Rise of the Whisper ~ Dopo la Tempesta.
« Come si chiama una ricerca impossibile?
Una ricerca devoto alla fede in cui non si teme la morte?
Crociata. »
Nonostante la palese riluttanza di Patrick e Jeanne, chiesi loro di scortare gli Artigli e le cinque, nuovissime, manovalanze donate da Zeno a Terra Grigia senza di me. Io avevo ancora qualcosa da fare nella terra di nessuno che era Basiledra. Quello che cercavo, invero, avrebbe potuto non esistere più, o essere andato semplicemente perso... eppur dovevo tentare, dovevo essere sicura che non vi fosse più nemmeno una piccola possibilità. Solo allora avrei potuto lasciare andare quella cerca, quella crociata solitaria nel nome di chi, altrimenti, nessuno avrebbe più ricordato. Mentre arrancavo sulle macerie esterne della città, dopo essermi separata dai miei compagni, intravidi una figura piuttosto difficile da confondere dirigersi nella medesima direzione: era Sir Erein. Rimasi sorpresa dal vederlo lì, per quanto ne sapevo aveva cose ben più urgenti e importanti di cui discutere, specialmente se il suo corteggiamento verso Ryellia, prima o dopo, si sarebbe trasformato in qualcosa di tangibile. Spinta dalla curiosità, oltre che dal desiderio di salutare una persona amica, mi avvicinai facendomi notare sin dalla distanza. Dopo una serie di cortesi e formali presentazioni non tardò a dirmi il motivo della sua presenza; stava recandosi verso gli archivi, o quello che ne restava dopo il cataclisma, per ricercare notizie in merito a qualcosa di profondamente personale. Per cortesia non indagai ulteriormente, preferendo che fosse lo stesso Erein a illuminarmi se e quando lo avesse ritenuto necessario.
Portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro, con un gesto piuttosto meccanico, lo misi al corrente di una voce che mi aveva riferito Jeanne poco prima, a cui però non avevo dato troppo peso sino a quel momento, ovvero che una ragazza risultava essere stata rapita. In altre circostanze sarei stata molto più coinvolta, soprattutto perché, almeno a ricordare il trattamento che volevano riservarmi quei cinque manigoldi alla cattedrale, a quella poveretta non sarebbe andata affatto bene. Solo che non potevo rischiare la mia intera squadra in una cosa del genere, mentre la mia vita e quella del signore di Deyrnas erano ampiamente più sacrificabili. Ovviamente, quest'ultimo pensiero, mi astenni dal proferirlo.
« Una ragazza rapita? » mormorò, particolarmente poco convinto. « Se fossi ipocrita direi che la cosa non mi sorprende ma mi indigna... »
« In verità non penso sia un caso isolato. Prima stavo accompagnando i miei ragazzi a rendere omaggio ai defunti e un gruppo di banditi ci ha assaliti. Ora contribuiranno a costruire le case a Terra Grigia. » sorrisi, raggiante, quasi a voler trasformare quelle parole in un valido invito. « Tuttavia, forse, possiamo fare una buona azione strada facendo... »
La cosa parve essere apprezzata, giacché si prodigò in una piccola battuta ironica per poi appoggiarmi una mano sulla spalla, con fare amichevole. « Idee da dove partire? »
Alzai lentamente la mancina per indicare la cattedrale che svettava ancora silenziosa. « Io sono stata lì, non c'è nient'altro che polvere. » se mi fossi dovuta nascondere a Basiledra, probabilmente, avrei scelto il punto più scosceso e difficile da raggiungere, quindi potevamo provare a partire dal fu simbolo del potere dei re. « Possiamo provare a dirigerci verso il cuore di marmo... o quello che ne è rimasto. Se qualcuno ha cercato rifugio, probabilmente è andato nel luogo più impervio da controllare! »
In quel mentre, tuttavia, Erein si prodigò in un discorso che sulle prime mi risultò poco chiaro, riguardo al fatto che i nobili avessero la necessità di mostrarsi sempre duri con gli altri e che, invece, il merito di aver salvato la ragazza sarebbe ricaduto unicamente su di me. Se avessimo avuto la possibilità di salvarla, per quale motivo avrebbe dovuto lasciare a me tutti i benefici? E poi non stavamo andando a fare propaganda politica, ma a salvare una vita e a ripulire lo squallore che regnava sovrano tra le macerie.
« Noi Nobili dobbiamo sembrare arcigni, crudeli e disinteressati al popolo ... Proprio come il nostro nobile e temuto Aedh! »
Piuttosto imbarazzata e poco desiderosa di proseguire quella conversazione, specie alla luce dell'incontro segreto avuto nemmeno un'ora prima con Zeno, abbozzai un sorriso di circostanza e una frase di cortesia, sperando che non avesse desiderio di indagare in merito a quella risposta abbastanza evasiva.
