Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il valore delle Tradizioni ~ Il Gran Ballo di Deyrnas

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view post Posted on 11/3/2015, 19:34

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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Prologo: Una notte turbolenta

Lo sciabordio di una nave. Vele nere e acque ancor più scure. Un cielo velato di nubi. Una luna talmente timida da correre a nascondersi per la maggior parte del tempo ... Una notte perfetta per il contrabbando e la pirateria.
« Cinquanta navi cariche di merci stanno per approdare al Mercato. Senza considerare che qualcuno dei nostri nobili ospiti potrebbe voler giungere via acqua. Voglio flotte a pattugliare i Guadi e le Dogane. Catturate tutti i sospetti. Il Ballo è vicino e voglio che tutto sia pronto. »
Il gruppo di marinai e soldati addetti alla sorveglianza dei corsi d'acqua annuì all'unisono.
A comandare la pattuglia Lady Ursula, la Sirena. Nessuno nel seguito di Re Erein di Deyrnas era più esperto di navigazione.
« Identificate i sospetti. Arrestate coloro che non collobarano e uccidete chi oppone resistenza armata. Se qualcuna delle navi viene depredata o se una Lady si rompe un unghia potrei decidere di aver voglia di adornare le mie mura con qualche testa. Ora andate. »
Erein era nervoso. Sapeva che quell'occasione avrebbe potuto fare la differenza tra un futuro radioso o il disastro totale. Ma a Lady Ursula di come si sentiva il Re non poteva fregargliene di meno. La sua lingua era fuori controllo, sempre, in ogni occasione. Mentre gli uomini si dirigevano ai loro posti lei si avvicinò al sovrano. Gli mise un braccio intorno al collo ignorando l'occhiataccia di lui e con voce roca sussurrò.
« Quando ti passano, fammelo sapere... » - gli schioccò un bacio sulla guancia imbrattandola di rossetto - « Ti preferisco cospiratore che sanguinario.. »
Quell'atteggiamento irriverente riuscì a strappargli un sorriso. Lei ci riusciva sempre.
«Sparisci.» - le disse. - « Non è davvero serata.. »
« E io che pensavo di si... » - gli rispose maliziosa mentre ancheggiando abbandonava il suo signore preparandosi alla nottata di pattuglia - «...e invece mi rifiuti di nuovo. Prima o poi mi stancherò di provarci.»
__________________________________________________________________________

Era notte tarda. Avrei voluto dormire ma il sonno non si degnava di arrivare. Avrei potuto assumere una delle pozioni soporifere che gli Speziali preparavano per venderle al Mercato dei Veleni, ma con la mole di lavoro che mi ritrovavo sulle spalle perchè sprecare anche solo un'ora della giornata?
Stavo redigendo per l'ennesima volta un elenco degli ospiti che si presumeva sarebbero arrivati da li a pochi giorni, quando lei entrò buttando giù la porta. Era infuriata. Fuori di se, letteralmente.
« Corri giù, vieni a parlarci tu altrimenti lo strozzo.. » - una sorta di fuoco brillava nei suoi occhi. L'ho vista raramente in quella condizione ma non potevo comunque perdonarle quell'insolenza.
«Ricordami, chi è il Re da queste parti?»
Mi ignorò bellamente. Stringendo i pugni si preparò ad un'altra sfuriata.
« Quel nano pulcioso! L'abbiamo catturato mentre cercava di passare inosservato. Un contrabbandiere ...L'ho portato qui, credevo che ti facesse piacere sapere come mai navigava nelle tue terre senza permesso. » - Abbandonata qualunque speranza di proseguire quello che stavo facendo decisi che una coppa di vino speziato e ragionevolmente forte avrebbe potuto solo migliorare l'andazzo. Con la sua solita raffinatezza lei l'afferrò vuotandola in un attimo - «Ho fatto come mi hai detto. L'ho trattato con rispetto. L'ho portato nella sala grande. L'ho fatto accomodare ....E lui ha messo i suoi piedi puzzolenti sul tavolo, mi ha pizzicato il sedere e mi ha chiesto di portargli del Grog.»
Per poco non mi strozzai con il vino. Risi, risi a crepapelle.
« Questo voglio davvero conoscerlo...»



 
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view post Posted on 11/3/2015, 23:23

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"CAPITANO! NAVI A POPPA E A PRUA!"
Era passato il tramonto da ore, quando l'urlo della vedetta fece sobbalzare l'intero vascello. Veloci i marinai accesero le lampade ad olio, ormai fredde, prendendo di corsa le armi dalle rastrelliere. La ciurma si mosse rapidamente sul ponte principale, attendendo gli ordini del loro capitano.
"La situazione?" Aruj si preparava a muoversi verso il ponte, affiancato da un giovanotto più alto di lui. "Navi da guerra, capo. Siamo accerchiati..." il ragazzo, stentava a stare al passo con il nano che, lesto, aveva già indossato l'impermeabile rosso e il capello, ancor prima che il mozzo avesse acceso la lanterna. "Sono tutti proni?" Aruj spalancò la porta della cabina con un calcio, allacciandosi il cinturone al quale penzolava la sciabola, sulle spalle la fedele arma da fuoco, carica e letale. "Si, capo... Nessuno assente" Quelle parole rincuorarono Aruj: accerchiati, in acque sconosciute e in terra straniera, i suoi uomini erano pronti al dovere. Stupidi come l'acqua tiepida ma fedeli come cani, non c'era di che lamentarsi.
"Köpekler!" Il capitano, si ergeva vicino il timone, alto quasi quanto lui, mani sui fianchi e la voce che tuonava come un cannone al di sopra delle urla dei lupi di mare che, più in basso, agitavano le proprie armi e sparavano come forsennati verso l'alto. "Vedete quelle navi?" Le urla sovrastavano ora il clangore del ferro e il rumore sordo dei moschetti. "Se volete fuggire, avete il mio permesso!" Gli occhi di Aruj si muovevano da un lato all'altro, quasi a scrutare i suoi uno ad uno. "Ma se restate, seguirete il destino della nave e del vostro capitano" La voce del pirata si face più grave, sulle sue spalle sentiva il destino di decine di uomini che, sapeva, lo avrebbero seguito fino a Bathos e ritorno. "Niente ripensamenti" Prese in mano la possente Affonda Navi, poggiandola sulla spalla destra. "O giuro che sparo ad ogni singolo schifoso sintine sıçan, che osa disertare!"
Non finì di pronunciare la frase, che il nemico iniziò a bersagliarli: fuoco alchemico usavano i bastardi. Le palle fiammeggianti caddero sulla nave, incendiando le vele e coprendo il ponte i vampate roventi. La ciurma veloce, prese l'acqua di fiume, cercando di spegnere quel fuoco che qualunque marinaio temeva e detestava, mentre dai ponti inferiori arrivavano le coperte di lana pesante, che avrebbero soffocato facilmente le fiamme.
"Issate la bandiera bianca. Ci arrendiamo" A bassa voce, Aruj si rivolse al suo secondo, che fischiò e fece pochi gesti con le braccia alla vedetta. In meno di pochi istanti, al posto di teschio e tibia, un candido lenzuolo sventolava al vento.
"Giuro che se becco quel tiksindirici che mi ha detto che questa era una rotta sicura, gli sparo una cannonata in faccia!" Il capitano, scese sul ponte, calpestando i bracieri accesi un po' ovunque sulle assi di legno. Nessuno si lamentò della scelta: se quelle navi avessero attaccato tutte assieme, la polveriera che si trovava sotto i loro piedi sarebbe esplosa. "Voglio un incontro. Vediamo se sono ancora bravo a parlare..." Sorrise il nano, rivolgendosi al suo vice e questi, di nuovo, fece segno in alto con le braccia. Le bandiere ora erano due, dicevano "Resa - Parlè".
Fu questione di minuti e alcuni soldati si avvicinarono con diverse scialuppe, circondarono l'equipaggio e ammanettarono il comandante che, prima di scendere dal suo vascello, avvisò i militari: "Toccate la mia ciurma e giuro che faccio saltare in aria quelle kaltaklar che chiamate mogli!"

"Prego, signore, da questa parte." Una donna faceva gli onori di casa e accolse il nano nella reggia di quello che pareva essere un signorotto messo più che bene. Il castello era enorme per il nano, abituato a spazi ben più angusti, e fin troppo luminoso, fece fatica ad abituarsi alla luce. "Prego, lasci a me... il.. ehm ... mantello" Liberato dalle catene, il nano era troppo impegnato a guardarsi attorno, per sentire la donna, evidentemente non abituata ai criminali fetenti di Dorhamat. "Allora, chi è il ricco tiksindirici che possiede tutto questo?" Il nano lanciò impermeabile e spada addosso alla signorina che, forse colta alla sprovvista dai modi rudi del pirata, si sbilanciò in avanti per prendere la roba. "Il mio nobile padrone si chiama Erein, della casata Dewin, signor... ?" Il nano si voltò di scatto, come se fosse stato ridestato da un sogno "Aruj! E mi chiami capitano"
"Allora, capitano, che ci faceva nei nostri territori?" I due sedevano in una grande sala, tutto sembrava al posto giusto, in una simmetria che prima di allora Aruj aveva visto solo nei quadri. "Contrabbando!" rispose schietto, mentre la donna lo guardava atterrita da tanta sincerità. "Armi, per la precisione" Voltatosi verso di lei, Auj sorrise, mostrando una bocca con un dente mancante. "Ma voi lo sapevate già!" La donna si ricompose "Certo, la guardia ci aveva avvertiti a proposito del suo carico." "Quà è dove si mangia, vero?" il nano si girò dall'altro lato, ignorando la donna. "Ovviamente" rispose con orgoglio, quasi come se il palazzo fosse suo. "Ma la mia domanda era un'altra... Perchè lei si trovava qui, nel nostro territorio" Aruj non badò alla domanda "Dov'è il cibo?" disse voltandosi verso la signorina con aria seria. "Sta scherzando?" il viso di lei divenne paonazzo dalla rabbia, gli occhi spalancati tremavano di rabbia. "Non scherzo sul cibo... e sul bere" il pirata avvicinò la sua faccia a quella della donna che, schifata, si allontanò con una smorfia di disgusto, prima di alzarsi in piedi, scattando come una molla e cercando di contenere lo sdegno "Capitano, lei capisce, vero, che è nostro prigioniero? Noi la stiamo trattando da ospite. Il min..." Non fece in tempo a finire la frase che Aruj la interruppe "Bla, bla" fece segno con le mani "Non parlo con una kadın di affari" Mal'interpretando le parole del nano, la donna iniziò a sbraitare, sbottando dalla rabbia "COME MI HA CHIAMATO?! COME SI PERMETTE A ..." Per tutta risposta il pirata poggiò i luridi stivali, sporchi di fango, sulla tavola addobbata, forse pronta ad un qualche evento. "Ma sta zitta! E portami del Grog" disse dandole una pacca ben assestata al sedere. "Faccia in fretta! Ho sete!" concluse, mentre quella si allontanava borbottando qualcosa.
"Forse quella orospu neanche sa cos'è il Grog" si disse fra se e se Aruj guardandosi attorno incuriosito "Dovevo chiedere del Rum!"





Edited by The Jedi Doctor Hobbit Who Lived - 12/3/2015, 01:14
 
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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Prologo: Una notte turbolenta

«Allora affare fatto? Tu potrai usufruire dei miei sigilli che ti permetteranno di navigare senza che nessuno venga a ficcare il naso nella tua stiva, in cambio tu mi riferirai di tanto in tanto qualche informazione utile sui questi nostri nobili, amici del popolo ...» - la mano tesa e il sorriso di Erein erano li, pronti a portata di Nano - «E se accetterai di commerciare anche i miei veleni ... Vediamo, potrei nominarti cavaliere...Oh meglio capitano di una delle mie navi...»
Erein versò una coppa abbondante di vino per entrambi - «Ci sarebbe un lavoro...» - bevve un sorso e proseguì- «...presto organizzerò un Ballo. La zona del porto è particolarmente spinosa e le mie guardie hanno bisogno di un vero uomo ...nano ...che sappia instillare un po' di disciplina agli ospiti ubriachi che certo non mancheranno. » - fece scivolare una borsa che già ad una prima occhiata conteneva oro a sufficienza per ubriacarsi per giorni -«Un piccolo extra. Tanto per saldare la nostra amicia. Ser Aruj, Cavaliere del Barile e Capitano della ...Fa lo stesso scegli pure tu il nome. Niente di troppo scurrile però ..»



