Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Enchanted Recall ~ L'inverno della Crisalide

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view post Posted on 29/6/2015, 23:45
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Al limitare della notte, poco prima che le palpebre si sollevino al richiamo dell'alba, rimane una zona di grigiore. Non è vegli a e non è sogno, è come una porta spalancata sull'anima, senza nessuno che osi mai entrarvi. Gli incubi fuggono alla prima luce e i sogni piacevoli si squagliano come neve al sole.
Così era per loro, ognuno nei propri letti. Per loro e per centinaia di altri nel Dortan.
Ma non per lui, che veleggiava esperto in quella luce lattiginosa. Sapiente, vi scrutava all'interno come un gatto in un banco di nebbia. La possedeva, la carezzava, la conosceva.
Perché loro? Li aveva scelti?
No, non credeva. Non si riteneva capace di conoscere e valutare le anime di molti uomini e donne contemporaneamente. Si limitava a camminare in quei regni di limbo. Sapeva che da qualche parte qualcuno avrebbe udito il suo richiamo. Dai suoi piedi non proveniva suono, ma si liberavano visioni. Dalle sue labbra fluivano parole apparentemente scomposte. Erano molte lingue e nessuna. Ma da qualche parte qualcuno avrebbe capito.
Forse ci sarebbero voluti giorni, forse mesi. Ma lui sapeva di avere tempo. Tutto il tempo necessario. Dopo tutto agli eroi non servono scadenze. È il tempo che si piega al loro volere.
Come sarebbe apparso loro? Non avrebbe saputo dirlo. Ma era certo che, ad un certo punto, la sua figura incappucciata si sarebbe stagliata su tutto. E la sua voce sarebbe risuonata come un richiamo impellente.


Spezza le catene dell'ipocrisia. Purga il regno dai tuoi nemici”.
Un piccolo silenzio. Un'abitudine più che una necessità: in quelle terre di sogno non era necessario respirare.
Ho un lavoro per te”.


_______________


Giaceva nel letto, il volto rivolto verso l'alto. Fuori era quasi mattina, ma lei non poteva accorgersene, perché era cieca. I capelli attorno al suo capo erano pettinati in una corona, e le mani erano congiunte in grembo. Sarebbe parsa morta, se il suo petto non si fosse alzato e abbassato con regolarità. Non pareva turbata, né in preda ad un incubo, eppure le sue palpebre ebbero una serie di tremiti concitati.
Infine si sollevò, rimanendo seduta, le labbra semi chiuse. Era impallidita, ancora più del solito, e un rossore malsano le tingeva appena gli zigomi scarni. Le mani stringevano l'orlo delle lenzuola. La camicia da notte le cadeva morbida sulle spalle. Girò il capo. La bambola poggiata sulla sedia accanto al letto sbarrò gli occhi con un suono secco di porcellana.
La sua voce, flebile, risuonò nella stanza.


Jacala...


Poi tacque subito, quasi vergognandosi. Si lasciò cadere nuovamente sul materasso, portandosi una mano alla guancia. Socchiuse gli occhi. La bambola ruotò il capo da un lato e dall'altro, cercando tra le ombre. Era sola. Completamente sola.
Aspettarsi qualcosa di diverso era stato solo stupido e infantile, un brutto scherzo dell'oscurità. Inspirò, certa che non sarebbe riuscita a riprendere sonno.
È vicino.
Cosa?
Scosse il capo, scacciando quel pensiero. Nonostante ciò, il sonno le morì addosso come polvere dopo una folata di vento.





CITAZIONE
Qm Point

Benvenuti al terzo capitolo di Enchanted Recall A_A/!

Questo primo post è un semplice post introduttivo, ma si svolge nella seguente maniera: ovunque vi troviate, in quel breve tempo che separa la notte dal giorno, avete una visione. Ciascuno di voi si vede ad un passo dal raggiungere un obiettivo per lui importante. Ma all'ultimo, quando state per riuscire, una figura ammantata di nero appare nel mezzo della visione stessa, interrompendola e parlando come riportato nella prima parte del post.
Non appena aprite gli occhi, ricordate chiaramente la visione e le sue parole e i vostri personaggi hanno vivido nella memoria un nome: Kar'Warid - piazza principale.
Sapete, quasi istintivamente, che è una città che si trova ai margini del deserto dei See.
Il vostro post si conclude nel momento in cui raggiungete la piazza principale della cittadina, ma siete liberi di strutturarlo come preferite.

Per qualsiasi dubbio, ovviamente, avete spazio in confronto.
Per postare vi vengono concessi 5 giorni, quindi entro domenica 5 alle 23.59 (o lunedì 6 in caso di proroga)
Buona scrittura ^^

 
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Shavronne
view post Posted on 1/7/2015, 17:36









Il cielo era scuro e cosparso di nuvole, attorno a lei il crepitio delle fiaccole rompeva quell'atmosfera innaturale. La lieve brezza serale scosse il suo corpo e le fiamme creando sul terreno rapidi e inquietanti giochi d'ombra. Fece alcuni passi incerti verso una direzione sconosciuta fino a raggiungere il centro dell'accampamento. Numerose tende da campo dalle più svariate dimensioni erano state montate poco tempo prima. Sapeva dove si trovava, ne era certa, riconosceva i disegni decorativi sulle pelli di quelle abitazioni nomadi e ne ricordava perfino la predisposizione con la quale erano stata piazzate. Quando fece un profondo respiro perse ogni dubbio, l'aria dolce e velenosa aveva quell'odore inconfondibile della sua famiglia, il suo stesso odore.
Per un attimo rimase indecisa, in bilico tra timore e curiosità come chi è tentato nell'esplorazione di qualcosa di proibito e pericoloso. Poi lentamente i lembi delle tende iniziarono a muoversi uno dopo l'altro mostrando le loro aperture e all'interno, brillanti nell'ombra, occhi dalle pupille verticali e con lo sguardo da rettile la stavano osservando. Non era sola.
Rimase immobile ad osservare la sua gente uscire dalle abitazioni e camminare lentamente verso di lei, aprì leggermente la bocca ma non trovò nessuna parola ad accompagnarla eppure a ogni loro passo la paura si affievoliva per lasciare spazio a una nuova consapevolezza: nessuno le era ostile.
Li vide disporsi con sguardo basso su due file a poca distanza e successivamente inginocchiarsi mostrandole con un gesto del braccio il suo posto. Di fronte a lei, alla fine di quel corridoio di servi vi era lo scranno di suo padre.
Si mosse con indecisione, il suo sguardo balzava frenetico posandosi in ogni luogo per poi giungere a una conclusione: Noboru non c'era, non era una trappola. Un sorriso le si aprì sul volto e il senso di soddisfazione la invase. Percorse la strada come una passerella, assaporando ogni singolo secondo di quella camminata. Osservò il trono di legno scuro con i suoi poggiamani dalla forma di serpente, solo una manciata di metri la separavano dalla sua meta, pochi attimi e non sarebbe più stata una principessa ma bensì una regina. La sua avanzata gloriosa però venne improvvisamente interrotta, una figura avvolta da un mantello nero si frappose tra lei e lo scranno. La confusione venne presto cancellata dall'ira, sentì le unghie sprofondargli nei pugni fino a ferirla.

« Spezza le catene dell'ipocrisia. Purga il regno dai tuoi nemici. »
Parole che rimbombarono nella sua testa alla ricerca di un significato.
« Ho un lavoro per te. »
Poi il dolore alle mani sparì accompagnato dai suoi sensi.


Quando riaprì gli occhi si accorse di stare tremando, l'acqua della vasca era schizzata in grandi quantità sul pavimento formando diverse pozze fumanti. Rimase qualche istante a fissare il soffitto del tempio, immersa nel calore del bagno e nel profumo del vapore. Ripensò a quello che aveva vissuto e non riuscì a darsi una spiegazione ragionevole, più si sforzava più un pensiero le occupava la mente: Kar'Warid, piazza principale.
Quando uscì dalla vasca si sentì perfettamente sveglia e riposata, era tornata al tempio del Dio Serpente da poco ma ora i suoi piani erano cambiati. Doveva rimettersi in viaggio al più presto e scoprire cosa si celasse in quella città.

Quando August apprese dalla sua padrona dell'imminente partenza dovette impegnarsi con tutto se stesso per non mostrarle la sua riluttanza. La traversata di quella parte di deserto era per il suo corpo deforme sempre massacrante. La sua gobba non aveva ancora smesso di dolergli dall'ultimo viaggio ma nonostante questo avrebbe seguito la sua signora; servirla era il suo scopo e l'idea di perderla era più tremenda di qualsiasi dolore fisico.

Non era mai stata a Kar'Warid eppure la raggiunse senza difficoltà, qualcosa in lei sapeva esattamente dove portarla.
Il viaggio si era svolto senza intoppi di sorta, lasciando alla ragazza il tempo per riflettere su quello cui stava andando in contro. Più volte aveva cercato di dare un'immagine al volto della persona ammantata che si era intromessa in quella specie di sogno ma ogni suo sforzo era stato vano. Così ora al cento della piazza di quella città non poteva fare altro che osservare e aspettare.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
۩ Alleati:
Il gobbo



 
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Liath
view post Posted on 1/7/2015, 22:41






Impercettibilmente la mano si mosse, le dita si saldarono a mezz'aria in una presa fantasma e contemporaneamente si udì uno stentoreo "clic".
Adrian sorrise appena mentre i meccanismi nascosti del portale iniziavano a cigolare per la prima volta dopo ere con uno stridore agghiacciante; allenarsi a manipolare le serrature con la magia sicuramente era stata una buona idea, ma non credeva sarebbe stato così facile.

Il cancello iniziò a schiudersi e il giovane fremette per l'eccitazione: non riuscì a impedirsi di ghignare in maniera infantile, troppo era forte l'emozione che lo stava prendendo. Finalmente ce l'aveva fatta, aveva spalancato l'accesso alla Cittadella. Sfiorò delicatamente, quasi con lussuria, le incisioni che scorrevano via insieme sulle mastodontiche porte di metallo a un palmo dal suo naso. Ce l'aveva fatta davvero.

La fessura divenne lentamente uno spiraglio di luce blu accecante, che continuò ad allargarsi fino a permettergli di passare; ma attese: voleva assaporare interamente il frutto del suo successo. Primo ed unico ad avere accesso a quell'artefatto di epoche sconosciute, dopo i suoi creatori. Sarebbe stato annoverato come eroe di Theras. Tutti, senza eccezione, avrebbero parlato di lui come il più grande tra i grandi.
Sorrise con calore ai suoi colleghi e un tempo maestri dell'Accademia che lo accoglievano in uno scroscio di applausi e manifestazioni di entusiasmo. Strinse le mani a quelli che nella folla gli si facevano attorno, cercando di raccontare al pubblico in visibilio del suo lungo viaggio. Poi come i cancelli la folla si aprì per lasciar passare l'Arcimago Nemmerle; il vecchio canuto lo accolse con un ampio sorriso e con le acclamazioni della folla lo dichiarò suo successore.

Senza che se ne accorgesse le voci iniziarono a scemare in un mormorio indistinto simile a una cantilena. I volti si fecero evanescenti, sormontati da una tenue ma invadente penombra chiara.
« Spezza le catene dell'ipocrisia. Purga il regno dai tuoi nemici. »
Adrian si voltò di scatto, verso la fonte del suono. Una figura incappucciata si stagliava minacciosa all'orizzonte, ma in qualche modo riusciva a osservarne con nitidezza i dettagli. Qualcosa gli fece riprendere improvvisamente coscienza di quello che stava accadendo.
« Via, via! Vattene, miserabile cane! »
La figura gli fu davanti senza essersi realmente mossa e protese in avanti un braccio di fumo.
« Ho un lavoro per te. »
Il giovane cercò di avventarglisi contro finendo contro un'indistinta nebbia grigia.
« Dannato! Ero finalmente riuscito a trovarla! L'avevo trovata! L'avevo trova- »



« Avevi trovato cosa? »
Un volto lo osservava perplesso a qualche palmo di distanza. Dopo essersi stropicciato gli occhi prese forma anche il resto del corpo mentre metteva meglio a fuoco , e Adrian si rese conto che il volto che si stagliava nel cielo scuro era quello di un divertito Hikkam, probabilmente richiamato dai suoi mugugni. Cercò di bofonchiare una risposta mentre faceva leva con le braccia per alzarsi dal sacco a pelo.
« Non sapevo urlassi nel sonno. » commentò l'altro mentre si girava per avvicinarsi al falò dell'accampamento.
« Infatti non lo faccio. »
Adrian si alzò in piedi a fatica, con la sensazione di aver dormito troppo poco a dispetto alba che si approssimava.
« Non sembrerebbe. Ma allora cosa è che avevi trovato? » proseguì imperterrito mentre aggiungeva un ciocco al fuoco morente. Sembrava aver tutta l'intenzione di preparare la colazione.
« Non di frequente almeno. Ho svegliato qualcun altro? » il giovane ignorò la domanda e iniziò a ripiegare il sacco a pelo dopo averlo scosso, certo che ormai non sarebbe più riuscito a prender sonno.
« Io ero già sveglio, e gli altri dormono della grossa. Compreso chi dovrebbe montare di guardia. » concluse con un sorrisetto sarcastico.
Adrian cercò di assumere l'aria più colpevole di cui il suo repertorio era fornito mentre gli si sedeva accanto, vicino al falò « ...be', sembrava tutto tranquillo- »
« Tranquillo, te lo decurto dalla paga. Allora vuoi rispondere? Sembravi più spiritato del solito mentre ululavi, prima. »
« Dannati mercanti. Ogni volta che faccio da scorta a una carovana finisce che mi ritrovo in tasca metà della metà di quanto pattuito. » Adrian storse la bocca con finto fastidio. Poi, dopo una pausa in cui entrambi rimasero a osservare le fiamme danzare, riprese: « Un luogo... un luogo leggendario. Una città, per la precisione. Si narra che provenga da epoche antichissime, forse dalla prima era, o chissà, prima ancora... »
L'altro giovane continuò a giocherellare con un bastoncino arroventato senza parlare, quindi Adrian lo prese come un invito a proseguire.
« Alcune leggende dicono che sia un santuario di Voljund, il signore degli abissi e dei cieli. Altre che sia il luogo di ritrovo delle manifestazioni terrene di tutte le divinità. Altre ancora che sia l'ultimo baluardo di una civiltà sconosciuta. Una delle sue caratteristiche è che sembra trovarsi ovunque e da nessuna parte. Ho cercato per anni - e di certo non sono stato l'unico -, informazioni in tutte le biblioteche di Lithien e non solo... »
« ...e? »
« E, come avrai notato dal sogno, è stato un buco nell'acqua. » concluse con un mezzo sorriso rassegnato.
Calò nuovamente il silenzio, interrotto dallo scoppiettare della legna secca e dallo sporadico russare. Le dune all'orizzonte andavano progressivamente indorandosi, come circonfuse da un'aureola di fiamme rosate.
« Kar'Warid. Ti dice niente? »
« È la prossima tappa, perchè? »
Il giovane inarcò un sopracciglio, incerto su come rispondere. Una coincidenza non da poco,
« ...niente, niente. Era solo una curiosità. »
Hikkam si strinse nelle spalle e si alzò per andare a rimediare qualche fetta di carne da arrostire per la colazione.



