Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Farewell

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view post Posted on 22/6/2015, 21:39
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Like a paper airplane


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Fai di me oblio
perché non sono abbastanza forte per piangere da sola.


In ginocchio nella neve, il mantello lungo il corpo come ali incapaci di spiegarsi, le mani poggiate nella terra così fredda da negare la consolazione di una tomba. Le unghie insanguinate per il tentativo vano di cercare riposo sotto di essa.
In ginocchio, lo sguardo rivolto al cielo senza poterlo neppure vedere, la bocca che pronunciava parole inudibili, ingoiate dall'ululato del vento. Si lasciava assalire dagli elementi, dal freddo e dalla tempesta, senza provare alcun desiderio di reagire. Si lasciava possedere dalla loro violenza per non dover sentire quella delle proprie emozioni, desiderando che soffocassero tutto il suo dolore nella propria furia.
Piangeva, solitaria, senza che nessuno potesse asciugare le sue lacrime o la pioggia che le scorreva addosso. Piangeva, sperando che quel pianto potesse scioglierla, il petto gravato da un peso che le impediva quasi di respirare, la mente confusa in cui restavano solo frammenti di coscienza. Le pareva di essere disgregata come un cristallo caduto, ormai impossibile da ricomporre. Arrancava disperata verso il buio che si apriva da qualche parte tra il cuore e lo stomaco, senza riuscire ad affondarvi. Perfino lì era troppo freddo, troppo doloroso, troppo vivo.
La pioggia si mescolava alla neve, le si posava sulla pelle, senza riuscire veramente a sciogliersi. Pronunciava solamente il suo nome, senza riuscire a convincersi che non lo avrebbe più rivisto. Con l'incredulità che sarebbe potuta appartenere a una bambina, oscillava tra l'illusione che tutto si sarebbe sistemato e la certezza della fine. E ogni volta la consapevolezza le pareva ugualmente pungente, simile a una pugnalata alle spalle, troppo repentina, talmente violenta da apparire impossibile.
Sentiva ancora dentro gli occhi il suo ricordo, il ricordo di tutto quello che avevano vissuto insieme. Pareva tanto vicino da rendere assurdo il vuoto che aveva lasciato, più simile a una grottesca barzelletta di cattivo gusto che alla realtà. Aveva sempre amato fuggire, lei, dalla realtà. Aveva sempre preferito immergersi nei sogni. Eppure ora si erano ritratti come la marea, lasciandola sola ad affrontare ciò che era avvenuto.


Mi ero aggrappata alla certezza dell'eternità come ad un canto, credendo che avrei sempre avuto fiato.
Avevo creduto alle tue promesse pur sapendo che si trattava solo di bugie.
Avevo lottato contro la ragione perchè pensavo che ci saremmo incontrati infine in un mondo migliore, dove entrambi avremmo potuto essere noi stessi.
Avevo creduto che saresti stato al mio fianco e avremmo riso del passato.
Avevo creduto in te, nelle mie illusioni.
E quando sono precipitata il tuo sorriso era il macigno che mi ero legata ai piedi.


La neve iniziava a ricoprirle le ginocchia, mentre, cieca, cercava di scavare un sepolcro.
Lo sperone di roccia si affacciava sulla reggia le cui finestre erano già buie. Non poteva vederle eppure sapeva che c'erano. Sapeva di essersi affacciata da quelle finestre insieme a lui, in quella che sembrava un'altra vita.
Spalancò le labbra, gridando il suo nome, e per un attimo fu certa che sarebbe venuto. Di nuovo l'inconsapevolezza che cercava di donarle l'oblio. E poi la sua stessa mano che le impediva di annegare. Le unghie che si spezzavano senza trovare pace, il grido che diventava una maledizione.


Mi sentivo così forte, in piedi sul mio castello di carte.
Circondata di sogni fragili come petali di fiori sotto la grandine.
E ora che devo lasciarti andare, ti vorrei trattenere.
E ora che devo continuare vorrei restare. Dirti le mie ultime parole.
Le tue ultime parole.
Stringerti un'ultima volta. Chiederti un ultimo saluto.
Vederti ancora, come ti vedevo allora. Senza sapere.
Imprimermi ogni dettaglio di te nella mente, perché non possa più andarsene.
Solo un minuto, un istante, sarebbe sufficiente. O forse non basterebbe tutto il tempo del mondo.


