Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Inno alla Corruzione, Decadenza

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Caccia92
view post Posted on 26/5/2015, 23:29




ATTO I: UN SUSSURRO DI BUIO





{Zar, un'isola in mezzo all'oceano}
Alba; POV: un uomo in mezzo ai pesci




« Ho letto da qualche parte di questa conchiglia. Non credo sia commestibile. »
Infastidito, il Māk si avvicinò quanto bastava per allungare il tridente e punzecchiare l'uomo accovacciato sulla sabbia.
L'uomo spiccò un balzo e lasciò cadere l'oggetto che stava rimirando.
« Ahi! Non era necessario! »
Il Māk sbuffò una volta, poi una seconda. Con la sua camminata baldanzosa e un'espressione indecifrabile, raggiunse il limitare della spiaggia. Si bloccò quando i piedi palmati toccarono l'acqua. Gli occhi a forma di palla saettarono verso l'orizzonte, illuminati dal sole che si levava oltre l'infinita linea blu dell'oceano. Restò in silenzio.
L'uomo sorrise mestamente e si affiancò alla creatura. Condividendo il profondo stato riflessivo dell'amico, si fermò anch'egli a contemplare l'alba. Il profumo di salsedine, l'eco dei gabbiani sulla costa e la lieve brezza mattutina favorivano una pace dei sensi tipica delle isole tropicali. L'oceano di Zar poteva essere un luogo spaventoso e meraviglioso allo stesso tempo, con le sue maree insidiose e i paesaggi mozzafiato. Nessuno possedeva il tempo necessario per gustare in toto quell'imprevidibilità azzurra e bianca. I giorni passavano, la barba si allungava e gli indumenti si consumavano. Persino un esploratore doveva capire quando era giunto il momento di voltare pagina.
Il Māk sollevò un braccio squamoso per indicare l'Oriente, muovendo le dita con frenesia. Sovrappose pollice e medio in una sorta di croce, ruotandola verso il basso dopo qualche istante.
L'uomo osservò i movimenti con serietà, le spalle leggermente irrigidite. Fece un cenno d'assenso.
« Hai ragione, Pame. Qualcosa di malvagio sta crescendo sul continente. »
Pame, soddisfatto per la sua intuizione, si esibì in una piroetta con il tridente. Ad Est, nel frattempo, nuvole basse e scure portavano la loro ombra sulle acque di Zar.
« Forse è ora di tornare a casa. »










{Bekâr-şehir, una duna vicino a Ràkk-Siwà}
Crepuscolo; POV: il diavolo e il prigioniero




La notte calava sul deserto, i fuochi si accendevano e le ombre svanivano nell'oscurità. In lontananza si potevano distinguere le affusolate torri del palazzo di Ab'Arghà, così luminoso in confronto al villaggio che si aggrappava alle sue mura. Le voci scemavano nel vento e i viandanti preparavano un giaciglio per recuperare le forze in vista del lungo tragitto mattutino. Chi non era riuscito a raggiungere la città si accampava come meglio poteva, al riparo dagli occhi famelici delle belve del deserto. Tutti, ormai, conoscevano i mostri della gelida nottata del Bekâr-şehir. Nell'ultimo periodo la fauna aveva subito mutazioni spaventose: serpenti, iguane e cammelli si erano trasformati in qualcosa di indefinibile e raccapricciante. "La sabbia ha fame" dicevano i saggi di Ab'Arghà. Qualcuno era giunto alla ovvia conclusione che persino gli uomini non erano al sicuro dalla contaminazione malevola portata dalle montagne dell'Akeran.
Ma ogni cosa stava per cambiare. In peggio.
Il paesaggio desertico del Bekâr-şehir variava a seconda del giorno e delle tempeste di sabbia. Al crepuscolo, poco lontano dall'oasi di Ràkk-Siwà, era cresciuta una piccola duna. Sulla duna, avvolte dalle tenebre, due figure contemplavano l'orizzonte dipinto di viola e giallo. Una di esse rappresentava un uomo piuttosto alto e vestito di stracci; l'altra...non si poteva definire con chiarezza. Possedeva tratti femminili, ma erano contorni sbagliati, contorti, corrotti.
Parlò la donna. Il suo tono era un sussurro di buio.
« Quando si manifesterà il demone? »
L'uomo abbassò il capo e strinse la mascella. Le parole non giungevano solo alle orecchie, penetravano in profondità. Scuotevano l'anima.
« Ti ho già detto che non è un demone. Non puoi controllarlo, te lo garantisco. »
La donna sorrise, scoprendo una fila di denti aguzzi. Il volto era seminascosto da una cappa scura, eppure gli occhi brillavano come due tizzoni ardenti. Dalla pelle si levava una sorta di denso fumo che contribuiva ad offuscare il suo reale aspetto. La sabbia stessa su cui poggiavano i suoi piedi scalzi pareva annerita e sporca.
« L'importante è che sappia guidare i miei discepoli. »
L'uomo avrebbe voluto dire tante cose sull'attuale situazione. Lui era un prigioniero, costretto a compiere quella missione per volere di un altro. Erano passati diversi giorni dall'incontro con Reek, eppure si sentiva ancora oppresso dal suo ordine. "Farai ciò che la Corruzione comanda". Ma cos'era la Corruzione? Un'idea, uno stato d'animo, una catena? In quel momento sapeva solo che doveva sottostare alla figura femminile che si era palesata sulla duna. Non la conosceva, ma aveva capito una cosa di lei: era subdola. Da quando avevano cominciato ad osservare l'orizzonte, una specie di fastidio si era insinuato nella sua mente. Le parole che sgorgavano da quella bocca irta di aculei non appartenevano ad una creatura del mondo conosciuto.
L'uomo aveva paura. Paura di tramutarsi in una bestia demoniaca...perché quella donna controllava i demoni.
« Come riconoscerò i soggetti? »
La donna si voltò e iniziò a discendere la parete di sabbia. I suoi movimenti erano troppo fluidi.
« Attenderai alla Porta Est della città. Saranno loro a trovarti. »










{Ab'Arghà, Palazzo del Califfo}
Crepuscolo; POV: Gran Maestro Samir



Sulla tavola di noce - una rarità per quella zona - sostavano piatti dorati ricolmi di ogni specialità del deserto: bistecca di cammello con purea di banane, risotto con contorno di fave e carne d'agnello, pollo dorato alla cannella, datteri ripieni di mandorle e noci. Il tutto era accompagnato da brocche di vino rosso speziato, posate d'argento e tovaglioli della sete più pregiata. Una cena che avrebbe allettato anche i più schizzinosi.
Il Gran Maestro Samir Husaam Udeen non aveva ancora toccato cibo. Se ne stava immobile sulla sedia, con i gomiti appoggiati sulla superficie in legno e gli occhi bloccati su un punto imprecisato della stanza. La sua espressione era assente, insondabile. Passarono diversi minuti. Di tanto in tanto un rumore proveniente dall'esterno interrompeva il silenzio surreale che si era creato.
Poi, improvvisamente, piatti, bicchieri e posate vennero scaraventati sul pavimento dal braccio del Gran Maestro. I tintinnii che ne seguirono esplosero come bombe metalliche tra le quattro pareti della sala da pranzo. Le varie leccornie che adornavano la tavola schizzarono per terra producendo un suono viscido.
« Come siamo giunti a questo? »
Quando il Califfo era morto, aveva preso in consegna il primogenito ancora bambino. Lo aveva cresciuto, gli aveva insegnato le buone maniere, lo aveva introdotto alla scienza, alla matematica e all'astrologia. Si era prodigato per lui, aveva passato vent'anni al suo fianco. Come poteva fargli questo? Come poteva esercitare una tale pressione sulla popolazione?
Samir non riusciva a spiegarselo. Gli sembrava di aver fatto un buon lavoro con Abdülmek, eppure...eppure il bambino si era trasformato in un uomo crudele e privo di umiltà. Qualcosa si era insinuato nel cuore del giovane Califfo, un seme di follia. Quella situazione lo rattristava, ma non poteva lasciare la gente di Ab'Arghà in mano ad un tiranno. Nemmeno se quel tiranno, durante l'infanzia, lo aveva chiamato "Padre".
Doveva trovare un modo per farlo allontanare dal trono.













CITAZIONE
QM.POINT

Benvenuti alla quest "Inno alla Corruzione". Quello che avete letto - o che dovete ancora leggere perché siete passati direttamente qui - è il primo capitolo o, per meglio dire, la parte introduttiva della storia. Cominciamo con tre filoni narrativi ben differenti fra loro, ma ricchi d'informazioni e personaggi che si amalgameranno in momenti successivi. La sezione centrale è quella che vi riguarda più da vicino: sapete di una figura maschile - vi anticipo che si tratta di Robert, il mio personaggio - che sta attendendo il vostro arrivo alla Porta Est di Ab'Arghà. Vediamo più nel dettaglio cosa vi sarà richiesto di fare in questo primissimo turno.

• Cosa succede ai vostri personaggi: venite insidiati dalla Corruzione. Descrivete la scena come volete, prendendo ovviamente spunto da ciò che avete già scritto nell'iscrizione al bando. L'effetto corruttivo può essere dei più vari, potrebbe anche modificare leggermente il vostro aspetto (ma agite con cognizione). Avete piena libertà su luogo dell'accaduto, modalità e conseguenze. Dopo l'avvenimento, sarete totalmente o parzialmente corrotti - come preferite - e percepirete il bisogno disperato di recarvi ad Ab'Arghà. Non potete sottrarvi a questo richiamo che per voi rappresenterà un bisogno fisico al pari di sete e fame. Concludete il post con l'arrivo alla Porta Est e il riconoscimento di Robert come alleato.

• Cosa sapete della città: conoscete l'ubicazione e il tipo di clima. Sapete che la popolazione è da tempo oppressa dalla mano del monarca che governa l'oasi. Sapete anche che i punti di maggior interesse sono il mercato principale, le ville vicino all'oasi e il palazzo del Califfo.

• Cosa sapete dei personaggi e del governo: il Califfo si chiama Abdülmek e ha tre figli. Il primogenito si chiama Ameir Adil. Il Califfo detiene il potere assoluto, ma ha tre consiglieri principali, Abdul-Haafiz, Samir Husaam Udeen e Khuzaymah.

• Informazioni utili: in questa giocata vi saranno dati degli obiettivi da raggiungere. Non siete obbligati in nessun caso a compiere azioni che andrebbero contro la vostra volontà, tuttavia vi devo mettere in guardia: ogni volta che non rispetterete gli ordini, subirete un danno Medio alla psiche. Quando comparirà questo tipo di scritta ---> Scritta vi saranno proposte delle opzioni.

Mi pare tutto. Se avete domande usate il topic di confronto. Per questo primo giro vi lascio sei (6) giorni per organizzare e concludere il post. Buon game.
 
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view post Posted on 30/5/2015, 22:07
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{Bekâr-şehir, nei pressi di Ràkk-Siwà, pomeriggio}
La detonazione sentenziò la condanna, accompagnando la caduta dell'uomo con tanta indifferenza quanto quella del timbro atono del martelletto di un giudice legislatore. L'eco dell'esplosione violò il naturale sottofondo musicale dell'ecosistema, stuprando il canto della Madre con il ghigno agghiacciante del Demone. Il rombo dello sparo raggiunse una tenera coppia di suricati al limitare del crostone, che soltanto un attimo prima si era fermata ad osservare incuriosita la scena. Ai loro piccoli occhi, quella vignetta era dovuta apparire insolita e singolare. Si erano tenuti per mano come due giovani sposini finché quel suono terrificante, che ricordava un po' le scudisciate nelle schiene scoperte degli schiavi ribelli, non li aveva traumatizzati. I due animaletti erano allora saltati via, abbandonando il deserto in un rapido trotto.
La mano del dannato tremava sotto il peso dell'arma. No, era più probabile che in realtà fosse la desolazione viva nella sua colpevole estremità a far vibrare la pistola. Levi cadde in ginocchio, scosso da un dolore profondo. Il suo braccio, ancora teso in aria, indicava il punto dove solo qualche momento prima aveva trottato, pieno di vitalità, il cuore di un uomo innocente.
La pistola espirò fumo denso, spavalda e compiaciuta, ricordando un pezzo da novanta che fuma un sigaro messicano dopo un colpo di rapina ben riuscito. Un malore nauseante risalì lungo tutto il corpo del dannato, attraversando dapprima le radici abissali della sua anima, per eruttare infine dalla sua bocca, come un vulcano paonazzo, dando forma alla violente scarica che dilaniava il suo cuore. Il pistolero riuscì ad articolare soltanto una negazione convulsa, prolungando la o finale per un tempo che parve infinito. Urlò, ferendo i suoi polmoni, come mai avrebbe creduto possibile. Attimo dopo attimo, la sua voce impallidì sempre più, fino a diventare uno sgraziato rantolo indistinto, permeato di pura contraddetta emozione. Quando infine perse il fiato, il dolore di Levi trovò consistenza nelle tiepide cascate di lacrime sincere che solcarono la pelle arida del suo viso, donando concretezza al suo dispiacere e alla sua innocenza.
Il dannato non pensò a niente, non disse niente. Nessun pensiero e nessuna parola sarebbero state di consolazione per lui, né tantomeno per Jeremie Hilger. Neanche l'ombra di una preghiera sfuggì dalle labbra screpolate di Levi, mentre scavava la fossa dove il corpo senza vita della vittima avrebbe riposato in eterno. Il pistolero aveva chiuso da tempo con le divinità. Nemmeno una fievole canzoncina malinconica accompagnò l'anima perduta dell'uomo ambrato lungo il suo intricato sentiero astrale. Niente di niente. Solo un silenzio di tomba, colorito di tristezza, frustrazione, rabbia e impotenza, misto ad un pesante strusciare della vanga contro la superficie polverosa del deserto.
Quando finì il suo lavoro, Levi si voltò in direzione sud, verso la sagoma affascinante del sole di tardo pomeriggio. Sembrava di vedere un'arancia succosa, gravida quanto la mammella di una giovane balia, galleggiare sulla superficie pacifica di un mare caraibico. Il volto del dannato era punteggiato da gocce di sudore e da stille di sangue. Sangue che non gli apparteneva. Gli occhi del pistolero erano lucidi, e fissavano un punto vuoto oltre i confini dell'orizzonte. La sua mente offuscata era carica di nuove voci, cori contrari che lo maledicevano e lo insultavano. Il dannato trovò accordo nelle loro opinioni, ma non conforto, per quello aveva bisogno del whisky.
Levi si incamminò verso Ab'Arghà. Sotto l'ombra cupa del cappello che mascherava il suo volto, intonò un triste motivetto stonato con la sua vecchia armonica, fedele compagna di innumerevoli meste avventure.






{Ab'Arghà, crepuscolo}
Al centro della pagina numero venti del taccuino brillava, in lettere carmini animate da una scrittura ricercata, il nome 'Jeremie Hilger', vergato da una decisa riga d'inchiostro scuro. La linea seviziava l'eleganza delle lettere con tanta brutalità quanto quella dell'impronta selvaggia dell'artiglio di un predatore sul volto di un animale maestoso.
Al terzo bicchiere le voci nella sua testa erano sparite. Al sesto, era svanito anche il chiasso della bettola, prodotto da uomini stanchi in cerca di un divertimento incondizionato. Chiamarla osteria sarebbe stato un complimento esagerato. La taverna contava di un gigantesco tendone dai colori sgargianti, ora sbiaditi dalla luce calante del sole, sorretto alla bell'e meglio da paletti di legno così piccoli che a Levi parevano tremolare dal loro sforzo enorme, minacciando di rompersi da un momento all'altro e di sopprimere la festa come un bicchiere di vetro che estingue la fiamma di una candela rovente. Al settimo bicchiere Levi versava in condizioni pessime. L'oste, che non intendeva aver problemi nella sua umile magione, lo cacciò dal locale con un plateale calcio nel culo.
Il mondo variopinto di Ab'Arghà, nelle sue infinite tonalità di colori, suoni e profumi, investì le iridi annebbiate del pistolero, e tutto cominciò a vorticare e a collassare su se stesso, come se Levi fosse stato catapultato al centro di un gigantesco buco nero. Il dannato cadde a terra, sbattendo violentemente la testa contro il pavimento di pietra. Per fortuna il colpo fu smorzato da un soffice velo di sabbia interposto tra due mattonelle. Dall'angolo della sua bocca sbucò fuori bava densa di rigurgito e sangue. Quando si rialzò - vi riuscì solo al terzo tentativo - il giramento di testa fu tale da farlo scivolare nuovamente in ginocchio. Levi si sforzò, concentrando la propria attenzione sulle sagomi nitide delle tende policromi ai bordi dell'orizzonte. Tentò di focalizzare il suo sguardo e di fermare la nauseante oscillazione dei locali del Ràkk-Siwà. I suoi sforzi terminarono senza successo, accompagnati da un getto di vomito tiepido dal retrogusto di rovere. "Non male" si compiacque il dannato, con un sorriso disinvolto sul volto anestetizzato. Si soffermò a osservare le sue mani e una remota pulsione irrefrenabile infiammò allora la sua anima. Quella sera il pistolero, più ubriaco che mai, non riuscì a contrastare il richiamo della condanna, e abbandonò la sua anima perduta alla fame immonda del diavolo, come un bambino che si lascia convincere da uno sconosciuto ad accettare la caramella che gli porge, con tanto di sorriso smagliante. Il mix di alcool e corruzione gli fecero vivere una delle esperienze peggiori della sua vita, sotto forma di un trip mentale dissennato.

...Un bambino, sì, sono il bambino che ha accettato la caramella dallo sconosciuto. Mi specchio in un vetro e vedo un bambino. E dietro al bambino vedo un altro specchio e dentro lo specchio vedo un terzo specchio, e dentro quello un altro e un altro e un altro e un altro ancora. E io cado in uno di quei tanti specchi, ma il vetro è gelatinoso, non duro, e mi avvolge in un abbraccio materno. Ma è freddo e mi soffoca. Così urlo, e allora capisco che non sono più un bambino, no, perché la mia voce è troppo matura. Così riapro gli occhi e cerco uno specchio per avere conferma delle mie certezze, ma adesso vedo una mosca. Le sue zampe zampettano, ma sono troppe per essere le zampe zampettanti di una semplice mosca zampettante. Ora guarda, che schifo, comincia a strofinarsi la faccia con tutte quelle zampe zampettanti, e a me guardarla mi da il voltastomaco, perché quella mosca è un mostro. Sì, prima non avevo fatto caso alle sue dimensioni grottesche, ma adesso la vedo chiaramente: è gigantesca. Così mi volto e mi tappo le orecchie. Perché lo faccio? Non lo so, ma quando tolgo le mani dalle orecchie, sento una voce squillante, la voce della mosca che mi chiama per nome. Ma quando mi volto la mosca se n'è già andata. Vedo una signora, adesso. Oh sì, mi ricordo di lei, è Jeanne, una minatrice del villaggio di Taos, aos-aos-aos. È divertente, mi piacciono i giochi di parole. Eccetto uno, quello che mi ripeteva Ronald la notte, quando ancora avevo paura del buio. Ma non mi ricordo come faceva quel verso, e se mi sforzo troppo provo ancora quel dolore fastidioso, proprio qua, alla bocca dello stomaco. Mi sento male, tanto male, forse sono malato e dovrei farmi visitare da un medico. Ehi, quello là potrebbe essere un medico. No, no che non lo è, quello è malato proprio come me. Sto stringendo una pistola, adesso, sì, la stringo tra le mani e stringerla mi stringe il cuore perché è bella la pistola. Non solo è bella ma è viva, è l'unica cosa qua attorno che non è offuscata, perché è viva, lo so. Tutto il resto sembra appartenere a un sogno allucinante. Ma non può essere un sogno allucinante perché c'era Jeanne là dietro, con i denti d'argento e le monete d'oro a riempirle le tasche. Era felice e io ero felice per lei. Ma ora è diverso, perché so di stringere una pistola, e stringere una pistola mi dà una sensazione meravigliosa. Sento i miei testicoli contrarsi e il mio organo riproduttore indurirsi, premere con forza contro la cucitura dei jeans, e questo mi fa godere come un pazzo suicida. Stringo la pistola e mi sembra di stringere il fianco caldo e sudato di una donna formosa. Io voglio possederla e a stento mi trattengo dal leccare la sagoma metallica della pistola. Ora non è importante godere di lei, ora è fondamentale giocare con lei, con il suo grilletto. Quando lo premo lei gode, lo so, lo ricordo, ogni volta che lo faccio lei grida di piacere, e quando lei grida di piacere un uomo cade, e quando un uomo cade io provo ancora più piacere, perché possiedo un potere senza confini pari solo alla forza onnipotente di un dio, proprio qua, sotto il sottile polpastrello dell'indice della mano destra. Ed è tutto mio questo potere, solo mio, ah-ah-ah.

«Cu-cù...»
Sì, ora mi ricordo, faceva proprio così il verso di Ron che mi metteva paura.
«...e chi saresti tu?»

