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La cour des miracles ~ Ferite da risanare, [Contest mensile Marzo 2015]

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Lenny.
view post Posted on 24/3/2015, 10:47




La cour des miracles~
Ferite da risanare


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Vagun si svegliò di soprassalto, il corpo ridotto a un pantano di sudore freddo da un sonno agitato. Pulsava di una paura ancestrale, nella mente ancora il ricordo fresco delle guardie che lo pestavano, e lui che rischiava di crepare affogato nel suo stesso sangue. Liberò il petto con un rantolo sordo, rauco. Sbarrò gli occhi, inerme e febbricitante, per poi crollare di nuovo nell'agitato sonno dei moribondi.
Lampi gialli squarciavano la penombra del primo mattino.

__ _ __


La testa sprofondava su una superficie morbida, Doveva essere legato, o forse no, riusciva a muovere una mano, le gambe non rispondevano, forse un piede, era come se gli arti pesassero quintali. Scioglietemi. Le parole restarono in testa, dalla bocca uscì invece saliva rossastra e qualcosa di solido: un dente spezzato. Aprì un occhio e qualcosa colò sullo zigomo. Un tampone che gli puliva la faccia.

« Credevo che non ce l'avresti fatta. Hai rischiato grosso, ma la tua collezione di cicatrici dice che sei un buon incassatore »

Una voce placida, stranamente familiare, con l'accento di Basiledra. E un'ombra sfocata contro una grande finestra.

« Ommerda. »

Sentiva di avere la bocca impastata. La voce gli usciva cavernosa e stupida. Ebbe un conato di nausea, ma lo trattenne. Riuscì a tirarsi su a sedere. La testa cadeva sul petto, la risollevò a fatica. L'ombra si avvicinò.

« Già. »

« Come ci sono arrivato qui? »

« A braccia. Ti hanno portato questa mattina. »

« Dove..? »

« Al sicuro, dove le guardie non verranno mai a cercarti. »

« E perché? »

« Perché qui ci vive la gente con i soldi. »

Lo sconosciuto gli porse una caraffa d'acqua e spinse un catino contro i suoi piedi. Vagun la rovesciò sulla testa, ingurgitò, sputò rosso. La lingua era gonfia e tagliata in piú punti. Riusciva quasi a vedere l'altro. Era magro, sui quarant'anni, tempie grigie e occhi svegli. Gli allungò uno straccio con cui il goblin si asciugò la faccia e si scrostò sangue rappreso.

« È casa tua questa? »

« Mia e di chiunque si trovi nei guai, gentilmente messa a disposizione dal duca van Hove. Sono Karolis Remewick, ma i fratelli mi chiamano Remi. Tu invece? »

Quel nome. Quel viso. Quelle movenze.
La mente di Vagun viaggiò lontano, tornò ai primi giorni dal suo arrivo nella capitale, si concentrò su un mattino passato nella piazza del mercato, mescolato in una folla di nata tra la sporcizia e le ruote dei carri, facce ruvide e mani forti, tutti ad ascoltare il forbito discorso dell'eroe degli umili: Karolis Remi, la Volpe Nera. In pubblico, in presenza delle guardie, indossava una maschera scura per coprirsi la metà superiore del volto. Ma in quel momento la Volpe era dinanzi a lui, tra i suoi fratelli, e non aveva timore di mostrare ciò che in pubblico nascondeva dietro la maschera. Lineamenti sottili, naso a punta, occhi come scaglie di silice. Un viso nonostante l'età suadente e sincero.

« Ci sono finito per caso in mezzo a quel bordello e puoi chiamarmi come ti pare. »

« Chi non ha un nome deve averne avuti almeno cento ...e una storia che vale la pena di essere ascoltata. »

Gli occhi della Volpe restarono fermi su di lui. Vagun restò immobile, fulminato, troppo spossato per raccogliere le idee e capire cosa dire o fare. Muto. Cercando di leggere una minaccia nel tono della voce, ma c'era solo ironia.. Poteva fidarsi di lui? Di un uomo? Dopo il tradimento di Ozkan, di Leek, poteva ancora essere così stupido da confidarsi con un essere umano?
Se la città mi ha insegnato qualcosa, pensò, è che tutto ha un prezzo: gioielli, segreti, reputazioni, vite...E la fiducia?
Se devi chiederla, non puoi permettertela.

