A P O R I A
for what is dead may never die
but rises again, harder and stronger
- il viaggiatore -
L'uomo sollevò il capo, non sembrava nemmeno che vedesse davvero ciò che aveva di fronte. Procedeva senza posa, incurante di dove mettesse i piedi -che affondassero nella neve o fra l'erba ghiacciata non aveva importanza. Dal suo punto di vista un passo era un passo, ovunque cadesse, e ogni passo fatto in avanti era un po' più di distanza messa fra la sua pellaccia, alla quale teneva ancora abbastanza, e ciò da cui stava fuggendo. A volerla dire tutta, definirla una fuga sarebbe ingeneroso nei confronti di quell'uomo che di certo non mancava di coraggio. D'altra parte, con il mestiere che si ritrovava, non poteva certo essere considerato un codardo. Si trattava infatti di Caerwyin, il tagliaboschi del villaggio di Gwynfenn -villaggio al quale era appena ritornato, non senza un qualche affanno, dalle una delle sue periodiche passeggiate sulla montagna. Quello del tagliaboschi non era un mestiere pericoloso, in genere, o almeno non viene considerato tale dalla maggior parte della gente, ma nell'Edhel -e specialmente sulla catena montuosa nota come Erydlyss- tutto era profondamente diverso che nel resto di Theras. Prima le Ombre, poi i demoni venuti fuori dalle viscere del Baathos, avevano infestato le montagne, rendendo pericoloso per chiunque l'allontanarsi dai centri abitati -ritenuti sicuri più per l'ingenuo conforto degli stessi abitanti che per la loro reale capacità, praticamente nulla, di resistere a un assalto del nemico, laddove si fosse verificato.
A dispetto di tutto ciò, Caerwyin si era sempre attenuto ai principi adamantini a lui trasmessi dal padre: dove c'è freddo e c'è gente, c'è bisogno di calore; calore significa fuoco e fuoco significa fascine, torba e ciocchi di legno. E così il buon uomo si era sempre recato nei boschi con la relativa tranquillità di chi non può fare a meno di compiere un dato lavoro, ché da quello dipende non solo la sua sopravvivenza ma anche quella di molti altri.
Adesso però, mentre caracollava ondeggiando verso la porta in legno pesante di una casa le cui pareti sembravano annerite dal fumo e le finestre spandevano sulla neve all'esterno una luce giallastra, Caerwyin non sembrava tranquillo, né tanto meno interessato alle fascine o ai ciocchi di legno. Ciò che aveva visto lassù, fra le montagne, era quanto di peggio e più spaventevole gli fosse mai capitato di incontrare in vita sua e quella situazione lo aveva portato a capire due cose che ora, attraversando la consueta apatia del suo villaggio, gli sembravano davvero importanti: primo, finora non era stato coraggioso ma semplicemente scettico; secondo, il calore era una gran bella cosa da donare agli altri ma la sua vita valeva, indubbiamente, di più.
Con queste convinzioni in mano l'uomo raggiunse la porta di quella che era l'unica locanda del villaggio e la spalancò con una possente spallata, lasciando la sua figura a stagliarsi sull'uscio e la tramontana gelida entrare in quell'ambiente riscaldato, sollevando più d'una protesta da parte degli avventori. Dopo aver richiuso la porta alle sue spalle, il tagliaboschi si lasciò cadere su una sedia sgangherata che quasi cedette sotto il suo peso.
Qualcuno degli abitanti del villaggio, che lo conosceva, gli si avvicinò colpito dal suo aspetto. Caerwyin, infatti, era un gigante di due metri dalle spalle larghe e le braccia rese forti dal suo lavoro, il volto coperto da una barba folta e ispida, in quel momento spruzzata dal nevischio, e una gran massa di capelli corvini che, curiosamente, sembravano tutti ritti sul capo. La bocca, solitamente morbida e cortese, era atteggiata a una smorfia di raccapriccio e lo sguardo perso nel vuoto ne tradiva i pensieri, assai lontani dalla sala della locanda. Mentre il tagliaboschi si riprendeva, bevendo del vin cotto che gli era stato prontamente servito perché si riscaldasse, un ometto trascurabile, dall'occhio fine e il naso aquilino, gli trotterellò accanto. Era Lynn, un mercante del villaggio che spesso si vantava dei viaggi fatti per via della sua occupazione e ancora più spesso veniva fatto oggetto delle risa degli astanti per le storie improbabili che raccontava al suo ritorno.
« Cospettaccio! » esclamò l'ometto con fare divertito, « Si direbbe che tu abbia visto un fantasma, o pressappoco. »
Caerwyin lo bruciò con lo sguardo, portandosi alle labbra il calice di vin cotto e trincando una generosa sorsata.
« E si direbbe bene » ritorse, brusco. « O pressappoco. »
Improvvisamente tutti gli avventori della locanda che avessero udito quelle parole si avvicinarono. Era per lo più gente del villaggio, che conosceva bene Caerwyin e il suo essere un tipo compassato ed affidabile, ben altra pasta rispetto al piccolo Lynn. Dunque, se il tagliaboschi diceva di aver visto un fantasma -o poco meno- c'era da credergli, o almeno da stare a sentire il suo racconto. Così, calò intorno all'uomo ancora intirizzito un silenzio pieno di aspettative che il boscaiolo sembrava restio a colmare secondo le esigenze dell'uditorio.
« Eh! Vorrai mica farmi credere che proprio tu ti sia messo paura per così poco. » lo pungolò Lynn, uomo piccolo d'animo come lo era d'aspetto e per questo incline a invidiare chi in quel momento otteneva l'attenzione di tutti, la stessa che lui aveva sempre cercato senza ottenerla con il giusto rispetto che riteneva di meritare.