E rido, sento la mia risata riempirmi le orecchie. Non riesco a smettere e credo di lacrimare dalle risate. Ho armato il cane e adesso punto la pistola contro la fronte dell'uomo che solo un'attimo fa avevo creduto fosse un medico. Ma non voglio sparargli, non ancora almeno. Anzi forse non gli sparerò affatto. Forse. Intanto sono curioso di vedere come reagirà, irà-irà-irà, nel trovarsi davanti una pistola strepitante vibrare nella mia mano vogliosa di godimento, puntata contro la sua testa vuota.




the Gunslinger
B (-5); M(-10); A(-20); C(-40)

Fisico 75/75
Mente 75/75 Ubriaco
Energia 150/150

Passive
- capacità di difendersi da più attacchi fisici o da attacchi fisici inaspettati (6/6)
- capacità di comprendere classe e talento del bersaglio (6/6)
- difesa psionica passiva (6/6)
- le tecniche attive di classe causano una malia psion di compassione nel bersaglio (6/6)

Attive
-
-

Equipaggiamento
- Revolver (6/6), impugnata
- Armatura naturale, pelle coriacea
- Arma naturale, artigli retrattili (retratti)
- Cinturone (36/36), munizioni per il revolver

In breve
Levi uccide la sua ventesima vittima designata. Il dolore lo divora a tal punto che cerca di trovare conforto nell'alcool, esagerando. Finisce quindi per ubriacarsi, lasciando via libera al richiamo della condanna che si manifesta sotto forma di una pulsione irresistibile e perversa.

Note
A me è sembrata una bella trovata per dare libero sfogo alla fame irrazionale del demone far ubriacare il mio personaggio, e allo stesso tempo anche un'ottima opportunità per sperimentare una nuova forma di scrittura che non avevo ancora mai avuto occasione di sperimentare. Purtroppo non so quanto, in questo modo, sia restato coerente con la trama della quest e nel caso avessi esagerato troppo nella manifestazione della sbronza o della corruzione chiedo venia. Spero inoltre che il passaggio a metà post dalla terza persona tempo passato alla prima persona presente non abbia stonato troppo. Ho preferito passare ad uno stile più diretto, immerso nel viaggio mentale del mio personaggio.


 
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Ark
view post Posted on 2/6/2015, 20:05




~ Acqua e Ombra



      Il sole brillava nel cielo senza una nuvola, caldo ed implacabile. La sabbia sollevata dal vento cercava con insistenza d’infilarsi nei miei occhi, costringendomi ad evocare un paio di grossi occhiali dalle lenti circolari per riuscire a vedere qualcosa. Mi trovavo sopra una duna, con intorno a me nient’altro che sabbia, rocce e piccoli ciuffi d’erba s’ostinavano a sopravvivere in quell’ambiente spoglio, ondeggiando solitarie.
      Non sapevo perché avessi aperto un Varco fin lì, quando me ne sono andato dal Sürgün-zemat e dal Baathos. I ricordi di quell’assalto erano confusi… Nella mia mente c’erano soltanto immagini, come se avessi dei buchi nella memoria. Orde di demoni in carica, con dietro una bestia enorme e terribile… Ricordo di aver provato paura, tanta da farmi tremare le ginocchia, ed una flebile speranza di sopravvivere. Adesso, invece, non provavo nulla. Mi sentivo in pace, veramente tranquillo per la prima volta da parecchio tempo. Come se mi fosse stato tolto un peso che mi opprimeva, rendendomi libero.
      Qualsiasi cosa fosse successa in quel buco demoniaco, probabilmente mi aveva fatto un favore.
      Voltai lo sguardo verso ovest, dove sentivo di voler andare. Era una strana consapevolezza, leggera ma insistente, come se qualcosa mi avesse infilzato un amo nei visceri e stesse dando leggeri strattoni verso una direzione precisa.
      Sapevo che Borin ed Elayne si sarebbero preoccupati se non mi avessero visto ritornare, a questo punto, tuttavia la cosa non mi importava. Perché avrei dovuto decidere cosa fare in base a ciò che loro si aspettavano da me? Che motivo avevo di tornare nei Quattro Regni, continuare a combattere e rischiare la vita per un popolo che non poteva essere governato se non dal caos?
      Il pensiero distrusse quella sensazione di tranquillità, facendomi stringere i pugni dall’irritazione. Non per quanto i miei tentativi come Sussurro di aiutarli fossero risultati vani, ma di come mi fossi sentito in dovere di aiutarli. Erano più deboli di me, incapaci di difendersi, e questo rendeva la loro vita più importante della mia stessa incolumità? La compassione per loro mi aveva reso stupido, cieco, e tutto solo per “un fine superiore”.
      Sputai a terra tanto per rendere chiaro al mondo cosa ne pensavo di quell’idea, anche se intorno a me non c’era nessun testimone. La sabbia assorbì immediatamente la saliva, e la secchezza della mia gola mi fece rendere conto che ero in mezzo al deserto senza il minimo equipaggiamento. Le mie vesti erano lacere per i combattimenti nel Baathos, lasciando esposte al sole cocente le ferite che stavano cominciando a guarire.
      Il caldo aveva già cominciato a farmi sudare, e se non trovavo in fretta delle scorte d’acqua era improbabile che riuscissi a raggiungere alcunché. Certo, potevo tornare indietro a Taanach con un Varco e chiedere a Borin di prestarmi il necessario, ma in verità la sola idea di parlare con lui mi dava una sensazione di repulsione. Avrebbe fatto domande al quale io non volevo o non potevo rispondere, ed avrei davvero preferito evitarlo.
      Così cominciai a camminare, ma non direttamente verso qualsiasi luogo dovessi raggiungere. Un po’ più a nord percepivo delle persone, probabilmente una delle tante carovane di mercanti che popolavano la zona, e probabilmente avrei trovato qualcosa di utile con loro. Fortunatamente non si trovava che ad una mezz’ora di cammino a passo svelto, e non era che una piccola pozza d’acqua attorno alla quale una carovana stava facendo abbeverare i cammelli.
      Acqua e ombra, le cose più preziose che potevi trovare in un deserto.
      Percepivo tre persone, quindi non dovevano essere mercanti molto facoltosi, e mi avvicinai a loro a passo spedito. Non stavo facendo assolutamente nulla per nascondermi, e presto una delle sagome in lontananza sembrò accorgersi di me e chiamò gli altri due, avvertendoli del mio arrivo.
      Due uomini mi vennero incontro a metà strada, lasciando indietro una ragazza che avrà avuto la mia età. Entrambi sembravano aver passato la quarantina, ma questa era l’unica cosa che li accumunava. Uno era basso, con il ventre che cominciava a tirare i bottoni del vestito arancione e blu che indossava, la testa calva che luccicava di sudore a causa del caldo desertico. L’altro era più alto e robusto, indossava un’armatura di cuoio e portava una spada al fianco che, da come si muoveva, sembrava essere in grado di usare. Portava dei folti baffi e i capelli lunghi tenuti fermi dietro da un laccio, e mi squadrava con occhi sospettosi.
      « Cosa ti porta qui, straniero? » mi chiese l’uomo che era chiaramente una guardia del corpo, ed io ricambiai il suo sguardo. L’uomo sbatté le palpebre all’improvviso, dopodiché impallidì visibilmente, portando per un attimo la mano sulla spada al suo fianco. Cosa aveva visto nei miei occhi?
      « Ho bisogno di un mantello, acqua e cibo per un viaggio verso Est. Non voglio farvi del male » risposi, notando la reazione spaventata dell’uomo. La verità era che non mi importava se avrebbero collaborato o meno, avrei preso ciò che mi serviva da loro. Se avessero combattuto per impedirmelo non mi sarei tirato indietro dal far capire loro che non mi avrebbero fermato.
      Il mercante sembrò adirato dalla mia risposta, la testa pelata che s’imporporava dalla rabbia. « Perché dovrei dare la mia roba a… » s’interruppe quando la guardia gli poggiò una mano sul braccio, scuotendo lentamente la testa e sussurrandogli delle parole all’orecchio che non riuscivo a sentire. Probabilmente quel fesso non s’era nemmeno reso conto che avevo già messo la mano alla spada mentre lui s’infervorava.
      L’uomo guardò prima la guardia e poi me, indugiando un po’ di più sulla mano che stringeva il fodero, ed annuì con riluttanza. Si girò e camminò verso il carro alle ombre delle palme, la ragazza – probabilmente sua figlia – che si avvicinava a lui e scoccava sguardi preoccupati verso la mia direzione. Restai in silenzio mentre aspettavo che l’uomo mi portasse ciò che avevo chiesto, e quando mi porse un mantello di ottima fattura lo indossai immediatamente, sentendo già da subito il calore diminuire non appena mi alzai il cappuccio. Una sacca conteneva del cibo ed una grossa borraccia dell’acqua, che io afferrai e feci svanire subito dopo aver preso una lunga sorsata. Un tempo il lampo sarebbe stato di pura luce bianca, tuttavia questa volta la luce sembrava più scura, come se qualcosa avesse aggiunto del nero e l’avesse mescolato al colore normale. In ogni caso funzionò come al solito, ed io non me ne preoccupai oltre.
      Quella manifestazione di magia causò un sussulto da parte del mercante e della ragazza, che s’era avvicinata seguendo il padre ma non dalla guardia. Almeno lui aveva visto della magia in prima persona, pareva.
      « Ho bisogno di informazioni. Cosa c’è ad ovest di qui? » Era lì che sentivo di dover andare.
      « Ab’Arghà, mastro mago. » Non aveva idea di come chiamarmi, ed io non avevo interesse nel presentarmi, né per i loro nomi.
      Mi limitai ad annuire, all’improvviso sapendo che era quello il posto che stavo cercando.
      « Dimmi ciò che sai sulla città. »

      Adrin esalò un respiro di sollievo quando il ragazzo finalmente s’allontanò dall’oasi, dirigendosi verso la città, e si passò un fazzoletto sulla fronte madida di sudore.
      « Padre, non capisco » disse Natasia, sua figlia « Perché gli hai dato il tuo mantello migliore? E quelle erano le scorte che ci servivano per il viaggio nel deserto! E i suoi occhi… come può un ragazzo così giovane avere uno sguardo così freddo? »
      Il mercante non rispose, scambiando un’occhiata d’intesa con Masema, l’uomo che aveva assunto per difenderli dalle belve del deserto che in questi ultimi tempi erano sempre più pericolose, specialmente di notte. Come poteva dirle che non era riuscito a distogliere lo sguardo da degli occhi così intensi, che sembravano penetrargli nel cervello? E quell’aura di oscurità… Non sapeva come spiegarlo, ma osservandolo con la coda dell’occhio aveva visto un alone nero intorno a lui, anche se scompariva nel momento in cui cercava di guardarlo direttamente.
      « Questo deserto diventa sempre più pericoloso » disse Masema continuando ad osservare la schiena di quell’inquietante ragazzo che si faceva sempre più piccola « Anche di giorno. »
      Adrin annuì, come se avesse appena preso una decisione difficile.
      « Partiamo non appena i cammelli hanno finito di bere » disse « Ce ne andiamo da questo maledetto posto. »

      L’affusolata torre del palazzo del Califfo si stagliava sul cielo innanzi a me, come cercando di ghermirlo. Oltre al palazzo era visibile il grande lago che aveva permesso a quella città di esistere, scintillante nella luce del crepuscolo. Il sole morente tingeva tutto di una tonalità rossastra, mascherando i più svariati colori delle tende che formavano il grosso della città.
      Un tempo mi sarei soffermato ad osservare la bellezza del paesaggio, ma quella sera né l’elegante edificio bianco né le limpide acque dell’oasi attirarono particolarmente la mia attenzione. Mi focalizzai invece sulle mura, che sentivo essere la mia meta. Lì qualcuno mi stava aspettando.
      Camminai assieme ad altre persone, infastidito dal loro continuo parlare di cose che non mi interessavano e dalla loro vicinanza. Ahimè non potevo farci nulla, siccome in molti stavano cercando di entrare in città per non passare la notte all’esterno, dove pericolose creature avevano cominciato a circolare. Ero circondato da mercanti e nomadi, tutti con la carnagione scura, dai volti segnati dal vento e coperti da cappe dagli svariati colori per proteggersi dall’inclemenza del sole. Io non parlai con nessuno di loro e nessuno di loro cercò di parlare con me, e mi andava benissimo così.
      Quella sensazione sembrava condurmi dritto come una freccia verso un uomo in particolare, vestito di stracci logori e piuttosto alto. La sua carnagione chiara lo rendeva abbastanza distinto dal resto delle persone, ed aveva un’aria sciupata e una barba incolta che gli davano un’aria malaticcia, nonostante sembrava tenersi in piedi con disinvoltura. Mi avvicinai a lui abbassando il cappuccio, non più necessario siccome il sole stava calando.
      « Ti stavo cercando. »

ReportStato Fisico ~ 125/125.
Stato Mentale ~ 75/75.
Energia ~ 100/100.
CS ~ 0.
Consumi ~ [0 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Sul mio fianco.
» Arco ~ Sulla schiena.
     Frecce ~ 15.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Biglia Stordente ~ 1.
» Biglia Accecante ~ 1.
» Biglia Oscura ~ 1.
» Biglia Deflagrante ~ 1.

Abilità passive
» Duro A Morire
     Capacità di difendersi in modo istantaneo. (0/6)
     Capacità di difendersi in modo inconscio. (0/6)
     Le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo. (0/6)
     Le persone hanno fiducia in lui. (0/6)
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS. (0/6)

» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone. (1/6)
» Inarrestabile ~ Può ignorare qualsiasi tipo di sofferenza fisica. (0/6)
» Esperienza ~ Shaoran può difendersi senza essere antisportivo da un grande numero di attacchi o da attacchi inaspettati. (0/6)
» Vigore Riflesso ~ Quando un nemico utilizza una tecnica attiva che aumenta le CS nella sua riserva, Shaoran può guadagnare 1 CS a sua volta all'Astuzia. (0/6)
» Perizia ~ Quando Shaoran utilizza una tecnica di Power-Up ottiene 1 CS aggiuntivo da sommarsi a quelli normalmente forniti dalla tecnica, dello stesso tipo. (0/6)


Abilità Attive
Richiamo ~ Avere sempre a portata di mano il proprio equipaggiamento è una delle leggi fondamentali per chi vuole sopravvivere all'aperto, ma è importante anche viaggiar leggeri.
Applicando una speciale runa sugli oggetti Shaoran può richiamare armi, armature oppure oggetti particolari a comando, che gli appariranno in mano - o indosso, in caso di armature - in un lampo di luce. La distanza non ha importanza perché questa tecnica abbia efficacia, tuttavia è in grado di farlo solo con equipaggiamento di sua proprietà, ed uno alla volta. Allo stesso modo sarà in grado di farlo sparire, come se l'equipaggiamento finisse in una dimensione alternativa da cui solamente lui in seguito potrà recuperare nuovamente.
Consumo ~ Nullo.
Natura ~ Magica.


Varco ~ Piegando lo spazio Shaoran è in grado di creare un varco a mezz'aria, che si formerà all'inizio come una sottile linea verticale di luce, alta un paio di metri, che si aprirà come se fosse una finestra che porta ad una dimensione parallela. Se qualcuno la guardasse lateralmente non vedrebbe nulla, se non avvicinandosi bene. Oltre il varco v'è un'immagine esatta del mondo circostante, tuttavia chi vi sta all'interno non può in alcun modo interagire con esso pur vedendolo normalmente. Creando un secondo varco Shaoran è in grado di riapparire immediatamente in un altro punto del mondo, e volendo può mantenere il varco per portare con sé anche due o tre persone alla volta.
Se usato in combattimento ha valenza di difesa assoluta, e potrà spostarsi solo nel campo di battaglia.
Consumo ~ Nullo.
Natura ~ Magica.




 
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Numar55
view post Posted on 3/6/2015, 00:11




Due settimane prima, Confine con l'Alcrisia

Un mare di sabbia si stendeva dinnanzi a sé, un luogo desolato ed inospitale ove la terra stessa pareva emettere calore. Il quale se vi si aggiunge quello del sole cocente e la scarsità d'acqua convincerebbe qualsiasi persona sana di mente a fare marcia in dietro verso i ben più civilizzati territori del Dortan. Ma del resto una persona sana di mente non avrebbe delle cazzo di voci nella sua testa!

L'Akeran ti chiama, così come tutti i suoi figli...

Non aveva idea di cosa intendesse con "i suoi figli" ma preferì non indagare; dopo giorni di cammino si era quasi abituato ai vaneggiamenti di quella voce femminile. Quasi.

"L'unica cosa che sento al momento sei tu!"

Voleva usare un tono seccato ma la mancanza d'acqua ed il caldo fece uscire la sua frecciata come una serie di alquanto tristi rantolii. Comunque aveva avuto l'effetto sperato: finalmente si era zittita, pareva quasi che se ne fosse andata. Naturalmente sarebbe stato troppo bello per essere vero; era ancora lì, lo percepiva dai numerosi codici rossastri che svolazzavano per l'etere. Grossi vermi numerosi che si contorcevano a pochi centimetri dal suo volto.
Decisamente non un bello spettacolo.

"E anche se l'Akeran mi chiamasse, non credo che sarebbe così stupido da farmi attraversare il deserto a piedi!"

Il deserto è la tua metà.

"Non capisco perché sto ad ascoltarti...
A Khalir mi hai fatto quasi ammazzare della gente!"


Eppure eccoti qui.

Un sospiro. Si considerava uno con la lingua sciolta ma non aveva una risposta adeguata in quel momento. Era vero: la prima che aveva risentito quella sottospecie di "donna digitale" l'aveva mandata a fare in culo, ma poi col passare dei giorni l'aveva inconsciamente ascoltata. E seguita.
Non ne comprendeva ancora il motivo; le gambe gli si erano quasi mosse da sole, nonostante il suo desiderio di andare da tutt'altra parte (o di fermarsi almeno a riposare un attimo!). La odiava ma sapeva toccare i punti giusti...

Hai fatto ancora quei sogni, Jack ?

Quel sibilo sussurrato gli passò accanto alle orecchie facendolo rabbrividire. Questa era la cosa che più lo terrorizzava di quella donna, lei sapeva. Sapeva delle immagini che tormentavano le sue notti, delle visioni dell'uomo che aveva ammazzato e delle violenze da lui compiute.
Gli aveva promesso la pace, le notti prive di sogni. Sinceramente aveva il sospetto che fosse quella stronza a farglieli venire, ma anche in quel caso l'unica occasione che aveva di vivere tranquillo (almeno in ipotesi) era assecondarla.
Ma rimaneva dubbioso.

La pace ti attende, ragazzo...

Mooolto dubbioso.
Tuttavia prima che potesse controbattere, aveva già ricominciato a camminare.


Oggi, Ab'Arghà

Superata l'ennesima fottuta duna il palazzo del Califfo apparve all'orizzonte, circondata da quel lago desertico e dal resto della città. Finalmente era arrivato.
Con un gesto secco si portò la borraccia alla bocca bevendo l'ultimo sorso d'acqua rimastogli. Sulla superficie di cuoio ammaccata vi erano ancora tracce di sangue raggrumato; alcune erano addirittura rimaste tra i vestiti (del resto non ci si può aspettare di spaccare un cranio ed uscirne intonsi) ma fortunatamente le tenebre notturne nascondevano quasi ogni traccia. Presentarsi con delle chiazze di sangue non era il modo migliore ma sempre un travestimento migliore di una canottiera. Gli abiti del viandante che aveva incontrato era lunghi e marroncini, facendolo assomigliare in tutto e per tutto ad un comune abitante dell'Akeran. Vero, aveva gli occhi infossati per le notti insonni e vene rossastre che gli attraversavano le tempie ma il velo che gli copriva il volto risolveva il problema.
Aveva abbandonato da giorni la giacca senza pensarci (dopotutto metteva solo caldo) e la katana, su suggerimento della Voce Rossa. Dopotutto, come gli aveva spiegato, era inutile tenerlo se non usava la lama.

Ti aspettano alla Porta Est.

Lui annuì freddamente, senza dire una parola.
La pace lo attendeva a poche centinaia di metri.




Jack Montague


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%

Mente: 75%

Energia: 150%


Passive:
- Può trasformarsi nella sua forma demoniaca di notte (6)
- Gli attacchi fisici causano danno all'energia (6)
- Malia psionica che spinge ad abbassare le armi (6)

Attive:


Note:

Perdonate il ritardo! Il mio pg viene spinto nell'Akeran (posto che lui odia per eventi passati) dalla Voce Rossa che gli promette la pace dai suoi rimorsi ma lo corrompe man mano convincendolo a buttare via la sua giacca (che lui adora) e la katana.