« La storia è lunga e la memoria a volte viene meno. »

« Non ho fretta e dai travagli si esce rafforzati. »

Stasi.
Un silenzio duro come il granito. Assordante come una battaglia.
Remi sembrava essere improvvisamente tornato serio.Vagun abbassò lo sguardo, arrendendosi all'evidenza di non poter rifiutare; non nella sua dimora, non dopo che gli era stata salvata la vita. Rimuginò in silenzio una manciata di secondi. Poi fu sorpreso di scoprire che questa volta le parole c'erano. Cominciò a raccontare in fiotti sommessi che pian piano si dilatarono in una narrazione uniforme, lievemente atona. Si ritrovò stranamente emozionato. Parlò fino alle ore piccole della notte, e Remi non lo interruppe mai.
Raccontò degli anni passati a Castelgretto. Non aveva un ricordo nitido di quel periodo, non era possibile. Faceva parte di una delle più terribili bande di fuorilegge della città, una brigata cenciosa di reduci, quasi tutti fuoriusciti dai bassifondi o dalle campagne, fuorilegge che si incolonnavano ogni notte dietro qualche riccastro per derubarlo, rapirgli le figlie, stuprargli la moglie, assassinarlo. Disperati cui non restava che votarsi alla disonestà del mondo e giurare fedeltà alla sua deflagrazione. Avevano visto lo spauracchio del Cavaliere Pallido galoppare sul margine delle strade, e loro dietro, sull'orlo di quell'abisso, a tracciare il confine tra la vita e la morte. Sarebbero finiti così, con le daghe in mano e le pezze al culo, ubriachi impavidi e grandiosi, pronti a correre ogni rischio finché c'era fiato per combattere i ricchi. Cosí sputavano i brandelli delle loro vite in faccia al potere dei Pari.

E andò avanti così fino al tradimento di mastro Ozkan; il bastardo fece i loro nomi, si mise d'accordo con uno dei Pari, accettò una ricompensa per tendere loro un agguato assieme alla guardia cittadina. Chissà quanto oro aveva intascato per vendersi il culo. Alice fu fortunata, morì subito, quasi senza accorgersene. Matthew e Sheb invece risero in faccia alla tortura e al boia. Lanciarono un ultimo grido di vittoria dal patibolo: Vagun poteva ancora sentirlo nelle notti più cupe.
Descrisse le disavventure passate assieme a Lyk nel Cuore di Marmo, inseguiti dalla Guardia Insonne una notte intera e scampati alla morte per chissà quale favore divino. Dopo il tradimento di Leek e una fuga rocambolesca Vagun era riuscito a nascondersi nella locanda della Grazia Malevola, ma quella stessa notte...ci aveva quasi rimesso la pelle, tanto era pestato a sangue dalle guardie.

« E questo è davvero tutto, gloria e miseria di un goblin finito nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ah, il nome del goblin è Vagun. »

Alla fine del racconto la voce tremava, si sentiva debolissimo. Ascoltò il silenzio. Remi si girò lento sulla soglia, un'occhiata decisa. La sua voce senza volto cullò la spossatezza.

« È una delle storie più grandiose che abbia mai ascoltato. E senza dubbio tu sei la persona che stavo cercando. »

Vagun strinse gli occhi, ma Remi sembrava soltanto una macchia piú scura nella stanza. Era stanco, troppo stanco. Non diede nessuna risposta, solo uno sguardo più eloquente di mille parole. Poi si accasciò come un sacco vuoto, quasi troppo stanco per respirare. Sentì i passi dell'altro allontanarsi dietro la porta, prima di precipitare in un profondo sonno senza sogni.

