G R I D A D A L C I E L O
❝ FIGLI DELLA SFINGE ❞.
Buio, una coltre densa e oscura. C’era silenzio, come se fosse sospesa nel nulla. S’interruppe presto; ecco in sottofondo il lieve rumore di gocce che infrangono l’acqua. Una, un’altra, un’altra ancora. Le piaceva quel suono, la aiutava a scandire il tempo, le permetteva di aggrapparsi alla realtà.
Luce, come il riverbero di un lampo. Il volto di Raymond, tumefatto, il sangue che gli sporcava i lineamenti ancora visibili. Il solo occhio aperto fisso sui suoi, quella lacrima che gli solcava il viso, tingendosi di rosso. Le labbra che tremavano appena, nello sforzo di parlare: «vor-rei poter rinascere...» una pausa, il tempo necessario per un singulto. «a Lithien...» la fatica di articolare quelle parole sembrava dolorosa quanto una pugnalata. «e leg-gere...» un respiro. «tut-ti i giorni...» un altro. «qualcosa di diverso...»
Di nuovo le gocce rintonarono nell’acqua, l’immagine di Raymond ferma nella sua mente, la bocca che si muoveva lentamente, espirando le sue ultime parole. Le sentì di nuovo, amplificate, che vibravano nell’aria accompagnando l’acqua. … rinascere … Sembrava che più voci le ripetessero, per rimarcarle alla sua attenzione. … a Lithien … Rimbombavano nella sua testa, ognuna che cercava di sovrastare l’altra. … e leggere … Le ricordarono le ombre della corte del Sovrano, che insieme esprimevano una sola volontà.
r i n a s c e r e
La luce crebbe all’improvviso.
L i t h i e n
I contorni del viso di Raymond si fecero sempre più sfocati.
l e g g e r e
L’immagine sparì, lasciandola da sola, avvolta da quel bagliore. Il gocciolare proseguiva, incessante. Il suono si era fatto ormai tanto intenso che a mala pena riuscì a cogliere il sussurro che lo seguì. A quello però ne seguì un altro, e ancora uno, crescendo man mano che era ripetuto, fino a coprire l’acqua, fino a riempirle la testa, fino a mozzarle il respiro. Quelle voci, tutte insieme, la cercavano, la invitavano, la bramavano. Quello era un richiamo. «Principessa.»
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Quel sogno la tormentò dal momento stesso in cui spalancò gli occhi. Era come impresso con il fuoco nella sua mente, e quelle tre parole risuonavano incessanti, simili ad api laboriose. Non riusciva a comprenderne davvero il significato, ma sapeva che fino a quando si fosse recata a Lithien non sarebbe mai riuscita a liberarsene. Approntare il viaggio per l’Edhel fu più facile rispetto la prima volta; non avrebbe più dovuto affrontare le sue cupe foreste, ma risalire l’Erydliss, catena montuosa a lei familiare. Non solo, la consapevolezza di recarsi in una città, seppur sconosciuta, la tranquillizzava: non poteva dimenticare le difficoltà affrontate nella selvaggia Matkara per salvarla dall’assalto dei demoni. Così decise di partire, portando con sé solo Samael, suo fedele compagno che ben bastava a scortarla e proteggerla da qualsiasi pericolo. L’entusiasmo dell’animale di allontanarsi dalle terre umane per visitare quelle più brulle dell’Ystfalda era ben evidente, tanto da coinvolgere perfino Ryellia. Per quanto la giovane Lancaster fosse abituata alla vita mondana, ogni qual volta aveva la possibilità di allontanarsi era come respirare finalmente aria fresca, ritrovare odori e sapori familiari nonostante, in apparenza, nulla di tutto quello le appartenesse.