Adrian si incamminò verso il centro della piazza assolata, nel bel mezzo di un vortice di voci chiassose e bagliori riflessi dalla case chiare. Il mantello e i vestiti leggeri color ruggine erano ottimi per tener lontani il sole e in parte anche il caldo, ma per un uomo del nord come lui quelle temperature erano semplicemente inconcepibili. Mentre si asciugava la fronte con una fazzoletto madido di sudore rimpianse di non conoscere qualche incantesimo per abbassare la temperatura corporea.



 
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• Copper
view post Posted on 2/7/2015, 16:05




Mani rigate di rosso,
respiro pesante, vita che sfugge.


Un famelico senso di incompiuto si concretizzò ai sensi di Martin nella forma di visioni di un futuro ormai venuto meno e rimembranze dei sofferti giorni pregressi. La mente viaggiava ad una velocità che le corde vocali cariche di sangue non riuscivano a reggere; dalla bocca uscivano solo versi affogati dai suoi stessi umori. Dal cielo cercavano entrambi un intervento che mai sarebbe giunto,

perché di solitudine era la materia della vita.
E della morte.

La danza di lame, sangue e sogni infranti s'apprestava ad un nefasto epilogo, macabra scenografia di riluttanza, disperazione, speranze di rivalsa fatte a pezzi dal confronto col reale. E come fiotti scarlatti sgorgavano dalle profonde cicatrici di quella guerra di spade ed opinioni; il pensiero di Martin perdeva colore, come la sua carne: di chi era questa battaglia? In nome di quale ragione avevano le sue interiora bagnato il brando di un'altra creatura? E quella figura titanica, nascosta da una selvaggia chioma bionda, lanciò un ultimo sguardo di ghiaccio prima di spirare.

N o i n o n s i a m o u g u a l i
« Cosa vedi in me? »
N o i n o n s i a m o d i v e r s i

In quegli occhi, Martin vide e assaporò il dolore dei secoli.
Il fragore della battaglia tuonava in quella valle fino a pochi istanti prima,
ma in quegli interminabili attimi il mondo parve tacere in solenne lutto.
Esanimi crollarono al suolo, come i loro propositi. La terra tremò con essi.

Non quivi la loro ora fatale sarebbe giunta, non allora la brama di organi delle loro armi sarebbe stata saziata. Perché dei cuori così affini ma così lontani potevano solo trovare ragione fra le urla di agonia, perché avevano ancora un'eternità per rincontrarsi, per duellare ancora una volta. Per ripetere un ciclo che trascendeva il concetto di esistenza stessa, il premio ultimo della loro primordiale condanna. L'anima di Martin sgomitava in quel corpo trinciato per liberarsene, ma prima che ciò potesse avvenire si palesò un'estranea figura, come proveniente dalle pieghe fra le dimensioni, che si frappose fra i corpi macellati dei due rivali. Le sue labbra non articolarono sillabe, ma l'eco del suo spirito riverberò nei cuori dei presenti.

Parole di piombo risuonarono in una, dieci, mille lingue diverse;
così confuse e così distinte.

« Spezza le catene dell'ipocrisia. Purga il regno dai tuoi nemici », disse.
Una pausa che parve eterna, e un galvanico brivido che percorse la spina dorsale di Martin.
« Ho un lavoro per te. »

Il tempo collassò, e con esso lo spazio e la sua geometria.
Le architetture prime del piano dell'esistenza messe a nudo, e il riavvolgersi degli eventi.


Divider


Un sobbalzo, e il cuore rianimato di vecchia vita martellò nel petto del abominio, disteso su quel letto di paglia. Sentì l'istinto di lanciare un grido, ma questo si spense in un debole sibilo. Intorno a sé le sagome di un luogo che riconobbe familiare: Pietà in un angolo, vicina allo scrigno con i suoi averi e i materiali da lavoro. La giovane matrigna Calime nell'altro angolo della tenda, abbandonata ad un profondo sonno, non sembrava essersi accorta del disagio del redivivo. Martin giammai si scompose, invero in quest'occasione, mai come in altre, la sua flemma vacillò; non sconfinando ad attimi nella follia. Soglia che, data la sua indole, mai varcò; era un limite dal quale si teneva sempre alla larga anche per motivi professionali. Il mezzodemone portò le mani alla testa, quasi schiacciandosi le tempie, come a voler trattenere qualcosa. La ragione? Erano anni che Martin, sbracciando goffamente nel buio dei propri incubi, delle proprie vacue ambizioni, cercava freneticamente il fine del suo essere. Qualcosa gli stava strozzando il debole respiro, gli lacerava l'anima, aveva dilaniato la serena apatia che, fra le più grame pene e taciute lacrime, per anni aveva poggiato in bilico su una base di fragile cristallo. Avrebbe voluto rendere manifesta quella sua incontenibile sofferenza - semplicemente non ci riusciva. A stento cercava di evadere il soffocamento: in condizioni del genere, come avrebbe mai potuto urlare? Come avrebbe mai potuto chiedere soccorso?

Come avrebbe potuto non essere solo?
Il sublime dell'incompiuto, orrore di mille aghi piantati nello spirito,
è esperienza autentica finché vissuta come tale. Nel proprio abbandono.

« Un sogno … » furono le uniche parole che, scosso, riuscì a mormorare. Espirò profondamente, alzò un sopracciglio cercando di regolarizzare il moto del suo diaframma: « Un incubo? » Sogni meno gradevoli potevano capitare a chiunque, ma il cacciatore era abbastanza sicuro di aver fatto esperienza di qualcosa che valicasse il puro concetto di onirico. Si girò dall'altra parte del sacco nel disperato tentativo di procacciarsi qualche altra meritata ora di sonno. Inutile aggiungere che vani furono i suoi tentativi, dacché fra gli strati del suo cervello riecheggiava insistente una parola. Una meta, una destinazione che egli – senza spiegarsi come – accettò come nota, pur non essendovi mai stato.


Kar'Warid.


Lontano dall'Edhel e dai suoi ritmi, dai suoi cicli di ostilità e bellezza. Mai visitò quel luogo, ma avrebbe scommesso entrambi gli occhi che il suo obiettivo si trovasse ai piedi del deserto del See. Era una sensazione unica, quella di sapere e non sapere esattamente dove volesse andare. Sapeva solo che, qualora fosse arrivato, ne avrebbe acquisito consapevolezza. Le mani tremavano fameliche, il suo animo ridesto si elevava al di là dell'orizzonte schiarito dalla sola luce lunare, e in esso si scioglieva inerme ma quanto mai vivo. S'apprestò al suo equipaggiamento e alle sue cianfrusaglie, iniziò a sistemarle con perizia nei bagagli che avrebbe portato con sé. Si premurò di estrarre dal suo scrigno – senza curarsi troppo del rumore prodotto – tutto ciò che sarebbe potuto, in momento di necessità, dimostrarsi utile. Munizioni, corde, pochi scarti d'artigianato, esche e provviste per giusto un paio di giorni – il resto del cibo l'avrebbe procacciato a modo suo, in guise non sempre meritevoli di lode: questo ed altro impilò solerte nella borsa che avrebbe caricato sulle strette spalle. Calime, destata e turbata dallo sferragliare molesto di Martin, gettò un'occhiata stanca all'esile figura che si apprestava ad abbandonare la tenda.

« Cosa stai … dove stai andando? »
Il demone drizzò il capo, colto in flagrante dalla voce dell'elfa. Si voltò per un istante, praticamente d'istinto, solo per verificare che la voce appartenesse davvero a Calime. Le si rivolse con la sua voce asmatica, fine come il sibilo di un basilisco:
« Io … credo di aver visto qualcosa. »
« Cosa? È nella pineta? »
« No, » s'interruppe pensieroso. Era conscio del assurdo di cui si stava per fare araldo.

« ... credo fosse nei miei sogni. »

Calime alzo gli occhi al cielo, voltandosi dall'altro lato del sacco. Da tempo aveva perso il controllo sulle azioni del figliastro e, ne era certa, anche questa volta avrebbe compiuto qualche scelleratezza. Ora farfugliava di sogni, di visioni. Ma quale cuore avrebbe mai potuto accogliere simili congetture, probabilmente frutto di mere suggestioni e intrinseche paure?

« Da quando sei diventato un Neiru? » sbottò con saccenza.
Un'arteria sul collo di Martin si gonfiò, il suo sguardo si fece severo e la voce cupa.
« Non ho bisogno che tu comprenda.
E non mi sembra che a qualcuno sia davvero mai importato
della puzza del mio denaro. »

« Sei tu che non comprendi, sciocco. »

Martin non proferì oltre.
Nessuna parola dei mortali avrebbe potuto carpire e racchiudere in sé il terrore che gli albergava in corpo,
né circoscrivere e riassumere quello che si manifestò al ragazzo in sogno.
« Mi dirigo più a sud, nel Dortan. »
« Capisco. Buon viaggio, allora. »
Scostò un lembo della tenda, ed uscì senza voltarsi indietro.
Non volle incrociare il viso di Calime rigato dalle lacrime.


Divider



Il pellegrinaggio durò cinque giorni, scanditi dalla disorganizzata alternanza di trasporti di fortuna e tratti percorsi interamente a piedi. Ad ogni passo, Martin avvertiva il clima mitigarsi e il calore permeare nelle sue gracili ossa. Quel tepore a cui non era solito abbandonarsi ben presto divenne arsura, e le sconfinate, labirintiche foreste di conifere degradavano in un paesaggio sempre più spoglio e diametralmente ostile. Nell'aria gli aromi di una civiltà reduce di una secolare trama d'inganni, sangue, potere e illegalità; ed irripetibile la cittadina si erigeva a fatica sulle ossa di chi aveva dato la vita per cambiarne il nefasto corso. Negli occhi di chi calcava quelle strade v'era stanchezza, rassegnazione; uomini, donne e mostri d'ogni tipo accomunati dall'odio verso le taciute angherie dei potenti, ma complici dell'omertà di quel nucleo di degrado. Il cacciatore, forse per la prima volta in vita sua, non si sentì oppresso dall'ignorante disapprovazione comune: semplicemente, ognuno era troppo preso dalle proprie losche mansioni per dar effettivamente conto della natura di Martin. Nondimeno fu complice il fatto che, nella penombra dei vicoli, s'aggiravano sicari ben più noti alla popolazione per le loro efferatezze, al confronto dei quali Martin poteva sembrare solo un bandito da quattro soldi. Il giovane si fece largo fino alla piazza principale, guizzando con sapiente destrezza fra la gente riversatasi in quelle strade sovraffollate.

Era lì che la figura l'aveva chiamato a sé. Ma a quale fine?
L'unico martellante pensiero che mai lo congedò fu il ricordo di quella notte.
Quelle immagini, quel dolore non potevano che essere autentici.

Il richiamo di un ciclo eterno, il destino che, beffardo,
dalla penombra sorrideva ed annuiva.
Chi era l'uomo – per quanto nulla avanzava della sua umanità –
che in quella valle lacerò le viscere del demone?
Chi era il figuro che lo richiamò a sé e alla dimensione del reale?

In quella piazza Martin fu sotterrato dai suoi pensieri,
mentre lanciava uno sguardo vuoto verso il mercato che non sembrava curarsi della sua presenza.
Avevano affari ben più concreti da trattare dei dubbi di un folle.



Je suis posté! *MH4U reference* So che il post doveva arrivare ieri, ma non ho resistito alla tentazione di provare la tavoletta grafica nuova. Ops. Per ora non includo lo specchietto di combattimento, tanto non penso ci serva fin da subito.
... vero? VERO?
Che poi wow. Sono diventato davvero lento con la formattazione del testo. Anni di "nullafacenza" mi hanno sicuramente fatto perdere la mano.
 
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view post Posted on 3/7/2015, 10:35
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Aspettava sulla piazza principale, non avrebbe saputo dire da quanto tempo. In piedi, avvolto nel proprio mantello. O seduto, sull'orlo della fontana brunita dalle sabbie. Talvolta il vento bollente soffiava tra le pieghe della stoffa, per un certo tempo la notte era stata come un abbraccio fresco. Ma lui aveva continuato ad attendere. Di tanto in tanto aveva sognato, camminando nelle terre buie. Ombre ben note gli erano sfilate al fianco. Aveva respirato l'odore di zolfo delle porte degli inferi, ed era ritornato con l'alba, per aspettare ancora.
Era stata una donna ad arrivare per prima. Un'evenienza tanto improbabile quanto curiosa. Solo in quel momento si chiese cosa sarebbe accaduto se il suo bersaglio si fosse presentato con l'intento di ricevere l'incarico. Un brivido lieve lo scosse.
Poco dopo arrivarono altri due. Il mercato, di cui si rese conto solo in quel momento, vociava coprendo i loro passi. Eppure lui poteva vederli, come orme di sangue sull'acciottolato consunto. Si avvicinavano, forse divorati dall'ansia, forse predatori affamati. Non sapeva chi fossero o cosa volessero davvero, ma sapeva che erano quelli giusti per il suo incarico.
Si fece strada nella piazza, fino a trovarsi davanti a loro, esattamente come nel sogno. Una brezza troppo fiacca soffiava tra i vicoli, sufficiente solo a muovere i lembi del suo mantello.
Li guardò ad uno ad uno, senza esprimere giudizi.


