« Bwah ah ah »

   Vomitò una risata improvvisa; fragorosa e disordinata, prima ancora che falsa. Se la fece uscire dal petto, rischiando di incrinarsi le costole dal dolore. Ma poco gli importò; si sforzò di modularla come natura e vera. Arrogante e riprovevole, com'erano le sue risate di solito. D'altronde, se fosse riuscito a renderla sufficientemente sguaiata, Dulwig avrebbe anteposto il disgusto al pregiudizio.
   « Mi conosci troppo bene Dulwig » ribatté Teslat, arricciandosi un capello sul viso, « non ti posso nascondere nulla. »
   Poi si passò la mano sulla guancia, rivelando un ghigno malizioso. « Ho baciato un bel moretto » disse, sbattendo le ciglia, « li, dietro il vicolo. »
   Nel mentre, il suo labbro si inumidì. Del tutto inaspettatamente qualcosa trasalì l'esofago e si diramò sulla lingua, finendo per bagnare il labbro inferiore. Poi gli fece capolino sulla bocca un rivolo di sangue rosso, risalito direttamente dal petto. Era rosso rubino e spuntò come una battuta infelice durante una conversazione formale.
   Dulwig lo notò immediatamente. « E ti ha morso? » Chiese, a metà tra lo schifato e il sospettoso.
   Teslat mandò giù un grumo di saliva, pesante e sporco di sangue. « È stato violento » improvvisò, senza pensarci troppo, « come piace a me, papino. »
   I minuti successivi furono sottolineati dal lungo sospiro di Dulwig, che solitamente accompagnava ogni sua paternale. In qualche modo fu risollevato dalla cosa. Nell'anormalità di quell'improbabile scusa, sarebbe parso totalmente normale che Teslat mollasse i doveri di ufficio per rimorchiarsi qualche giovane contadinotto belloccio ai bordi delle strade.
   Sarebbe stato assolutamente normale seppellire qualsivoglia sua stranezza sotto un velo di impudica bega sessuale. D'altronde, Teslat era proprio quello e continuare a sembrarlo era il modo migliore per mascherare ogni altra cosa.
   « Possibile che tu non sappia pensare ad altro nemmeno in un posto simile? » Si limitò a commentare Dulwig, tagliando corto.
   « Andiamo, abbiamo perso fin troppo tempo qui » aggiunse poi, voltandosi verso l'uscita della piazza.
   « Agli ordini, comandante » sbottò ironico Teslat, levando un pugno chiuso al cielo, quasi a replicare un maldestro saluto militare. Poi sospirò in silenzio, cercando di mascherare il fiato affannato. Qualunque cosa fosse successa, l'avrebbe capita da solo. E avrebbe capito, su tutto, di chi avrebbe potuto fidarsi d'ora in avanti.

   Poi, scorse qualcosa oltre la folla accalcata ancora ai margini della via. Era il bambino che gli si era avvicinato qualche attimo prima. O qualche ora, a seconda dei punti di vista.
   Il ragazzino lo scrutava torvo, tenendosi la mano paffuta sulla guancia destra. Erano visibili ancora i segni del suo palmo sulla carne chiara, mentre gli occhi luccicavano di lacrimoni appena accennati, tirati su a ogni istante inspirando sonoramente dal naso. Riempiendosi la pancia di aria e coraggio; perché i bambini coraggiosi non piangono.
   Teslat fece una smorfia di assenso, mischiata da un brivido di dolore. Non percepì molto più che un languido senso di fastidio, ma decise in qualche secondo di dargli abbastanza retta. Dunque, gli si avvicinò con ampie falcate.
   Il bambino, fissandolo, mutò lo sguardo rabbuiato in uno ben più spaventato. Terrorizzato; fece alcuni passi indietro, salvo ruzzolare su un cumulo di pietra e terminare la sua fuga col culo sulla terra battuta.
   « Non essere uno schiavo come tutti gli altri » lo apostrofò Teslat, fissandolo in volto. Poi prese a rovistare nella tasca, nervosamente.
   « Non si chiede danaro a un figlio di puttana come me » Gli afferrò la mano e gli posò sul palmo un affilato coltellaccio ricurvo, ancora sporco di sangue incrostato.


muta4

« La prossima volta... »

muta3

«...prenditelo e basta. »



Teslat rimedia un danno permanente al torso, sotto forma di ferite che sanguinano perennemente; ferite profonde, disposte a mezzaluna ed equidistanti, come il segno di un grosso morso.
 