« E dire che una volta, mentre attraversavo il Canale diretto verso Dorhamat... » riprese Lynn, convinto di poter approfittare dell'altrui silenzio per dirottare su di sé tutta quell'aspettativa, ma venne subito zittito da una voce roca e profonda che lì tutti conoscevano. Era l'oste, l'anfitrione, un uomo poco meno alto del boscaiolo ma ben più largo, il cui ventre prominente rischiava di far esplodere il laccio del grembiule. L'omaccione si piantò a gambe larghe davanti a Lynn e lo zittì, quindi si rivolse a Caerwyin: « Avanti, amico mio, dweud. Hai davvero visto un fantasma? »
Caerwyin scrollò le spalle, come a voler minimizzare la portata della sua ammissione.
« Aye. Ma c'è poco da raccontare. Dovevo raccogliere la legna e le fascine prima della prossima tormenta, in maniera che non fossero troppo umide quando le avessi riportate qui. Così, tre giorni fa, mi sono inerpicato sulla montagna, come faccio sempre. »
Gli astanti annuirono, sia per la bontà di quel ragionamento sia perché alcuni di loro ricordavano di aver visto il tagliaboschi partirsene di buon mattino -e anche chi non l'aveva visto era pronto a testimoniare sulla buona fede di quell'uomo irsuto.
« Ero quasi arrivato al bosco quando una tempesta di neve mi sorprese per la via. Non potevo certo affrontarla, né tornare indietro a mani vuote. Così proseguii rasente alla parete, finché non incontrai una fenditura che mi parve abbastanza larga per ripararmi. »
Interruppe il suo racconto per bere l'ultimo sorso di vin cotto, rimise giù il boccale con una certa soddisfazione e osservò quelle facce che, in religioso silenzio, attendevano il seguito del suo racconto.
« Quella spaccatura nella roccia era una vera e propria galleria che conduceva attraverso il lato meno largo della montagna fino alla piccola valle incastrata fra i due picchi. » proseguì, infervorandosi nella descrizione. « Qui c'era una vecchia costruzione abbandonata, non lo so, da fuori sembrava non ci fosse nessuno. Sapete, di quei posti dove vanno quei mezzi matti... Come quello gnomo... »
« Un eremo? » suggerì Lynn, che suo malgrado si andava incuriosendo e voleva proprio vedere dove sarebbe andato a parare il racconto del tagliaboschi.
« Proprio! Un erremo. » confermò Caerwyin « Una cosa inquietante, vi dico! Non c'era una porta a chiudere l'ingresso e la tempesta infuriava, così entrai. C'era un bel calduccio fra quelle mura, ma subito dopo... il vento freddo, il brivido della morte che ti corre sulla schiena. »
Batté con violenza la mano aperta sul tavolo, facendo sussultare tutti i presenti.
« SBAM! Mi ritrovo in una grande stanza, piena di fiaccole dal fuoco azzurro e a terra un cadavere. Un uomo morto, a faccia in giù, in una pozza di sangue. »
« Un cadavere non è un fantasma. » interloquì saggiamente l'oste.
Caerwyin annuì, rilassandosi un po' sulla sedia.
« Aye. Ma il sangue era secco, chissà da quanto tempo stava lì quel poveraccio. Quanto a me, non avevo mica tanta scelta: sono tornato indietro e mi sono fermato nella galleria finché non è cessata la tormenta. Stavo appunto per tornare a salire sulla montagna, quando... »
e dicendo queste parole si sporse in avanti sul tavolo, verso i suoi ascoltatori, e sussurrò il terribile segreto
« L'ho visto: ysbryd! Un fantasma, bello e fatto. Un'ombra bianca e azzurra che si muoveva a un palmo da terra e passava attraverso i rami degli alberi, tutto circondato da una luce bianca! »
Tutti rimasero in silenzio, perfino Lynn. Caerwyin aveva tanti difetti ma non mentiva e teneva troppo alla sua pelle per ubriacarsi quando si recava fra i crepacci e le gole della montagna. Solo l'oste ebbe il fegato di porre la domanda che tutti si stavano ponendo.
« E allora che hai fatto? » chiese, curioso anche lui. Caerwyin scrollò le spalle.
« Che dovevo fare? Ho sentito una voce chiamarmi: 'teithwyr', diceva. Mi sono girato e me la sono data a gambe senza fermarmi o voltarmi una sola volta, ed eccomi qui. »
Tutti, compreso che quella era la fine del racconto, iniziarono a scostarsi confabulando fra loro e stavano già meditando su come giudicare il comportamento del tagliaboschi o come abbellire la storia per quando l'avrebbero narrata agli altri -magari agli stranieri- fingendosi protagonisti. Solo Lynn e l'oste rimasero in piedi davanti a Caerwyin, il primo per invidia e il secondo perché aveva ancora una domanda.
« E ora come fare per la legna? L'inverno è ancora lungo. »
Il tagliaboschi fissò uno sguardo corrucciato su chi lo interrogava e rispose, cupo: « Questa è una buona domanda a cui non so rispondere. Di sicuro non intendo tornare lassù. Ci tengo alla pelle, io. »
E così iniziarono tutti a preoccuparsi di come sarebbero riusciti a scaldarsi per sopravvivere all'inverno.
Nel frattempo, da qualche parte più a nord, fra le gole e i picchi dell'Erydlyss, un'ombra si aggirava senza requie, avvicinandosi a ogni essere che passasse di lì e ripetendo il suo richiamo.
« Teithwyr. »
Giocata concordata fra me e aki, si prega di non intervenire.