Siete venuti per distruggere i nemici del Dortan”.


Annuì solennemente. Non era esattamente questo che gli era stato detto al momento dell'incarico, ma era così che lui la vedeva. Dopo tutto ogni professionista ha la propria motivazione.


Ora io vi propongo un bersaglio. E una ricompensa”.


Tacque per un istante, in attesa di domande. Guardò i loro volti, cercando l'incertezza o il dubbio. Si chiese se fossero già avvezzi alla morte o se sarebbe stato necessario insegnar loro come fare.


Accettate l'incarico?


Non avrebbe mai rivelato così facilmente l'identità del proprio bersaglio. E al tempo stesso non aveva bisogno di alcun giuramento. Loro erano stati raggiunti nelle terre tra la veglia e il sogno, dove non esistono menzogne e l'anima si snuda come l'acciaio di una spada, esposta ai flagelli delle emozioni. Loro avevano viaggiato, camminato, strisciato, volato, pianto, gridato fino a giungere in quel luogo. Non gli avrebbero venduto la loro fedeltà, ma lui avrebbe comunque comprato la loro determinazione. Non poteva portare a termine quella missione da solo: loro sarebbero stati le sue mani e i suoi testimoni, e alla fine lui avrebbe lavato le loro coscienze menando da solo il colpo finale.


_______________


Sedeva al piccolo tavolo, unico elemento d'arredo nella stanza angusta. La bambola era seduta al davanzale della finestra e guardava il movimento regolare del mare di dune oltre i confini della cittadina. Pensava, la fronte poggiata contro una mano. Tra le dita stringeva una piuma rossa sgualcita, il ricordo di una promessa. Dentro agli occhi ciechi ripercorreva le tappe del proprio fallimento. Corpi incantati, violentati, uccisi per uno scopo che non era riuscita a raggiungere.
Si chiese quale altre possibilità le restassero, se non sarebbe stato meglio fare da sola. Se non valesse la pena di correre il rischio. Un brivido la percorse a quel pensiero, facendole scivolare lungo la spalla una ciocca di capelli candidi.
La porta si aprì, scricchiolando incerta sulle giunture logore. Un uomo sottile, il mantello verde impolverato dai venti, camminò fino a lei. Non poteva vederlo, ma riconosceva la cadenza altalenante del suo passo. Rivolse il capo verso di lui, formulando un interrogativo muto.


“Dalle mie ricerche non sembra nessuno ci abbia seguito, signora”.


Un fruscio di stoffa, forse un inchino. Dalle sue ricerche. E lei sapeva quanto lui fosse bravo nel venire a sapere le cose. Eppure non riuscì a sorridere e sul suo viso si dipinse una smorfia di fastidio. L'ansia che le martellava nel petto con un suono sordo, torcendole le viscere, non si era allentata nemmeno un poco. Era certa che qualcuno li stesse braccando, qualcuno di molto vicino. Era certa di volersene andare.
La bambola guardava ancora verso il deserto, cercando di decifrarne i segreti. Di scorgere nel suo mare i movimenti di piccoli sparvieri rossi, messaggeri del futuro.
Un rivolo di sudore bollente le scivolò lungo la tempia.
Non poteva permettersi di andarsene. Come un bruco imprigionato in una crisalide a dicembre, non poteva permettersi di uscirne e morire congelata. Il successo era così vicino, tanto che sarebbe bastato allungare la mano. Desistere in quel momento avrebbe voluto dire rinunciare a qualsiasi altra ambizione. Poggiò entrambe le mani contro gli occhi, cercando conforto in un'oscurità che era già troppo fitta.





CITAZIONE
Qm Point

Proseguiamo questo post in confronto. Ovviamente non si tratta solo di una prima interazione con l'uomo che vi ha convocato, ma vi verranno date (se accetterete la missione) ulteriori direttive. Vi anticipo questo in modo che possiate gestire i tempi del confronto.

Come al solito, per eventuali dubbi ricorrete al topic in confronto.
Per postare vi vengono concessi 7 giorni, quindi entro venerdì 10 alle 23.59 (o sabato 11 in caso di proroga). Tale termine comprende sia il limite per il post che per qualsiasi attività vogliate svolgere in confronto.
Buona scrittura ^^

 
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Shavronne
view post Posted on 9/7/2015, 17:37









Stava percorrendo il centro della piazza di Kar'Warid interrogandosi sulla sensazione innaturale che l'aveva convinta a muoversi in quel posto quando le parve di rivivere la scena di qualche notte prima. La figura misteriosa le apparve davanti proprio come nella sua visione. Non vi era la sua famiglia o il trono del padre ma solo i cittadini e una comune fontana. Questa volta doveva essere reale.
L'uomo, nascosto dal suo mantello nero, con la sua presenza interruppe la camminata della ragazza e quella di altri due uomini. Poi, dopo aver rivolto una rapida occhiata a ognuno di loro, iniziò a parlare. Le sue parole furono semplici quanto fumose, era stata richiamata per eliminare un nemico del Dortan e riscuotere una ricompensa.
Le domande parvero accodarsi nella sua testa.

Perchè proprio lei?
Come aveva fatto a raggiungerla nei suoi pensieri?
Chi era la vittima e chi il mandante?

Osservò rapidamente i suoi due nuovi colleghi, poi decise di accettare: c'era una ricompensa in palio e i dettagli li avrebbe ottenuti dopo la conferma. Quando l'uomo con la pelle scura e dalla chioma albina volle ottenere più informazioni sui nemici un pensiero la divertì segretamente. Una identità sarebbe riuscita a farla desistere dall'incarico? No, un nome valeva l'altro. Eliminare e guadagnare, senza domande superflue e senza intoppi.

« Il nostro bersaglio è una fanciulla di nome Ainwen. I suoi capelli sono candidi come la neve ed è cieca. Non dovrebbe essere difficile avere ragione di lei una volta che l'avremo trovata. »

Ainwen; aveva sentito parlare di quella ragazza. Un membro importante dei Pari con una carica e un potere ben superiore al suo. Si era sbagliata, il nome aveva fatto differenza ma dall'altro lato della medaglia. Aveva trasformato un gioco accompagnato da qualche moneta in qualcosa di più allettante.

I tre dopo aver accettato l'ingaggio decisero di separarsi in cerca di indizi. Le voci dicevano che il bersaglio doveva trovarsi in quelle zone, il loro compito era quello di scovarlo e consegnarlo all'incappucciato.
Si prese qualche secondo per osservare la città, doveva trovare un posto per passare la notte e verosimilmente anche la sua preda poteva averne cercato uno. Chiese a uno dei mercanti della piazza informazioni riguardanti la locanda più lussuosa che Kar'Warid potesse offrirgli e così raggiunse un edificio verso la porta est della città.
Entrò nella sala principale superando una coppia di eleganti tende colorate che fungevano da ingresso. Una volta dentro si prese qualche secondo per osservare il posto e godere finalmente dell'assenza del fastidioso vento caldo e sabbioso che per tutta la giornata l'aveva martoriata senza sosta. La pace di quel momento venne interrotta dal rumore di pagine sfogliate seguito da un leggero colpo di tosse. Alla sua sinistra dietro un bancone decorato in maniera molto vistosa da mosaici blu e bianchi, un uomo dalla corporatura tarchiata era assorto nella lettura di un grosso libro.
Hebiko si avvicinò abbastanza da attirare la sua attenzione. « Scusi... » Provò ad accompagnare le sue parole assumendo un'espressione dolce e preoccupata. « Sono appena arrivata in città alla ricerca di mia sorella. È una ragazza dai capelli bianchi e che ha perso l'uso della vista... è possibile che si sia fermata da voi? » I nobili potevano essere restii a rinunciare alle loro comodità, magari anche Ainwen poteva aver commesso quell'errore.
L'ometto alzò il capo per osservarla qualche secondo aggrottando la fronte. La ragazza rimase impressionata dalla differenza di colore dei suoi occhi, uno castano e uno azzurro glaciale. Quest'ultimo le provocò un leggero brivido di disagio, poi parlò con un sorriso saputo. « Nessuna dama che corrisponda a questa descrizione si è fermata presso di noi. Ma vi sono molte locande qua intorno, certo più adatte per nascondere una fanciulla in fuga. »
Quella risposta la lasciò interdetta. Rimase ad osservarlo a bocca aperta, in cerca di parole per attimo che le parve interminabile. A spezzare quella situazione ci pensò una donna dalla corporatura identica a quella del locandiere che irruppe nella stanza con in braccio una pila di lenzuola decisamente più alta di lei. Lanciò un paio d'ordini a quello che si rivelò suo marito poi, come se niente fosse uscì con la stessa rapidità con cui era comparsa. L'uomo lasciandosi scappare un piccolo cenno di rassegnazione si precipitò a seguirla.
Hebiko rimase ad osservare attraverso le finestre i due discutere e allontanarsi. Appena furono usciti dal suo campo visivo prese il grosso libro che ora era rimasto incustodito sul bancone e iniziò a sfogliarlo rapidamente. Le pagine erano ricoperte di nomi, sul subito provò a cercare quello di Ainwen ma quando non lo trovò si concentrò su quelli più recenti. Tra loro, nella lista che sembrava essere dei debitori, ne appariva ricorrente uno femminile. Sembrava che la donna passasse a ritirare periodicamente biancheria da bagno e da letto. Riuscì a leggere quell'informazione appena in tempo. Qualche istante dopo rivide dalla finestra il locandiere ritornare verso il bancone. Si accurò di rimettere il libro mastro dove l'aveva preso e finse di essere stata in paziente attesa.
I rifornimenti che venivano richiesti in quella locanda con un pò di fortuna avrebbero potuto condurla al suo obbiettivo ma aveva bisogno di più dettagli. Prima di parlargli lo osservò con curiosità cercando di capire i suoi comportamenti. « Sarò sincera con voi, come avete già capito la donna che cerco non è mia sorella ma il mio interesse a ritrovarla è comunque alto. Ammetto che quando siete uscito ho sbirciato nel vostro libro in cerca di indizzi e tra quei nomi c'è una donna che ultimamente ritira materiale da voi. Magari ha qualche relazione con lei e se mi poteste dire dove trovarla mi dareste una mano. Ovviamente sarei ben disposta a ricambiare il favore. » Reduce dal dialogo precedente aveva optato per la sincerità.
L'uomo ammiccò allusivo. « La donna in questione passa ogni giorno di qui alla stessa ora, poco prima dell'alba. Se vorrete attenderla ve la indicherò al suo arrivo. Potremmo anche riservarvi una camera. Non gratuitamente, s'intende, ma dopo tutto il nostro è il migliore servizio della regione. »
Rispose al suo inchino con un sorriso soddisfatto. Aveva trovato un buon posto dove fermarsi ed era riuscita a creare un punto di partenza per la sua caccia.
Si sedette su una delle due poltrone della sala aspettando il termine della giornata. Quella sera si sarebbe ritrovata con i suoi colleghi per scambiarsi le informazioni ottenute. Lei non si sarebbe soffermata molto, era stanca e l'indomani poco prima dell'alba si sarebbe svegliata per un pedinamento.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
۩ Alleati:Il gobbo
۩ Punti: 2 ambientazione | 1 interazione | 2 evento



 
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• Copper
view post Posted on 9/7/2015, 23:18




L'uomo dei suoi concreti incubi attendeva austero in quella piazza.
La mente che non reggeva il raffronto con la realtà,
razionalità declinata nell'incredulità
di un sogno manifestatosi nel vero.


Il cuore saltò un battito.
Era forse timore ... ?

Quanto tempo egli avesse atteso il suo, il loro arrivo non gli era dato saperlo. Quel che riuscì ad intendere invero fu che la misteriosa figura, avvolta nel suo mantello, aveva convocato a sé più servitori. Uomini e donne ivi giunti, probabilmente alimentati da intrinseche paure e famelico bisogno di denaro. Nel caso di Martin, entrambe le cose. Degnò di ben poche attenzioni la seducente donzella e il torreggiante umano che attendevano a loro volta, trepidanti, che l'incappucciato proferisse parola: esse furono monopolizzate da un brivido, tempesta di fulmini e adrenalina, che trovò compimento in un sorriso compiaciuto.
Stasera si va a caccia.

« Siete venuti per distruggere i nemici del Dortan
Ora io vi propongo un bersaglio. E una ricompensa.
Accettate l'incarico? »

Martin sibilò rauco: « Nemici? » Poteva realmente la figura misteriosa essere apparsa loro in sogno per la stipula di un semplice contratto? Perché adottare un simile metodo di reclutamento, se il fine ultimo era la stipula di un regolare contratto? Ciò che le parole non rivelarono, però, si poteva vedere in trasparenza dalle modalità della convocazione stessa: la verità giaceva in una trama inferiore, rimasta intenzionalmente inespressa. « Che nemici? E di che ricompensa stiamo trattando? » La figura volse il solenne sguardo verso la scarna figura di Martin. « Il regno ha molti nemici, che minano le sue fondamenta come tarli il legno. Sono una piaga da estirpare, e noi siamo coloro che hanno il potere di farlo. »
Una pausa.
« Non vi dirò l'identità del nostro nemico sino a che non avrete accettato l'incarico. Riguardo la ricompensa, vi è qualcuno più grande di me che saprà gratificarvi con molto denaro, la moneta dei mercenari e degli stolti. Io mi accontenterò della nostra vittoria. »

Il cacciatore non riuscì a contenere una piccola risata.
Accolse la provocazione con dignitosa eleganza.
.