« Non ho avuto il piacere di conoscerlo di persona. » quindi mi voltai verso le rovine, muovendo i primi passi. « Venite, sire, vi faccio strada. »
[ ... ]
Le rovine della città erano tetre e macabre esattamente come poco prima. L'unica differenza era che, con l'avanzare del giorno, la luce rendeva meno spettrale e silenziosa la città, dando l'illusione che, col tempo, le cose si sarebbero ristabilite naturalmente. Le prime piante avevano già fatto breccia sulle mura abbandonate e lungo le strade, mentre i profondi crepacci nel terreno avevano dato i natali a grossi e umidi licheni verdi. Camminando al fianco dell'elfo più volte provai il forte impulso di chiedere qualcosa in merito alla relazione amorosa che stava avendo con la mia signora, ma ogni volta mi sembrava inopportuno o sconveniente. Era un buon partito, nonostante non fosse un essere umano, e su questo non potevo certamente discutere, ma il fatto che nessuno di loro due avesse trovato importante interpellarmi a riguardo... mi
ingelosiva immensamente. Non avrei avuto nulla da ridire, ovviamente, ero pur sempre una serva e non era mio compito giudicare l'operato dei miei superiori! Eppure, quella piccola scintilla di femminile orgoglio mi imponeva una morigerata indisposizione per quella mancanza di considerazione. Straordinario era, inoltre, il fatto che a dispetto del mio profondo altruismo e desiderio di giustizia, quando c'era un discorso che riguardava la dama Rossa ogni cosa passasse in secondo piano, inclusa la vita di quella ragazza.
Sospirai, cercando di ordinare in modo moralmente corretto i miei pensieri, e sperando che il mio compagno non si rendesse conto di quanto fossi interiormente combattuta in quegli istanti. Superato un piccolo promontorio artificiale, creatosi a causa del crollo di un grosso palazzo, mi bloccai per esaminare la zona.
Dovevamo stare molto attenti: se avevano sorpreso e gabbato Zeno, che di esperienza ne aveva immensamente più di me, altri briganti avrebbero potuto aggredirci lungo la strada. Tuttavia, almeno per quanto riuscivano a vedere i miei occhi, non v'era nulla altro che una città silenziosa. Sospirai nuovamente, osservando la distruzione. E d'improvviso, quasi come un brivido gelido, un pensiero mi scosse:
chissà che fine aveva fatto Astryd Lorch. Iohan era fuggito, lo avevamo visto tutti, e Mathias giaceva morto in fondo a qualche burrone, ma della sua giovane sorella non c'era più traccia. Chissà, magari la fortuna ci avrebbe arriso permettendoci di ritrovare i suoi resti scheletrici da poter riportare al Nord. Sorrisi a Erein, facendogli cenno di proseguire. Senza sapere dove andare, di preciso, trovare qualcosa nella capitale era come cercare un ago in un pagliaio.
[ ... ]
Stavamo camminando da più di un'ora dentro quello che restava delle strade cittadine, il nostro andamento non era veloce e risentiva enormemente delle pessime condizioni del terreno, quando qualcosa attirò l'attenzione dell'elfo. I suoi sensi, decisamente più sviluppati dei miei, captarono qualcosa nelle vicinanze, probabilmente una minaccia, e non tardò a mettermene al corrente.
« Mmm abbiamo degli ammiratori. » sussurrò, rivolgendosi al mio orecchio. « Forse è meglio tenere alta la guardia, la città non è poi così deserta come sembra e i tuoi amici non sono gli unici abitanti. »
La cosa non mi sorprese più di tanto e, senza nemmeno riflettere, con un movimento naturale, sfoderai entrambe le spade guardandomi intorno. Tra quei detriti potevano essere appostate decine di briganti, della peggiore specie per giunta, ma finché non si fossero fatti vedere non avrei potuto fare nulla. Probabilmente il nostro atteggiamento guardingo e l'aver messo mano alle armi, mise in allarme gli uomini che ci stavano attendendo: il sibilo acuto e inconfondibile di una salva di frecce raggiunse le mie orecchie un istante dopo aver scorto delle sagome alzarsi dal terreno. Quella feccia non solo ci aveva seguito, aspettando il momento propizio per colpire.. e probabilmente lo aveva già fatto con persone indifese, uccidendole per pochi spiccioli.