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view post Posted on 1/5/2015, 10:15

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La realtà o quella che noi definiamo tale riemerse intorno a noi. Pochi eletti che avevano avuto la fortuna di assistere all’epifania di un dio e ancor più pochi degni di essere scelti dallo stesso Sovrano come testimoni della sua giustizia. Era una grande e bellissima cosa quella a cui avevamo preso parte, una cosa che non accadeva da eoni. « Qualcosa sta cambiando... –pensai mentre tornavamo ad immergerci negli afrori di Laedeca e della folla che l’invadeva - « ...forse i tempi sono maturi.
La voce di Zeno annunciò l’esito della votazione ma ormai a chi importava più? Ai condannati, certo, ma noi, noi che avevamo cenato con il Re che non perde mai, noi che avevamo annichilito i Lorch schiacciandoli come mosche, noi che eravamo stati chiamati ad adempiere il disegno di giustizia di Zoikar, come potevamo interessarci ancora a queste futili vicende mondane? Chissà se anche lui, Zeno, aveva visto e sapeva … Probabilmente no. Che ironia … Lui, uno dei massimi servitori del Giusto - sempre a voler dar credito alle sue parole – era rimasto tra il fango e la miseria di questo mondo a dispensare la giustizia dei bifolchi mentre noi avevamo fatto da corte d’onore a quella del Sovrano. Mentre l’enumerazione dei voti proseguiva noiosa, lenta, patetica come una litania altrove la vera giustizia prendeva forma. La spada del Sovrano affondava nella carne di tutti, marchiandoci per sempre, incidendo nella nostra pelle il ricordo di quegli eventi tremendi e grandiosi. E a causa di quell’incisione la mia dolce Ryellia sanguinava…
Vederla sconvolta, vederla sofferente, schiacciata dal ruolo a cui era stata chiamata faceva sanguinare anche me. Possibile che senza nemmeno accorgermene la danza di cortigianerie ed intrighi in cui io e la Dama Rossa ci eravamo gettati si fosse evoluto in qualcosa di più profondo?
Le mie braccia l’avvinghiarono in una stretta che sapeva di rassicurazione e dolcezza. Volevo confortarla, volevo che il suo dolore annegasse in quell’abbraccio. « Ryellia, mia cara, so che tutto questo è crudele ...» - la guardai negli occhi; la mia mano sfiorò quella pelle soffice raccogliendo dalle gote la messe delle sue lacrime – «So cosa vuol dire veder giustiziata una persona care, mia madre ...» - i segni un dolore lontano apparvero nei miei occhi – «...io ho stesso ho dovuto ordinare la sua morte. Il mio fratellastro non mi aveva lasciato scelta ..» - mai fui più nudo e vulnerabile accanto a lei. Mai così tanto ….Forse troppo. Scossi il capo ma non servì ad allontanare il sordo dolore che quell’immagine riusciva ancora a suscitare – «Ma dobbiamo essere forti, dobbiamo ricordarli, dobbiamo combattere per loro» - – mi sfiorai il petto – «Io la sento ancora qui, il suo cuore batte con il mio.». – chissà se immaginava quanto vere fossero quelle mie parole.
« Erein caro... ti ringrazio... Io non so che dire, che pensare... Mi sembra così irreale... Come se mi fossi svegliata dopo un incubo... Solo che... che… »
Le parole le sfiorirono in gola. Pensai a cosa avrei fatto io al suo posto, se avessi patito così tanto …
No, non per una persona come Raimond Lancaster non se a concludere la parabola della sua vita fosse stato il Sovrano in persona. Avevo sentito cantare le gesta del Drago Nero… Un uomo la cui bontà d’animo, il cui coraggio, il cui eroismo sapeva mettere in imbarazzo chiunque. Uno dei pochi eroici esseri votati all’autosacrificio. Ma lì, nel loro mondo era un nemico, una minaccia da abbattere. La sua morte era qualcosa di necessario e se anche necessaria non fosse stata noi non potevamo impedirla in alcun modo.
Dinnanzi agli dei, anche i più coraggiosi, anche i più forti erano mosche.
«Tu sei stata testimone di un evento terribile e al contempo grandioso.» - le sussurrai – « Non a tutti il Sovrano concede un simile dolorosissimo onore. Non conoscevo Raymond, ma era un uomo buono. Lui si sarebbe sacrificato se la sua vita avesse minacciato questo mondo.» – Le mie parole non l’avrebbero confortata, ma cos’altro potevo fare?
«Non ha senso, Erein, è semplicemente assurdo... Raymond non è mai stato pericoloso, non ha mai desiderato il male di nessuno, neanche di chi lo ha massacrato... Perché... Perché farlo?
Perché Lui può. Perché Lui sa. Così avrei dovuto dirle. Ma con che cuore? Le avrei detto la verità ma a cosa le sarebbe giovato conoscerla? Lei desiderava conforto, lei agonizzava nella sua sofferenza e spesso la verità è solo sale su una ferita aperta.
«Non lo so... La mente di un Daimon è imperscrutabile. Sono esseri potenti, la loro percezione del tempo e degli eventi non è facile da capire» – le risposi. Le donai una mezza verità, le offrii la boccata meno amara e tenni per me l’altra parte. - «Se può consolarti giorno qualcuno mi ha detto che dalle migliori intenzioni possono scaturire le peggiori conseguenze.»
Sospirò la Dama Rossa, forse un poco consolata - Non è facile da accettare... Un Dio in cui non credevo ci ha portato su un altro piano nel tempo di un battito di ciglia, facendoci vivere una guerra già combattuta, per poi chiedermi di assistere all'esecuzione del mio stesso sangue...
E non è già questo un miracolo, mia dolce, cara Ryellia? Il Sovrano ti ha concesso qualcosa che nessuna moneta può comprare: la fede. Tu hai visto, tu hai conosciuto, tu hai sperimentato. Tu sai, ora, tu porti con te il suono muto della sua voce … Molti uomini ucciderebbero per essere al tuo posto.
«Non devi accettarlo ...» - una strana luce mi si accende nello sguardo e non so per quale folle ragione iniziai a rivelarle uno dei progetti più gelosamente custoditi « ... niente di tutto questo sarebbe accaduto se il Dortan non fosse caduto in questa spirale di follia che si attorciglia intorno al Sovrano ... Un giorno tutto questo finirà ... »
La mia rivelazione passò inosservata. Tanto meglio, non era ancora pronta a sapere… «Stamane... Sono arrivata qua preoccupandomi del discorso di un Corvo... Ora sembra tutto così misero e insignificante...
Lasciai che Erein il devoto si ritirasse e che Erein il cortigiano riprendesse a danzare – «Insignificante? – le sorrisi dolcemente –« Niente di tutto ciò che è accaduto è insignificante, niente di tutto ciò che ci attende è insignificante... Tu non sei insignificante
La sua pelle si tinteggiò di un rossore lieve – « Grazie Erein … » – mi rispose. Poi anche lei lasciò che la sua fragilità tornasse a nascondersi. In un attimo fu’ di nuovo la condottiera, la Lady Lancaster, la Regina Rossa – «Hai visto Azzurra da qualche parte? »
Mi proposi di aiutarla a cercarla. Anche lei aveva assistito, anche la sua fede era stata messa alla prova.
Dovevamo trovarla.