 
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Alto, molto più della media, Erein sedeva ad un lato del tavolo. I lunghi capelli scendevano sulle sue spalle, come fili d'argento. I tratti elfici erano ben evidenti sul suo volto, assieme ad altri tratti, meno noti e fastidiosi: il suo viso era un crogiolo di razze, che neanche Quashar era riuscita ad eguagliare. Le sue parole erano velluto nelle orecchie e la sua mano tesa ricordava la testa di un serpente, pronta a mordere l'incauto che si fosse avvicinato troppo. Aruj, senza mostrarne i segni, era a disagio. Una notte di trattative quella ormai quasi alle spalle; le sue parole, il suo carisma da mercante itinerante non sembravano averlo tradito ma qualcosa turbava il nano: quello era stato un accordo troppo facile; che fosse stata tutta opera sua o un piano ben ordito da un Lord che, meditabondo e lungimirante, aveva già pensato a tutto?
"Affare fatto, sümüklü yılan" Tutto sorridente, pronunciò le ultime parole come un qualche titolo onorifico che solo in pochi maritavano, stringendo saldamente la mano affusolata e ossuta di quel Lord sconosciuto. Vendere i Corvi Leici, sembrava l'ultima delle bassezze raggiunte dal nano, ma il pirata sapeva che poteva scegliere liberamente cosa riferire e cosa no, bastava mostrarsi collaborativi e manipolare le informazioni. "Se tutto ciò non inficia la Resistenza..." Lasciò andare la mano, rigirandosi le dita nel palmo, quasi a pulirsi da un sudiciume immaginario. "E, ovviamente, voglio una percentuale sui veleni" Si inclinò in avanti e, con la mano verso Erein, sfregò pollice ed indice, come a suonare un piccolissimo violino fra le dita. Veleni... Tutto in quel palazzo sembrava velenoso, pesino nel vino che gli era stato gentilmente offerto sembrava esserci veleno. Mezzo da codardi per uccidere qualcuno, lo usavano assassini prezzolati, gente incapace a combattere e dame di corte: il ponte perfetto fra criminalità e nobiltà e Aruj sapeva che poteva trarne vantaggio.
La trattativa si concluse con le ultime richieste del Lord, al quale il pirata annuì, senza proferir parola. A stento aveva sentito qualcosa, a parte le parole "Ballo", "porto" e "ospiti ubriachi". Ma furono le ultimissime parole di Erein a turbarlo di più: quando questi lo chiamò "Ser Aruj" un brivido di ribrezzo salì lungo la sua schiena. Un nano cavaliere, la storia si ripeteva e il figlio diventava come il padre, mancavano solo i vasi pregiati al quadretto. Nella mente del nano balenarono le immagini di un genitore orgoglioso. Chissà se il vecchio Yakup sarebbe stato felice di veder il figliol prodigo tornare a casa ricco e con un titolo nobiliare? Il solo pensiero era un incubo ad occhi aperti per Aruj.
Infine c'era la nave. Infondo, il viscido serpente gliela doveva, dopo aver bruciacchiato il ponte del veliero rubato a fatica, mesi addietro, agli Onesti. Il pirata aveva già un nome in mente, qualcosa di antico e quasi dimenticato, sussurrato nei racconti del terrore che si narrano a notte fonda, quando le luci sono già spente e gli ultimi insonni marinai faticano ad addormentarsi: "Fat Whore", la nave che riempiva i sogni di qualunque marinaio. Per la barba del Sutano, Aruj aveva cercato per tutta una vita di capire come fosse possibile un vascello volante...
E poi la vide, una piccola imbarcazione che non meritava affatto un nome importante. "E io che mi aspettavo una Puttana Grassa... Questa mi sa più di Puttanella... Piccola, giovane e facile da maltrattare." Concluse, lasciandosi scappare una fragorosa risata.



 
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view post Posted on 12/3/2015, 13:55

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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Preparativi e altre amenità ...


Quartiere Popolare~ Porto

Il Porto è così trafficato che nemmeno il famoso Ser Gregory Northwood sarebbe riuscito a mantenere sotto controllo la situazione. Nobiluomini, mercanti, popolani, pezzenti, puttane, guitti, brulicano come formiche dopo che un monellaccio gli ha annegato la tana. Vanno, vengono, comprano, bevono, strafocano, urlano, ballano, fottono, si accapigliano. Si accapigliano?! No, questo no.
«Alt! In nome di Sua Altezza!» – corro, faccio cenno a Robb ma quello è già ubriaco e ci sta provando con una vecchia sgualdrina del porto, si quella che si porta ogni notte. A darsele di santa ragione sono in due: un lord grasso come un maiale e un mercante dall’aria esotica. L’uno accusa l’altro di averlo truffato. La legge imporrebbe di non toccare un nobile nemmeno con un dito, ma il grassone ha appena preso il mercante per la gola e stringe, stringe, stringe, fino a farlo diventare blu. Devo agire!
Spingo, picchio, sbraito e alla fine li raggiungo. Mi metto tra i due. Il mercante sferra un calcio che mi colpisce diritto nelle bisacce … Fortunatamente ho indossato i pantaloni con il cavallo rinforzato.
La cosa mi fa perdere le staffe comunque. Una gomitata da una parte, un ceffone da un altro. Li acchiappo per la collottola e bestemmiando cerco di farmi strada verso la gabbia di legno in cui il Re ha ordinato di rinchiudere le teste calde.
«Io sono Lord Gustav di Castelratto! Levami quelle manacce di dosso» – grugnisce l’idiota di sangue blu -«E a me non me ne frega un accidenti!!! Se tu continui a creare problemi, la mia testa finisce su una picca. »
«Io sono stato invitato al Ballo!» – si oppone piagnucolando. «La mia Lady mi aspetta, non mi farà entrare nel suo letto per mesi se ritardo!»
«Allora dirai a Cardic dove la tua Lady alloggia, lei pagherà la tua cauzione e poi te ne andrai senza combinare altri guai!»
Il mercante sembra aver capito l’antifona. Senza scomporsi oltre mi dice il nome di un suo servitore, chiede quanto oro dovrà sborsare per i problemi creati e si scusa nel suo strano accenno. Sbatto i due nella gabbia…sono in buona compagnia, li dentro ci sono già un ubriacone molesto e una pescivendola che stava per accoltellare il marito dopo averlo sorpreso con i pantaloni calati.
E dire che doveva essere un giorno di festa… A me sembra solo la giornata più lunga della mia vita.

Quartiere Popolare~ Piazza del Mercato

«In nome del Re datemi ascolto!» – il messo dovette arrampicarsi su una delle casse lasciate in giro dai numerosi venditori di merce che popolavano la Piazza del Mercato - «In occasione del Gran Ballo che si terrà questa sera, Sua Maestà Erein di Deyrnas, Alto Re e sovrano di questo Regno, Sommo Sacerdote dell’Ordine Rosso proclama che per oggi in tutta la città si celebreranno solenni festeggiamenti!»
La notizia era vecchia di giorni ma la folla l’accolse con un enfasi degna di un grande evento quale in realtà era.
«Per questa ragione, dal calar del sole fino al mattino seguente, Sua Altezza ha ordinato che in tutta la città vengano serviti cibo e vino in quantità perché cittadini e ospiti possano condividere con Lui la gioia di questo momento!»
Un nuova esclamazione di gioia partì dalla folla. Il messo schioccò le dita e da non si sa dove una schiera di servitori di cucina apparve da vicoli e stradine laterali, facendo rotolare barile, allestendo tavole imbandite mentre un gruppo di eccentrici guitti, menestrelli e acrobati iniziò ad intrattenere la folla festante.
Un soldato, un ufficiale della guardia cittadina prese posto accanto al messaggero.
«E ora un paio di regole!» – tossicchiò schiarendosi la gola per poter strillare e sovrastare il caos già imperante - «In nome del Re è fatto divieto… »
Ma era tutto inutile. La folla era già in delirio e voglia di ascoltare quel corvo gracchiante non ne aveva proprio.

Il Tempio della Luce ~ Sacro e Profano

I dodici sacerdoti stavano rinchiusi nei loro templi a preparare chissà quale diavoleria fin dal mattino.
Rumori inquietanti provenivano dalla Lizza dell’Implacabile, segno chiarissimo, che quel giorno le quotidiane lotte in onore del Dio avrebbero dato a un nuovo significato alle parole “ violento, brutale e immensamente divertente”.
Il Tempio dei Mille Piaceri e le sue sacre sacerdotesse avrebbero raccolto un numero indefinito di oboli e reso felici centinaia tra ospiti e cittadini.
Le sentinelle della Guardia Cittadina pattugliavano le strade facendo sentire la casta sacerdotale, gli ufficiali e i cittadini più facoltosi di Deyrnas al sicuro dai bagordi che si sarebbero scatenati nel quartiere popolare non appena fosse stato dato inizio ai festeggiamenti. Con quel livello di sicurezza le ricche matrone e i loro coniugi potevano allestire i loro banchetti e tenere le porte aperte così da rendere il Quartiere dei Templi un unico, gigantesco, decadente, simposio. I Fratelli della Maraviglia Sublime girovagavano organizzando balli, cantando in cambio di offerte per il loro Dio e discutendo amabilmente con coloro che erano tanto gentili da offrire loro una coppa di vino o un piatto di frutta fresca. L’aria era serena e festosa. Ma per quanto ancora? Presto, molto presto sarebbero arrivati gli ospiti e la guerra sarebbe iniziata. Era una guerra fatta di sfarzo, cibi prelibati e annate degne del banchetto di un Lord I veleni e le malelingue di quella lunga notte avrebbero popolato il chiacchiericcio delle dame per mesi.


Palazzo ~ Non è forse l’attesa del piacere l’essenza del piacere stesso?


I nobili cominciavano ad arrivare alla spicciolata. La Sala Grande era stata addobbata fastosamente.
Un’unica tavolata centrale lunga e larga a sufficienza per ospitare tutti era già imbandita e pronta a soddisfare i primi appetiti degli ospiti. Servitori erano affiancati agli arazzi che coprivano i muri, pronti ad eseguire qualunque desiderio fosse sorto in mente ad uno qualunque degli onorevoli invitati.
Ma la vera meraviglia era stata preparata nel Giardino, il luogo in cui si sarebbe svolto il ballo.
I musici erano pronti, un solo cenno e la musica sarebbe partita. L’erba verde del prato era cosparsa di minuscoli fiorellini argentei che al calar del Sole avrebbero preso ad illuminarsi tenuamente. Non c’era scarpa o stivale che potesse pestarli, quei prodigiosi bulbi fioriti non sembravano subite le offese di un calpestamento come i comuni arbusti.
Gli alberi, i molti alberi che popolavano il Giardino erano carichi di frutti maturi e fiori. Tra le fronde risplendevano luci che si libravano in aria emettendo un leggero ronzio, simile al suono prodotto da un dito che corre sul bordo di un bicchiere di cristallo. Numerosi gazebo erano stati allestiti di modo che non mancasse mai un adeguato ristoro ai danzatori. Frutta fresca e secca, dolci di ogni genere e forma, vino, idromele, sidro, acquavite barricata e per i più temerari alcuni distillati che un ignoto benefattore nanico aveva donato al Re in occasione del Gran ballo erano serviti in piatti e coppe rigorosamente d’argento.
A completare tutto e non dimenticando i più pigri, comodi divani riempiti di piume, sedie imbottite e persino alcuni tavoli dal gambo sottile erano stati sparsi sotto gli alberi più ampi o vicino ai luoghi in cui veniva servito il ristoro.
Una solo elemento mancava: il padrone di casa. Nessuno l’aveva visto. Nessuno aveva idea di dove fosse.
Coerentemente alla sua natura stregonesca era sparito, ma gli attendenti di Palazzo erano certi: sarebbe apparso prima o poi e lo avrebbe fatto in pompa magna. Del resto non era forse la sua festa quella?

CITAZIONE
Note: Benvenuti a tutti quelli che vorranno partecipare a questa scena free che ha il preciso scopo di creare opportunità di interazione e far conoscere (a chi ne ha voglia) il mio nuovo PG. Come potete immaginare l'occasione è fornita da un Gran Ballo organizzato da Re Erein per festeggiare il suo ritorno su Theras. Questa è anche l'occasione per farsi notare dai molti nobili del Dortan nonchè dare sfoggio di benevolenza verso il popolo e genorsità nei confronti di tutti coloro che, per una ragione o per un'altra, hanno deciso di recarsi a Deyrnas.
Qui di seguito vi fornirò un paio di linee guida per orientarvi.
Deyrnas è una (relativamente) piccola, ma florida cittadina. Come è possibile leggere nella descrizione [link]essa si sviluppa in altezza. Sebbene i quartieri siano molti ai fini della quest divideremo la città in non più di 3-4 zone.