« Signore! »
avvisai Erein, frapponendomi nella traiettoria di tiro roteando velocemente una spada a formare un sottile scudo traslucido, azzurro, davanti a noi e le frecce vi si infransero contro cadendo inerti al suolo. In quel momento i numerosi pensieri e turbamenti di poco prima vennero semplicemente meno, e tutto quello che il mio corpo e la mia mente volevano fare era combattere. In un certo qual senso avevo bisogno di sfogare la frustrazione, il senso di impotenza che avevo iniziato a provare nei confronti degli eventi. E quella situazione era perfetta per dimostrare anche allo Stregone cosa avrei potuto fare.
Mi lanciai in avanti proprio nel momento in cui una decina di uomini caricavano la nostra posizione. Erano vestiti in modo piuttosto raffazzonato, similarmente a quelli che avevo già incontrato, con pezzi di armature saccheggiate ai soldati caduti legate assieme da lacci di cuoio. Le armi, invece, erano state semplicemente cannibalizzate dalle armerie cittadine, tanto che lo scintillio dell'acciaio tirato a lucido persisteva anche dopo tante settimane di assoluta incuria. Ci superavano di cinque a uno, nel numero, e sebbene non credessi nella loro abilità come combattenti temevo la loro ferocia. Erano tutti uomini, almeno quelli che vennero verso di me, sporchi e con le barbe incolte. Abbassai le spade pronta a deviare i loro primi colpi e a contrattaccare, ma Erein fu decisamente più veloce.
« E così si attaccano le donzelle? » pur senza voltarmi a guardarlo lo immaginai sorridere a quelle parole. « Ecco una donna per cui morire... peccato che sia solo nella tua testa... »
il brigante perse l'equilibro e rovinò a terra colpito da qualche violenta malia. Senza badarci troppo ingaggiai gli altri quattro in combattimento.
Senza troppa difficoltà riuscii a fronteggiare la moltitudine di colpi che mi scatenarono addosso, tutti portati senza un minimo di grazia o coordinazione. Attaccavano come bestie, prediligendo la mera forza alla tecnica. Nel mezzo della battaglia recitai mentalmente una piccola invocazione, sentendo il mio corpo irrigidirsi e tendersi sotto l'influsso del potere di Zoikar. Purtroppo, però, quell'istante in cui la mia mente fu distratta dalla lotta uno di quei vigliacchi scivolò alle mie spalle cercando di conficcarmi la spada nella spina dorsale: per mia fortuna non aveva idea di come superare le difese della corazza, tanto che la punta della lama deviò sul fianco aprendo una brutta ferita sopra le costole. Il dolore e la rabbia per quell'attacco indecente mi costrinsero a voltarmi di scatto, mulinando un fendente così forte che, nonostante avesse anteposto la sua arma alla mia, perse la presa. Subito dopo si ritrovò la mia spada conficcata nella carne sino all'osso della spalla.
Cadde al suolo, urlando come un'ossesso, mentre il sangue gli lordava rapidamente la manica colando poi al suolo.
Alla vista di quella mia brusca reazione, nonché forza decisamente inadeguata per la mia misera fisicità, i tre restanti assalitori parvero avere un secondo di ripensamento, arrestando il loro incessante attacco per rivalutare la minaccia. Altri nemici, invece, si erano fiondati contro Erein vedendo in lui una preda più facile, illudendosi erroneamente che fossi la sua guardia del corpo. Uno, in particolare, si stava avvicinando da una angolazione cieca e temetti che potesse ferire gravemente il Re, colpendolo a tradimento. Ignorando il dolore della ferita mi mossi per intercettarlo e, senza alcuna remora, mi parai davanti a lui assestandogli un violento calcio diretto contro il ginocchio destro: il rumore secco della rotula ridotta in frantumi dal mio stivale fu solamente il coronamento di quell'azione.
« Un re che combatte, eh? Questo non se lo aspettavano! »
dissi, presa dal combattimento, mentre con un movimento fluido delle spade recidevo la testa del bastardo col ginocchio spezzato.
Ansimavo un poco, avevo già la corazza macchiata da numerosi schizzi di sangue, oltre che da quello che fuoriusciva piuttosto insistentemente dal mio fianco, eppure non potevo negare a me stessa che mi piacesse combattere. Non saprei dire se provare piacere nel combattimento, nell'adempimento del proprio dovere, sia qualcosa di negativo o di cui provare vergogna... ma a me piaceva. Sentire il dolore delle ferite mi ricordava per cosa stavo combattendo, mi faceva sentire viva. Inoltre, almeno per come la vedevo io, lottare fianco a fianco a Erein non faceva altro che aumentare la nostra affinità, la nostra capacità di prenderci cura gli uni degli altri.
