Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Grida dal Cielo ~ Figli della Sfinge, Dall'Abisso

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The Grim
view post Posted on 3/6/2015, 22:14




Grida dal Cielo
Figli della Sfinge


La piazzetta era un cortiletto di pochi metri quadri, un fazzoletto di pietra e marmo dimenticato da tutti per la sua insignificanza, nascosta tra quattro palazzi alti tre o quattro piani ciascuno. Era raggiungibile solo da un vicolotto reso invisibile dalla mole e lo sfarzo impressionante dei due palazzi signorili fra i quali s'insinuava, una fessurina irrilevante e buia. La piazzetta non era certo più notevole del suo ingresso, un luogo spoglio e desolato in cui campeggiava una piccola e disadorna fontana, senza statue né fronzoli ad arricchirla, senza pesci a nuotare nelle sue acque o fiori a galleggiare sulla superficie; solo qualche ramo d'edera si arrampicava sul muro più settentrionale. Nessun balcone o finestra si affacciavano su di essa, forse perché troppo anonima, ma rendendo così le sue quattro panche di marmo grigio un posto ideale per chi volesse tenere un incontro riservato, più adatto ai cospiratori che ad incontri amorosi. Quella somma di motivi l'aveva reso teatro dell'incontro fra il corteo di ombre e i predestinati, benché nessuno avesse detto esplicitamente loro di esser in quel luogo ed in quel momento. Muchenyk si era messo a vagare fra nel labirinto di pietra e carne, finché i suoi piedi non si erano ritrovati immersi in quei silenzi, così si era seduto sulla panca più lontana dal vicolo e lì aveva atteso. Tanti avevano visto le ombre addentrarsi in quel luogo e non uscirne, così la voce s'era sparsa per Lithien, ma nessuno aveva fatto nulla in proposito, né li aveva disturbati; avevano accettato lo sconcerto della loro esistenza e avevano fatto di tutto per ignorarli e dimenticarli. La cosa però la reputava improbabile, Muchenyk era conscio di come il suo aspetto bizzarro colpisse umani ed elfi, che tendevano a considerarlo buffo, qualcosa che raramente tendeva a scomparire dalla memoria. Era un ometto buffo lui, dall'altezza così improbabile che era difficile capire se fosse il più alto fra i nani od il più basso fra gli uomini, sebbene non appartenesse più a nessuna di quelle etnie. Il suo corpo era nascosto da una tunica corta e logora, che arrivava alle ginocchia e copriva fino agli avambracci, lasciando buona parte di gambe e mani tozze scoperte, mostrando unghia giallastre e scheggiate, peli lunghi e scuri, macchie di sporco incrostato un po' ovunque. Di rado però qualcuno notava questi dettagli, perché un elemento più interessante catalizzava l'attenzione di tutti: l'aspetto della sua testa. Infatti questa assomigliava a quella di un tapiro, anzi era proprio la testa di uno di quei mammiferi, dal pelo corto e fulvo, il naso che si protendeva come una proboscide, e gli occhietti lucidi e spenti, e le orecchie minute e tonde. Alle sua spalle stavano tre figure smilze e alte, Primo, Secondo e Terzo, dei quali non si scorgeva alcun tratto oltre gli abiti che indossavano; e chi fosse riuscito a sbirciare oltre le stoffe non avrebbe colto che nebbia nera. Perché quello erano: un fumo evanescente fasciato di stracci rubati, pura Volontà intrecciata ad un brandello materiale sufficiente appena per esserci, e poco più; quel che bastava per giungere allo scopo della Sfinge. Uno era vestito praticamente di pelli e pellicce, conciate in un grosso manto che strisciava al suolo, ornato da un cappuccio di sbuffi di pelo che lasciavano soltanto una fessurina buia all'altezza degli occhi, troppo sottile perché qualcuno potesse vederci attraverso. Il mediano era vestito da lunghi veli colorati, come quelli delle dame dell'Akeran, che s'avvolgevano l'uno sugli altri, impedendo a chiunque di distinguere più della sagoma di un umanoide, appena percepita tra un rigonfiamento e l'altro. Quello più a mancina era vestito di una lunga e consunta tunica grigia, accompagnato da una cappa verde bosco altrettanto logora, il viso nascosto da una bandana marrone e da una mantellina nera calata fin sotto gli occhi; era l'unico del quale si potesse scorgere qualcosa dagli abiti, un turbine nero in movimento. Tutti attendevano in rigoroso silenzio, ritti, e non si mossero né risposero finché i tre non giunsero loro, secondo le strade che il Fato aveva scelto per ciascuno.

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"Vi rendiamo grazia, oh Artefici. "
È Muchenyk a parlare, la voce non trasmette alcuna emozione, positiva o negativa che sia. Fredda come una folata invernale, priva di accenti o inflessioni particolari, perfetta nella pronuncia, ma non affascinante, quasi meccanica; non è fastidiosa all'orecchio ma pochi vorrebbero sentirla più di una volta. Stride con il suo volto bestiale, il suo aspetto trasandato, il suo fisico robusto e tozzo.
" Il nostro obbiettivo è il tomo, come saprete sicuramente, ma non la metà del nostro pellegrinaggio, che si spera breve, ma si prevede lungo e difficile. "
Fa una pausa di qualche secondo, le palpebre si chiudono e così restano per qualche secondo, poi si riaprono di scatto, e passano sui tre volti, fermandosi una manciata di secondi su ognuno di essi.

" La salvezza di questa terra e molte altre rappresenta un onere gravoso, a cui non siamo adeguatamente preparati.
I motivi del vostro esserci, qui, fra queste colonne saranno molteplici, dettati da ciò che si erge al di là della volta celeste, eppure il più misero di essi è anche quello più importante.
Nessuno di noi conosce i segreti della scrittura, come quei segni si facciano suono e concetto, questo è il primo di tanti favori che vi chiediamo.
Assai arduo è il compito di trovare un libro se non si sa leggere, poiché simili fra loro come un uomo lo è con un altro della stessa specie.
"

Muchenyk apre la bocca, in una smorfia che dovrebbe sembrare un sorriso, ma che non ha nulla di rassicurante né caloroso; il tentativo di un bambino di imitare il genitore.

" Tre località possono celare una copia delle prima stampa Peripezie di Salembor Helevor.
Prima di separarci per adempiere al vostro compito, risponderemo a qualsiasi vostro interrogativo in merito alla questione, benché preferirei di gran lunga dedicarci alla ricerca più che ad oziose chiacchiere.
Ogni secondo, innocenti si spengono ovunque in questa terra martoriata dalla furia e dall'odio.
"


QM PointBenvenuti a tutti! Innanzitutto scusate per il ritardo che ho impiegato per aprire la giocata. Avrei voluto avere qualche scusa da presentarvi per risultare meno pigro, invece non ne ho. Il turno si svilupperà in confronto, secondo la modalità con cui tutti avete familiarità. Potete rivolgere delle domande a Muchenyk, per poi separavi verso le vostre tre mete: gli Archivi del Gallo con Primo, la Torre del Gabbiano con Secondo o la Villa Didimokz con Terzo.


Edited by The Grim - 4/6/2015, 15:33
 
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Shervaar
view post Posted on 12/6/2015, 17:30






Li guardai dubbioso sul da farsi. avevo seguito le voci, li avevo trovati, ed ora?
L’unico di loro a "volto"scoperto mi fece un cenno verso una piccola scaletta in marmo ed intuito che non mi rimaneva che aspettare mi sedetti sui gradini. Dalla mia sacca estrassi qualche pergamena ed un piccola fialetta, gli diedi un colpo sul tappo e quando la reazione chimica si avviò garantendomi un tenue bagliore per leggere poggiai la schiena su una porta e mi misi a sfogliare avido quelle carte che mi erano costate quasi il collo.
Arrivarono dopo un po’ altri due avventori, tre in realtà. Ai due umanoidi lanciai poco più che un’occhiata disinteressata, era una di quelle rarissime occasioni io cui non volevo sapere, non volevo vedere, e preferivo ignorare. Era appena uscito per un pelo vivo dal confronto con un fastidioso e arrogante maghetto e non avevo intenzione almeno per la prossima settimana di cercarmi rogne simili. Fondamentalmente ne avevo le palle sufficientemente piene.
E dico questo perché a modo loro i nuovi arrivati puzzavano di magia, tutti e due: sia l’uomo, dalle azzurrine rune incise sulla pelle e le nere pitture sul volto. sia la donna, troppo curata e femminea per poter girare armata in quel modo ed in compagnia di un drago senza riservare strane sorprese.
Esatto, il terzo arrivato era un drago, e seppur piccolo come un lupo un drago rimaneva!
Avrei pagato oro per mettere le mani su quella creatura. Da qualche parte nel mio laboratorio avevo appunti su simili leggendarie bestie ma un anatomico e dettagliato studio mi mancava….
Cosa non avrei fatto per poterlo sezionare da cima a fondo, per poter capire l’origine del fuoco di tale fantastiche creature, per estrarre chissà quale fantastica diavoleria da chissà quale strana ghiandola, per poter risalire alla ragione dell’incredibile resistenza delle loro scaglie ed in un ultimo, la cosa che più mi faceva invidia, per carpire il segreto che permetteva loro di volare nonostante l’imponente mole.
Oh si, volevo quel cucciolo e sistemata la storia del libro ci avrei fatto seriamente un pensierino su, tanto una coppia come donna di alto lignaggio e drago difficilmente potevano passare inosservati, anche in una città come Lithien; ritrovarli non sarebbe dovuto essere un problema.
Dopo un interminabile secondo richiamai lo sguardo alle mie carte, cercando di evitare che la sua avidità mi procurasse rogne preliminari.
La donna, quella del drago, allora parlo. Le solite chiacchiere di circostanza da umano altolocato. Ignorai tutto finché sul finale non arrivarono parole sensate.
<< ...Vi chiederei anzitutto qualche informazione maggiore sul testo da rintracciare. Oltre il titolo, ci sono altri dettagli in vostra conoscenza? >>
Una delle figure ammantate (quella con la testa di tapiro…) gli rispose.
<< Il testo è una racconta di resoconti di viaggio, disegni di creature bizzarre, e mappe. Non è il più raro dei testi, anzi è addirittura comune nella sua versione censurata. Pare che le rappresentazioni degli accoppiamenti fra bestie gettarono molto scalpore, sopratutto perché sconfessavano teorie di docenti più illustri. L'autore venne per questo sfidato a duello da un naturista infuriato, con un esito piuttosto tragico: la morte di Salembor Helevor. Fu fatta uscire una seconda edizione del testo, privo di qualsiasi illustrazione, censurato nei riferimenti alle teorie vigenti, e fatto circolare più come un libello scherzoso per bambini. Alcune copie tuttavia dell'edizione originale dovrebbero esserci, ed in quella troveremo la mappa che ci serve. >>

Mi chiesi cosa avesse spinto gli altri a non lasciar perdere quella folle impresa ora gli avevano spiegato cosa stavano cercando, cosa li spingesse a fidarsi delle parole di un esserino trasandato con un testa di tapiro al posto di una anatomicamente congrua al resto del corpo. Quanto a me, bhé, la mia curiosità era appena schizzata alle stelle, avrei fatto salto mortali per recuperare quel testo e non certo per mollarlo immediatamente nelle mani delle ombre, almeno non prima di averlo attentamente studiato per conto mio. Era nelle teorie infangate e screditate che spesso si nascondevano le scoperte più importanti ed interessanti. Da secoli visionari e mente geniali erano messi all’indice per paura che le loro rivoluzionare scoperte o idee potessero sconvolgere i miti equilibri delle masse. Quel tomo che andavamo cercando, con una buona dose di fortuna, si sarebbe potuto rivelare un piccolo gioiello.
Parlò allora l’umano tatuato, o quello che era, ottenendo interessanti informazioni sui luoghi che avremmo dovuto setacciare in cerca del tomo, per altro accompagnati ognuno da una delle silenziose ombre che scortavano testa di tapiro. In fondo poteva andarmi peggio, potevo essere costretto a far coppia con uno degli altri due, con il serio rischio di fare qualche danno sopraffatto dal mio profondo disgusto per ogni forma di magia. Meglio essere accompagnati da qualcosa di cui si ignora totalmente la natura piuttosto che da un maledetto maghetto..no?...
Mi proposi subito per la Villa Didimokz, che come spiegarono era un edificio malvisto ed abbandonato per colpa di un incendio, precedentemente appartenuto ad un “collezionista di testi scomodi”. Una miniera d’oro, forse.
Per fortuna la mia richiesta non ricevette obiezioni e con la mia ombra mi avviai.

Arrivammo poco dopo alle rovine carbonizzate della residenza, ancora abbandonate al loro destino dopo anni. Incuriosito dal fatto che fosse ancora in piedi mi soffermai un attimo a studiarne la struttura per avere la certezza che non mi franasse in testa al primo passo falso. Solidi e robusti muri erano ancora in piedi e le fondamenta non avevano dato segno di cedimenti da nessuna parte, per il resto nonostante il fuoco avesse divorato tutto il divorabile non vi erano evidenti segni di pericolo. Ora che l’avevo a fianco provai a lanciare anche un occhiata all’ombra che mi scortava, che per tutto il tempo si era limitata a precedermi silenziosa di qualche passo indicandomi la strada. Con un verso infastidito si ritirò nei suoi abiti e si porto un passo indietro.
Qualsiasi cosa quella essere fosse la mia curiosità avrebbe dovuto attendere. Col il tomo in mano magari mi sarei tolto anche quello di sfizio.
Rassegnato varcai il cancello della villa.
<< Vieni dentro con me? >> provai a domandare, ottenendo come risposta solo un altro silenzio ed un cenno di assenso.
La villa era in condizioni anche peggiori di quelle che mi aspettavo. Ovunque solo resti carbonizzati di mobilia ed arredi, non l’ombra di un libro, nessuna traccia di carte, nulla che fosse stato risparmiato dal fuoco era sopravvissuto anche al tempo.
Continuai a ispezionare la casa, arrancando tra i resti malmessi del vecchio arredamento quando, prossimo all’esasperazione, notai una botola sotto i resti di un tavolo devastato. Folgorato da nuova speranza mi chinai per analizzarla un attimo, nulla però mi suggeri un uso recente o frequente della stessa. Era semplicemente sommersa dlaaa polvere, accumulata lì da chissà quanto tempo. Rimossi le macerie e con attenzione aprii il pannello.
Un fiume di squittii mi investì, provenienti dalle buie profondità della villa abbandonata.
Infilai una mano nella sacca a tracolla e trassi un piccola fiala, afferrai allora una delle zampe del tavolo distrutto e infrangendoci su un estremità la fiala la cosparsi di un gel trasparente. Con un scintilla attizzai la mia torca e forte di una quindicina di minuti di luce mi calai giù.
Puzzava, puzzava di marcio, di escrementi, e qualcuno dal nasuccio delicato si sarebbe sicuramente preso un attimo prima di proseguire, qualcuno dallo stomaco delicato invece avrebbe dato di stomaco, io scesi senza cerimonie giù per una scala a pioli di legno traballante. Dopo qualche metro poggiai i piedi sul pavimento particolarmente lercio e schifoso di stanza di pochi metri quadri. In un angolo c’era un piccolo armadietto e per terra pochi resti smangiucchiati di un tappeto, per altro sostituito da un altro di tappeto, finemente intessuto di sudiciume e sterco. Merce di prima qualità, garantisco io. Di posti ripugnanti ne avevo visitati nella ricerca dei miei reagenti ma quello si era appena guadagnato un posto bello in alto nella lista dei peggiori. Topi grossi come meloni e neri come la notte, tanto per non farsi mancar nulla, si aggiravano invasati in una cacofonia di squittii.
In tutto ciò ovviamente il mio loquace amico se ne stava sopra la botola, guardandomi silenzioso.
<< Tranquillo i piedi nella merda ce li metto io, mica te...che stivali da dover poi lavare con l’acido probabilmente neanche li hai...>>
Gli riservi un lungo sguardo pieno di diffidenza, se voleva farmi qualche scherzo quello era il momento buono e di finire divorato dai topi non avevo voglia alcuna. Dopo qualche secondo di inutile stallo, rassegnato, impugnai il mio piede di porco e con la mano occupata dalla torcia aprii una delle ante del mobile, pronto a tutto.

Bhé, più o meno a tutto,..che tutti i topi si fermassero di botto, disponendosi in cerchio intorno a me e mettendosi su due zampe non me lo sarei mai aspettato.
Afferrai al volo una fiala e la lanciai in aria, sperando che esplodesse prima che diventassi la cena di quel mare di sudici roditori. Quando la sostanza debilitante venne sparata ovunque e i ratti sparirono chissà dove con un cenno ringraziai l’ombra per il suo prezioso intervento, il suo silenzio era stato letale per quei poveri topi.
Recuperai le carte e alla luce della mia torcia diedi una prima occhiata. Fogli alla rinfusa vecchi e consunti, senza un titolo, senza un senso, solo disegni di animali intenti a garantire il sopravvivere della specie. Strano ma vero assomigliavano a quello che stavo cercando…
Infilando tutto in sacca mi girai verso le scale per uscire da quello schifo e far vedere i disegni al mio evanescente compagno.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

Riserve:

Corpo 100/100

Mente 125 -> 120/125

Energia 75 -> 65/75

CS: 0

Armamentario:

Pelle Coriaeca - Armatura naturale - Su tutto il corpo

Il Risolutore - Piede di Porco, Arma Contundente - Riposta

Il Catalizzatore - Balestra Automatica - Riposta

Fiala Infiammabile - Arma da Lancio 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Esplosiva - Arma da Lancio - 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Spaccaossa - Arma da Lancio - 3/3 (2 in Catalizzatore, 1 alla cinta)

Dardi di Balestra - Arma da Lancio - 3/3 (3 dietro la schiena).

Pugnale - Arma Bianca - Riposto

Passive Infinite:

Anello Tuttofare - Conoscenza enciclopedica delle scienze che permettere di comprendere e risolvere facilmente problemi da tale natura

Passive ed utilizzi :

Ottimizzare - Passiva - Garantisce nelle tecniche offensive ad area potenza pari al consumo - 0 -> 1/2 Utilizzi

Intuito - Permette di comprendere le potenzialità di chiunque a colpo d’occhio, capendone tra le altre cose classe e talento - 0 -> 1/6 Utilizzi

Attive utilizzate:

Analizzare - Psionica - Consuma Mente - Scandaglia da cima a fondo l'ambiente circostante per individuare debolezze strutturali e fisiche di cose o persone (quando disponibile permette a Nitro di conoscere la distribuzione delle riserve Corpo, Mente ed Energia) e riconoscere la presenza di eventuali artefatti ed oggetti magici con un Costo Basso

*Nome Tecnica* - Personale - Fisica - Consuma Energia - Danno ad area sull'Energia a consumo Medio
Una fiala che esplode sparando una sostanza debilitante in tutte le direzioni [Fiala]

Oggetti Usati:

Riassunto Tecnico :

Note:

Come da confronto. I riferimenti alle pergamene che studio all'inizio e al precedente scontro con un mago sono al duel che ho appena concluso.



Edited by Shervaar - 12/6/2015, 21:35
 
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view post Posted on 12/6/2015, 21:23
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“Figli della Sfinge”
La Torre del Gabbiano



”Sei sveglio?...Ohi! Parlo con te!... una voce soave.
Il nero.
Appena un vago barlume bianchiccio intorno al proprio campo visivo.
Poi il grigio torpore e una morsa gelida.
Alza il culo e muoviti! Sei già in ritardo! una voce furiosa.
L’oro e l’avorio.
Un pallido rossore al centro di tutto.
Suoni di tetra sofferenza.
Ti prego…non fallire!... una voce straziata.
Il bianco e l’azzurro.
Le fiamme morenti e Lithien spezzata.
Una mano ossuta e la pelle di fumo.
Il tocco gelido di una promessa.
Un pugnale nel cuore e un bacio sulla fronte.
Il Nulla avvolge il Domatore con zampe di leone e volto di donna.




Il dolore tagliò la carne come le zanne di una belva feroce, costringendo il Domatore a destarsi dal suo sonno. La testa gli girava e sentiva la nausea montare. Sotto di lui il legno scrocchiava e si lamentava, fu allora che la tenda che lo separava dal cocchiere si spalancò. ”Siamo arrivati! Era ora che ti svegliassi, dormiglione!” era la voce squittente di una bambina di poco più di otto anni, la figlia del mercante che si era gentilmente offerto di dargli un passaggio.
Nella settimana di viaggio aveva avuto modo di conoscere l’intera famiglia. Ma la mezz’orca era stata decisamente la più entusiasta del gruppo.
Ma il viaggio era terminato, così come la gioviale compagnia dei mezz’orchi e della loro carovana.
Si strinse nel mantello da viaggio e strizzò gli occhi più volte per contrastare la lama di luce che lo colpiva da sopra le spalle della sua “sveglia automatica”. ”Taci marmocchietta, non è il momento…” con la voce ancora impastata dal sonno balbettò qualche incomprensibile maledizione verso il mondo, gli incubi e tutti quelli che l’ennesima notte in bianco gli potesse suggerire.
Scavalcò la bambina e il la cassetta, appoggiandosi con una mano alla struttura del vagone.
”Grazie mille, io scendo qui. Buona fortuna!”
E il viandante scompariva nella folla di pedestri diretti dentro la città.