__ _ __

Il corridoio che lo separava dal letto era lunghissimo, la luce fioca della candela lo illuminava appena, mentre lo percorreva a tentoni. Era stanco. Eppure sentiva che non sarebbe riuscito a prendere sonno. Era una grande casa. Due piani enormi, con stanze che si aprivano su larghi corridoi. Bambini mezzi nudi si rincorrevano su e giú per le scale, alcune donne preparavano da mangiare in ampi calderoni in una cucina piena di ogni bene. Tutti sembravano rilassati, placidi, come se condividessero la medesima felicità. In quella che sembrava essere la sala piú grande si stendeva una lunga tavolata, apparecchiata con stoviglie d'argento: nel camino ardeva un ceppo di faggio.
Provò la stessa sensazione che danno certi sogni un attimo prima di essere interrotti da un brusco risveglio: la consapevolezza di stare percorrendo un sogno e la voglia di sapere cosa ci fosse dietro la prossima porta, di arrivare fino alla fine. Improvvisamente da una delle stanze lo raggiunse la sua voce.

« Ah, ti sei deciso ad alzarti finalmente! »

La Volpe Nera sembrava possedere la straordinaria abilità di apparire dal nulla. Gli fece cenno di seguirlo nella stanza attigua, uno studio con tanto di biblioteca inpolverita accostata alla finestra. Le due poltrone di cuoio dello scrittoio erano comode, e il goblin vi si accascio piano, cercando di eludere le fitte al costato. Una penna d'oca lunghissima spuntava da un calamaio nero sul tavolo. Remi offrì liquore in un piccolo bicchiere di vetro intagliato. Vagun cominciò a bere con fatica: la lingua e il palato gli facevano, ma il liquore era forte, e di prima scelta.

« Lo so cosa ti stai chiedendo. »

« Cosa? »

« Ti chiedi come facciamo a permetterci tutto questo. »

« Immagino sia tutto frutto del duro lavoro dell'Armata dei Sonnambuli. »

Decise di scoprire le carte. Di non fingere più di non sapere chi fosse in realtà Karolis Remi. E cosa fosse la sua creazione, l'Armata dei Sonnambuli. Demoni incarnati che sfidavano il potere dei Pari, dei Corvi, di chiunque possedesse più degli straccioni accalcati agli angoli delle strade, e le strade erano il loro mondo. Lui e la Volpe Nera avevano avuto gli stessi avversari e si erano incontrati solo quel giorno, per caso.

« Non proprio. » Rispose invece Remi, versandosi altro liquore. « Rimarresti stupito da quanti nobili diano fondo ai propri forzieri per mettere in comune il patrimonio. »

« Vuoi dire che esistono dei ricchi che regalano tutto ai poveri? »

La Volpe Nera rise. « Noi non siamo poveri, Vagun. Siamo liberi. Non dobbiamo ucciderci di fatica lavorando per un Pari o mendicare un tozzo di pane nero per sopravvivere. E dal canto loro, alcuni fra quelli che possiedono di più non hanno nulla da temere, poiché hanno scelto di appoggiarci. »

Vagun inarcò un sopracciglio, visibilmente scettico.

« E quindi tu vorresti convincere i Pari che è meglio per il loro spirito dare tutto a voialtri? »

« Non solo. Non intendo liberare soltanto loro dalla schiavitù del denaro e delle merci, che sia chiaro. »

Strinse gli occhi e alzò il bicchiere.

« Io voglio cancellarli tutti dalla faccia di Theras. Arconti, Pari, nobili, Corvi. Tutti quanti. »

Se lo scolò fino all'ultimo goccio.
Mentre Vagun lo fissava senza riuscire a capire se fosse veramente pazzo.