Quartiere Popolare ~ Il mercato, così come il porto e la zona circostante le mura rappresentano le zone cittadine abitati dai comuni cittadini. Sebbene costoro non posseggano nobili natali la zona da loro abitata rappresenta il vero e proprio centro economico di Deyrnas. Tutta la zona ferve di attività commerciali più svariate: dalla vendita di armi e veleni ai bordelli, passando per piccoli cantieri navali che forniscono prevalentemente modeste imbarcazioni utili ai pescatori o ai piccoli mercanti. Diversamente da molte altre città le zone popolari sono tutto sommato pulite, ordinate e sicure. C’è da dire, però, che nei vicoli più bui la criminalità e i soprusi abbondano come in qualunque altro luogo di Theras.
Il Tempio della Luce e dintorni~ Il quartiere del Tempio prende il nome dal gigantesco edificio noto come Tempio della Luce. E’ la zona in cui sorgono i templi delle dodici divinità e in cui alloggiano clero, milizia e piccola nobilità. In occasione dei festeggiamenti il Quartiere del Tempio è stato adibito ad un grande banchetto a cielo aperto. Nel tempio di Zoikar viene amministrata la giustizia cittadina, in quello di Yffrie prostitute sacre offrono i loro corpi in cambio di un obolo, in quello di Gerion si organizzano scontri a cui i più temerari possono partecipare e su cui, volendo, si può scommette.

Il Palazzo ~ Il luogo del Gran Ballo. Solo i Pari e i cadetti più in vista possono accedervi senza una buona ragione. Ciò non vuol dire che agli utenti non nobili sarà precluso l’accesso al Palazzo e conseguentemente al ballo, semplicemente costoro dovranno ingegnarsi per trovare una motivazione valida per poter accedere alla zona.

Tre regole per la pace comune:
1) Autoconclusivi? Si ma con buon gusto. Mi spiego meglio. Come in ogni scena free non ci sono regole ben precise da seguire. La libertà d'azione è assai più ampia rispetto ad altri tipi di giocate e io stesso ho voluto lasciare "vuoti" descrittivi e narrativi per permettere ad ogni partecipante di adattare l'ambientazione al proprio Pg e non viceversa. Quello che vi chiedo è di non essere autoconclusivi con altri PG ( sembra scontato, ma non lo è capita più di frequente di quanto si pensi) e di evitare se possibile di esserlo anche nei confronti di PNG di un certo peso ( ufficiali della guardia cittadina, sacerdoti, nobili di alto rango ecc.. ).
2) No alla violenza ingiustificata: Menare le mani, insultare Pg e png e creare caos è divertente ma in questa scena free sarebbe preferibile evitarlo. Come descritto, la città pullula di guardie cittadine pronte a reprimere qualsivoglia tipo di tumulto. Ciò non toglie che se preventivamente concordato e a rischio e pericolo del pg di turno si possano interpretare scene in cui si menano le mani, ma preferirei non vedere piogge di critici e mortali ad area. :P
3) Fate i bravi se potete: Erein ci tiene molto al rispetto delle leggi, quindi sarebbe meglio evitare condotte illecite in presenza delle guardie cittadine o in luoghi "ad alta sicurezza" come la zona del Tempio e del Palazzo. Ciò non toglie che in luoghi appartati e al sicuro dagli occhi della legge i PG meno "legali" possano fare i comodacci loro, sempre nel rispetto del buon gusto.



 
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view post Posted on 17/3/2015, 05:34
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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Il valore delle Tradizioni
« Ti va di ballare? »

« Dovrò lustrare la mia armatura. » avevo detto. « Non posso andare al ballo di Sire Erein se è sporca, farei sfigurare la mia signora. » avevo continuato.
Mai, in vita mia, avrei potuto sbagliare maggiormente.


Ryellia mi proibì espressamente di presentarmi a quel festoso evento rivestita d'acciaio ed imbottiture, tanto meno armata sin ai denti! Passò molto tempo a sistemarmi i capelli e scegliermi il vestito giusto, al pari di una amorevole sorella che si accinge ad istruire la più giovane all'apparire bene, in maniera pulita e graziosa. In tutta sincerità ostentai un atteggiamento recalcitrante solamente per non dare l'idea di star approfittando di tanta gentilezza, quel prendersi cura del mio aspetto e della mia persona tirava fuori con prepotenza la nobildonna repressa nel mio cuore. E mi piaceva. Sentire che qualcuno aveva il desiderio di farmi bella, di adoperarsi per me, era come ricevere un meraviglioso dono, un qualcosa di così inaspettato e importante da riempirmi l'animo di serenità. Per un giorno, per un solo giorno, avrei potuto dimenticare le vicende politiche, gli intrighi e la disperazione del Dortan per dedicarmi a me stessa, mangiare e ballare. E perché no, fare nuove amicizie e nuovi legami. La vita poteva essere ancora a quella maniera, nel regno, se solo avessimo prevalso.

[ ... ]

« E così François alza il boccale e dice: ma qui sotto non c'è nessuno! »

Una fragorosa risata giunse in risposta alla battuta del signorotto seduto poco distante da me, mentre la sua signora fingeva falsamente di non ridere dietro un ventaglio variopinto. Partecipare all'attività di corte mi aveva sempre annoiato: pur non mancando mai di rispettare l'etichetta il mio obiettivo principale era risolvere problemi, impugnare le armi, combattere per le giuste cause. Ritrovarsi a mangiare in compagnia di omuncoli di bassa levatura culturale non mi riempiva né la pancia né le ore, lasciandomi piuttosto delusa a sbadigliare dietro un guanto bianco. Il vestito che mi aveva gentilmente donato Ryellia si componeva di un meraviglioso soprabito blu e nero che andava a fondersi in una elegante gonna blu scuro, sfumando dal nero, che avvolgeva in modo non volgare il mio fisico. Guanti bianchi, gioielli ed orecchini completavano quel mio particolare abbigliamento, ovviamente tutti oggetti che non mi appartenevano ma che erano stati solamente concessi per quella giornata. Motivo non sufficiente ad esimermi dal goderli appieno e far invidia alle signore e signorine sedute al mio stesso tavolo. Qualcuna sparlava, lo vedevo dagli occhi viperini con cui mi scrutavano, ma nell'istante nel quale si rendevano conto di essere osservate smettevano subito tornando a farmi brevi sorrisini di circostanza. Se al mio fianco, o meglio al mio posto, ci fosse stata la Dama Rossa metà di quel tavolo avrebbe potuto osservare la crescita delle piante dalla parte delle radici... ma ahimè non era così. Mi sfilai i ditali d'argento dalla punta delle dita, bevendo l'ultimo sorso di vino prima di prendere educatamente congedo con un cenno del capo.

« È stato un piacere parlare con voi, monsieurs e madamoiselle, vogliate scusarmi, vorrei visitare meglio i templi prima che venga sera. »

In un paio di minuti mi ero lasciata definitivamente alle spalle quelle chiacchierone petulanti, piene di vezzeggiativi e scarse in complimenti. Non era il mio mondo, non propriamente, e non avrei permesso a quel genere di turbamento di rovinarmi la giornata.
Mi fermai poco dopo, sedendomi su una panchina in pietra all'ombra di un albero,non lontano dall'ingresso del complesso templare e del tempio della luce. Il paesaggio e l'aria serena di Deyrnas avevano a stento rivali, specialmente dopo la caduta della capitale, e rimanere lì a bearmi di tanta meraviglia era estasiante. Certo, la mancanza di compagnia non mi entusiasmava, ma non potevo chiedere troppo da quella già fortuita giornata.

Ad una certa, però, una figura apparve lungo la strada. A prima vista lo scambiai per un ragazzo particolarmente corpulento, uno dei figli grassi e untuosi di qualche nobilotto, di quelli che avevano più a cuore il cibo che il futuro del loro mondo, ma guardandolo meglio mi resi subito conto che si trattava di un nano. Dalle movenze non proprio leggiadre, quella stirpe della sabbia si aggirava tranquillo e beato nel quartiere dei templi. Per la prima volta, mossa da un moto di femminea curiosità, mi alzai avvicinandomi rapidamente prima che s'infilasse in qualche consesso di persone.

« Scusatemi! » dissi, cercando di richiamare la sua attenzione. « Scusatemi, siete della stirpe del deserto? Siete un nano! »
La voce squittiva di genuina curiosità, al punto da risultare particolarmente più acuta del mio solito tono.
« È raro vedere membri della vostra razza ad un incontro di nobili dell'entroterra! Su, non siate scortese, fate il galantuomo e tenetemi compagnia! »
« Immagino che per giungere sino a Deyrnas abbiate viaggiato molto! »

Afferrai i lembi della mia veste, regalando al mezzuomo un lieve inchino.
« Perdonate la maleducazione. Io sono Azzurra de Rougelaine, enchantée. »



La prima parte è concordata con Kita, il post è rivolto al pg di Jedino ma vuole essere un invito per chiunque!
 
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view post Posted on 18/3/2015, 14:32

Lamer
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Un ballo, una festa, un paese, un regno. Incredibile come la notizia di quella galante serata si fosse diffusa per tutto il Nord arrivando persino nello Yurianfald, il regno sotto l'antica Montagna, e ciò ovviamente aveva attratto il nano che da giorni lavorava su fogli e fogli per trovare vecchi patti di alleanze o altro avvenuti prima della guerra del Crepuscolo tra il suo popolo e gli altri regni.

La notizia che a Deyrnas il legittimo re aveva deciso di organizzare questo ballo aveva sicuramente attratto molta gente e avrebbe fatto radunare alcuni membri di spicco tra i pari in un unico luogo;un ottima opportunità per un diplomatico.

Infatti Lhotar il girono stesso che aveva saputo la notizia aveva deciso di parteciparvi e il giorno dopo era partito per Deyrnas in armatura da cerimonia insieme a Bolg. Il viaggio era stato relativamente tranquillo e senza problemi di alcuna sorta.

Erano arrivati poco prima del tramonto hai margini della città e lì il nano aveva deciso di lasciarlo per non spaventare gli abitanti della città. Questa era un tipico borgo, nonostante le dimensioni fossero notevoli rispetto al solito villaggio presente nella Roesfalda.

Lentamente iniziò a camminare verso il palazzo osservando il mercato e altre parti della città mentre lentamente si dirigeva verso la sua metà. Lhotar dovette chiedere solo due volte la strada per giungersi visto che dall'alto aveva potuto capire all'incirca la zona dove era situato.

Fu solo quando vide quel capolavoro di architettura che si guardò in quelle vesti che aveva indossato rare volte nella vita. Quell'armatura rifletteva perfettamente la luce del crepuscolo e non un solo graffio o ammaccatura appariva su quei pezzi di metallo che erano stati trasformati in un'opera d'arte.

Senza elmo il nano si guardò le mani coperte dai guanti metallici, le gambe perfettamente ricoperte dal ferro dei gambali, il torace racchiuso in quella corazza che avrebbe fatto invidia al migliore tra i fabbri degli uomini. Un piccolo sorriso uscì dalla sua bocca meravigliandosi per la prima volta della magnificenza e della bravura dei fabbri nanici.

Velocemente riprese ad avanzare a testa alta, indifferente agli sguardi dei nobili che come lui si dirigevano verso il palazzo che lentamente si stava riempiendo di quella gente superba che per molto tempo era rimasta indifferente ai problemi di quel regno che era scomparso. Fu a quel punto che avanzò verso la prima guardia che era appostata all'ingresso e con un tono autoritario ma cordiale si presentò:

"Buon giorno sir, mi presento, sono Lhotar Solidor "Doppielame", diplomatico del regno della Yurianflad, vorrei parlare con il signore di questa stupenda città se è possibile e se non lo è, gradirei sapere un posto degno del mio titolo dove poter aspettare."





scusa Mal per la brevità del post, ma gli impegno scolastici mi hanno sommerso e per non ferti aspettare oltre ho deciso di postare.per ora il mio pg aspetta la risposta della guardia XD
 
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view post Posted on 20/7/2015, 08:24
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Il palazzo risuonava di saluti e parole, conversazioni raffinate e frivole allo stesso tempo, fuse in un vociare che ricordava il rumore delle onde sugli scogli giù al molo della città bassa. Lo facevano sentire a casa quelle conversazioni, lo riportavano ai tempi della sua fanciullezza: era dai tempi di Ruldo che non partecipava ad un evento mondano tanto importante, preso com’era stato dai suoi viaggi e dagli eventi che avevano comportato la caduta dei Lorch a Basiledra.
Quando era un ragazzo amava moltissimo le feste, ricordava, nonostante fosse spesso esortato dal padre al tenere un comportamento più composto e dignitoso del correre in giro tra gli invitati, trascinandosi dietro una piccola folla di cugini e fratelli con gran disperazione delle loro madri che non approvavano una condotta tanto turbolenta. I padri invece, era giunto a quella conclusione all’età di tredici anni, sebbene si mostrassero severi erano in realtà generalmente più comprensivi dato che dovevano aver fatto la stessa cosa quando erano bambini e ragazzini.
Sorrise ironico nel ricordare il moto di orgoglio che aveva provato giungendo a quella particolare deduzione, affrettandosi poi a rivolgere un lieve inchino di scusa ad un elfo che passava di là e che l’aveva guardato per un istante corrucciato nel probabile convincimento che il sorriso ironico fosse diretto all’assurda acconciatura che egli portava, comprendente una serie di minuscole treccine, arrotolate in un complicato motivo a spirale.
Non doveva essere una cosa pratica da portarsi sulla testa. Pensò Shimmen mentre lo superava.
Ammirò, mentre esplorava curioso le sale eleganti ed i fastosi corridoi del palazzo, le decorazioni che Re Erein aveva fatto disporre ovunque per impressionare gli ospiti e più volte ne lodò la cura e la raffinatezza scambiando cortesie e saluti con alcune persone che conosceva ed in particolare con la dama che lo accompagnava.
Gli avevano detto che il giardino esterno era una vera meraviglia, il luogo dove si sarebbe tenuto il ballo ma lui prima voleva passare per l’ingresso del palazzo e veder entrare qualcun altro degli invitati. Così si diressero verso le porte da cui erano entrati, sempre chiacchierando allegramente e scambiandosi opinioni su tutto quel che vedevano e raccontandosi a vicenda aneddoti degli anni passati lontani.
Un particolare arrivo colpì la loro attenzione mentre sostavano vicino all’ingresso, un clangore metallico rilucente alla luce delle lanterne che si rivelò essere un fiero membro del popolo barbuto del deserto, le cui opere e la cui prospera società avevano molto colpito il Kasumaki durante il suo viaggio oltre il deserto.

