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Stўgis ~ Sentiero di Guerra, Parte 1
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Fephira obbedisce al comando e fugge dalla battaglia9 [52.94%]
Fephira si arma, e si getta in combattimento8 [47.06%]
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Stўgis ~ Sentiero di Guerra, Parte 1, Dall'Abisso

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The Grim
view post Posted on 16/5/2015, 14:45




Occhi di cristallo,
stelle fino ad un momento prima tanto luminose da rischiarare la notte, ora gelide e distanti,
luce vuote di ogni calore.

La fissano e si allontanano, scivolando nel buio come spinte su di una lastra di ghiaccio ludico, ed ecco che prima di sparire in quel nero divora colori, s'inabissano in un lago vischioso, acido e ferrigno, di sangue appena versato; ultimo di tanti sacrifici, uno più vano dell'altro.
Il male non si sazia di quelle morti, ma si nutre della spezzarsi delle vite, sguazza godereccio nella disperazione che lascia dietro di sé, e approfitta di ogni ferita per ingigantire la propria furia.
Una voce sibila pensieri da serpente, che in fondo l'antidoto si distilla a partire dal veleno, che per non essere inghiottiti basta essere abbastanza grandi per inghiottire l'altro, che per vincere è sufficiente diventare il riflesso più feroce dell'altro; ognuno di quelle parole è tanto bugia quanto verità, per questo ne era inorridita e al contempo sedotta. Ma quelle chiacchiere sibilline si eclissano sotto gli zoccoli di un cavallo lanciato al galoppo che scalpita oltre l'orizzonte, che cresce di secondo in secondo, fino a soffocare ogni cosa. È un puntino distante, che quasi si confonde con l'orizzonte, ma che diventa secondo dopo secondo sempre più definito: sono un cavallo e un cavaliere, la pelle rosea del secondo che si confonde col manto di un tono più pallido del primo, un groviglio di lacci di cuoio e rovi spigolosi che l'incatenano l'uno all'altro. Vestono solo di chiazze di sangue rappreso e lividi blu pulsanti ma ora nota che il destriero ha occhi malvagi, tratti androgini, e denti seghettati avidi di carne, e che il suo collo è ritorto in una piega innaturale e penzola in maniera davvero inquietante, ma sopratutto un grosso ramo gli sfonda il cranio da una parte all'altra; il cavaliere piange e fra una lacrima e l'altra supplica di essere liberato. Lei sa che non lo farà.