Le Ombre hanno un modo tutto loro di contattare la gente.
Il più delle volte comporta una qualche sorta di emicrania. E questo se ti trovano simpatico.
Era più di un mese che non dormiva bene.
Gli incubi erano iniziati come piccole palle di neve, rotolando sempre più inesorabili e frequenti. Rodendo un po’ alla volta il sonno di Àlfar.
E con l’insonnia erano arrivate nausea ed emicranie.
Urtò più di qualche passante nella ressa di quel giorno, usando l’intensità del cerchio alla testa come una bussola.
Le visioni portavano a Lithien.
Il mal di testa avrebbe indicato il punto preciso.
Dovrebbero trovar un modo diverso di contattare la gente. Un bigliettino sotto il sacco a pelo sarebbe molto più piacevole e diretto…”Ehi! Ci serve una mano! Ci vediamo in quella città, quel giorno, a quell’ora in quel vicoletto buio. Non mancare e porta i biscotti!” decisamente un’idea migliore rispetto a nausea e incubi. Un po’ fuori moda forse?! a quel punto non sapeva nemmeno più se parlava a se stesso o a quel frammento di solitudine che gli era rimasto addosso dall’incontro ravvicinato agli inizi della sua carriera di Lanterna.
Ma continuava imperterrito la ricerca del giusto vicolo, quello in cui finalmente tutto il dolore avrebbe raggiunto il culmine e sarebbe sparito.
È vicino! Lo sento!
E vicino era.
E come sempre era l’ultimo arrivato.
Al di là di tre individui taciturni e uno che sembrava sul punto di esplodere, la scena presentava una donna con un drago e un tipo taciturno immerso nelle sue pergamene.
”Scusate il ritardo, c’era traffico.” Ma a nessuno interessava. Nemmeno a lui, per dirla tutta.
La donna con il drago si presentò, rompendo il silenzio per prima.
Ryellia Lancaster, di poche parole e dritta al sodo.
Alla fine, il quarto individuo cominciò a parlare con un profusione riguardo al loro obiettivo: un libro.
Un libro bandito all’occhio pubblico e riedito sotto censura pesante, del cui originale esistevano – forse e ad essere generosi – più di una copia in buono stato.
La situazione era ben più complessa del previsto.
Il vero obiettivo della ricerca era trovare una mappa. Detta mappa si sarebbe trovata all’interno delle vere copie dell’originale. Allegria! Non stiamo cercando un ago in un pagliaio. Stiamo cercando IL krapfen alla senape! Àlfar espresse il proprio dubbio cercando di limitarsi e darsi un tono serio, ma la voce gli si spezzò in un abbozzo di risata ”Avete qualche idea specifica di dove possa essere? Cercare un libro a Lithien è come cercare un ago in un pagliaio. Un pagliaio ENORME”
Per loro fortuna i luoghi in cui trovare il libro erano ragionevolmente pochi e lo spirito vagabondo del Domatore prese il sopravvento al momento di decidere quale luogo avrebbe esplorato.

”Alla volta della Torre del Gabbiano, dunque.” con voce sommessa e occhi curiosi e avidi abbandonò la piazzetta e il vicolo, tornando nel fitto della fiumana di persone, seguendo l’ombra muta che faceva strada.
Dovette dare qualche gomitata per stare dietro alla propria guida, guadagnando coì lo sdegno di parecchi benvestiti, ma lo straccio di mantello fluttuava dietro all’Ombra: a destra in un vicolo e poi dritti su una principale, ancora un vicolo, una via secondaria e un ponticello sopra a uno scolo. Palazzi fastosi lasciavano il posto a strutture solide e sguarnite, circondate da ampi spazzi lastricati di grigio e bianco. A dominare gli edifici minori del quartiere stava la Torre. Un edificio di appena 5 piani, privo dei fronzoli tipici di Lithien: emanava un’aura di austerità, quasi a dire “qui giace il sapere dei viaggiatori, non la frivolezza del saltimbanco né l’autocompiacimento del ricco”.
”Ci siamo dunque, questo è il nido dei Gabbiani?...Un nome più che calzante. Speriamo che le bianche ali guidino anche il nostro viaggio!” L’ombra taceva. ”Dammi un momento per cortesia.” aggiunse rivolta alla Silenziosa.
Una brezza leggera e salata si sollevò lungo la strada che conduceva alla sua destinazione, i segni che gli scolpivano la pelle sotto il mantello cominciarono brillare con rapidi cambi di colore – come fuochi d’artificio liberati in rapida successione. La brezza calò e la luce rimase fissa su una singola striscia di rune vibrando di fiamme azzurre e leggere. Àlfar portò le mani a congiungersi con un sordo schiocco e nel palmo della sinistra, con uno sbuffo di fumo turchese si formò un piccolo uovo color acquamarina. ”La brezza dell’oceano chiama la Sentinella, dipinta del mare in cui venne creata. Emergi leggera e proteggi la rotta. Al tuo sguardo si affida il marinaio cieco.” strinse le dita e il guscio si accartocciò come carta, dal palmo della mano scese a terra una sottile nube di polvere di lapislazzuli. ”Cinque occhi osservano il mondo e scrutano le anime. Le spire salde attorno alla vedetta.” il corpo sinuoso della serpe a cinque teste si inerpicava sotto il mantello, le cinque testoline dagli occhi vispi sibilavano e oscillavano. ”Dimmi: Cosa vedi?” Solo allora il terzo occhio di ogni testa si spalancò e rivelò un occhio di zaffiro al cui interno brillava una fiamma blu come la notte. ”Io vedo il mondo con i tuoi occhi, Sentinella, che il mio viaggio sia protetto e la mia rotta sempre giusta.” Le iridi del Domatore sfavillarono di azzurro e divennero blu come il cobalto. Vedeva ora il mondo pulsare di una luce nuova: non solo vedeva gli oggetti come un comune umano, ciò che era vivo pulsava di energia. Ogni aura possedeva un proprio colore e scorreva come fiume di luci pulsanti attraverso il corpo del proprietario. Vedeva in oltre, come immagini affiancate, i punti di vista di ogni singola testa.
”Andiamo!” annunciò all’Ombra e si diresse alla torre, incrociando il flusso di avventori benvestiti.
Un’aura comune in farsetto blu lo bloccò appena dopo la soglia principale.
”Che vuoi?”
Àlfar guardò l’energumeno dalle orecchie grandi e sorrise. Un onda di luce viola si disperse istantaneamente sul volto barbuto e la malia entrò in azione, da quel momento avrebbe sempre mantenuto un aspetto affabile e cordiale, indipendentemente dal messaggio delle proprie parole. Vorrei ordinare una pizza con funghi e salsiccia, senza pomodoro e con una bella ciotola di stufato di cervo a parte. Cosa mai vorrò da una “biblioteca” che raccoglie mappe? Sono qui in cerca di mappe energumeno senza materia grigia! soppresse il desiderio di proferire una simile risposta e con lo sguardo di chi sta per offrire una birra all’interlocutore pronunciò qualcosa di più conveniente. ”Salve a lei! Le voci intorno alla vostra conoscenza dei viaggi per mare mi ha spinto a cercare il vostro aiuto. Vedete, mi appresto a partire per un lungo viaggio e…ho bisogno di un diario di bordo speciale. Tempo fa ne fu pubblicata una lunga serie di imitazioni, tanto che dell’originale si è persa traccia…questo giornale contiene informazioni vitali sulla mia rotta e la fauna e flora delle zone vicine. Se non a un Gabbiano a chi potrebbe mai rivolgersi un marinaio disperso?” prese la borsa di tela con dentro i frammenti raccolti a Pietrasole tempo addietro e li mostrò geloso alla guardia.
E il pesce piccolo aveva abboccato.
Con occhi da faina e un sorriso avido l’uscere indicò la cima della torre e una scala a chiocciola che ad essa conduceva. ”Dovrebbe parlare con il Mastro. Il Mastro saprà aiutarla. Prego, in cima alla scala: ultimo piano.” e si fece da parte, lasciando passare un riverente Domatore.
Cinque piani di scale.
Settecentocinquanta scalini esatti.
All’ultimo piano stavano solo due persone, due uomini con aure cariche di magia intenti a bere vino e discutere di varie faccende. La presenza di Àlfar doveva averli interrotti, ma la reazione dei due era completamente diversa. Anche le due aure erano completamente diverse: una era arancione, vivida e viva come una fiamma nella brezza; l’altra era quasi immobile, dura e grigia come se fosse di piombo. L’aria attorno ai due era ben diversa dal sempliciotto dell’ingresso, tuttavia non avevano nulla di epico o leggendario.
”Salve! Cerco il Mastro della Torre. Ho importanti ricerche da discutere.” ruppe il silenzio e in risposta ricevette un’accoglienza cordiale e divertita.
Lo fecero accomodare su un poltrona comoda, offrendogli un bicchiere di vino rosso scuro.
Arancio, scuro in pelle e fulvo di pelo, lo squadrava con occhi cerulei e inquisiva bruscamente sulle ragioni della ricerca. Piombo, un uomo del nord dalla chioma bionda, versava il vino da una brocca di cristallo.
Odio il vino, ma il decoro mi impone di accettare… si sforzò di bere qualche sorso di quel succo d’uva fermentata Ucciderei qualcuno per una birra fredda… poi cominciò a raccontare nel dettaglio: ”Ciò di cui ho bisogno è presto detto: si tratta di un diario di bordo di cui si trovano ormai solo copie romanzate. Ma non posso certo basarmi su delle storielle fantasiose per preparare l’equipaggio e pianificare la rotta. Non trovate? Dopotutto il viaggio che sto per intraprendere è molto importante e, potenzialmente, estremamente proficuo. Se andasse tutto per il meglio, non potrei certo dimenticarmi di coloro che mi hanno dato una mano. Per chi fosse generoso ci sarebbe una bella fetta di profitto…oltre a un piccolo compenso iniziale. In buona fede.”
Lasciò che l’esca affondasse per bene nel territorio di pesca. Poi finse di aver dimenticato una cosa importante. ”Ma dove ho scordato le buone maniere? Il mio nome è Àlfar, nei porti di Theras mi conoscono come “Buonsangue”.
La cupidigia di Arancio era lampante.
”Continua” diceva. ”Dicci…dimmi di più. Dove sei diretto? Cosa cerchi?...dimmi, dimmi!” Tempo di dare un po’ di lenza.
”Vedete, il diario che citavo prima parla di un arcipelago solo in parte esplorato. Per quanto i romanzi abbiano massacrato i fatti, sappiamo per certo che nella zona sono stati trovati almeno dodici giacimenti di pietre preziose e una caverna di cristalli con proprietà magiche. La mia compagnia ha ragione di supporre che nel tomo originale fosse presente una descrizione dettagliata delle correnti marine e dei microclimi della zona. Altresì, potreste avere una grossa fette dei ricavati diretti – oro, preziosi, cristalli, pellicce… – e l’accesso anticipato alle risorse dei territori nuovi. Ci sono nove isole da esplorare. Tre andranno a me e alla compagnia, sei saranno a disposizione del Mastro e dei benefattori”. Lasciava che assaporassero la pastura cruenta, quegli squali con le piume. Mentre la mano sinistra prendeva un sacchetto di frammenti così belli da riflettere la luce come se essi stessi la irradiassero. ”Guardate come brillano. Caldi e rassicuranti…con due di questi posso comprare una coppia di navi e abbastanza marinai per entrambe. Sono i resti di un mistico artefatto. Souvenir di uno dei miei viaggi.” Era abbastanza lenza. Era il momento di tirare su il pesce grosso…
”Come si chiama il libro di cui necessitate?” L’occhio avido era pronto ad essere pescato.
”’Peripezie’ è il titolo della versione romanzata. Potreste addirittura averla letta. È piacevole come lettura casuale, ma a me interessa la versione originale! Niente censure, niente romanzamenti: la vera opera di S. Helevor!” tirò con tutta la propria forza. Ma l’esca non si muoveva. La canna si piegava inesorabilmente. Qualcosa non andava: Piombo era in preda a una risata isterica tale da fargli cadere il vino sull’orso che faceva da tappeto, Arancio tremava di furore e la sua aura sembrava un fuoco boschivo fuori controllo. ”Pensi forse di poterti prendere gioco di noi? In quelle isole giace solo l’arida assenza di vita, cosa mai speri di trovare?!” Fogli che erano posati sul tavolo ora planavano sul pavimento per la furia dei gesti di Arancio, ma il Domatore non demorse: si erse e con un inchino accennato si difese: ”Non mi prendo gioco di voi! Avete forse la prima edizione? O solo le copie dei censori? Spero non stiate scartando un’opera a priori per delle copie fasulle e fallaci! I Gabbiani sono forse così deludenti?...La desolazione priva di vita è solo negli occhi di chi non si spinge oltre e non cerca, accettando a valore di facciata la sola parola scritta. Non cerco di raggirarvi, anzi, vi sto dando un’opportunità! L’opportunità di essere i PRIMI a scoprire cosa giace oltre la parola scritta! Cosa succederà quando le ali del Gabbiano arriveranno in quelle terre? Ricchezze ben più grandi di questi cimeli e la facoltà di rivelarle al mondo o meno! Al prezzo di un singolo libro! Vorreste veramente rinunciare a simili possibilità?” Era calmo, in qualche modo. Il tono era duro, ma al contempo era come uno scoglio tra le onde: non era scherno, non era minaccia, era solo un’onesta provocazione. L’ultimo strattone alla lenza.
E la lenza si spezzò.
”IO NON CREDO NELLE FIABE! QUEI LUOGHI SONO SPOGLI DI RICCHEZZE QUANTO DI VITA E IO NON SARÒ IL FOLLE FIGLIO DI UNO STOLTO PADRE, I CUI SOGNI DI GLORIA GIÀ AFFOSSARONO LA REPUTAZIONE DI QUESTA TORRE. SPARISCI! VATTENE DA QUESTA TORRE, RAGGIRA QUALCUN ALTRO! È LA MIA ULTIMA VOLONTÀ IN QUESTA DISCUSSIONE! batte le mani e ne soffiò scintille di sabbia rossa e calda, per un istante il Domatore pensò di contrastare Arancio, ma due contro uno erano forse troppi. La sabbia vorticò attorno a lui, erodendo il suo corpo come ruggine il ferro. Poi il buio e un senso di vuoto alla bocca dello stomaco. Si sentiva comprimere da una forza fuori dal suo controllo.
In fine, la luce e i colori tornarono quasi simultaneamente all’aria. La testa gli girava al punto di doversi appoggiare alle solide mura esterne della Torre. Una pozzanghera di bile si formò in pochi conati tra i suoi piedi e le fondamenta. Missione fallita…maledizione.

Attese solo il tempo necessario a poter reggersi sulle gambe e si diresse traballando alla piazzetta nascosta. Augurando una fortuna migliore agli altri due.




Note:
Non penso ci siano molte cose da aggiungere. Ho modificato un po’ la forma dei dialoghi per stringere i tempi ^^ ma nel complesso mi sono divertito tantissimo a scrivere questo primo post e spero che un po’ del mio entusiasmo si appiccichi a voi mentre leggete. Oh, giusto, la battuta del krapfen alla senape è in riferimento a una tradizione natalizia tedesca secondo cui ogni banco di krapfen ne vende uno ripieno di senape e chi lo riceve, a patto di mangiarlo tutto, vivrà un anno fortunato e positivo. ^^

In bocca al lupo a tutti :D

Enjoy!

Tecniche Passive usate:
Tutt’uno {1/6} – condivide i sensi con le proprie evocazioni per il turno.
Dialogar {1/6} – si viene percepiti sempre come amichevoli, affabili, rassicuranti.

Tecniche Attive usate:
Sentinella Blu – costo 10% dell’Energia: evoca un drago con auspex passivo, percepisce le aure come “sistemi di circolazione”

Energie residue:
Fisico: 75%
Mente: 100%
Energia: 110% (-10% per Sentinella Blu, -5% come effetto del teletrasporto forzato)

Dialoghi:
Pensato
Parlato
Bimba mezz’orco
Buttafuori
Arancio

 
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K i t a *
view post Posted on 13/6/2015, 23:04




G R I D A   D A L   C I E L O

FIGLI DELLA SFINGE ❞.


kLux6po



Buio,
una coltre densa e oscura.
C’era silenzio, come se fosse sospesa nel nulla.
S’interruppe presto;
ecco in sottofondo il lieve rumore di gocce che infrangono l’acqua.
Una,
un’altra,
un’altra ancora.
Le piaceva quel suono, la aiutava a scandire il tempo, le permetteva di aggrapparsi alla realtà.

Luce,
come il riverbero di un lampo.
Il volto di Raymond, tumefatto, il sangue che gli sporcava i lineamenti ancora visibili.
Il solo occhio aperto fisso sui suoi, quella lacrima che gli solcava il viso, tingendosi di rosso.
Le labbra che tremavano appena, nello sforzo di parlare:
«vor-rei poter rinascere...»
una pausa, il tempo necessario per un singulto.
«a Lithien...»
la fatica di articolare quelle parole sembrava dolorosa quanto una pugnalata.
«e leg-gere...»
un respiro.
«tut-ti i giorni...»
un altro.
«qualcosa di diverso...»

Di nuovo le gocce rintonarono nell’acqua, l’immagine di Raymond ferma nella sua mente, la bocca che si muoveva lentamente, espirando le sue ultime parole.
Le sentì di nuovo, amplificate, che vibravano nell’aria accompagnando l’acqua.
rinascere
Sembrava che più voci le ripetessero, per rimarcarle alla sua attenzione.
a Lithien
Rimbombavano nella sua testa, ognuna che cercava di sovrastare l’altra.
e leggere
Le ricordarono le ombre della corte del Sovrano, che insieme esprimevano una sola volontà.

r i n a s c e r e

La luce crebbe all’improvviso.

L i t h i e n

I contorni del viso di Raymond si fecero sempre più sfocati.

l e g g e r e

L’immagine sparì, lasciandola da sola, avvolta da quel bagliore.
Il gocciolare proseguiva, incessante. Il suono si era fatto ormai tanto intenso che a mala pena riuscì a cogliere il sussurro che lo seguì. A quello però ne seguì un altro, e ancora uno, crescendo man mano che era ripetuto, fino a coprire l’acqua, fino a riempirle la testa, fino a mozzarle il respiro. Quelle voci, tutte insieme, la cercavano,
la invitavano,
la bramavano.
Quello era un richiamo.
«Principessa.»

~ ~ ~

Quel sogno la tormentò dal momento stesso in cui spalancò gli occhi. Era come impresso con il fuoco nella sua mente, e quelle tre parole risuonavano incessanti, simili ad api laboriose.
Non riusciva a comprenderne davvero il significato, ma sapeva che fino a quando si fosse recata a Lithien non sarebbe mai riuscita a liberarsene.
Approntare il viaggio per l’Edhel fu più facile rispetto la prima volta; non avrebbe più dovuto affrontare le sue cupe foreste, ma risalire l’Erydliss, catena montuosa a lei familiare. Non solo, la consapevolezza di recarsi in una città, seppur sconosciuta, la tranquillizzava: non poteva dimenticare le difficoltà affrontate nella selvaggia Matkara per salvarla dall’assalto dei demoni.
Così decise di partire, portando con sé solo Samael, suo fedele compagno che ben bastava a scortarla e proteggerla da qualsiasi pericolo. L’entusiasmo dell’animale di allontanarsi dalle terre umane per visitare quelle più brulle dell’Ystfalda era ben evidente, tanto da coinvolgere perfino Ryellia. Per quanto la giovane Lancaster fosse abituata alla vita mondana, ogni qual volta aveva la possibilità di allontanarsi era come respirare finalmente aria fresca, ritrovare odori e sapori familiari nonostante, in apparenza, nulla di tutto quello le appartenesse.

La maestosità di Lithien la travolse dall’istante in cui posò gli occhi sulle bianche mura. Si stagliava imponente verso il cielo, come una naturale prosecuzione delle montagne; guardandosi attorno poteva provare l’ebbrezza di avere Theras ai suoi piedi, ammirando da un lato le terre di Dortan, dall’altra quelle dell’Edhel, due territori tanto diversi separati unicamente da quell’alto muro di roccia.
Si destò rapidamente da quelle riflessioni poetiche; non aveva tempo per simili romanticherie, non ora che si sentiva tanto vicina alla sua meta. Quale essa fosse lei non lo sapeva, ma una forza a lei sconosciuta aveva cominciato ad attrarla verso quel luogo, e si faceva più forte man mano che si avvicinava. In quel momento ardeva furiosa, un bisogno che non riusciva a placare. Si lasciò portare, osservando con stupore e ammirazione la bellezza di ciò che la circondava. L’aria stessa pareva pervasa dalla magia, come se una sorta di elettricità la percorresse. Samael accanto a sé la annusava con forza, agitando febbrilmente la coda.
Passo dopo passo, finì per sbucare all’interno di un cortiletto fatto di pietra e marmo. Al centro della piazzola stava una fontana, che rovesciava delicatamente l’acqua sulla sua superfice; riconobbe immediatamente quel suono ascolta nel suo sogno, immobilizzandosi come fosse stata colpita da un fulmine. Spostò lo sguardo dalla fonte, per osservare il resto: quattro panche di marmo chiaro erano disposte attorno, una delle quali già ospitava qualcuno. Non riusciva a definire cosa fosse quella creatura, l’unica cosa a lei comprensibile era l’aspetto umanoide. Si guardarono per brevi secondi, poi lui fece scivolare lo sguardo su Samael, che lo fissava a sua volta. Gli occhi gli si strinsero in un’espressione bramosa mentre osservava l’animale, e notando il cambio di atteggiamento Ryellia fece un passo verso il drago, nascondendolo alla vista. Si avvicinò a una delle panche vuote, accomodandosi con eleganza; Samael la seguì, acciambellandosi docilmente ai suoi piedi. Rimase così, lo sguardo perso sugli zampilli d’acqua a pochi metri da lei. Non aveva idea di cosa la aspettava e desiderava scoprirlo al più presto.