Potremmo farle compagnia noi nel frattempo, Lhotar Solidor.
Ambasciatore di Yurianfald.


Shimmen aggirò i soldati che facevano la guardia all’ingresso dopo la loro risposta, inghirlandati nelle loro migliori armature sfiguravano comunque nei confronti del capolavoro che il nano indossava in quel momento: una stupefacente armatura cerimoniale, opera senza dubbio dei migliori artigiani di quel popolo industrioso e prospero e sorrise affabile al nano.

Non mi risulta che Re Erein si sia ancora fatto vedere in pubblico ma dicono che il giardino interno sia splendido, una vera meraviglia illuminata da dolci lanterne e minuscoli fiori argentei, ricolma di ogni rinfresco prelibato.
Se ne avete il piacere potremmo fare la strada insieme ... io sono Shimmen Kasumaki, Lord di Vallegelida e questa è la mia incantevole cugina Makoto Kasumaki, che gentilmente si è offerta di farmi compagnia in questa magnifica serata.


Saluti Lothar-sama.

Makoto si inchinò con una grazia che derivava dall’abitudine, era sempre stata dotata in questo.

Piacere di conoscervi. Unitevi a noi, vi prego: Shimmen-san mi stava raccontando del suo viaggio nelle vostre terre del sud ma purtroppo le sue storie non fanno altro che risvegliare la mia curiosità ed il mio stupore per le meraviglie che si celano oltre il deserto.

Scoccò uno sguardo divertito al cugino, sorridendo innocentemente.

Ma temo che qualcuno abbia prestato più attenzione al risolvere questioni dinastiche ad Oes, che alle persone che incontrava lungo la strada.

 
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Lill'
view post Posted on 20/7/2015, 15:54





Non era passata ora di pranzo e già il posto pullulava di ubriaconi. Gente strana, che si preoccupava anche accartocciata su un bancone se ci avrebbe rimesso parte della paga per una scappatella, o se quel maledetto carico di piume d’oca arrivava perché uno del palazzo gli aveva chiesto un corredo di tredici cuscini da letto e ventitré penne per scrivere, che i diavoli se lo portino se avesse mai più parlato male dei letterati che il Re tanto favoriva.
Rick Gultermann si faceva i conti in un angolo, moderatamente stonato per la bevuta a prezzo di festa. Sul tavolaccio aveva radunato i pochi spicci assieme a qualche ossetto di pollo, e cercava di rendersi conto dei suoi averi. Non sarebbero bastati per il ritorno, probabilmente. Quando aveva passato l’ennesimo villaggio di contadini maldisposti verso i viandanti, però, aveva deciso che arrivato in città una pausa se la sarebbe fatta. Che fosse capitato a Deyrnas in periodo di festa, quello era solo un caso: certe abitudini il ramingo non le abbandonava in nessuna occasione. Da un angolo di quella topaia, un omaccione scese per delle scalette che scricchiolavano ad ogni passo; arrancando, aveva un sorrisone beato in volto. Giusto dietro di lui c’era una donna sulla quarantina, che con fare pratico passò l’appena servito cliente (prezzi di festa per tutto, eh) per portare un gruzzoletto all’oste.
Quando, a un certo punto, Rick Gultermann si decise a schiodarsi dal suo posto, l’oste e magnaccio gli confermò quanto pattuito: tariffa ad ore; quello che riesci a fare, fai, poi paghi sempre lo stesso.
Appurato questo, il nano si rimise sulla sua strada. Non sapeva in effetti per quanto tempo fosse rimasto lì dentro, stravaccato dopo il viaggio. Gli era stata ben descritta la tizia che doveva cercare – doveva parlare con la tale Azzurra, gli avevano detto quei ragazzini mercenari. Un cavaliere, però femmina, attendente di un’altra tale Lancaster. Quell’ultimo nome l’aveva già sentito, o così gli sembrava. Kellen gli aveva scritto un bigliettino a Haistone, più che altro uno scarabocchio dell’araldica delle genti dei Draghi, ma non pensava fosse quello il motivo.
Per quando sarai tornato, probabilmente ci saremo sistemati qui”, gli aveva detto l’elfa.
È un lungo viaggio per i regni degli uomini da quello che ho capito, e magari quando torni altri saranno scesi per unirsi a noi. Chissà, magari i tuoi compagni avranno anche sconfitto il Re delle Maschere…”. Ma la capacità senile di scherzare su certe faccende non era ancora propria di Occhio di Civetta.

Si avviò quindi verso il quartiere dei mercati, ancora bardato come quando aveva traversato l’Erydlyss, fatta eccezione per il grosso cappottone imbottito che aveva scambiato per due giorni di alloggio nella locanda o baccanale. Si girò di scatto verso un vicolo, certo di aver visto una donna vestita di celeste, mentre c’era solo qualche tizio dagl’occhi scavati appoggiato ad un muro. Erano distanti. Fecero in tempo però a notare le pupille totalmente nere del vagabondo, e non guardarono oltre.
Lui proseguì, verso quello che aveva da fare. Gli avevano consigliato la zona del molo; ci si diresse, ondeggiando leggermente nella camminata. Alle tante voci di cui la sua testa si riempiva quand’era sbronzo, Rick Gultermann aveva imparato a non dare né troppo peso, fossero i richiami di una donna in un tempo illune o l’abbaiare di un capitano, né troppo poco. Non dargli retta per niente era un errore che facevano gli uomini a Sud delle montagne, gli pareva. Quando, poche lune prima, era passato per Maktara con quel gruppo di sfollati Rahm, di notizie di sventure e nomi strani gliene erano arrivati parecchi. Si facevano più stridenti di notte, le voci, quando chiudeva gli occhi. Eppure le Principesse delle Ombre, o gli amici della maledetta Sfinge -ché se lo incontrava il suo Destino gli avrebbe sputato in un occhio, ma senza offenderlo troppo perché non si sa mai- non erano gli unici sussurri che tormentavano il sonno del nano. C’erano anche quelli del ventre.
Oh, marinaio. Cerco erbe e droghe, si avvicinò a un nano nei pressi di una banchina; non se ne vedevano tanti di suoi consanguinei a Nord. L’altro gli accennò di sì con la testa. Alle loro spalle c’era una nave abbastanza grossa per solcare i fiumi, e le figure dei due Erdkun si scomponevano in strisce dai colori indefiniti nell’acqua verdastra del porto.
Qualcosa per qui sotto, dico. Per farlo stare dritto sempre.
Il nano marinaio parve capire al volo cosa cercasse il suo avventore, e lo indirizzò verso altre figure, dicendogli di parlare con il suo capo per quella roba. Rick Gultermann ringraziò con un cenno; prima si toglieva il sasso dallo stivale, prima avrebbe potuto pensare agli affari con quella cavallerizza.



Edited by Lill' - 20/7/2015, 17:33
 
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view post Posted on 31/7/2015, 19:11

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Porto ~ Un carico pieno di …
L’enorme nave oscillava piano, quasi accarezzata dalle onde del lago. Le vele erano cosparse di campanelli cosicché il suo tintinnare fosse un avvertimento per quanti avevano la malasorte di incontrarla come nemici. Una stravaganza e un atto di arroganza che il capitano di quel vascello poteva permettersi … Era dopotutto uno dei trafficanti e capitani mercenari più ricchi e potenti su Theras. Chiuso nella sua cabina di comando sorseggiava un particolare liquore di erbe medicamentose che offrivano vari vantaggi e solo qualche piccolo effetto collaterale … La mente si rilassava, la risata era stimolata e l’appetito diventava poderoso. Per questa ragione si era fatto allestire un vero e proprio pranzo anche se era appena l’ora di colazione.
« Dunque sei deciso? E’ una mossa avventata, stupida la definirebbe qualcuno… Troppa gente, troppa attenzione…»
Si rivolgeva al suo ospite, un tipo decisamente pericoloso se preso per il verso sbagliato, che chiedeva favori che avrebbero fatto perdere la testa a gente meno influente ma era un amico.
«Ci vuole un pubblico per quello che ho in mente e i Re hanno bisogno di un pubblico per tirare le cuoia in maniera decente. »
Dinnanzi a lui non aveva mascherato il suo volto ma prima di salire sulla nave si era preoccupato di occultare accuratamente la sua identità. Nessuna sorpresa chi organizza un assalto di mercenari senza scrupoli raccattati tra la peggior feccia del Akeran. Il suo committente era stato chiaro in proposito, voleva gente senza un passato e senza un futuro. Persone di cui nessuno avrebbe pianto la scomparsa, gente sacrificabile. Era un lavoro che con buone probabilità si sarebbe concluso con un bagno di sangue.
Il capitano sbucciò una pesca bianca e la offrì al suo ospite. Quella prelibatezza zuccherina profumava di rose e la polpa succosa avrebbe di certo stuzzicato il palato del suo inappetente amico.
« Se questo è il tuo desiderio…» – sospirò - « … quando sarà il momento ordinerò ai miei uomini di sparare dei fuochi artificiali. Quello sarà il segnale, poi gli assassini che hai assoldato irromperanno nella Sala del Ballo e attaccheranno Sua Altezza. »
Il committente annuì - «Lui e lui soltanto. Mai, per nessuna ragione agli altri ospiti deve essere torto un capello. Vogliamo colpire la loro immaginazione con qualcosa di cruento ed efficace non ferirli o – gli dei non vogliano- ucciderli. Ci serve la loro lealtà, il loro rispetto, il loro amore … »
Il capitano mercenario lo osservò con gli occhi leggermente arrossati dagli effetti della sua bevanda
« E tu credi che questa pagliacciata ti farà guadagnare tutto questo?»
Il suo ospite sorrise. Per un attimo il capitano sentì un brivido gelido attanagliargli le viscere. Era tremendo quel sorriso … Dichiarava che quell’uomo non si sarebbe fermato dinnanzi a nulla.
«Ne sono certo … »


Quartiere Popolare ~ Fognature


«Cazzo Klog! Puzzi più tu che la merda che ci scorre sotto i piedi! »
Klog emise un lungo, rabbioso ruggito. Era un mezz’orco anche se a guardarlo si sarebbe detto un orco completo. Aveva un gran brutto carattere e le capacità intellettive di una gallina sotto effetto di droghe ma era indicibilmente forte e abile nell’uccidere come pochi. Era finito in una lurida, buia galera del Sultano dopo una caccia all’uomo durata quattro interi anni. La sua testa era destinata a finire su una picca ma lui l’aveva salvato. Questo in qualche maniera lo proteggeva dai suoi attacchi d’ira e gli aveva fatto guadagnare una sorta di brutale lealtà.
«Da bravo spezza quelle dannate grate! » – gli ordinò. Mentre il suo personalissimo bruto eseguiva il compito che gli aveva appena assegnato Lucian Ricardo decise che era giunto il momento di fare il punto della situazione.
«Gente onesta! » – chiamò - «Ripassiamo la lezione: quando … »
«We, mezza tacca! Mica ci abbiamo dato il comando a te! Chi ti credi di ess.. »
Lucian Ricardo osservò quell’avanzo di galera per un attimo poi senza pensarci su un solo istante in più si fiondò su di lui e gli aprì la pancia davanti a tutti. Si, anche lui aveva un pessimo carattere.
«Qualcun altro ha qualcosa da obiettare? » – chiese con aria placida quasi avesse appena schiacciato uno scarafaggio e non sventrato un uomo. Era finito in galera proprio per il suo brutto vizio di uccidere chi lo contrastava e ovviamente per la lunga sfilza di reati contro la sicurezza per mare o qualche altra simile stronzata. Senza troppi giri di parole: era un pirata e un assassino.
Nessuno parlò, gli unici rumori erano lo scricchilio della grata sul punto di cedere sotto la poderosa forza di Klog e quello dei liquami in perenne scorrimento.
«Bene dicevo, saremo avvertiti da un colpo di cannone o qualcosa di simile. A quel punto e solo a quel punto entreremo in scena. Niente casini, il nostro obiettivo è il Re. Gli altri non vanno toccati o il Capitano ci rispedisce in galera … Tutto chiaro? »
Annuirono tutti. Il Capitano riusciva a spaventare persino lui figuriamoci quel patetico ammasso di galeotti senza speranza. Il tonfo del metallo contro l’acqua li avvertì che era giunto il momento di proseguire. Verso che destino lo avrebbero deciso gli dei.