 
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Caccia92
view post Posted on 7/6/2015, 14:29




ATTO II: VELENO PER IL POPOLO






{Regione di Dorhamat, una spiaggia nascosta}
Mattino; POV: un uomo pieno di dubbi





Il piede poggiò sicuro sulla superficie rocciosa dello scoglio. Le mani delicate trattennero con forza la corda, tirando la piccola imbarcazione verso lo scalo naturale della costa di Dorhamat. La zona non era ancora stata scoperta dai pirati e nessuno era riuscito ad aggirare le pietre taglienti che sbucavano in mezzo al golfo. La risacca delle onde aveva generato una grotta che poteva fungere da riparo o da trappola mortale quando la marea si alzava. Persisteva un odore pungente di salsedine e sale.
L'uomo assicurò la corda ad uno spuntone, poi si voltò verso l'oceano e trasse un profondo respiro. Tre giorni erano stati necessari per raggiungere l'approdo, ma il bel tempo e le acque calme avevano favorito il suo viaggio. Tutta quella "fortuna" era dovuta alla profonda conoscenza dei Māk che, durante il suo soggiorno nelle varie tribù, gli avevano insegnato a calcolare con precisione mostruosa venti, correnti e temperatura. Senza di loro probabilmente non sarebbe riuscito a tornare così in fretta sul continente. E se i suoi occhi potevano contemplare con mesta soddisfazione la distesa blu dello Zar, il suo cuore rimpiangeva ciò che aveva lasciato nell'ombra dell'ignoranza. Si sentiva come una fetta di pane su cui era stata spalmata poca marmellata: stuzzicante e poco appagante. Avrebbe voluto insegnare molto ai Māk e apprendere da loro tutto quanto, dai riti tribali durante la luna nuova alla caccia dei grandi Kraken Abissali.
« Mi mancheranno quei mostriciattoli. »
L'uomo avvertì un pressione sulla gamba sinistra, come lo stringere di una morsa, seguita da un verso gutturale. Abbassò lo sguardo quel tanto che bastava per individuare Tlaloc, uno degli sciamani anziani dei Māk. La creatura era rimasta in silenzio fino a quel momento, contemplando l'oceano insieme a lui. Tlaloc non conosceva la lingua comune - non aveva voluto apprenderla - ma sapeva riconoscere le parole che denigravano il suo popolo. Per quel motivo si era adirato.
« Perdonami, non era per mancarti di rispetto. » una mano sul petto, l'altra tesa in avanti « Dov'è Pame? » due dita puntate sulle palpebre chiuse, il raschiarsi della gola per il nome.
Tlaloc esibì entrambi i palmi per accettare le scuse, poi raschiò la gola a sua volta e indicò uno scoglio vicino. Pame, furioso per essere giunto in ritardo sulla costa, si stava scrollando l'acqua di dosso sulla punta della roccia. Stringeva il suo arpione con le poche dita che gli restavano e la cresta sulla schiena era di un arancione acceso, sintomo della sua rabbia.
L'uomo sorrise e si domandò come avrebbe fatto a passare inosservato con i suoi due nuovi compagni di viaggio. Era davvero contento di poter condividere le sue avventure con la coppia di Māk, tuttavia...Theras era un posto pericoloso. La sola aria che si respirava sul continente possedeva una nota oscura rispetto al passato, un sentore di marcio che inquinava persino un'ambiente così distante come la costa di Dorhamat. Sicuramente qualcosa non andava e lui doveva assolutamente capire cosa. I suoi sospetti erano dei più neri.
« Questa è la mia terra. » un dito puntato al petto e uno al suolo « Ed è stata ferita dal Male. » il pugno destro chiuso, quello sinistro teso a formare un artiglio.












{Ab'Arghà, Porta Est}
Notte; POV: gli oscuri




Gli occhi di Robert erano in attesa di qualcosa. Scattavano sui volti dei pellegrini, sui forestieri, sulle guardie dorate della città. Il caldo e l'afa lo pressavano, lo inducevano a lasciarsi andare, ma doveva mostrarsi almeno una volta ai corrotti prima di cedere il posto al Divoratore. Corrotti...come se lui non lo fosse. Quella rabbia, quella frustrazione che da alcuni giorni lo rendeva così irritabile era sicuramente un brutto segno. Percepiva una sorta di impulso irrefrenabile che lo spingeva a fare del male. Male fisico. Anche in quel momento, mentre scrutava le persone che varcavano la soglia di Ab'Arghà, le sue mani tremavano e si serravano, desiderose di colpire una superficie solida. Era strano ricordare una sensazione simile quando si era interconnesso con D., sperimentando la sua insaziabile fame di sogni e pensieri. Chissà cosa provava la creatura nello stato attuale. Non parlava con lui da diverso tempo, ormai...da quando aveva accettato di servire le tenebre.
Fortunatamente, le riflessioni di Robert si interruppero bruscamente. Tre figure emersero dalla notte del deserto e lo avvicinarono in rapida successione. Erano giovani e belli, tuttavia si poteva notare nel loro sguardo il seme della follia. Uno di loro, chiaramente ubriaco, gli puntò addirittura la canna di un'arma da fuoco. Robert lo scrutò un istante, tentando di ripescare il suo volto dalla memoria. C'era solo buio. Rimembrare un particolare era come orientarsi nella nebbia più fitta.
Fece un cenno al trio, un semplice movimento del capo. Poi, colto dai primi spasmi, sorrise mestamente e lasciò finalmente defluire le energie oniriche che lo pressavano dal petto. Robert si ricoprì di una densa nube di fumo nero e svanì.


. . .


Il Divoratore emerse dalla nube, grosso e cupo. Trasse un profondo respiro, simile ad un rantolo, per incanalare l'aria del mondo terreno. Non possedeva occhi, ma poteva percepire ogni cosa intorno alla sua figura: le mura della città, i pensieri della gente, l'oscurità che dilagava nell'etere. Nella sua mente, involucro ferreo e insondabile, si stava già insinuando una presenza. Era forte, autoritaria, arrogante. La testa di Robert non poteva sopportare la pressione disumana e i comandi dell'Ahriman. Lui, invece, riusciva ad accoglierla. Ed era proprio quello il patto che avevano stipulato con la Corruzione: libertà per Robert, ordini per entrambi. Ovviamente il catrame della Corruzione stava lentamente insinuandosi all'interno del suo corpo onirico, riflettendosi poi sulla forma umana. Di fatto, il patto era favorevole solo per una parte degli accordanti.
Per la prima volta in assoluto, la rabbia surclassava il bisogno di nutrirsi. La fame era relegata da qualche parte nella sua essenza, spodestata da un desiderio di uccidere senza pari. Il Divoratore utilizzò tutto l'autocontrollo di cui era capace per evitare di scagliarsi sulla creatura vivente più vicina. Aveva un compito da svolgere e voleva portarlo a termine velocemente. Odiava essere incatenato ad un vincolo.
« Questa città deve cadere. » la sua voce risuonava in diversi punti, confondendosi nella notte « Dobbiamo infiltrarci nella corte del Califfo, eliminare i membri puri della casta aristocratica e prendere possesso del governo. » seguì una pausa « Io vi darò supporto dall'ombra. Il vostro primo compito è superare le guardie al cancello. »
Una puntura calda, simile ad una spina d'acciaio che penetrava nella bocca, catturò la sua attenzione. L'Ahriman aveva accennato alla tipologia di controllo che poteva esercitare sul suo corpo, ma lui non voleva. Quella forma era sua, il mondo era suo, la volontà era sua. Oppose resistenza emettendo un grido misto ad un ruggito. Percepì un dolore acuto provenire dal petto e irradiarsi in ogni particella della mente. Attese poi, in silenzio, che la sofferenza si attenuasse, senza ottenere risultati. Il male continuò a sopravanzare, costringendolo a piegarsi su se stesso. Alla fine, per evitare danni irreparabili, accettò il controllo dell'Ahriman.
La sua voce scaturì nuovamente dall'apertura rossa, una voce più profonda e strascicata.
« Uccidete Samir Husaam Udeen. »










CITAZIONE
QM.POINT

Ab'Arghà corrotta al [15%]

Poteri Corrotti del gruppo [3/3]



• Cosa accade nella scena: penso che tutti abbiano ora una vaga idea di chi sia il personaggio presente nella prima sezione di post, ma per il momento non dovete preoccuparvene. Raggiungete la porta Est della città e vi presentate a Robert. Questi, dopo un lieve cenno del capo, lascia il posto alla sua trasformazione (è notte) in Divoratore. Il mostro vi spiega quali sono i vostri compiti e qual'è il primo passo da fare. Vi supporterà dall'ombra, cioè seguirà i vostri movimenti e interverrà quando opportuno. Dovete ora superare le guardie al cancello. Vi viene affidato anche un obiettivo primario: uccidere Samir Husaam Udeen (siete liberi di accoglierlo come prioritario o seguire la linea narrativa che vi presenterò in seguito).

• Le guardie al cancello: la porta Est è probabilmente la più grande della città e accoglie diversi forestieri e viaggiatori. Al momento, tuttavia, il flusso migratorio è ridotto al minimo e il passaggio sembra sgombro. Ci sono due coppie di guardie in armatura dorata che controllano l'ingresso, si distinguono solo per altezza ed età. La coppia a sinistra della porta sembra più anziana e meno alta, quella a destra possiede caratteristiche opposte. Tutte le guardie non si fanno scrupoli ad imprigionare o bloccare personaggi sospetti, più di una volta hanno usato le armi per respingere la gente. La coppia più anziana (sinistra) controlla i nominativi dei passanti.

• Cosa dovete fare: oltrepassare la porta della città e trovare un punto in cui sostare all'interno senza essere visti. Le guardie sono inflessibili e non vi faranno passare se non avete un documento che attesti la vostra identità, un motivo specifico per visitare Ab'Arghà o un'eccellente scusa per recarvi in un luogo specifico. Potete tentare di passare in gruppo o separati, non fa differenza.

• Corruzione di Ab'Arghà: vi introduco a questo nuovo parametro fondamentale ai fini della giocata. Il completamento della quest si bassa effettivamente sull'accrescimento del valore di Corruzione. Tutte le azioni/gesti/scelte che farete da ora in avanti aumenteranno o diminuiranno la Corruzione all'interno della città. Quando raggiungerete l'80% di Corruzione, la missione verrà considerata conclusa (completare tutti gli obiettivi vi garantirà, ovviamente, il 100%).

• Poteri Corrotti: vi sono stati assegnati tre "punti potere" (si presume uno per ciascuno) da utilizzare nel corso della giocata. Tutte le volte che vorrete, potrete decidere di utilizzare un potere derivante dalla Corruzione per svicolare da una situazione sfavorevole, agevolare un compito o altro. Non avete idea di come si manifesteranno questi aiuti oscuri, sapete soltanto che vi daranno una mano al conseguimento dei vostri obiettivi. Avete libertà assoluta in tal senso. ATTENZIONE: i Poteri Corrotti non possono essere utilizzati per compiere azioni considerate benevoli.

Mi pare tutto. Si comincia ad utilizzare il confronto per la classica botta e risposta. Il giro si svilupperà in base alle vostre azioni. Vi concedo cinque (5) giorni per organizzare e concludere il post una volta conclusa la parte in confronto. Buon game.
 
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Numar55
view post Posted on 29/6/2015, 04:04




Non avrebbe saputo dare un termine a come si sentiva ora che era finalmente arrivato a destinazione, anche se "non particolarmente impressionato" calzava piuttosto bene. Aveva passato intere giornate a camminare nel deserto solo per riunirsi ad un ragazzo qualunque della sua stessa età, un pistolero con un palese problema d'alcolismo ed un'anemico. Si morse la lingua per non bestemmiare ma non poté nascondere a Lei i suoi pensieri.

Abbi pazienza... nascondono più di quel che sembra!

Ma davvero? E cosa dovrei aspet...
Oh... ok, ho capito.


Il tipo che aveva seriamente bisogno di una trasfusione era stato avvolto da una densa nube di fumo per poi uscirne con sembianze assai più mostruose. La pelle scura pareva quasi un liquido contenuto in un contorto bicchiere e un foro rosso al posto della bocca. Notevole, lo doveva ammettere.
Perlomeno il loro "capitano" non era il patetico idiota che sembrava. Forse.

"Questa città deve cadere.
Dobbiamo infiltrarci nella corte del Califfo, eliminare i membri puri della casta aristocratica e prendere possesso del governo. Io vi darò supporto dall'ombra.
Il vostro primo compito è superare le guardie al cancello."


Appena ebbe finito di parlare, quello fu colto dagli spasimi gridando e ringhiando come un animale ferito. Fantastico... l'anemico mutaforma li stava già lasciando. Tuttavia, al posto di accasciarsi per terra e morire, la creatura parlo di nuovo ma con un'altra voce. Più fredda, più crudele.
Una voce che doveva seguire.

"Uccidete Samir Husaam Udeen."

Vi era qualcosa di strano in essa. Era come se una parte dentro di sé non desiderasse altro che ascoltare quel suono in eterno, mentre l'altra sperava di non doverla mai più sentire. Si accorse solo dopo qualche istante di essere rimasto imbambolato a fissare la creatura, scosse brevemente la testa per riprendersi e rimediò quella brutta figura alla bell'e meglio con il suo solito tono ironico.

"Beh... se me lo chiedi con quel tono così galante."

Prima che potesse fare alcunché il pistolero si fece avanti e un forte odore di alcool scadente investì le sue narici.

"Seguitemi. Li coglieremo di sorpresa."

Inarcò un sopracciglio cercando di non ridergli in faccia. Era già un miracolo se riusciva a camminare dritto e voleva comunque mettersi al comando della missione ?
Beh lui aveva di meglio da fare che perdere tempo dietro agli ubriaconi.

"Certo..."

Senza degnarlo di uno sguardo fece qualche passo in direzione della porta fissando le guardie poste all'entrata. Erano quattro in totale, due più alte e giovani delle altre. Svantaggio numerico, evitare quindi di entrare con la forza.
La Voce Rossa parlò di nuovo nella sua testa e gli diede nuove informazioni: i soldati permettevano l'ingresso solo a chi poteva dimostrare la propria identità senza farsi scrupoli di imprigionare o scacciare eventuali trasgressori.
In parole povere una gran rottura di coglioni!
Si stava chiedendo come superare quel blocco (forse scagliandogli contro l'ubriacone) quando gli venne in mente la soluzione. Si voltò incamminandosi verso la strada con un sorriso malvagio sul volto; altri avrebbero percorso la via per Ab'Arghà ma solo alcuni l'avrebbero raggiunta.
Dovette aspettare diversi minuti prima di poter compiere il suo piano. All'orizzonte apparve una figura gobba, avvolta in un mantello blu, che avanzava a passo lento verso la città. Sorrise di nuovo stiracchiandosi le dita e si buttò.
Ogni passo lasciò solchi sempre più profondi nel terreno sabbioso mentre un liquido rossastro iniziava a coprigli la pelle e i vestiti. Il volto da ragazzo lasciò spazio ad una feroce creatura dagli occhi bianchi, le dita mutate in artigli desiderosi di carne.
Non appena i codici bluastri dello straniero furono a portata di vista lui li richiamò a sé e per un istante gli parve di vederli affiorare alle sue dita, ma così non fu. Forse la fretta gli aveva giocato un brutto scherzo...
Niente di cui preoccuparsi comunque; si sarebbe limitato a squartarlo.
O almeno così avrebbe voluto se quello si fosse limitato a subire l'attacco piuttosto che far comparire dal nulla delle scimmie di mare! Seriamente... quante probabilità c'erano che il primo viandante da lui fermato nascondesse sotto il mantello dei tritoni-ninja, pronti a difenderlo? QUANTE?
Eppure, per quanto assurdo potesse sembrare, quelle piccole creature deviarono i suoi artigli con (fin troppa) facilità per poi saltare a terra in posizione d'attacco. A peggiorare la situazione il fottutissimo straniero si rivolse a lui con la stessa calma con la quale si chiedono le indicazioni.

"Non ricordo di averti fatto un torto, amico mio. Perché mi attacchi con tanta veemenza?"

Attimi di silenzio imbarazzato, rotti soltanto dai bassi ringhi di Jack per culminare infine con la cosa più intelligente che riuscì a dire.

"Gâ'idan!"

Scappò.
Non era una cosa di cui andare fieri, lo ammetteva... ok, era davvero imbarazzante. Arrivare l'intenzione di assalire un viandante ed andarsene per non prendere calci in culo da quello non aiutava molto l'autostima, ma del resto lui non era mai stato un tipo che affrontava di petto i problemi.
Ed era sbagliato! Sarebbe dovuto tornare indietro e strappare le viscere a quel bastardo, smetterla di fare il codardo...
Nonono... non ne valeva la pena! Se si fosse fatto sconfiggere ancor prima di entrare in città, come avrebbe reagito la Voce Rossa? Doveva finire quella quest se voleva ottenere la ricompensa finale.
Uno sparo lo distolse dai suoi pensieri. Istintivamente aumentò il passo fino ad arrivare in vista della porta mentre il suo corpo riacquistava sembianze umane. Davanti all'entrata giacevano due cadaveri, superati di corsa da una figura familiare. Fece appena in tempo a sbattersi una mano sulla fronte e pensare "Merda!" che le grida di altri soldati in avvicinamento giunsero alle sue orecchie. Lestamente si levò dalla strada acquattandosi e portandosi al fianco delle mure per poter studiare la situazione alla porta.
Un folto gruppo di guardie dall'armatura dorata fece la sua comparsa, alla sua testa stava un uomo con una folta barba nera, rifiniture in argento e un'incazzatura piuttosto elevata; sbraitò qualche ordine qua e là dividendo gli uomini in diversi gruppi: alcuni andarono a destra, altri a sinistra e altri ancora non si mossero. Sei soldati per essere precisi.
Porca troia...
Cosa cazzo stava pensando quell'idiota?! Erano in una fottuta missione d'infiltrazione, dovevano "infiltrarsi nella corte del Califfo" e la prima cosa che aveva fatto era stato ammazzare le guardie all'entrata?!
Sospirò, esasperato, chiedendosi come avrebbe fatto ora a tirarsi fuori da quella situazione di merda.

Fai ciò che è necessario...

Inconsciamente la sua testa si voltò spingendolo a fissare il muro. Un'altro sospiro indicò che aveva capito cosa intendesse dire la voce. Lentamente si mise in piedi e si posizionò a pochi centimetri dalla parete. Prese un profondo respiro inclinandosi lievemente all'indietro e giurando a sé stesso che se avesse rincontrato l'ubriacone gli avrebbe spaccato il naso.
Poi fu solo dolore.
Trattenne a denti stretti un forte lamento mentre le mani corse immediatamente al naso fratturato. Passati diversi istanti si costrinse a mollare la presa: le mani si erano sporcate di sangue e poteva percepirne altro scivolare lungo la pelle. Si allontanò nuovamente dalle mura e ritornò sulla strada pulendosi le mani sul volto per aumentare il realismo.
Era tempo di entrare in scena.
Acquisì un'andatura barcollante ed un'espressione sofferente (quest'ultima non fu particolarmente difficile da fingere) ed avanzò verso l'entrata della città.

"Aiuto... mi hanno assalito!"

Due guardie gli si avvicinarono per sorreggerlo e lui si accasciò su di loro fingendo di essere messo molto peggio di quanto non fosse. Una terza li raggiunse e lo apostrofò con voce dura.

"Quanti erano? Li puoi descrivere?"

Lui finse un'altro gemito cercando di riordinare i pensieri. Gli venne subito in mente un'idea che rischiò di farlo sogghignare.

"Un tizio strano con un mantello blu! Pareva gobbo ma appena mi ha avvicinato da sotto al mantello sono uscite delle strane creature che mi hanno attaccato. Sono riuscito malapena a scappare ma solo dopo aver perso tutti i miei soldi..."


Finì il tutto con un forte colpo di tosse, atto a simulare la frattura di qualche costola, e rivolgendo uno sguardo pietoso al soldato. Lui ricambiò lo sguardo e per un attimo ebbe il timore che quello non se la fosse bevuta. Tirò mentalmente un sospiro di sollievo quando quello fece un cenno ai suoi compagni.

"Ti portiamo in caserma. Devo farti qualche domanda."



Jack Montague


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 75%-5%= 70%

Mente: 75%

Energia: 150%-20%= 130%


Passive:
- Può trasformarsi nella sua forma demoniaca di notte (5)
- Gli attacchi fisici causano danno all'energia (6)
- Malia psionica che spinge ad abbassare le armi (6)

Attive:

Combattere: il primo passo per una morte rapida
Questo mondo è pieno di esperti combattenti: esperti spadaccini, esperti maghi, esperti arcieri, esperti assassini...e poi ci sono io! Un semplice videogiocatore che non può più sfruttare le proprie combo di tasti per tirarsi fuori dai problemi.
Che situazione di merda la mia! Con il tempo però ho imparato alcuni trucchetti per evitare uno scontro che altrimenti vedrebbe il mio esile corpicino finire in tanti piccoli, sanguinolenti pezzi.
Le parole, per esempio, possono fare miracoli per calmare le persone; modificare i loro codici fa addirittura di meglio! Non molto, solo quei pochi numeri necessari a fargli passare la voglia di uccidermi...
Esistono tuttavia individui pericolosamente inclini alla violenza in questo mondo e con loro è praticamente impossibile intrattenere una conversazione senza includere mutilazione varie. Siccome sono piuttosto felice quando al mio corpo non mancano pezzi mi sono allenato a sottrarre diverse quantità di dati dalle persone per terminare il più in fretta (e meno dolorosamente possibile!) uno scontro; non li ferirò ma c'è una buona probabilità che crollino esausti a terra.
E se tutto ciò non funzionasse ? Diciamo che ho scoperto come rendermi intoccabile per qualche secondo: scompongo i miei dati per evitare la spada-ascia-qualunquecosavogliauccidermi di turno e poi li ricompongo tornando me stesso in tutto e per tutto. Ma preferisco non usarlo troppo spesso...non sono sicuro che disintegrare continuamente il proprio corpo sia salutare!
Passiva di Talento 1°livello "Pacifismo": Le persone attorno al pg subiscono una malia psionica che li induce ad abbandonare la violenza ed abbassare le armi (Utilizzi: 6) - Abilità Personale 5: Consumo Variabile di Energia; Offensiva a bersaglio singolo; Natura Psionica; Danno Variabile a Energia - Abilità Personale 2: Consumo Nullo di Energia, Difesa Assoluta, Natura Magica

Note:

Scusate davvero per l'immenso ritardo di questo post! Giuro che non accadrà più durante la giocata. Tengo inoltre a precisare che gli insulti rivolti a Levi sono pura interpretazione del pg e null'altro.
Per il resto faccio ciò che abbiamo concordato in confronto.