« Hai infranto barriere proibite per chiamarci a te.
Questa circostanza è tanto insolita quanto sospetta. »

Portò indietro il capo, annuì.
« E mi piace.
A tuo dire il denaro è il premio degli stolti,
ma quella dell'oro è l'unica lingua che intendo. »


Accettare alla cieca un contratto? Sembrava folle. Sembrava divertente.
« Ma ora dimmi di più. Non vorrai che i nostri nemici ci battano sul tempo. »

L'uomo asserì alle parole di Martin, sigillando così il patto loro proposto. Riposò le membra adagiandosi su una fontana, centrale rispetto alla piazza, invitando i presenti a stringersi e udire quelle parole nella più totale discrezione. « Il nostro bersaglio è una fanciulla di nome Ainwen. » disse, « I suoi capelli sono candidi come la neve ed è cieca. Non dovrebbe essere difficile avere ragione di lei una volta che l'avremo trovata ». Questa volta, fu Martin ad indugiare perplesso. Era rimasto piacevolmente sorpreso dall'apprendere che la sua preda fosse scevra della vista. Sbuffò sardonico: era tutto troppo facile, finora. « Per un boccone così tenero sembra quasi eccessivo l'impiego di un piccolo manipolo di mercenari ». Il dubbio del possibile, una parola alla volta, veniva sovrascritto dalla sempre più plausibile veridicità delle sue congetture. Martin sentiva che c'era qualcosa di più, celato nella penombra dell'omertà. « È per caso la signorina dotata di abilità straordinarie? Ah e- » il demone s'interruppe, prima di congedarsi dal misterioso uomo, rivolgendogli un ultimo quesito: « Non ho intenzione di perdere più tempo del necessario. Hai già delle piste che potremmo seguire o ti rimetti completamente alla nostra perizia? »
A quelle parole l'incappucciato si strinse nelle spalle, meditando risposte appropriate. Il cacciatore, suo malgrado, non riuscì ad estorcere ulteriori dettagli con i suoi interrogativi. Scosse la testa con un mezzo sorriso. Tipico. Chi erano i suoi committenti, se non uomini tanto incapaci di eseguire un compito da soli quanto imprecisi nel fornire indicazioni ad esecutori terzi? Sorrise: in fondo, indagare rientrava negli obblighi del suo mestiere. È il brivido dell'ignoto ciò che rende la caccia la più galvanizzante delle sfide.
" Se è cieca " pensò, " è improbabile che si muova da sola. È altresì improbabile che batta con frequenza queste strade traboccanti di uomini. Troppo pericoloso. "

Alzò lo sguardo, leggermente titubante.
" Ammesso che la sua sia semplice cecità. "

I mercenari decisero di comune accordo di dividersi nella ricerca di un qualche indizio, rincontrandosi la sera stessa per far rapporto. Abbandonato a sé e fornito di dati così approssimativi da potersi quasi dire nulli, la soluzione più equilibrata da adottare agli occhi di Martin fu quella di rivolgersi a coloro che per mestiere hanno occhi ed orecchie ovunque: mercanti. Meditò sulle stringate battute scambiate con l'uomo del suo incubo, nel tentativo di estrapolare da esse tutta la conoscenza possibile. "Capelli candidi come la neve" era, con ogni probabilità, una metonimica allusione ad una possibile condizione medica di albinismo della preda. Implicando, conseguentemente, una presunta fotosensibilità della sua preda, egli iniziò le sue indagini partendo da un piccolo esercizio di stoffe non troppo lontano dalla sua posizione.

S'appropinquò alla mercanzia, recitando la parte di un possibile acquirente. La menzogna, la finzione: sfaccettature di un'arte che Martin aveva fatto propria in anni di esercizio. Quante volte bagnò egli il suo coltello nello stesso sangue di chi, fidandosi, aveva riversato in lui totale fiducia? Ancora una volta egli inscenò quel teatro emozioni che mai sentì come proprie, che solo da lontano aveva potuto osservare: interesse, stupore, meraviglia. Iniziò a discorrere col commerciante riguardo la stravaganza della gente che si riversava in quelle strade - includendo finanche sé stesso nella categoria - nella debole speranza che questi si lasciasse sfuggire, inconsapevolmente, qualche dettaglio sulle persone più strambe che avesse visto (o, ancor meglio, conosciuto) in quei giorni d'afa e quotidiano pericolo. Il mercante, gioviale, si lasciò ingannare da quelle parole e dal suono della moneta: sorrideva, apparecchiava con cura sotto occhi del cacciatore l'intero campionario dei suoi prodotti, annuendo fra una frase e l'altra. « Oh sissignore, ne vediamo gente bizzarra qui. Giusto qualche giorno fa è passato un mercenario con almeno cento, ma che dico, duecento almeno! cicatrici sul corpo. E talvolta passano da me donne vestite come uomini! » Un'acida risata, accompagnata da un disgustoso sputo. Avvicinò poi una stoffa al viso di Martin, pura come una notte senza stelle. « Questa si accorda bene con i tuoi capelli, müşteri. Ne ho vendute molti piedi negli ultimi giorni. » asserì ammiccando, « Una serva è venuta per ben tre volte a comprarne, abbastanza per un intero mantello e forse perifno una veste. Ma era chiaro che non fosse per lei, perchè pagava in oro sonante. »
« Chissà quali affari avrà dovuto attendere con tanto ben degli dèi. » rispose il cacciatore. Passò le veterane, rachitiche mani lungo le stoffe propostegli dal negoziante. « Sarà di queste parti, o proverrà da fuori? Donne così ricche - o serve con così tanto denaro - sono come piccoli miraggi in questo deserto, mi sbaglio? » domandò a sé stesso, ma con tono sufficientemente alto da essere udito e compreso dalla sua miniera di informazioni. L'interlocutore continuava, intanto, ad affaccendarsi con solerzia « Davvero insolite, davvero. Molte donne si servono da me, sono il migliore modestamente. Prendono stoffe come queste, molto belle, tuttavia mai così pregiate » proseguì, lanciando numerosi segni in cerca d'intesa « queste sono roba da signori. Sono quasi certo di non aver visto questa serva prima. Sarà giunta da poco. Un'evenienza insolita per la nostra cittadina. Ma, come voi avete detto, di tanto in tanto si vedono cose strane in giro »

Che fosse la signorina Ainwen un'abbiente forestiera? La desideravano forse morta per la sua influenza ed i suoi generosi averi? « Una visitatrice così benestante, che affida somme di denaro così ingenti alla propria servitù, sicuramente alloggerà in una locanda d'eccezione » sibilò Martin, indicando con il capo il proprio corpo, simulacro di fragilità e di una vita segnata da soli affanni « Sono ben tentato dal riposare le mie stanche membra in una pensione lussuosa come le vostre stoffe. Vede, per uno come me, un buon letto significa molto più di semplice ristoro. Sa per caso dove potrebbe alloggiare una donna che compra roba da ricconi? »
« Dipende dall'obiettivo di questa donna. Da quanto vuole farsi notare »

Il braccio dell'uomo si protese, indicando il quartiere ricco del borgo.
« Da quella parte vi sono le locande dei nobili.
Ma non è comunque difficile trovare stanze in cui soggiornare, qui.
Anche con più discrezione »

Martin posò un piccolo sacchetto di monete sul bancone del commerciante, colmando il suo cuore di lieto gaudio. Era una modesta porzione di suoi risparmi, accumulati rubando secondi preziosi alla morte - sua cara compagna d'ogne die - una somma sufficiente da potersi garantire l'acquisto di un mantello di quella pregiatissima stoffa. In altre circostanze, mai avrebbe contemplato possibilità al di fuori del furto e dell'omicidio.

Ma egli era un sapiente predatore,
non uno scellerato senza criterio.

Rubare, uccidere nella caotica confusione del mercato avrebbe comportato noie tutt'altro che indispensabili: mantenere un basso profilo in fase d'indagine si sarebbe dimostrato tanto utile quanto necessario. In quel nuovo mantello egli avvolse le spalle e il viso che la sua gente gli insegnò ad odiare, muovendo lenti ma decisi passi nella direzione indicatagli precedentemente dal negoziante.


Divider


Il sole calò stanco oltre un orizzonte nudo di ogni buona speranza: un altro giorno volgeva a termine per quella città vittima e carnefice di se stessa. I popolani stanchi s'apprestavano a far rientro nelle loro dimore, col capo chino e le spalle a pezzi, contando le monete d'oro che erano riusciti ad accumulare durante le sofferte ore di caldo. La prossimità del deserto comportava drammatiche escursioni termiche nelle ore crepuscolari, poiché fra le sabbiose dune nessun agente naturale avrebbe potuto mitigare la severità di quel clima. Martin posò gli occhi su una locanda poco distante, all'interno della quale riuscì a discernere i contorni di una figura nota. Sulla soglia d'ingresso riconobbe la collega mercenaria che dialogava con il proprietario del locale. Solo allora poté notare dettagli del suo aspetto che prima, causa eccessivo eccitamento, aveva trascurato: la lunga chioma nera, raccolta in preziose trecce, contornava un viso così delicato da apparire inumano. Il corpo era leggiadro e delicato, pregno di una bellezza signorile, conforme ai canoni di epoche tramontate; il trucco era invece pesante come una maschera, quasi indossata con lo scopo di celare l'appartenenza ad una razza di cui, forse, non portava con orgoglio la bandiera. La vide dialogare serenamente con l'albergatore, per poi sedersi con distinta classe su una poltrona a pochi passi da lei. Martin volse uno sguardo alla damigella, schiarendosi la voce.

« Potrei aver scoperto qualcosa. »

La sua mente era acuta, il suo intuito penetrante.
In una tela vuota è arduo delineare i contorni del vero.

Poteva la sua sola mente squarciare il velo?

« Ho scambiato due chiacchiere con un commerciante di abiti e stoffe qui vicino.
Dice che ha recentemente trattato numerosi affari con una donna - affari grossi. »

Girò lo sguardo verso l'ingresso.
« Ha riferito che probabilmente si trattava di una serva, carica del denaro del suo padrone,
ed ha acquistato molti metri di questo tessuto pregiato. »
proseguì, mostrando nel pugno il mantello recentemente acquistato.
« Se è vero che la fanciulla che stiamo cercando ha i capelli bianchi, non è per me da escludere ch'ella tema i raggi del sole, per razza o malattia. Do per certo comunque che non la si vedrà facilmente passeggiare alla luce o in mezzo alla plebe: per soggetti del genere è estremamente rischioso. Ritengo opportuno organizzarci al più presto per l'istituzione di pattuglie notturne: nel caso s'avventurasse al calar del sole per queste strade, potremmo riconoscerla non solo dal colore della chioma, ma anche da quello delle vesti. »



Dunque, riepilogo del post, come preannunciato in confronto:

  1. Martin chiede le ultime indicazioni all'incappucciato;

  2. Contrattazione con il mercante di stoffe e acquisizione di informazioni (spendo un punto interazione);

  3. Martin si dirige verso il quartiere del bordello dove c'è anche Hebiko;

  4. Rivela ai colleghi quanto appreso, ovvero:
    • Che, secondo lui, la ragazza potrebbe essere fotosensibile (essendo albina), per tanto sarà difficile vederla di giorno;
    • Che la serva di una persona (donna?) molto ricca - presumibilmente la loro preda - ha comprato molta stoffa pregiata (a quel punto mostrerà un campione acquistato dal mercante);
    • Presupponendo che la donna sia molto ricca, è verosimile che s'aggiri nelle zone più ricche della cittadina, o che risieda provvisoriamente lì - è inverosimile che una donna che, nel suo immaginario, figuri benestante ma cagionevole si possa mischiare alla plebe e soggiornare in locande di ultim'ordine;
    • In conclusione, che è possibile che la signorina possa andare in giro coperta con un mantello fatto della stoffa campione acquistata da Martin.

  5. Apprende, eventualmente, nuove informazioni fornitegli dai colleghi.


Riepilogo provvisorio:
Corpo: 100% / Mente: 100% / Energia: 100%

Punti Quest rimasti:
Ambientazione: 2
Interazione: 3 2
Evento: 2

 
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Liath
view post Posted on 10/7/2015, 22:29





Il sole aveva raggiunto lo zenit da un pezzo quando Adrian si rese conto di aver ritrovato l'orientamento. Finalmente, avrebbe aggiunto tra sé e sé. Perdersi nel dedalo di case color sabbia dai profili rotondeggianti e le aperture piccole e sparute era stato più facile del previsto. Anche se, in effetti, non aveva una vera e propria meta: più che altro aveva deciso di girare a zonzo per i quartieri poveri alla ricerca di tracce, informazioni o anche soltanto per farsi un'idea dell'area.

Hikkam, il giovane capo della carovana che Adrian aveva scortato fino a Kar'Warid, aveva definito la cittadina "arida al punto che anche i fantasmi sono evaporati via". Il giovane non aveva granché colto il riferimento, ma in effetti le vie deserte in pieno giorno facevano una certa impressione persino a lui. E non fosse stato per la brezza leggera ma costante avrebbe desistito dalla ricerca per proseguirla in ore più propizie, ma fortunatamente quella più un paio di borracce d'acqua l'avevano aiutato a non collassare sulle strade sabbiose.

A tratti gli era sembrato di scorgere con la coda dell'occhio figure incappucciate che lo osservavano, ma tutte le volte che si era girato non aveva scorto nulla. Viste le strade così strette e tortuose, se davvero qualcuno lo stava pedinando non si stava di certo divertendo; quindi aveva deciso di accantonare quella preoccupazione, attribuendola all'incontro avvenuto la mattina.

Non era la prima volta che gli capitava un cliente che non voleva rivelare la propria identità o le proprie mire, e aveva persino letto di sciamani e spiritisti capaci di intrufolarsi nei sogni altrui, perciò non era rimasto molto scosso dall'accaduto. E, apparentemente, neanche gli altri due che si erano ritrovati nella sua stessa situazione, anche se il bianco si era scaldato subito. Al contrario erano proprio quei due che lo preoccupavano.

Normalmente si sarebbe tenuto ben alla larga da tali individui: la ragazza in particolare celava qualcosa sotto quel velo di bellezza apparente che gli faceva rizzare i peli; il bianco invece aveva una scintilla poco rassicurante negli occhi e il tono di un folle. Aveva acconsentito a incontrarsi di nuovo con loro quella sera solamente perché magari le loro ricerche sarebbero state più fruttuose, ma era fermamente intenzionato a limitare i rapporti al minimo.


Si arrestò di colpo all'ombra della vicina abitazione, rendendosi conto che si era perso per l'ennesima volta nei propri pensieri - oltre che nei vicoli di Kar'Warid. Fortunatamente il sole lo stava aiutando a orientarsi, e nelle ultime due ore era riuscito persino a tracciare un abbozzo di mappa mentale del perimetro della città e delle piazze più grandi. Come quella in cui era finito.