La maestosità di Lithien la travolse dall’istante in cui posò gli occhi sulle bianche mura. Si stagliava imponente verso il cielo, come una naturale prosecuzione delle montagne; guardandosi attorno poteva provare l’ebbrezza di avere Theras ai suoi piedi, ammirando da un lato le terre di Dortan, dall’altra quelle dell’Edhel, due territori tanto diversi separati unicamente da quell’alto muro di roccia. Si destò rapidamente da quelle riflessioni poetiche; non aveva tempo per simili romanticherie, non ora che si sentiva tanto vicina alla sua meta. Quale essa fosse lei non lo sapeva, ma una forza a lei sconosciuta aveva cominciato ad attrarla verso quel luogo, e si faceva più forte man mano che si avvicinava. In quel momento ardeva furiosa, un bisogno che non riusciva a placare. Si lasciò portare, osservando con stupore e ammirazione la bellezza di ciò che la circondava. L’aria stessa pareva pervasa dalla magia, come se una sorta di elettricità la percorresse. Samael accanto a sé la annusava con forza, agitando febbrilmente la coda. Passo dopo passo, finì per sbucare all’interno di un cortiletto fatto di pietra e marmo. Al centro della piazzola stava una fontana, che rovesciava delicatamente l’acqua sulla sua superfice; riconobbe immediatamente quel suono ascolta nel suo sogno, immobilizzandosi come fosse stata colpita da un fulmine. Spostò lo sguardo dalla fonte, per osservare il resto: quattro panche di marmo chiaro erano disposte attorno, una delle quali già ospitava qualcuno. Non riusciva a definire cosa fosse quella creatura, l’unica cosa a lei comprensibile era l’aspetto umanoide. Si guardarono per brevi secondi, poi lui fece scivolare lo sguardo su Samael, che lo fissava a sua volta. Gli occhi gli si strinsero in un’espressione bramosa mentre osservava l’animale, e notando il cambio di atteggiamento Ryellia fece un passo verso il drago, nascondendolo alla vista. Si avvicinò a una delle panche vuote, accomodandosi con eleganza; Samael la seguì, acciambellandosi docilmente ai suoi piedi. Rimase così, lo sguardo perso sugli zampilli d’acqua a pochi metri da lei. Non aveva idea di cosa la aspettava e desiderava scoprirlo al più presto.
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Non avrebbe saputo dire quale dei presenti fosse il più bizzarro. Nonostante le tre figure ammantate suscitassero in lei un fascino incredibile, cercò di concentrarsi sull’ominide con la testa da tapiro, che spiegava loro il motivo della loro presenza. Mentre lui parlava, Ryellia finalmente il perché del suo richiamo: il legame che aveva stretto con le ombre, le aveva portato a catturare la sua attenzione con quel sogno, in modo che si recasse in quella città. Dopo quello che aveva vissuto non avrebbe mai potuto dir loro di no, e lo sapevano. Certi vincoli, creati in situazioni straordinarie in cui vita e morte si mescolano con tanta facilità, non è più possibile scioglierli. Ciò che cercavano era un libro. Trattenne a stento un sorriso; ora capiva perché avevano scelto l’immagine di Raymond come emissario, lui che per primo le aveva insegnato l’amore e il rispetto per i libri e la lettura. Attese che la bizzarra creatura terminasse il suo discorso, e dopo aver rivolto un ultimo sguardo alle tre figure alle sue spalle, spostò l’attenzione su di lui: «Permettetemi di presentarmi: sono Ryellia Lancaster. È un onore potervi aiutare. Ho avuto modo di vivere la difficile situazione in cui versate, perciò farò quello che è in mio potere per contrastarla.» gli disse, la voce colma di sincerità. «Vi chiederei anzitutto qualche informazione maggiore sul testo da rintracciare. Oltre il titolo, ci sono altri dettagli in vostra conoscenza?» domandò infine. Quando Muchenyk sentì il suo nome sussultò appena, con sorpresa, per poi bisbigliare un sommesso “Principessa” e chinare il capo con deferenza. Quell’atteggiamento sorprese molto la Lancaster: era davvero così nota tra le Ombre? La creatura si riprese in fretta, e cominciò a spiegarle: «Il testo è una racconta di resoconti di viaggio, disegni di creature bizzarre, e mappe. Non è il più raro dei testi, anzi è addirittura comune nella sua versione censurata. Pare che le rappresentazioni degli accoppiamenti fra bestie gettarono molto scalpore, soprattutto perché sconfessavano teorie di docenti più illustri. L'autore venne per questo sfidato a duello da un naturista infuriato, con un esito piuttosto tragico: la morte di Salembor Helevor. Fu fatta uscire una seconda edizione del testo, privo di qualsiasi illustrazione, censurato nei riferimenti alle teorie vigenti, e fatto circolare più come un libello scherzoso per bambini. Alcune copie tuttavia dell'edizione originale dovrebbero esserci, ed in quella troveremo la mappa che ci serve». L’ultimo arrivato chiese dove potevano cercare, e lui indicò tre posti; a quanto pareva si sarebbero divisi, ognuno verso una meta, con la sola compagnia di una delle tre figure silenziose. Lasciò scivolare lo sguardo verso di loro, studiandoli nuovamente. Erano rimasti silenziosi per tutto il tempo, e non avrebbe saputo dire se e quanto avessero ascoltato di quei discorsi. Sembravano totalmente estranei a ciò che accadeva, spettatori casuali che osservavano lo scorrere degli eventi. Rivolse l’attenzione verso gli altri due, chiedendosi che strada desideravano prendere. Qualunque via dovesse percorrere, lei sarebbe arrivata fino alla sua fine.