CITAZIONE
Note: TUTTI ~ I festeggiamenti proseguono senza particolari cambi di scena. Posterò tra qualche giorno un ultima volta. Siete liberi di descrivere le vostre azioni senza attendere un mio intervento, in fondo è una scena free e non una quest aperta le uniche regole da rispettare sono quelle del post precedente. Spero che il finale di questa sfortunata(?) scena free possa offrirvi più soddisfazioni di quanto in generale la scena in se abbia fatto. Enjoy <3



 
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view post Posted on 2/8/2015, 05:37
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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Il valore delle Tradizioni
« Ti va di ballare? »

Mentre mi presentavo, con la dovuta calma, qualcuno attirò la mia attenzione. Più che l'aspetto, che per stravagante e niente aristocratico che fosse poteva anche essere passabile, furono le sue parole, dette con palese nonchalance del buon decoro a spingermi ad agire. Mi voltai verso di lui con le gote lievemente arrossite per l'evidente imbarazzo che mi aveva causato anche il solo sentir parlare di unguenti miracolosi per incrementare le proprie prestazioni nella camera da letto, facendo qualche passo in avanti. Normalmente non mi sarei azzardata ad attaccare briga con uno di quella risma, giacché la saggezza mi avrebbe indotta a credere che, di li a poco, mi avrebbe come minimo messo le mani addosso sotto i fumi di qualche inebriante droga, però a Deyrnas era festa e volevo assicurarmi che nessuno, in nessun caso, disturbasse la quiete. Del resto, tra le balze del vestito, ero quasi sicura di aver nascosto almeno un piccolo pugnale che, al momento però, non riuscivo proprio a percepire in mezzo a tutta quella stoffa. Rimpiansi la mancanza dell'armatura da parata.
Impettita dentro al bustino rigido turchese gli arrivai abbastanza vicino da essere sentita senza bisogno di strillare.

« Vi pare il modo, mounsieur? » lo bacchettai, più che il tono di voce fu lo sguardo a ricadere severo. « Oggi Deyrnas è in festa, ma c'è un limite ai bagordi che si possono fare! Di grazia il tempio della dea dell'amore è aperto a tutti, non avete bisogno di acquistare questa robaccia se volete sfogare i vostri istinti maschili! »
Alludendo alla frase di poco prima, sempre con fare piuttosto stizzito, continuai. « Suvvia, evitate, c'è del buon cibo a disposizione con cui potete distrarvi efficacemente per la vostra permanenza. »

Non certo una finezza nella diplomazia, ma pur sempre meglio di sentirlo rispondere qualcosa sulla falsariga di "stupida donna", sebbene fosse prassi comune per molti nobili del Dortan avvalersi di tale idea. Tra l'altro il terreno si era sporcato a causa dell'andirivieni di pescatori e mercanti e, pur di non rovinare quel vestito che Ryellia mi aveva generosamente dato, ero costretta a tenerne i lembi sollevati in una specie di bizzarra - e ridicola - riverenza perenne. Meglio quello che dover bruciare preziosa seta lavorata per le macchie indelebili che vi si sarebbero formate, dopo tutto.

« Su, su, andate. » gli intimai, cercando di cambiare il tono in qualcosa di molto meno acido e ben più cortese. « Se le guardie vi fanno qualche rimostranza dite loro che è stata Dama Azzurra a darvi il permesso di banchettare nella maniera che più ritenete opportuna. » mi corressi rapidamente. « Entro i limiti della decenza umana, perlomeno. »

 
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view post Posted on 2/8/2015, 15:04
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Roesfalda - Delnerys
«Moschetti e Malandrini»

Mi sono sempre piaciuti i viaggi in mare, più di qualunque altro. Molti contesterebbero sulla mia decisione, direbbero che librarsi in volo cavalcando un grifone è un'esperienza di gran lunga più estasiante. Ma dall'alto tutto sembra così piccolo ed insignificante, riesci a vedere tutto e al contempo non vedi proprio un bel niente. Invece il mare, qualcosa di talmente sconosciuto ed ignoto che molti parlano persino dell'esistenza di un altro continente, ancora sconosciuto alla maggior parte degli abitanti sul Thedas. Con tutti i pasticci che ci sono in giro non c'è davvero il tempo o le risorse per partire alla ricerca di un continente sconosciuto, ma questo non significa che un giorno qualcuno non ne sarà in grado. Spero solo di esserci anche io, quel giorno. Spero che quando quel giorno arriverà, il lungo ed estenuante viaggio sia avvenuto sul ponte della nava, con lo sguardo rivolto verso l'orizzonte con un urlo baritonale e tagliente ad avvertirci del continente sconosciuto, ormai in vista. Che il viaggio non mi abbia a bordo come clandestina, costretta a nascondermi tra barili di polvere da sparo ed acciughe sotto sale, con solo qualche paffuto ratto da nave a risparmiarmi una fame lancinante. Quando cala la notte e la maggior parte degli uomini va a godersi il suo meritato riposo, allora mi concedo un'attenta visita sul ponte della nava. Il più delle volte la vedetta si addormenta abbracciando la sua bottiglia di Rum, permettendomi una seduta panoramica dei dintorni. Da quando si erano avvicinati alle coste era possibile vedere delle piccole luci provenire da esse, cittadelle grandi abbastanza da apparire visibili persino nel cuore della notte. Abbastanza per capire che ci siamo lasciati l'Akeran alle spalle, che siamo già giunti nel Dortan. Ma i giorni di navigazione proseguono, la nave non si ferma, sembra sia diretta parecchio a nord. Poi, una cosa tanto amata quanto temuta, l'imprevisto. Avviene in quello che identifico come il tardo pomeriggio, la nave si ferma di colpo ed ogni uomo presente su di essa si riversa sul ponte. Urla e grida, la voce baritonale del nano a capo della ciurma che grida ordini ed insulti in egual misura. Sembra che siano stati accerchiati da una piccola flotta. A giudicare dalla zona la pista più ovvia sarebbe l'istinto territoriale di uno dei nobili di zona. Inutile a dirsi il semplice nascondermi tra i barili non è più sufficente, così mio malgrado riverso al suolo uno dei barili d'acqua più piccoli e mi ci nascondo dentro in attesa che le acque si calmino. Non c'è nessuna battaglia, ma dalle discussioni sopra coperta si capisce che al capitano non è stata data molta scelta. Pochi minuti di viaggio, la nave si ferma di nuovo, attracca. Vorrei scendere ma la stiva si riempie rapidamente d'uomini che iniziano a prelevare ogni barile, forziere e cassa presente in essa. Potrei saltare fuori dal mio barile, dire che il pirata cattivo mi aveva rapito. Non, non sarebbe affatto corretto, in fondo è grazie a lui se sono arrivata di nuovo nel Dortan. Mio malgrado aspetto che uno degli uomini prenda il mio barile, caricandolo su un carro insieme agli altri viveri prima che questo inizi a muoversi. Non mi è concesso vedere nulla, solo immaginare quale sia la destinazione finale del mio inconsueto viaggio. Non passa neanche un minuto che il carretto si ferma nuovamente e tutto ricomincia daccapo. Uomini giungono e muovono il carico, una ripida pendenza indica la salita per avere accesso ad un'altra nave, il tonfo del barile che cozza contro il legno della stiva conclude questa piccola avventura. Adesso mi tocca solo aspettare che il carico venga spostato e che gli scaricatori concludano il loro lavoro, lasciandomi spazio per uscire.



[...]



Ormai è calata la notte, ogni rumore all'infuori del piccolo barile ha cessato d'essere. In lontananza si ode un gran vociare, un baccano sommesso che fa pensare ad una grande baraonda o ad una battaglia senz'armi. Apro il coperchio del barile con estrema cautela, scrutando i miei dintorni con fare guardingo, assicurandomi che non ci sia nessuno li dentro all'infuori di me. Il nulla più totale, casse e barili come sola compagnia mentre, finalmente, sguscio fuori dal mio nascondiglio e tiro un lungo sospiro di sollievo. Qualcuno ha anche avuto cura di lasciare un paio di lanterne accese qui sotto, permettendomi di notare come la nave sembri particolarmente nuova e anche ben costruita. Troppo elegante nella forma per essere una delle grosse navi usate da pirati e contrabbandieri dell'Akeran. No, questa è di stampo Dortaniano, perché il carico della vecchia nave sia stato spostato qui però davvero non lo so. Poco importa, vediamo dove mi ha trascinato il caso, sta volta! Faccio per avviarmi fuori dalla nave quando uno scintillio dorato attira il mio sguardo. Poi li vedo, nelle loro forme perfette e ben curate, metallo incastonato in morbide impugnature di legno. Pistole, moschetti e persino un paio di bombarde. Le complesse colate d'oro lasciate ad asciugare nelle insenature legnose e poi ripassate con un composto per uniformarle al resto della struttura. Donano armonia nella forma, rendono l'arma morbida al tatto e priva di qualunque spigolosità o irregolarità. Di fattura nanica, senza ombra di dubbio. Lo so, dovrei uscire dalla nave prima che un uomo della ciurma ritorni per controllare il carico e mi trovi qui, a frugare tra le loro cose come una comune ladruncola da porto. No, posso anche osare qualche minuto in più sulla nave.p In fondo se il costante vociare che sento in lontananza è quello di una qualche festività locale, adesso tutto l'equipaggio sarà in città ad ubriacarsi. Ma si, chissà quando mi ricapiterà di avere qualcosa di così raro e ben fatto tra le mani. Mi dirigo nell'armeria della nave, afferrando dapprima le armi di taglia più piccola. Una pistola in particolare attira la mia attenzione, dalla forma più sinuosa ed elegante, la canna affinata rispetto ai tromboni delle altre. Sul lato c'è incastonata una piccola gemma, un rubino per la precisione. Non so perché ma ho come l'impressione di averla già vista, da qualche parte. Non sembra essere completamente nanica, la fattura fin troppo raffinata la avvicinano di più ad un modello prettamente umano. Lavorata da mani naniche sotto richiesta di un nobile del Dortan? Possibile, anzi altamente probabile. Afferro un sacchetto di polvere da sparo ed alcuni proiettili, legando il tutto sulla parte posteriore della mia cintura, ben celata sotto al mantello. Per un attimo esito, ma in fondo stiamo parlando di contrabbandieri, una pistola in meno non farà poi una gran differenza. Per me è più un piccolo moschetto, che una pistola, ma in fondo ho sempre desiderato avere una piccola arma da fuoco, per ogni evenienza. Anche la mamma ne portava sempre una con se, diceva che spesso e volentieri le persone si lasciavano intimorire dall'arma di per se, senza che fosse davvero necessario usarla. Nel frattempo nemmeno un'anima, nessuno sembra essersi avvicinato alla nave. Posso concedermi un po di tempo in più per dare un'occhiata ai moschetti. Di fattura eccelsa, come tutto il resto. Dal loro stato non sono nemmeno stati usati, nuovi di zecca. Beh, in fondo... posso anche permettermi un giro di Valzer con uno di loro, no? Prendo un altro sacchettino di polvere, un proiettile e quel curioso bastoncino metallico usato per caricare i fucili. Con il brusio di sottofondo e i gentili movimenti della nave a cullare il mio corpo, mi metto a caricare l'arma, canticchiando una canzoncina per coccolarmi nell'atto.