 
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Ark
view post Posted on 30/6/2015, 17:26




~ Succo di Cactus Giallo



      Rimasi impassibile mentre l’uomo dall’aspetto smunto veniva ricoperto dall’oscurità. Si trasformò in un essere che sembrava senza corpo, una sagoma di fumo nero e dai movimenti che ricordavano un liquido, un volto senza lineamenti se non una disumana bocca, rossa come il sangue.
     « Questa città deve cadere. » disse la creatura, la sua voce che sembrava provenire da tutte le direzioni contemporaneamente. « Dobbiamo infiltrarci nella corte del Califfo, eliminare i membri puri della casta aristocratica e prendere possesso del governo. » seguì una pausa « Io vi darò supporto dall'ombra. Il vostro primo compito è superare le guardie al cancello. »
     Mi limitai ad annuire, immaginandomi già la città a ferro e fuoco, distrutta dalla rabbia dei suoi stessi abitanti, quasi sentendo già l’odore di fumo e sangue e le grida di rabbia e terrore. Sì… mi piaceva l’idea.
     Osservai gli altri due che s’erano uniti a me, uno che aveva l’aspetto di un pistolero ubriaco – o che almeno puzzava terribilmente d’alcool – e l’altro aveva l’aspetto di un ragazzo smilzo, corti capelli castani… Nessuno che spiccasse dalla massa, di fatto. Non sapevo chi erano, e non mi interessava. Se anche loro erano dalla mia parte non avevo problemi a tollerarli, ma questo non significava che avrei collaborato con loro.
     Io agisco da solo.
     Un grido di dolore riportò la mia attenzione verso quell’essere, che era piegato in due come se qualche forza lo stesse distruggendo dall’interno, ed immediatamente piegai le gambe pronto a reagire a qualsiasi cosa stesse accadendo. Istinto e fredda concentrazione, nemmeno un briciolo di paura… Un’altra delle gentili concessioni che mi erano state date.
     « Uccidete Samir Husaam Udeen. »
     La voce era uscita dalla creatura dinanzi a me, ma era evidente che non era stato lui a parlare. Era una voce che comandava aspettandosi obbedienza, ma era un ordine che avrei accettato volentieri: compresi che ucciderlo era sempre stato nei miei piani.

     « Seguitemi. Li coglieremo di sorpresa. » disse all’improvviso una voce rauca.
     Mi voltai per scoccare uno sguardo incredulo al pistolero, che per qualche ragione s’era autoeletto come colui che doveva guidarli. Il terzo ragazzo borbottò un « Certo… » e si allontanò, io mi limitai a sbuffare.
     « E davvero credi che ti seguirei? No, grazie. » dissi, sprezzante, e mi allontanai dai cancelli dopo aver dato una rapida ma buona occhiata alle guardie. Erano due coppie, protetti da un’armatura dorata, e in qualche modo ero assolutamente sicuro che non si sarebbero fatte scrupoli a catturarmi se non avessi dato loro un motivo davvero valido che giustificasse la mia presenza in città. Fortunatamente, però, non avevo bisogno del loro permesso per entrare.
     Raggiunto un punto ragionevolmente distante perché le guardie non avessero motivo di guardare nella mia direzione, feci comparire una linea verticale color argento sporco che mi roteò davanti, fino ad aprirsi come una tenda creando un varco di forma quadrata alta poco più di me. Un occhio attento avrebbe potuto notare il suo gemello all’interno della città, in un punto buio in prossimità di un vicolo tra la torre di guardie e una casa a sinistra del cancello. Mi bastò avanzare di un passo per ritrovarmi dall’altra parte, dietro le guardie ignare.
     Per quanto potevo percepire non c’erano persone nei dintorni, tuttavia per sicurezza evocai una biglia nera nel palmo e la ruppi stringendo il pugno, venendo circondato momentaneamente dall’oscurità più totale.
     Una volta nella sicurezza del vicolo il silenzio fu interrotto da degli spari, e delle guardie mi superarono dirigendosi verso il centro della città.
     « Voleva condannarci tutti? » mormorai per lo più a me stesso, osservando il lavoro del pistolero che sembrava aver deciso di attirare le attenzioni di tutta la città su di lui. E ci aveva pure detto di seguirlo! Beh, se aveva intenzioni suicide non era un mio problema, anzi. Se cercavano lui era più difficile che trovassero me.
     Mi allontanai dalla porta a passo veloce, dirigendomi verso il cimitero in modo da non passare vicino alla caserma e rischiare di finire dritto in mezzo alle guardie. Per non destare sospetti la mia andatura era sicura e decisa, schiena dritta e sguardo di fronte a me, ed effettivamente nessuno dei pochi presenti in giro mi degnò di più di un’occhiata.
     Che fare, adesso? Grazie al mio avventato compagno la città era in subbuglio… Forse era il caso di trovare un nascondiglio ed aspettare che si calmassero le acque? Camminai fino a raggiungere un ostello, un casolare di due piani piuttosto semplice con stalle annesse, dove si poteva sentire il nitrito di qualche cavallo. Illuminata da una torcia incassata nella parete, l'insegna recava la scritta: "Il Viaggiatore". Poteva essere un buon posto, se soltanto avessi avuto qualche moneta con me.
     Percepivo il pistolero avvicinarsi, e voltandomi mi ritrovai di fronte il suo sogghigno soddisfatto.
     « Ho dato inizio al massacro. » Disse, come se il nostro compito fosse uccidere e basta. Non che m’importi della vita di qualche guardia, ma non approvo le azioni controproducenti in generale. « Riorganizziamoci. Io vado più avanti, al cimitero, aspettando che le guardie si dividano. » Parlò velocemente e senza nemmeno fermarsi, e non sapevo cosa pensare della sua convinzione che io avrei seguito ciò che lui diceva. Mi limitai a fissarlo in silenzio con uno sguardo freddo, dopodiché varcai la porta dell’ostello senza dargli ulteriori attenzioni.
     Con la coda dell’occhio notai delle guardie che si dirigevano verso di me, tuttavia nessuna di loro mi seguì all’interno della locanda. Indubbiamente avrebbero cercato il pistolero anche nel cimitero, ma non era affar mio.
     L’ostello in cui ero entrato non era di sicuro quello che faceva più successo della città, ma dopotutto con un controllo così serrato degli stranieri non mi aspettavo certo un gran turismo. Camminai lungo un salone d’ingresso molto semplice, senza mobili o decorazioni particolari. I tavoli erano tutti disposti lungo le pareti e l’unica illuminazione era una candela posta sul balcone in fondo alla sala, siccome la grande lanterna sul soffitto era spenta.
     Neanche il tempo di raggiungere il banco che da dietro apparve il taverniere, un uomo sulla quarantina dalla pelle olivastra, molto magro e non particolarmente alto. Seguendo la moda locale una corta barba nera gli copriva il volto, con tanto di baffi ed un turbante sulla testa.
     « Kerim-Hames, caro viaggiatore! Serve un alloggio per la notte? »
     « Kerim-Hames, taverniere. » risposi, costringendo le mie labbra a formare un sorriso. Già solo essere in una stanza con un ‘altra persona m’irritava abbastanza da farmi prudere le braccia, ma dovevo cercare di fingere bene.
     « Un alloggio mi sarebbe utile, ma non credo che me lo concedereste: non ho denaro. Se l'ora non è troppo tarda, però, vorrei informazioni. Sono entrato da poco in città, e vorrei sapere se c'è qualcosa di interessante o particolare che potrebbe essere utile sapere per un viaggiatore come me. Altrimenti, me ne andrò per la mia strada. »
     Una piccola parte di me sperava che mi cacciasse e basta non appena avesse sentito la parte del non aver denaro, ma inaspettatamente il taverniere sorrise, dopo un attimo di blocco. Sospetto… Molto sospetto. Quale razza di uomo d’affari reagiva in modo così indifferente ad un mancato guadagno? Come se non bastasse prese pure una bottiglia dalla mensola dietro al balcone ed un bicchiere, versandovi una buona quantità di qualcosa che sembrava acqua.
     « Succo di cactus giallo. » affermò, spingendo il bicchiere verso di me « Di questi tempi un aiuto non è mai sgradito, giusto? Purtroppo ho poco altro da offrirti...ma conosco la storia del Palazzo D'Oro. Vuoi sentirla? »
     La faccenda puzzava, e non appena annusai il bicchiere seppi anche di cosa: veleno. Non sono un esperto delle bevande locali, ma difficilmente il succo di cactus giallo ha un odore così penetrante. Come osava?! Piccoli fulmini neri e azzurri mi circondavano mentre stringevo il bicchiere abbastanza forte da farmi sbiancare le nocche, anche se feci attenzione a non romperlo. Gettai all’improvviso il veleno in faccia all’uomo davanti a me, che colto di sorpresa non riuscì ad evitare che gli finisse negli occhi. Con un rapido balzo superai il balcone e lo feci cadere con uno sgambetto, bloccandolo a terra e preparandomi ad impedirgli di urlare. Fu vergognosamente facile, ma non mi aspettavo certo difficoltà da un tale scarto d’uomo come lui.
     « Perché? » fu la mia sola domanda, squadrandolo con occhi freddi. Avevo tempo per estorcergli informazioni, siccome non percepivo nessuno dei pochi clienti dell’ostello muoversi dai loro letti, un piano più sopra.
     « Nessuno entra in città senza denaro. La legge del Califfo parla chiaro. » piagnucolò in modo patetico il taverniere, comunque risoluto e per nulla pentito della sua azione « E per volere del grande Loec, tu devi morire. »
     Una simile confessione mi colse di sorpresa. Davvero non aveva esitato ad avvelenarmi perché ero entrato senza permesso, per seguire la legge? No… Siamo stati mandati qui per distruggere la città con la Corruzione, tuttavia sembrava che il lavoro fosse già stato iniziato.
     « E invece morirai tu. »
     La mia mano destra fu circondata da una luce bianco sporco, ed immediatamente dopo le mie dita stringevano il cuoio dell’elsa di un pugnale. Bastò un rapido colpo per penetrare la lama nell’occhio del locandiere, uccidendolo all’istante. Prendersi una rivalsa contro di lui fu soddisfacente, anche se la facilità della cosa toglieva abbastanza gusto.
     Un tempo non avrei agito in modo così rapido e sicuro. Un tempo avrei cercato un modo per liberarmi di lui perché non mi desse ulteriori fastidi, e nient’altro… Ma non più. Era finito il tempo dei dubbi, un altro dei pesi di cui mi sono liberato. Quell’uomo aveva cercato di uccidermi, e non intendevo fargliela passare liscia.
     Quando sei pronto a uccidere, devi essere pronto a morire.
     Per sicurezza cercai nelle tasche dell’uomo e nelle cassette del balcone delle monete, giusto per non essere riconosciuto altrettanto facilmente come straniero in futuro, e ne misi una cinquantina dentro un sacco di cuoio che feci svanire subito dopo.
     Era ancora notte fonda, per ora sembrava che fossi in un luogo sicuro e sapevo un po’ di più cosa aspettarmi dalla popolazione locale.
     Ora dovevo cercare un modo per raggiungere questo Samir.

ReportStato Fisico ~ 115/125. [-10, Fortificazione]
» Danno Medio, spossatezza.
Stato Mentale ~ 75/75.
Energia ~ 100/100.
CS Guadagnati ~ 5. [2, Forza ~ 3, Velocità]
CS Consumati ~ 1. [1, Velocità]
CS in Riserva ~ 4. [2, Forza ~ 2, Velocità]
Consumi ~ [0 Bassi, 5% ~ 1 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Sul mio fianco.
» Arco ~ Sulla schiena.
     Frecce ~ 15.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Biglia Stordente ~ 1.
» Biglia Accecante ~ 1.
» Biglia Oscura ~ 0.
» Biglia Deflagrante ~ 1.
» Monete ~ 50.

Abilità passive
» Duro A Morire
     Capacità di difendersi in modo istantaneo. (0/6)
     Capacità di difendersi in modo inconscio. (0/6)
     Le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo. (0/6)
     Le persone hanno fiducia in lui. (0/6)
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS. (0/6)

» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone. (1/6)
» Inarrestabile ~ Può ignorare qualsiasi tipo di sofferenza fisica. (0/6)
» Esperienza ~ Shaoran può difendersi senza essere antisportivo da un grande numero di attacchi o da attacchi inaspettati. (0/6)
» Vigore Riflesso ~ Quando un nemico utilizza una tecnica attiva che aumenta le CS nella sua riserva, Shaoran può guadagnare 1 CS a sua volta all'Astuzia. (0/6)

» Perizia ~ Quando Shaoran utilizza una tecnica di Power-Up ottiene 1 CS aggiuntivo da sommarsi a quelli normalmente forniti dalla tecnica, dello stesso tipo. (1/6)

Abilità Attive
Fortificazione ~ Shaoran sfrutta le sue capacità magiche per potenziare il proprio corpo, rendendolo più forte e più veloce. Scariche elettriche azzurre lo circonderanno completamente, in quantità proporzionale all'entità del potenziamento, e gli occhi cominceranno a brillare di una luce azzurra, i muscoli diventeranno più marcati. Questa tecnica aggiunge 2 o 4 CS alla sua riserva, suddivisi tra Forza e Velocità, a seconda del consumo speso.
Consumo ~ Autodanno Fisico Basso, Medio.
Natura ~ Magica.


Varco ~ Piegando lo spazio Shaoran è in grado di creare un varco a mezz'aria, che si formerà all'inizio come una sottile linea verticale di luce, alta un paio di metri, che si aprirà come se fosse una finestra che porta ad una dimensione parallela. Se qualcuno la guardasse lateralmente non vedrebbe nulla, se non avvicinandosi bene. Oltre il varco v'è un'immagine esatta del mondo circostante, tuttavia chi vi sta all'interno non può in alcun modo interagire con esso pur vedendolo normalmente. Creando un secondo varco Shaoran è in grado di riapparire immediatamente in un altro punto del mondo, e volendo può mantenere il varco per portare con sé anche due o tre persone alla volta.
Se usato in combattimento ha valenza di difesa assoluta, e potrà spostarsi solo nel campo di battaglia.
Consumo ~ Nullo.
Natura ~ Magica.




 
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view post Posted on 5/7/2015, 23:48
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L'oscurità che soffocava la sua vista scomparve gradualmente. Allo stesso modo, le connessioni neuronali dell'uomo iniziarono, pian piano, a fargli percepire lo spazio, il movimento e la temperatura. Il trapasso fu accompagnato da un sonoro e fastidioso stridio di sottofondo, come se la mente di Levi avesse graffiato spasmodicamente una superficie rigida di lavagna per ostacolare, con le ultime forze, l'ingresso del Demone ai centri superiori di controllo.
Il Diavolo sentì il peso dei propri passi pestare la sabbia. Perse più volte l'equilibrio mentre si impegnava a sviluppare uno schema primitivo di cammino, stordito dalla vivacità dei colori della luce del mondo di sopra, così intensi da adunghiargli la vista come gli artigli spietati di un falco rapace. Quattro anni prima era emerso dalle tenebre del Baathos, nascosto nelle pieghe confuse dell'anima di Levi, e seppure aveva vissuto in disparte per tutto il tempo, recluso nei profondi meandri del pozzo profondo del cuore del suo ospite, aveva comunque sperimentato quel mondo nuovo e inesplorato, percependolo e conoscendolo dagli abissi della sua prigione tenebrosa. Ora che dalle sue carceri era infine evaso, quel mondo, di cui credeva avere il totale controllo, lo sommerse di innumerevoli sensazioni ignote che non aveva ancora mai vissuto appieno.
Barcollò per molto tempo, percorrendo diverse centinaia di metri. Inciampò e sbatté contro i profili estatici delle tende delle abitazioni di Ab'Arghà. Poi, quando il Demone riuscì finalmente a mettere a fuoco i propri sensi quanto bastava per reggersi in piedi senza pencolare, si fermò, reggendosi contro un muro di sostengo. Spostò rapidamente lo sguardo verso il basso, attirato dal peso dell'arma che riposava esanime nella fondina, pendendo lungo il fianco destro. I suoi occhi vividi infiammarono con furore di collera la sagoma del calcio di sandalo della pistola, quasi che fosse il suo peggior nemico, o la creazione più maestosa del suo peggior nemico. Il respiro del Diavolo si fece lento e profondo, carico nient'altro che di odio. Spinse la mano tremante verso l'arma da fuoco, spostandola verso la sua estremità molto lentamente, con fare guardingo. Credeva che se l'avesse anche soltanto sfiorata con un dito, lui sarebbe potuto morire di colpo, strappato all'esistenza da un infarto fulminante. Ma aveva intenzione di stringere quella pistola, fosse stata l'ultima cosa che avesse fatto nella vita, cingendola con tanta foga da spezzarla, magari. Quando infine chiuse la mano attorno al calcio di sandalo, un brivido dirompente sconvolse la sua anima, ricaricandola di un potere ancestrale sepolto da tanto tempo. L'energia divampò dal cuore del pistolero come un incendio infernale, così tanto ardente da sembrare una violenta tempesta di polvere. Inondò ogni angolo più remoto del suo spirito e allora il Diavolo ebbe il completo controllo del corpo. Piegò la testa all'indietro in un ghigno vittorioso, ululando di piacere, inebriato dalla sua potestà ritrovata. Il Demone recuperò il proprio cuore, quello che aveva perduto anni e anni prima, quello che era stato sciolto, ancora battente e fumante, e fuso e rinchiuso in quel mausoleo di curve metalliche.

Levi era totalmente estraniato, perso nei suoi sogni da ubriaco. La sua Condanna aveva ora piede libero, e l'avrebbe avuto fintantoché la sbronza del suo ospite non fosse passata. Il pistolero si scostò dal muro di sostegno, continuando a stringere saldamente nel palmo della mano destra il suo cuore di metallo. Aveva fame, molta più di quanto l'uomo-ospite avesse mai potuto immaginare. Le vittime designate dall'altra maledizione non lo sfamavano. Lui era un Diavolo dopotutto, sovrano delle tenebre, e come tale aveva bisogno di cacciare, di sentirsi vivo, di sentirsi potente, aveva bisogno di soddisfare un suo primordiale bisogno che da troppi decenni ormai nessun uomo-ospite era più stato in grado di appagare. Ma quella notte si sarebbe finalmente saziato, con le proprie mani.
Si mosse in un rapido trotto, aguzzando la vista contro l'orizzonte crepuscolare. Raggiunse la sagoma di un uomo ingobbito, probabilmente ammalato. Un uomo che Levi aveva conosciuto, non molto tempo addietro, in un'altra avventura, ma di cui il Diavolo non ricordava niente o non gli importava di ricordare niente. Levò il braccio contro di lui, armando la pistola e pregustando già l'eco assordante della voce del suo cuore assassino scuotergli i timpani come le campane tonanti in un giorno di festa. Ma prima che potesse premere il grilletto, il profilo dell'uomo ammalato si confuse in una nuvola di fumo tenebroso e dalla massa del nugolo emerse un mostro dalle fattezze demoniache. Sul volto del pistolero affiorò allora un'espressione sbigottita, per niente a tema con la freddezza dell'anima del Diavolo che lo abitava.

«Questa città deve cadere»
«Dobbiamo infiltrarci nella corte del Califfo, eliminare i membri puri della casta aristocratica e prendere possesso del governo»
Esordì, e già il Demone fremette di contrarietà.
"Come osa impartire un ordine a me"
«Il vostro primo compito è superare le guardie al cancello»
Il pistolero osservò con distaccato interesse i due stranieri che si erano radunati.
"Uomini". Il suo volto emanava disgusto, come una fornace.
Quella faccenda non lo convinceva. Mosse un passo avanti, con l'intenzione di eliminare quei tre,
ma successe una cosa inaspettata che lo trattenne.
«Uccidete Samir Husaam Udeen»
La nuova voce che uscì dalla bocca del demone aveva un'intonazione familiare.
"Yr arweinydd"
Il volto di ghiaccio del pistolero rifletteva ora una cupa rigidità.


La folle pulsione che attanagliava il suo spirito lo spinse ad incamminarsi in direzione della Porta Est. Nonostante il suo orgoglio sconfinato, il Diavolo scelse di obbedire agli ordini. Dopotutto, la voce profonda e strascicata apparteneva al Condottiero, non aveva dubbi, all'Ahriman, al padre di tutti i demoni.
Cercò di emergere dal gruppo, quale ottimo comandante che era sempre stato, ordinando con voce tirannica di seguirlo, ma i due uomini scelsero di non ascoltarlo. Ciascuno di loro prese strade diverse, separandosi e affrontando la missione ognun per sé. La rabbia del Diavolo emerse allora dal profondo abisso tenebroso del suo spirito. Serrò i lineamenti del volto di Levi in un modo innaturale, al limite della discrepanza. Strinse i pugni, affondando le unghie nella pelle, trovando, con non poca difficoltà, la forza di non attaccare i propri compagni di missione. "Quando questa città sarà caduta" Giurò a se stesso "vi seppellirò sotto le polveri del deserto".

Non lontano dalla porta est, il Diavolo scorse quattro sagome in armatura dorata presidiare l'ingresso alla città. Se Levi fosse stato cosciente, avrebbe pensato ad un modo per entrare nella capitale del Ràkk-Siwà senza dover usare le maniere forti e senza destare l'attenzione di nessuno. Ma la Condanna che in quel momento guidava le azioni del pistolero era allo stesso tempo tanto furibonda quanto eccitata al solo pensiero di veder colare il sangue di quei quattro vomitevoli uomini. Senza pensarci due volte, levò il proprio cuore metallico in aria e, con un ghigno di piacere dipinto sul volto, sparò due rapidi colpi in successione. Alzò poi il braccio sinistro in direzione della coppia di guardie alla sua destra, avvolgendone una in un nugolo di ceneri incendiate, e riempiendo di malinconia la mente dell'altra. Sfortunatamente per lui, i proiettili avevano solo cozzato l'armatura alle prime due guardie, le quali si alzarono barcollando e, spaventate dallo spiacevole attacco a sorpresa, corsero dentro la città a gambe levate, chiamando probabilmente soccorso, riuscendo a sfuggire alla reazione imminente del Diavolo. Le altre due guardie però erano bocconi, ferite e intontite, piegate in ginocchio, prede facili. Furono le prime vittime della Condanna del pistolero nel mondo di sopra. Tolse loro la vita senza degnarle del minimo interesse, sparando due rapidi colpi di pistola mentre correva di filato dentro la città.