 
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view post Posted on 1/5/2015, 11:33
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Ladeca - Piazza della Chiesa

Un respiro profondo, un battito di ciglio e poi il silenzio. Il passaggio talmente rapido ed immediato da far sembrare tutto esattamente ciò che era. Un sogno, tanto vero e doloroso da far paura. Il risveglio dettato dalla voce squillante e gentile della donna addetta alle votazioni, un risultato quantomeno scontato alla fin fine. La luce del sole quasi mi acceca in quel passaggio dalla tenebra lunare allo splendore caldo e armonioso del mezzodì. Poi lo sento, sotto le mie dita, qualcosa di soffice e vellutato. Il tessuto di un mantello dal colore cremisi, una figura in armatura appena davanti a me. Ora ricordo, le avevo chiesto qualcosa. Eppure questo non ha importanza, non più. Sollevo lo sguardo per guardarla in volto, capace di parlare ancor prima che sia lei a proferir parola. Una paura incondizionata, un viso stravolto dalla tragedia appena capace di trattenere le lacrime. Anche lei è stata li, nella Nera Basildera. Eppure ha visto qualcosa che io non ho visto, qualcosa di ben più terribile di uno spilungone in armatura e un leoncino da guardia. Ora che ci penso... anche Raymond avrà fatto ritorno? Gli altri, anche gli altri devono trovarsi qui. Forse lei ne sa qualcosa, anche se non sembra proprio nella condizione di fornire risposte esaurienti. Oh, certo, non posso apparire così calma dopo una simile esperienza. Sciocca Odette, ricorda la parte che stai recitando! Sei una bambina che ha appena compiuto un viaggio onirico nella terra di un Daimon, mostra un po di confusione!