« ♪ Yar har, fiddle di dee, Being a pirate is all right with me. ♪ » Mi chiedo perché debba essere così difficile caricare uno di questi arnesi, uff. « ♪ Do what you want 'cause a pirate is free, You are a pirate! ♪ »

« Lurido sıçan piç! Che cazzo credi di fare? » Sobbalzo spaventata nell'udire quel grido baritonale, il sacchetto di polvere riverso al suolo mentre mi giro con uno scatto ferino. « Giù le mani da quello o farai compagnia ai tuoi simili, nella sentina! »



Lui deve essere il proprietario della nave e l'ignaro benefattore che mi ha riportato nelle terre dei Quattro Regni. Però non ha davvero l'aspettto del contrabbandiere. Sempre piuttosto un cane da guerra tirato a lucido per una mostra canina tra nobili d'alto rango. Una splendida tunica di seta blu con ricamature dorate ed un turbante del medesimo colore che gli cinge la testa in maniera ferma e oserei dire regale. Se a questo si aggiunge il colore della sua barba, bianca come la neve, sarebbe davvero difficile dire che chi mi si para davanti è il capitano di una ciurma di contrabbandieri. Tutto sommato una brava persona, normalmente ti sparano a vista se ti beccano a gingillarti con le merci altrui. Beh, non c'è bisogno di aver paura!



« Ohhhhhhhh! Che bell'arma che hai, monsieur nano! » Poggio il moschetto a terra, avvicinandomi con dei piccoli saltelli verso il nano, sbirciando nella grossa canna della sua... pistola? Troppo grande, forse una piccola bombarda! La osservo con fare meravigliato e fanciullesco, mi sono sempre piaciute le armi di fattura nanica. « Deve essere davvero forte se riesce a sparare con questa senza farsi male al braccio! L'ha fatta lei, per caso? »

« Le domande le faccio io, Küçük hanım! » Le mie dolci paroline non sembrano averlo abbindolato come speravo, in fondo un capitano deve salvagurdare gli interesti della sua ciurma! Oh, beh, un buon capitano. « Che ci fai qui? Ed evita di raccontarmi cazzate, li conosco quelli come te. Ero un ladro ancor prima che tu lasciassi la amcık di tua madre! »

« Ladra? Oh, monsieur Nano, se avessi voluto rubare qualcosa sarei sparita già da qualche ora! » Ridacchio con fare beffardo alle parole del nano, facendo un mezzo passetto indietro mentre mi dondolo sul posto, le mani una nell'abbraccio dell'altra nascoste dietro la schiena. « La mamma mi ha insegnato che non bisogna mai rubare dalle persone oneste, sa? Però, mi dica, se lei è un nano allora io cosa sono? »

« Per quel che me ne frega, potresti essere anche un demone di Baathos e ti sparerei comunque in faccia. » Va bene, forse al Capitano non piacciono poi tanto gli indovinelli. Mi vedo costretta a sfoderare la mia arma più potente. « A meno che non ti decidi a dirmi che cazzo ci fai sulla mia nave, con le mie armi. »

« Demone? Se fossi stata un demone avrai fatto colare a picco la nave a metà viaggio. Lei è davvero buffo, monsieur! » Sorrido infantilmente al nano, inclinando la testa un po a destra mentre continuo a dondolarmi. « Sono su una nave per il motivo più ovvio, viaggiare! Oh, beh, in verità il viaggio è finito perché sono arrivata a destinazione. Però le armi da fuoco sono così belle! Un po rumorose, ma è come sparare fuochi d'artificio! »

« Non sono giocattoli! » Da capitano furioso a nano brontolone e preoccupato in cinque secondi netti. Deve essere un nuovo record personale! Mi leva il moschetto da vicino, devo averlo fatto preoccupare davvero molto. « Ora, fuori di qui ... prima di farti male. »


« Oh-... io-... mi dispiace, monsieur nano. » Il sorriso sul mio volto scema rapidamente in un broncio di semplice dispiacere mentre mi stringo a me stessa, facendomi più piccola di quanto già non sia. « Non volevo farla preoccupare, però le cose naniche mi sono sempre piaciute un sacco... »

« E lei deve essere davvero un nano importante per avere tutte queste armi! » Faccio scorrere la mano destra tra i mie capelli, carezzandomi la nuca con fare imbarazzato. Muovo le mani in avanti, facendo toccare gli indici mentre deglutisco leggermente. « Ecco... se non le do fastidio... potrei vederla mentre prova una di queste armi? Prometto che non la distrarrò, lo giuro! »

« Se ci tieni proprio. » Il povero capitano fa sprofondare il volto tra le sue mani, preoccupato che possa combinare altri pasticci ma di cuore fin troppo buono per declinare la mia richiesta. « Ma vedi di non far altri casini! »

« Non si preoccupi, mon capitaine! » Eseguo un saluto militare volutamente impacciato, sorridendo contenta come un goloso in una pasticceria alle parole del nano. « Sono pronta a seguirla fino ai confini del mondo, se necessario! »



Un po mi sento in colpa per aver raggirato il Capitano con il mio docile faccino da bambina. Ma guardiamo al lato positivo della cosa, ora ho un posto in prima fila per vedere un nano che fa dei tiri di prova con della armi da fuoco naniche! Nel Sultanato le cose vanno talmente bene che l'esercito ha a malapena bisogno di sguainare le sciabole, figuriamoci usare i loro moschetti! Afferro in fretta e furia un sacco pieno di polvere nera, di modeste dimensioni, abbastanza grande da poter caricare persino un cannone! Poi, zitta zitta e con un sorrisetto divertito stampato sul viso, mi dirigo dietro il buon capitano per raggiungere il ponte della nave. Con ogni probabilità avrà dei manichini o dei bersagli per far esercitare le truppe montati sul ponte, una pratica comune tanto per i pirati quanto per i marinai. Inoltre, e finalmente, potrò vedere la piccola cittadina in cui la nave è attraccata.



[...]



Finalmente il dolce abbraccio dei freschi venti nordici, non che il clima caldo dell'Akeran mi dispiaccia ma in fondo casa è sempre casa. La città di per se ha ancora molti misteri da svelare, persino con le torce accese in ogni strada la notte maschera bene la grandezza dell'intera area. Un luogo di dimensioni più che modeste, su questo non c'è dubbio. Forse più in la potrei anche decidere di fare un giro turistico della zona, magari trovare il palazzo dove il nobile di turno tiene le sue chincaglierie in cerca di qualche libro di valore. Intanto appoggio il sacchetto di polvere vicino all'albero maestro, notando i vari bersagli presenti poco più in la. Solo allora decido di sporgermi dalla balaustra, per osservare l'aria portuale in tutta la sua magnificenza serale. A vederla sembra sia stata rimessa a nuovo, le mattonelle del porto mostrano a malapena i segni del costante passaggio di merci e il legno dei moli è ancora nuovo di zecca, mostrando a malapena l'indecoroso marcire causato dall'acqua di mare. Tutto sommato una tranquilla serata, o quasi, se non fosse per un qualche schiamazzo occasionale proveniente dai vicoli. Poi sento un altro vociare, ben più vicino e comprensibile. Con mia sorpresa c'è anche una voce femminile, nel mezzo. Una nobildonna a giudicare dai vestiti, vestita completamente d'un abito azzurro che risaltava fin troppo nella penombra notturna del molo. Se avessi un vestito del genere io non mi azzarderei neanche ad avvicinarmi alla zona portuale, di notte. Certo, non sarà Tanaach, ma è sempre meglio evitare questo genere di rischi. Sembra stia bisticciando con un'altro nano, mi chiedo se il Capitano la conosca.



« Mon capitaine? » Mi avvicino al nano dal turbante blu, dandogli una cortese pacca sulla spalla per attirare la sua attenzione. « Per caso lei è una sua amica? Non sembra proprio una donna di mare. »






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//






Tutto come concordato in vie private et altro :sisi:


 
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Lill'
view post Posted on 3/8/2015, 19:55




Suvvia, evitate, c'è del buon cibo a disposizione con cui potete distrarvi efficacemente per la vostra permanenza.
Cibo? Mugugnò Rick Gultermann.
Non vado cercando quello, ora.


Lo sguardo del nano vagò giusto un po’, seguendo la linea irregolare della banchina. C’era una cricca di marinai che scaricava bauli, una guardia che parlottava con una puttana. Tornò alla dama benvestita. Di cestoni di frittelle e pesce secco ne aveva visti anche nelle vie del quartiere popolare dov’era alloggiato, ma alla fine l’oste l’aveva convinto a buttar giù qualcosa da lui, che offriva vitto, alloggio e di tutto un po’ - beninteso a qualità garantita. Gl’era sembrata una buona idea fino a quando, la sera prima, s’era ritrovato a spintonare la sua strada per la latrina. Così, dopo essersi risalito i calzoni un po’ allentati da quelle settimane di camminate e inconvenienti della malora, Rick mugugnò ombroso in risposta al discorso della donna.
“Su, su, andate”, proseguì lei. Il ramingo fu quasi sul punto di dargli retta, perché tra viandanti e soldati su strade desolate non si era abituati a scusarsi o a mettere in questione i morsi dell’amore con la lingua, e certi discorsi non li afferrava bene. Le labbra si curvarono scoprendo un’ombra torva, la solita, ma che mutò subito in vacua incomprensione. Strinse gli occhi di rapace in fessure sottili. Solo allora vide davvero le pieghe turchesi del vestito, e realizzò il nome appena sentito.
Azzurra?
Chiese, schioccando la lingua.
Io cercavo un cavaliere con quel nome, una che a ha che fare con i nobili dei draghi, disse Rick Gultermann, per poi ficcare le mani sotto il cuoio nero dell’armatura, a pescare lo schizzo di quell’araldica fattogli a Haistone. Tornò a montare uno sguardo duro, serio.
Ho parlato con gli Artigli scarlatti, a Haistone; la ragazzina …Jeanne.
Giovane. Bionda anche lei.

Il nano estrasse il simbolo della casa Lancaster, con le poche scritte che designavano il nome di chi andava cercando, assieme al suo patrono. Pochi passi più in là, una pescivendola strillava che aveva altre frittelle da impastare. Il brusio seguito a una scazzottata non s’era ancora spento, e le navi al loro fianco grattavano contro gli approdi del molo, uno stridore secco e ritmato dal battere delle onde sulla pietra.
Sono qui per degli affari.
Rick Gultermann osservò Azzurra Frederique de Rougelaine dal basso in alto, negli occhi puliti e limpidi.
Vengo da oltre le montagne, disse; il borbottio delle sue viscere era coperto dai suoni della festa.


Edited by Lill' - 3/8/2015, 23:09
 
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view post Posted on 4/8/2015, 03:39
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Il Gran Ballo di Deyrnas ~ Il valore delle Tradizioni
« Ti va di ballare? »

A quelle parole lo guardai più attentamente: dall'aspetto non pareva mentire e, sebbene i modi rozzi, sembrava comunque serbare un certo interesse per la nostra causa, altrimenti non avrebbe mai dato ascolto a Jeanne.

« Haistone, dite? Sì, so che Lady de LaFleur era lì con i miei ragazzi... » annuii, convinta. « Che tipo di affari vi portano sino a qui, dunque? »

Avrei volentieri sperato che non adducesse nuovamente a qualcosa di natura sessuale, non sarei riuscita a sopportarlo, ma per fortuna il discorso verté su tematiche decisamente più condivisibili.
Ci pensò alcuni istanti, quasi cercasse le parole migliori per esprimere un fastidioso concetto.

« Ho scortato un gruppo di elfi a sud delle montagne. Scappavano da... mh, le cose che sono uscite fuori da Samaberthe » si fermò, tentennando. « I demoni, dico. »
« Ora cerco armi per tornare oltre l'Erydlyss. Non ci sono più fabbri, o cose del genere. »


Annuii in risposta alle sue parole. Sebbene la guerra avesse lasciato molte madri senza figli e viceversa, il Dortan non era esente dal doversi preoccupare della minaccia dal nord. Mi erano già giunte terribili voci in merito, ma non avevo ancora avuto modo di sperimentare di persona quali fossero le orribili verità che celava l'abisso. Il massimo che potevo fare, conscia della mia limitatezza in tal senso, era offrire un minimo di aiuto ai fuggiaschi, tenendoli al sicuro dall'ondata di odio razziale scatenata dagli Arconti.

« Conosco la situazione, capisco la vostra preoccupazione. » proseguii. « Sicuramente qui a Deyrnas ci sarà qualcuno in grado di aiutarvi. Cosa volevate discutere nel dettaglio? »

Digrignò i denti, tanto che credetti di averlo offeso in qualche maniera, ma infine tornò a rivolgersi a me con fare tutt'altro che aggressivo. « Armi a prezzi buoni, intendo. Non come ad Haistone, non dieci spade. Cinquanta, cento, di più »
« ...non sarà il primo gruppo di Rahm as Aid che scollina nei regni degli uomini. »

Quella era la nota dolente. Sospirai profondamente, cercando le parole adeguate per non fare promesse impossibili da mantenere. Facevo già fatica a sostenere una tendopoli di sudditi umani sfollati dalla capitale, fonderli a degli elfi non sarebbe stato facile. Ma lasciarli alla mercé del resto del regno, con una guerra fredda in atto, sarebbe stato troppo vile per la mia indole. « Siamo appena usciti da una guerra, sir... » in quel mentre mi accorsi di non sapere il nome del nano, rimanendo interdetta. « Ci sono molte armi e pochi soldati. Forse potrei arrangiare qualcosa in cambio. » poi, muovendo la mano a toccarmi il petto, conclusi. « Mia cugina è una mezza Rahm as Aid, sapete? Potrei chiederle aiuto per aiutarli. »

Era pur sempre meglio di non fare assolutamente niente. Inoltre la sapienza elfica in ambito naturale avrebbe sicuramente apportato enormi benefici alle precarie condizioni della tendopoli.

