Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Stўgis - e la terra tremò, dall'Abisso

« Older   Newer »
  Share  
The Grim
view post Posted on 14/3/2015, 01:10






Toc.
Toc.
Toc.

La mazza batteva con delicatezza sul legno, senza l'impeto del fabbro che tempra l'acciaio, ma con colpetti costanti come a scandire il ritmo di una marcia. Dopotutto non c'era niente da sfasciare, nulla da piegare, nessuno da vincere, si trattava invece di creare o per meglio dire di riparare un guasto. Erano infatti colpi d'assestamento, per costringere i raggi ad incastrarsi nel cerchione della ruota, ad assicurarsi che ogni pezzo fosse al suo posto e non cercasse di fuggire nuovamente nei giorni futuri; un'impresa titanica e impossibile. Le strade tortuose e piene di sassi, buche ed imprevisti che quel carro avrebbe dovuto affrontare rendevano certo un guasto, compito dell'artigiano era quello di ritardare la cosa il più a lungo possibile, forse per una stagione, cinque cicli lunari nella più rosea delle aspettative. Quello era il tocco finale di un lavoro che avrebbe richiesto un giorno, e lui era stato costretto a terminare in una sera, eppure l'aveva fatto senza fastidio e non per via di chi gli aveva fatto la richiesta, ma perché sistemare guai gli dava sempre un'enorme soddisfazione, quasi la certezza di uno scopo. Alzò la testa con un sorriso sottile, gli occhi allungati che sembravano due lunghe fessurine fatte soltanto di palpebre, senza iride o pupille; molti si domandavano come potesse vedere con occhi tanto chiusi. L'altra, dal canto suo, ne aveva un paio molto grandi e tondi, di un verde costellato di punte dorate, che un po' stonavano con le altre parti del viso, tutte spigolose e dritte come il più dritto degli elfi antichi; a segnalare un retaggio che stava scomparendo o come dicevano in molti “ si stava addolcendo “. Fephira attendeva tanto dritta e tesa da essersi portata in punta di piedi, le unghia che torturavano le già troppo disturbate mani ferite, ogni suo muscolo tradiva la sua ansia che provava a nascondere con un sorrisetto tremulo che ne esaltava la preoccupazione. Vedendo il sorriso di Jiapp si sciolse un poco, e si permise addirittura un sospiro di sollievo.

Com'è? Tutto risolto?

Lo vedremo domattina, quando la cera d'ape avrà fatto presa, con un po' di fortuna non ci saranno problemi. Il cerchione aveva un'anima dura e ha resistito al colpo, forse i raggi erano già tarlati o fradici, li ho dovuti sostituire con un paio che tenevo da parte altrimenti non avrei potuto terminare in così poco tempo. Devo chiedere di farmene intagliare un altro paio, non ho tempo purtroppo per farlo io stesso.

L'elfa portò le lunghe dita alla bocca, un gesto melodrammatico di stupore che sembrava stranamente calcolato; parve arrossire ma alla fioca luce della torcia Jiapp non poteva esserne certo.

Scusa, tu dovevi rammendare il tuo tepet, e io ti ho disturbato coi miei problemi.
Colpa mia, non avrei dovuto perdere tempo a disincagliare quell'armadietto che avevamo trovato; gli altri ci sarebbero riusciti comunque.
Ci fu un attimo di silenzio, poi lei aggiunse con tono un po' sprezzante, come se qualcuno le avesse fatto un torto.
Gli altri, gli altri.... gli altri non sanno far nulla è questa la verità. Stanno là ad andar di pattuglia, a cacciare vettovaglie, e fare l'avanguardia...
Tutte cose importantissime, sai quanti pericoli incomberebbero su di noi altrimenti?
Si, ma poi loro tornano, fanno i gradassi, anche con te che poi stai dietro e risolvi ogni cosa, questa carovana andrebbe in pezzi senza che tu la rammendassi ogni giorno!