La via principale era sgombra, ma in lontananza il Diavolo notò due gruppi di soldati avvicinarsi alla porta. Avrebbero trovato i corpi delle guardie senza vita e questo li avrebbe sicuramente fatti infuriare. Il Demone avrebbe tanto desiderato fermarsi ad aspettarli, per godere dei loro volti tristi e sconvolti, guardarli piangere e disperarsi per i loro compagni caduti. Ma erano troppo numerosi. La scelta migliore era nascondersi e aspettare che si dividessero per cercarlo, e a quel punto sarebbe stato facile per lui mietere altre vittime. "Se solo quei due fottuti coglioni mi avessero seguito..."
Svoltò a sinistra, passando alle spalle di un casolare, muovendosi in direzione del cimitero, per trovare un riparo sicuro dove poter ricaricare la pistola. Era già a buon punto quando scorse, con la coda dell'occhio, il giovane uomo dai capelli castani che faceva parte del suo gruppo di spedizione. Nonostante il rancore che riservava nei suoi confronti, il Diavolo lo informò comunque sulle azioni che aveva intrapreso e su quello che aveva intenzione di fare, più per superbia che per ragguagliare il giovane uomo. Il ragazzo però commise l'errore di non degnarlo della giusta attenzione, e quel gesto riaccese di fumante collera le profonde ferite nell'orgoglio del Demone, di cui si era in parte dimenticato nella foga dello scontro alla porta est. Il Diavolo continuò per la propria strada, ma appena avesse avuto l'occasione giusta, avrebbe ucciso il giovane uomo, annegandolo nel suo stesso, sporco, sangue umano.

Quando raggiunse il cimitero, scoprì che questo era un luogo tranquillo, come aveva ipotizzato. Scavalcò le file delle tombe in fretta, raggiungendo le lapidi più in ombra, e lì dietro vi nascose lo spolverino e il cappello, nella speranza di poter sviare, anche minimamente, l'immagine che i soldati si erano fatti di lui. Si appoggiò poi al muro perimetrale della chiesa che si affacciava sulla via, tenendosi in ascolto. Nel frattempo ricaricò la pistola.
Poco tempo dopo, un'eco di rumori in lontananza rapì la sua attenzione, così il Diavolo si sporse a guardare. Un drappello di soldati - ne contò tre, ma era troppo buio per esserne certi - stava perquisendo le abitazioni affacciate sulla via principale. Le guardie entravano nelle case senza bussare, urlando e minacciando. Erano furiose e stavano probabilmente cercando l'assassino che aveva freddato i loro compagni, stavano cercando lui. Aveva quindi bisogno di un riparo più sicuro del cimitero, dove poterli cogliere di sorpresa per eliminare il vantaggio numerico che giocava a suo sfavore.
Il tempo passava ma il Diavolo non riusciva a escogitare nessun piano che lo convinceva appieno. E intanto le guardie si avvicinavano sempre più. Fu sul punto di saltare fuori e sparare all'impazzata quando una porta laterale della chiesa si aprì e il sacerdote, un uomo basso, anziano e calvo, si affacciò sulla strada, evidentemente infastidito dal rumore. Il Diavolo gli si avvicinò, cogliendo l'opportunità al volo.

«Mi aiuti, la prego»
Singhiozzò, recitando la parte di un uomo spaventato.
Alle sue parole, il sacerdote sussultò.
«Quegli uomini sono impazziti e stanno uccidendo tutti. Credo che siano stati corrotti»
Fece tremolare la voce nel pronunciare la parola corrotti.
Sembrava però che le sue parole non facessero breccia nel prete, che lo squadrava con sospetto.
«La chiesa è un luogo sicuro, penso, chiudiamoci dentro»
«Chi sei tu?»
Domandò il sacerdote, indietreggiando verso la chiesa.
«Le guardie avranno un valido motivo per un'operazione di setaccio. E la chiesa, al momento, è inaccessibile»
Il prete ruotò la testa in direzione delle torce.
Il Diavolo credette, per un attimo, che l'uomo di chiesa avrebbe chiamato le guardie.
Ci fu un momento di pausa, poi il Demone riprese la sua recita.
«Mi ascolti, per favore. Non c'è tempo per le spiegazioni dettagliate. Stavo rientrando alla taverna, quando un gruppo di uomini ha assalito le guardie senza motivo. Quando ho ritrovato il coraggio sono corso via a gambe levate, trovando rifugio nel cimitero. Non capisco cosa stia succedendo a questa città»
Indicò le guardie, sempre più vicine.
«Ma alcuni di loro sono impazziti e stanno attaccando i civili senza alcuna ragione. La prego, dobbiamo trovare un posto sicuro dove nasconderci»
Ma il sacerdote non credette alla sua messinscena.
«Tu non me la racconti giusta»
Disse.
«Credo sia meglio informare il Consiglio»
E si mosse per rientrare in chiesa.



Il Diavolo attese che il prete aprisse la porta, poi con uno scatto lo seguì dentro l'abbazia. Aveva intenzione di ucciderlo, ma nel momento in cui varcò la soglia perse ogni contatto con la figura del sacerdote. Alle sue spalle la porta della chiesa si chiuse con un tonfo, e il buio lo divorò. Ebbe la sensazione di sentire sotto di sé un pavimento troppo morbido per essere in pietra. Per la prima volta, quella sera, il Diavolo ebbe paura. Si sentì in trappola, si sentì colto di sorpresa.



the Gunslinger
B (-5); M(-10); A(-20); C(-40)

Fisico 75/75
Mente 75/75 Ubriaco
Energia 110/150

Passive
- capacità di difendersi da più attacchi fisici o da attacchi fisici inaspettati (6/6)
- capacità di comprendere classe e talento del bersaglio (6/6)
- difesa psionica passiva (6/6)
- le tecniche attive di classe causano una malia psion di compassione nel bersaglio (6/6)

Attive
- ab. personale 5, offensiva, psionica, consumo energetico alto, risorsa mente, danno alto sotto forma di deprimente malinconia, il bersaglio perde i ricordi e la percezione dell'amore e delle sue passioni: il cuore oscuro che dimora nel dannato può generare un'offensiva psionica devastante, pagando un'alta riserva energetica e strappando all'anima bersagliata ogni sua reminiscenza e consapevolezza sull'amore e sulle sue passioni più care, rendendolo un vuoto burattino in balia di una corrente tempestosa.

- ab. personale 6, offensiva, magica, consumo energetico alto, risorsa fisico, danno alto sotto forma di ustioni cutanee, difficoltà respiratoria dovuta all'inalazione di polvere e fastidio agli occhi: protendendo le mani verso il proprio bersaglio, il pistolero scaglia un fiume di ceneri infuocate che cingono il nemico, ustionandolo e accecandolo.

Equipaggiamento
- Revolver (6/6), impugnata
- Armatura naturale, pelle coriacea
- Arma naturale, artigli retrattili (retratti)
- Cinturone (32/36), munizioni per il revolver

In breve
Levi decide per un'azione offensiva nei confronti delle guardie alla porta est. Ne uccide due ma ne lascia scappare due, che chiedono aiuto. Successivamente entra in città e si sposta nel cimitero dove abbandona alcuni parti del suo vestiario. Mentre è in ascolto delle guardie, un sacerdote esce dalla chiesa e dopo aver provato ad ammaliarlo senza successo, lo segue dentro la chiesa.

Note
Scusate il mio ritardo.
Yr arweinydd in gallese significa "il Condottiero".


 
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Caccia92
view post Posted on 14/7/2015, 17:11




ATTO III: SEGRETI






{Ab'Arghà, Chiesa Sconsacrata}
Notte; POV: Levi





Non era, in realtà, un edificio normale. Il pavimento vischioso e molliccio, l'elevato tasso di umidità e un fetore particolarmente cattivo rendevano la chiesa sconsacrata di Ab'Arghà un luogo poco ospitale. Da quando Abdülmek aveva preso il potere - e la popolazione ricordava questo fatto ogni volta che vi passava a fianco - la costruzione dinnanzi al cimitero non ospitava più i classici riti stagionali, quali l'adorazione di Loec, la cerimonia di iniziazione per i sacerdoti e l'offerta di sangue. Le porte erano perennemente sbarrate e il prete si faceva vedere di rado, evitando conversazioni e domande. Nessuno, ovviamente, conosceva il motivo di questa chiusura. La chiesa, chiamata "minore" per distinguerla dal grande altare dedicato a Loec e dalla "Maggiore" situata nei pressi del palazzo del califfo, aveva sempre svolto le sue funzioni con regolarità. Un giorno, tuttavia, Abdülmek l'aveva dichiarata sconsacrata, precludendo ogni attività al suo interno.
Ma Levi poteva intuire che tutti i fattori che percepiva con i sensi - il molle sotto i piedi, il calore e l'odore penetrante - non erano tipici di un ambiente in disuso. Non erano tipici di nessun ambiente. Probabilmente non aveva mai visto o percepito niente di simile durante i suoi viaggi. Eppure, da qualche parte nella sua mente, comprendeva benissimo il quadro generale: la chiesa era "viva". Impercettibili vibrazioni percorrevano le pareti, lievissimi borbottii scombussolavano il soffitto. C'era qualcosa che respirava, si agitava e si muoveva. Ogni cosa sembrava battere in sincronia, come un gigantesco cuore umano.
E la voce che esplose nell'oscurità sembrava provenire dal fondo della chiesa.
« Io ne ho viste di cose. Ne ho sentite. Ne ho mangiate. »
L'edificio si scosse e un tanfo di morte invase l'aria. Gli occhi di Levi si stavano abituando al buio e cominciavano a distinguere i primi particolari della stanza, i primi colori, le prime forme. Tre pareti di un colore viola brillante lo racchiudevano in una zona abbastanza ambia, priva di arredamento e fonti di luce. Sulla quarta parete, quella di fronte, c'era qualcosa. Un essere letteralmente incassato nel muro, fuso con esso. Non riusciva a capire se i tratti appartenessero ad una persona o ad una bestia. Le braccia lunghe e ossute, la parte del torace visibile e il volto indescrivibile sembravano far parte della stanza. La tonalità della pelle era di un rosso scuro, simile a sangue.
« Vediamo chi sei. »
Levi percepì una strana sensazione, avvolgente, come mille tentacoli che lo ghermivano. Durò un attimo, il tempo necessario per realizzare che piccolissime particelle viola avevano iniziato a vorticare intorno a lui. E forse, nel profondo, sapeva già cosa stava accadendo: la chiesa senziente lo inebriava dell'essenza di cui erano composte pareti, soffitto e pavimento.
« Levi Morrison, la tua anima è dannata. Cosa sei venuto a fare qui? »












{Palazzo del Califfo, stanze del Consiglio}
Notte; POV: Samir Husaam Udeen





Non riusciva a dormire. C'era qualcosa nell'aria che gli impediva di respirare e di mantenere la mente lucida. Era l'umidità. Diamine, lui aveva convissuto con l'umidità per oltre sessant'anni. Eppure, in quel momento particolare, persino l'afa era un elemento di disturbo. Si rigirò nel letto di seta, ponendo la faccia sul cuscino. Piccole gocce di sudore gli rigavano il volto e si infiltravano nei vestiti. Forse erano le caldane della vecchiaia.
Sentì un rumore. Passi all'esterno del corridoio.
Rimase immobile ad ascoltare quel suono ritmico e attutito. I passi si avvicinavano sempre più alla sua stanza. Chi poteva essere a quell'ora della notte? Un soldato avrebbe fatto più rumore...un consigliere lo avrebbe chiamato...il Califfo...no, Abdülmek non lo andava a trovare da molto tempo. Non riusciva a trovare una risposta.
Samir si alzò e prese la sua veste. Accese una candela posta sul tavolo di pietra al centro della sala e andò a recuperare un paio di bicchieri. Se un ospite stava per accedere in quell'ala del palazzo, lo avrebbe accolto con il miglior liquore di palma che aveva. Anche un possibile assassino. Non poteva escludere l'ipotesi che un altro membro del consiglio o il Califfo stesso avesse progettato di ucciderlo. Samir stava diventando scomodo per la dura politica di Ab'Arghà. Un ostacolo, un vecchio bacucco.
I passi si fermarono oltre la soglia.
« Entra pure. La tua presenza è rivelata. »
La maniglia si girò, lentamente. La porta si aprì e mostrò la figura di un uomo alto, ingobbito e ammantato. Il volto di Samir si illuminò e i suoi occhi palesarono incredulità.
« Ammiraglio! » Samir corse incontro all'uomo per abbracciarlo « Credevo fossi lontano. »
L'individuo abbracciò di rimando il vecchio consigliere e si tolse la mantella. Dalla schiena spuntarono due bestie tozze dall'aspetto umanoide che presero subito ad emettere versi e a girovagare per la stanza.
« Chiedo perdono per la vivacità dei miei compagni. Sono qui perché Ab'Arghà è in grave pericolo. »
L'Ammiraglio fece qualche passo verso la finestra che si trovava sul lato Nord-Est dell'edificio. Contemplò per diversi secondi la distesa illuminata della città, poi trasse un profondo sospiro e tornò a fissare Samir.
« Cosa sai della Corruzione? »











{Ab'Arghà, Caserma della Guardia Reale}
Notte; POV: Jack





La caserma della Guardia Reale si trovava poco lontano dal Palazzo del Califfo. Era una struttura a quattro ali asimmetriche, con la predominante che fungeva da armeria. L'accesso principale si trovava sul lato rivolto verso il lungo viale alberato che tagliava in parte la città di Ab'Arghà. Era preceduto da un piccolo campo di addestramento con impianti per l'allenamento fisico, il tiro con l'arco e la pratica con la spada. La maggior parte dei soldati era impegnata nel setaccio della zona Est, ma l'edificio vantava ancora un presidio decoroso. Le sentinelle vestivano la stessa armatura dorata delle guardie alla grande porta, tuttavia portavano anche lo stemma del Califfato: due cobra viola incrociati.
Una coppia di gendarmi, preceduti dal capitano, condussero un malandato Jack all'interno della caserma. Passarono oltre diverse stanze adibite alla raccolta di informazioni e alla custodia delle armi, agli alloggi privati dei comandanti e alla sala di addestramento corpo a corpo. Sulle pareti erano affisse alcune sciabole, armi principali del corpo di Guardia Reale. Giunsero infine ad un ufficio piuttosto ampio, arredato con cassoni intagliati, elmi d'oro, sedie porpora e un bancone di legno. Sulla parete più grande era posizionato un dipinto che ritraeva un uomo dalla pelle olivastra che portava una lunga barba e un'armatura d'argento brillante.
Il capitano si tolse elmo e guanti. Si posizionò sulla poltrona dietro al banco e fece accomodare Jack dinnanzi a lui. Gli altri soldati uscirono.
« Sono Amzul Iki Saldit, attuale capitano delle Guardie di Ab'Arghà. »
Amzul fece subito una breve pausa per organizzare il discorso.
« Da tre giorni non si hanno notizie del generale del nostro esercito, Tariq Amas. » indicò il grande quadro alle sue spalle « E stando a quanto dicono i miei informatori, il generale è stato visto l'ultima volta ad Ezeran, una tendopoli nel deserto. Lo hanno scorto mentre parlava con un uomo gobbo ammantato di blu. »
Il comandante trasse un profondo respiro e fissò Jack con serietà.
« Tu dici di essere stato aggredito da questo individuo. Dove ti trovavi? Com'è successo? Chi sei tu? »










CITAZIONE
QM.POINT

Ab'Arghà corrotta al [21%]

Poteri Corrotti del gruppo [3/3]



• Cosa accade nel post: essenzialmente è il proseguimento delle vostre scene. Levi si trova impegnato ad affrontare una strana manifestazione fisica di un antico potere, mentre Jack dovrà fare i conti con un capitano piuttosto in difficoltà. Shaoran, invece, è in una posizione più vantaggiosa in quanto può decidere come muoversi in totale libertà. Nel trafiletto centrale avviene l'incontro tra Samir e la famosa figura ammantata di blu con le due bestie al seguito. Chissà quali segreti si celano nel loro rapporto e cosa diavolo sta succedendo in questa città. A voi il compito di scoprirlo.

• La Chiesa Sconsacrata: HIG devi trattare la chiesa come un effettivo personaggio in grado di comunicare e di capirti. Parla la tua stessa lingua, quindi non avrai difficoltà a scambiare qualche parola. Sei davanti, ovviamente, ad una creatura fuori dal comune con una storia complicata alle spalle e che, al momento, non sembra eccessivamente ostile. Tieni conto che le cose potrebbero cambiare, lo percepisci tu stesso. Puoi rispondere come vuoi, deducendo dalle poche frasi della creatura come si comporta e come reagirebbe ad una tua particolare azione.

• Il capitano Amzul Iki Saldit: Numar, il capitano è - come ti avevo già descritto - un uomo piuttosto giovane e insediato da problemi più grossi di lui. Cerca di soddisfarlo o di trovare un modo per svicolare da questa situazione che, a lungo andare, potrebbe diventare molto pericolosa. Occhio alle recite, non sempre avranno effetto. Anche tu, come HIG, devi tentare un approccio e vedere cosa accade.

• La taverna: Ark hai piena libertà d'azione. Puoi perlustrare la zona, farti un sonnellino (altamente sconsigliato) o decidere di recarti altrove. Le guardie prima o poi verranno a setacciare anche la taverna e potresti risultare quantomeno sospetto, senza contare che troveranno sicuramente il cadavere del locandiere. Detto questo, non ho suggerimenti per te, trovarsi in una situazione di piena libertà può anche confonderti le idee per le eccessive possibilità che hai davanti. Buona fortuna.

Mi pare tutto. Torniamo in confronto come di consueto. Il giro si svilupperà in base alle vostre azioni. Vi concedo cinque (5) giorni per organizzare e concludere il post una volta terminata la parte in confronto. Buon game.
 
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Ark
view post Posted on 1/8/2015, 23:57




~ Demone Tra Gli Assassini



     Il buio della notte m’accolse mentre uscivo silenzioso dal retro, col cigolare della porta di legno che accompagnava il mio passaggio. Il vento secco del deserto mi agitò le vesti mentre mi sistemavo il mantello marrone scuro che durante il giorno avevo indossato per difendermi dal sole, ed adesso mi stringevo per il freddo notturno.
     Avevo atteso un po’ di tempo all’interno della locanda per evitare di venire trovato dalle guardie che setacciavano la città e adesso non sentivo che urla in lontananza dove gli uomini del sultano aprivano le porte gridando e svegliando la popolazione. Se non fosse stato per quell’avventato pistolero non sarei stato costretto a muovermi con così tanta cautela, ma oramai non potevo che fare il possibile per non dare nell’occhio.
     Passando per i piccoli sentieri sabbiosi tra il retro delle case e le mura andai verso il lato sinistro della città, siccome volevo evitare le caserme che sapevo si trovavano nel lato opposto. Diverse di quelle case avevano le luci accese, e se prestavo attenzione nel silenzio potevo sentire le lamentele degli abitanti per essere stati svegliati in modo così brusco nel cuore della notte.
     Con un misto di cautela, fortuna e buone decisioni nel capire quali strade erano meno trafficate riuscii a superare senza troppi problemi la città passando tra le fosse comuni, all’ombra dell’enorme tempio principale, i casolari di chi non era povero ma nemmeno troppo ricco, fino a entrare nel frutteto di una villa nobiliare. L’edificio era parecchio elegante, con piccole casette vicino ai campi dove probabilmente vivevano i loro servitori. Nascosto tra gli alberi mi avvicinai fino ad arrivare praticamente alla base della muraglia che circondava il palazzo del califfo, e ciò che vidi una volta giunto lì non mi piacque per niente.
     Il solido muro era piuttosto alto - anche se forse avrei potuto saltarvi sopra se mi ci fossi impegnato – cosa che comunque non avevo assolutamente intenzione di fare: c’erano parecchie guardie in armatura dorata che vi camminavano sopra, attenti e guardinghi nonostante l’ora tarda. Cosa poco sorprendente, dato lo stato d’allarme che sicuramente c’era in città.
     Con cautela m’arrampicai su uno degli alberi in modo da avere una visuale migliore ed essere comunque riparato dalle foglie, ma l’unica cosa che potei vedere in più furono le torri e le statue del califfo nel giardinetto interno. Un pelo narcisista, tuttavia era comodo per poterlo riconoscere senza ombra di dubbio quando me lo sarei trovato davanti per ucciderlo. Questo, ovviamente, se riuscivo a penetrare quelle difese. L'unico modo per accedere al palazzo sembrava essere una scalinata che portava all'ingresso, solo che dieci guardie pesantemente corazzate, cinque per lato, la piantonavano anche troppo bene. Non avrei mai potuto fare un assalto diretto, e passare inosservato sembrava assolutamente impossibile.
     Che fare?
     Mi sedetti sul ramo dov’ero in piedi, appoggiando la testa sulla ruvida corteccia ed osservando le stelle che venivano in parte nascoste da un muro di foglie. Stare a contatto con un albero mi aveva sempre aiutato a pensare, e stranamente questo lato di me era rimasto quando invece così tanto della mia vecchia personalità era scomparsa del tutto.