« Puoi scordartelo, te lo dice uno che i ricchi li ha combattuti per tutta la vita. »

« Noi non vogliamo combatterli, non ancora. Sono troppo forti. Ma guardati in giro, osserva i volti del popolo. Quanto ancora potranno tenere le teste chine? Quanto ancora dovranno sopportare prima di raccogliere i propri arnesi da lavoro e spezzare le catene imposte dall'alto? Dovunque c'è gente in grado di capire quello che diciamo: bisogna contattarla, reperire altri soldi per diffondere il nostro messaggio. La libertà non ha prezzo, ma questo mondo vuole imporne uno a ogni cosa. Dobbiamo tenere i piedi per terra. Di giorno qui abbiamo tutto in comune, viviamo sereni e in semplicità, facciamo quel tanto che basta a sopravvivere e circuiamo i ricchi per farci finanziare. Di notte..beh, avrai sentito parlare dell'Armata.
Là fuori impera la guerra, e ci vuole qualcuno in gamba, che sia capace non solo di aiutarci, ma anche di fingere e sussurrare le parole giuste alle giuste orecchie.
»

Vagun alzò le spalle sconsolato.

« Quindi è questo che cerchi? Qualcuno che sappia muoversi in quel mondo di tagliagole? Uno che ne sia uscito vivo e sia così stupido da rischiare ancora? »

La memoria fa male, pensò Vagun. Una sacca piena di cianfrusaglie che rotolano fuori per caso e finiscono col meravigliarti, come se non fossi stato tu a raccoglierle, a trasformarle in oggetti preziosi. Perché ti aiutano a non ripetere le stesse, stupide cazzate che possono costarti la vita.
Passò in rassegna volti, luoghi, occasioni. Gli anni passati a Castelgretto. Matthew, Alice, Sheb, mastro Ozkan. I compagni erano morti tutti. Non era sopravvissuto nessuno. Solo Ozkan, colui che li aveva traditi. Ma anche questo era un modo come un altro per ricacciare giú il presentimento peggiore. Che la Volpe Nera fosse come lui. Così simile da ottenere la sua fiducia. E da spedirlo al massacro al momento giusto. Remi dovette cogliere la sua titubanza, si fece più vicino, la voce ridotta a un sussurro, ma sempre pacata, come se confidasse un antico segreto. Il solito sorriso disarmante, con la sincerità che non doveva aver riservato a nessuno per molto tempo.

« Il senso di tutto questo è contenuto nella storia che mi hai raccontato: ogni giorno, ogni momento, facciamo calcoli, valutazioni, discutiamo, prendiamo decisioni. Ma quando si arriva al dunque, la verità è che se vuoi affrontare dei rischi, l'unica cosa che conta è quella di correre quelli adatti a te. Non credere che per me sia stato facile costruire tutto questo. Ho rischiato piú volte di essere incarcerato e da molti anni conduco una vita clandestina. Mi sono trovato sempre in luoghi diversi da quelli in cui le autorità mi avevano segnalato, e nonostante tutto me la sono sempre cavata: in questo io e te ci somigliamo molto. »

Si guadarono. Gli occhi dell'uomo incastrati in quelli del goblin. Il sogno della Volpe Nera era stato anche il suo.
Forse anche per questo Vagun conosceva già la risposta da dare.

« Ho imparato a riconoscere gli uomini dalle palle che dimostrano di possedere, e non dai nomi che portano. Da oggi la tua causa è anche la mia, Volpe Nera. Ma adesso, anche se faccio parte dell'Armata dei Sonnambuli, concedimi di appisolarmi un'altra mezzoretta. »



Ho deciso di "sfruttare" questo contest mensile per terminare una scena gdr col PoV di Vagun e raccontare il suo ingresso nell'Armata dei Sonnambuli. Il tema del contest viene affrontato in due maniere: rischio come pericolo prettamente "fisico" che ha portato il goblin a finire quasi ammazzato dalle guardie e che potrebbe portarlo a fare una brutta fine entrando a fr parte di una gilda di ladri. Poi, rischio più "astratto" che porta Vagun a chiedersi più volte se può ancora fidarsi di un essere umano, dopo tutto ciò che ha passato. :sisi:

CODICE
<b> <font color=#00002C>La cour des miracles ~</b></font color><i> Ferite da risanare</i>


Oh, pregherei l'admin di quartiere di inserire questo codice nel titolo :v:



Edited by Lenny. - 1/4/2015, 13:21
 
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