« In cambio, certo. Quei ragazzi parlavano di una città, o non so che. Gli elfi cercano qualcosa del genere, un posto sicuro. Non hanno granché d'oro appresso, ma hanno altre cose. »
« Rick »

Si presentò, arguendo il mio titubare di poco prima, indicandomi poi uno dei tanti servitori intenti a distribuire vino sulle tavolate imbandite. Con un cenno della testa lo invitai a seguirmi. Jeanne doveva essersi messa di impegno se la voce in merito al nostro operato si era sparsa così rapidamente, il che non poteva che riempirmi di gioia, ma dovevo essere cauta nel muovermi, almeno sino a quando non fossi riuscita a ottenere maggiore visibilità nella scena politica. Cercare di aiutare quella povera gente senza prima averne il potere sarebbe stato un vero e proprio disastro diplomatico le cui uniche vittime, mio malgrado, sarebbero state le stesse persone che cercavo di aiutare. Una lunga sorsata di vino rosso, forte, mi rinfrancò lo spirito. Non ero così abituata a bere, invero, ma l'essere di nobili natali aveva i suoi privilegi, quanto meno a livello di tolleranza alcolica, dopo infiniti banchetti.

« Sì, è vero... vorrei fondare una colonia. » il tono di voce basso, non era necessario che lo sapessero più persone del dovuto. « Per ora sto aiutando i profughi di Basiledra a Terra Grigia, ma è una posizione momentanea. Sto lavorando per ottenere i finanziamenti in merito, ma sarà una cosa lunga e dispendiosa... tuttavia sono certa di riuscire a far sì che i vostri elfi trovino un porto sicuro dove restare. » umettai le labbra con altro vino, stavolta dedicandogli solo una piccola sorsata. « Il Dortan è in tumulto, c'è aria di cambiamento... e a pagarne il prezzo, di tutto questo... » dissi, alludendo con un piccolo cenno del capo alla sontuosità dei festeggiamenti. « ...sarà la gente comune. »

« Posso chiedere una cosa, comunque? Perché volete tornare a lottare, se siete già in un territorio lontano dalle grinfie dei demoni? »



Ringrazio Lill' per aver coordinato i dialoghi. Ho cambiato il parlato di Azzurra in rosso scuro per una migliore comprensione del testo.
 
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view post Posted on 5/8/2015, 09:05

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Quartiere Popolare ~ Porto

Era quasi il tramonto, il sole calava dolcemente sulle acque di un verde-azzurrino così intenso da fare male al cuore. Era uno spettacolo di rara bellezza. Il disco solare sembrava oro fuso e mentre si immergeva tra i vapori del lago creando una cortina di nebbia che rifulgeva di barbagli dorati.
Besedin Hololaur si rammaricò di dover interrompere quella scena di pace e bellezza, in fondo era un uomo che apprezzava l’arte e la natura sapeva essere un’artista impareggiabile. Pensò ai molti tramonti che aveva avuto la fortuna di osservare durante i suoi viaggi, alle innumerevoli albe che aveva contemplato in silenzio sorseggiando – come sempre faceva al mattino – un thè leggero aromatizzato con buccia d’arancia e cannella. Poi i suoi pensieri inevitabilmente divagarono … Ricordò altri tramonti ed altre aurore. Il rumore delle spade in una mattina di inverno, il gelo che penetrava fin nel midollo, le braccia che dolevano e centinaia di cadaveri intorno a lui … C’era poi quel tremendo tramonto sul mare orientale di cui ricordava soprattutto l’odore della polvere da sparo. Era stata una lunga, sanguinosa battaglia contro la marina di qualche Lord o forse era stato uno dei tentativi d’arrembaggio da parte dei pirati che la sua flotta aveva sempre sventato. Non ricordava, l’unica certezza sul quel giorno era quel puzzo penetrante, pericoloso eppure a suo modo piacevole e il colore del cielo … Rosso, come se un dio folle avesse usato il sangue versato quel giorno per dipingere la volta celeste.
Quei pensieri gli diedero il voltastomaco o forse a turbargli la digestione era la quantità abnorme di cibo ingurgitato ad ogni modo non aveva più voglia di riflettere. Con lentezza si avvicinò alla bocca del cannone appositamente caricato, chiese al marinaio che gli stava di fianco di passargli il lungo fiammifero, lo strusciò sulle ruvide assi di babordo e diede fuoco alla miccia.
Osservò con occhi socchiusi i fuochi artificiali sfrecciare verso il tenue indaco striato di blu del cielo.
Vide le forme vivide ed ardenti dei giochi pirotecnici dipingersi in quella tavolozza di colori freddi e preannunciare lo splendore delle prime stelle. Poi alla luce seguì il boato.
Era il segnale.
«Buona fortuna amico mio …» – sussurrò, poi senza badare alle grida di giubilo della folla si rintanò nella sua cabina. Non era davvero dell’umore giusto per festeggiare.



Quartiere Popolare ~ Fogne

Il botto fece tremare il soffitto putrido del tunnel in cui strisciavano da ore. Melma e chissà quale altre schifezze piovvero addosso ai banditi insieme ad un numero imprecisato di detriti e polvere.
«Porca puttana se era grosso!» – esclamò Ricardo sobbalzando. La sua spalla, il feroce, gigantesco mezz’orco non sembrò gradire. Ululò a lungo e fu necessario schiaffeggiarlo per riportarlo ad uno stato simile alla normalità. Era strano vedere quello scricciolo di uomo prendere a ceffoni quel titano in grado di frantumare il cranio di un uomo come un guscio d’uovo. Ma di cose strane nelle celle del profondo Sud se ne vedevano fin troppe. Ricardo, poi, aveva una fama degna di entrare negli annali dei peggiori criminali mai vissuti. Era una persona abietta, violenta, ingiustificatamente crudele. Era però anche dannatamente bravo con il coltello e spesso la sua mente riusciva ad essere più affilata della sua lama.
Dicevano che all’inizio facesse il cerusico presso una nave mercantile. Era sadico e crudele ma almeno la sua perversa gioia nell’infliggere dolore era comunque utile a qualcuno. Poi un giorno aveva incontrato una donna, non una sgualdrina qualunque ma una vera signora. Era un erborista e viaggiava in mare con il padre che faceva di mestiere il venditore di erbe medicamentose. Si incontrarono sul ponte del mercantile dove Ricardo lavorava. Lei e suo padre erano ospiti del capitano, amici d’infanzia.
Jhoanna era riuscita ad operare il miracolo! Con la scusa di insegnarli ad utilizzare le erbe lo stava poco a poco educando ad amare il mestiere non perché poteva infliggere impunemente dolore ma perché quel tipo di lavoro sapeva dare un altro tipo di soddisfazione: quello derivante dal salvare vite. Era come essere un dio, gli ripeteva, un dio che tutti amano e vogliono in casa loro. Ricardo era riuscito a cambiare la sua natura ma poi quel viaggio era finito e lei se n’era andata. Per un po’ le cose andavano bene lo stesso.
I due si scrivevano, quando tornava da qualche traversata lui l’andava a trovare e ci mancò poco che il loro legame non fosse benedetto da un vincolo matrimoniale. Durante il quarto o il quinto viaggio dopo il loro innamoramento Jhoanna semplicemente scomparve. Ricardò scoprì solo più tardi che il Capitano della nave e il padre della sua amata non erano amici, affatto. Il povero diavolo era strozzinato dal mercante ed era arrivato ad avere così tanti debiti da dovergli vendere la casa. Così Jhoanna e il suo vecchio avevano iniziato a peregrinare senza meta, fermandosi nei villaggi per curare dita spezzate, ferite incancrenite, morsi di cane, sterilità e mal di testa. In uno di quei viaggi la guaritrice si era beccata una coltellata da parte di un bandito, si era accorta tardi dell’infezione presa com’era a badare al padre moribondo e così era finita in una fossa. Ricardo, allora, aveva mandato al diavolo tutti i buoni propositi, aveva sventrato il suo capitano come un merluzzo e si era dato alla pirateria … Così per vendetta verso il Mondo. Da allora la sua era stata una lunga discesa all’inferno, peccato dopo peccato ed ora si ritrovava in venti centimetri di merda a guidare una banda di sbandati ad assassinare un Re.
«Ecco, ci siamo!» – annunciò sollevando la botola che conduceva in alto. «Ricordatevi il piano: circondiamo la testa coronata, diciamo quelle quattro pagliacciate sull’esecuzione nel nome della democrazia e poi lo ammazziamo come un maiale alla festa del raccolto!»


Sala del Ballo ~ Un buon Re sa come rompere il ghiaccio..



Il segnale era stato dato e mentre il cielo si riempiva dei colori dei fuochi d’artificio l’orchestra iniziò a suonare. Sua Altezza ancora non si vedeva ma i nobili presenti non si lasciarono sfuggire l’occasione per mettersi in mostra e per poco non ci fu una scazzottata su chi dovesse aprire le danze in luogo del Re.
Ad un tratto l’orchestra si bloccò, proprio nel bel mezzo di un salterello indiavolato che aveva reso assai impudiche un gruppo di giovani dame attratte dal fascino di una banda di altrettanto giovani cavalieri.
L’imbarazzo fu notevole quando una coppia fu trovata a rimestare in indumenti in cui mai le mani del sesso opposto avrebbero dovuto fare capolino … Si udirono un tossicchiare irritato e tre colpi di bastone e tutti compresero che era giunto il momento di tacere.
«Sua Altezza Erein, per grazia degli dei Sovrano di Deyrnas, Lord di Roccatempesta, Onorato membro del Consiglio dei Pari e Cavaliere dei Boschi. » – la stridula voce dell’araldo provocò un terremoto di mormorii, finalmente il padrone di casa si palesava e tutti facevano scommesse su quale esotico abbigliamento avrebbe sfoggiato. Già, i nobili ancora ritenevano Erein qualcosa di assai simile ad un fenomeno da baraccone, una curiosa novità giunta dai barbarici territori degli elfi.
Ed il Re apparve - deludendo gli aspettative di tanti – vestito nel più canonico dei modi. Un farsetto di seta nero sobriamente decorato con fili d’argento gli copriva il busto, pantaloni del medesimo colore retti da una cinta anch’essa argentata. Alla cintola una spada inguainata in un astuccio di morbido cuoio privo di decorazioni. La camicia che faceva capolino da sotto il corpetto era di un candore niveo su cui i bottoni doro risaltavano come monete aure colpite dal sole su di un manto innevato. Al collo un filo d’argento a cui era legata un’unica pietra rossa che pareva animata di una sua propria luce. Un mantello rosso sanguigno completava la mise. La corona era l’unico particolare eccentrico. Sembrava un groviglio assai aggraziato di rami in puro oro bianco che abbracciavano un cerchio d’oro giallo. Qui e lì spuntavano foglie di un rosso intenso, finemente smaltate e lucenti.
Tutto sommato, orecchie e carnagione a parte, assomigliava ad un onesto Lord nel Nord un po’ troppo ricco e con i capelli decisamente troppo lunghi ma niente di assolutamente inaccettabile. Tutti ricordavano la sua entrata in scena al torneo di Ardeal e quasi sembrava che dinnanzi avessero un’altra persona.
Forse, la frequentazione di un ambiente ricercato, sobrio ed elitario come quello del Consiglio doveva avergli ispirato maggiore buongusto.
«Miei onorati ospiti …» – esordì con la sua voce morbida e calda, così assurdamente piacevole considerando la bizzarria del suo padrone - « … sono spiacente di aver ritardato; purtroppo alcuni affari del Regno mi hanno totalmente assorbito. Spero che ora nulla possa interromp…»
Un urlo belluino fece proprio ciò che il sovrano si augurava che non accadesse; preannunciati da un disgusto, mefitico, lezzo di feci e chissà quale altra lordura una banda di malviventi fece il suo caotico ingresso da alcune porte laterali poste dietro la piattaforma da cui Erein parlava.
Urla, attacchi d’isterismo, rumore di spade sguainate fecero seguito accompagnate da un fuggi-fuggi generale di dame e uomini disarmati.
«Mantenete la calma …» – annunciò una voce con il tipico accento del Sud estremo del continente. « ... e non vi sarà torto un capello. Eccezion fatta per voi, Altezza!»
L’uomo si esibì in un inchino profondo mentre i suoi sgherri sghignazzavano laidamente.
L’espressione sul volto del monarca era indecifrabile. In molti giurarono di vederlo ghignare, un sorrisetto gelido – dicevano – era apparso sulle sue labbra.
Mentre il capobanda si esibiva nella sua pagliacciata un drappello di guardie era apparso, pronto ad attaccare. Erein alzò la mano e con voce quieta chiese -«Cosa volete?»
Uno dei banditi, un gigantesco mezz’orco che sembrava però un orco completo, urlò di rabbia spruzzando di saliva fetida chiunque gli fosse vicino.
«Calmo amico mio, calmo … Dobbiamo prima enunciare la sentenza ricordi?»
Erein non aggiunse una parola, si limitò solo ad ascoltare. Il bandito gli puntò l’indice contro.
«Re Erein di Deyrnas io ti condanno a morte nel nome di …» – si grattò il mento in cerca di una risposta - «Aspetta, aspetta. Re Erein di Deyrnas io ti condanno a morte nel nome della … Ah al diavolo crepa BASTARDO! »
E così dicendo si lanciò, pugnale alla mano, pronto a sviscerare il Re come si fa con il pescato fresco.
Si udì un sibilo leggero, quasi il rumore che un dito produce sfiorando il bordo di un bicchiere di cristallo.
Con grazia il braccio di Erein si mosse in un affondo. La lama trapassò il lurido corpetto di cuoio bollito, strappò il cotone della tunica sottostante, morse la carne, lacerò i muscoli, intaccò le ossa.
Mentre gli occhi del bandito guardavano increduli cotanta dimostrazione di maestria spadaccina una sostanza cristallina andava diffondendosi come un morbo dalla ferita. In un batter d’occhio il corpo, già cadavere, si congelò … Una torsione lieve del polso fu sufficiente a far esplodere quella carcassa che si era tempestivamente tramutata in una statua di ghiaccio.
Era calato il silenzio e una sorta di gelo che fece battere i denti a più di uno spettatore. Uno dei banditi tentò di retrocedere ma scivolò sul pavimento che si era inspiegabilmente congelato.
Il mezz’orco ululò, poi si lanciò inferocito su Erein ma prima ancora che potesse anche solo sfiorarlo la lama disegnò una parabola e la testa della creatura rotolò provocando conati di vomito in una delle Lady presenti. A quel punto persino i più temerari dei banditi erano annichiliti dal terrore. Si guardarono intorno alla ricerca di una via di fuga. Uno di loro si avventò su un grasso nobiluomo di mezza età puntandogli il coltello alla gola. La folla si divise lasciandogli lo spazio necessario a scappare e quello cominciò a camminare all’indietro blaterando minacce.
Erein sorrise ancora. Con un movimento fluido piantò la spada in terra.
Rapide come lo scattare della testa di un serpente, spire di ghiaccio si mossero per la sala. Il primo ad essere avvinghiato fu il sequestratore. La mano che impugnava il pugnale divenne bluastra costringendolo a mollare la presa. Poi venne il turno delle braccia e infine il resto del corpo.
Uno per uno, senza eccezioni, gli aggressori furono tramutati in statue di ghiaccio. Con estrema lentezza Erein ripose la spada.