~ ~ ~
Qualche tempo dopo si trovò di fronte al massiccio portone di bronzo degli Archivi del Gallo, in compagnia della figura avvolta da un manto di pelliccia. Non si scambiarono neanche una parola durante il tragitto, semplicemente ne accompagnava i passi con leggerezza, come se sotto il pastrano non ci fosse altro che aria. L’aura di mistero che emanava la inquietava non poco, perciò cercava di rimanere concentrata sull’obiettivo prefissato, lasciando gli interrogativi a momenti più opportuni. L’alta porta era decorata con numerosi bassorilievi, ciascuno raffigurante uomini che sorreggevano dei libri; al centro, due grossi battenti con la forma di teste di gallo. Ryellia fece un passo in avanti, afferrandone uno, per poi batterlo contro il metallo. Il colpo fece vibrare la porta, e il suono si propagò all’interno del palazzo. Dopo qualche secondo di attesa, sentì un pannello scivolare, e incrociò degli occhi umani al posto di quelli bronzei di uno dei bassorilievi. Si guardarono reciprocamente, lo sguardo della Lancaster ben più perplesso dell’altro, e poco dopo la porta si spalancò, rivelando un ometto anziano, senza capelli, con indosso una tunica grigia. Quello la osservava con una sorta di gratitudine, che confuse la ragazza ancora di più. «Oh, sia lodato il cielo! Non sei un ambulante!» esclamò sollevato. Ryellia sbatté rapidamente le palpebre, cercando di seguire il discorso del piccolo uomo. «M-mi scusi?» gli domandò. Lui sorrise, mostrando i pochi denti rimasti, e si spostò di un passo, facendole segno di entrare: «Prego, prego! Allora, signorina, ditemi, cosa vi porta qua?» le chiese. Lei gli sorrise con gentilezza: «Sto cercando un libro, una prima edizione rara e importante. Sono certa che solo un posto come questo possa custodirla. Il titolo è Peripezie, di Salembor Helevor». L’uomo s’illuminò e annuì, cominciando a camminare: «Oh, ma certo! Da questa parte!». La Lancaster lo seguì, sperando con tutta se stessa che fosse sulla giusta strada. Intanto lui continuava a parlottare fra sé, attraversando stradine creati da alti cumoli di libri. «Ah, quei maledetti ambulanti… Vengono qua, millantando di possedere chissà quale rarità… cercano di ingannare me, AH! Loro non sanno chi sono io! Pensi che una volta…». Al termine di un lungo racconto riguardo le sue grandi capacità, si fermò accanto a delle scale che conducevano al piano di sotto. «Ecco, il libro che cerchi è qui sotto! Io devo andare adesso… Tanto lavoro…» le spiego. La donna annuì, sorridendogli nuovamente,segretamente lieta di doversi separare da lui: «Vi ringrazio per il vostro cortese aiuto, se avrò bisogno, vi verrò a cercare». Si voltò, cominciando a percorrere le scale.