Abbassò il cappuccio per grattarsi la nuca con fare assente - aveva davvero bisogno di un buon bagno dopo tutte quelle settimane nel deserto, e anche un letto morbido non gli sarebbe dispiaciuto. Tuttavia, anche se nella casa di piacere che aveva davanti ne avrebbe trovati fin troppi - di letti -, non era quello che cercava lui in quel momento. Troppe piattole per i suoi gusti, meglio un onesto giaciglio di paglia.
Con un sospiro sconsolato si diresse a passo lento verso l'ingresso, scostando la tenda rossa che fungeva da porta e che - seguendo le indicazioni dei locali - lo aveva aiutato a riconoscere il luogo. Chissà se aveva un nome quel bordello. Di solito avevano nomi buffi che pretendevano di suonare raffinati, risultando ancora più buffi. Ricordava di un bordello in un porto a ovest - in che posto era? Jostren forse? - che si chiamava "La caverna umida"; in effetti quello di raffinato non aveva nulla, però. Quando Adrian aveva provato a indagare con la giunonica matrona che lo gestiva, quella gli aveva proposto di-

« Desiderate? »
Il giovane sobbalzò e si voltò di scatto verso la sua destra, da dove lo studiava con grande interesse una donna di singolare bellezza. Una tunica scarlatta le cingeva il corpo lasciando però intravvedere la linea flessuosa dei fianchi e i seni delicati. Con grazia felina si alzò dal divanetto dove era distesa e si diresse verso di lui senza mai staccargli di dosso gli occhi scuri, al punto che Adrian si chiese se stesse sbattendo le palpebre. Sforzandosi di non balbettare si affrettò a rispondere e contemporaneamente sciolse il legaccio che assicurava una delle scarselle alla cintura, e fece per porgerglielo:
« Informazioni, per la precisione cerco una ragazza, è cieca e ha i capelli bianchi, non so da quanto si trovi in città né dove ma- »
La donna lo prese soppesandolo appena e si voltò dirigendosi verso il fondo della sala a passo deciso. Il giovane deglutì, inspirò profondamente ed espirò quasi contemporaneamente, evitando per un pelo di soffocarsi da solo. Scoprendo che era già arrivata dall'altra parte della sala riccamente arredata si sbrigò a seguirla con ampie falcate.
Sui divanetti di velluto e legno dorato disposti ai lati del corridoio, tra affusolati bracieri di incenso, sedevano alcuni uomini: chi lo scrutava con aria semidivertita, chi aspirava ampie boccate di fumo da strani oggetti tubolari collegati a bracieri più piccoli, sembravano ospiti abituali in attesa delle loro signore.
La donna aprì una delle porte che davano sulla stanza e lo fece entrare, poi, dopo avergli lanciato una lunga occhiata ammiccante, uscì di nuovo lasciandolo solo.


Dopo quello che parve un tempo interminabile la porta si aprì di nuovo, stavolta facendo entrare una ragazza diversa vestita di un curioso velo color carne che ne cingeva le forme alla perfezione. Adrian ci mise qualche secondo a realizzare che in realtà era nuda, eccetto una catena d'oro alla vita. Si affrettò ad alzare lo sguardo al volto di lei: non era per quello che stava pagando, dopotutto.
« Asil Anne ha detto che ti servono informazioni. Parla. »
Si sedette con leggerezza nell'alcova, ripiegando le gambe nude sotto il corpo e osservandolo con un'espressione imperscrutabile.
« Sto cercando una ragazza dai capelli bianchi. É cieca. É probabile che sia assistita da qualcuno, e si trova all'interno della città anche se non so da e per quanto. »
Il giovane soppesò le parole come se ci fosse stato anche altro che lo assillava, e nel frattempo facendo il possibile per guardarla direttamente negli occhi o non guardarla affatto.
« ...la sto cercando da settimane. Suo padre è un amico di vecchia data della mia famiglia, e mi ha chiesto di cercarla e controllarla, ma con discrezione. »
Si passò le mani tra i capelli con un sospiro allo stesso tempo abbattuto ed esasperato.
« All'inizio credevo si trattasse di una fuga puerile, ma oggi ho incontrato qualcuno che mi ha fatto temere il peggio. Devo parlarle subito: ne va della sua stessa vita ormai. »
Al pronunciare le ultime parole la voce si incrinò per un istante e gli occhi tradirono un timore inespresso. Come a rassicurarlo la ragazza gli rivolse un sorriso sottile.
« Io sono gli occhi e le orecchie di Asil Anne, vedo tutto e ascolto tutto. Eppure in questo luogo non vi sono ragazze bianche come i gigli e dagli occhi vuoti. »
Fece una piccola pausa, guardandolo attentamente. Lo sguardo era così penetrante che gli sembrò di sentirlo rovistare tra le sue viscere.
« D'altro canto delle voci circolano nelle strade e tra i clienti. »
Sorrise di nuovo, stavolta con un fare malizioso.
« Si dice che una bianca fanciulla si aggiri al di fuori della città ogni notte. Si dice che cammini sempre guidata da un bastone e mai dalla luna. Chissà che non sia la stessa. »
Adrian sembrò rianimarsi e si sporse di scatto dalla sedia dove si era accomodato:
« Potrebbe trattarsi proprio di lei! Sai dirmi altro? La città è grande e il deserto ancor di più: qualsiasi particolare potrebbe rivelarsi fondamentale! »
Tutto a un tratto si azzittì arrossendo, come se si fosse improvvisamente vergognato di essersi mostrato preda delle emozioni. Con maggiore calma e la voce trepidante aggiunse:
« Vaga vicino le mura? E in che direzione? Mi sembra impossibile l'idea di poterla incontrare addirittura stanotte... »
« Pare si diriga sempre nella stessa direzione, uscendo dalla porta ovest e poi attraversando la pianura. Dove vada non so. Raramente esco da questa casa. »
Gli sorrise, quasi a sottintendere che poteva ben comprenderne il motivo.
« Certo, se tornerai domani forse potremmo parlarne ancora. »
Conclude rivolgendogli un'occhiata d'intesa. Adrian non sapeva leggere nel pensiero, ma aveva le idee piuttosto chiare su cosa volessero le prostitute - e di rado era la compagnia degli sconosciuti come lui.
Al commiato della ragazza il giovane si alzò in piedi e chinò il capo in segno di ringraziamento.
« Il mio nome è Adrian, mia signora. »
E sembrava rispetto sincero il suo, a dispetto del luogo e della situazione.
« Sarà mia premura tornare anche domani, sperando di approfittare ancora della vostra gentilezza. »
E accompagnò un sorriso caloroso alle parole. Poi, senza attender altro, si diresse verso la porta e attraversò nuovamente la sala.


Quella conversazione aveva meravigliato un po' anche lui: non si aspettava davvero di riuscire a sciorinare la balla che si era inventato sul suo rapporto con la ragazza cieca senza cadere in errore neanche una volta, e risultando, forse, anche credibile. Scuotendo il capo con fare divertito raggiunse l'esterno dell'edificio, e la luce fu accompagnata dalla solita vampata di caldo bollente.
Sospirò, ed estrasse un fazzoletto da una delle tante tasche della lunga tunica color ruggine per riiniziare ad asciugarsi la fronte. Poi, prese come punti di riferimento alcune torri nella zona centrale della città, si diresse con calma verso la zona povera. Aveva contattato una banda di furfantelli di strada quella mattina, sguinzagliandoli alla ricerca di informazioni. Era improbabile che avessero trovato qualcosa, ma gli servivano occhi e orecchie supplementari e quelli per ora bastavano. Sarebbe tornato al luogo d'incontro al tramonto, e stavolta ne avrebbe mandati un paio di vedetta alla porta ovest. Ovviamente si sarebbe diretto anche lui lì, ma, di nuovo, occhi e orecchie in più erano sempre d'aiuto.

Prima però doveva sbrigare l'altra faccenda, ovvero i suoi inquietanti colleghi. Anche quell'appuntamento era per quella sera stessa, quindi si sarebbe dovuto sbrigare in modo da raggiungere le mura subito dopo. Quel che era certo era che non avrebbe fatto parola di quanto scoperto; del resto, era quello che si aspettava facessero anche gli altri due.




Energia [50] - Corpo [125] - Mente [125]

Ambientazione[3] - Interazione[1] - Evento[2]



Edited by Liath - 10/7/2015, 23:47
 
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view post Posted on 14/7/2015, 20:00
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Erano riuniti tutti insieme in una locanda. Per quanto elegante, era solo una scatola fatta di mattoni dove i loro corpi avrebbero avuto l’illusione di essere al riparo. Non li avrebbe rimproverati, dopo tutto loro non avevano il privilegio di camminare a cavallo della realtà. I loro corpi erano freddi e caldi, e affamati e stanchi. Si chiese però perché non avessero scelto un luogo più discreto.
Rammentò i soldi che aveva promesso e storse le labbra. L’avidità dei mercenari era tanto impressionante quanto ingenua: sperperavano i propri guadagni in lussi che li avrebbero obbligati a rischiare ancora. Poteva quasi scommettere che nessuno di loro stesse pensando al giorno in cui avrebbe dovuto scegliere di ritirarsi. Non lo facevano mai.
Scivolò nell’atrio della locanda senza spogliare il cappuccio, fermandosi a pochi passi da loro. Il padrone non gli prestò attenzione, ma non se ne stupì: sapeva come passare inosservato.


Dunque? Avete scoperto qualcosa? Avete un piano?


La sua voce scivolò pacata tra i loro discorsi, un po’ come la sua presenza. Non si sedette, non chiese di potersi unire a loro per consumare un pasto. Non c’era urgenza nel suo tono, sebbene non ci fosse tempo da perdere. Sapeva che nella caccia è necessario avere pazienza.


_______________


Siete sicura di voler…


Jacala era in piedi davanti alla porta, con un’aria perplessa sul volto. Tra le mani indossava ancora il pettine con cui si era presa cura dei suoi capelli candidi. Sapeva che nella sua mente si contorceva una domanda inespressa. Indossò l’elegante cappa blu orlata d’argento. Pareva quasi un cielo senza stelle, incorniciato nella coppa di una veggente. Le scivolava addosso come l’onda del mare su una pietra mal levigata.
Fece qualche passo, allargando prima un braccio e poi l’altro. Le sue mani occhieggiarono dalle maniche, piccoli rami candidi rattrappiti.
Annuì. Non sarebbe potuto essere diversamente, dopo tutto era così vicina, al punto da poter quasi afferrare la soluzione di tutti i loro problemi. E non poteva permettersi di fallire. Se fosse successo di nuovo avrebbe dovuto desistere.
Sai che non lo farai.
Sorrise tra sé.


Se davvero qualcuno ci seguisse…


Si fissarono, gli occhi lilla della serva dentro quelli di porcellana della bambola. Gli occhi ciechi dei Ainwen erano rivolti altrove, a quello che sarebbe accaduto. Le sue labbra si contrassero in una smorfia rigida, glaciale.
Non erano seguiti, era questo che doveva credere. Avevano atteso due giorni, ma non potevano rimandare oltre. Presto la luna avrebbe raggiunto il suo culmine, concentrando i propri poteri in un’unica onda. E lei doveva poterla manipolare, leggere, dominare. Non aveva tempo di aspettare un altro mese.


Ce ne occuperemo”.


Non si chiese come. Non voleva farlo. Perché nessuno li stava seguendo.
Sospirò, mentre il cappuccio le scivolava di lato sul volto, scoprendo una guancia spruzzata di lentiggini appena visibili. Strinse il pugno che non reggeva la bambola, quasi a sottolineare la propria determinazione. Una brezza fresca entrava dalla finestra, quasi chiamandola.
Quasi come se qualcuno stesse camminando subito alle sue spalle. Quasi sussultò, ma non si voltò. Non voleva sapere, non voleva essere vittima delle proprie paure. Camminò fino alla porta, poggiando la mano sinistra sul braccio di Jacala.


Andiamo”.


Non voleva rimanere in quella stanza un minuto di più. Si mordicchiò le labbra, soffocando la tensione.





CITAZIONE
Qm Point

Proseguiamo in confronto, sia l'interazione eventuale con il vostro mandante che qualsiasi altra azione vogliate intraprendere. Ricordate di non essere autoconclusivi.

Come al solito, per eventuali dubbi ricorrete al topic in confronto.
Per postare vi vengono concessi 6 giorni, quindi entro lunedì 20 alle 23.59 (o martedì 21 in caso di proroga). Tale termine comprende sia il limite per il post che per qualsiasi attività vogliate svolgere in confronto.
Buona scrittura ^^

 
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• Copper
view post Posted on 20/7/2015, 22:18




« Tu ci nascondi qualcosa » ringhiò Martin, spiazzato dall'arrivo subitaneo dell'uomo. « Prima giungi a noi in sogno; ora sbuchi dal nulla: alla luce di questi tuoi mirabili talenti, mi domando perché ti rimetti a noi per questa ricerca » Lo guardò dall'alto verso il basso: in lui ardeva l'incontenibile voglia di capire la vera identità del losco figuro. Da una mera analisi fisionomico-comportamentale - basata sui dati che aveva potuto acquisire nei pochi incontri avvenuti - aveva ben modo di pensare che fosse anch'egli dotato di capacità furtive ed investigative superiori alla media, seppur perseverasse in quella sfacciata ipocrisia.
« Ci sono cose più importanti di cui devo occuparmi. Le semplici ricerche non mi interessano. Al momento giusto sarò io ad agire »

Trascorsero diverse ore in silenziosa attesa. Il peso della stanchezza iniziava a permeare nelle ossa del cacciatore, al quale da giorni ormai veniva negato il riposo per cause di vario tipo. Lottare con i propri ritmi biologici era un'ingrata - seppur necessaria - derivazione del suo mestiere: un sacrificio inderogabile atto a mantenere basso il profilo e celate le sue intenzioni. Quando si danza per la vita, guidare il passo è la chiave per sopravvivere fino al prossimo ballo. Il demone calò le palpebre per riposare lo sguardo, facendo a pugni con gli obblighi di coscienza ed il bisogno di dormire. Aspettavano l'arrivo di una donna, presumibilmente la serva di cui Martin ebbe notizia dal mercante di stoffe. La seducente collega aveva riferito di alcuni movimenti sospetti - in particolare le insistenti visite di una donna, la quale ritirava periodicamente biancheria dalla locanda ogni mattina, al sorgere del sole. Con ogni probabilità, dunque, erano entrambi sulle tracce della stessa persona. A Martin fu generosamente offerta una camera non gratuita per passare la notte, ma le circostanze - compresa la necessità di centellinare le spese - gli proibirono di accettare i servizi di uno dei locali più confortevoli della città. Attese invece nascosto nella penombra dei vicoli: il piano era quello di pedinare la donna non appena si fosse presentata, pertanto dormire avrebbe implicato il rischio di svegliarsi troppo tardi.