Le ultime parole le stava quasi urlando, con rabbia. Si zittì di colpo, forse temendo che qualcuno l'avesse sentita. Il silenzio pesava su di loro così lui aprì bocca per dire qualche parola, senza nemmeno sapere bene cosa.

Io...
S'interruppe vedendo che lei stava per parlare, ma anche perché avvertiva una vibrazione sconquassare il terreno, e risalirgli sul corpo.
Senti Jiapp, ti va di stare da me questa sera?
L'elfo avrebbe voluto dire di si, non aveva nessun motivo per non farlo. Era una sua amica, forse qualcosa di più, e quella sarebbe stata la volta buona per far sbocciare l'amore; ma non riuscì ad aprir bocca. Non fu l'emozione a fermarlo, ma un tremito di natura completamente diversa: era come se il terra avesse iniziato a muoversi, o una montagna stesse franando attorno a loro. L'unica cosa positiva della situazione fu che per la prima volta l'elfa riuscì a vedere gli occhi dell'artigiano completamente spalancato, tuttavia non ebbe poi tanto tempo per realizzare la cosa. Lui prese la sua mano e l'iniziò a tirar via, correndo come un animale impaurito, spaventato a morte, fino ai bordi dal campo. Non avevano alcuna difesa o fortificazione, solo i carri disposti a cerchio come unico baluardo, e quelli scossi dai tremiti non apparivano come un solido bastione. Alcune sentinelle avevano gettato le armi a terra ed avevano iniziato una fuga, altre le bloccavano, alcuni stavano semplicemente immobili, piangenti o supplicanti,
il resto dei Rahm ad Aid li imitava.

Una mandria impazzita di bestie mai viste si dirigeva verso di loro.
Il loro berciare confuso era chiassoso, dissonante, fastidioso fino a far sanguinare le orecchie,
la vista era altrettante disturbante: un carosello di umanoidi e mostri parodia del regno animale,
particolari che ricordavano creature note, e altrettanti che li differenziavano.

Alle spalle dell'orda stava una creatura immensa, alta più di sei metri, dalla cute di un grigio scuro che pareva più spessa e pesante di una corazza.
Il mostro aveva sei zampe che parevano sequoie gigante e finivano in zoccoli d'avorio lucido, dalla testa si levava una strana protuberanza, lunga più di qualche metro come il naso di un tapiro, zanne ingiallite e ricolme di spuntoni partivano da una bocca famelica tanto grande da poter inghiottire una capra in un sol boccone, e grosse orecchie. Gli occhi erano pozzi rossi di cattiveria ferina, ma senza rabbia o ira; forse soltanto odio. Uno stuolo di uccelli senza pelle stava appollaiato sul suo dorso e svolazzava da una parte all'altra di quel leviatano. L'essere s'impennò su due zampe, e la mandria si fece da parte schizzando chi da un lato e chi dall'altro, poi il pachiderma schiantò con la forza di un gigante le quattro gambe sollevate contro il suolo. Un nuovo boato riempì l'aria, il suolo soccombette sotto il suo peso, una voragine s'aprì squassandolo da una parte all'altra e inghiottendo metà dell'accampamento, carri, bestie e sentinelle comprese. I pochi che ancora impugnavano un arco, una lama o una lancia la lasciarono cadere, il cuore colmo di disperazione. Quando l'avanguardia dei demoni arrivò dagli elfi, nessuno oppose resistenza, dopotutto non si può combattere una tempesta o un vulcano, solo soccombere o fuggire. E come una calamità naturale quell'orda non ebbe pietà, non ascoltò lacrima né supplica, uccise a caso e risparmio senza motivo apparente, che ci si lamentasse o meno. Quello non fu il primo dei convogli dei Rahm ad aid a cadere sotto le zanne di Khurradādhbih ibn Farrokhzād Malunfhan e non sarebbe stato l'ultimo.
Tutto il Talamlith avrebbe tremato,
fino alla sottomissione.



 
Top
0 replies since 14/3/2015, 01:10   83 views
  Share