~ ~ ~

Non avrebbe saputo dire quale dei presenti fosse il più bizzarro. Nonostante le tre figure ammantate suscitassero in lei un fascino incredibile, cercò di concentrarsi sull’ominide con la testa da tapiro, che spiegava loro il motivo della loro presenza. Mentre lui parlava, Ryellia finalmente il perché del suo richiamo: il legame che aveva stretto con le ombre, le aveva portato a catturare la sua attenzione con quel sogno, in modo che si recasse in quella città. Dopo quello che aveva vissuto non avrebbe mai potuto dir loro di no, e lo sapevano. Certi vincoli, creati in situazioni straordinarie in cui vita e morte si mescolano con tanta facilità, non è più possibile scioglierli.
Ciò che cercavano era un libro. Trattenne a stento un sorriso; ora capiva perché avevano scelto l’immagine di Raymond come emissario, lui che per primo le aveva insegnato l’amore e il rispetto per i libri e la lettura. Attese che la bizzarra creatura terminasse il suo discorso, e dopo aver rivolto un ultimo sguardo alle tre figure alle sue spalle, spostò l’attenzione su di lui: «Permettetemi di presentarmi: sono Ryellia Lancaster. È un onore potervi aiutare. Ho avuto modo di vivere la difficile situazione in cui versate, perciò farò quello che è in mio potere per contrastarla.» gli disse, la voce colma di sincerità. «Vi chiederei anzitutto qualche informazione maggiore sul testo da rintracciare. Oltre il titolo, ci sono altri dettagli in vostra conoscenza?» domandò infine.
Quando Muchenyk sentì il suo nome sussultò appena, con sorpresa, per poi bisbigliare un sommesso “Principessa” e chinare il capo con deferenza. Quell’atteggiamento sorprese molto la Lancaster: era davvero così nota tra le Ombre?
La creatura si riprese in fretta, e cominciò a spiegarle: «Il testo è una racconta di resoconti di viaggio, disegni di creature bizzarre, e mappe. Non è il più raro dei testi, anzi è addirittura comune nella sua versione censurata. Pare che le rappresentazioni degli accoppiamenti fra bestie gettarono molto scalpore, soprattutto perché sconfessavano teorie di docenti più illustri. L'autore venne per questo sfidato a duello da un naturista infuriato, con un esito piuttosto tragico: la morte di Salembor Helevor. Fu fatta uscire una seconda edizione del testo, privo di qualsiasi illustrazione, censurato nei riferimenti alle teorie vigenti, e fatto circolare più come un libello scherzoso per bambini. Alcune copie tuttavia dell'edizione originale dovrebbero esserci, ed in quella troveremo la mappa che ci serve». L’ultimo arrivato chiese dove potevano cercare, e lui indicò tre posti; a quanto pareva si sarebbero divisi, ognuno verso una meta, con la sola compagnia di una delle tre figure silenziose. Lasciò scivolare lo sguardo verso di loro, studiandoli nuovamente. Erano rimasti silenziosi per tutto il tempo, e non avrebbe saputo dire se e quanto avessero ascoltato di quei discorsi. Sembravano totalmente estranei a ciò che accadeva, spettatori casuali che osservavano lo scorrere degli eventi. Rivolse l’attenzione verso gli altri due, chiedendosi che strada desideravano prendere. Qualunque via dovesse percorrere, lei sarebbe arrivata fino alla sua fine.

~ ~ ~

Qualche tempo dopo si trovò di fronte al massiccio portone di bronzo degli Archivi del Gallo, in compagnia della figura avvolta da un manto di pelliccia. Non si scambiarono neanche una parola durante il tragitto, semplicemente ne accompagnava i passi con leggerezza, come se sotto il pastrano non ci fosse altro che aria. L’aura di mistero che emanava la inquietava non poco, perciò cercava di rimanere concentrata sull’obiettivo prefissato, lasciando gli interrogativi a momenti più opportuni.
L’alta porta era decorata con numerosi bassorilievi, ciascuno raffigurante uomini che sorreggevano dei libri; al centro, due grossi battenti con la forma di teste di gallo. Ryellia fece un passo in avanti, afferrandone uno, per poi batterlo contro il metallo. Il colpo fece vibrare la porta, e il suono si propagò all’interno del palazzo.
Dopo qualche secondo di attesa, sentì un pannello scivolare, e incrociò degli occhi umani al posto di quelli bronzei di uno dei bassorilievi. Si guardarono reciprocamente, lo sguardo della Lancaster ben più perplesso dell’altro, e poco dopo la porta si spalancò, rivelando un ometto anziano, senza capelli, con indosso una tunica grigia. Quello la osservava con una sorta di gratitudine, che confuse la ragazza ancora di più. «Oh, sia lodato il cielo! Non sei un ambulante!» esclamò sollevato. Ryellia sbatté rapidamente le palpebre, cercando di seguire il discorso del piccolo uomo. «M-mi scusi?» gli domandò. Lui sorrise, mostrando i pochi denti rimasti, e si spostò di un passo, facendole segno di entrare: «Prego, prego! Allora, signorina, ditemi, cosa vi porta qua?» le chiese. Lei gli sorrise con gentilezza: «Sto cercando un libro, una prima edizione rara e importante. Sono certa che solo un posto come questo possa custodirla. Il titolo è Peripezie, di Salembor Helevor». L’uomo s’illuminò e annuì, cominciando a camminare: «Oh, ma certo! Da questa parte!». La Lancaster lo seguì, sperando con tutta se stessa che fosse sulla giusta strada. Intanto lui continuava a parlottare fra sé, attraversando stradine creati da alti cumoli di libri. «Ah, quei maledetti ambulanti… Vengono qua, millantando di possedere chissà quale rarità… cercano di ingannare me, AH! Loro non sanno chi sono io! Pensi che una volta…». Al termine di un lungo racconto riguardo le sue grandi capacità, si fermò accanto a delle scale che conducevano al piano di sotto. «Ecco, il libro che cerchi è qui sotto! Io devo andare adesso… Tanto lavoro…» le spiego. La donna annuì, sorridendogli nuovamente,segretamente lieta di doversi separare da lui: «Vi ringrazio per il vostro cortese aiuto, se avrò bisogno, vi verrò a cercare». Si voltò, cominciando a percorrere le scale.

Non appena posò il piede sul pavimento dell’altro piano, un sussurro le arrivò all’orecchio: «Quanto sei disposta a pagare?». Lei si guardò attorno, cercando la fonte di quella voce. Tutto sembrava simile al piano precedente, le uniche differenze erano un soffitto più basso e la luce fioca proveniente da alcune torce; sembrava non esserci nessuno, il solo rumore che sentiva adesso era il suo respiro. Qualcosa le diceva che era meglio non ignorare quel bizzarro fenomeno, e che rispondere alla domanda sarebbe stata la cosa migliore.
«... Pagare? Per cosa dovrei pagare?» chiese a sua volta. Dopo alcuni istanti di silenzio sentì nuovamente una voce, questa volta dalla sfumatura più femminile: «Quanto sei disposta a pagare… per ciò che sei venuta a cercare?». Ryellia soppesò attentamente la sua risposta; quanto era disposta a mettere in palio per la buona riuscita di quella missione? Ripensò alle ombre trucidate, agli abomini che li stringevano in una presa mortale.
«Ciò che è necessario.» disse senza indugio.
Davanti a lei comparve all’improvviso un ragazzino; sembrava avere poco più di dieci anni, con una zazzera rossa e il viso colmo di lentiggini, le sorrideva con aria furba e ben più adulta rispetto a quanto dimostrava il resto del suo corpo. «Visto che sembri saperla tanto lunga, donna, cosa bisogna fare con questo?» le chiese, porgendole un pugnale. Lei fece scivolare lo sguardo dal volto del ragazzo all’arma che teneva in mano, corrugando la fronte: «Quell'oggetto può essere pericoloso, ragazzo. Perché lo porti con te in un luogo come questo? Temi forse che ti venga fatto del male?» domandò lei. «No, sono qui per mettere alla prova chi cerca la conoscenza. In tanti sono disposti a pagare molto - o così dicono a parole - quando però si viene ai fatti si tirano indietro, o peggio fanno come se conoscessero tutto. Tu hai fatto domande anziché adeguarti, complimenti. Dimmi il libro che cerchi ed io te lo prenderò.» spiegò il ragazzino. Ryellia sgranò gli occhi, sorpresa. Quella situazione aveva preso una piega ben più bizzarra di quanto immaginava; non riusciva a credere di essere riuscita a superare quella prova senza neanche averne coscienza. Chinò il capo, ringraziandolo, e poi gli disse: «Sto cercando la prima edizione di Peripezie, di Salembor Helevor».
Il bambino annuì brevemente, per poi allontanarsi nei meandri degli scaffali. Attese alcuni minuti e poi fece ritorno, tenendo tra le mani un grosso tomo. Glielo porse, mostrando un libro dall’aria antica, su cui in rilievo erano trascritte con lettere eleganti le parole “Le mirabolanti peripezie da un capo all'altro di Theras, e anche oltre fino alle stelle e addirittura avanti e indietro nel tempo, con introduzione del saggio Alce d'Argento”. La donna lo guardò, incapace di nascondere la delusione: non era quello il libro che stavano cercando. Scosse la testa, rivolgendosi al ragazzo: «Mi dispiace, non è questo il libro che sto cercando. Ciò che cerco io s’intitola semplicemente "Peripezie".» spiegò, indicando con il dito la parola peripezie trascritta sul titolo. Sul suo volto si aprì un sorriso enigmatico, e continuò a porgerle quel testo. Perplessa lo prese tra le sue mani, aprendolo. In quell’istante, la figura ammantata comparve al suo fianco, come se fosse sempre stata con lei. Allungò la mano, invitandola a dargli il libro. Lei lo guardo, per poi tenderglielo delicatamente. Quello lo sfogliò, e quando arrivò al punto che cercava, trattenne la pagina tra le mani, strappandola e gettando il tomo ai suoi piedi.
Ryellia sussultò a quel gesto, piena di indignazione. Poteva quasi sentire Raymond raccomandarle di avere cura dei libri, di girare delicatamente le pagine, di riporli con garbo al proprio posto: loro contenevano al proprio interno la più grande magia esistente su Theras, quella della conoscenza, e il minimo che loro potevano fare era trattarli con estremo riguardo.
Si affrettò a raccoglierlo, scoccando un’occhiata tagliente alla figura sua compagna, per poi voltarsi verso il ragazzo, restituendoglielo: «Ti ringrazio per il tuo aiuto.» gli disse con un sorriso, per poi voltarsi, apprestandosi a risalire le scale.
Chiunque fosse in realtà quel bambino, probabilmente aveva appena fornito loro un grande supporto.


kLux6po




Grida dal Cielo
- F i g l i D e l l a S f i n g e -



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: B
Stato Fisico :: 100/100
Stato Mentale :: 70/75
Energia :: 125/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Nessuna :: ///


ATTIVE—

Nessuna :: ///


ANNOTAZIONI—

Chiedo ancora scusa per il ritardo, sarò più ligia da ora in poi! Buona quest a tutti ^^

 
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The Grim
view post Posted on 16/6/2015, 03:43




Grida dal Cielo
Figli della Sfinge


I pochi fogli di carta strappati da Primo danzavano sulle manone ruvide di Muchenyk, che tremavano all'impazzata. Erano cartine dettagliatissime, tanto da far impallidire anche la rappresentazione più dettagliata che aveva sbirciato quand'era un mortale diverso, nella lontanissima Qashra. Le indicazioni erano facili da seguire, le distanze indicate con chiarezza, i punti di riferimento segnalati con particolare cura e scelti da un esperto del settore, che il tutto fosse stato catalogato come una buffa raccolta di storielle faceva quasi impazzire il capo della spedizione. Era un peccato non poter decifrare le note a margine, la leggenda in fondo, e gli appunti nel retro del foglio, ma aveva dei collaboratori che l'avrebbero aiutato, sempre sperando che il tutto fosse scritto in un alfabeto a loro conosciuto, altrimenti sarebbero ricorso ad un qualche traduttore; la città sembrava quella adatta per questo tipo di cose. Toccando la carta certi dettagli presero a lampeggiare nel suo cervello, come se li avesse sempre saputi o se qualcuno - forse sua Madre? la Sfinge? - gliele stesse sussurrando direttamente nella testa. Non c'erano segreti fra lui ed i Semi, così condivise ciò che scopriva senza però muovere le labbra, ma quelli erano troppo sconvolti per serrarle a loro volta e così parlarono, come mai avevano fatto in tutta quel viaggio; nella maniera degli esseri reali anziché con la lingua dei sogni. C'era apprensione nella loro voce, e voglia di far spargere la buona notizia; di farla sapere a quegli aiutanti che forse erano i reali protagonisti della storia che stavano tessendo.

" Dunque c'è un albero - disse Primo, raggiante ed eccitato - le cui radici sono tanto profonde da affondare nel cuore della terra. "
" No, fratello, non capisci. - disse Secondo con un filo di voce, tremula come un bimbo spaventato - È stato il sortilegio ad arrivare lontano, la pianta è solitamente vecchia, anzi antica. "
" Io però vedo rettili, grandi nidate d'oro, di argilla, e di legna - disse Terzo, con squilli acuti e quasi ridicoli - e un solo uomo, che spia da lontano, al tempo che i suoi non esistevano. "

" Insomma... -
aggiunse Muchenyk, sospirando rassegnato -
Abbiamo un macello di strada da fare fino al Samarbethe, tutto quel ghiaccio non può essere che lì. I vecchi son stati chiari: non potremmo prendere soldati alla città, ma qualche buon ronzino da fatica, dei viveri, e dell'acqua potabile dobbiamo prenderceli per forza. Ci dovremo muovere con cautela, magari saltando di sogno in sogno durante la notte per arrivare in tempi accettabili. Sembra arduo ma siamo abbastanza pochi per riuscire. "

I quattro annuirono senza alcuna sincronia fra loro, poi chinarono il capo, quasi toccando ognuno la testa dell'altro tanto erano vicini, con fare solenne e religioso.

" Benedetto sia il cammino che facciamo, "
" Ringraziamo per le sfide e gli ostacoli venturi, "
" Fino al momento in cui non ne incontreremo più. "
" Lode. "

E detto questo, i quattro smisero di far comunella, pur rendendosi disponibili per eventuali chiarimenti. Si prodigarono a spiegare ciò che gli altri chiesero loro, e poi si distribuirono i compiti al fine di partire al più presto, verso l'estremo settentrione, dove non regnavano che ghiaccio e silenzio, ove i demoni avevano fatto i primi passi, sebbene quella cosa fosse sconosciuta ai più. Si preparavano alla desolazione con il cuore gonfio di speranza, e una certa gioia primitiva, di chi stava facendo bene il proprio compito.


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Ci vollero settimane di viaggio, durissime, durante le quali le ombre si sbottonarono di più, lasciando perdere quel muro di mutismo che le aveva caratterizzate nei primi momenti. Il viaggio sarebbe potuto durare parecchio di più, considerando che in un continente martoriato dalla guerra, c'erano sempre imprevisti che si dovevano considerare. Innanzitutto i cavalli, che erano precipitati da un burrone in una sera di vento terribile, che ululò sulle loro teste come un gigante crudele e pestifero. Poi c'erano colonne d'armati di un colore o dell'altro, ponti crollati e strade interrotte, pozzi d'acqua marcia e corrotta che costringevano a lunghissime deviazioni, branchi di mostri selvaggi pronti a pasteggiare ora coi cadaveri di elfi, e poi con i resti acri di demoni. Avevano dovuto combattere qualche volta, ma per la maggior parte del tempo erano fuggiti, anche grazie alle arti del popolo delle ombre, che confondevano i sentieri e le direzioni, che facevano smarrire tanto lo sguardo quanto l'orientamento anche a chi stava ad un palmo da loro. I sogni di tutti non si distinguevano dai giorni di estenuante marcia, caratterizzati da lunghe scarpinate in valle folle e oniriche, nuotate in fiumi dai colori dell'arcobaleno, dall'inerpicarsi su di nuvole dalla consistenza gommosa, che regalavano tanto stupore quanto poco riposo; puntualmente all'alba i viandanti si destavano in un accampamento diverso e lontano molte miglia da quello in cui si erano addormentati, senza mai tenere un turno di guardia od una sentinella sveglia. Da quando però erano giunti nel Samarbethe, un lieve nervosismo si era impossessato del manipolo di ombre, che si era fatto sempre più restio a far uso delle loro straordinarie capacità. Gli strani spostamenti notturni si erano fatti meno arditi e coprivano distanze sempre più corte, e nelle ultime due sere non vi erano proprio stati; segno che si avvicinavano alla meta e che non potevano permettersi di confondere le indicazioni delle mappe. A rivaleggiare con la neve e il ghiaccio perenni di quel paesaggio gelido vi erano solo le orde brulicanti di demoni, che scorrazzavano ovunque nel territorio, benché fossero composte soltanto dagli esemplari più insulsi della loro specie; i servi o poco più, sempre impegnati a trasportare cianfrusaglie come formiche ammattite. Infine, all'alba del diciottesimo giorno, intravidero una strana foresta al di là un fiumiciattolo pigro: era pura e incontaminata, brulicante di vita come uccelli che starnazzavano o mammiferi che si aggiravano nel sottobosco, come se qualcosa tenesse a distanza la progenie del Baathos, o questa non riuscisse a vedere quel luogo da razziare e stuprare come le altre foreste che i viandanti avevano visto nel loro peregrinare. Era un luogo che emanava non solo la sensazione di amenità ma anche un ché di ancestrale, un bosco fittissimo, dove lo spazio fra un albero e l'altro era risicatissimo, e fatto di piante atipiche per quei climi e quel freddo, completamente sprovvisto di sempreverdi, quasi si trovasse lì per sbaglio. Fu allora che Muchenyk riunì tutti per un'ultima raccomandazione prima della traversata.

" Venerabili Artefici,
pare che siamo giunti alla nostra meta, ed il vostro contributo che forse vi sarà sembrato nullo oppure eccessivo, non è ancora terminato.
Adesso verrà la parte più difficile e perciò vi devo chiedere un grande favore: quello di fidarvi di noi.
È il fato che mi chiede di farvi questa richiesta, tramite colei che guida ogni nostro passo verso la salvezza.
Bisogna che nei vostri corpi alberghino i nostri tre Semi: Primo, Secondo e Terzo. Essi non vi faranno alcunché di mare, ma le loro forme non potrebbero entrare altrimenti in quel bosco incantato; non so bene per quale motivo, ma sentiamo che sia così. Io soffrirò un poco, ma cercherò di non farci troppo caso, e vi seguirò finché non avremo trovato l'albero più antico, quello con la faccia da uomo.

Va bene?


QM PointUn turno spezzato in due metà, che gestiremo in confronto, soprattutto per rispondere alle tante domande che possono affollare le menti dei vostri personaggi. Chiedete e vi sarà dato. L'importante è che diate una risposta - dopo le tante domande che avete intenzione di porre alle Ombre - all'ultimo quesito del goffissimo Muchenyk. Ovviamente potete inventare quanti aneddoti volete sulla traversata dell'Edhel, intrecciando il vissuto dei vostri personaggi, e se vi serve, ottenendo chiarimenti su certi aspetti del popolo delle Ombre; i Semi saranno piuttosto loquaci durante tutto il viaggio. Vi aspetto in confronto.

PS: Vista l'entità del viaggio, riempite al massimo le vostre tre riserve di risorse :sisi:


Edited by The Grim - 16/6/2015, 08:36
 
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K i t a *
view post Posted on 23/6/2015, 18:31




G R I D A   D A L   C I E L O

FIGLI DELLA SFINGE ❞.


kLux6po



Quelle carte strappate si rivelarono essere ciò che cercavano.
Quando la creatura che l’aveva seguita le presentò ai suoi compagni, questi presero ad analizzarle, e una volta che appurarono si trattasse proprio delle mappe desiderate, l’entusiasmo s’impadronì di loro.
Le tre figure ammantate parlarono per la prima volta, scambiandosi opinioni su ciò che potevano leggere, rivelando un tono di voce così bizzarro rispetto a quell’apparenza misteriosa.
La Lancaster seguì quello scambio di battute con la fronte aggrottata, cercando di decifrare qualcuno di quei criptici commenti. Tutto però era apparentemente senza senso, e dalle espressioni perplesse dei due uomini capì di non essere la sola confusa. Parlarono di un albero antico, del Samarbethe, di spostarsi tramite sogni;
parole che s’ingarbugliavano una con l’altra, rendendo loro impossibile il compito di districarle.
Quando finalmente finirono di parlare tra loro, volsero l’attenzione verso i tre spettatori, come a permettere loro di interagire con quelle grandi scoperte.
Ryellia si fece avanti immediatamente:
troppe domande le vorticavano nella mente,
bramava risposte come acqua per un assetato.

«Sono quelle le mappe che cercavate? Dove ci condurranno?» iniziò.
Li guardò attentamente tutti e a quattro, facendo scorrere lo sguardo senza fretta:
«Non vi sembra giunta l'ora di svelarci la reale portata della nostra missione?» domandò infine.
«Sì, sono le mappe che cercavamo, l'ho capito non appena le ho avute fra le mani. Questo è il potere della Sfinge».

La Sfinge.