«Non credo che la mia spada necessiti di presentazioni …» – affermò - « … ciò che prima serviva i nemici dell’ordine e della giustizia ora si piega alla volontà del legittimo Re di questi luoghi. Volevo annunciarvelo solo a ballo concluso ma credo che ormai la festa sia irrimediabilmente rovinata. Prego, dunque, tutti i Lord e le Lady del Nord di seguirmi. Gli altri si ristorino pure dallo spavento bevendo e mangiando alla mia salute !»




Sala delle Udienze Private ~ L'importanza di chiamarsi...


«Chi diavolo si crede di essere? » – sbuffò Lord Adso Frostbite, signore di Torre del Lago - «Ci ha preso per i suoi lacchè? »
Una donna che lo seguiva dappresso sorrise sardonica. Era una Lady di mezza età, magra come un chiodo, avvolta in abiti così sobri che ad una prima occhiata potevano apparire quasi umili. I capelli grigi acconciati in una complessa architettura di trecce adornate da perle di fiume erano l’unico elemento eccentrico che si concedeva. Severa nell’aspetto era dotata di una lingua sagace, tagliente che in passato aveva fatto sanguinare più di un uomo.
«Chi si crede d’essere dici? Azzardo un ipotesi: l’uomo che impugna la Spada che ha messo in ginocchio Basiledra. » – la mano dell’attempata signora fece partire uno scappellotto diretto alla nuca del suo pari - «Quindi a meno che tu non voglia finire come quella feccia di poco fa chiudi il becco e fai come ti dice! »
Lord Adso a quel punto arrossì così tanto da lasciar pensare che nemmeno la prodigiosa e tremenda magia della Spada senza un Re avrebbe potuto congelare le sue carni rese torride dalla vergogna e dall’umiliazione. Ben consapevole che una risposta avrebbe semplicemente fornito il pretesto per un'altra imbarazzante reprimenda, fece come gli era stato ordinato e tacque. In ogni caso aveva espresso un sentimento comune a molti che altri non avevano avuto voglia di tradurre in parole.
Erein li precedeva come mamma papera fa con i suoi pulcini. Giunto alla porta della Sala delle Udienze la aprì spostandosi molto cavallerescamente di lato per far entrare gli ospiti. Anche quel gesto apparve sospetto, quasi arrogante. Quando furono tutti all’interno, comodamente seduti sugli scanni che circondavano un enorme tavolo di quercia il Re Stregone si schiarì la voce.
«Non voglio sprecare il vostro tempo, ne il mio. Sarò breve … » – disse mentre il mormorio tra i suoi invitati cresceva di volume - « … oggi avete visto cosa siamo costretti quotidianamente a subire. Banditi, assassini, ribelli affollano le nostre terre come le mosche un cadavere. Ci sforziamo di mantenere l’ordine, concediamo ogni attimo del nostro tempo alla nostra gente per tenerla al sicuro e poi …» – fece un ampio gesto con la mano ad indicare ciò che era appena accaduto.
«Avrei voluto convincervi indicandovi quali vantaggi la mia proposta avrebbe prodotto per tutti … Ricchezza, sicurezza, emancipazione dalla prepotente arroganza dei nobili del Sud… Purtroppo al momento è la paura il mio miglior argomento. »
La vecchia Lady sapeva bene dove il suo ospite stava andando a parare. Aveva visto molti uomini nel corso dei suoi anni fremere come cagne in calore dinnanzi la prospettiva di un ruolo di prestigio e sapeva riconoscere i segni di quella che chiamava “ peste dell’ambizione”. Quel ridicolo mezz’elfo imbastardito da sangue draconico non aveva fatto altro che sgomitare e calpestare avversari nel tentativo di posare il suo culo ossuto sul gradino superiore della scala gerarchica. Aveva fatto bene il suo lavoro considerando dov’era arrivato ma evidentemente essere uno tra tanti non gli bastava. Che aspirasse al posto di Aedh Lancaster?
«E quindi? Devi scusarmi, caro, ma non comprendo il punto … » – afferrò una coppa con le sue mani lunghe e pallide, con veemenza la riempì fino all’orlo di vino e iniziò a suggerlo a piccoli sorsi - « …viviamo da queste parti fin dalla nascita. Sappiamo perfettamente quale fetida, gelida cloaca sia il Nord. Questa è una terra in cui la ribellione è una tradizione di famiglia; i nostri rispettabili colleghi del Sud ci inviano i loro criminali nella speranza che assiderino al primo inverno passato qui … Tutti gli aspiranti Re, Liberatori, Unificatori e compagnia bella hanno fatto promesse… Al momento nessuno di noi ha visto nemmeno l’ombra di un miglioramento.» – incurvò le labbra mostrando il più affilato dei sorrisi - «Quindi, perdona la brutalità, ma chi diavolo credi di essere per proporti come… Qualunque cosa tu voglia diventare? »
Lord Adso annuì con vigore seguito da molti altri. Erein arrossì violentemente, non si aspettava di essere sbugiardato. Non così in fretta almeno.
«Io sono il rampollo di una dinastia di Re che hanno governato il Nord in sapienza e …»
La vecchia quasi non si strozzò con il vino per le risate - «Ah è questo che vuoi! Diventare Re! Non ti basta questa tua bella città e vuoi poggiare il sedere su un trono più grande!» – alzò un indice e lo sventolò in faccia ad Erein di Deyrnas - «Lascia che ti dica un paio di cose prima di formulare la tua richiesta; primo: affermi di provenire da una casa regnante, mi chiedo io, quale? Non ricordo di averti mai sentito pronunciare il nome della tua famiglia .. »
Ormai il colorito del Re Stregone era talmente simile a quello del suo mantello da suggerire la possibilità che un colpo apoplettico stesse per coglierlo.
«Questo perché una maledizione … »
«Si certo, certo … » – fece la vecchia - « …secondo: se la tua famiglia ha regnato in saggezza come dici come mai io nemmeno me la ricordo?»
Doveva fermarla, bloccarla in ogni modo possibile o avrebbe distrutto tutta la messinscena accuratamente ideata per ispirare timore e reverenza. Tutti ormai ridevano e parlottavano, Erein non aveva sacrificato la vita di quei banditi per farsi prendere in giro da una vecchia megera.
Senza preavviso estrasse la famosa lama dei Lorch e la gettò sul tavolo dinnanzi a tutti facendo calare il silenzio.
«BASTA COSI’ … » – urlò mentre su molti tornava a dipingersi il volto del terrore- «RICONOSCI QUESTA SPADA MIA LADY? E’ LA STESSA CHE HA MESSO IN GINOCCHIO I QUATTRO REGNI, CHE HA FATTO CADERE DUE VOLTE BASILEDRA! NESSUNO, NESSUNO DICO, ECCETTO UN LORCH L’HA IMPUGNATA PRIMA DI ME … NON E’ QUESTO UN SEGNO SUFFICIENTE? »
La donna era intimorita, certo, ma era anche testarda. Aveva ormai raggiunto un età in cui si diventa indolenti rispetto alle minacce data la brevità dei giorni rimasti a disposizione.
«Sufficiente si ma a diventare un altro ribelle armato di buone parole e pessimi propositi!» – la donna vuotò la coppa - «Prima di minacciare qualcuno cerca di capirne le intenzioni … Li vedi? Guardali bene questa massa di caproni! Ti ritengono una stramberia, una buffonata di madre natura. Guardali come ti guardano con arroganza. Se ne fottono della tua spada, delle tue promesse, delle tue minacce! Sono abituati a gente che gli punta un coltello alla gola e non ne hanno più timore perché – come vedi- nessuno è ancora morto sgozzato. Tutti, persino il Leviatano , alla fine sono scesi a patti con noi. Perché? Perché questo è Nord figliolo! Una terra dura che respinge ciò che non riconosce, una madre crudele che uccide quei figli che non vede come suoi. Vuoi la corona? Parliamone! Ma prima dimostra di essere uno di noi. Dimostra la validità della tua pretesa. Fallo e forse decideremo di seguirti ..» – finita la predica si alzò - « … fallo o sarai solo uno dei tanti stranieri che hanno tentato e fallito miseramente. Ora vado, il vino mi ha dato alla testa e ho bisogno di mangiare.»
Era finita. La Spada non era bastata. Il punto era sempre lo stesso. Il Nord non ricordava e non lo avrebbe fatto fintanto che la maledizione non fosse stata spezzata. Dovevano ricordare ed esisteva un solo modo perché ciò avvenisse. Ma questo voleva dire sacrificare altre vite … Un prezzo onesto, dopotutto, riflette Erein.

CITAZIONE

Note:
Questo è il mio ultimo post in questa scena free. Mi permetto di fare un paio di valutazioni. Il Gran Ballo di Deyrnas era nato con tutt'altro scopo, chi l'ha seguito dai primi post lo sa bene. La mia idea era quella di creare una scena in cui gli utenti potessero interagire tra loro sfruttandola al contempo per presentare il mio personaggio. La giocata, per vari motivi, ha subito uno stop e si è deciso - tra l'altro- di ambientarla dopo la maggior parte degli eventi di AI fin'ora giocati.
Perso il suo originario scopo ho voluto riconvertire la finalità della scena così da non sprecare il tempo che io ed altri vi avevano dedicato. Come potete leggere voi stessi Il Gran Ballo di Deyrnas diventa un altro dei molti tentativi del mio PG di scalare la piramide sociale, tentativo fallito ancora una volta. Il finale della scena non è la sterile narrazione di un altro insuccesso del mio PG ma lo spunto da cui partirò per la quest che aprirò presto. Spero di non avervi delusi-annoiati.



 
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16 replies since 11/3/2015, 19:34   483 views
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