« Hmmmm?... Monsieur Lancaster? Monsieur Lupo?... » Faccio correre lo sguardo intorno a me, gli occhi ancora parzialmente accecati dal sole. Solo dopo pochi attimi decido di rivolgermi ad Azzurra. « Oh-... mademoiselle. Je suis désolé, per un attimo credevo-... non so-... »



Gli ci vuole un po per rendersi conto di dove si trova. Uno spettacolo davvero insolito, vedere un cavaliere che piange. Oh, certo, tutti i cavalieri prima o poi cedono al peso delle loro vite ma difficilmente si lasciano a simili sbalzi di emotività in pubblico. Che cosa può mai aver visto dall'averla piegata a tal modo? Quale tormento ha portato un guerriero allo stato emotivo di una bambina spaurita? Quali demoni affliggono la tua mente, petite Azzurra?



« Dov'è lui? Credo... credo che sia stato lui, a salvarci. Dov'è monsieur Raymond? » Una parte di me in fondo sa già la risposta a questa domanda. Quale fato può essere spettato ad un uomo che ha messo a rischio così tante vita ed invaso la casa di un Daimon per fini puramente egoistici? « Io non credo che... tornerà.»

Spiccica poche parole, quanto le è concesso dalla situazione attuale. Ed in un attimo svanisce tra la folla, alla ricerca della sua padrona. Già... Ryella Lancaster, se anche lei era li posso solo immaginare in quale stato possa trovarsi adesso. Forse sarebbe saggio seguirla? No, meglio attendere un momento meno... caotico. Ormai qui non c'è molto da fare, mi fermerò per trovare un pasto e poi-... Un momento... quella strana tunica, quel portamento dignitoso macchiato dalla sorpresa. Monsieur Elfo! Sono contenta che anche lui abbia fatto ritorno, ormai il più degli elfi hanno abbandonato la loro discendenza magica per delle vite più agiate e tranquille. Soprattutto, mi piace la sua curiosità. Senza pensarci su mi lancio verso di lui, abbracciandolo come se non lo avessi visto da un'era o più. Non serve nemmeno fingere, per qualche motivo sono contenta che quasi tutti siano riusciti a fare ritorno senza farsi del male.



«
Monsieur elfo
» Mi scosto lentamente dal mago, sorridendo felicemente nel farlo. I pensieri del momento sono però celeri nel far svanire quella contentezza. « Sono contenta che siate sano e salvo! Per un attimo ho temuto che-... che-...»

La mia consapevolezza della vera morte di Raymond Lancaster non avrebbe fatto poi molta differenza. Ma per una persona curiosa e pronta a tutto pur di un briciolo di conoscenza... forse lui saprà farci qualcosa. Gli dico la verità, gli dico cosa è accaduto al nostro portaguai e salvatore, schiantando la sua mente come un fulmine a ciel sereno. Molte persone ammiravano le innumerevoli gesta di quell'uomo, alcuni più di altri. Poche parole balbettate ed anche lui svanisce tra la folla, diretto chissà dove in cerca di sapere o a recapitare la triste notizia. Se lui è qui anche gli altri devono aver fatto ritorno, nulla di cui preoccuparsi se non altro. Una notte di riposo, una notte di caccia e poi via verso la mia prossima meta. A Nord, credo che andrò a Nord per dare un'occhiata alla Ystfalda. Oppure a sud, ad assistere alla nuova marea di corruzione? Hmmmm... mi serve una moneta!