La potente entità cui doveva la sua sopravvivenza nel Matkara, con cui aveva stretto alleanza dal momento in cui i loro cammini si erano incrociati. Si fidava abbastanza di lei, e della sua guida, da lasciarsi condurre in quel cammino.
Muchenyk abbassò lo sguardò verso le mappe, osservandole con cura.
«Dobbiamo andare nel Samarbethe, nella sua punta più occidentale. Quello è il luogo che stava più a cuore all'elfo, quello dove incontrava il passato. E forse là riusciremo a trovare ciò che serve per sconfiggere il Re del sottosuolo. Non so molto di quel che ci aspetta, solo un sogno pieno di ali che battono, e urla terrorizzate a mai finire».
«L'elfo?» disse in tono interrogativo la donna.
Raggiungere il Samarbethe significava compiere un lunghissimo viaggio,
come sarebbero riusciti in una simile impresa?
La creatura parlava di un sogno fatto di urla di terrore, questo secondo lui rappresentava ciò che dovevano affrontare.
Con quale prospettiva questo poteva essere propizio per loro?
«Io devo molto alla Sfinge, e per questo vi seguirò fino alla fine. Vi chiedo solo di fidarvi di me, tutti voi. – spostò lo sguardo verso le tre figurare ammantate – Più dettagli saprete condividere, più il nostro aiuto saprà essere incisivo».
Non sapeva quanto consciamente, ma sembrava che i quattro volessero tenere nascosto quanto più possibile di quella faccenda, e se tutto ciò era volontario, la cosa preoccupava molto Ryellia.
Che motivo avevano di privarli d’informazioni che avrebbero permesso loro di aiutarli?

Finalmente uno dei suoi compagni domandò se avessero una qualche idea di cosa cercassero, e le risposte che diedero presero talmente in contropiede la Lancaster da mozzarle il respiro.
«Non solo uno, come quello della Principessa...»
«…ma migliaia, e decine di migliaia, e forse ancor di più.»
«Cos'ha ali di cuoio e cuore di fiamma?»
«Ma quelli, come dire, non veri ma ecco...»
«I primi.»

Ali di cuoio e cuore di fiamma.

Non aveva bisogno di riflettere.
Chi meglio di lei conosceva la risposta a quell’enigma?
Lo sguardo scivolò su Samael, che sostava al suo fianco, muovendo la coda irrequieto.
Tornò sui tre, gli occhi spalancati per l’emozione e lo stupore.
«... Draghi. I primi draghi puri».

Era incredibile.
Non riusciva a credere di avere la possibilità di incontrare la Progenie, ciò che aveva decretato il suo destino.
Ma com’era possibile?
Oramai esistevano unicamente draghi impuri, come quelli Zanna dei Lancaster.
Di draghi puri ne rimanevano pochissimi, e quelli che c’erano si guardavano bene dal rivelarsi ai mortali.
Come potevano pensare di ritrovare addirittura i primi?


Quando uno degli uomini glielo fece notare, lasciarono intendere che sì, non esistevano più nel loro tempo. Ciò che dovevano fare era spostarsi in uno in cui ancora esistevano.
«Voi sapete come fare per viaggiare nel passato?» domandò stupefatta.
No, non lo sapevano.
Tutto ciò di cui erano a conoscenza, lo avevano condiviso con loro:
dovevano recarsi nel Samarbethe,
nei pressi di quest’albero,
e a quel punto lasciarsi guidare dalla saggezza della madre.
Che altro le rimaneva fare se non fidarsi?

Già una volta l’aveva fatto, e lei l’aveva protetta. Non aveva motivo di dubitare che così sarebbe stato ancora.
«Temo non ci rimanga altro che metterci in viaggio, a questo punto».

~ ~ ~

2FgymlG




Come aveva pronosticato, il cammino fu lungo e non privo di difficoltà. Viaggiavano continuamente, di giorno percorrendo le aspre terre dell’Edhel, di notte tramite i loro stessi sogni. Quando aprivano gli occhi il mattino, scoprivano di trovarsi in un nuovo luogo, ben più avanti nel proprio tragitto, pronti per attraversare un nuovo tratto di strada sui propri piedi. Inizialmente fu strano da capire e accettarono, ma Ryellia si abituò in fretta a quel bizzarro modo di viaggiare.
Il tempo trascorso a stretto contatto l’uno dell’altro permise loro di conoscersi meglio, e soprattutto di scoprire molte più cose riguardo le figure ammantante che li accompagnavano.
La compagnia più piacevole si scoprì essere quella di Primo, che legò molto con la ragazza, per quanto ovviamente la sua natura potesse concedergli. Era abbastanza divertente, più incline alla natura umana rispetto ai suoi due fratelli, e mostrava uno smodato interesse per Samael e la sua razza, cosa che compiaceva molto Ryellia, orgogliosa quanto una madre. Passarono diverso tempo a parlare delle sue caratteristiche e delle sue abilità, e Primo ne era sempre più affascinato, quasi quanto lei lo era da lui.
Secondo non parlava granché, e le poche volte che lo faceva era per lo più tramite canzoni. Terzo era il più enigmatico, amava mettere alla prova l’intelletto del suo interlocutore, spesso risolvere qualche suo rompicapo era l’unico modo per ottenere una risposta. Era interessato ai sogni altrui, il suo argomento preferito, cercava sempre di comprendere in che cosa consistevano, come si svolgevano, quanto duravano, ogni informazione che li portasse a differire tra loro.
Quelle settimane trascorsero così, cercando di contrastare le avversità, tra piccole guerriglie e chiacchierate attorno al fuoco, che grazie le abilità di Ryellia non mancava mai di riscaldarli.



Quando arrivarono nelle terre del Samarbethe, l’umore delle truppe cominciò a cambiare.
Un lieve nervosismo serpeggiava tra loro, rendendoli più cauti e restii a sfruttare le proprie abilità;
più si avvicinavano al proprio obiettivo, più diventavano guardinghi.
Verso la fine, solo gli spostamenti via terra furono consentiti, fino a quando, all’alba del diciottesimo giorno di viaggio, intravidero davanti a sé una foresta, rigogliosa e incontaminata dalla corruzione dei demoni.
Aveva un che di primordiale ma anche di rassicurante,
come se fosse il solo luogo sicuro presente su Theras,
in cui la vegetazione folta resisteva al clima tanto rigido.
Sembrava trovarsi in quei luoghi per errore,
estirpato da qualche posto più caldo per venire trapiantato là,
distante e protetto dalle intemperie che lo circondavano.
A ridosso di quella visione si bloccarono.

Fu allora che Muchenyk prese parola, rivolgendosi a loro tre. Chiese loro di portare con sé uno dei semi, in modo di accompagnarlo attraverso quella foresta. Solo dopo aver scoccato un’occhiata irritata a Nitro, che aveva proposto di usare Samael al suo posto, Ryellia si rivolse al tapiro, accettando la sua proposta.

Fecero appena in tempo a risolvere quella breve disputa, che da una nube sopra le loro teste comparve un manipolo di figure alate, dal colore scuro, che andava loro incontro.
La Lancaster spalancò gli occhi, facendo un passo indietro:
«Cosa sono quelli?»
non poté trattenersi dal domandare.
«Non ho assolutamente intenzione di scoprirlo.»
le rispose Nitro con i suoi soliti modi bruschi,
anche se in quella circostanza non poté proprio dargli torto.

Qualsiasi cosa fossero, non sembravano per niente amichevoli.
Dovevano scappare, al più presto.

Anche gli altri sembravano dello stesso avviso.
Cominciarono a correre verso la foresta, lasciando i bagagli alle loro spalle. Ryellia imprecò tra sé nella sua lingua nativa, per poi afferrare uno zaino, lanciandolo verso Samael, e prenderne un altro per sé. L’animale lo afferrò con le zampe posteriori, sbattendo con forza le ali per librarsi in volo e seguire gli altri, la Lancaster accanto a sé.
I demoni li seguirono, planando su di loro, cominciando a scagliargli contro tutto il loro potenziale.
Per quanto corressero a perdifiato, non riuscirono a evitare quell’offensiva.

Mentre cercava di scappare, avvertì una folata di gelo alle sue spalle. Fece appena in tempo a voltarsi, che delle appuntite lastre di ghiaccio cercarono di colpirla, e schiacciarla contro il terreno.
Fece un rapido gesto con la mano, da cui si propagò una fiammata;
questa la avvolse in parte, creando una sorta di scudo naturale su cui s’infransero le lamine acuminate.
Riprese a muoversi più rapida che poteva, fino a raggiungere l’acqua. V’immerse i piedi, cominciando ad addentrarsi nel fiume, e Samael planò leggermente sulla superficie, permettendole di aggrapparsi agli spuntoni ossei che fuoriuscivano alla sua schiena, e battendo le ali con forza continuò ad avanzare, facilitando a Ryellia il superamento dello specchio d’acqua.
Una volta arrivati sull’altra riva, la Lancaster si trascinò sul terreno fangoso, cercando di non incespicare sull’abito bagnato. I capelli le ricadevano scomposti sul viso, agitati dal vento, e li ricacciò indietro con un gesto deciso della mano.
In quel momento aveva un aspetto tutto fuorché regale, anzi,
doveva apparire piuttosto selvaggia.
Però eccola,
di nuovo quella sensazione inebriante che aveva provato nel Matkara,
quel senso di appartenenza
libertà
che solo quei luoghi riuscivano a darle.

Si sentiva forte
feroce
inarrestabile.

Si gettò verso la fitta coltre di alberi, seguita da Samael e il resto della compagnia.
Non sapeva cosa aspettarsi da quei luoghi, ma si sentiva pronta a tutto.
Era bella e indomita,
come un drago.


kLux6po




Grida dal Cielo
- F i g l i D e l l a S f i n g e -



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: A
Stato Fisico :: 100/100
Stato Mentale :: 75/75
Energia :: 105/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Nessuna :: ///


ATTIVE—

Controllo dell'elemento Fuoco (difensiva) :: Il fuoco le brucia nell’animo, scorrendo nelle sue vene, rendendo una donna dall’aspetto tanto fragile coriacea come un drago: quando è necessario difendersi, Ryellia è in grado di richiamare l’elemento sulla stessa epidermide che, oltre a non bruciarla, fornirà uno scudo contro gli attacchi inferti. Questo potrà coprire solo una parte del suo corpo, o schermarla interamente, secondo l’entità dell’offensiva inferta. (tecnica di natura magica, abilità difensiva, potenza Variabile verso il fisico, consumo Alto.)


ANNOTAZIONI—

Per riassumere:
* Ho seguito le indicazioni in confronto;
* Ho ritenuto plausibile un approfondimento di rapporti tra Primo e Ryellia, specificando che questo è profondo tanto quanto la sua natura gli conceda;
* Mi sono difesa dall'attacco dei demoni - da me caratterizzato in una pioggia di ghiaccio appuntito - con la variabile portata a potenza/consumo Alto.

Dovrebbe essere tutto!

 
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Shervaar
view post Posted on 24/6/2015, 01:20






<< Non vi sembra giunta l'ora di svelarci la reale portata della nostra missione
Quanta ammirevole diplomazia dalla nostra nobildonna. Io da parte mia ero lì lì per iniziare a sbraitare, decisamente saturo della ridicola comunella che le quattro ombre avevano messo su agitandosi frenetiche intorno ad alcune carte trovate da Ryellia.
<< Si, sono le mappe che cercavamo, l'ho capito non appena le ho avute fra le mani. Questo è il potere della Sfinge. >> rispose il tapiro, Muchenyk, guardando un attimo i documenti prima di proseguire. << Dobbiamo andare nel Samarbethe, nella sua punta più occidentale. Quello è il luogo che stava più a cuore all'elfo, quello dove incontrava il passato. E forse là riusciremo a trovare ciò che serve per sconfiggere il Re del sottosuolo. Non so molto di quel che ci aspetta, solo un sogno pieno di ali che battono, e urla terrorizzate a mai finire. >>

Perfetto…
Ci mancano solo confusi sogni e visioni profetiche.
Presi un profondo respiro.
<< Quindi non sai neanche lontanamente cosa stiamo cercando? >>
Quasi mi pentii di aver fatto la domanda quando le ombre iniziarono a rispondere a turno completandosi le frasi a vicenda con voci, ognuna a modo suo, fastidiose o ridicole.
<< Qualcosa capace di sconfiggere tutte quelle armate. E al momento non esiste nulla né su Theras né nell'Oneiron. "
<< Al momento. >>
<< Ma i racconti parlano chiaro, non è ovvio cosa stiamo cercando? >>
<< Ne avete sentito parlare anche voi, sicuramente. >>
<< Non solo uno, come quello della Principessa... >>
<< Ma migliaia, e decine di migliaia, e forse ancor di più >>
<<Cos'ha ali di cuoio e cuore di fiamma? >>
<< Ma quelli, come dire, non veri ma ecco...>>
<< I primi. >>

<< ... Draghi. I primi draghi puri. >> esclamò sbalordita Reyllia
<< Draghi? Sul serio? Ma...tipo...I primi non erano...sì ecco...estinti? >> rilanciò Alfar
I primi draghi? Quelli di cui parlavano le leggende? Altro che quel surrogato neonato che si portava dietro Ryellia, per mettere le mani su un drago vero, per giunta uno dei primi antichi, avrei dato un dito. E non immaginate quanto le dita siano preziose per uno sperimentale come me.
Avevo già praticamente deciso di abbandonare le ombre alla loro follia quando queste avevano in sul colpo riguadagnato tutta la mia attenzione.
Muchenyk proseguì spiegando che ormai questi erano praticamente tutti estinti e che...in realtà non fu molto chiaro...ci disse che le mappe che avevamo trovato spiegavamo come arrivare .
Qualunque cosa fosse quel fece uno strano effetto sugli altri due, che iniziarono a delirare.
<< Voi sapete come fare per viaggiare nel passato? >> azzardò Ryellia
<< Dunque...viaggi nel tempo? e noi come li recuperiamo? qualcuno sa viaggiare avanti e indietro nel tempo? No perché...io sono un po' arrugginito. E soprattutto, a cosa ci serve una mappa verso un luogo fisico se a noi serve un luogo...metafisico? >> rilanciò Alfar, con il suo scadente umorismo.

Viaggi nello spazio e nel tempo? Dimensioni oniriche e metafisiche? cazzate, nessuno mi avrebbe trascinato in un qualche posto che non avrei raggiunto con i miei piedi, o al massimo con quelli di un cavallo.
E questo è garantito.
Viaggi nel tempo poi…poco più di una mera utopia.
Avanti nel tempo forse, e sottolineo forse, è ancora possibile, anche se comunque difficilmente concepibile. Trovando un modo per rallentare momentaneamente il proprio e solo il proprio scorrere del tempo si può in qualche modo arrivare nel futuro. Dopotutto non è necessario muoversi verso di esso ma basta aspettare che questo arrivi. Se scoprite comunque un modo per giocare con lo scorrere del tempo fatemi un fischio.
Anche se...il mio tempo relativo che scorre diversamente dal tuo...ha più senso parlare di Tempo se non ne esiste uno assoluto?
Domande che in più di un occasione mi ero posto e che mai avevano trovato una risposta. La filosofia della scienza, l'unica filosofia che veramente mi interessasse, era di quelle cose su cui potevo rimanere incastrato le ore a riflettere.
I viaggi indietro nel tempo invece? bha...
Quelli li vediamo un altra volta...se ne potrebbe parlare per ore. Vi basti sapere che a rigor di scienza non c'è esperimento, neanche mentale, che permetta tale salto e che nel caso l'esistenza di infinite realtà parallele per giustificare tale evenienza è qualcosa che...bho...no. Semplicemente no.

Nel frattempo, mentre mi scervellavo su vaneggi, mi ero perso una buona fetta di discorso. Speravo a quel punto di risparmiarmelo tutto ma tornai al presente appena in tempo per sentire la parolina maledetta.
<< ...Le magie potenti esigono sempre un sacrificio. >>
Non era forse ovvio che mi sarei imbattuto in stramaledette gigamegamagie? Dove sarebbe stato il divertimento altrimenti?
<< Temo non ci rimanga altro che metterci in viaggio, a questo punto. >> propose Ryellia.
<< Muoviamoci, prima che ritrovi il senno e ci ripensi... >> accettai al volo.
Sul piatto della bilancia al momento l’ardente desiderio scoprire qualcosa sui draghi antichi pesava più del mio astio per il mondo magico, ma quanto ancora sarebbe durato quella anomala condizione?

Il viaggio fu una vera agonia, molto più di quanto non mi sarebbe mai frullato per la testa, e non di certo per colpa della compagnia. Anzi, di tutto il gruppo ero di certo quello meno socievole, non che la cosa mi toccasse in qualche modo.
Viaggiammo comunque per giorni a tappe forzate, le ombre sembrano aver particolare ed in fondo giustificata fretta e attraversammo i più disparati e desolati scenari di guerra, non senza qualche piccolo intoppo, percorrendo a cavallo una buona fetta dello sconfinato Edhel. Ma non fu quello il problema, a lunghi a monotoni viaggi era abituato, il vero grande problema era la sera quando non si viaggiava, o meglio...quando si viaggiava comunque…
Passai la prima notte per conto mio, ad arrovellarmi sui disegni di quel coglione che nella mia mente doveva essere un luminare. Maledetto lui e maledette le sue fottute foche in calore.
Le carte che avevo trovato nei resti della villa erano pieni di inutili dettagli della vita degli animali più strani ed esotici...una di quelle rarissime fette di sapere e conoscenza su cui avrei volentieri pisciato sopra.
Mi buttai allora dormire in disparte, ancora scazzato per le recenti pieghe e leggermente spossato per il travagliato trascorso che avevo avuto nella bianca città. Quando il sole sorse il giorno dopo, incuriosito che nessuno mi avesse svegliato per un turno di guardia, rimasi un attimo spiazzato. Ero convinto di essermi addormentato addossato ad un masso ma il masso in questione era sparito…
Incolpai in buona fede la stanchezza e risistemate le mie cose montai in sella. massaggiandomi le chiappe in vista di un altra giornata piena di cavallo. Dopotutto avevamo solo mezzo Edhel da farci a cavallo.
La storia del masso comunque mi martellò la testa tutto il giorno e la sera quando il sole calò, prima di coricarmi, presi bene le misure sperando che le mie fossero solo paranoie.
Mi svegliai l’indomani, e scatenai il caos.
<< Sta volta non mi inculate, ho controllato bene prima di mettermi a dormire! >>
Puntai avvelenato un dito contro il tapiro, il maledetto che mi aveva convinto a prender parte a quella follia e sicuramente il responsabile di quell’affronto.
<< Spiegami, spiegami come cazzo è possibile che quelle montagne, che ieri ci erano davanti, oggi ci sono alle spalle. Spiegami com'è possibile che ci spostiamo di leghe mentre dormiamo. >>
Chi..cosa...come aveva osat..aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.
Non riuscivo a dar forma ad un pensiero concreto. Muchenyk poi ci mise del suo limitandosi a giustificare con naturalezza che quella era la loro magia, che durante la notte ci spostavamo nei sogni, che “lì le dimensioni si misurano in maniera diversa”.
Strinsi i pugni ed iniziai a darmi cazzoti in testa per evitare di spappolare la sua repellente testa di tapiro a legnate.
Maledissi tutto e tutti, maledissi tra le altre cose il mio scetticismo nei confronti della religione perché in quel momento mi negava un dio da maledire. Maledissi soprattuto me stesso, che per misera curiosità mi ero infilato in un qualcosa che non potevo gestire. E non avere il controllo della situazione era forse la mia più grande ombra da quando, per un esperimento fallito, ero rinato Nitro.
Inizia a contorcermi e grattarmi, disgustato del mio stesso corpo all’idea che questo avesse viaggiando “per sogni” durante la notte, ma riconosciuta l’inutilità dello scorticarmi vivo mi fermai a riflettere sul successivo passo.
<< Sei già sopravvissuto una volta...puoi riuscirci di nuovo...pensa a cosa potresti trovare lì. >>
Era quello il punto, non ne avevo idea. E nulla mia fa più gola dell’ignoto.
Non potevo mollare ora: ero già stato profanato, tanto valeva dare un senso alla cosa.
<< In sella, adesso! >> ringhiai. << Più si viaggia di giorno meno tocca farlo di notte. >>
Slegai il cavallo e lo smontai di calci lanciandolo al galoppo, senza un meta, senza un direzione.
Da quel giorno tutte le sere provai a rimanere sveglio per evitare soprannaturali viaggi onirici ma puntalmente finivo per addormentarmi nelle pose più impensabili, svegliandomi la mattina più stanco di prima, come se avessi corso tutta la notte per recuperare le ore di sonno/viaggio perse. Il resto del viaggio furono due settimane di agonia, scenari desolati e devastati dalla guerra e rosicate a denti stretti.

...

