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Revolutio, Contest Maggio 2015 - Ritorno, Edhel

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Pagus
view post Posted on 3/5/2015, 17:38




Revolutio
Ritorno


Ur’Oorok stava in piedi davanti a me, vestito a cerimonia. Brandiva un bastone ricoperto di piume nella destra e una sorta di catino in pietra nella mancina. Lasciò cadere la bacinella ai miei piedi, poi cominciò a cantare:

Quando la luna si tingerà di nero,
cosa farò io ?
Quando dalla terra emergerà il male,
cosa farò io ?
Quando il sangue scorrerà come fiume,
cosa farò io ?
Posso solo fidarmi delle stelle,
preziose lacrime di Uni.


La testa rovesciata all’indietro, i muscoli tesi in una danza frenetica ed elegante. Gli occhi del chierico, nonostante i bruschi e continui spostamenti richiesti dalla performance rituale, erano fissi sugli astri. Come lui, sciamani e anziani davano molto peso agli astri. Ripetevano tutti sempre la stessa frase: “le stelle, le pietre e il sangue non mentono”. Come al solito, annaspavo nel tentativo di comprendere parole e gesti. Finita la danza Ur’Oorok si accovacciò dinnanzi a me e con un movimento rapido e collaudato, lasciò cadere della polvere rossa nell’acqua limpida della bacinella.

« Guarda lo specchio della notte. Guarda. »

La sua voce si era fatta grave e suadente. Osservai attentamente il contenuto dello “specchio”, ma vi vidi solo delle stelle riflettersi nell’acqua. Anonime e numerose. Silenziosamente continuai a fissare gli astri, senza rispondere. Ogni tanto alzavo la testa, alla ricerca dello sguardo di Ur’Oorok, ma il chierico era immerso nel firmamento sopra di lui. Una sonora sberla alla nuca mi riportò alla realtà.

« Ur’Gruk sei un fesso. Ma non sei stupido. Non c’è nulla da vedere li dentro. Quello specchio contiene il riflesso del cielo sopra di noi. Le stelle viste da un’altra prospettiva. Ora voglio che tu impari la precisa posizione di questi astri. Voglio che tu lo faccia ora. Domani sarà già troppo tardi …»

[…]

L’Edhel era un territorio sterminato e antico. Lo potevo percepire anche solo lasciando orme in quella sua terra umida e fertile. Erano giorni ormai che mi spostavo verso nord. Avevo una missione, una missione squisitamente incomprensibile. Come si poteva trovare una risposta al quesito: perché la nostra specie si sta inesorabilmente estinguendo ?
Non mi restava altro che vagare. Senza una meta, un obiettivo e nemmeno un piano. Vagavo con un bagaglio di quesiti sperando che dal cielo piovessero risposte. Ma in cielo non vi era nemmeno una nuvola. Ultimamente avevo fatto strani sogni. Sogni che lasciavano intendere cambiamenti. Sogni che erano molto più simili a presagi. Rivolgendo la testa al cielo fui immediatamente colpito dalla posizione degli astri. Era la stessa di quel giorno, quello in cui Ur’Oorok mi insegnò a riconoscere le stelle. Pensai che doveva esserci un collegamento, seppur recondito. Nello scrutare il cielo, quasi istintivamente, la mia memoria volò ad un sogno di non molte lune precedente. Un sogno in cui si percepiva l’idea di qualcosa che doveva venire, immagini e sensazioni ricavate da una tinta elaborata ed intensa nella sua sfumatura, composta da odio e speranza. Mi si gelò il sangue all’altezza dello stomaco: un nodo cominciò a sviscerarsi dall’addome e salire fino alla gola. Non capivo cosa stesse accadendo al mio corpo ormai da un anno. Era come se, nella mia condizione di solitario, la paura stesse prendendo il sopravvento. Due lacrime solcarono le mie guance mentre ancora osservavo il cielo, pensando a casa.

[…]

« R I V O L U Z I O N E !»