Il gruppo che si era un attimo spaventato per la mia reazione mi raggiunse nuovamente, pochi istanti dopo, incalzando un colpo dietro l'altro nel tentativo di vendicare il loro compagno caduto, ma stavolta ero pronta e con un rapido passo all'indietro bloccai i tentativi di aggiramento. Uno di loro, con una grossa cicatrice sul volto, si spazientì di vedermi combattere sulla difensiva e, invece di aggirarmi caricò direttamente: la sua mole, molto più massiccia della mia, mi travolse lanciandomi gambe all'aria mentre le sue mani andavano a bloccare le mie impedendomi di usare le spade. Con un movimento brusco mi torse i polsi obbligandomi a lasciare la presa sulle armi e a soffocare un grido di dolore. Invece di tagliarmi la gola, però, i suoi compari mi accerchiarono tenendomi sotto la minaccia delle armi.
Erein, notandomi in grande difficoltà, intervenne facendo qualcosa al bruto che mi stava immobilizzando. Non riuscivo affatto a capire in che modo ci stesse riuscendo, ma la forza dell'uomo parve venire meno e con uno strattone liberai la mano destra, arrivando al pugnale sulla coscia. Un momento dopo gli avevo aperto un profondo taglio sulla carotide da cui, però, anziché sangue denso e copioso fuoriuscì un liquido amaranto tenue. Inutile dire che la cosa sorprese tanto me quanto i disgraziati che mi stavano minacciando. Disgustata, ma decisa a non farmi catturare da quella marmaglia, sfruttai la mia posizione al suolo per conficcare il pugnale dentro la coscia di uno di loro, mentre un secondo, meno fortunato, ricevette un possente colpo con il mio guanto corazzato dritto nei testicoli.
« Spero faccia male, bastardo! » rotolai di lato evitando i colpi dell'ultimo uomo rimasto in piedi. A quel punto, non senza un minimo di incertezza, riuscii ad alzarmi, seppur senza avere il tempo di raccogliere le armi o recuperare il pugnale.
Mi passai il dorso della mano sulla bocca, dove un taglio aveva spaccato il labbro superiore.
« Prega Zoikar che non ci rimanga la cicatrice. »
« Pregherai tu quando finirai tra le mie mani, sgualdrina! »
Gli saltai letteralmente addosso, buttandolo a terra e salendogli sopra cavalcioni.
« IO »
Un pugno ferrato lo raggiunse sulla mandibola.
« NON »
Un altro, sulla tempia.
« SONO »
Un terzo, senza pietà.
« UNA SGUALDRINA »
Un quarto, e la lucidità negli occhi pesti dell'uomo iniziò a sparire.
« SONO UN »
Mi alzai, rifilandogli un calcio sul volto.
« CAVALIERE! »
« Odio questi briganti, altro che seconda possibilità, Padre Zeno. »
Ansimavo e tremavo per quell'improvviso scatto di rabbia. Era per colpa di persone come quelle, ignoranti e selvagge, se il Dortan si era trasformato in una cloaca a cielo aperto, se la speranza di un futuro migliore stentava a rilucere. Non mi importava di avere le mani coperte dal sangue di quella gente, se nemmeno il più retto dei Corvi era riuscito a redimerli sicuramente non lo avrei fatto io. Eppure epurare il mondo dalla loro presenza non mi recava disturbo alcuno, eccezion fatta per il lieve giramento di testa che mi dava l'odore forte e pungente del sangue. Giacevano quasi tutti al suolo, morti o moribondi, tranne uno, alto almeno due metri e con una stazza impressionante anche per un soldato allenato che aveva preso alla gola Erein cercando di strangolarlo.
Afferrai in corsa una delle mie spade, andando al salvataggio.
« Oi, Pauvre connard! »
Assieme a quella volgarissima offesa gli conficcai un dieci centimetri buoni d'acciaio dentro le vertebre. Con un brutale scossone le recisi di netto, mentre un suono inquietante di tessuto lacerato accompagnava la caduta dell'uomo. Urlò per un paio di secondi, quasi fosse un maiale sgozzato, ma poi il dolore lo portò allo svenimento. Oramai non rimaneva nessuno più in piedi, se non noi due.
Mi accertai con uno scambio di sguardi che il Re stesse bene, poi appoggiai le mani sulle ginocchia inspirando profondamente per recuperare dallo sforzo e dalle contusioni riportate in battaglia. A dispetto di qualsiasi allenamento avere un uomo pesante il doppio di me che mi aveva gettata al suolo non era stato propriamente piacevole.
A quel punto, camminando lentamente, mi avvicinai all'uomo che avevo colpito col pugnale, l'unico che fosse ancora in grado di pensare lucidamente. Poggiai il piede sull'impugnatura dell'arma, spingendola leggermente più a fondo.
« Considerati fortunato, per ora ti è rimasta almeno la virilità. Per ora. Sai niente di una ragazza tenuta prigioniera? »