Improvvisamente sentì una presenza accanto a sé. Seppe che era lui.
Sollevò le braccia, stringendosi alle sue gambe immobili.
Lui, il fratello con cui segretamente si era scambiata lettere che parlavano di viaggi in un altro mondo. Il fratello che si era finto indifferente perché era l'unico modo per poter segretamente condividere i loro sogni. Le aveva scritto ogni giorno, mentre lei gli rispondeva. Avevano inventato altri mondi, altri luoghi, cavalieri e dame, draghi da sconfiggere. Avevano combattuto come eroi ed erano tornati vincitori.
E proprio quando lei aveva dovuto lottare. Proprio quando aveva avuto la possibilità di partire, di sconfiggere il nemico, entrambi avevano perso. Lei aveva varcato la soglia e lui era rimasto indietro.
Ma ora era lì, accanto a lei, e poteva stringerlo a sé. E lui le avrebbe sollevato il viso, baciandola sulla fronte. Dicendole che non era cambiato niente. Che non se ne sarebbe più andato. Che era stato uno sciocco a farla preoccupare.
Sì, lui era lì.


Ti ho lasciato partire, ma non illuderti che avessi scelta.
Ho odiato il mondo che ti ha portato via da me.
Sogno ancora del nostro stesso sogno, che ora mi pare più solitario.
Canto ancora il nostro canto, ma non ci sono più note.
Carezzo i nostri luoghi col pensiero, là dove non potremo più tornare.
E credo che tu sia con me, perché non potrei accettare altrimenti.
Anche se per te non cambierà nulla, mi convinco che tu possa sentire.


Abbracciò l'aria, consapevole di stringere il nulla, folle nel tentativo di crearsi una certezza.
Carezzò la neve come avrebbe fatto con lui, pur sapendo che lui non saprebbe mai giunto.
Baciò la terra, sigillando tra le labbra tutte le parole che avrebbe voluto dirgli. Chiedendogli perdono per non averlo fatto in tempo. Promettendogli che si sarebbero rivisti, sebbene lui non potesse sentirla.
Ai suoi piedi la tomba che non avrebbe mai potuto scavare per se stessa. In quella grande casa lontana, che aveva abbandonato con terrore, lui che non avrebbe potuto uscirne. Lui che non poteva essere lì.
Ma ne aveva bisogno, aveva bisogno di illudersi, ancora per un istante.


Guardami, ricordo ogni momento di noi.
Ricordo per poterlo un giorno raccontare. Per poter parlare di come mi hai insegnato a sognare.
Forse sarò indegna di ciò che sei stato. Dammi la forza.
Sorridimi ancora, come facevi allora.
So che puoi farlo. Voglio crederlo.
Eri compagno, fratello.
Lo sei.
Guarda, continuo il nostro viaggio. Per me e per te.
Come un funambolo in equilibrio sulla corda, ora dovrò imparare a camminare da sola.


Strinse le labbra, lasciò cadere le mani a terra. Rabbrividì sotto la neve. Sconfitta, spossata.
Desiderò potersi addormentare, ma seppe che c'era troppo buio nei suoi occhi e nel suo cuore per riuscirvi. Seppe di dover vegliare, per non dimenticare. Lui era come una cicatrice nel suo cuore, che sarebbe rimasta anche quando ogni altro ricordo fosse scemato.


E ora che non ci sei.
Che voglio tu sia qui al mio fianco, a guardarmi.
Questo è il mio requiem, solo per te. Un canto troppo debole per superare lo spazio che ci divide.

Fai di me memoria.
Tu, che eri troppo forte per poter essere dimenticato.



CITAZIONE
Il contest si basa sul rapporto tra Ainwen e suo fratello maggiore, già in parte comparso nella quest di mentoraggio con Wrigel. I due per anni si erano scambiati messaggi, ove inventavano viaggi immaginari e segretamente coltivavano il proprio rapporto meditando di fuggire. Ma dopo la cecità, Ainwen si sente costretta a partire, lasciando il fratello nella casa del padre.
Ugualmenre, sa che non riuscirà a dimenticare quel momento, nè a dimenticare lui o il proprio passato.

Al tempo stesso questo contest è molto autobiografico, è il mio modo per salutare una persona importante, il mio modo di rendere un racconto il simbolo della mia memoria. I ricordi a volte si corrompono, tentano di sfuggire, ma i sentimenti non scemano così facilmente.
Questo contest è anche per te, Lenny.
Farewell.

 
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