I secondi erano scanditi dall'eco un silenzio eloquente,
come intrappolati in una singolarità nel tempo,
dove ognuno poteva leggere, nel volto degli altri, malevoli intenti
che le parole non avevano il coraggio di indicare.
"Eccola."

Una donna s'apprestava ad abbandonare il locale con un modesto carico di lenzuola e asciugamani. Chissà - ammesso a priori che la donna fosse effettivamente la serva di Ainwen - se questa era consapevole dei rischi dell'abitudinarietà: reiterare cicli immutati, commettere peccato di leggibilità, è la maniera più ingrata e sciocca di offrirsi al proprio carnefice, al quale viene concessa la possibilità di studiare le abitudini, le mancanze e le debolezze della sua preda. La vista dell'affaccendata signora alle prese con gli ingombranti bagagli infiammò lo spirito del tiratore bastardo.

Un piccolo, malevolo ghigno
e un singolo gesto d'intesa con la sua collega.
Adagio, passo lento e bilanciato
innescato dall' adrenalina

sulle note di una muta marcia di guerra
alla quale le stelle del mattino facevano da contorno
e la luna morente da testimone.

Delicati come piume ma letali come lame affilate, con passo felino i due mercenari calcarono le orme dell'ignara donna. In un gioco di geometria e campi visivi, le loro figure si fondevano con le soffuse ombre dell'alba con professionale perizia. La preda gettava nervosamente occhiate intorno a sé, presa dalla paura di essere seguita. Ma un predatore conosce il proprio corpo, i propri rumori e ingombri; alla donna sarebbe servito molto più della semplice paranoia per seminare il suo inseguitore. Martin era un cantore di morte, la caccia la sua musa. Fregiava Martin dei suoi allori di sangue, e lo cullava al suo freddo seno sussurrandogli crude parole ad ogni ora.

"Uccidi, figlio mio,
o sii tu ucciso."

Luci dell'alba, la fiera ridesta.
E nei suoi occhi era la fame.


Lontano dal popolo
e dagli occhi
di chi lo odia
e di chi lo teme.

E come la vide addentrarsi circospetta negli stretti cunicoli ad est del borgo, Martin adagiò l'indice sulle sue sottili labbra, volgendo un complice sguardo verso Hebiko. Dal suo corpo vibrarono i segni di un potere non umano; dono, prezzo e condanna di un destino che per lui aveva ritagliato solo uno spazio lontano dagli altri. Una nicchia di solitudine in cui, rassegnato, ormai stagnava da anni e che aveva acquisito come propria. E da quel pozzo di catrame egli aveva attinto la sua forza, dai geni di una stirpe deviata e corrotta ai quali egli faceva capo. Evadeva dalla prigione del disprezzo così come fuggiva dallo sguardo delle sue vittime: semplicemente scomparendo. La sua grama pelle fremé di luce riflessa, lasciandosi poi attraversare da essa e rivelando ciò che si celava dietro. Scivolò nel nulla, mettendo a nudo la vacuità della solida materia che l'uomo ha divinizzato per timore dell'infinitudine. E da questa egli osservava, apprendeva, vinceva. La sagoma del demone si perse nei contorni del paesaggio urbano, e con essa anche ogni traccia del suo passaggio: non un suono, non un'impronta, nulla avrebbe tradito quel meschino trucco se non altre simili prodezze magiche. Ma, d'altronde, quella era soltanto una serva. Ormai completamente celato ai sensi, incalzo il passo in un territorio nel quale sarebbe stato altrimenti difficile - se non impossibile, in quella specifica circostanza - inoltrarsi senza destar sospetto. Non aveva bisogno che Hebiko lo seguisse, per ora: localizzare la tana del coniglio è solo la prima azione da spuntare dalla lista. Avrebbe riferito la posizione di un eventuale rifugio non appena la serva si fosse sentita al sicuro all'interno della sua stessa trappola.


Divider


Il demone seguì per circa un'ora la donna. Nonostante la prima svolta a destra, dopo qualche tempo cambiò bruscamente direzione, dirigendosi subitaneamente ad ovest. Camminò poi parallelamente alle mura - per così dire, dacché Kar'Warid era strutturata su uno schema urbano ellittico - fino a giungere ai piedi di una casa spoglia. Un'abitazione incastrata fra le altre, frutto di varie stratificazioni urbane più o meno abusive susseguitesi nel corso dei secoli. Agli occhi si presentava come un banalissimo rifugio dei poveri: un blocco di scarna pietra biancastra di origine metamorfica, i cui unici ornamenti erano costituiti dal grande portone in legno e dalle banali tende che richiamavano le calde tinte del See. L'abitazione si allungava su due piani come la parte maggiore delle strutture del quartiere, ed effettivamente l'idea che una fanciulla benestante potesse soggiornare in un simile buco turbò inizialmente Martin. È altresì vero che in questi casi, a meno che il bersaglio non sia completamente ignaro della propria vulnerabilità, chiunque sospetti aggressioni tenda a mimetizzarsi per non destare sospetto. Questa considerazione diveniva quanto mai vera preso in esame il caso specifico, ovvero quello di una ragazza albina e cieca. A patto ovviamente ch'ella non fosse stata a sua volta del demonio ed erede dei suoi poteri, l'anonimato sarebbe stato senz'altro la migliore delle sue autodifese.

La serva suonò con le nocche sul battente consumato dalla sabbia e dall'arsura, ma nessuno rispose al saluto. Si guardò intorno, sperando di non essere stata vista: verosimilmente era la prima ad essere rientrata in casa, oppure chi stava dentro non era ancora sveglio. Aprì dunque da sola la porta, e si fece largo nell'abitazione. "È fatta." O almeno così sembrava. Vero era che non avevano ancora alcuna prova certa del coinvolgimento di quella persona nell'intera faccenda, ma l'aria di circospezione che l'avvolgeva non lasciava affatto presagire innocenza. L'effetto dell'incanto di Martin stava lentamente venendo meno ma, fortunatamente, la serva era già all'interno delle mura di casa quando questi tornò a mostrarsi. Se l'ancella fosse stata davvero la prima ad arrivare alla dimora, non v'era alcuna ragione d'indugiare ulteriormente in quei pressi, probabilmente si sarebbe solo affannato ulteriormente per sentire la damigella zelarsi nelle faccende domestiche.

Sospirò profondamente.
Era davvero stanco.
Memorizzò la posizione della casa e tornò indietro per riferire tutto ad Hebiko. Con buone speranze, ella avrebbe potuto usare le scoperte di Martin come punto di partenza per altre future inchieste.



Dunque, riepilogo del post:
CITAZIONE

  1. Martin analizza il mandante e attende l'arrivo della serva fuori alla locanda;

  2. Stalking della donna, prima al naturale e poi in invisibilità;

  3. Memorizzazione della località d'arrivo, e susseguente rapporto ad Hebiko.


N.B.:
Nel post chiamo Hebiko per nome, ma effettivamente Martin non lo sa non essendosi lei presentata ufficialmente. Lo faccio solo per non dire più volte di quanto abbia già fatto la parola "donna".
EDIT: Corretta qualche svista qui e lì. Spero non sia un problema.

Riepilogo provvisorio:
Corpo: 100% / Mente: 100 90% / Energia: 100 90%

Esperienza sul campo

Passiva Stratega "Intuito" ~ Scan di classe e talento del bersaglio passivo, 6 5 utilizzi.

Depistaggio

Abilità personale Medio (M) + Medio (E) ~ Invisibilità completa per 1 turno.


Punti Quest rimasti:
Ambientazione: 2
Interazione: 2
Evento: 2



Edited by • Copper - 21/7/2015, 01:39
 
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Shavronne
view post Posted on 21/7/2015, 17:30









Quella sera, nella penombra della locanda aveva riportato e ascoltato le scoperte del giorno prima. Lei aveva condiviso la sua pista e le sue intenzioni, i movimenti sospetti di una misteriosa donna che sarebbe arrivata poco prima del sorgere del sole proprio in quel posto. Anche uno dei due cacciatori rivelò di aver sentito voci riguardanti una serva da un mercante di stoffe; così i due decisero di attendere assieme per verificare eventuali legami con il loro bersaglio.

La sala era avvolta dal silenzio e dal buio della notte. Appena avevano iniziato l'appostamento il loro terzo collega e l'enigmatico datore di lavoro si erano dileguati. Ad accompagnarla in quell'attesa vi era solo la tacita presenza del suo nuovo compagno e il ben più fastidioso senso di stanchezza che ripetutamente provava a impadronirsi del suo corpo.
Pensava e ripensava alle comodità della stanza che aveva appena rifiutato. Immaginava il letto, magari a baldacchino, e la vasca da bagno rimasti vuoti al piano di sopra. Aveva programmato di riposarsi qualche ora in quella locanda, del resto si era diretta lì anche per quel motivo, ma quando Martin decise di attendere con lei dovette rivedere i suoi piani. Non aveva alcuna intenzione di mostrarsi debole o poco interessata al loro ingaggio e men che meno voleva regalare l'opportunità di essere scavalcata a uno sconosciuto. Così rimase in attesa, combattendo contro la stanchezza e la noia.
Poi poco prima che la luce tornasse a bussare alle finestre della locanda la loro preda entrò e si diresse, ignara dei loro sguardi, verso il bancone. Dopo aver lasciato in sacchetto al proprietario e aver ritirato la biancheria uscì velocemente da dove era arrivata. Fu in quel momento, un istante durato un passo, che Hebiko riuscì a scorgerla in volto: pelle chiara, capelli castani, nessun trucco o particolarità ma uno sguardo preoccupato. Uno di quelli che si ottiene solo se si ha qualcosa da nascondere. Appena la donna abbandonò il locale i due con un rapido cenno d'intesa si precipitarono all'inseguimento.
Passo dopo passo Hebiko seguiva il suo compagno che a sua volta seguiva la preda. Per quanto fosse brava a nascondere le sue intenzioni e i suoi scopi, celare il corpo era tutta un'altra storia. Abituata a esibirlo e ostentarlo, rubando attenzioni e guadagnandoci con la sua presenza ora si sentiva in svantaggio. Martin si era rivelato abile ed era bastato seguire i suoi movimenti per proseguire ma più il tempo passava più il rischio di essere scoperti diventava reale. Così il suo compagno con qualche gesto le fece cenno di aspettare e poi in un batter di ciglia scomparve.
Dopo un attimo di stupore per quella sparizione così rapida ed efficace rimase in attesa, attanagliata da un dubbio. Se da una parte era quasi certa della buona intenzione del suo collega, dall'altra la sua indole con un oscuro bisbiglio le instillava incertezza. Se l'avesse abbandonata per un guadagno maggiore? Lei probabilmente l'avrebbe fatto ma era anche vero che difficilmente un uomo non ritornava tra le sue braccia.
E, poco dopo, mentre combatteva contro questa paura vide la figura di Martin che si avvicinava sul fondo della strada spazzando via la sua irrequietudine definitivamente. Era tornato.

Martin aveva scoperto e rivelato la posizione della casa e lei si era precipitata subito in quella direzione. Una volta arrivata si trovò di fronte a una normale abitazione, come mille altre in quella città ma non si perse d'animo. Se si vuole nascondere qualcosa non si vuole dare nell'occhio.
Osservò la casa con attenzione, non poteva semplicemente bussare e chiedere. Diede un'occhiata al secondo piano e per un attimo l'idea di un'arrampicata non le sembrò tanto male poi però un colpo di vento rivelò una nuova apertura. Quando si avvicinò si rese conto di quanto era stata fortunata, la folata aveva aperto leggermente una finestra spostando la tenda. Quando buttò un'occhiata all'interno vide un focolare e un tavolo con sedute ai lati due persone, un uomo voltato di spalle e la donna che avevano seguito.

I due erano intenti in una conversazione.
« ...si sarebbe aspettato un attacco? »
Era stato l'uomo a parlare.
« Non avrebbe dovuto andare da sola. »
La donna rispose scuotendo il capo.

La curiosità divenne troppo forte. Con rapidi passi si affiancò alla finestra poggiando le spalle al muro e allungò l'orecchio in cerca di altre parole.

Seguirono altri pezzi di quello strano discorso.
« tenterà ancora? »
« domani la luna sarà di nuovo all'apice e lei non vuole aspettare »
Calò il silenzio. Lei sembrava risentita, poi riprese.
« non avrebbero dovuto trovarla subito »
« pensavo te ne fossi occupata. Discrezione aveva detto »
Dalla sua voce trasparì chiaramente la sua irritazione.

Le domande senza risposta arrivarono una dopo l'altra. Di chi stavano parlando? Poteva essere Ainwen? E poi, dove stava andando e cosa stava tentando di fare? Chi l'aveva attaccata?
Dovette abbandonare la posizione, non poteva rischiare di venire scoperta ma avrebbe trovato una risposta per tutti quegli interrogativi. La faccenda stava diventando interessante e si sa... sapere è potere.




B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
۩ Alleati:Il gobbo
۩ Punti: 1 ambientazione | 1 interazione | 2 evento



 
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Liath
view post Posted on 21/7/2015, 22:28




Adrian emise uno sbadiglio soffocato e iniziò a giocherellare con l'elsa del pugnale. Era almeno un'ora che aspettava e nell'ultima mezza nessuno aveva più varcato le grosse porte di legno del cancello ovest. In compenso dalle case vicine arrivavano odori esotici ma comunque invitanti di cucinato. Aveva sentito dire che da quelle parti amavano molto il piccante e i cibi speziati, e che i vini delle terre meridionali erano così intensi da intossicare un uomo col solo profumo. Chissà, magari avrebbe trovato una carovana che lo avrebbe portato ancora più a sud.
Sospirò, tentando di trattenere un altro sbadiglio, e cercò di sistemarsi meglio. Aveva deciso di posizionarsi all'entrata di un vicolo laterale della strada che usciva dal cancello, certo che chiunque fosse uscito dalla cittadina gli sarebbe dovuto passare davanti.