Non appena posò il piede sul pavimento dell’altro piano, un sussurro le arrivò all’orecchio: «Quanto sei disposta a pagare?». Lei si guardò attorno, cercando la fonte di quella voce. Tutto sembrava simile al piano precedente, le uniche differenze erano un soffitto più basso e la luce fioca proveniente da alcune torce; sembrava non esserci nessuno, il solo rumore che sentiva adesso era il suo respiro. Qualcosa le diceva che era meglio non ignorare quel bizzarro fenomeno, e che rispondere alla domanda sarebbe stata la cosa migliore. «... Pagare? Per cosa dovrei pagare?» chiese a sua volta. Dopo alcuni istanti di silenzio sentì nuovamente una voce, questa volta dalla sfumatura più femminile: «Quanto sei disposta a pagare… per ciò che sei venuta a cercare?». Ryellia soppesò attentamente la sua risposta; quanto era disposta a mettere in palio per la buona riuscita di quella missione? Ripensò alle ombre trucidate, agli abomini che li stringevano in una presa mortale. «Ciò che è necessario.» disse senza indugio. Davanti a lei comparve all’improvviso un ragazzino; sembrava avere poco più di dieci anni, con una zazzera rossa e il viso colmo di lentiggini, le sorrideva con aria furba e ben più adulta rispetto a quanto dimostrava il resto del suo corpo. «Visto che sembri saperla tanto lunga, donna, cosa bisogna fare con questo?» le chiese, porgendole un pugnale. Lei fece scivolare lo sguardo dal volto del ragazzo all’arma che teneva in mano, corrugando la fronte: «Quell'oggetto può essere pericoloso, ragazzo. Perché lo porti con te in un luogo come questo? Temi forse che ti venga fatto del male?» domandò lei. «No, sono qui per mettere alla prova chi cerca la conoscenza. In tanti sono disposti a pagare molto - o così dicono a parole - quando però si viene ai fatti si tirano indietro, o peggio fanno come se conoscessero tutto. Tu hai fatto domande anziché adeguarti, complimenti. Dimmi il libro che cerchi ed io te lo prenderò.» spiegò il ragazzino. Ryellia sgranò gli occhi, sorpresa. Quella situazione aveva preso una piega ben più bizzarra di quanto immaginava; non riusciva a credere di essere riuscita a superare quella prova senza neanche averne coscienza. Chinò il capo, ringraziandolo, e poi gli disse: «Sto cercando la prima edizione di Peripezie, di Salembor Helevor». Il bambino annuì brevemente, per poi allontanarsi nei meandri degli scaffali. Attese alcuni minuti e poi fece ritorno, tenendo tra le mani un grosso tomo. Glielo porse, mostrando un libro dall’aria antica, su cui in rilievo erano trascritte con lettere eleganti le parole “Le mirabolanti peripezie da un capo all'altro di Theras, e anche oltre fino alle stelle e addirittura avanti e indietro nel tempo, con introduzione del saggio Alce d'Argento”. La donna lo guardò, incapace di nascondere la delusione: non era quello il libro che stavano cercando. Scosse la testa, rivolgendosi al ragazzo: «Mi dispiace, non è questo il libro che sto cercando. Ciò che cerco io s’intitola semplicemente "Peripezie".» spiegò, indicando con il dito la parola peripezie trascritta sul titolo. Sul suo volto si aprì un sorriso enigmatico, e continuò a porgerle quel testo. Perplessa lo prese tra le sue mani, aprendolo. In quell’istante, la figura ammantata comparve al suo fianco, come se fosse sempre stata con lei. Allungò la mano, invitandola a dargli il libro. Lei lo guardo, per poi tenderglielo delicatamente. Quello lo sfogliò, e quando arrivò al punto che cercava, trattenne la pagina tra le mani, strappandola e gettando il tomo ai suoi piedi. Ryellia sussultò a quel gesto, piena di indignazione. Poteva quasi sentire Raymond raccomandarle di avere cura dei libri, di girare delicatamente le pagine, di riporli con garbo al proprio posto: loro contenevano al proprio interno la più grande magia esistente su Theras, quella della conoscenza, e il minimo che loro potevano fare era trattarli con estremo riguardo. Si affrettò a raccoglierlo, scoccando un’occhiata tagliente alla figura sua compagna, per poi voltarsi verso il ragazzo, restituendoglielo: «Ti ringrazio per il tuo aiuto.» gli disse con un sorriso, per poi voltarsi, apprestandosi a risalire le scale. Chiunque fosse in realtà quel bambino, probabilmente aveva appena fornito loro un grande supporto.
Grida dal Cielo - F i g l i D e l l a S f i n g e - Razza :: Umana Classe :: Sciamano Talento :: Ammaliatore Pericolosità :: B Stato Fisico :: 100/100 Stato Mentale :: 70/75 Energia :: 125/125 Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati); Bastone del sangue del drago (tenuto). |
FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT VARIE ED EVENTUALI ~ ~ ~
PASSIVE—
ATTIVE—
—ANNOTAZIONI— Chiedo ancora scusa per il ritardo, sarò più ligia da ora in poi! Buona quest a tutti ^^ |
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