Urlò Ur’Oorok, mentre accompagnava la sua spiegazioni con gesti esagerati e teatrali. Indicò ancora il cielo:

«Figlio mio, Ur’Gruk. Quando gli astri tornano alla loro posizione originale compiono una rivoluzione. Le nostre armi, il nostro spirito potrà appassire, ma i nostri giudici saranno sempre le stelle. Vedi, molti sciamani inesperti pensano di poter catalogare la nostra storia dividendole in ere, decise dal loro sapere e dalla sciaguratezza delle loro fauci. Niente di più sbagliato, figlio mio, c’è al mondo di aver l’arroganza di saperne più degli antenati. Più ci allontaniamo dall’era in cui Uni, Unico nostro Padre e Speranza, decise per pura bontà di scolpirci razza perfetta in un creato perfetto, più la verità si allontana da noi. E’ facile cadere in semplicistiche riduzioni di cosa è la nostra cultura e di cosa è questo nostro mondo, ma è altrettanto facile confondere la realtà con l’idea che si ha di essa. Per esempio, figlio mio, tu cosa ne pensi dell’antenato tuo Padre Ur’Azk ?»

Mi presi qualche istante per rispondere, poi le parole uscirono da sole, nel flusso della mia spontaneità disarmante:

«Il mio giudizio, sebbene fu colui che spostò la nostra tribù al nord, permettendoci di staccarci dal punto di frizione, non è dei più positivi. Egli scese a patti con gli umani. Ci mise in ginocchio davanti alle loro istituzioni. Per quanto riguarda il mio parere, la morte era un compromesso migliore.»

Non ci scommetterei nemmeno una misera pietruzza, ma mi parve che stesse sorridendo:

«Come dici tu, Egli ci condusse in questa terra, tra queste montagne. Egli ci garantì un futuro, una speranza e, probabilmente, una vita migliore. Chi però lo conobbe in vita, pronunciò di lui un altro parere. Dicono fosse un debole, un timoroso. La tribù era espressione del suo volere e da un volere debole nasce prole debole. Chi ci assicura che fosse stata una vittoria per noi e non per gli umani ? Vedi la nostra bocca non è nemmeno in grado di dare nome agli eventi. Possiamo al più cantarli, ma noi non siamo arbitri del bene e del male in queste lande. Le stelle si: mute e fredde stanno a guardare. Loro decretano la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Solo loro sanno quando gli spiriti dei più vecchi in questo mondo si stanno sopendo e i giovani virgulti stanno fiorendo. Così quando le stelle decidono di tornare alla loro posizione originaria, ad ogni rivoluzione del firmamento, finisce un’era. In questa loro rivoluzione però, c’è più magnificenza che in tutte le altre. Se nelle nostre rivoluzioni o in quelle fasulle e meccaniche paventate dagli umani, il caos e l’arroganza ci portano a passare da un giogo all’altro, considerando l’avvenire un susseguirsi di gioghi sempre meno stretti, nella rivoluzione degli astri l’eleganza sta nella reazione. Ripetersi della stessa azione. Il contrario dell’avvenire, probabilmente. Una sorta di eterno cerchio, percorso sempre alla stessa maniera e con la stessa velocità. A differenza delle cose terrene, però, esso non perde di vigore durante il suo percorso. E quando gli astri tornano a brillare dalla loro posizione ecco: la rivoluzione ! Inizia una nuova era, come a dirci: svegliatevi e agite ! Da ora siete artefici del vostro nuovo destino ! »

[…]