 
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Nawarashi
view post Posted on 1/5/2015, 17:10





Ladeca - Di nuovo



Ero sicuro di aver visto tutto buio per alcuni momenti, perdendo i miei sensi.
Essendo ancora nella battaglia, cercai di riprendermi con tutte le mie forze, ma quando aprii gli occhi notai solo il sole riempirmi la vista.
Sole?
Ma era notte poco prima...
Sentii il rumore della folla.
Folla?
Ma eravamo in una città deserta...
Mi rialzai di scatto, realizzando quello che avevo paura a comprendere. Mi ritrovavo di nuovo a Ladeca. Mi guardai il corpo, cercando i segni di quella battaglia, ma non trovai nulla, neanche un graffio se non il mal di testa.
Che fosse stato tutto un sogno? No non poteva essere, il dolore che sentivo era dannatamente reale. Rimasi a fissare il mio corpo per un po', tra gli sguardi della gente che mi scrutavano per capire se avessi perso il senno.
Effettivamente me lo stavo chiedendo anche io.
La sentenza furono i lavori forzati, ma quello che avevo "vissuto" non mi faceva importare di nulla.
Decisi di allontanarmi dalla piazza, anche di fretta, per raccogliere le mie idee.
L'oneiron, Zoikar, Mostri da incubo, maghi di ogni genere.
Nah, quella roba non faceva per me. E in cuor mio, cercavo di convincermi che in realtà quella fosse stata solo un'illusione dovuta al troppo sole.


Ma sapevo che non era così.










Breve conclusione, purtroppo sto un po' impicciato con diversi altri progetti! Grazie a tutti per la quest :sisi:
 
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Ark
view post Posted on 2/5/2015, 13:04




~ Ladeca, Ancora



      « Allora, cosa ne pensi di Zeno? » chiese Elayne, ma era un’altra voce che mi rimbombava dentro la testa.
     Non riuscivo a rispondere. Non riuscivo a pensare. Vedevo Elayne, bella da mozzare il fiato nel suo abito di cuoio fatto appositamente per cavalcare, e tutta la folla che come noi aveva appena votato.
     « Morte… » sussurrai cadendo in ginocchio, lo sguardo perso nel vuoto. Davanti a me c’era terra battuta, ma io non vedevo che un’armatura nera ed un occhio fiammeggiante.
     « Cosa… » lei si girò all’improvviso, la paura nei suoi occhi verdi mentre s’inginocchiava accanto a me per impedire che cadessi. « Shaoran! Cos’hai?! »
     « S-sto bene… » dissi, cercando di mettere un po’ di energia nella voce ma con scarso successo. Stavo tremando! « Tu… non hai visto nulla? »
     « Bene! » sbuffò lei, chiaramente incredula « Non eri così pallido nemmeno quando avevi la febbre! E cosa dovrei aver visto? » Mi mise una mano sulla fronte per controllarmi la temperatura, ma questa volta non era il ghiaccio la causa del mio malore. Era un freddo che proveniva dal profondo, ma che lentamente stavo tenendo a bada.
     Il suo tocco era caldo, piacevole. Riuscendo ad abbozzare un sorriso le presi la mano e la avvicinai a me, abbracciandola e godendo della sensazione del suo corpo vicino al mio. Era al sicuro.
     « Ti racconterò, ma non qui. »
     Lei sembrò voler protestare, ma alla fine s’abbandonò su di me ricambiando l’abbraccio e carezzandomi la schiena con un tocco gentile. Il mondo svanì dalla mia mente. I cittadini in festa per i risultati della votazione, la paura, Zoikar, la morte di Raymond non esistevano. C’era soltanto lei stretta tra le mie braccia, il suo profumo di pulito. Da quanto tempo non provavo un appagamento simile nello stare vicino ad una persona?
     Finalmente aprii la porta della stanza dentro di me che avevo chiuso con Rainier, riprendendo quell’orgoglio e la dignità di cui avevo dovuto fare a meno negli ultimi eventi.
     Ero di nuovo integro.
     « Che cos’è questa? » chiese Elayne, prendendo la maschera di lupo che pendeva alla mia cintura. « Non ce l’avevi, prima. »
     Guardai serio la maschera di porcellana, ancora chiedendomi che razza di creatura potesse avere il volto di un lupo ed un lungo corno sulla fronte. Che relazione aveva con me?
     « Un monito. » risposi « Per non farmi dimenticare cos’è importante davvero. »
     Avrei voluto restare abbracciato a lei a lungo, ma non potevo. Ci rialzammo in piedi, lei che mi guardava con uno sguardo interrogativo ma che per il momento non avrebbe fatto ulteriori domande. Non aveva idea di quanto le fossi grata per questo.
     Se c’era qualche dubbio che quanto avessi visto fosse reale, quella maschera l’aveva tolto del tutto. Mi guardai intorno, notando tra le persone in festa i volti sconvolti di coloro che avevano condiviso quella terribile esperienza assieme e me. Uno ad uno se ne stavano andando da quella cittadina, come volendo scappare dagli eventi ad essa collegata.
     Non li biasimavo. Anch’io sentivo il desiderio di stare da solo e riordinare i pensieri. Guardai Elayne con un sorriso, il primo vero sorriso da parecchio tempo, e lei ricambiò stringendomi una mano.
     « Torniamo a casa. C’è molto da fare. »