Fephira si svegliò di soprassalto, madida di sudore che si mischiava a lacrime amare che precipitavano senza sosta. Mugolii, singhiozzi, isterie, fuggivano dalla sua bocca, accavallandosi l'uno sull'altro, cercando di prevalere fra loro, in un rantolo tanto confuso quanto sommesso, e alla fine si ritrovò a vomitare una lunga, acuta, e terrorizzata sfilza di no che durò per un minuto buono prima di terminare in un tesissimo silenzio notturno. I mesi erano volati, foglie soffiate via da una sferzata di tramontana, ma quella prima notte riviveva in lei come fosse ieri; ostinata non voleva farsi spazzare via. Il suo sguardo si era gonfiato di teatri di massacri, di atrocità impensabili e crudeltà gratuite, e i suoi occhi un tempo allegri come un usignolo, si erano tramutati in pozzi neri scavati nel suo cranio, perennemente spalancati e vigili ad ogni movimento. Si liberò del pesante gonfalone che le faceva da coperta, l'ultima tesoro e ricordo della sua tribù, e si drizzò in piedi quasi a voler mettere ancor più distanza fra lei e quella tortura, che irrazionalmente credeva capace d'infrangere la barriera tra sonno e veglia. Gli altri elfi, che fino a quel momento avevano ignorato i suoi lamenti, si voltarono di scatto, abbandonando i loro compiti per rivolgerle un muto ma non meno eloquente rimprovero. C'era un dogma fra loro, una legge non scritta che si erano impegnati a rispettare solennemente: gli incubi tormentavano tutti, sia quando gli occhi erano chiusi che quando li tenevano aperti, non c'era vergogna in questo, ma il riposo per quanto sofferto era necessario e tutti dovevano impegnarsi a dormire quanto dovuto. Fephira sapeva bene che privarsi di esso non le sarebbe giovato a nulla, significava combattere senza energie e lucidità, quindi ferirsi o peggio morire, e magari trascinarsi appresso qualche altro compagno; e questo non se l'auspicava nessuno dei combattenti. Ma in quelle ore non riusciva veramente a ficcare la testa sotto la bandiera, a premerla contro il suolo duro e i sassi aguzzi finché l'incoscienza non la chiamasse di nuovo a sé. Qualcosa nell'aria la teneva allerta, forse un presentimento fiutato tra le maglie dei possibili futuri, o forse qualcosa di completamente diverso, uno spezzarsi dentro di sé che aveva decretato l'impossibilità di affrontare ancora i propri fantasmi, e con essi i fardelli di una vita in guerra; non ce la faceva più. Se si fosse abbandonata alla fine, nessuna sofferenza l'avrebbe più scalfita, e nelle aule della morte avrebbe potuto scambiare nuovamente una carezza o forse un abbraccio con Jiapp - anche solo un fuggevole sguardo le sarebbe bastato! Tante s'invaghivano di chiome vaporose, di occhi penetranti e bramosi, tante altre di spacconate e vanterie, di lignaggi augusti e nomi illustri, di animi focosi o pii, lei si era innamorata di un capo chino che si arrabattava sereno perfino per il più umile dei compiti. Così, per ravvivare quel ricordo, si avvolse nello stendardo colorato, indossandolo come fosse uno scialle o forse un mantello, e seduta su di una radice molto spessa, prese ad affilare il lungo coltello, ingannando così l'attesa di un messaggio. Aguzzò tutta la sua concentrazione in quel compitino, scrutando ogni imperfezione della lama e stando attenta al più minuto dei dettagli in una dedizione tanto assorta quanto superflua perché difficilmente quello sforzo sarebbe stato utile a tenerla in vita; doveva usare quella stessa lucidità durante la battaglia, non prima. In quel momento non era altro che una bambina che imitava il genitore in qualcosa di cui aveva nozioni vaghe e superficiali, come pregare o soffrire, imitando Jiapp e al contempo offendendolo perché mai lui si sarebbe dedicato con tanto animo all'affilare uno strumento di morte. No, la sua devozione era per compiti differenti, spesso superflui e frivoli come rammendare la palla con cui giocavano i bambini, raddrizzare i chiodi dei carrozzoni ai quali appendere le scope, o schiacciare le ammaccature dei tegami, eppure il suo talento era tale che si sarebbe potuto uccidere un orso con i coltelli da cucina che arrotava. A Fephira, per il momento in cui viveva, non era concessa tanta ingenuità, eppure lottava disperata perché al mondo fosse concesso nuovamente di vedere un animo simile, o meglio più di uno, e che simili mentalità fiorissero e si spargessero per tutto l'Edhel o fino alle pendici più meridionali di Theras. Il suo cuore però era intriso di sentimenti inconciliabili con un simile stato d'animo, che forse non avrebbe mai più potuto apprezzare: odio e furia erano le stampelle che la sostenevano e grazie ad esse correva più rapida del vento e più violenta dell'uragano, ed ormai esse si erano fuse con la sua anima e l'elfa non avrebbe saputo più come rimetterle a posto, gettarle lontane o separarsene; era dannata.

Tre grugniti di cinghiale ruppero il silenzio,
Cahir era di ritorno.
Due muggiti d'alce risuonarono nel bosco,
il Rahm ad Aid era seguito.
Un ululato di lupo vibrò nell'aria,
il numero e la forza dei demoni era soverchiante.
Nessun trillo di canarino raggiunse il plotone,
dovevano scappare e in fretta.


Il codice era chiaro, le direttive rodate, il patto suggellato con sangue e canti. Ma molti impugnarono le lunghe lance, imbracarono gli scudi a foglia, liberano le asce barbute dalla presa del legno, e si fiondarono verso il pericolo. Sarebbero morti da martiri, versando tanto sangue dei nemici quanti ne avrebbero perso di loro; con coraggio, odio, e fierezza.
Ma se tutti loro fossero morti lì chi avrebbe difeso i villaggi segreti?
Chi avrebbe vegliato sui vecchi e sui giovani?
Chi portato avanti la vendetta?
L'elfa doveva scegliere.



CITAZIONE
Benvenuti a questo esperimento.
Cos'è questa giocata? Un modo per entrare nelle trame dell'Edhel, e appassionarsi a quello che succede durante questo mega evento per chi non ha avuto l'occasione o il tempo per farlo.
Sentiero di guerra non è una quest, nemmeno del tipo aperta, non concederà ricompense tangibili ma al contempo non chiede molto impegno. Per partecipare basta semplicemente leggere il testo, votare al sondaggio, decidendo così come si svolgerà questa avventura; come in un vecchio libro gioco. Fra circa dieci giorni le votazioni saranno chiuse, e l'opzione con il maggior numero di voti condizionerà drasticamente il post successivo, anche esso gestito sulla modalità del sondaggio e così via fino alla fine dell'evento e di questa piccola sottotrama che si legherà al finale delle vicende che si svolgono nel Talamlith.

Spero che il posto, o quanto meno l'iniziativa diversa dal solito sia di gradimento e buona lettura! :D

 
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