All'alba del diciottesimo giorno, intravedemmo una strana foresta al di là un pigro torrente: la prima cosa pura ed incontaminata in cui ci imbattevamo da quando eravamo entrati nel Samarbethe. C’era qualcosa in quella foresta, stranamente salva dalla furia dei demoni del Baatohs che non mi convinceva. Era un luogo che sembrava trovarsi li per sbaglio a giudicare dalla natura degli alberi che fitti vi crescevano, non curanti del freddo, non curanti del caos che intorno regnava.
Fu allora che Muchenyk ci riunì tutti per un'ultima richiesta prima della traversata, per la quale il tapiro diete il meglio di se. Dovevamo ospitare dentro di noi i "semi" delle ombre, fare da veicolo alla loro essenza......
<< Va bene? ci chiese alla fine.
<< Col cazzo. Questo proprio no. >> risposi immediatamente, senza neanche pensarci sopra. Uno di quegli essere dentro di me mai nella vita. Lanciai uno sguardo duro a brutto muso al capo della spedizione, poi feci un cenno verso Samael . << Infilatela nel drago quella maledetta ombra, di fare esperimenti con me avete chiuso. >>
Muchenyk iniziò a brontolare qualche lamentela, a squittire qualche lamentela in realtà, ma per fortuna Alfar intervenne prontamente cercando di placare gli animi e offrendosi di trasportare due ombre. Più passava il tempo meno capivo quella persona. Se proprio ci teneva a farsi entrare quegli affari dentro per me era liberissimo di farlo, ma proprio non riuscivo a concepire come potesse accettare di correre il rischio che le due ombre iniziassero, per esempio, a parlargli a turno dentro la testa... quanto pensava di poter resistere a quella cacofonia?
Purtroppo non mi fu dato scoprirlo, ammetto che la curiosità e la voglia di fare un mezza scommessa c’era, perché le due ombre incriminate erano di diverso avviso. Il primo, Primo, sbottò a ridere con la sua fastidiosissima vocetta mentre il secondo, Secondo (ma chi li aveva scelto quei nomi?), semplicemente si rifiutò, spiegandoci che preferiva continuare da solo. O almeno ci provò a spiegarci qualcosa, ma il suo discorso cadde a metà.
<< Cosa sono quelli? >> domandò Ryellia indicando un punto alle spalle.
Perpendicolarmente a noi e il bosco si avvicinava uno stormo di strani esseri alati, ennesima ripugnante orda di demoni vomitati dalle profondità della terra.
<< Non ho assolutamente intenzione di scoprirlo. >> risposi. Erano brutti e volavano, elementi più che sufficienti per ora. Lasciammo quasi tutti gli zaini, quei pochi bagagli che ci portavamo dietro di quando i cavalli erano caduti in una scarpata (sorvoliamo su questo triste dettaglio che ha rallentato la nostra avanzata), e ci lanciamo di corsa verso il bosco mentre Muchenyk si lamentava del fatto che i loro incantesimi non stanno funzionando a dovere. Posto che ultimamente questo aveva iniziato a lamentarsi quasi più di me ecco la dimostrazione di cosa succede a fidarsi troppo della stupida magia.
In un attimo poi di stupida magia ce ne piovve sopra a quintali. Fulmini, palle di fuoco e ogni genere di follia elementale venne giù dal cielo mentre con il resto del gruppo volavamo verso il bosco.
Riusciì a schivare praticamente ogni cosa, grazie anche all’intervento non richiesto ma comunque benvenuto di Alfar che richiamò in cielo un drago che tamponò parte della grandinata elementale con la sua mole.
E mentre continuavamo a macinare metri verso la foresta io mi arrovellavo su un modo per far passare la mia sacca degli strumenti asciutta dall’altra parte. Questa era stata trattata ovviamente per la pioggia ma un bagno completo non lo avevo proprio previsto, considerando che dentro ci tenevo veramente di tutto, tra cui carte, sali e piante essiccate che decisamente non potevano bagnarsi.
Mentre allora le ombre si muovevano a velocità inumana, sparendo di tanto in tanto e ricomparendo alcuni metri più avanti, e mentre Ryellia nuotava già abbracciata al suo drago, Alfar correva non curante di tutto sul pelo dell’acqua. Per la prima veramente contento delle sue doti lo chiamai a gran voce.
<< Alfaaaaar! >> mi sfilai allora la sacca che portavo a tracolla e con un unico ampio gesto del braccio lanciai il fagotto al mio compagno. Da notare, discorso che vale anche e soprattutto per me, che era la prima volta che lo consideravo tale.
<< Prendi!>> gli urlai, senza lasciargli in realtà ampia possibilità di scelta e mentre l’acqua già mi arrivava alle ginocchia.
Da quel momento fu solo un goffo arrancare nel fiume, le cui acqua un tempo placide ora erano martoriate da una pioggia di fuoco. Una di queste nel caos generale mi colpì in pieno ad una spalla, peggiorando il mio umore ma aumentando la mia andatura.

Appuntai a mente nella lista delle cose da fare quella di rivalutare Alfar.
La sua magia, la sua maledettissima magia, nel giro di un minuto si era rivelata ben due volte una vera salvezza; e non avete idea di quanto mi pesasse doverlo ammettere.


Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

Riserve:

Corpo 100 -> 90/100

Mente 125

Energia 75 -> 50/75

CS: 0 -> 1 (Intuito)

Armamentario:

Pelle Coriaeca - Armatura naturale - Su tutto il corpo

Il Risolutore - Piede di Porco, Arma Contundente - Riposta

Il Catalizzatore - Balestra Automatica - Riposta

Fiala Infiammabile - Arma da Lancio 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Esplosiva - Arma da Lancio - 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Spaccaossa - Arma da Lancio - 3/3 (2 in Catalizzatore, 1 alla cinta)

Dardi di Balestra - Arma da Lancio - 3/3 (3 dietro la schiena).

Pugnale - Arma Bianca - Riposto

Passive Infinite:

Anello Tuttofare - Conoscenza enciclopedica delle scienze che permettere di comprendere e risolvere facilmente problemi da tale natura

Passive ed utilizzi :

Repulsione Magica - Passiva - Dona un CS ad Intuito ogni volta che nelle vicinanze è usata una tecnica Magica - 0 ->1/6 Utilizzi

Attive utilizzate:

Oggetti Usati:

Riassunto Tecnico :

Guadagno una Cs con la passiva e incasso il medio disavanzato dalla difesa di Volk, niente più.
La sacca degli strumenti al momento è in mano ad Alfar, ma alla prima occasione buona la riprendo.
Ovviamente incasso il danno autoconclusivo.

Note:

Nitro birbante di un relativista...
Nulla da segnalare in realtà, tutto è come da confronto

 
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view post Posted on 24/6/2015, 23:36
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“Figli della Sfinge”
Sogni e Demoni




Nella piazzetta i sette si erano riuniti da poco. Il Tasso e i Tre muti stavano già consultando le carte recuperate da Ryella e Primo. In quattro capivano appena metà di quello che stava scritto, ma era già abbastanza per capire in che direzione compiere il passo successivo: circa tre giorni di viaggio, fino al cuore di Samarbethe.
“Cerchiamo l’unica cosa che può sconfiggere il Re del sottosuolo.” Il primo a spiegare fu il Tasso e Primo lo interruppe. ”E al momento non c’è nulla di così potente su Theras.” la voce suonava metallica e completamente dissonante con la figura dell’ombra. Eppure gli apparteneva meglio di quella di Secondo. Al momento” E un sorriso cominciò a fratturare la maschera attenta e seria di Àlfar. ”Che cos’ha ali di cuoio e cuore di fiamma?”
”Noi cerchiamo i primi. Quelli puri…” Quell’affermazione mutò radicalmente il sorriso di Àlfar. Scuotendolo dal fatto che le voci dei Tre fossero ridicole e completamente aliene ai corpi delle Ombre. Cercare i draghi. I primi.
Nemmeno sua madre aveva vissuto così indietro nel passato da potergli raccontare altro che miti o storie da falò sui progenitori della loro specie. E ora quei quattro volevano andare a pescarne uno in mezzo a Samarbethe! Con la voce a metà tra il curioso e il diffidente, con il sangue in ebollizione e la carne scossa dai tremiti riuscì a formulare appena una domanda. ”Ma…tipo…i primi non si erano estinti?”.
”Sì, adesso sono tutti morti.” ”Ma un tempo erano tutti vivi!” ”A quanto pare l’autore sapeva come andare avanti e indietro nel tempo. Ma a lui i draghi non importavano, a lui interessavano alberi e sassi.”
”Dunque…viaggi nel tempo?” L’entusiasmo si era esaurito rapidamente di fronte a un simile fuoco di paglia…tutta quella fatica per un miraggio? Forse il Gabbiano arancione aveva ragione. Sterili terre e speranze inaridite si celano alla fine della mappa tra quelle pagine…”Qualcuno di voi sa viaggiare nel tempo? No perché io sono…arrugginito sull’argomento.” a quel punto le speranze di trovare i draghi erano piuttosto esigue agli occhi del Domatore. ”A cosa ci serve una mappa per un luogo fisico, se a noi serve raggiungere un luogo metafisico?
Le risposte dei quattro lasciavano solo trasparire la loro convinzione e la loro fede in ciò che avevano visto e appreso. Non era certo abbastanza a rialzare l’entusiasmo di Àlfar, ma era sufficiente a fargli desiderare di vedere dove la storia li avrebbe condotti.
Era una follia? Sì.
Avrebbero sbattuto contro un muro? Quasi certamente.
Avevano altre speranze? No.
L’alternativa era affrontare demoni a frotte fino ad esserne completamente sommersi e soggiogati.
Comparata a quella fine, anche l’impresa più ridicola che potesse fornire una possibilità di contrattaccare era allettante.
Dunque era dovere.
Dunque era un carro da mercante con alcuni cavalli da montagna.
Provviste per pochi giorni.
E via, alla volta dell’oasi.
Oh, cavallo, oh!
Che il viaggio abbia un dolce arrivo…




Di giorno il carro batte la strada.
I cavalli macinano il terreno in una scia di polvere e fango.
La mappa dei Tre e del Tasso li guida.
Obbedienti seguono il percorso del sole.
Cala la notte e il paesaggio si distorce.
Psichedeliche vallate di erba cerulea e lunghi fiumi di lattea luce.
Il passo erratico lascia le impronte del lupo e piume del falco.
Il silenzio suona di melodie notturne.
La litania del tempo accompagna lenta l’incedere dello spazio.




Durante il viaggio il morale di Àlfar si era fatto più alto. Merito soprattutto di Terzo e dei suoi costanti indovinelli. Che avevano contribuito non poco a distrarre Àlfar dai propri pensieri negativi.
”Trentadue cavalli bianchi, circondano una collina rossa. Trenta cavalli cadono in battaglia. Cosa resta?” - ”La bocca del mercante che ci ha venduto il carro!” Risate, due boccali che si scontravano e un sorso di birra. Il Vagabondo improvvisava e ribatteva volto all’Ombra ”Non ha gambe, ma corre imperterrito. Non ha mani, ma abbatte montagne e castelli. Non ha fauci, eppure divora il ferro e la carne. Di che parliamo?” E al suo ghigno rispondeva il volto sfocato dell’ombra con il suo squittio. ”Dell’unica cosa che non abbiamo, eppure abbiamo in abbondanza: il tempo! Ma alla fine di questo viaggio ne cattureremo l’essenza. Se ci è riuscito un singolo uomo, noi quattro risolveremo il problema senza alcun intoppo!”
Sorrisi e bevute, altri indovinelli, così il tempo passava e alla seconda notte seguì un terzo giorno e poi ancora una terza notte.
Il mattino seguente il gruppo era ancora pienamente riposato.
Unica eccezione era Nitro.
La sua espressione era quella di chi non ha dormito per mesi.
Ma poco importava: erano arrivati a destinazione.
Poche centinaia di metri di aperta pianura e un piccolo fiume separavano il gruppo dalla foresta, solo allora Tasso diede loro una notizia decisamente delicata.

I Tre non avevano la possibilità di entrare nella foresta per conto proprio. Le Ombre non erano ammesse. Di conseguenza veniva chiesto ai tre avventurieri di portare una singola Ombra dentro di sé.
”Per me va bene.” Rispose Àlfar con serenità.
Incrociò le gambe e si rilassò.
Non era la prima volta. Ma era la prima volta che accettava volontariamente.

Occhi chiusi.
Una leggera pressione.
Una frattura luminosa.
La luce si diffondeva sul vuoto.
Terzo mosse il primo passo.
Il piede affondò qualche millimetro in un pavimento umido.
Sassi tutto attorno.
Muschio verde e azzurro, licheni e piante da stagno. Sotto lo specchio dell’acqua il buio si estendeva infinito. Tutto intorno la piccola grotta gocciolava lacrime d’argento.
”Mi spiace per l’ambiente umido, ma i laghetti montani mi hanno sempre ispirato una certa calma.” l’acqua ribolliva in un punto a pochi passi da Terzo. Un trono di pietra e velluto si erse dall’acqua. Seguito da un tavolo di metallo e una sedia di vimini dallo schienale inclinato.
”Accomodati. Il tè è pronto e ho appena sfornato i biscotti. Quelli coi funghi sono deliziosi!” Dalla cima della grotta scese un raggio di luce e le lucciole illuminarono il volto di una figura di bianco fumo. Il Domatore si sedette sul trono. Terzo si accomodò sulla seggiola.
”Mio padre ha un figlio. Questo figlio non ha fratelli. Chi è quel figlio?”
”Tu. O il garzone del macellaio!” Risero e mangiarono e bevvero. Un paio di occhi si spalancavano fuori di quella piccola grotta della coscienza.

”Bene, che si fa ora?” Esordì rivolto a Tasso, Secondo, Ryella e Nitro.
”Attraversiamo la piana, il fiume e…”
”Cosa sono quelli?”
Il cielo si oscurava di ali nere come la pece.
Una pioggia di fiamme e fulmini, pietre e strali di ghiaccio, cominciò a battere il terreno.
Nessuno attese oltre.
Àlfar si lanciò diretto verso il corso del fiume.
”Io sono il figlio della montagna. Il bacio di pietra accompagna il mio cammino. Forte è la spalla che affronta il mondo…” Schivò una saetta caduta pochi passi avanti a lui ”Sono la pietra che ripara e difende.” Con un flash di luce verde il corpo del Vagabondo sembrava prendere fuoco per la frizione contro l’aria, ma ciò che emergeva sulla pelle erano strati di pietra a scaglie.
Si guardò attorno. Tasso e Secondo li precedevano usando una qualche forma di teletrasporto. Nitro gli sembrava maggiormente in difficoltà. Era debole già prima. Figuriamoci ora! La pietra scrocchiava ad ogni dardo incassato, fino a che una lastra di ghiaccio gli atterrò sulla schiena.
La pietra si ruppe come vetro mischiandosi al ghiaccio e il giovane rotolò per alcuni metri: si aggrappò all’aria tirandosi su come appoggiato ad un muricciolo.
Ricominciò a correre. Puntava verso il fiume.
Il suo sguardo si posò una seconda volta sulla goffa corsa Nitro, che per qualche fortuita ragione non aveva ancora incrociato alcuno dei dardi.
”Del recinto il più fiero. Una lacrima rossa che tinge il cielo. Rabbioso, superbo, vassallo del Domatore. Ruggisci e vola: Vassallo rosso” Cantò correndo, il fiato spezzato dalla corsa, un vento rosso e caldo sollevò il mantello e un guscio di cristallo rosso si frantumò a mezz’aria, sorvolando Nitro e coprendolo con la propria mole.
Il Domatore raggiunse l’acqua.
Il primo passo scosse la superficie e un bagliore azzurro avvolse l’intera figura, leggera come il vento sul pelo dell’acqua.
”Àlfar!” Una bisaccia arrivò dritta in braccio al Domatore.

L’altra riva aveva un qualcosa di sereno.
Si sedette su un fazzoletto d’erba ai piedi di un albero per ripararsi alla sua ombra sia dalla corsa che dai demoni.
Faranno meglio ad esserci parecchi draghi!



Note:
Scusate per l’attesa, ho avuto un periodo leggermente turbolento.
Spero piaccia! Ho cercato di inquadrare la “possessione” dal punto di vista di Terzo ^^

Tecniche Passive usate:
Tutt’uno {1/6} – condivide i sensi con le proprie evocazioni per il turno.
Dialogare {1/6} – si viene percepiti sempre come amichevoli, affabili, rassicuranti.
Volo senz’ali {1/6} – Permette di volare con la stessa velocità di quando si è a terra.

Tecniche Attive usate:
Vassallo rosso – costo 20% dell’Energia: evoca un drago con Costituzione Media e 4CS (usato come scudo per Nitro – protegge un danno Medio)
Pelle di pietra – costo 10% dell’Energia: crea un’esuvia di pietra e cristalli. Difende da un danno complessivo Medio.

Energie residue:
Fisico: 65%
Mente: 100%
Energia: 95% (-10% Pelle di pietra, -20% Vassallo rosso)

Dialoghi:
Pensato/Parlato nella propia coscienza
Parlato
Nitro
Muchenyk (Tasso)
Primo
Secondo
Terzo (Parlato nella dimensione della coscienza di Àlfar)
Ryella

 
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The Grim
view post Posted on 1/7/2015, 15:31




Grida dal Cielo
Figli della Sfinge


Il cuore di Muchenyk si espandeva e contraeva rapidamente, senza alcuna pausa che si frapponesse fra un movimento e l'altro, in una lunga sfilza di battiti estenuanti e faticosi. Mentre il corpo dell'essere era tutto proteso nello sforzo di quel momento, la mente vagava pigra di pensiero in pensiero, partorendo riflessioni inappropriate rispetto al contesto in cui si trovava. Ad esempio, concentrandosi su quel dettaglio, si accorse di un'altra delle tante differenze fra loro - gli esuli - e i sognanti: l'esattezza nell'analizzare sé stessi e cosa li circonda. Fosse stato uno di loro a quel normale sintomo fisico avrebbero attribuito chissà quale falso ed eccessivo significato anziché constatare come quel corpo tozzo, duro e sgraziato non fosse preparato ad una corsa così lunga, fra scoppi di magia e tanti altri ostacoli da evitare, non ultimo un fiume glaciale che per fortuna non aveva dovuto attraversare a nuoto; in tal caso dubitava sarebbe riuscito a risalire sull'altra sponda. No, magari avrebbe collegato quella sensazione allo spavento, al fatto che i loro poteri avevano smesso di funzionare vicino a quel bosco, lasciandoli alla mercé di quel gruppo di volatili; l'ansia di essere impotenti. Se già a quella distanza gli antichi sortilegi di quelle piante li danneggiavano, chissà che effetti avrebbe avuto il vagare sotto quelle fronde, respirare l'alito delle loro foglie, calpestare l'ombra proiettata dai loro tronchi; nulla di piacevole come minimo. Muchenyk non sapeva i perché e i percome, ma intuiva che quello era un reame a loro ostile, uno di quei posti che non aveva nulla a che spartire con il reame dell'Oneiron, ed anzi gli era nemico per qualche motivo; là non si sognava. Invece la Voce non aveva alcun tentennamento nell'affrontare quel bosco, gli era stato detto di fare così, e sebbene gli sfuggisse il senso di quel grande arazzo chiamato " futuro ", si affidava a chi l'aveva osservato nella sua interezza. I pericoli non lo preoccupavano per due precisi ragione: l'alternativa al loro successo non sarebbe stata piacevole, né per lui né per gli altri della sua razza, per niente su quella terra e su tante altre. Inoltre ansie simili era per chi aveva la gravosa aspettativa di una vita da costruirsi, lui non faceva più parte di quelle schiere. Secondo gettò gli abiti a terra non appena aveva messo piede oltre la sponda, e le conseguenze erano evidenti: la turbinante massa nera del suo corpo era diventata una figura diafana e traslucida, come se il fumo di un incendio diventasse un respiro condensato dall'inverno, ma nonostante la debolezza guardava con tono di sfida arrogante quel che l'attendevano. Le mani delle due ombre si toccarono, un gesto da nativi che non aveva senso per la loro cultura, ma che i due avevano imparato per il significato che conteneva: condividere la forza, unirsi per sovrastare ogni impedimento. E così stettero finché il branco non giunse loro.

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Akseli avanzò senza fretta,
gli zoccoli scavalcano radici e schiacciavano foglie senza fare il benché minimo rumore, non per via di qualche strambo incantesimo ma perché il rispetto del sacro suolo era ciò che più gli premeva.
Il Placido non si era opposto agli invasori, ma dopotutto quello non era né il suo ruolo, né la sua natura: lui segnava il confine, dava da bere e chiamava a sé altra acqua; non gliene faceva una colpa. Scosse le lunghe e vecchie corna verso l'alto, facendo così dondolare le Gjallar legate ad essa. L'aria filtrò nei talismani, facendoli tintinnare come fossero campanelle o zufoli, producendo ognuno una nota diversa, un'armonia che alle orecchie di un profano sarebbe potuto sembrare del tutto casuale, di certo non programmata alla maniera di un musico che segue uno spartito. Fu così che dopo sette suoni, un filo di vento s'alzò da ponente, ingrossandosi secondo dopo secondo, diventando bufera e poi uragano, fino ad investire in pieno lo sciame di demoniacci, squartandoli e spazzandoli via; un coro di bramiti accompagnò quella scena, evidentemente soddisfatti del pericolo scampato. Gli occhi vecchi e stanchi della grossa alce bianca, che stava cinque lunghi passi avanti al resto del branco di suoi simili, si fissarono sui nuovi invasori, bipedi i cuoi antenati si erano impadroniti di tutte le terre al di là dei boschi. Nella sua lunga vita, Akseli non ne aveva mai visto esseri simili, le loro forme strane gli erano disgustose tanto quelle dei figli del sottosuolo; e uno di loro non doveva nemmeno essere un figlio della terra ma proveniva da qualche altro luogo, forse il cielo stesso essendo fatto di respiro rarefatto. La vecchia li fissò, e senza aprir bocca lasciò che un pensiero germogliasse nelle menti dei presenti, come gli era stato insegnato dal capobranco prima di lei.

« Stranieri,
il mio naso è confuso dai vostri odori,
puzzate di menzogne, di distruzione, eppure sapete di speranza e futuro.
Vi scaccerò a meno che voi non riusciate a convincermi del contrario, in tal caso vi condurrò al cuore del Bosco - il primo di tutti i boschi del mondo - e vi offriremo frutta e radici.
Parlate.
»


QM PointInnanzitutto scusatemi del mostruoso ritardo nel rispondere, e nel post scialbo; non ho giustificazioni. Vi attendo in confronto, dove proseguiremo per il resto del post. A voi la palla.
 