     Chiusi gli occhi, rallentando il respiro e concentrandomi. Divenni meno consapevole del mondo che mi circondava, aprendo la mente e cercando di capire chi si trovasse intorno a me. Nell’oscurità completa che ora mi circondava s’accesero tante piccole luci: il giardino del palazzo ne era pieno, dove ulteriori guardie che mi erano nascoste alla vista erano pronte a difendere il califfo da qualsiasi aggressore.
     Due presenze provenivano dall’edificio nobiliare accanto a me, quasi sicuramente i due padroni che stavano dormendo, ed ero abbastanza vicino anche da percepire i soldati che ancora stanziavano nella caserma. Nonostante la disposizione massiccia per le strade la percepivo ancora colma… Quanti uomini erano in all’erta contro di noi? Meglio non pensarci. Con mia sorpresa riuscii a percepire la presenza del terzo ragazzo assieme a noi, quello che si era allontanato prima che il pistolero facesse il suo colpaccio.
     Imprecai a denti stretti. Quel povero idiota era già stato catturato? Beh, per quanto mi riguardava poteva anche starsene lì a marcire per tutta la vita: non sarei certo stato io a cavarlo fuori dai guai.

     Aprii gli occhi ed il mondo tornò coi suoi colori normali. Non avevo molti indizi su come entrare a palazzo, ma di solito edifici di quel genere hanno sempre un qualche passaggio segreto che li connette col mondo esterno in caso di necessità, ed io dovevo solo trovarlo.
     Balzai a terra e mi avvicinai lentamente e sempre nascosto dal frutteto verso la casa: se un simile passaggio esisteva davvero allora era probabile che ne fossero a conoscenza persone di un certo rango, e quel villino pareva secondo solo al palazzo per ricchezza.
     Aveva un corpo centrale e due ali esterne. Un'ala era occupata dalle stalle, a giudicare dalla puzza di cammello, mentre l'altra probabilmente da un magazzino. Un portone di ferro situato esattamente in mezzo alla residenza fungeva da accesso principale, mentre facendo il giro completo vidi che c’era una seconda entrata dalle stalle, nient’altro che una porta di legno. Entrambe le porte erano chiuse, tuttavia sicuramente la porta delle stalle sarebbe stata più facile da aprire rispetto al portone di ferro. Mi fermai davanti al lucchetto, evocando in mano il pugnale che avevo usato per uccidere il locandiere. Presi con la sinistra il lucchetto e con un colpo secco lo spezzai facilmente. Rimasi immobile per un minuto buono, gli occhi chiusi mentre cercavo di percepire movimenti intorno a me, ma sembrava che nessuno si fosse accorto di me. Ottimo.
     Entrai nel corridoio della manutenzione ed i cammelli cominciarono a mugugnare e fare rumore, tuttavia m’affrettai e fortunatamente anche loro sembrarono passare inosservati. Mi ritrovai in un ampio salone d’ingresso e notai subito che i padroni di casa di certo non badavano a spese per gli arredamenti. Bei tappeti sul pavimento, mobilia elegante che pareva lavorata a mano… Se fossi stato un ladro avrei avuto da leccarmi i baffi, ma siccome le ricchezze non m’hanno mai interessato andai avanti fino a raggiungere una rampa di scale in marmo che s’attorcigliavano per salire al piano superiore.
     Presi una scala scelta a caso, notando che i due proprietari dormivano separati. Quale che fosse il motivo probabilmente era a mio vantaggio, era più facile avere a che fare con una persona alla volta. Entrai in una stanza dove, steso su un letto a baldacchino piuttosto grande e decorato con drappi viola, riposava un uomo alto e magro con una tunica dello stesso colore.
     Era immobile e silenzioso, il petto s’alzava ed abbassava ritmicamente facendomi pensare che fosse addormentato. Protesi in avanti la mia mente, cercando di leggere nella sua le informazioni che speravo di trovare, tuttavia fu come se avessi incontrato un muro che a metà strada tagliò i legami mentali che stavo cercando di costruire.
     In quello stesso istante l’uomo s’alzò di scatto, i suoi occhi che brillavano innaturalmente nel buio mentre in mano teneva un coltello ricurvo con cui cercò di pugnalarmi. S’era mosso in modo improvviso e molto rapido, ma cose di questo stampo non erano abbastanza per prendermi di sorpresa. Uno scudo azzurro spento si frappose tra me e la lama, mentre io mettevo la mano al fianco ed estraevo la mia spada.
     Cosa l’aveva spinto ad attaccarmi in modo così aggressivo? Anche lui voleva uccidermi in nome di Loec, o forse era per il semplice fatto che ero un intruso nella sua casa? Da come aveva reagito prontamente doveva essere stato consapevole della mia presenza da parecchio, ma allora perché permettermi di arrivargli così vicino anziché chiamare le guardie? Probabilmente riteneva di potermi sconfiggere in uno scontro uno contro uno, e quella sicurezza mi mise immediatamente in guardia.
     Reagendo d’istinto sferrai un rapido fendente mirando al suo polso, cercando di amputargli la mano e renderlo – si spera - inoffensivo.
     Ma io non ero là semplicemente per ucciderlo, a me servivano informazioni.
     « Non sei umano, forse? » mormorai più a me stesso che a lui in un breve attimo di pausa dal duello, dopodiché andai diretto al sodo. « Non mi interessa ucciderti, voglio solo trovare un'entrata per il palazzo. Dimmelo e sarò clemente. »
     Era vero che non mi interessava ucciderlo, tuttavia l'avrei fatto comunque per evitare problemi. Inoltre con clemente intendevo che l’avrei ucciso in fretta, ma non era il caso di rivelare quei dettaglio.
     Avrebbe collaborato?

ReportStato Fisico ~ 115/125.
» Danno Medio, spossatezza.
Stato Mentale ~ 75/75.
Energia ~ 70/100. [-5, Fabbro ~ -5, Spia ~ 20, Barriera]
CS Guadagnati ~ 0.
CS Consumati ~ 4. [2, Forza ~ 2, Velocità]
CS in Riserva ~ 0.
Consumi ~ [0 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 1 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Impugnata.
» Arco ~ Sulla schiena.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Biglia Stordente ~ 1.
» Biglia Accecante ~ 1.
» Biglia Oscura ~ 0.
» Biglia Deflagrante ~ 1.
» Monete ~ 50.

Abilità passive
» Duro A Morire
     Capacità di difendersi in modo istantaneo. (1/6)
     Capacità di difendersi in modo inconscio. (1/6)
     Le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo. (1/6)
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS. (1/6)
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone. (2/6)

Abilità Attive
Barriera ~ Concentrando la sua energia magica innanzi a sé è in grado di evocare uno scudo, una patina azzurrognola sottile ma molto resistente, capace di tenere testa ad attacchi sia fisici che magici, purché non troppo potenti. La forma dello scudo è variabile, può essere usata per proteggere Shaoran e tutti i propri alleati contemporaneamente. Se non in possesso di una passiva apposita, l'efficacia della difesa è di un livello inferiore al consumo speso per attivarla.
Consumo ~ Alto.
Natura ~ Magica.


Fabbro ~ Distruggere l'arma o l'armatura di un nemico è spesso un buon modo per renderlo inoffensivo, e Shaoran ha sviluppato un particolare occhio nel riconoscere particolari punti deboli dell'equipaggiamento avversario. Con un colpo ben calibrato potrà dunque sfruttare tali punti deboli fino a spezzare o sfondarlo, in modo da avvantaggiarsi nel duello.
Conscio che anche le sue fidate armi potrebbero rompersi nei momenti meno opportuni, nel malaugurato caso in cui questo accadesse ha a sua disposizione un incantesimo per ripararle. Infondendo la propria energia nell'equipaggiamento rotto questo si rigenererà, fino a tornare come nuovo.
Consumo ~ Basso, Medio.
Natura ~ Fisica.


Spia ~ Per essere castata vi è necessità che l'utilizzatore possa percepire il bersaglio in qualche modo, anche solo visivamente. Dopo aver colpito la vittima con successo, l'utilizzatore della tecnica verrà immediatamente a conoscenza di parte della storia del suo bersaglio, di qualche suo segreto, o delle sue paure e passioni. La tecnica in caso di successo provoca danni bassi alla mente della vittima, fornendo al caster informazioni di sorta sulla vittima, e va affrontata come una psionica di potenza bassa.
Bersaglio ~ Mente.
Consumo ~ Basso.
Natura ~ Psionica.




 
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Numar55
view post Posted on 4/8/2015, 02:18




Continuò a fare la parte del povero cane bastonato per tutto il tragitto che le guardie percorsero per arrivare alla caserma. Gettò innocenti occhiate in giro cercando di sfruttarle al meglio per notare qualsiasi dettaglio potesse tornargli utile. Notò con dispiacere che, nonostante il casino fatto dall'ubriacone, il posto era ancora ben difeso. E questo significava che o erano stati mandati davvero pochi uomini a zonzo per la città o Ab'arghà aveva abbastanza uomini da difendere i propri centri di potere e da mandare in perlustrazione. Considerando la sua solita fortuna, era praticamente certo della seconda.
Dopo qualche minuto di camminata in quei corridoi fu condotto a quello che doveva essere l'ufficio dell'ufficiale che voleva parlargli. Elmi d'oro e il ritratto di un uomo dall'armatura d'argento decoravano la stanza, nella quale spiccavano una scrivania ed delle sedie porpora. I soldati uscirono lasciando Jack con il loro superiore che nel frattempo si era accomodato dietro il tavolo invitandolo a sedersi a sua volta.

"Sono Amzul Iki Saldit, attuale capitano delle Guardie di Ab'Arghà.
Da tre giorni non si hanno notizie del generale del nostro esercito, Tariq Amas. E stando a quanto dicono i miei informatori, il generale è stato visto l'ultima volta ad Ezeran, una tendopoli nel deserto. Lo hanno scorto mentre parlava con un uomo gobbo ammantato di blu.
Tu dici di essere stato aggredito da questo individuo. Dove ti trovavi? Com'è successo? Chi sei tu?"


Sono un programmatore di videogiochi catapultato qui da un'altra dimensione, recentemente assoldato dal Diavolo in persona per assassinare un tizio qui in città. Basta come spiegazione ?
Avrebbe dato qualunque cosa pur di vedere la faccia di quel tipo se gli avesse detto la verità, ma ricordandosi della notevole quantità di sciabole lungo tutti i corridoi della caserma preferì improvvisare, mantenendo la recita da povera vittima della vita.

"M-mi chiamo... Amir. Amir Izzet. Stavo venendo verso la città quando a poche centinaia di metri dalla porta fui fermato da quell'uomo; lui mi disse di dargli dei soldi ma io avevo poco o niente così mi sono rifiutato.
Lui non l'ha presa bene: mi ha ringhiato contro e da sotto il suo mantello sono uscite delle strane creature che mi hanno aggredito. Mi sono salvato per un pelo, gettando sabbia negli occhi dei miei assalitori e correndo con tutte le mie forze verso la Porta Est."


E qui si fece piccolo piccolo come chi stava per dire qualche assurdità.

"Io non... non sono esperto di queste cose, ma quelle creature... a sentire le voci che circolano in giro, parevano... demoni."

Quello parve bersela del tutto, cosa che gli fece tirare un sospiro di sollievo. Che tuttavia fu costretto a rimangiarsi non appena il capitano aprì bocca.

"Demoni. Molte bestie, ultimamente, sono state definite come tali. Le hanno descritte come creature brutali, insidiose, ingannevoli. Per questo motivo..."

Non gli piaceva il tono sospettoso con cui gli si stava rivolgendo e gli piacque ancor meno il fatto che si fosse alzato a cercare qualcosa nel cassone accanto a lui. Ne tirò fuori quella che pareva un grande moneta d'oro, completamente liscia. Lui ignorava il senso di quella azione ma l'altro fu così gentile da spiegarglielo.

"Tariq mi ha detto dove teneva il suo Folk: per capire quando mi trovavo dinnanzi ad uno di essi."

Istintivamente sentì le sue chiappe stringersi per la paura mentre cercava di nascondere il tremolio che gli era preso alla mano sinistra.

"Che bello..."

Mentre quell'aggeggio infernale si avvicinava, maledì mentalmente Tariq, quel capitano, il tizio delle scimmie marine, il pistolero e chiunque fosse il bastardo che avesse inventato quella stupida moneta. Tuttavia la sua mente si zittì del tutto quando il Folk cominciò a brillare di luce rossastra; tese i muscoli come per lanciarsi da un momento all'altro addosso all'uomo per impedirgli di chiamare qualcun'altro una volta scoperta la sua identità. Si fermò, fortunatamente, prima di fare qualche stronzata non appena il bagliore svanì lasciando il capitano e Jack parecchio sorpresi.
L'uomo si voltò, serio in volto, per rimettere l'artefatto al proprio.

"D'accordo, sei una persona onesta."

Approfittò del fatto che gli desse le spalle per accasciarsi sulla sedia con un sospiro di sollievo ringraziando qualunque divinità gli venisse in mente come ad un discorso degli Oscar.

"Ti andrebbe di aiutarmi nelle ricerche di questi demoni?"

Stava per rispondere con l'"eh?!" più sincero di tutta la sua vita quando notò un lieve movimento al suo fianco. Con la coda dell'occhio notò quella che pareva essere un ombra che né lui né il capitano proiettavano; il suo sospetto divenne certezza quando quella sparì con un movimento repentino. Quindi... era stato salvato dall'Uomo Nero? Beh al momento non gli importava poi così tanto, aveva altro a cui pensare: quella piccola distrazione gli aveva dato il tempo necessario per riflettere sull'offerta del capitano. Un agente interno alle guardie cittadine avrebbe senz'alcun dubbio giovato alla loro piccola operazione.
Era un'occasione da non perdere...

"Io... certo! Ma... non saprei che fare."

Sapeva benissimo cosa fare, ma non c'era bisogno che quel tipo lo sapesse!

"Potresti aiutarci a setacciare la città. Riusciresti a riconoscere un demone tra la gente?"

Certo, le tre caratteristiche principali di un demone sono: ama le giacche di pelle, è estremamente affascinante e adora prendere per il culo i capitano delle guardie.

"Beh se va in giro con le corna e tutto il resto, è probabile. Ma se si mimetizza, penso... che potrebbero aiutare altri metodi!"

Fece un innocente cenno con la testa verso il cassone che conteneva il Folk. Un oggetto come quello poteva risultare la loro rovina nelle mani sbagliate (ovvero quelle di chiunque altro non fossero loro!). Attese con trepidazione la risposta di quello per diversi minuti mentre quello si grattava la barba. Un po' troppi minuti...
Infine il capitano si alzò tornando a fissare il quadro di quello che a quel punto poteva persino il suo cantante preferito tanto lo fissava.

"Non posso darti l'artefatto."

Gli fece il medio mentre non guardava.

"Tuttavia ho l'autorità di assegnare compiti straordinari ad alcuni cittadini.
Tu non sei un cittadino, ma posso chiudere un occhio. Con questo documento, ti concedo l'accesso ad ogni zona urbana pubblica, fatta eccezione per il Palazzo del Califfo e la Chiesa Sconsacrata."


Chiesa Sconsacrata?
Nel frattempo l'uomo si era messo a stillare il documento di cui gli aveva appena parlato per poi porgerglielo fissandolo negli occhi.

"Bada bene: se accetti, ogni due ore dovrai farmi rapporto. Riceverai un compenso, ma tutto ciò che accade passerà prima per le mie orecchie."

Ma la sua mente era rimasta ancorata ad un'unica parola.

"Chiesa Sconsacrata ?"

Non andarci, perderesti tempo. Da quando è stata sconsacrata dal Califfo, nessuno ha più visto anima viva entrare o uscire dalla Chiesa.

Con un sorriso afferrò il foglio di papiro passandoselo tra le mani.

"Molto bene. Ha qualche consiglio per caso?"

"Uno solo. Non tradirmi."

Fidati!





Jack Montague


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 70%

Mente: 75%

Energia: 130%


Passive:
- Può trasformarsi nella sua forma demoniaca di notte (5)
- Gli attacchi fisici causano danno all'energia (6)
- Malia psionica che spinge ad abbassare le armi (6)

Attive:

Niente di più di quello che abbiamo concordato in confronto. Scusate di nuovo il ritardo, ragazzi!


Note:

 
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view post Posted on 4/8/2015, 12:33
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La paura del Demone era dovuta al fatto che mai nella vita aveva visto un edificio come quello. Prima di entrarvi avrebbe scommesso di trovarvi copiose file di panche, dove gli uomini-pecora si inginocchiavano a pregare i loro déi inesistenti, innumerevoli dipinti sacri che avrebbero ritratto la nascita di qualche fottuto messia, e un altare dorato illuminato dalle fiamme di candele ritenute sacre, che avrebbero dovuto allontanare i demoni della notte. Avrebbe creduto di trovarvi, insomma, un sacco di cretinate. Ma ora che i suoi occhi iniziavano, progressivamente, ad abituarsi al buio della chiesa, cominciò a distinguere le quattro pareti che lo abbracciavano. Erano spoglie, fredde, inospitali. Nella stanza non c'erano panche, né tappeti, né candelabri, né quadri, né ornamenti cerimoniali. L'edificio dava tutta l'impressione di essere una chiesa sconsacrata, e questo avrebbe fatto sghignazzare follemente il Demone, eppure, nel buio profondo della stanza c'era qualcuno. Il Diavolo lo percepiva, sentiva qualcosa di innaturale - non di certo il sacerdote - qualcosa per certi versi simile a lui, qualcosa che lo metteva a disagio. Udiva un rantolare sommesso, un respiro affannoso come quello di un bambino malato, carpiva fiochi bisbigli erompere dalle pareti, tanto soffusi da sembrare frutto di uno sconvolgente scherzo della mente, e percepiva dei lievi tremori far vibrare la struttura. All'unisono, come un concerto d'orchesta, come un cuore pulsante, come qualcosa di vivo.

«Io ne ho viste di cose. Ne ho sentite. Ne ho mangiate»
Proruppe una voce forte dal fondo della chiesa.
Lo fece all'improvviso, e il cuore del pistolero sobbalzò, ardendo per lo spavento.
«Vediamo chi sei»
Il Diavolo stava ancora respirando affannosamente, quando si sentì avvolgere.
Percepì qualcosa di umido avvinghiarlo, qualcosa che gli fece accapponare la pelle.
Notò che una miriade di particelle viola stavano vorticando attorno a lui.
«Levi Morrison, la tua anima è dannata. Cosa sei venuto a fare qui?»


Il Diavolo non fece caso a come l'essere che dimorava nella chiesa l'aveva chiamato, perché quello era il nome dell'uomo-ospite, non di certo il suo. La paura che provava in quel momento lo teneva asserragliato con lo sguardo fisso alla parete di fronte, dove un mostro umanoide lo stava scrutando dall'alto del suo scranno. Uno scranno di dura e fredda pietra. Dalla vita in giù quell'essere era incassato nello spessore della parete stessa e il Diavolo capì, dunque, che il locale dove si trovava non era affatto un semplice edificio. La chiesa non era altro che una creatura vivente, parte integrante dell'essere che lo stava studiando. Aveva tre narici, tre bocche e tre occhi, ma solo quelli viola sembravano davvero interessati al Demone.

«Risponderò ad ogni tua domanda»
Rispose il Diavolo con circospezione, temendo l'essere che aveva di fronte e tutto attorno a lui.
«Ma prima, dato che tu hai già scoperto chi sono e cosa sono, sarebbe molto gentile da parte tua farmi capire che cosa diavolo sei tu»
Un risata cavernosa riempì il locale, e il Demone riuscì a rilassarsi un po'.
Sembrava che la creatura non avesse brutte intezioni, almeno per il momento.
«Mi pare giusto, Levi Morrison. Io sono Cloto, Lachesi e Atropo»
Rispose l'essere, con voce profonda.
«Un uomo mi ha convocato in questa chiesa e io sono apparsa. Ma ancora non ha domandato nulla»
La Condanna di Levi prese una lunga boccata d'aria.
C'era qualcosa in quella faccenda che gli sfuggiva, qualcosa che l'avrebbe potuto mettere in difficoltà.
La creatura sapeva che il pistolero era un'anima dannata, eppure non lo aveva ancora attaccato.
"Ma da che parte sta?" Il Diavolo doveva scoprirlo.
«Ma che coincidenza. Anche io mi trovo qua perché un uomo me l'ha ordinato»
Cercò di sorridere, increspando però il volto in un ghigno diabolico.
«Pare che questa città stia per essere attaccata da un gruppo di demoni»
Aggiunse,
e il clima di pace imparziale che si era instaurato, crollò all'istante.
«Non prendermi in giro, Levi Morrison!»
Eruttò la creatura a pieni polmoni, trafitta dalla furbizia astuta del Diavolo.
«Conosco bene la Corruzione e ne colgo l'essenza all'interno del tuo corpo. Tu fai parte di quel gruppo, non è così?»
Le particelle viola presero a vorticare come impazzite, braccando il Demone come una tempesta di polvere.
La temperatura nella stanza salì precipitosamente, le pareti tremarono minacciose.
La creatura si era infuriata perché il Diavolo aveva cercato di ingannarla, non perché lui era un dannato.
Gli occhi del Demone fissarono il globo oculare di sinistra, quello dall'iride violacea.
Lo fissarono con sguardo freddo, magnetico, insipido.
«È così»
Rispose, con un filo di voce profonda, tagliente, sfidando apertamente l'essere che aveva di fronte.