 
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view post Posted on 2/5/2015, 16:48
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Cardine
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La crociata del traditore ~ Il trono che non trema


Lavori forzati? Che spreco, si trovò a pensare Josiah.
   Evidentemente gli abitanti di Ladeca non si rendevano ancora conto che tenere - e mantenere, ancor peggio! - all'interno della loro città quei traditori della patria sarebbe stato deleterio. Era davvero loro intenzione favorire la nascita di una nuova società che non gettasse le sue radici nelle sanguinose guerre del passato? E se le cose stavano così, allora per quale motivo si ostinavano a non liberarsi di persone che la guerra l'avevano appena combattuta, e dalla parte del nemico?
   Quella dell'esilio era una pratica antichissima - antiquata, avrebbero criticato in molti - ma umana nei modi e definitiva negli effetti. Non impediva agli esiliati di rifarsi una vita, anche se ben lontano dalle terre che erano stati costretti a lasciare. Josiah non era di certo il genere di persona capace di lanciarsi in un'apologia dell'ostracismo, come lo chiamavano dalle parti della città libera di Marash, per far cambiare idea alla folla; se i Corvi intendevano allevare nuove serpi nel loro seno, tanto peggio per loro. Non avrebbero dovuto punire la feccia del genere, bensì negare loro ogni ulteriore fiducia. Ecco a cosa serviva mandarli al confino.

Pensava proprio a questo, prima di accorgersi che qualcosa - o forse tutto - non andava. Dapprima si sentì solo pesante e stanco, la stessa sensazione che lo coglieva la sera quando passava tutta la giornata ad allenarsi. Era strano, sì, ma non lo preoccupò. Un secondo dopo venne però travolto da un'intensa nausea, e le memorie di quanto successo a fianco di Raymond Lancaster gli si riversarono nella mente come in un'improvvisa epifania. Adesso ricordava tutto, nonostante non gli paresse ancora di essersi mosso nemmeno di un passo dalla piazza di Ledeca. L'impressione era proprio quella di aver sognato ad occhi aperti.
   Balbettò qualche cosa, nel tentativo di raccapezzarsi tra il malessere diffuso e i ricordi ancora disordinati. Nel frattempo il resto della piazza esultava a pieni polmoni per la decisione presa; un fragore che lo stratega percepì come insopportabile. Qualche passo in una direzione e fu presto fuori dalla ressa.
   Solo allora rammentò con chiarezza l'esplosione, e i suoi compagni dopo l'attacco, e infine il cavaliere ancora in piedi, e Raymond Lancaster che sferrava il colpo di grazia più impietoso che avesse mai visto. Ma poi... poi era come se tutto fosse svanito nel nulla. Ecco quel che chiamano Oneiron, pensò, e il suo mistero.
   Si guardò intorno, cercando di distinguere qualcuno, Virgil in particolare, nella folla. Quando provò a gettare un'occhiata più lontano, alzandosi in punta di piedi, venne sorpreso da un'altra fitta al ventre, seguita da un senso di nausea ancora più acuto. Dovette appoggiarsi al muro con un braccio, e cominciò a controllare il suo respiro.
   «Che brutta cera!» commentò una voce alle sue spalle, in tono scherzoso. «Cosa c'è? Hai visto un fantasma, stratega?» domandò il bardo, sereno. Juan ridacchiò, anche lui di buon umore.
   Josiah stette zitto, ripensando a Raymond Lancaster, ai guardiani e agli oscuri abitanti del regno del Sovrano. Cos'erano stati tutti loro se non poco più che spettri nella notte?