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K i t a *
view post Posted on 9/7/2015, 17:52




G R I D A   D A L   C I E L O

FIGLI DELLA SFINGE ❞.


kLux6po



Niente avrebbe potuto prepararli a ciò che incontrarono una volta varcata la soglia della foresta.
Un alce argenteo avanzò tra gli arbusti, le grosse corna adornate da pietre di varia grandezza, che a ogni movimento cozzavano tra loro, ricreando dei suoni sgraziati e selvaggi, quanto la natura che li circondava. Al termine di quella composizione che alle loro orecchie suonò come grezza e priva di significato, si alzò un forte vento, che superò le loro spalle per andare a colpire l’orda di demoni alati che li aveva seguiti, squarciandoli con ferocia e disperdendoli. Dei profondi bramiti festeggiarono quel gesto; l’alce non era solo, alle sue spalle erano schierati diversi suoi simili, lontani appena qualche metro, come a sottolineare la distanza tra loro e il capo branco.
Gli occhi opalescenti dell’animale si posarono sugli stranieri che sostavano innanzi a lui, con un’espressione ben più intelligente di qualsiasi suo simile avessero mai incontrato. A un tratto una voce estranea si fece largo nelle loro menti, e capirono che era proprio la bestia a comunicare con loro.

«Stranieri,
il mio naso è confuso dai vostri odori,
puzzate di menzogne, di distruzione, eppure sapete di speranza e futuro.
Vi scaccerò a meno che voi non riusciate a convincermi del contrario, in tal caso vi condurrò al cuore del Bosco - il primo di tutti i boschi del mondo - e vi offriremo frutta e radici.
Parlate.
»

Ryellia fece un breve passo in avanti, senza distogliere lo sguardo da quello della creatura. Qualsiasi fosse la sua vera natura, percepiva in lei una forza antica quanto misteriosa, che le incuteva un senso di rispetto innato.
«Magnifica, non vi siamo ostili, né usurpatori di questo luogo, vi prego di credermi.
Il vostro fiuto non v'inganna, siamo esseri colmi di contraddizioni, ben lungi dalla purezza degli spiriti.
Eppure ci troviamo al vostro cospetto non per mire personali, ma siamo alla ricerca della chiave per la liberazione di Theras dall'avanzata degli abomini. Questa è celata nella vostra terra, e per questo vi chiediamo il permesso di attraversarla, con la promessa di non nuocerle in alcun modo.
Vi prego, è la nostra sola speranza!
».

L’animale la ascoltò con un’attenzione, che pareva andare ben oltre le sue parole, fino all’intimità del suo spirito.
« Dite tante cose.» sentenziò poi.
«I demoni non vi tormenteranno più, non qui, non ora.
Salembor è un nome che non conosciamo, ma il Bosco è pieno di segreti, dopotutto è il primo fra loro e tutti gli altri non sono che le propaggini di questa foresta. Capite?
E se non capite, vagate pure sotto questi alberi, forse scoprirete quello che cercate, o forse ciò che temete di trovare
».

Ryellia corrugò la fronte, pensierosa. L’aria ancestrale che aveva respirato non appena aveva messo piede in quella foresta si stava rivelando fin troppo esatta. Si guardò intorno, osservando rapidamente i suoi compagni; mentre gli uomini sembravano incolumi, per quanto perplessi quanto lei, lo stesso non si poteva dire delle ombre. Specialmente Muchenyk appariva particolarmente provato, come se ogni respiro gli costasse una fatica inimmaginabile.
No, loro non avrebbero avuto bisogno di vagare: sapevano benissimo cosa stavano cercando.

«Magnifica, ciò che noi cerchiamo nella vostra terra è un albero. Esso non è un albero come i tanti che ci circondano, e ciò che lo caratterizza è che il suo tronco ha l'aspetto di un elfo dolorante.
Conoscete quest’arbusto?
» domandò.

In attesa della risposta dell’animale, cercò la presenza di Primo dentro di sé. Ne richiamò l’attenzione, esternando la sua preoccupazione per il tapiro, chiedendogli se potesse fare qualcosa per lui. Con suo disappunto, l’ombra non seppe darle una risposta; erano tristemente consapevoli che quel luogo potesse nuocere alla loro specie, o non avrebbero avuto del loro aiuto.
Intanto, anche Alfar cercava di persuadere l’Alce ad aiutarli. Dopo aver ascoltato le parole di Ryellia, si voltò verso di lei, sussurrandole con espressione perplessa: «Non credo che dovremmo dare un'interpretazione letterale». Lei lo guardò, gli occhi cerulei stretti con serietà: «Per quanto tutto ciò mi è – ci è – estraneo, penso dovremmo evitare qualsivoglia interpretazione. Usiamo tutte le informazioni in nostro possesso, prima di lanciarci verso l'ignoto.» gli disse, scoccando un'occhiata a Nitro che poco prima aveva proposto di avventurarsi per il bosco.

L’Alce intanto continuò a risponder loro, rimanendo ferma nella sua posizione:
«Difficile allora che i bipedi s'interessino di altro che dei loro simili.
Conosciamo quel luogo, ma già uno dei maestosi alberi è stato rovinato; perché dovremmo permettere di peggiorare le cose?
» chiese.

La Lancaster si morse il labbro, pensando rapidamente a come replicare a quell’interrogativo. Effettivamente, che garanzie poteva dare lei che non avrebbero fatto altrettanto, se non peggio? Il guardiano faceva bene a dubitare di loro, in certi momenti lei stessa non sapeva più in cosa credere. Però, nonostante i tanti dubbi che le pizzicavano la mente come uno sciame d’api, doveva rimanere fedele alla sua presa di posizione: aveva deciso di dare la sua fiducia alla Sfinge, e fin quando non le avesse dimostrato che non se la meritava, avrebbe continuato a seguire le sue direttive.

«Noi non vogliamo rovinarlo, Magnifica, cerchiamo delle risposte che solo lui può darci.
Siamo qui, al vostro cospetto, a rischio delle nostre vite. Avete visto gli inseguitori che cercavano di fermarci: loro sanno che siamo una minaccia per loro, per la conquista di Theras.
Vi scongiuro, aiutateci
».
«Anche quell'elfo voleva soltanto guardare i ricordi degli alberi, e gli è stato concesso.
Poi ha detto di voler passeggiare dentro di essi, e titubanti l'abbiamo lasciato fare.
Non so cosa accadde l'ultima volta, si tratta di racconti che risalgono a troppe generazioni per noi, nemmeno i racconti lo dicono.
Soltanto che è rimasto nell'albero, danneggiandolo per sempre, ed ora ad ogni eclissi danziamo attorno ad esso e piangiamo per la grande perdita
».

Un elfo.
Ricordava le parole che avevano scambiato con le ombre diversi giorni prima, anche loro avevano parlato di un elfo.
Che fosse lo stesso cui stava alludendo l’animale?
Con la stessa intensità di prima, la donna cercò di comunicare con Primo, chiedendogli: «È questo l'elfo di cui ci avete parlato? L'elfo capace di incontrare il passato? Che gli è capitato?». Il Seme le rispose nuovamente, ma ancora le sue parole non le furono d’aiuto: «Io non lo so... forse ha perso la via di casa?». Cominciava a sospettare che loro ne sapessero ancora meno di lei e i suoi compagni.
Se volevano avanzare, doveva prendere in mano la situazione con maggiore decisione.

Fece un altro passo avanti, ergendosi nella sua statura, il viso dritto e fiero.
Eccola,
la dama rossa.
«L'elfo di cui parlate era solo, noi siamo un gruppo nutrito che saprà aiutarsi a vicenda in vista di qualsiasi ostacolo.
Vi prego, concedeteci questa grazia, e non vi daremo la nostra parola che non faremo ulteriore male all'albero. Vogliamo solo giungere al suo cospetto.
»
disse all’Alce, il tono più autoritario e lo sguardo fiammeggiante.
«Benissimo, seguitemi allora.»
finalmente cedette lei.

~ ~ ~

Il cammino si rivelò lungo, complice anche la loro andatura cadenzata, per cercare di attendere Muchenyk e Secondo, il cui passo era notevolmente rallentato in quei luoghi. Il paesaggio non cambiò per almeno un’ora, fino a quando non videro innanzi a loro un albero enorme, il cui tronco occupava lo spazio di almeno tre normali arbusti, totalmente privo di fogliame. Sul legno pareva intagliata una figura umanoide, le mani sul volto, la bocca spalancata in un urlo silenzioso ed eterno.
Ryellia fissò quel viso per un minuto che le parve infinito. Quell’immagine la angosciava e spaventava in modo istintivo, senza riuscire a darsi un perché.
Era quello l’elfo?
Quella creatura un tempo era viva?
Cercò di distogliere l’attenzione da quei pensieri, tornando a parlare con Primo: «Avvertite qualcosa?». «Nel tronco c’è un elfo, quindi il posto è questo.» rispose lui. La Lancaster sospirò; la fiducia nella loro utilità scemava ogni volta che condividevano il contatto.
Nel frattempo, Nitro si era rivoltò a Muchenyk, in cerca anche lui di spiegazioni. L’uomo-tapiro sembrava stremato, ma resisteva stoicamente, il respiro rotto dalla fatica. «Vedete quei frutti lassù fra i rami spogli? Quelli che assomigliano a feti violacei? Dovete mangiarne uno l'uno ed io farò il resto.» gli disse.
Ryellia si voltò verso l'Alce; sapeva che non sarebbe stata facile persuaderla a lasciar loro cogliere quei frutti:
«Magnifica, come promesso, non abbiamo intenzione di nuocere l'albero. Ti chiediamo, però, il permesso di cogliere tre dei suoi frutti».

«Quei frutti... non ci sono mai stati finora!
Forse sono l'unica speranza di questo antico albero, e voi volete divorarli!
».

Ryellia spalancò gli occhi, incredula.
«Non... Non ci sono mai stati?» ripeté perplessa.
Si voltò verso Muchenyk, l’unico dei presenti che sembrava sapere che stava succedendo: «Com'è possibile questo? I frutti compaiono proprio quando noi arriviamo al suo cospetto?» gli domandò.
«Pare che il destino ci sorrida.» fu la sua risposta, accompagnata da un sorriso furbo e ambiguo, che celava più parole di quante ne avesse espresse.

Alla fine fu Alfar a offrirsi volontario per cogliere i tre frutti e mangiarne il primo. Lo addentò, e per quanto la sua espressione non nascose il cattivo sapore, sembrò uscire incolume dall’esperienza. Con un sospiro colmo di rassegnazione, Ryellia porse la mano verso Alfar, invitandolo a dare un frutto anche a lei. «Leviamoci il pensiero.» disse. Lui però fermò la sua mano, rivolgendosi a Muchenyk: «Beh, non è andata esattamente come pensavo... anche se... forse ci conviene capire se mangiando queste cose, possiamo effettivamente scoprire qualcosa. Ohi, Tasso, pensi di farcela a mandarmi avanti?».
«Se fosse bastano uno, perché se ne sarebbero presentati tre in quel cortile di Lithien?
Mangiatene tutti, o almeno fate mangiare anche alla Principessa, se l'ultimo si rifiuta tenteremo senza di esso.
» rispose l’Ombra, anche se ogni parola sembrava costargli un sacrificio enorme.

Ryellia rivolse un sorriso ad Alfar: «Non ti lascerò l'onore di questa morte tragica e solitaria, mi dispiace». «Non volevo andare da solo, volevo andare per primo. Ma se proprio dobbiamo farlo tutti insieme...occhio che beccano.» borbottò lui, porgendole il frutto. Lei lo tenne saldo nella mano, per poi levarlo verso i suoi compagni, come se fosse un calice. Subito dopo lo accostò alle labbra, mordendolo delicatamente.
Il sapore era molto insolito, per essere della frutta, ma non risultò eccessivamente sgradevole. Dopo che ebbe ingoiato il primo boccone, sentì una sensazione opprimente all’altezza dello sterno, mentre un’inaspettata tristezza le avvolgeva la mente come un manto. Non ci fece granché caso, quella emozione le faceva compagnia spesso negli ultimi tempi. Probabilmente la visione dell’uomo sull’arbusto le aveva riportato alla mente Raymond, e la sua perdita ancora fin troppo fresca. Non se ne stupì, fin troppo spesso i suoi pensieri correvano a lui e agli avvenimenti vissuti qualche tempo prima.
Piuttosto, pensava di sentire un qualche effetto insolito, invece tutto pareva identico a prima. Anche Nitro si era convinto a mangiarne uno, ponendo meno problemi di quanto lei immaginasse.

Erano tutti e tre a circa metà del loro frutto, quando Muchenyk si volse verso loro, inchinandosi profondamente.
«Signori, è stato un onore.» disse.
Ryellia corrugò la fronte, confusa; proprio in quel momento, la creatura cinse la sua gola con le mani, dalle cui dita cominciarono ad allungarsi degli artigli.
«La mia vita è tua.» sussurrò,
per poi recidersi la gola e stramazzare al suolo, il sangue che sgorgava copioso sull’erba fresca.

La donna gridò, profondamente turbata: «NO!».
Sapeva che non c’era più niente che potessero fare per aiutarlo; il colorito della pelle aveva perso diverse tonalità, e ormai il sangue circondava tutta la sua figura.
Il bramito del guardiano raggiunse le loro orecchie prima ancora che potessero muovere un solo passo. Si era allontanata colma di disprezzo per ciò che stavano per fare, e ora stava ritornando, galoppando verso di loro, evidentemente sconvolta.
Ryellia cercò di parlare; riuscì a schiudere le labbra, ma ne uscì solo un flebile suono, poche parole a mala pena sussurrata.
«Cosa… IoNon»
e scivolò sul morbido prato, le palpebre chiuse, placidamente addormentata.


kLux6po




Grida dal Cielo
- F i g l i D e l l a S f i n g e -



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: A
Stato Fisico :: 100/100
Stato Mentale :: 70/75
Energia :: 95/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Amplificare :: Le tecniche ad area offensive saranno di potenza pari al consumo. Numero di utilizzi: 5/6


ATTIVE—

Mellifluo :: Tecnica di natura psionica, ogni parola detta suonerà agli ascoltatori come incredibilmente credibile e indiscutibilmente vera, danno Basso alla mente a ciascun ascoltatore, consumo Medio.


ANNOTAZIONI—

RIP Muchenyk, ho la sensazione che sentirò la tua mancanza :sigh:

 
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Shervaar
view post Posted on 9/7/2015, 18:23






Lo sapevo che sarebbe finita così, eravamo tutti fottuti.
Eravamo appena passati dalla padella alla brace, sicuramente nel giro di poco quella stessa “alce” che ci aveva salvato dallo sciamo demoniaco, richiamando in qualche modo un sovranaturale vento che aveva spazzato via le abberazioni, ci avrebbe spappolato senza pietà.
Le sue parole allora mi sgorgarono nella mente senza che potessi oppormi alla nuova intrusione in alcun modo (motivo per cui tra le altre cose ringrazio ancora di non aver accettato dentro di me Secondo o non oso pensare quale delirio sarebbe stata la mia testa, già di norma sovraccarica di miei pensieri).
<< ...puzzate di menzogne… >> ci disse l'alce tra le altre cose, avvertendoci che ci avrebbe lasciato passare solo se l’avessimo convinta della validità della nostra ricerca.
<< Sono finito >> pensai.
Era vero, ero lì solo per interesse personale, avrei volentieri mandato a quel paese le ombre, Reylla e Alfar (che aveva ancora la mia sacca) e la loro crociata se solo avessi avuto un altro modo, decisamente meno invasivo di quello a cui ero stato obbligato, per ottenere un contatto di qualsiasi tipo con i primi draghi, quelle bestie ancestrali per la quale provavo una curiosità così cieca. Ci erano poche altre cose al mondo di cui sapevo così poco, ancora meno che mi interessavano tanto.
E se quella specie di guardiano del bosco avesse in qualche modo scoperto la mia ben misera nobiltà d’animo probabilmente sarebbe stata la fine dei giochi.
Sperai vivamente di spuntarla mentre tenendo un profilo basso lasciai agli altri il compito di adulare l’alce telepatica per lasciarci penetrare nel suo bosco e per guidarci all’albero che cercavamo.
Provarono a convincerla dell’importanza della nostra ricerca, lo supplicarono e lusingarono con lunghi e pomposi giri di parole più o meno ricercati, ed in questo Ryellia era imbattibile mentre Alfar (apparentemente fomentato quanto me dal discorso draghi) sparava al dunque un po’ più diretto, e quando il guardiano ci offrì la possibilità di proseguire mi si illuminarono gli occhi e iniziai ad assentire eccitato. Con un << ...il Bosco è pieno di segreti… >> mi aveva decisamente conquistato.
Mi beccai subito però un occhiataccia da Ryellia, che evidentemente aveva ancora in serbo per noi un altra carriolata delle sue altisonanti chiacchiere. Mentre lei e l'altro ripresero a far piovere domande sull'alce Muchenyk intanto continuava ad ansimare sempre più affannosamente: inizialmente pensavo fosse dovuto alla folle corsa ma a quel punto non fu difficile immaginare fosse colpa del luogo.
<< Ci vogliamo muovere prima che il tapiro ci tira le cuoia? >> pensai << Andiamo? >>
No, eravamo troppo impegnati a parlare dell’allegro e disturbato elfetto che passava le sue giornate a disegnare amplessi di foche e a farsi passeggiate tra i fiorellini di dimenticate foreste ai confini del mondo, o farci raccontare dei sacri rituali dei cervi del luogo che si incontravano nei giorni di eclissi per piangere e danzare sotto l‘ombra un albero. Mi ero fatto solo mezzo Edhel per quei simpatici racconti da falò.
Almeno scoprimmo che l’albero delle danze cornute era quello che stavamo cercando, quello che presumibilmente era legato al nostro elfo e quindi indirettamente ai draghi che tanto agognavo.
Provai per scrupolo a stimare quanto mancasse alla successiva eclissi, magari in quella particolare data qualcosa effettivamente succedeva intorno al nostro albero, ma dopo una decina buona di secondi immerso tra calcoli, e vi assicuro non è facile stimare ad occhio altitudine, latitudine e cicli solari e lunari, calcolai che mancasse un mese buono alla prossima eclissi. Una fortuna in un certo senso se si pensa che le eclissi totali si muovono su cicli di anche 60 anni, comunque decisamente troppo per noi se non volevamo che l’ansimante tapiro ci lasciasse le penne prima.
I miei ottennero comunque che venissimo scortati nel cuore della foresta, ai piedi dell’albero che popolava sogni e visioni delle ombre, e quella stessa alce che ci aveva accolto nel bosco fece strada.

Ora che finalmente ne avevo l’occasione mi avvicinai immediatamente ad Alfar, che ancora stringeva tra le mani il mio prezioso fagotto con noncuranza, decisamente ignaro di quali meraviglie contenesse. Mi ero ripromesso di dargli una possibilità, gli dovevo comunque molto, e tentai quindi un approccio vagamente amichevole.
<< Credo di doverti un favore...due in realtà, se consideriamo anche il drago >> dissi tendendo una mano per recuperare la sacca con tutti i miei strumenti ed abbozzando un sorriso, che probabilmente uscì mezzo storto e discutibilmente amichevole.
<< Su questo puoi contarci, ma spero non ci sia la necessità di riscuotere. Ad ogni modo, tutto a posto? Sembri uno zombie. >> rispose quello con il suo solito spirito.
<< Niente di diverso dal normale quindi >> ironizzai, cosa di cui non mi credevo capace.
Mi presi una piccola pausa, pensando se fosse tutto apposto. Decisamente no.
<< Se in questa foresta comunque troveremo anche solo metà della schifo incontrato per strada ahimè di occasioni per pareggiare i conti ce ne saranno...>>
Lanciai un’occhiata dubbiosa all'alce e al tapiro, dipendeva tutto da loro.
Alfar si limitò ad annuire e mi porse la sacca, da quel momento proseguimmo in silenzio.