Lentamente avvicinò la propria mano verso la pistola al suo fianco, e quanto più si avvicinava al calcio di sandalo lavorato, tanto più sentiva il proprio cuore nitrire di eccitazione. Nonostante la paura per quello che sarebbe potuto succedere da lì a un momento, il Diavolo desiderò, più di ogni altra cosa al mondo, che la creatura lo attaccasse, per poterla uccidere. Per poter versare il suo sangue e veder spegnersi la luce di quei tre occhi indagatori. Passarono diversi minuti, ma l'atmosfera era talmente tesa che sembrarono passare intere settimane. Alla fine l'occhio dall'iride viola distolse lo sguardo, staccandosi dal legame magnetico con gli occhi del pistolero. Il Diavolo sorrise allora compiaciuto, trionfando per quel duello silenzioso che aveva appena vinto. La paura scomparve e in lui si riaccese l'orgoglio demoniaco che lo contraddistingueva.

«E perché siete giunti in questa città?»
Chiese la creatura.
«Frena»
Rispose il Diavolo, con un ghigno irritante dipinto sul volto.
«Ho appena risposto ad una domanda. Ora è il vostro turno. Chi è l'uomo che vi ha convocati in questa chiesa?»
Un'altra risata famelica scosse il locale. Una risata che fu accompagnata dalla risata felina del Demone.
La temperatura della stanza salì ancor di più. Tutto sembrava dover esplodere da un momento all'altro.
Ma nonostante questo, il Diavolo continuò a ridere, e ridere sempre più, come un pazzo furibondo.
Si sentì all'improvviso leggero.
«Non risponderò alla tua domanda, Levi Morrison»
La Condanna del pistolero sentì sollevarsi in aria e la sua vista si annebbiò.
«Il tuo ruolo in questa storia è quantomai interessante. Anzi, oserei dire fondamentale.
Ti darò quello che cerchi: potere. Ti vincolerò alla mia esistenza e tu mi darai ciò che io cerco: libertà. Da troppo tempo servo questo mondo.
Il Palazzo del Califfo è la tua meta»


Il Diavolo venne catapultato fuori dalla chiesa, senza troppi complimenti. Le porte dell'edificio si richiusero con un tonfo rauco e per quella notte non si sarebbero - probabilmente - mai più riaperte. La testa del Demone vorticava, e lo stomaco inviava fastidiosi segnali nauseabondi ai centri cerebrali superiori, ma il Diavolo stava tremando dall'eccitazione e quasi non vi badò. Finalmente era tornato a sentirsi il sovrano che un tempo era stato, e il potere ancestrale e demoniaco sopito pervase di nuova forza ogni tratto della sua prigione umana. Ululò di piacere, rivolto alla luna alta nel cielo notturno. Si sentiva potente, invincibile, in grado di affrontare ogni pericolo. Il Diavolo si mosse quindi verso l'altare dei sacrifici, in direzione del Palazzo del Califfo.
Quando raggiunse il luogo sacro, notò un gruppo di quattro uomini ai piedi della lunga gradinata che trasportavano un quinto essere umano incatenato, nudo e depilato, probabilmente loro prigioniero. Il cuore del Demone accelerò, pompando un piacere immondo come quello dell'amante poco prima dell'atto d'amore. La mente del pistolero gorgogliò di fame. Fame di sangue.




the Gunslinger
B (-5); M(-10); A(-20); C(-40)

Fisico 75/75
Mente 75/75 Ubriaco
Energia 110/150

Passive
- capacità di difendersi da più attacchi fisici o da attacchi fisici inaspettati (6/6)
- capacità di comprendere classe e talento del bersaglio (6/6)
- difesa psionica passiva (6/6)
- le tecniche attive di classe causano una malia psion di compassione nel bersaglio (6/6)

Attive
-

-

Equipaggiamento
- Revolver (6/6), riposta
- Armatura naturale, pelle coriacea
- Arma naturale, artigli retrattili (retratti)
- Cinturone (32/36), munizioni per il revolver

In breve
La condanna di Levi ritrova la perversa eccitazione demoniaca che l'aveva abbandonata. Si muove in direzione del Palazzo del Califfo, arrivando all'altare dei sacrifici

Note
Scusate il mio ritardo.



 
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Caccia92
view post Posted on 11/8/2015, 18:56




ATTO IV: OCCHIO DEL POTERE






{Palazzo del Califfo, Torre Dorata}
Qualche ora prima; POV: Abdülmek





La stanza possedeva una strana luminescenza e un colore simile all'ambra. Le pareti dorate riflettevano il chiaro di luna sul pavimento scuro, suggerendo un'atmosfera calda e tranquillizzante. Era un salone circolare, accessibile attraverso una singola porta di legno ricavata nel muro. Tutt'intorno, colonnati e sbalzi nel marmo evidenziavano un'eccellente gusto architettonico e una straordinaria concezione dello spazio; le ombre che si generavano nei molteplici anfratti davano l'idea di una profondità maggiore, mentre l'assottigliarsi delle colonne creava l'illusione di un soffitto inarrivabile per lo sguardo. Al centro, come unico mobile, era stato posto un piccolo tavolo d'oro e argento. Sul tavolo stava una ciotola di terracotta nera.
Dall'ombra, invisibile fino a qualche attimo prima, apparve un uomo. Alto e magro, vestiva una tunica di stoffa chiara con ricami viola. Portava la barba lunga e i capelli raccolti sotto un turbante.
L'uomo si avvicinò a tavolino e scrutò all'interno della ciotola. I suoi occhi brillavano sinistri.
« Tu dici che questo rituale mi darà maggior potere. » sussurrò al nulla « Ma ancora non mi hai spiegato come eseguirlo. »
Passarono alcuni secondi in cui il silenzio avvolse la sala. Poi, dalle pareti, giunse un'altra voce, una voce che di umano aveva ben poco. Pareva quasi strisciare lungo i muri e stiracchiarsi nel tentativo di assorbire l'aria. La fonte era indistinguibile nell'oscurità.
« Non temere. » disse la voce « I tasselli si stanno incastrando. »
L'uomo continuò ad osservare la ciotola. Al suo interno borbottava uno strano liquido, bluastro ai lati e rosso al centro. L'immaginazione suggeriva la forma di un occhio senza palpebra, immobile sotto la superficie increspata.
La stanza, nel frattempo, si era fatta più buia.
« L'Occhio del Potere è irrequieto. » sibilò l'uomo, chiaramente irritato da quel fatto « Qualcuno ha parlato con la creatura. »
Un'altra pausa di silenzio. Poi di nuovo la voce strascicata.

...
« Sì, è stata una mia idea. »












{Altare di Loec, piazzola}
Notte fonda; POV: Levi (stadio iniziale della metamorfosi)





Levi cominciava solamente a grattare la superficie della nuova energia che lo aveva colmato. Se in un primo momento il suo sguardo era nitido, nei secondi successivi lo spettro visivo subì un incremento sostanziale. Riusciva, piano piano, a distinguere con precisione tutti i dettagli che lo circondavano: l'increspatura del marmo sui gradini, i piccoli avvallamenti del terreno, i segni sui volti della gente. Non gli serviva la luce delle torce, ogni cosa pareva brillare come acqua al chiaro di luna. Era incredibile, il mondo si apriva ai suoi occhi.
Poco dopo, tuttavia, cominciarono le visioni. Immagini - in principio sfocate e confusionarie, poi sempre più regolari - si frapposero fra la mente di Levi e la realtà effettiva. Impiegò diversi minuti per comprendere ciò che stava osservando. Una stanza oscura circondata da colonne enormi, un pavimento liscio di una bellezza sorprendente, un soffitto che si perdeva nel cielo notturno. Cos'era quella stanza? Dove si trovava? Il suo punto di osservazione era ristretto, limitato da bordi scuri. Si rese conto solo all'ultimo che le visioni erano leggermente increspate, come ricoperte da un velo liquido. Comparve il viso di un uomo. Il turbante sulla testa, la folta barba nera e i colori violetti della tunica lo identificarono immediatamente: il Califfo. Levi aveva già potuto inquadrare le sue fattezze grazie ad una scultura posta a fianco della Porta Est. Dunque la stanza che stava guardando faceva probabilmente parte del Palazzo Reale. Ma era lui che stava spiando il tiranno o il contrario? Anche se non poteva udire suoni o percepire null'altro dei semplici colori, gli parve di notare una leggera nota di rabbia sul volto del Califfo. Forse lo aveva notato, forse si trattava di una semplice coincidenza.
Come erano iniziate, le visione cessarono di colpo. Levi si ritrovò ai margini esterni dell'altare dedicato alla divinità Loec, molto distante dal punto di partenza. Aveva camminato senza accorgersene, colto alla sprovvista da quella nuova esperienza. Eppure la scena non era cambiata, i sacerdoti stavano ancora portando il prigioniero sulla sommità del monumento, i pochi spettatori erano ancora intenti a seguire il rito. Il tempo non era trascorso.
Si era fermato per circa dieci minuti - ed era un paradosso calcolare quel periodo - sospeso in un piano materiale differente da quello della città.
Ed era soltanto all'inizio.











{Una casa, una stanza da letto}
Notte fonda; POV: Shaoran, Il Guardiano di Giada





La figura scattò all'indietro, evitando agilmente l'affondo di Shaoran. Non sapeva parlare e, in ogni caso, non avrebbe potuto comprendere parole o suoni. La sua mente era vuota, il suo corpo era nato solo da qualche settimana, insieme all'abitazione signorile. Due evocati, ma solo uno funzionante. L'altro, quello della stanza accanto, rappresentava uno specchio per le allodole, un'esca per confondere gli intrusi. Il Guardiano di Giada - così veniva chiamato - difendeva una zona specifica di Ab'Arghà ed era stato costruito per volere dello stesso Califfo.
Il mantello viola cadde a terra, rivelando la vera natura del golem: un esoscheletro metallico di un grigio chiaro, con riflessi dorati, proteggeva un nucleo magico posto sotto il torace; il volto era privo di orecchie, naso e bocca, gli unici particolari che spiccavano sul resto erano gli occhi, una coppia di fessure brillanti e verticali. Il Guardiano di Giada imbracciò un imponente scudo che si trovava a fianco del letto, poi ruotò il busto nuovamente verso Shaoran.



L'atteggiamento era chiaramente ostile. I golem potevano essere avversari formidabili persino per un duellante esperto come Shaoran. Non provavano emozioni, non disobbedivano agli ordini, non abbandonavano la postazione e, soprattutto, non si fermavano quando perdevano una parte del corpo in battaglia. Il Guardiano di Giada, per sfortuna di Shaoran, era un esemplare particolare: a differenza delle evocazioni comuni, il costrutto poteva utilizzare abilità e tecniche di lotta proprie della persona che lo aveva evocato.
Infatti, dopo qualche istante, il Guardiano si illuminò di giallo e cominciò a sdoppiarsi. Una copia, due copie, tre copie. Quattro figure, identiche fra loro in tutto per tutto, formarono un semicerchio dinnanzi all'intruso. Muovendosi simultaneamente, sollevarono lo scudo e portarono il pugnale ricurvo sul fianco. Avanzarono lentamente, cigolando in maniera sinistra.
Sicuramente proteggevano un segreto più grande di qualsiasi altro nella città della grande oasi.














CITAZIONE
QM.POINT

Ab'Arghà corrotta al [21%]

Poteri Corrotti del gruppo [3/3]



• Cosa accade nel post: comincia a delinearsi la trama e questo potrebbe non essere un bene per voi. Venite a sapere (off-game chiaramente) che il Califfo ha una stanza, presumibilmente in cima ad una torre, dove c'è un tavolino. Su questo tavolino è posta una ciotola scura contenente un liquido di strana provenienza. La ciotola sembra molto importante per il Califfo, come se fosse una sorta di oracolo. La conversazione tra il tiranno e la voce nell'ombra dovrebbe farvi avere più di qualche intuizione. Ovviamente questa parte di post è utile soprattutto ad una persona, ma tenete conto tutti per il futuro. Il resto è il proseguimento dei vostri racconti, fatta eccezione per Numar che al momento ha piena libertà d'azione.

• HIG: al tuo corpo sta accadendo qualcosa. Una trasformazione probabilmente, perché il tutto sta avvenendo in maniera graduale. Il tuo sguardo passa dal nitido al trascendente, ovvero in grado di bucare il piano materiale per osservare zone a te fisicamente precluse. Ottieni immagini di una stanza (e qui ti devo fare l'occhiolino perché ci sono fin troppi indizi per te) e del Califfo. Cerca di collegare i puntini per portare avanti la tua trama. Puoi fermarti al santuario o dirigerti altrove.

• Ark: cosa posso dire...non sei in una situazione rosea. Ti dico solo che il combattimento non sarà facile e che non posso concederti un autoconclusivo proprio per la pericolosità del tuo avversario. Da quello che riesci ad intuire si tratta di un golem o costrutto molto differente dall'immaginario collettivo (non è di pietra, non è gigante, non è stupido). Forma quattro copie dinnanzi a te, copie che cominciano ad avanzare pericolosamente. Ti lascio la prima mossa, sfruttala a dovere.

• Numar: anche se non hai una parte pertinente (cioè non ti ho dato delle linee guida) penso sia giunto il momento di spostarsi dalla caserma. Ovviamente puoi anche continuare la conversazione con Amzul, ma te lo sconsiglio. Il tuo compito principale dovrebbe consistere nel trovare indizi su Tariq e sui demoni all'interno della città, ma sappiamo entrambi che è solo una facciata. Tieni conto nelle tue prossime azioni che il capitano vorrà dei resoconti sulle tue attività e in caso di mancato recapito ti troverai addosso tutta la guardia cittadina (più o meno dovrebbe accadere questo, salvo avvenimenti particolari). A te la penna.

Mi pare tutto. Torniamo in confronto come di consueto. Il giro si svilupperà in base alle vostre azioni. Vi concedo cinque (5) giorni per organizzare e concludere il post una volta terminata la parte in confronto. Buon game.
 
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Numar55
view post Posted on 4/10/2015, 05:03




La strade parevano tutte uguali alla fioca luce della luna. Fortuna che quella sorta di "mente alveare" che li aveva reclutati si era premurata di fornirgli una mappa mentale della zona o si sarebbe trovato a girare come un coglione in quella stramaledetta città. Sospirò stizzito, ben sapendo che il suo nervosismo non era dato dalla mancanza di indicazioni in quel buio dedalo: quello stronzo di un soldato si era rifiutato di dargli un'arma per potersi difendere. Manco avesse chiesto le chiavi del fottuto Palazzo Reale!
Certo, non avevo certo bisogno di armi per uccidere qualcuno... ma quello mica lo sapeva! Seriamente, che stronzo.
Per di più non sarebbe stata di certo una mossa saggia usare la sua "forma cazzuta" nel bel mezzo di una città in allarme. Un nuovo sospiro segnalò al nulla la sua esasperazione mentre passava una mano sul volto, quasi cercando di strappare la pelle che lo ricopriva.
Fra le dita scorse un movimento nel buio che attirò la sua attenzione. Una figura in movimento che stava svoltando ad un angolo della strada; aveva notato solo un mantello blu ma gli era bastato quel dettaglio per fargli scattare qualcosa.
Affrettò il passo per poi sporgersi oltre il muro dell'abitazione e un ringhio istintivo gli riempì la gola. Il mantello blu era QUEL mantello, lo stesso che indossava il bastardo alla Porta Est; l'umiliazione per la sconfitta infertagli ancora gli bruciava nel petto e la vista di quell'uomo gli accecò la mente impedendogli di pensare ad altro.
Con circospezione lo seguì, sfruttando le tenebre su cui prima aveva inveito per non farsi scoprire dall'amante delle scimmie marine. Per diversi minuti il silenzioso inseguimento continuò ma proprio quando cominciò a chiedersi dove si stesse dirigendo con tutta quella fretta dovette fermarsi.
Lo straniero si era bloccato dinnanzi ad un'imponente struttura che spiccava sulle capanne e tende che la circondavano. L'informazione giunse immediata nella sua testa, quella era la Chiesa Sconsacrata. Incuriosito su quell'insolita metà, Jack si avvicinò ancor di più quand'ecco che quello allungò una mano su una parete intonando parole di cui ignorava il significato. L'unica cosa certa era che stesse compiendo una qualche sorta di rituale e bastò questo per riaccendere il sorriso sul volto del giovane. Prima molto piano, attento a non compiere il minimo suono, e poi sempre più velocemente si avviò per i vicoli oscuri di Ab'Arghà ridendo piano. La possibilità di abusare del suo potere temporaneo era capitata prima del previsto e non vedeva l'ora di scatenarlo su quel bastardo. Doveva solo trovare...oh, ecco le guardie! Una manipolo di cinque uomini dalle armature dorate marciava lunga una stradina. Con un esclamazione attirò la loro attenzione e quelle si fermarono quasi subito.
Mentre si avvicinava cacciò indietro il sorriso e si costrinse ad assumere un'aria più formale.

"Il capitano Saldit mi ha incaricato di sorvegliare un po' la zona.
Vicino al cimitero c'era un tizio con un mantello blu che sembrava sul punto di fare qualche rito. Sussurrava parole incomprensibili e tutto il resto!"


Bastò qualche altra informazione per convincerli a seguirlo ed insieme accorsero alla Chiesa. La voce dello straniero iniziava a farsi sentire mentre si avvicinavano ma non erano formule magiche, pareva invece che stesse parlando con qualcuno.

"... che una bestia degli inferi contribuisca al risanamento del continente?
Anche il tuo corpo è corrotto, marcio. Davvero aspiri ad un futuro privo di vita?"


Appena girò l'angolo gli scappò un gemito e per poco non si fece una facepalm. A pochi passi dal bastardo col mantello stava l'ubriacone che come al solito schiamazzava come una gallina. Il problema era che stava schiamazzando su quanto fosse bello essere un demone a meno di dieci metri dalle guardie cittadine. Uff... beh, si sarebbe arrangiato; ora tutto ciò che contava era farla pagare all'altro.

"Quello! Era lui ad intonare la magia oscura."


Immediatamente i soldati impugnarono archi e lance, pronti alla battaglia. Pronti ad un suo ordine.
Molto più soddisfatto di quanto desse a vedere puntò il dito contro lo straniero.

"Eliminatelo prima che faccia altri danni!"
Volate, mie tesori! Volate!

Con un grido unisono gli uomini si gettarono nella mischia mentre un paio restarono indietro incoccando frecce nei loro archi. Con le braccia incrociate e un sorriso soddisfatto (che durò meno di un secondo non appena notò che l'ubriacone aveva cominciato a trasformarsi) lui sarebbe rimasto lì ad fissare il bastardo fino al momento in cui una lancia gli avrebbe trapassato il petto.