(continua qui)


JOSIAH

Ecco fatto, ci tenevo a postare! Quello della città di Marash è un riferimento relativo a un vecchio duello, Rinotcchi, che feci con Lud. Il racconto prosegue in un'altra giocata, da me linkata in coda. Rinnovo i miei complimenti a tutti; è stato un vero piacere!
 
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view post Posted on 2/5/2015, 19:25
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La Crociata del Traditore ~ Muta

Fu un attimo. Il colosso in armatura cadde ai piedi del Lancaster, poi la porta si aprì, rivelando una fortissima luce gialla che investì l'intero gruppo. Più cercavo di vedere attraverso di essa, più i miei occhi sembravano chiudersi, stanchi. Sentivo l'intero corpo cadere vittima di un'intensa e improvvisa stanchezza che mi avrebbe portato a collassare da un momento all'altro. E capii. Capii cosa stava per accadere; lo avevo letto più volte, all'interno dei miei libri: tutti i trattati di cosmologia riportavano una fase di "passaggio" dalla realtà al mondo dei sogni ed essa veniva perlopiù descritta come una sorta di sonno temporaneo. La mia forza vitale non era abbastanza forte, evidentemente, la mia volontà non riusciva ad attestarsi a sufficienza per rimanere in quel luogo. Anche se stentavo a crederci, forse era davvero l'influenza di un essere superiore che mi stava spingendo via da quell'estasiante visione di ciò che avevo ricercato per molti anni. Cercai di appigliarmi a qualcosa, cercai di tenere viva nella mia mente l'immagine di ciò che avevo vissuto nella Basiledra di Zoikar. Cercai, inutilmente, di persistere nella mia volontà. Ma l'Oneiron ha delle regole; dovevo lasciarmi andare, o ciò che di me rimaneva sul piano di Theras sarebbe sparito, dissolvendosi nel nulla. E allora lasciai che le palpebre si chiudessero, lentamente, con la consapevolezza che sarei tornato, un giorno.

Lavori forzati.
Il passaggio era avvenuto. Come se nulla fosse accaduto, nella piazza continuava regolarmente il processo a quei criminali di guerra che tanto avevano fatto parlare delle proprie gesta. Effimero, pensai. Quanto poteva essere effimero e superficiale il nostro mondo - il loro mondo, nella fattispecie - rispetto a ciò che davvero raccoglieva la vita? Mi guardai attorno, cercando di individuare quelli che erano stati i miei compagni di avventura all'interno dell'altro piano d'esistenza, ma gli stessi avevano già pensato ad avvicinarsi.
« ...anche voi? » il giovane uomo dai capelli rossi aveva il volto preoccupato e visibilmente inquietato da ciò che avevano passato. Del resto, un'esperienza di "passaggio" non doveva essere cosa semplice, per chi non ne aveva mai conosciuto i dettagli - seppur in infima parte, letta su trattati teorici mai sperimentati. « Sì, non è stato un sogno.. ci siamo davvero spostati nell'Oneiron. »
Cercai di non far trasparire la rabbia o la preoccupazione. Ciò che più mi tormentava, in quel momento, era l'impossibilità di studiare a pieno l'Oneiron e le sue leggi.
« Monsieur Elfo. Sono contenta che siate sano e salvo! Per un attimo ho temuto che-... che-... che anche voi aveste fatto la fine di Monsieur Lancaster... » le parole della bambina mi fecero raggelare il sangue nelle vene. Per un attimo lo avevo dimenticato. Dov'era Raymond Lancaster?
« C - cosa è successo al Lancaster? » le mani tese alle spalle della bambina, quasi strattonandola. « Lui è.. Raymond Lancaster è morto, mi dispiace. Non so come sia successo ma... non eravamo i soli ad essere finiti li. »
No. No. Ciò che la bambina stava riferendo era sicuramente un errore. Ne ero certo. Nell'Oneiron nulla poteva davvero distruggersi, ma solo ricrearsi sotto altra forma. Raymond Lancaster.. lui non poteva essere morto. Non del tutto, quanto meno.
Non potevo rimanere in quel luogo. Dovevo sapere. Dovevo parlare con lui, avere le risposte di cui necessitavo. Dovevo trovarlo.
« Scusami piccola, ma ho delle .. cose da fare. »
Senza guardarmi indietro. Verso Lithien.
Ti troverò, Raymond Lancaster.
 