Arrivammo a destinazione dopo un ora di cammino, non che la strada fosse breve, ma decisamente rallentati dall’indeciso incedere di Muchenyk. In un enorme albero, la cui circonferenza non faticava ad arrivare alla decina di metri di diametro (follia!), riconoscemmo emergere dal tronco una figura umanoide dal volto urlante, presumibilmente proprio quel Salembor di cui seguivamo le orme.
<< Immagino sia questo il posto, sentite qualcosa? Quanto ancora pensate di resistere in queste condizioni? >> provai a domandare, vedendo ormai il tapiro e Secondo stremati.
<< Si, credo proprio di sì. Forse vi toccherà fare qualcosa di pericoloso, o almeno di doloroso. Lo sguardo e il volto di questo elfo, di ciò che è rimasto non presagiscono nulla di buono. Fortuna che per voi non si tratta di nulla di complicato, vedete quei frutti lassù fra i rami spogli? Quelli che assomigliano a feti violacei? Dovete mangiarne uno l'uno ed io farò il resto. >>
Per la prima volta in vita mia non fremevo dalla voglia di infilare qualcosa in bocca per scoprirne il sapore, e non solo per il triste paragone con feti violai. Diciamo che in generale tutto il discorso di Muchenyk non mi aveva ispirati grandi fiducie.
Comunque con un altro paio di supplicanti scambi di battute ottenemmo il permesso di cogliere i frutti, tre dei suoi cinque violacei frutti che detta dell’Alce non erano mai stati lì.
Muchenyk ci lasciò intuire che quella non era una coincidenza e senza pensarci due volte Alfar si offrì per recuperare la nostra merenda. Afferrò uno degli orbi viola senza problemi e vi ci affondò i denti senza mostrare particolare conseguenze. Allora Ryellia si propose per mangiarne un secondo ma bloccandola Alfar chiese a Muchenyk di essere spedito avanti in avanscoperta, solo. Iniziavo quasi a provare simpatia la sua temeraria follia, dettata da un esagerato altruismo.
Il tapirò gli vietò di andare solo per primo e ci esortò a prendere altri due frutti. Per lo meno esortò Ryellia, dando quasi per scontato che mi sarei rifiutato. Sicuramente in un altro luogo, in un altra situazione, lo avrei fatto, ma lì dopo tutto quello che ero stato costretto a passare proprio non se ne parlava. Non dopo che mi avevano fatto viaggiare diciotto giorni per l’Edhel saltando per fottuti sogni, non dopo che demoni alati mi aveva vomitato addosso di tutto e non dopo che un alce telepatica mi si era infilata nella mente. A quel punto frutto più frutto meno cambiava poco e di sprecare tutte quei sacrifici già fatti proprio non mi andava.
<< Vieni anche tu. Si va in tre, si torna in tre, si schiatta in tre >> mi disse Alfar lanciandoci i tre frutti. Ryellia ricambiò con un sorriso << Non ti lascerò l'onore di questa morte tragica e solitaria, mi dispiace >> furono le sue ultime parole prima di levare il frutto al cielo come per brindare a noi e di addentarlo.
Beati loro che avevano tanta voglia di lasciarci le cuoia in quel postaccio maledetto...
<< ...e sia. >> dissi sopirando.
<< Dopo tutto quello che ho già passato di certo non lascio a voi la parte divertente. >> provai infine a sdrammatizzare, cosa che feci più che altro per me. << Tapiro caro, se qualcuno schiatta, son cazzi tuoi. >> dissi sbarrando gli occhi e fissando Muchenyk a metà tra il truce ed il grottesco.
Affondai allora i denti nella sfera violacea e un attimo successo l’inimmaginabile.
<< Signori è stato un onore. La mia vita è tua. >>
Non feci in tempo a domandargli che minchia stesse blaterando che l’ombra si portò le mani alla gola e facendosi crescere degli artigli se la tagliò di netto.
<< Ma che...per gli dei che cazzo succede? >> esclamò sbigottito Alfar levandomi, quasi, le parole di bocca. Io quell’allusione sugli dei me la sarei comunquerisparmiata.
<< Ma che cazzo ne so, è stata tua l'idea di assecondare il tapiro squilibrato! >> sbottai, iniziando a mugugnare su quanto maledetta fosse tutta quelle follia, quegli schifosi frutti viola, quell’ombra disturbata che si era appena sgozzata e soprattutto quanto maledetta fosse qualsiasi cosa ci stesse per accadere.
Ripercorsi a ritroso tutta quell’avventura maledicendo ogni singolo passo che avevo compiuto da quando in quella piazzetta di Lithien Muchenyk ci aveva avvertito di potenti magie, di quando ci aveva parlato del...
<< Aveva parlato di un sacrificio, almeno gli agnelli sgozzate non siamo noi... >> dissi a voce alta, poco convinto del finale. Sgozzati no, ma sacrificati ancora non lo sapevamo.
Io poi che non avevo accettato alcuna ombra dentro di me avrei ricevuto un trattamento diverso?
La risposta, scoprii tristemente, mi sarebbe arrivata a breve. Quello stesso irresistibile senso di stanchezza che mi aveva sopraffatto ogni notte di quel lungo viaggio tornò a farsi pesante e pressante.
Di nuovo addormentato? Questa volta in viaggio per dove? Non volevo scoprirlo. Eravamo arrivati alla resa dei conti ed avevo paura. Non era quello ciò che cercavo quando ero partito. Non erano quella la via che avevo intenzione di percorrere verso il mio agognato sapere.
Infilai una mano nella sacca e tirandone fuori un tonico lo tracannai avidamente. Quella nuova ondata di energia che mi pervase non mi impedì di fare un rumoroso botto quando rovinai a terra addormentato.

Legenda : Narrato - Pensato - Parlato

Riserve:

Corpo 90

Mente 125 -> 120

Energia 50

CS: 1 (Intuito)

Armamentario:

Pelle Coriaeca - Armatura naturale - Su tutto il corpo

Il Risolutore - Piede di Porco, Arma Contundente - Riposta

Il Catalizzatore - Balestra Automatica - Riposta

Fiala Infiammabile - Arma da Lancio 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Esplosiva - Arma da Lancio - 2/2 (2 alla cinta)

Fiala Spaccaossa - Arma da Lancio - 3/3 (2 in Catalizzatore, 1 alla cinta)

Dardi di Balestra - Arma da Lancio - 3/3 (3 dietro la schiena).

Pugnale - Arma Bianca - Riposto

Passive Infinite:

Anello Tuttofare - Conoscenza enciclopedica delle scienze che permettere di comprendere e risolvere facilmente problemi da tale natura

Passive ed utilizzi :

Attive utilizzate:

Oggetti Usati:

Riassunto Tecnico :

Incasso il basso dal frutto.

Note:

Tutto come da confronto.
Il tonico che bevo sul finale è solo scenico.

 
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view post Posted on 10/7/2015, 18:38
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Studioso
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“Figli della Sfinge”
Frutti bizzarri




All’ombra degli alberi la situazione sembrava essersi calmata.
Un vento rassicurante aveva scacciato i demoni, impedendo loro di entrare e garantendo al gruppo un attimo di respiro: la brezza era giunta con un alce telepatica.

Nella grotta fresca la gara di indovinelli era in stallo ed era diventata una serie di partite a scacchi, ma a quel gioco lo sciamano era più bravo. Terzo si mordeva le mani ad ogni passo falso, la regina mangiata da un pedone, lo scacco matto subito in quinta fase…aveva provato a rifarsi con degli indovinelli a tradimento, ma il fumo bianco dei suoi pezzi devastati si alzava inesorabilmente.
Eppure si divertiva.
”E con questo…sono sei vittorie per me. Stai diventando un valido avversario, me la sono vista brutta questo giro…” un elogio futile, forse, ma Terzo lo accolse entusiasta. Il Domatore cominciò a riorganizzare le piccole nubi di fumo bicromatico ”Abbiamo superato il fiume. Ma sembra che ci sia qualcun altro a sbarrarci il cammino”
A seguire l’annuncio fu qualcosa di non dissimile a un terremoto: uno squarcio si distese lungo la parete di pietra, invitando l’occhio degli astanti a perdersi nella bellezza di un piccolo germoglio. Il germoglio fiorì in una delicata cascata di edera luminosa, la cui voce si riflesse nelle sfumature della caverna.
« Stranieri,
il mio naso è confuso dai vostri odori,
puzzate di menzogne, di distruzione, eppure sapete di speranza e futuro.
Vi scaccerò a meno che voi non riusciate a convincermi del contrario, in tal caso vi condurrò al cuore del Bosco - il primo di tutti i boschi del mondo - e vi offriremo frutta e radici.
Parlate. »

Terzo si trovò accanto Àlfar che sussurrava ”Ohi, era previsto che ci fossero delle alci a darci il benvenuto?” e a ciò rispose con la nonchalance di una nutria ”Noooo! So solo che c’entra la frutta! È letteralmente tutto quello che sappiamo della visione. Albero-elfo, frutta da mangiare, e tutti a casa!” l’espressione del Domatore era un mosaico di incredulità e sconsolatezza di fronte alla “rivelazione” di Terzo.

- - -

Ad Àlfar e Ryellia servirono non pochi giri di parole per convincere l’alce a farli passare.
L’approccio della prima era drasticamente cortese, appellativi e tono erano quelli che uno avrebbe potuto usare per rivolgersi a duchi e duchesse o altro genere gente pomposa. Ma il Domatore dovette ammettere a se stesso che la figura di Ryellia si sarebbe accompagnata decisamente male con una forma più rozza e diretta.
L’approccio di Buonsangue era invece più diretto, con un bagliore color zaffiro negli occhi si limitò a descrivere la realtà dei fatti. ”Stiamo cercando i segreti di Salembor racchiusi in questa foresta. Siamo solo di passaggio…”
L’alce non sapeva nulla di Salembor, ma concesse loro di vagare per la foresta.
Non bastava.
Quella era la loro meta, ma tutti sanno che Samarbethe è un labirinto.
Un passo tra quelle fronde e il mondo sarebbe finito ben prima che loro potessero trovare anche solo un indizio. Dovevano avere di più.
Certamente l’alce poteva portarli a destinazione, anche inconsciamente.
”E i draghi? I Primi! Di loro sapete qualcosa? Questa è la madre di tutte le foreste, il cuore e il principio del verde che popola il nostro mondo. Se così è, di sicuro ci sarà almeno un indizio sui progenitori della mia specie. I Puri…di loro sapete qualcosa? diversamente da lui, Ryellia aveva chiesto informazioni riguardo l’albero con il tronco a forma di elfo e il Domatore si ritrovò a discutere brevemente della “letteralità” con cui approcciarsi alle visioni di Tapiro, Primo, Secondo e Terzo. Poco importava chi dei due avesse ragione: la reazione dell’alce sapeva di stizza, diffidenza e rabbia, tanto verso i draghi quanto verso l’elfo che “aveva deturpato l’albero”.
« Ad ogni eclisse il popolo della foresta si riunisce in pianto e commemorazione dell’albero da voi cercato. Cosa vi fa pensare che lasceremo qualcun altro avvicinarsi alla povera pianta, dopo che l’elfo sciagurato ne ha spezzato la vita?»
Ma una mezza idea già frullava in testa al Domatore.
Il bagliore azzurro si fece ancor più vivido negli occhi di Àlfar.
”Allora permetteteci di unirci alla commemorazione. O per lo meno di rendere omaggio…a riprova della nobiltà delle nostre intenzioni.”
Fu comunque l’intervento di Ryellia – in fine – a fare breccia e vincere per tutti i presenti una passeggiata di un’ora per quelle radici labirintiche, rallentati dal passo ansimante di Tapiro e Secondo oltre che dalla conformazione del terreno.
Al termine del tragitto, di fronte a loro stava l’albero. Enorme e morto. Un muro di legno vecchio e inerte con una protuberanza a forma di Elfo che aveva suscitato l’entusiasmo di Muchenyk e una morbosa richiesta da parte del committente dalla faccia di Tapiro. ”Vedete quei frutti a forma di feti violacei? Dovete mangiarne uno a cranio. Poi ci sarà un sacrificio da fare.”

La scena seguente fu un tripudio di sintonia e armonia del gruppo.
Tapiro incalzava che fosse l’unico modo, Àlfar obiettava la possibilità di tirarsi contro tutti gli spiriti della foresta, l’alce furiosa per la proposta e Ryellia con la sua educazione a chiedere il permesso di mangiare i frutti. Nitro stava in disparte.
Al diavolo tutti! Se il Tapiro ci mette nei guai, mi premurerò di trascinarlo con me in qualunque infero.
Con quel pensiero e un sorriso di circostanza troncò la discussione con il committente e si rivolse all’alce. ”Non intendiamo prendere TUTTI i frutti. Ma potrebbero essere la soluzione per risolvere i problemi dell’albero, dell’elfo e di Theras. Ne mangerò uno io, se l’albero ne soffre sbarazzatevi di me.” non si curò più delle esortazioni di Tapiro o dello sguardo disgustato dell’alce.
La mano si strinse attorno al frutto viola, chiuse gli occhi e i suoi denti affondarono rapidi nella polpa succosa. Era un bambino a piangere in lontananza? Forse. O forse era la sua immaginazione. Ciò che era reale e bruciante era la polpa piccante del frutto che scendeva fino in fondo alla gola bruciando il palato con il suo sapore acidulo. Aveva assaggiato di meglio, in vita sua, ma quel sapore era decisamente meno sgradevole di quanto la forma suggerisse.
Eppure…qualcosa era fuori posto.

Terzo sobbalzò e cadde all’indietro: il muschio marcito aveva preso fuoco, le soffici sagome di fumo si erano sciolte in un liquido lattiginoso ed erano sprofondate nell’acqua prive di destinazione; la sagoma di Àlfar era riversa, piegata da tosse e conati, fredda come il ghiaccio. La grotta crollava, ogni pietra si sbriciolava in uno sbuffo lattiginoso o una lacrima bianchiccia.
Il gelo di chi ricorda la gioia con rimorso si impadronì della vastità vuota che li circondava e il sorriso di Àlfar, per alcuni istanti, sembrò svanire e mutarsi in pianto…
Il nuovo aspetto della coscienza di Àlfar era quello di una stanza dalle pareti perlacee e tondeggianti, con il consueto lago a sorreggere i presenti sul proprio specchio.
Nemmeno Terzo aveva parole da spendere in quel momento.

Buonsangue si ritrovò appoggiato all’albero.
Bloccò la mano di Ryellia, che tentava di prendere il frutto - ”Penso ci convenga capire se queste cose funzionino davvero, prima di correre rischi inutili. Ohi, Tapiro! Pensi di farcela a mandare avanti me?”
”Sciocchezze. Se ne fosse bastato uno perché se ne sarebbero presentati tre a Lithien? Almeno la Principessa deve aggregarsi, se l’altro proprio si rifiuta, tenteremo senza.”
Ryellia gli sorrideva – ”Non ti lascerò l’onore di questa morte tragica e solitaria, mi dispiace.” Àlfar non riuscì ad obiettare. Colse un frutto per lei mormorando di aver semplicemente suggerito di fare da apripista, ma vi era una profonda gratitudine nascosta nel fondo della sua voce. Gratitudine di non essere stato lasciato solo. ”Occhio, che beccano.” – Raccolse un terzo frutto e lo lanciò a Nitro – ”Si va in tre, si torna in tre, si schiatta in tre”.
A questo punto riscuotere sarà inevitabile… pensò.

Tutti avevano mangiato.
Il Tapiro ghignò e si portò gli artigli alla gola.
”Signori, è stato un onore.”
Un fiotto di sangue nero coprì l’erba.
Àlfar rimase spiazzato.
”Ma che…per gli dei, che cazzo succede?”

Il buio l’accolse.

L’angoscia lo affogò nell’oblio del sonno.

Poi più nulla.



Note:
Eccomi.
Perdonatemi per lo strascico…
È un periodo di blocco dello scrittore e babysitting…
Enjoy!
Ho voluto sfruttare un po' la possessione di Terzo per dare una diversa rappresentazione della Telepatia di Akseli e della Malinconia post frutto. :D

Tecniche Passive usate:
Tutt’uno {1/6} – condivide i sensi con le proprie evocazioni per il turno.
Dialogare {2/6} – si viene percepiti sempre come amichevoli, affabili, rassicuranti.
Volo senz’ali {1/6} – Permette di volare con la stessa velocità di quando si è a terra.

Tecniche Attive usate:
-
-

Energie residue:
Fisico: 65% (-10% contusione di entità Media da blocco di ghiaccio)
Mente: 95% (-5% malinconia/postumo del frutto)
Energia: 95% (-10% Pelle di pietra, -20% Vassallo rosso)

Dialoghi:
Pensato/”Parlato nella dimensione della coscienza di Àlfar”
Parlato
Nitro
Muchenyk (Tapiro)
Primo
Secondo
Terzo//”Parlato nella dimensione della coscienza di Àlfar”
Ryella
« Akseli»

 
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The Grim
view post Posted on 14/7/2015, 20:06




Grida dal Cielo
Figli della Sfinge


Il cielo era invaso da tonalità di verde brillante e oro sfavillante, indecente ed impossibile da fissare per troppo tempo senza far male alle retine. I suoi artigli stavano conficcati nella spessa corteccia dell'albero, che gigantesco torreggiava su una foresta di suoi simili. Il titano di foglie e rami bucava il terreno, lasciando una grande area di vuoto attorno al diametro del suo tronco, da cui si scorgevano squarci di cielo sottostante, e nonostante ciò la terra non franava n quel vuoto ma restava compatta e solida come se nulla fosse. Primo sghignazzò, quel posto non era per niente casa, ma l'atmosfera irreale in cui era immerso suggeriva di trovarsi in un limbo particolare, magico. Come nell'Oneiron anche qui idee e volontà plasmavano la realtà e le se manifestazioni, benché solo il padrone di quel mondo ne avesse il dominio assoluto; ma forse anche loro potevano manipolarlo un pochettino. L'ombra non aveva dedotto quelle considerazioni tramite un arzigogolato flusso di pensieri, l'aveva sentito vibrare sotto pelle, istintivamente come quando una mano tocca qualcosa di troppo caldo e scatta indietro prima di aver realizzato cosa stia accadendo. Perciò già qualche secondo dopo che erano stati catapultati lì - ovunque fosse quel lì - l'essere aveva abbandonato le sembianze di una sagoma di fumo e appariva come un grosso gorilla dalla pelle rossa, con quattro mani e due gambe forti, con lunghi artigli di ghisa alla fine di ogni arto. Così anziché dover saltare di ramo in ramo avrebbe potuto semplicemente artigliare la corteccia e correre sull'albero come più preferiva; anche se la gravità li trascinava in basso era più blanda e labile di come lo fosse nella terra dei sognanti. Uno stormo di cardellini, cinciallegre, passeri e tordi - la forma preferita di Terzo - si avvicinò a lui, cinguettando con voci diverse.


" Questo posto somiglia a casa. Cos'è vero e concreto ma fatto soltanto di pensieri? "
" Questo posto somiglia a casa. Cos'è vero e concreto ma fatto soltanto di pensieri? "
" Questo posto somiglia a casa. Cos'è vero e concreto ma fatto soltanto di pensieri? "

" Un ricordo. Ti stai rammollendo con i tuoi scherzetti. "

" E questo ricordo di chi è? A chi appartiene? A me, a te, all'elfo o alle alci? "
" E questo ricordo di chi è? A chi appartiene? A me, a te, all'elfo o alle alci? "
" E questo ricordo di chi è? A chi appartiene? A me, a te, all'elfo o alle alci? "

" Smettila di chiedermi cose di cui sai la risposta.
È dell'albero questo ricordo, e se ci arrivo io, capisci quanto è ovvia la cosa.
Puzza di germogli e linfa.
"

" Quindi? Che facciamo maestro degli indovinelli? "
" Quindi? Che facciamo maestro degli indovinelli? "
" Quindi? Che facciamo maestro degli indovinelli? "

" Scendiamo fino alle radici, cerchiamo qualcosa di strano, cioè di più strano di questo.
Roba come l'elfo là oppure le lucertole alate.
Ma che facciamo arrivati lì? Come li trasciniamo nel presente?
"

" Improvviseremo! "

albero_zpsxpaeciut

Scesero, lentamente, attraversando strato dopo strato. Ogni volta che l'albero s'inabissava sotto al suolo, si apriva un mondo diverso ed identico al precedente: la stessa foresta ma dal cielo diverso, certe volte le differenze erano impercettibili tanto che solo l'albero avrebbe potuto indicarle. Talvolta nevica, altre pioveva o c'era tempesta, il vento scorreva con forza dal nord oppure da ovest, la luna era alta il cielo o forse il sole stava per sorgere, gli alberi erano in fiore oppure frutti maturi pendevano dai loro rami; mai sull'albero al centro. Soltanto una sera era tanto particolare da poter essere riconosciuta da tutti, col cielo tanto nero e l'aria che puzzava di fine del mondo; tutti si resero conto che quello era il Crepuscolo, ma l'albero esisteva sin da prima. Scesero attraversando prima i secoli e poi i millenni, finché infine una visione li costrinse a fermarsi, convinti di esser giunti al posto giusto. Il cielo era sgombro di nubi e due esseri danzavano al centro di esso, non troppo distanti dal bosco, ma nemmeno tanto vicini da poter essere toccati con mano. Le loro ali sbattevano con potenza, generando folate capaci di strappare gli alberi più esili dalla terra, volteggiavano l'uno attorno all'altro senza toccarsi nemmeno. Uno era vestito di scaglie grigie e scure,che parevano quasi pietra se non per qualche riflesso metallico di tanto in tanto, tipico del piombo estratto dalla roccia, l'altro invece somigliava quasi ad un uccello, vestito com'era di piume di tutti i colori, accostate in maniera confusionaria e quasi fastidioso; ma le zampe artigliate e le ali di cuoio tradivano la sua origine. Erano due immensi dragoni in procinto di scatenare una battaglia che però tardava ad esplodere; forse perché nella natura stessa del ricordo. Le due ombre - la bestia e lo stormo - ebbero un sussulto davanti a quelle creature e si fecero due volte più vigili. Un'altra lotta infuriava infatti, a pochi metri dal suolo, in un'alcova scavata nel centro dell'albero. Due alci dal corpo di legna si gettavano su di un umanoide, lo buttavano al suolo fra le urla di quello, e poi con le corna e coi morsi gli strappavano le braccia, poi quello si rialzava, cercava di divincolarsi dalla furia dei suoi nemici, mentre lentamente le braccia riprendevano a crescere. L'uomo somigliava in tutto e per tutto ad un elfo, con la pelle candida, i tratti del viso affilati, le orecchie lunghe e sinuose; le sue braccia però erano coperte di scaglie da rettile, o forse di drago.

" Ecco l'ultimo enigma da risolvere "
" Ecco l'ultimo enigma da risolvere "
" Ecco l'ultimo enigma da risolvere "

" Allora meniamo le mani. "


QM PointLa scena è abbastanza surreale, ma spero sia comprensibile a tutti quanti. Le scritte in blu sono di primo, quelle multicolore di Terzo, quella in Nero è Terzo che canta in coro. Di Secondo, di Akseli e ovviamente di Muchenyk non c'è traccia. Vi attendo in confronto per sapere quali sono le vostre mosse in questa situazione. Scusatemi per l'autoconclusione di avervi portato fino alla base dell'albero ma potete comunque descrivere il viaggio e le vostre reazioni nel post o concordarle sempre in confronto. A voi la tastiera.
 