Jack Montague


- Basso: 5% - Medio: 10% - Alto 20% - Critico: 40%

Fisico: 70%

Mente: 75%

Energia: 130%


Passive:
- Può trasformarsi nella sua forma demoniaca di notte (5)
- Gli attacchi fisici causano danno all'energia (6)
- Malia psionica che spinge ad abbassare le armi (6)

Attive:

Note:

Scusate il ritardo. :sisi: :sisi:

 
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Ark
view post Posted on 4/10/2015, 23:49




~ Giada



     Il mio primo pensiero fu che il mio avversario non era umano, ed infatti era così. Dopo aver schivato agilmente il mio attacco il mantello viola cadde a terra, rivelando un esoscheletro metallico grigio chiaro con qualche riflesso dorato. Un nucleo energetico risplendeva sul torace e il volto era privo di orecchia, naso e bocca, con solo due fessure verticali che brillavano nella semioscurità della stanza.
     Che cazzo ci fa un golem nella camera da letto di una casa nobiliare?!
     Cominciai a ridacchiare, come sempre mi capita quando affronto una situazione difficile, preparandomi a vendere cara la pelle. Il golem non parlava, ma chiaramente non sembrava contento della mia compagnia. Prese un enorme scudo da dietro al letto, grande quasi quanto lui, e ruotò nuovamente il busto verso di me. Io avevo Hien impugnata con entrambe le mani rivolta in avanti, ed ero pronto ad essere assalito come aveva fatto poco prima.
     Magari.
     Cominciò ad illuminarsi di giallo, e lentamente la sua forma sembrò vibrare come un miraggio del deserto, tremolando finché non si sdoppiò una, due, tre volte. Presi un respiro profondo per calmarmi, poggiando il piatto della lama di Hien sulla fronte, tenendola in verticale mentre i quattro golem si muovevano lentamente intorno a me, circondandomi.
     « Lama, non mi tradire oggi. »



     La città smise di esistere. La Corruzione, gli ordini dell’Ahriman… tutto passò in secondo piano nella mia mente. C’ero solo io ed i miei avversari, il silenzio interrotto solo dal mio respiro e dal cigolio delle loro giunture.
     Entrai nel pozzo d’energia che alimentava la mia magia, lasciando che il suo potere mi pervadesse, incanalandola lungo Hien che fu avviluppata da un’aura oscura, interrotta da sprazzi argentati. Anche il mio corpo fu circondato da piccole scariche elettriche nere, gli occhi che si nascondevano nell’oscurità della notte perché coperti da un’aura nera. I miei muscoli s’ingrossarono mentre quel potere scorreva anche in me, rendendomi più forte, più veloce.
     Improvvisamente ebbi consapevolezza di un nuovo potere, un dono dalle forze oscure che adesso seguivo per affrontare questo duello, ma fu solo un fugace attimo di distrazione prima di cominciare l’assalto.
      Col potere che avevo accumulato menai un affondo in avanti, ignorando le tre copie per concentrarmi sull’originale, e la spada trapassò il torace del golem come se fosse eterea, mentre con un secondo attacco scalfii la spalla del braccio armato, lasciando un profondo segno che m’avrebbe permesso di riconoscerlo dalle altre copie.
     Un mare di scintille illuminò per un istante la stanza. Il golem si frantumò, disgregandosi in sabbia grigia e dorata. Girai il capo sentendo un rumore proveniente dal golem alla mia destra, temendo un attacco, ma non era altro che il suono del suo sbriciolarsi come il suo compagno.
     Doveva essere un buon segno? La cosa mi puzzava parecchio.
     Restavano ancora due copie perfettamente integre, entrambe alla mia sinistra, rimasta scoperta a causa del mio affondo. Si mossero all’unisono, come condividendo la stessa mente, entrambi eseguendo un rapidissimo semicerchio col pugnale che miravano al petto.
     Immediatamente irrigidii i muscoli preparandomi all’impatto dell’acciaio, aspettandomi che entrambi gli attacchi non mi facessero che il solletico, tuttavia sgranai gli occhi mentre sentivo il sangue scorrere dalla ferita causata da uno dei pugnali. Perché uno no e l’altro sì?! Potenziato dalla magia? Ma non avevo percepito differenze!
     Trattenni un’imprecazione mentre balzavo all’indietro per mantenere una certa distanza di sicurezza, il fiato che già cominciava a farsi pesante. La ferita al petto doleva, ma grazie alla mia concentrazione riuscivo a relegarla in fondo alla mente, dove non mi avrebbe disturbato.
     In quel breve attimo di pausa pensavo a come avrei potuto cavarmela. Difficilmente attacchi normali sarebbero stati efficaci, quella corazza e quello scudo sembravano maledettamente robusti. Con ogni probabilità la chiave per la vittoria era danneggiare il nucleo con attacchi che potevano ferire la sua essenza stessa, e fu per questo che infusi nuovamente la lama di Hien col mio potere magico.
     Con un grido di guerra avanzai menando due rapidi fendenti, ciascuno che mirava il loro nucleo. Il primo golem s’illuminò di rosso e schizzò indietro a velocità incredibile per un essere composto di metallo massiccio, mentre il secondo attacco penetrò in pieno il nucleo dell’altro golem. Come mi aspettavo questo s’illuminò – questa volta d’azzurro – le sue giunture si sollevarono ed esplose in mille pezzi.
     « Tre andati, uno ne manca. » sussurrai, soddisfatto.
     Ovviamente sarebbe stato troppo bello per essere vero. Fu dopo qualche attimo che notai le due sferette bianche che rotolarono nel pavimento elegante, e come a prendermi in giro tremolarono facendo apparire altre due copie del golem, perfettamente intatte.
     Il golem rosso s’era spostato alla mia sinistra, chiudendomi al centro di un triangolo formato dai tre costrutti. Con uno schiocco la placca centrale di tutti e tre si sollevò, scoperchiando il nucleo vitale di ciascuno che si colorarono di viola. Un sibilo inquietante accompagnò il progressivo aumento di luminosità dei nuclei, ed ero piuttosto sicuro che era meglio non farsi toccare da qualsiasi cosa sarebbe uscita fuori da lì.
     Tre raggi energetici che miravano al mio volto furono bloccati dalla barriera nera e azzurrina che apparve un istante prima d’impattare sul mio volto, costringendomi a chiudere gli occhi per la terribile luminosità di quell’attacco. Cominciai all’improvviso a sudare a causa dell’immenso calore che quei raggi emanavano, ma anche per lo sforzo per mantenere attiva la barriera.
     Il cuore batteva come un tamburo nel petto, il fiato era sempre più pesante ed ero leggermente stordito dall’improvvisa oscurità che seguì la fine di quell’attacco, ma strinsi i denti. Non sarei morto lì!
     Girai su me stesso, in modo da avere davanti i due golem più “giovani” ed alle quello che brillava di rosso. Con ogni probabilità era il principale, ma anche se non lo vedevo sapevo d’essere in grado di difendermi da eventuali colpi mentre cercavo di fare fuori gli altri due.
     Menai un attacco orizzontale verso il nucleo del golem più a sinistra, rendendola etera grazie al mio potere magico, ma questa volta non riuscii a scalfirlo. Prima che la lama potesse toccarlo il golem all’improvviso sembrò cambiare forma, diventando di diamante. La natura di quella metamorfosi l’aveva reso solido anche per la mia lama magica, che scivolò rimbalzando di lato.
     La mia mente registrò il fatto senza soffermarcisi sopra, perché tutta la mia concentrazione era rivolta a danneggiarli.
     Sfruttai il movimento imposto all’arma per ruotare su me stesso da sinistra verso destra. Con l’agilità propria dell’esperienza mossi il polso per impugnare Hien a due mani tenendola al contrario, e con tutte le forze mi mossi per conficcare la punta nel nucleo del secondo golem. Pura potenza per cercare di trapassare la placca, perché non potevo permettermi di rendere sempre la lama eterea. Era efficace, ma mi costava troppe energie.
     L’impugnatura della lama era accanto al mio fianco sinistro, ed ero molto vicino al costrutto. Quello di diamante adesso era alla mia destra, mentre davanti a me c’era quello rosso.
     Il cozzare di acciaio contro metallo testimoniò il successo dell’attacco, e la lama penetrò con facilità attraverso la robusta protezione spezzando il nucleo di energia. Come prima il golem brillò d’azzurro, diventando sabbia grigia e azzurra, e altri due maledettisimi golem apparvero al posto di quello appena caduto.
     Osservai la scena ansimando pesantemente, cercando di tenere ancora alta la spada che sembrava pesare almeno cento chili. Nonostante la stanchezza la mia mente era ancora lucida, e in questo momento mi stava dando un semplice messaggio: non avrei resistito a lungo.
     I golem erano rapidi e picchiavano davvero duro, e rispondere colpo su colpo mi stava prosciugando parecchio in fretta. I miei colpi però non sembravano inutili, e questo mi dava speranza. Il golem rosso aveva diverse crepe lungo la placca addominale, nonostante io non l’avessi mai colpito. Ancora un piccolo sforzo.
     La lama del costrutto davanti a me brillò di una sinistra luce violacea, e l’aria tremolò intorno ad esso dalla temperatura che emanava. Contemporaneamente percepii alle mie spalle un violento formicolio, segno che l’avversario alle mie spalle stava per colpirmi assieme al suo compagno.
     Non potevo sperare di difendermi da un simile attacco ed avere ancora le forze per reagire.
     Con le poche forze rimaste creai una sottile linea di energia nera che aprì un piccolo Varco accanto a me, dove mi tuffai senza pensarci un istante. I pugnali passarono così vicino che sentii lo spostamento d’aria, ma ormai ero già – relativamente – al sicuro dietro le spalle del golem rosso.
     Sudato, sporco di sangue della ferita al petto che aveva inzuppato la maglia, i capelli appiccicati alla fronte, braccia e gambe che quasi non rispondevano più… Ma ancora in piedi.
     Evocai le mie ultime forze rimaste, incanalandole lungo la lama di Hien che con uno sforzo di entrambe le braccia avevo sollevato verso il nucleo del golem rosso, e caricando con tutto il mio peso conficcai la lama ignorando l’armatura e colpii la massa energetica che sfrigolò. Le scintille m’accecarono mentre il golem urlava in modo disumano, simile ad un artiglio contro una lavagna, e dopo pochi attimi il costrutto si liquefò davanti ai miei occhi, così come le copie.

     Rimasi per qualche attimo con la spada levata, i muscoli talmente rigidi per lo sforzo da sembrare blocchi di marmo, dopodiché le mie gambe cedettero e caddi in ginocchio. Riuscivo a stare su solo perché mi appoggiavo su Hien, la punta conficcata sul pavimento.
     Intorno a me c’era il mio sangue e polveri e residui metallici, tutto ciò che era rimasto da quel golem terribile. Avrei dovuto provare soddisfazione, ma in realtà ero troppo stanco per fare qualsiasi cosa che non riguardasse l’ansimare.
     Con un gemito mi alzai quanto bastava per sedermi sul letto, lasciando Hien conficcata per terra, mentre con mani tremanti mi sollevavo la maglietta insanguinata e la cotta di maglia lacerata, lasciando che la fresca aria notturna mi rinfrescasse.
     Il sangue colava ancora dalla ferita al petto, ma evocando qualche garza riuscii a fermare il flusso e a bendarmi. Lasciando la maglietta sul letto indossai soltanto la cotta di maglia, aspettando qualche minuto perché il mio respiro si normalizzasse, dopodiché con uno sforzo di volontà mi alzai nuovamente dal comodo materasso.
     Feci svanire la lama in un lampo di nero e azzurro: non percepivo ostilità nelle vicinanze, ed in caso avrei sempre potuto richiamarla con me. Camminando lentamente perlustrai la stanza: oltre al materasso c’era un grande armadio che sembrava pieno di vestiti, oltre ad una lampada ad olio spenta e piccole decorazioni varie. Una cosa però attirò la mia attenzione: una tenda sembrava leggermente discostata dalla parete. Ci sbirciai attraverso, notando un tunnel di mattoni grigiastri che si perdeva nell’oscurità. Restai qualche attimo in silenzio, cercando di ascoltare, ma nessun suono giunse dalle tenebre.
     « Vediamo un po’ cosa proteggeva questo golem… »
     Camminavo lentamente, ma non avevo fretta. Il corridoio sembrava avanzare per un bel po’, e la cosa non aveva senso: io ho osservato l’edificio dall’esterno, com’è possibile che non abbia visto questo posto? Ad un certo punto percepii una presenza più avanti nel tunnel: un uomo, da solo. Avvicinandomi ancora vidi che era rannicchiato, cingeva con le braccia le ginocchia vicino al petto.
     Arrivai a portata di udito, dopodiché mi fermai ad una certa distanza appoggiando una spalla al muro di mattoni per far riposare un po’ le gambe stanche. Avrei potuto tentare di leggergli il pensiero, ma non avevo intenzione di sprecare le mie poche energie rimaste per qualcosa che potevo ottenere semplicemente chiedendo.
     « Chi sei? » dissi.
     L’uomo alzò lo sguardo e mi guardò, ed all’improvviso compresi perché questa stanza era stata difesa da un golem, all’interno di una stanza invisibile dall’esterno. L’avevo già visto scolpito nella pietra o dipinto sui muri degli edifici più importanti della città: il Califfo Abdülmek.
     « Di tutte le persone... » mormorai tra me e me.
     Un bavaglio sulla bocca gli impediva di parlare. Aveva l’aria sciupata, magrissimo e con lividi e tagli su volto e sulle gambe. Mi guardava con paura e sconcerto, ma anche con un po’ di speranza. Mal riposta, ma lui non poteva saperlo.
     Tolsi il bavaglio al Califfo, dopodiché mi sedetti stancamente davanti a lui. Tenevo le gambe incrociate, ben distante da un punto che l’uomo incatenato poteva raggiungere. Non che sembrasse una minaccia, ma la sicurezza non è mai troppa.
     « Qualcuno s'è dato da fare per nasconderti qui. » dissi.
     Avevo delle domande, e volevo delle risposte. Perché l’uomo più potente della città era stato rinchiuso? Sapevo della sua fama di despota e che non è in buoni rapporti con Samir Husaam Udeen, tuttavia quello non sembrava lo stesso Califfo di cui io ho sentito parlare. Non ci si riduce così in pochi giorni, e non avevo sentito nulla di una sua scomparsa… Che l’uomo attualmente al potere non fosse altro che un sostituto?
     Evocai il pugnale con cui avevo ucciso il locandiere poco prima, conficcandolo sul pavimento davanti a me. Era un segnale per rendergli chiaro che la sua vita era nelle mie mani.
     « Dimmi perché non dovrei finire il lavoro. »
     Lui mi fissò sconsolato, reclinando il capo. Rimase diversi minuti in silenzio, come probabilmente aveva fatto per molto tempo prima del mio arrivo, come meditando su come rispondere. Io aspettai con la pazienza del cacciatore abituato a restare a lungo immobile, attendendo la sua preda. Quando finalmente tornò a guardarmi i suoi occhi sembravano essere stati privati dalle emozioni.
     « Ti sei battuto con il Guardiano di Giada, vedo. » disse accennando alle mie ferite « Un tempo era il difensore della città, una sentinella dorata. Poi è stato corrotto come tutto il resto. Lentamente, come un veleno, la rabbia è entrata a far parte della mia corte. Mi hanno portato via il comandante più fedele, i consiglieri, gli amici...persino mio figlio. »
     Restai in silenzio ad ascoltare, cercando di capire di più sulla storia della città. Come avevo dedotto, la Corruzione era lì già da molto prima del nostro arrivo.
     « Ma non mi hanno ucciso... » un sorriso comparve sul suo volto « ...non potevano. La benedizione del Califfo mi protegge dalla Corruzione. Non possono toccarmi. Solo una persona pura di cuore potrebbe eliminarmi... » gli occhi si fecero lucidi « Io vedo tenebra nel tuo spirito, soldato. Ma c'è anche la luce...se mi uccidi, la benedizione verrà spezzata e Ab'Arghà cadrà sotto la mano della morte molto più rapidamente. Se mi liberi, probabilmente non avrò alcuna possibilità di rivalsa...senza il tuo aiuto. »
     Come il Califfo poco prima, non risposi subito. Mi rialzai in piedi, appoggiando le mani a terra per darmi la spinta sufficiente, dopodiché estrassi il pugnale dal pavimento.
     Qualcosa non mi tornava. Se come diceva lui solo una persona pura di cuore potrebbe eliminarlo, come potrei farlo io se la Corruzione ormai scorre nelle mie vene, come lui stesso ha visto? L'hanno nascosto dietro al Guardiano di Giada perché non potevano ucciderlo... o perché non volevano, ed avevano bisogno di un modo per tenerlo fuori dai giochi? C'erano ancora molte incognite sulla questione, e non riuscivo a fidarmi delle sue parole. E se la sua morte scatenasse l'effetto opposto, contrastando la Corruzione della città? Non osavo colpire, ma forse c'era una via perché io giungessi al mio vero obiettivo.
     « Se io ti libero... » Non volevo esporgli il motivo per cui esitavo ad ucciderlo. Fin quando credeva che in me c'era ancora un po' di luce forse avrebbe acconsentito a fare quel che chiedevo, e se c'era qualcuno che poteva condurmi a palazzo era davanti a me. Era un grosso rischio, specie nelle condizioni in cui mi trovavo, ma non mi sarei tirato indietro. « Sapresti condurmi da Samir Husaam Udeen? »

ReportStato Fisico ~ 10/125.
     1° Turno ~ [-20, Lama Evanescente ~ -10, Fortificazione]
     2° Turno ~ [-10, Affondo di Giada ~ -10, Pelle Dura ~ -5, Lama Evanescente Durevole]
     3° Turno ~ [-10, Affondo di Giada ~ -20, Lama Evanescente]
     4° Turno ~ [-20, Lama Evanescente]
» Danno Alto, ferita sanguinante al petto.
Stato Mentale ~ 75/75.
Energia ~ 25/100.
     1° Turno ~ [-10, Fortificazione]
     2° Turno ~ [-10, Pelle Dura ~ -5, Lama Evanescente Durevole]
     3° Turno ~ [-20, Barriera]
CS Guadagnati ~ 17.
     1° Turno ~ [5, Forza ~ 4, Velocità]
     2° Turno ~ [5, Forza ~ 2, Velocità]
     3° Turno ~ [1, Astuzia]
CS Consumati ~ 17.
     1° Turno ~ [4, Forza]
     2° Turno ~ [4, Forza ~ 4, Velocità]
     3° Turno ~ [2, Forza ~ 2, Velocità ~ 1, Astuzia]
CS in Riserva ~ 0.
Armi
» Hien ~ Impugnata.
» Arco ~ Sulla schiena.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Biglia Stordente ~ 1.
» Biglia Accecante ~ 1.
» Biglia Oscura ~ 0.
» Biglia Deflagrante ~ 1.
» Monete ~ 50.

Abilità passive
» Guerriero Arcano ~ Le tecniche magiche lanciate e le tecniche psioniche subite sono di un livello superiore al normale. (2/5)
» Inarrestabile ~ Può ignorare qualsiasi tipo di sofferenza fisica. (3/6)
» Vigore Riflesso ~ Quando un nemico utilizza una tecnica attiva che aumenta le CS nella sua riserva, Shaoran può guadagnare 1 CS a sua volta all'Astuzia. (1/6)
» Duro A Morire
     Le sue difese ad area hanno potenza pari al consumo. (2/6)
     Capacità di difendersi in modo istantaneo. (2/6)
     Capacità di difendersi in modo inconscio. (2/6)
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone. (2/6)
» Stratega ~ In qualsiasi tipologia di terreno Shaoran è in grado di elaborare la strategia migliore, durante un combattimento vince gli scontri a parità di CS. (3/6)
» Perizia ~ Quando Shaoran utilizza una tecnica di Power-Up ottiene 1 CS aggiuntivo da sommarsi a quelli normalmente forniti dalla tecnica, dello stesso tipo. (3/6)

Abilità Attive

Turno 1


Lama Evanescente ~ Shaoran è in grado di infondere il potere della magia nella sua arma o nel proprio corpo, che si manifesterà all'occhio sotto forma di un'aura azzurra che circonderà la lama o l'arto scelto. Dopodiché il giovane potrà prodigarsi in una serie di attacchi notevolmente più forti e veloci del normale, rendendo difficoltosa la difesa. La particolarità di questa tecnica è che in caso di colpo andato a segno il fisico dell'avversario non subirà alcun danno, bensì si sentirà prosciugato delle proprie forze. Gli attacchi potranno essere uno o molti di più, il danno effettivo della somma dei vari attacchi sarà pari al consumo speso.
Bersaglio ~ Energia.
Consumo ~ Autodanno Fisico Alto.
Natura ~ Magica.


Fortificazione ~ Shaoran sfrutta le sue capacità magiche per potenziare il proprio corpo, rendendolo più forte e più veloce. Scariche elettriche azzurre lo circonderanno completamente, in quantità proporzionale all'entità del potenziamento, e gli occhi cominceranno a brillare di una luce azzurra, i muscoli diventeranno più marcati. Questa tecnica aggiunge 2, 4 oppure 8 CS alla sua riserva, suddivisi tra Forza e Velocità, a seconda del consumo speso.
Consumo ~ Autodanno Fisico Basso, Medio, [Medio, Fisico ~ Medio, Energia].
Natura ~ Magica.


Turno 2



Pelle dura ~ Tecnica semplice ma efficace, consiste nel tendere i propri muscoli fino allo spasimo rendendo la propria pelle molto più resistente del normale, ottenendo inoltre 4 CS in Forza. Non ci saranno mutamenti di sorta nel fisico di Shaoran, se non che la propria muscolatura diventerà molto più marcata. Vale come una difesa dagli attacchi fisici normali per una durata di due turni.
Consumo ~ Medio + Autodanno Fisico Medio.
Natura ~ Fisica.
Difende da ~ Attacchi Fisici.


Lama Evanescente Durevole ~ Tecnica dall'effetto simile a "Lama Evanescente", dove Shaoran è in grado di infondere il potere della magia nella sua arma o nel proprio corpo, che si manifesterà all'occhio sotto forma di un'aura azzurra che circonderà la lama o l'arto scelto. In questa variante però l'effetto è più duraturo, fornendo al guerriero per la durata di due turni la capacità di rendere il bersaglio dei propri attacchi fisici l'energia, anziché il fisico.
Otterrà anche un power up di 2 CS alla Velocità.
Bersaglio ~ Energia.
Consumo ~ Autodanno Basso, Fisico ~ Basso, Energia.
Natura ~ Magica.


Turno 3



Barriera ~ Concentrando la sua energia magica innanzi a sé è in grado di evocare uno scudo, una patina azzurrognola sottile ma molto resistente, capace di tenere testa ad attacchi sia fisici che magici, purché non troppo potenti. La forma dello scudo è variabile, può essere usata per proteggere Shaoran e tutti i propri alleati contemporaneamente. Se non in possesso di una passiva apposita, l'efficacia della difesa è di un livello inferiore al consumo speso per attivarla.
Consumo ~ Alto.
Natura ~ Magica.


Lama Evanescente ~ ...
Bersaglio ~ Energia.
Consumo ~ Autodanno Fisico Alto.
Natura ~ Magica.


Turno 4


Varco ~ Piegando lo spazio Shaoran è in grado di creare un varco a mezz'aria, che si formerà all'inizio come una sottile linea verticale di luce, alta un paio di metri, che si aprirà come se fosse una finestra che porta ad una dimensione parallela. Se qualcuno la guardasse lateralmente non vedrebbe nulla, se non avvicinandosi bene. Oltre il varco v'è un'immagine esatta del mondo circostante, tuttavia chi vi sta all'interno non può in alcun modo interagire con esso pur vedendolo normalmente. Creando un secondo varco Shaoran è in grado di riapparire immediatamente in un altro punto del mondo, e volendo può mantenere il varco per portare con sé anche due o tre persone alla volta.
     Se usato in combattimento ha valenza di difesa assoluta, e potrà spostarsi solo nel campo di battaglia.
Consumo ~ Nullo.
Natura ~ Magica.


Lama Evanescente ~ ...
Bersaglio ~ Energia.
Consumo ~ Autodanno Fisico Alto.
Natura ~ Magica.




 
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