Per fortuna il tramonto stava lasciando il passo al crepuscolo, e le ombre erano diventate così scure che anche lui stava iniziando a chiedersi se avrebbe visto a un palmo dal suo naso di lì a un'ora. Tuttavia, se non ricordava male, quel giorno era luna piena; forse non gli sarebbe andata troppo male.
Sospirò di nuovo e si sporse appena oltre il muro. Ancora niente.

Gli era sembrata una gran trovata quella di scaricare gli altri e cimentarsi nell'impresa da solo, ma iniziava a pensare che tra i tre il pollo era stato proprio lui. Se entro un'ora non succedeva qualcosa sarebbe andato dritto di filato al bordello e gliene avrebbe dette quattro a quella smorfiosetta da postribolo.

Tutt'a un tratto un fievole chiarore bagnò la strada e pervase il vicolo. Adrian si alzò di scattò e si appiattì contro il muro. Lentamente una figura dal lungo mantello blu notte passò oltre; il bastone su cui si poggiava era talmente candido da emanare una luce evanescente, appena percettibile.
Da come lo muoveva, Adrian si rese conto di aver appena avvistato la preda.
Fece per scattare all'inseguimento ma si arrestò di colpo. E se non fosse stata lei, ma un'esca?

Inoltre se non fosse state realmente cieca le sarebbe bastato voltarsi per scovarlo, e comunque un rumore di troppo lo avrebbe fatto scoprire. Si grattò il mento, improvvisamente preda all'indecisione: non aveva ancora preparato un piano.
Ruotò leggermente il collo con un schiocco, poi levò la sinistra al cielo terso, in un gesto d'invocazione. Non ricordava le parole esatte quindi non sarebbe stato particolarmente potente, ma gli sarebbe bastato evocare un vento sufficiente ad attutire i suoi passi.
Terminato l'incanto abbassò di nuovo la mano per poi sollevarla in sincronia con l'altra. Ora arrivava la parte più complessa: gli incantesimi di occultamento gli erano sempre risultati ostici.
Le mani saettarono rapide nell'aria, la voce le seguì in tono sommesso. La tessitura della magia richiese poco più che per l'altra, ma lo lasciò fastidiosamente debole.
Dopo l'ennesimo sospiro si sporse e, accertatosi di esser solo, si avviò nella direzione che aveva preso la figura ammantata. A giudicare dal passo l'avrebbe raggiunta a breve.



Un sibilo ferino trafisse il silenzio notturno. Adrian si arrestò di colpo. Per qualche istante l'unico rumore sembrò esser quello del vento che faceva frusciare l'erba alta, ma dopo poco il sibilo si ripeté, subito accompagnato da altri.
Il giovane portò la mano all'elsa della spada ma non la sfoderò. Era all'inseguimento della sua preda da quasi un'ora ormai e la luna era alta. Cercò di scrutare al limite della sua visuale ma riuscì a scorgere solo la ormai familiare sagoma scura, ferma a sua volta. Una trappola?

La preda che diventa predatore. Che ironia. E pensare che lui neanche voleva davvero quell'incarico. Era da quella mattina che continuava a chiederselo: perché accidenti aveva accettato? La faccenda puzzava come una carcassa vecchia di una settimana, e ora le cose non si mettevano bene. Dove girarsi e darsela a gambe prima che fosse troppo tardi. Ora. Subito!

Con l'indice sinistro tracciò frettolosamente una runa nell'aria e si sentì immediatamente rinvigorito mentre la calma tornava a prendere il controllo della sua mente. Forse era soltanto un imprevisto, doveva rimanere in guardia senza lasciarsi spaventare.
Quasi a smentirlo un lampo accecante squarciò il buio notturno e qualcosa di grosso e nero fu proiettato a pochi piedi da lui, terminando il volo da qualche parte alle sue spalle. Sembrava un cane. Di quelli grossi.

Estrasse rapidamente il pugnale e cercò di spostarsi verso un punto più elevato, nella speranza di capire cosa stava succedendo. A poca distanza gli sembrò di intravvedere la sua preda circondata da parecchie creature simili a mastini dall'aspetto sinistro.
Scoppiarono altri lampi seguiti da urla e guaiti di dolore.
Poi, d'un tratto, una delle bestie, come se si fosse sentita osservata, voltò il muso nella sua direzione e Adrian si sentì perforato da uno sguardo da rettile. Il cuore prese a battere più in fretta quando lanciò un'occhiata verso le mani: era ancora invisibile, ma in qualche modo era stato localizzato lo stesso.

Come a rispondergli la creatura dilatò le narici e sondò con attenzione il buio nella sua direzione. Le altre avevano preso a girare in cerchio, senza però dar segno di voler penetrare la barriera della figura ammantata.
Un altro fruscio, stavolta alla sua sinistra. Quasi fece un salto quando dall'erba alta emerse una figura imponente. Incappucciata.
In qualche modo Adrian era certo, anche se non aveva modo di vederne il volto, che l'uomo incappucciato -il mandante di quel lavoro - in quel momento stesse sorridendo. Uno di quei sorrisi sinistri e tutt'altro che allegri.
Rabbrividendo tornò a studiare la scena, senza però smettere di controllare con la coda dell'occhio il suo losco datore di lavoro.
Anche le bestie e la dama dal mantello blu sembravano aver percepito qualcosa, immobili e in attesa come di un segnale.


Poi, improvvisamente, uno dei cani scheletrici scattò. Neanche a metà del balzo fu intercettato dall'incappucciato, che saettò nel buio brandendo una lama. Le altre bestie scattarono a loro volta verso la barriera e contemporaneamente un lampo accecante esplose illuminando a giorno la scena.
Quando Adrian riaprì gli occhi della dama era rimasto solamente il mantello per terra, e ora le bestie avevano circondato l'incappucciato.
« Proteggiti. »

Quello saettò nuovamente e un guaito seguì lo scintillare della lama alla luce della luna.
Era un buon momento per agire. In effetti, se le bestie avessero sbranato la loro attuale preda poi sarebbero passate al pasto successivo - invisibilità a meno.
Si concentrò brevemente sul cane che lo aveva puntato poco prima e lo indicò con la destra. Con un minimo sforzò di volontà raddoppiò la forza gravitazionale che agiva sul suo corpo; la bestia sussultò. Digrignando i denti Adrian concentrò la propria energia in un unica bordata che decuplicò il peso del cane, facendolo collassare a terra con un tonfo sonoro.
Spostò rapidamente lo sguardo verso il successivo. Stavolta serviva qualcosa di più mirato. Si chinò a raccogliere un ciottolo appuntito. Lo isolò dal campo gravitazionale therasiano e contemporaneamente si preparò ad allacciarlo alla massa del bersaglio.
Un respiro profondo.

Il sasso schizzò via nel buio notturno e centrò in pieno il torace della bestia, atterrandola.
Nel frattempo l'incappucciato se la stava cavando discretamente bene con i due rimanenti. Adrian estrasse un pugnale e si diresse verso di lui. L'uomo sferrò un pugno verso la mandibola di uno dei due cani, ma l'altro riuscì a scattargli dietro e fece come per saltargli addosso. Nello stesso istante il pugnale di Adrian sibilò nell'aria e gli si conficcò alla base del cranio, atterrandolo.
L'unica creatura rimasta in piedi, il corpo martoriato da tagli e ferite profonde, lanciò un ululato agghiacciante e fuggì nell'erba alta, seguita poco dopo dalle altre.
L'incappucciato si voltò a scrutarlo e Adrian ricambiò lo sguardo.
« Mi chiedo da che parte tu stia veramente. »
Scrollò le spalle, e mosse qualche passo verso il luogo dove era scomparsa la sua preda.
« Ma forse non importa davvero. Al momento giusto scoprirai le carte, vero? Comunque questo lo prenderei io, se non ti dispiace. »
E fece per chinarsi verso il mantello.



Corpo [110] - Energia [40] - Mente [110]

Ambientazione[2] - Interazione[1] - Evento[2]
Passive:
[Talento I: Emanazione Arcana (Arcanista); Usi: 5; Nota: manipolazione telecinetica di piccoli oggetti]
Attive:
[Pergamena 1: Occultamento Migliorato (Ladro); invisibilità per 2 turni a consumo Basso (C) + Basso (M) + Medio (E)]
[Attiva 4 (10/15): attacco magico che causa impossibilità di movimento di entità Bassa per turno per 2 turni a consumo Basso (C) + Basso (M)]
[Attiva 1 (2/15): attacco magico che scaglia un proiettile di piccole dimensioni a grandi distanze, causando un danno Alto (C) se non difeso o Basso (C) se difeso, a consumo Basso (C) + Basso (M)]

 
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view post Posted on 22/7/2015, 22:17
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La pianura brulla era spazzata dal vento, che piegava l’erba sotto le proprie sferzate. Di tanto in tanto la luna creava giochi di luci ed ombre. Cose che sembravano apparire, altre che scomparivano come in una danza. Nessuno si sarebbe avventurato fuori dalla città in una notte come quella, sotto i raggi pallidi e ingannevoli, con la sabbia che si levava a tratti annebbiando la vista. Nessuno, eccetto i due stranieri che se ne stavano immobili, forse vinti dalla fatica o forse dall’indecisione, davanti a quanto restava della loro lotta.
Tutto era stato così rapido da assomigliare ad un sogno. L’erba calpestata, gli schizzi di sangue, il mantello a terra erano le uniche prove che fosse accaduto davvero. Come un grumo di colore, attendeva di essere sollevato e di mostrare ciò che nascondeva.
Ma anche un’altra figura si stava muovendo in direzione del luogo ove si era consumata la lotta. Una figura ben diversa da quella dell’uomo incappucciato e del suo compagno. Meno fiera, meno forte, meno agile. Incurvata sotto un pesante pastrano per vincere il vento e la notte del deserto, con il volto così rugoso da sembrare il tronco di un albero e gli occhi stretti in due fessure guizzanti.
Lentamente, si portava verso di loro. Non era stato mandato a chiamare, ma in quei luoghi vi erano richiami ben più antichi e potenti di quelli della voce. Sibili e sussurri che i comuni mortali non potevano udire, ma che il suo orecchio esperto aveva imparato a decifrare. E ora, facendo leva sul proprio bastone nodoso, si recava a vedere con i propri occhi quanto era accaduto.
Mentre camminava le sue labbra si muovevano, pronunciando parole mute, formule antiche contro i predatori che si erano mossi lungo la pianura. O forse semplicemente i vaneggiamenti di un vecchio svegliatosi sul far della notte, ben lungi dall’abituale orario mattutino.


_______________


Sedeva nella propria stanza, avvolta nelle lenzuola tirate fin sopra il volto. La bambola era gettata a terra ai suoi piedi, completamente priva di volontà. Non se ne curava, non pareva interessarle. Il suo corpo era scosso da tremiti continui.
Jacala sollevò la mano con cui aveva tentato di rassicurarla e chiuse le labbra in una smorfia di indecisione. Sapeva che non avrebbero dovuto muoversi, non quella notte. Sapeva che sarebbe stato troppo rischioso. Tra sé mormorò un’imprecazione e rivolse una nuova occhiata verso il letto. Il suo sguardo si addolcì lievemente. Nulla avrebbe potuto entrare in quella stanza, nemmeno se avesse avuto la capacità di volare fino alla finestra.
Scese le scale in silenzio. Al piano di sotto Ho Igoo la stava aspettando, appollaiato come un uccello rapace su una sedia, le lunghe gambe ripiegate sotto le natiche. I suoi occhi dorati parevano fissi su un punto invisibile, e lei sapeva che quello sguardo era sinonimo di profonde riflessioni.


Avrei dovuto saperlo”.
La sua voce era distante, ma l’ira trapelava comunque.
No che non avresti dovuto. E l’obiettivo comporta il correre rischi. Non è accaduto nulla di grave”.


Era vero. Si strinse nelle spalle. Un brutto spavento poteva capitare a tutti, e la sua padrona avrebbe dovuto metterlo in conto nel proseguire quella missione suicida. Avrebbe potuto avere una vita tranquilla ad Ardeal come una gran dama, evitando di affondare sempre le mani nel sudiciume. Sperava ancora di trovare un diamante in tutto quel fango. Sorrise tra sé.


Avrebbe dovuto avere i nervi più saldi”.
Ma non li aveva più, non dopo quanto era successo a Ladeca, non dopo il fallimento davanti al falso re. Non dopo aver visto fallire la propria ricerca già una volta.
Non deve ripetersi una seconda volta. Domani la seguirai”.


Si fissarono negli occhi. Quelli di Jacala tradivano la scarsa voglia di gettarsi di nuovo nelle fauci del leone. Ripensò al corpo nel letto, simile a quello di una bestiolina caduta dal nido. Le pareva quasi di poterne udire il battito del cuore.


Forse non vorrà più andarci”.


Ma sapeva di mentire. Si strinse nelle spalle con un sospiro.





CITAZIONE
Qm Point

@Liath: per te la linea temporale prosegue esattamente da dove ti sei fermato: sei davanti al mantello e stai per sollevarlo. Dimmi in confronto cosa intendi fare esattamente (lo sollevi e basta? lo colpisci, lo bruci, ecc.?)
Nel frattempo, come hai potuto forse intuire, il tuo mago è in arrivo.

@Shavronne e Copper: per voi tutto prosegue dalla mattina dopo (mi pare di intuire, ma se volete continuare con la notte ditemelo pure). In ogni caso, in confronto, dovete dirmi cosa intendete fare ora. Liath sceglierà se raccontarvi a cosa ha assistito nel corso della notte.