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view post Posted on 31/7/2015, 18:36
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“Figli della Sfinge”
Memorie condivise P.1




Svegliarsi fu come morie.
Resuscitare.
Morire di nuovo.
Le cose non erano certo migliorate una volta arrivati in fondo alla chioma.
Una decina di metri sotto di loro una coppia di lignee alci teneva sotto assedio una figura alquanto simile a un elfo, tra le linee più alte del cielo due draghi danzavano non curanti della situazione.
Àlfar osservava la scena.
Cercava di approssimare l’azione migliore da intraprendere.
Probabilmente attaccare le due statue di legno avrebbe portato a uno spreco di energie o a una battaglia indesiderata, ma l’elfo andava salvato: avevano troppi indizi legati a quella figura, con ottime probabilità era la loro unica chiave fuori da quel posto e verso il loro bottino.
Prese la fiasca e con cura rimosse il tappo di sughero.
Un lieve fumo rosso scarlatto dal profumo pungente scintillò brevemente e svanì.
Il Domatore bevve.
Tre rapidi sorsi, seguiti da una smorfia di dolore: una luce nera baluginò rivelando la trama di vene del giovane e gli occhi brillarono di un rosso acceso e omicida.
Tossì appena e si pulì gli angoli della bocca.
Il tonico aveva qualche effetto collaterale, ma acuì le sue capacità e ripristinò una piccola parte delle energie consumate fin dalla fuga dai demoni.
Aveva deciso.
”Io vado a prendere l’elfo. Nitro, coprimi. Ryellia…noi due siamo quelli che ne capiscono di più di draghi. Pensa a un modo per far venire quelli con noi.” Lo sguardo deciso oscillò tra i due compagni in cerca della silente conferma.
Una bianca folata di vento accarezzò il mantello, indugiando come ali agitate intorno alle braccia e alle gambe.
Un passo oltre il bordo del ramo.
Il Vagabondo rannicchiato tese le mani e volteggiò alle spalle dell’elfo.
Un abbraccio solido sotto le spalle e il vento che spingeva verso l’alto.
I due attraversarono una fitta nebbia, mentre entrambe le creature crollavano a terra.
Àlfar adagiò l’elfo sul ramo.
Con una luce azzurra negli occhi, attento a non allarmare ulteriormente il giovane elfo, Buonsangue cominciò ad interrogarlo.
”Siete Salembor? Un parente o un discepolo?” ogni parola scandita con calma e con gentilezza, ma il tono era fermo. ”State bene? Avete idea di dove ci troviamo? Ricordate il motivo per cui siete qui?” Alzò una mano puntando l’indice verso i draghi ”Noi dobbiamo portare quelli nel presente per fermare i demoni. Potete aiutarci?”
L’elfo era scosso, ma sembrava calmarsi un po’ con ogni risposta.
Si trovavano nei ricordi del “Vetusto”, l’albero, e l’elfo era apparentemente lì per il loro stesso motivo. Teneva tra le mani un groviglio argentato e numerosi frammenti di pietre e materiali più o meno preziosi. ”Se possiamo portare questi fuori dal ricordo, nel mondo reale, anche tutti i draghi verranno con noi.”
La speranza si accese negli occhi del sanguemisto.
”Come ne usc…” le parole gli si troncarono in gola quando una voce simile al tuono e al frusciare delle foglie.
Un monito.
Una minaccia.
Una promessa.
”Camminatori. Portatori di fuoco.
Perché fate tutto questo? Il passato è tramontato, finito così tanto tempo fa che faccio fatica a ricordarlo.
Il sole di oggi è diverso da quello che è morto ieri, e tutte queste cose si sono estinte troppe, troppe stagioni fa.
Lasciateli in pace. Lasciateci in pace.”

La pressione della voce portava con sé la stanchezza dei secoli, costringendo il giovane a liberare la mente per non essere affetto da quelle parole. Un velo di ghiaccio si distese sui pensieri del giovane, ibernando e proteggendo la psiche del giovane.
Al contempo due statue di legno si sollevarono in forma umanoide: umane in tutto, eccetto la testa assente e sostituita da un fiore diverso per entrambi.
Il Domatore raccolse un fumo azzurro nella mano e frantumò l’uovo cristallino sul legno: una serpe dalle squame di topazio si avvinghiò al braccio dell’evocatore, rivelando una leggera aura spumosa su tutta la superficie dell’albero.
Nel frattempo Ryellia aveva tentato di dialogare con l’albero, fallendo e scatenando l’attacco dei due golem. Primo e Terzo li avevano bloccati, ma lasciarli soli non era una possibilità.
”L’intero albero è il nemico! Dobbiamo cercare di colpirlo in qualche modo, ogni modo possibile! E quei fiori…i fiori su quei golem mi sembrano…interessanti!”
Con quelle parole Àlfar ripeté il gesto di poco prima, richiamando però un piccolo squadrone di draghi grandi come gatti. Quelli cominciarono a svolazzare attorno al Domatore.

Allargò le gambe per trovare stabilità.
Raccolse le proprie energie sulla punta delle dita, chiudendo quelle un alone nero coprì i pugni e con ogni colpo tirato al vento un globo di aria incapsulato da scariche elettriche color carbone.
Il primo colpo alla base del ramo, i successivi a salire lungo il tronco.
Ogni carica puntava a bruciare il sistema linfatico ed erodere la spumosa aura del Vetusto.
Si lanciò in fine in un placcaggio violento contro il golem di Terzo, usando tutto il peso del proprio corpo per atterrarlo e portare una dura serie di pugni sul fiore.
Sulle mani era ancora presente la carica elettrica residua dell’assalto all’albero, invece di fiaccare il corpo i suoi pugni mirava a recidere la connessione energetica tra le creature e il creatore.
Una pioggia di aghi e un vortice di zanne si avventarono sul secondo golem.
”Bravi cuccioli.”
Il ruggito del drago di Ryellia esplose nell’aria, accompagnando il frantumarsi delle fiale di Nitro.
C’erano buone possibilità di riuscita.
Il morale di Àlfar era alto.




Note:
Eccomi.
Per il prossimo turno avrò uno specchietto migliore ^^
Se alcune linee di dialogo sono diverse da quanto pianificato, è perché me le sono dimenticate e non avevo modo di recuperarle in tempo ^^
Spero sia soddisfacente :D
Enjoy!

Tecniche Passive usate:
Tutt’uno {2/6} – condivide i sensi con le proprie evocazioni per il turno.
Dialogare {3/6} – si viene percepiti sempre come amichevoli, affabili, rassicuranti.
Volo senz’ali {2/6} – Permette di volare con la stessa velocità di quando si è a terra.
Esemplari migliorati {1/6} – 1C bonus in Velocità alle evocazioni al momento della chiamata.
Sfinire {1/6} – Danni non-tecnica al fisico vengono dirottati alle energie.
Istantanea {1/6} – Evocazioni in tempo zero.

Oggetti usati:
Erba ricostituente - +5% all’Energia.

Tecniche Attive usate (Prima del combattimento):
- Elisir dei Draghi: Power-Up, natura fisica, costo Alto (autodanno Basso a Fisico e Mente, consumo Medio di energie) – 8 CS*
- Calma Glaciale: Difesa di natura Psionica, costo Alto (energie) – difende da un danno fino a Alto alla Mente.
- Sentinella Blu: Evocazione, natura Magica, costituzione Bassa con Auspex passivo, 1CS base in Precisione. Consumo medio (energia)

Tecniche attive usate (Primo turno di combattimento):
- Ombre Sibilanti: Evocazione, natura magica, costituzione bassa per 4 turni (invece di 2) 0CS base + 1CS bonus in Velocità. (consumo Basso energie)
- Debilitare: Consumo Energie Variabile (Alto), danneggia la riserva energetica del nemico tramite cariche elettriche che bruciano rune nere sul punto colpito.

Energie residue:
Fisico: 60% (-10% contusione di entità Media da blocco di ghiaccio, -5% Elisir dei Draghi)
Mente: 90% (-5% malinconia/postumo del frutto, -5% Elisir dei Draghi)
Energia: 45% (-10% Pelle di pietra, -20% Vassallo rosso, +5% erba ricostituente, -10% Elisir dei Draghi, -10% Sentinella Blu, -20% Calma Glaciale, -5% Ombre Sibilanti, -20% Debilitare)
*CS:
3CS Forza
2CS Destrezza
1CS Riflessi
1CS Intelligenza
1CS Precisione

Dialoghi:
Pensato/”Parlato nella dimensione della coscienza di Àlfar”
Parlato
Nitro
Muchenyk (Tapiro)
Primo
Secondo
Terzo//”Parlato nella dimensione della coscienza di Àlfar”
Ryella
« Akseli»
Vetusto
Seguace di Salembor

 
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Shervaar
view post Posted on 31/7/2015, 19:18






In mano stringevo ancora la fialetta di vetro che avevo tracannato un attimo prima di collassare.
Che minchia mi ero bevuto? eppure era la solita ricetta.

Io vorrei, vi giuro, vorrei raccontarvi cosa trovai quando aprii gli occhi, ma sarebbero solo parole al vento. Nessuno di voi spreccherebbe più di un minuto ad ascoltare la mia storia delirante. Come convincervi dunque che il cielo era di un verde brillante striato d’oro? Come convincervi che intorno al tronco di quell’enorme albero che torreggiava sulla foresta una grande area vuota, priva di terra, lasciava intravedere il cielo sottostante?
Esatto. Il cielo, sottoterra.
Cielo sottoterra, ma com'è possibile? Ma non doveva la gravità far rovinare quel disco di terra su cui vi trovavate?
Dubbi più che leciti, ma vi risponderò: non erano Primo e Terzo due ombre?
Che significavano quindi quel gorilla rosa a otto zampe e quello stormi di allegri uccellini?
Un cazzo, come tutto il resto lì. Nulla pareva avere un senso.
Sembravamo il disegno di un bambino. Personaggi a caso in un mondo a caso, colorati a caso. Difficile immaginare un mondo più strano e un accozzaglia più eterogenea di quella che eravamo noi ora che le ombre avevano scelto una nuova forma.
E io che mi lamentavo dei viaggi nel tempo? a conti fatti avrei pagato per viaggiare nel tempo piuttosto a finire in quel posto, qualsiasi cosa fosse quel posto. A sentire Primo doveva essere un ricordo...
Venti giorni prima sarei saltato sulla sedia gridando alla follia, guardando con sufficienza chiunque avesse tentato di vendermi una storia simile, ma ormai, dopo tutto quello che avevo visto, accettai la cosa opponendo scarse resistenze. Tutta quella insensata storia mi stava logorando e rammollendo, lo scettico scienziato che avevo sempre vantato con orgoglio di essere era rimasto a Lithien e non oso immaginare quale Nitro sarebbe uscito da quella storia.

Comunque…
a conferma del fatto che nulla avesse senso, quando iniziammo a scendere verso il basso, giù nel buco seguendo il fusto dell’albero in teoria diretti a quelle radici che l’albero non sembrava avere, lo stesso bizzarro mondo si ripresentò a noi. Sempre follemente uguale a prima, eppure diverso in qualcosa. Allora scendemmo e scendemmo ancora. E tutto rimaneva uguale, più o meno, mentre il cambio di piccoli dettagli scandiva il susseguirsi dei piani. Una volta pioveva, una volta era notte fonda, una volta il cielo era rosa, una volta addirittura sembrava tutto normale!
L’unica vera costante era quell’imponente albero, lo stesso a cui apparteneva il ricordo in cui ci trovavamo, sempre a volersi fidare di Primo.
Continuammo a scendere finché all’unanimità non capimmo di essere arrivati nel posto giusto.
Nell’aria, maestosi, l’uno vestito di scure scaglie dai riflessi metallici, l’altro piumato come un uccello, si davano battaglia due draghi. Due Draghi!...draghi...
No, non ero neanche lontanamente fomentantato come mi sarei aspettato sarei stato una volta trovati i famosi primi draghi.
In quel clima di surrealità non ero per niente convinto di poter cavare qualcosa di buono da quelle bestie e avrei rivisto la mia posizione solo una volta tornati nel mondo “reale” in compagnia delle due creature. Allontanai lo sguardo con un facilità che mai mi sarei aspettato e seguendo quelli agitati del gorilla e del nostro stormo di uccelli spostai la mia attenzione su un altra battaglia. Quella persa che un elfo combatteva contro due alci lignee in un alcova a qualche metro dal terreno, direttamente nel tronco dell’albero. Il poverino cercava di scappare mentre macabramente le alci lo atterravano e gli mangiavano le braccia, che inesorabilmente poi ricrescevano. Un triste ciclo che si ripeteva sempre uguale.
<< Io vado a prendere l'elfo. Nitro, coprimi >> disse Alfar.
Annuii, sarebbe stato un lavoretto facile. Vero? O forse no? Non feci in tempo a fermare Alfar che questo era già partito in volo verso l’elfo.
Benissimo… e se neanche le leggi su cui si basava la mia scienza avessero avuto significato lì?
Bhé, nel caso le alci lignee avrebbero sbranato anche Alfar, facile facile.
Non poco titubante raccolsi una fialetta dalla cartucciera sul petto. Strinsi le spalle e la lanciai nell’alcova sperando che nel caos derivante dal fumo della mia fiala Alfar riuscisse a fare un rapida capatina per recuperare l’elfo.
Bevi rapidamente un altro de miei tonici, sperando di non finire nuovamente in chissà quale assurdo mondo, e estratto con rapidità il Catalizzatore caricai una fiala infiammabile.
Due rapidi click sul grilletto e delle alci fu scempio, una in fiamme agonizzante, l’altra scaraventata lontano con un secco rumore di legno spezzato grazie alla carezza di uno dei miei giocattoli Spaccaossa
Bhé, qualcosa di razionale era rimasto e sullo scientifico sapere su cui si fondava il mio potere potevo ancora far affidamento. Buono a sapersi.

Non appena toccarono terra Alfar bombardò di domande il povero elfo ancora visibilmente scioccato che farfugliò poche ma importanti cose. Era vero che ci trovavamo nelle memorie dell’albero e anche lui stava cercando di portare via i draghi da quel mondo.
Perfetto, ora no ci restava che..?
E ora? come si esce da un posto così?
Domande che dovevano aspettare. Una voce scriccolante e legnosa, proveniente da ogni direzione, ci apostrofò.
<< Camminatori. Portatori di fuoco.
Perché fate tutto questo? Il passato è tramontato, finito così tanto tempo fa che faccio fatica a ricordarlo.
Il sole di oggi è diverso da quello che è morto ieri, e tutte queste cose si sono estinte troppe, troppe stagioni fa.
Lasciateli in pace. Lasciateci in pace.
>>
Un monito che sembrò svuotarmi dentro. Una stanchezza che mai mi sarei aspettato mi assalì ed improvvisamente tutta la stanchezza del viaggio, dei viaggi in realtà, sia fisici che di menzionali, iniziò a gravarmi sulle spalle. Quel giorni in effetti ne erano successe di cose e troppe ancora ne sarebbero dovute succedere, poco ma sicuro.
Due umanoidi guardiani di legno allora presero forma direttamente dal tronco del’albero come probabilmente le alci avevano fatto prima di loro. Alti tre metri e privi di testa presentavano un’unico fiore al centro del torace. Superato l’iniziale disgusto, ormai quasi scontato, per tutte quelle diavolerie mi presi un attimo per analizzare la situazione.
Cosa potevo contro bestie del genere nonostante tutti gli attrezzi che mi ero portato dietro?
Un albero titanico che evocava colossi di legno, benissimo. non ero neanche certo che valesse la pena provare a sparargli contro tutto quello che avevo. Tanto valeva fare un brutta fine in buona compagnia, ancora abbracciato alle mie miscele.
Pregai che qualcuno dei miei avesse il buon senso di provare a dialogare e quasi leggendomi nella mente Ryellia si fece avanti. Il solito quadretto apocalittico però non smosse minimamente il guardiano di legno che sguinzagliò i suoi colossi. I due molto simpaticamente puntarono direttamente su di me.
Intervenirono fortunatamente Primo e Terzo a placcarli e in quell’attimo di libertà che mi era stato donato mi attivai.
Mandai giù un altro tonico, uno di quelli potenti questa volta, e caricai in sequenza due delle mie fiale esplosive nella balestra. Presto l’effetto di tutte quelle droghe sarebbe finito ed io mi sarei accasciato da qualche parte stremato. Non prima però di aver portato il culo in salvo.
Mirando sull’unica cosa vagamente vulnerabile di quei guardiani sparai dritto suoi fiori che avevano nel petto le mie due fiale, sperando almeno di fargli il solletico.
Intanto intorno a me Alfar e Reylla scatenavano il caos in modi che non potevo neanche immaginare. Povero piccolo Nitro, l’unico a giocare senza trucchi di sorta, costretto a caricare un tristissimo quadrello nella balestra mentre gli altri evocavano bestie strane o giravano a cavallo di draghi sputafuoco.
Raccolsi allora un’altra piccola fiala, un distillato di sangue demoniaco frutto della mia precedente epopea a Lithien, e rompendola nel pugno lasciai che il liquido tossico colasse nella guida della balestra da dove partivano i colpi. Dopo un attimo di seria indecisione mirai ad una delle gemme verdi di cui l’albero era disseminato sparando un dardo infetto e sperando di aver beccato un nodo linfatico, o qualcosa di simile, da avvelenare.
Indescrivibile quanto potessi sentirmi inutilmente normale in quello scontro tra titani.

Legenda : Narrato - Pensato Parlato

Riserve:

Corpo 90 -10 = 80

Mente 120 -10 - 10 - 10 = 80

Energia 50 - 20 = 30

CS: 1 (Intuito) -> 6 (1xIntuito, 1xDestrezza, 2xPercezione, 2xRiflessi) -> 2 (1xPercezione, 1xRiflessi) -> 11 (3xIntuito, 3xPercezione, 3xRiflessi, 2xDestrezza) -> 5(1xIntuito,1xPercezione, 1xDestrezza, 1xRiflessi) -> 6 (2xIntuito, 1xPercezione, 2xDestrezza, 1xRiflessi) -> 2 (Intuito)

Armamentario ed utilizzi:

Pelle Coriaeca - Armatura naturale - Su tutto il corpo

Il Risolutore - Piede di Porco, Arma Contundente - Riposta

Il Catalizzatore - Balestra Automatica - Riposta -> In mano

Fiala Infiammabile - Arma da Lancio 0->1/2 (1 alla cinta)

Fiala Esplosiva - Arma da Lancio - 0 -> 1/2 (1 alla cinta)

Fiala Spaccaossa - Arma da Lancio - 0/3 (1 in Catalizzatore, 2 alla cinta)

Dardi di Balestra - Arma da Lancio - 0 -> 1/3 (2 dietro la schiena).

Pugnale - Arma Bianca - Riposto

Passive Infinite:

Anello Tuttofare - Conoscenza enciclopedica delle scienze che permettere di comprendere e risolvere facilmente problemi da tale natura

Passive ed utilizzi :

Spirito di Guerra - Permette di surclassare il proprio avversario anche a parità di CS, vincendo gli scontri fra attacchi fisici - 0/6

Ostinazione - Difesa psionica passiva - 0/6

Scetticismo - Riconoscimento delle illusioni - 0/6

Mente Fredda - Nega i malus, ma non i danni, delle tecniche psioniche - 0/6

Intuito - Permette di comprendere le potenzialità di chiunque a colpo d’occhio, capendone tra le altre cose classe e talento - 1 ->2/6

Approssimazione - Passiva - Riesce ad intuite i contorni degli oggetti per mettere a segno colpi fisici e tecniche anche in caso di impedimenti visivi non tecnica, parziali cecità o danni ingenti agli occhi; conta come auspex fisico - 0 -> 1/6

Repulsione Magica - Dona un CS ad Intuito ogni volta che nelle vicinanze è usata una tecnica Magica - 1 -> 3/6

Anatomia - Permette di danneggiare per un turno la Mente invece che il corpo con i propri colpi non tecnica - 1/6 Utilizzi

Calcolo Infinitesimale - Movimenti rapidi e studiati per un straordinaria manualità; in combattimento permette fluide combo con tutti gli strumenti a disposizione di Nitro in tutte le loro modalità di utilizzo - 0/3

Ottimizzare - Garantisce nelle tecniche offensive ad area potenza pari al consumo - 1/2

Foga Alchemica - Concede una CS a Destrezza quando si utilizza un oggetto di erboristeria - 0 -> 2/4

Perizia Fortificante - Dona un CS ad Intuito ogni volta che nelle vicinanze è attivato un artefatto - 0/6


Attive utilizzate:

Cinematica - Psionica - Consuma Mente - Calcola con precisione la traiettoria di un colpo, portato corpo a corpo o con un lancio, generando mirati e devastanti attacchi al Corpo con un consumo Variabile

Tonico - Fisica - Consuma Corpo (Medio) e Mente (Medio) - Dona 8 CS: 2xPercezione, 2xDestrezza, 2xRiflessi, 2xIntuito - Potenza complessiva Alta


Oggetti:

Corallo - Dona 4CS: 2xForza, 2xCostituzione 0/1

Corallo - Dona 4CS: 2xPercezione, 2xRiflessi 0 -> 1/1

Biglia Accecante - Crea per un secondo un flash accecante. 0/1

Biglia Fumogena - Impedimento visivo non tecnica. 0 -> 1/1

Biglia Dissonante - Forte stridio che genera dolore ai timpani e disorientamento. 0/1

Biglia Tossica - Fumogeno nauseante e stordente. 0/1

Miscela Logorante - Se applicato su un arma per due turni i colpi fisici portati con essa sottrarranno il 5% di energie. 0 -> 1/1

Riassunto Tecnico :

Tutto come da confronto

Note:

Modificato lo specchietto con passive e oggetti per semplificarmi la vita in futuro

edit - Un errore nello specchietto. e una parola che mi era saltata



Edited by Shervaar - 1/8/2015, 12:29
 
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