Non so quante rivoluzioni ci furono in cielo da quel giorno. Fatto sta che una nuova era iniziava in quel momento e io, l’eletto della tribù ero chiamato più di tutti gli altri e divenirne l’artefice. La paura s’impossessava del mio corpo ogni secondo di più. Le spalle, tese da troppe ore, mi dolevano e così la schiena. Dormire non era nemmeno immaginabile in quel momento. Non riuscivo proprio a prendere ragione della mia condizione di eletto ed esiliato. Mi mancava casa, mi mancava la mia famiglia. Mancavano i banchetti e le feste, le risse e i riti. Mi mancava mio Padre, Nostro Chierico Ur’Oorok. Mi mancava mio padre Ur’Gnark lo sfregiato. Mi mancava mia Madre A’Rek e i suoi seni generosi. Il solo fatto di non sapere se e quando sarei potuto rientrare, tornare a far parte della famiglia, mi rendeva inviso il mio fondamentale compito. Non avvertivo le lunghe spire maligne che si stendevano su di noi da ogni direzione. La risposta poteva essere ovunque, mi aveva detto Ur’Oorok. Anche tra le stelle ? Tentar non nuoce. I nostri giudici, al solito, tacevano. Proiettavano sulla nostra terra silenzio e luce, illuminando le ombre e soffocando i rumori. Seduto sul mio giaciglio cercai di sfruttare la loro luce per ritrovare la tranquillità. Il mio sguardo poi scese verso l’orizzonte, attirato quasi per magia. Lontano, molto lontano da me, figure nere e sgraziate si muovevano. Più mi spostavo a nord e più ne vedevo. Percepivo anche la loro aura maligna. Questo mi angosciava, in quanto cosa nuova, mai sperimentata in precedenza. Non le avevo mai incrociate di persona. Mi spostavo seguendo i sentieri più reconditi ed evitando gli spazi eccessivamente aperti, prediligendo quelli sopraelevati. Le figure si stagliavano sempre in lontananza e non nascondo di averle seguite in alcune occasioni. A ben pensarci la mia angoscia era nata probabilmente nel momento in cui le avevo notate. Ero arrivato persino a credere che fossero nient’altro che la proiezione delle mie angosce. Ogni notte, però, le vedevo sempre più nitide come creature organiche e disgustose. Quantomeno lo intuivo. ¬Solo nell’elaborare questo pensiero, il pensiero che quelle creature fossero una minaccia reale e non una proiezione fasulla delle mie paure cominciai a sentirmi meglio. Ogni orco si sente meglio quando sa che il suo nemico può essere sconfitto a colpi d’acciaio. Sdraiato nel giaciglio chiusi gli occhi. La mia missione mi precludeva di tornare a casa. Il cielo, però, era più generoso con me. Un’era era finita e tutto era tornato all’origine. Da questo preciso momento le stelle mi chiedevano di cambiare la mia esistenza, di fare qualcosa di nuovo e grande. Di fare qualcosa. Sorrisi. Ur’Oorok non era poi un pazzo farneticante. Tutto attorno a me, compiva il suo inesorabile moto. Chi verso la vita, chi verso la morte. Quando qualcosa nasceva, qualcos’altro moriva. Accanto a chi cresceva, qualcuno rimpiccioliva. Le forze, nel Grande Ballo, erano sempre le stesse. Si bilanciavano a vicenda in un susseguirsi di spinte opposte. Solo le stelle non si muovevano in una direzione precisa, ma tornavano in continuazione alla loro posizione. Solo le stelle compivano la loro rivoluzione magnifica e silenziosa. Mi pervase la pace. Avevo finalmente preso coscienza di cosa ero e quale fosse la mia missione. Mi si chiedeva un caotico sforzo, caotico come tutto ciò che è terreno, per ritornare a casa. Tornare però, non coincideva in questo caso con l’apertura di una nuova era. Il lasciapassare per la mia rivoluzione erano delle risposte. La mia rivoluzione era una ricerca. Guardai di nuovo il cielo e vi alzai una preghiera:

Quando la luna si tingerà di nero,
cosa farò io ?
Quando dalla terra emergerà il male,
cosa farò io ?
Quando il sangue scorrerà come fiume,
cosa farò io ?
Posso solo fidarmi delle stelle,
preziose lacrime di Uni.


Il mio compito era quello di trovare delle risposte. Risposte non ad una domanda in particolare, ma a tutte le domande che la mia mente riusciva a porsi. E l’unica domanda che riuscivo a pormi in quel momento era: “cosa sono quelle mostruosità a nord ?”
Quella, probabilmente, sarebbe stata la prima risposta da cacciare. La prima di una lunga serie. Mi alzai in piedi e raccolsi le mie cose, mettendomi in marcia verso quell’orizzonte demoniaco.

«Re-Volutio»

Un lampo di luce bianca, poi caddi in avanti privo di sensi.

Questa giocata nasce ed è strettamente legata al background di Ur’Gruk. Era già in scaletta, una sorta di arrivo programmatico per il nostro simpatico bisteccone verde che casualmente coincide anche con il contest quindi … due piccioni con una fava. La giocata si apre come ideale proseguo del BG e si chiude in maniera inaspettata ed aperta, prefigurando una successiva giocata per la saga “Dall’abisso”. Le tematiche sono quelle dell’esilio forzato del giovane guerriero e del suo ritorno precluso a data da destinarsi, se mai vi riuscirà. Il ritorno delle stelle, il ciclo compiuto segna anche il ritorno di Ur’Gruk ad uno stato di calma derivato dalla presa di coscienza di, sostanzialmente, quella che è la sua missione. Spero piaccia, un grazie a chi la leggerà

 
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