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view post Posted on 3/5/2015, 14:43
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Raymond Lancaster
è tutta una maledizione

— il trono che non trema —

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Raymond fissava il cielo notturno, sbattendo le palpebre al ritmo cadenzato del trascorrere delle ore.
Era steso sul morbido e scomodo sottobosco, circondato dall'odore umido della decomposizione e intirizzito dal freddo pungente della sera. Teneva il corpo rigido, adagiato alla perfezione lungo la terra molle e sporca. I rami degli alberi avevano già rimboccato le ombre su di lui, chiudendo la porta che dava su quella bara accogliente e baciandogli la fronte con le gocce di acqua gelida che venivano strappate alle foglie. Il suo respiro si condensava in deboli volute di vapore bianco, lente e controllate.
Era vivo. Illeso, almeno nel corpo.

Non si accorse nemmeno della civetta, finché non gli fu sopra. L'animale planò silenziosamente sul suo corpo, senza trovare alcuna opposizione.
Non finse di spaventarsi. Non finse di accoglierla. Non finse nulla. Rimase del tutto immobile, contraendo il viso al contatto doloroso con gli artigli del rapace. Ormai perfettamente cosciente che nemmeno quell'animale sarebbe riuscito a ucciderlo, gli allungò lo sguardo, leggendo la curiosità e la fame nei suoi occhi alieni.
« avanti. » spirò flebile. « provaci. »

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La civetta indugiò sul suo viso con fare indeciso, muovendo la testa a scatti e saltellandogli buffamente sul corpo. Silenziosa, aggraziata e titubante, era la più cortese di tutti i suoi assassini.
Si mosse lentamente verso il suo orecchio e lo tastò delicatamente col becco, per accertarne la consistenza, e Raymond avrebbe voluto dirle di non esitare. Di strapparglielo di netto. Di non preoccuparsene. Altre persone l'avevano ucciso e di quel passo molte altre avrebbero conseguito loro in quella stessa impresa. Come se l'intero mondo fosse stato creato con il preciso scopo di distruggerlo.
Lui che il mondo l'aveva amato tanto.

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Bastò qualche secondo perché la civetta si unisse al coro dei suoi carnefici. Il suo becco era una nota breve e pungente che cadenzatamente raccoglieva la sua attenzione, sprofondata in quella sinfonia di grave tortura; una fitta di lacerante dolore che rivaleggiava con la penosa consapevolezza di essere ancora lì, a farsi uccidere. Per l'ennesima volta.
A interrompere quello strazio fu Lindorm. Il cucciolo di drago si lanciò sulla civetta furiosamente, soffiando con ira e scacciandola con forza dal corpo vivo di Raymond.
« Lindorm. » disse il Drago Nero al compagno, impedendogli di inseguire il rapace, allontanatosi fra le fronde degli alberi. « non era necessario. »
Il cucciolo lo guardò confusamente, incapace di comprendere l'oceano di correnti buie, profonde e complesse che si muovevano sotto la superficie della voce spenta del padrone. Si limitò a poggiare la testa contro le sue guance, guaendo sonoramente perché si alzasse da terra e tornasse a camminare, come aveva sempre fatto.
Raymond lo accontentò, senza fatica, lentamente.

« andiamo via. »

Volse lo sguardo a nord, dove l'Erydlyss si estendeva lungo l'orizzonte come la linea di uno sterile traguardo.

« qui non c'è più nulla per noi. »

Così dicendo si passò una mano sulle narici, tirando su col naso, e raccolse le proprie cose: un libro, una spada e il suo unico amico.
Insieme a loro, avrebbe intrapreso la via verso la rovina.

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CITAZIONE
Ecco la vera conclusione della quest e il vero inizio della crociata del traditore. Rinnovo i ringraziamenti a voi tutti e spero di avervi interessati con la trama generale della campagna, che è ancora ben lungi dallo svilupparsi. Ci vediamo al prossimo capitolo!


Edited by Ray~ - 6/5/2015, 00:19
 
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