Come al solito, per eventuali dubbi ricorrete al topic in confronto.
Per postare vi vengono concessi 7 giorni, quindi entro mercoledì 29 alle 23.59 (o giovedì 30 in caso di proroga). Tale termine comprende sia il limite per il post che per qualsiasi attività vogliate svolgere in confronto.
N.B. Essendo agosto e partendo anche io per le vacanze, potrebbe darsi che proroghi questo termine, in modo da dare a tutti più respiro. Il che non è un invito a battere la fiacca (*frusta* u3u) ma non preoccupatevi se i ritmi, visto il caldo terribile e gli impegni estivi di ciascuno, dovessero dilatarsi.
Buona scrittura ^^

 
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Shavronne
view post Posted on 31/7/2015, 10:50









Konnor adorava il guadagno facile. In passato era stato sul campo di battaglia, aveva combattuto e aveva rischiato ma da quando si era fermato a Kar'Warid la sua vita era cambiata. Ora viveva di piccoli espedienti: furti, estorsioni e altre azioni non propriamente legali. Doveva essere una cosa temporanea, un piccolo intermezzo tra un incarico e l'altro, invece aveva finito per preferirlo alla sua vita passata. Nessun campo di battaglia e nessun padrone da servire a rischio della propria vita, ora lavorava solo per sé stesso in quella che era diventata la sua città. Nei bassifondi si era fatto addirittura un nome; lo chiamavano "il cauto". Attratto dall'oro non si poteva dire lo stesso del combattimento: ne aveva visti troppi ed era sempre sopravvissuto, quindi aveva smesso di sfidare la sorte.
Poi, un giorno un individuo orripilante, vestito di stracci e con una gobba talmente pronunciata da farlo apparire quasi inumano lo aveva scortato dalla sua signora per un incarico che non aveva potuto rifiutare. Una ragazza ricolma d'oro si aggirava sola per le strade della città, lui doveva semplicemente prelevarlo e dividerlo con la sua mandante. Nulla di più semplice.

Stava aspettando nascosta a pochi passi dalla casa sperando che la donna si presentasse in strada come i giorni passati. Fissò qualche istante l'individuo che il suo servo gli aveva portato, un uomo grosso e minaccioso, proprio quello che le serviva.
Il bersaglio, come previsto, non tardò a uscire dalla casa e lei prontamente diede il via a quello che aveva organizzato con Martin.
Konnor si avvicinò alla serva come prestabilito e iniziò a minacciarla puntandole un pugnale alla gola. Lei però si mosse in modo inaspettato estraendo da sotto la veste una piccola lama e conficcandola nel fianco dell'aggressore. Mentre lui iniziò ad afferrarla e sollevarla per il collo i suoi occhi schizzarono lungo la strada alla ricerca del suo compagno.
Il giorno prima, durante l'inseguimento non l'aveva delusa anzi era stato perfetto e per questo aveva deciso di affidarsi nuovamente a lui. Nonostante quello il suo corpo stava iniziando a prepararsi, in bocca il gusto velenoso stava prendendo forma. Non aveva intenzione di lasciare nulla al caso, non era sicura che nello scontro il suo collega avrebbe avuto la meglio e così si era preparata per donarle il suo piccolo aiuto. Poi improvvisamente l'uomo mollò la presa battendosi in ritirata e affianco alla serva comparve Martin. Con un profondo inspiro ricacciò in gola la sua essenza e rimase a osservare la scena soddisfatta. Li vide avvicinarsi e parlare: lui era il suo araldo, la sua volontà, il suo mezzo e per quello non poteva fallire. Le sue movenze e le sue parole avrebbero avuto qualcosa di lei, qualcosa che sarebbe stato difficile rifiutare. In fine i due si allontanarono, aveva gettato il seme e sarebbe toccato a lui farlo germogliare.

La strada ora appariva deserta, la donna sarebbe dovuta stare fuori per diverso tempo e la casa nel suo silenzio sembrava porgerle il suo invito. Si avvicinò alla finestra che il giorno prima le aveva mostrato il discorso che tanto l'aveva incuriosita. Da sotto il vestito sfoderò il suo piccolo pugnale e infilandolo tra le sue fessure con qualche colpo riuscì a forzarla. Iniziò a perlustrare la stanza con cautela, l'uomo della discussione poteva essere ancora tra quelle mura. Frugò tra gli armadi e i cassetti sperando di trovare qualche prova che potesse ricondurla ad Ainwen ma al piano terra non vide nulla che attirò la sua attenzione. Silenziosamente salì le scale raggiungendo il piano superiore dove ai lati di un piccolo ballatoio si trovarono due porte. All'interno delle stanze percepì dei leggeri movimenti. Rimase qualche istante immobile chiedendosi se qualcuno avesse scoperto la sua presenza poi, lentamente si abbassò portando un occhio alla serratura di sinistra. Vide una figura completamente nascosta da un mantello nero seduta su un letto maneggiare qualcosa di simile a un filo. Soffocò la voglia di spingersi oltre per scoprire l'identità della persona e passò alla porta rimanente. Nella nuova camera riconobbe una figura maschile, troppo vicina per mostrare il volto, occupata in quella che sembrava essere una posizione di meditazione.
Con la stessa attenzione con cui era salita tornò nella prima stanza dove si prese qualche secondo per riflettere. Oltre all'uomo vi era una terza persona, poteva essere lei? Il verde dei suoi occhi venne illuminato da un crudele luccichio quando incontrò la brace del camino. Voleva scoprire le loro identità, si chiese divertita come avrebbe reagito il misterioso uomo che l'aveva ingaggiata alla notizia del ritrovamento di Ainwen... carbonizzata.
Con il dorso del pugnale sollevò alcuni pezzi ancora caldi. Mai lasciare il fuoco inosservato, basta un attimo, un piccolo scoppio e la caduta di qualche piccolo pezzo nel posto sbagliato per causare qualcosa di fatale. Portò l'arma sopra un cesto di biancheria poco distante; potevano non essere il bersaglio giusto, potevano essere estranei alla sua ricerca... poco male.
Girò la mano e vide cadere i pezzi roventi nei panni poi uscì dalla finestra da dove era entrata e rimase a osservare.
Dopo poco una spirale di fumo iniziò a prendere vita allungandosi nella casa. Presto avrebbe scoperto l'identità di uno di loro o sarebbero morti.
Il rumore di una porta spalancata annunciò la discesa dell'uomo che poco prima stava meditando. Irruppe nella stanza e dopo aver rovesciato il cesto gli versò sopra un secchio d'acqua poco distante. Questa volta lo vide con più chiarezza: capelli rasati, barba appena accennata e un tatuaggio sulla schiena rappresentante il profilo di una pantera.
Non era riuscita a scoprire l'identità della terza persona ma poteva informarsi sull'uomo tatuato e poi aveva ancora Martin.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
۩ Alleati:Il gobbo
۩ Punti: 2 ambientazione | 1 interazione | 1 evento



 
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• Copper
view post Posted on 2/8/2015, 02:02




Il viso di Martin fu tagliato in due da un malevolo sorriso.
« Perfetto. »

Hebiko fece finalmente ritorno da una perlustrazione sommaria della casa della serva e i suoi dintorni; le informazioni da ella apprese tuttavia risultarono irrilevanti e, al meglio, incomplete. Urgeva con una certa impellenza un nuovo piano, dacché nonostante i considerevoli progressi nulla garantiva loro l'assoluta certezza di seguire le orme della preda giusta. In fondo, quella poteva essere una serva qualsiasi. Il confronto fra i due mercenari assunse però una piega notevolmente più interessante quando la collega accennò alle sue ... abilità uniche. Hebiko era, a suo dire, particolarmente avvezza nell'arte della manipolazione; seppure in guise subdolamente diverse da quelle solite di Martin. Abbozzò una strategia sommaria che piacque molto al demone, al quale relegò il dovere di improvvisare ed eseguire. Ottimisticamente non solo sarebbero riusciti a determinare a quale servitù la serva appartenesse, ma altresì a guadagnare il tempo necessario per setacciare con più meticolosità l'abitazione della donna. L'azione avrebbe preso luogo l'indomani, ovviamente al levar del sole, nei pressi della casa della serva: fino ad allora avrebbero avuto il tempo di riposare.

Divider

Come concordato, Martin attendeva silente in un un vicolo vicino, ammantato dalle lunghe ombre proiettate dalle luci dell'alba. Hebiko s'era premurata di raggirare un malvivente che s'aggirava in quei pressi, riferendo lui che di lì a poco una donna carica di denaro sarebbe uscita di casa per occuparsi di alcune mansioni. Il balordo - che aveva tutta l'aria d'essere un mercenario o comunque uomo d'arme - si fiondò sulla fanciulla non appena ne incrociò il percorso. Soldi facili pensava. Le puntò un coltello alla gola e la intimò a consegnare il denaro senza opporre resistenze. La vittima cercò aiuto gettando lo sguardo fra i passanti, ma nessuno si mosse in suo soccorso. La vigliaccheria di chi guardava e passava aveva segnato un'altra tacca sul fucile. La ragazza frugò ansiosamente sotto il mantello, ma fu invero sorprendente vedere che dalle vesti invece che il borsello aveva estratto un piccolo pugnale, che conficcò prontamente nel fianco del bruto. Quest'ultimo non sembrò accusare dolore della ferita, anzi inferocito dall'affronto sollevò violentemente la signorina dal suolo, stringendola per la gola e rinnovando le minacce.

Era il momento di agire.
Pregustava il sapore dello scontro,
ma

per quella volta, la sua famelica brama di sangue avrebbe dovuto placarsi. Il ladro batté immediatamente in ritirata alla vista di Martin - reazione quanto mai insolita, dato l'aspetto tutt'altro che minaccioso - allentando la presa sulla fanciulla e di fatto semplificando il lavoro del cacciatore. Meglio così, tutto sommato. Il vero piano avrebbe preso forma soltanto allora, nell'istante in cui Hebiko diede prova delle sue infide prodezze. Qualcosa di impercettibile accadde in quel momento; il tiratore venne pervaso da un'invisibile, vibrante energia che dalla spina dorsale attraversò il suo corpo di lungo. Erano queste le fibre di un inganno che la tentatrice allacciò ai tessuti del suo collega, e da essi emanava la sua tentazione:

gli donò il potere di sedurre.
Quante teste sono cadute
per le grazie
e i piaceri
che l'amore ha da offrire?

E d'irresistibile malizia era pervaso il sorriso che Martin dedicò alla fanciulla, mentre gli porgeva una mano in segno d'aiuto. Il suo corpo appariva fragile, ma la sua presa era salda. Gli occhi di lei incrociarono per un istante quelli del demone, sembrava confusa. « Immagino di dovervi ... ringraziare? » disse, moderando la voce. « Ringraziarmi? No, suvvia: i fiori son da custodire con amore, ed io mai avrei permesso ad un furfante di rovinarne uno così delicato. Faccio solo il mio dovere. » Seguì una risata contenuta, di quelle che trasudano imbarazzo. Nel suo caso, ben simulato. La ragazza si fece forza, accogliendo l'aiuto offertole e rimettendosi in piedi. Il cacciatore abbassò leggermente il capo, cercando di nuovo lo sguardo della fanciulla.

« È per caso ferita? Posso aiutarla in qualche modo? »
La ragazza sembrò calmarsi. Arrossì, un brivido le attraversò la schiena.
« Tutto a posto ... io ... ringrazio. Senza di voi ... »
La fanciulla sentiva il cuore martellare nel petto.
Perché? Perché sentiva quella fatale attrazione?
« Immagino sia scossa, in questo momento.
Posso permettermi di accompagnarla nelle sue mansioni?
Non badi al mio tempo, gli altri possono aspettare. »

La mano della fanciulla scivolò con un po' di fretta sotto il cappuccio per mettere in ordine i capelli.
« Sto semplicemente svolgendo una commissione, Signore ... ma se volete accompagnarmi ... »
Esitò, sempre più paonazza.
« ... Mi sentirei più sicura »


HA HA HA HA HA
SCIOCCA INGENUA
HA HA HA HA HA HA

Tranneneva a stento la voglia di ridere della sua innocenza, sganasciarsi così forte da vomitare le interiora. Sicura? Che sicurezza c'era nella bocca del leone? Fra gli artigli del predatore? Beati gli sprovveduti, coloro che riversano la loro fiducia negli altri! Beati loro, perché nella loro semplicità vivranno vite brevi e felici, liberi dalla condanna del sublime!

Non poteva cedere alle risa.
Non ora.
Dopo.

Sorrise.

S'incamminarono insieme verso la zona del mercato. Martin oscillava lo sguardo fra le merci esposte ed i bellissimi occhi della fanciulla, per metterle la giusta pressione. « Mi dica, cosa si accingeva a fare prima che quel bruto le rovinasse la giornata? Compere? » disse, cercando di apparire vago. « Stavo per recarmi a prendere della biancheria da portare alla mia padrona. Poi dovrò fare delle compere al mercato. » Il cacciatore realizzò - senza invero meravigliarsene - che effettivamente erano sulla strada per la locanda dalla quale la partì l'intera indagine. Martin finse però stupore: « Oh, ha una padrona? Appartiene ella per caso ad una delle famiglie ricche di questa città? »
Ormai erano all'ingresso della locanda. « Questo borgo straripa di pericoli, ne ha fatto esperienza in prima persona. Non esiti a chiamarmi, se la sua padrona avesse bisogno dei miei servigi. » Cercava con vogliosa insistenza lo sguardo di lei.
« Anche se sarei ben più lieto di offrire a lei le mie attenzioni. »
La ragazza rise, imbarazzata. Era visibilmente compiaciuta del complimento.
« Non la definirei una delle famiglie ricche della città. Ma ricca lo è di certo, Signore. Da quando è giunta paga molto bene e non si fa mancare qualche vizio. »
Il demone ebbe la sensazione che la fanciulla avesse volontariamente posto un malizioso accento sull'ultima parola, mentre lasciva cercava il corpo di Martin con il suo.
« Voi ... oh ... davvero ... non sapete ... »
Con una mano trovò il braccio di Martin. La piccantezza del gesto veniva addolcita dalla trepidazione di lei.
« Voi non sapete quanto le farebbe ... ci farebbe piacere avervi tra i nostri ... »

Stava abboccando.

« Ah, sì? » le mani di Martin cinsero i fianchi della ragazza, le sue labbra erano così vicine a quelle di lei che avrebbe potuto morderle. « Allora sarei ben lieto di offrire voi la mia protezione. » Rise, vagamente sardonico, avanzando un millimetro alla volta. « E lei, mia dama? Qual è il suo nome? »

« Il mio nome è ... »
Esitava. D I ' . Q U E L . N O M E .
« Janan ... »
« Tal'born, dei Rahm as Aid »


Le labbra s'incontrarono in un lungo, peccaminoso bacio.
A stento Martin tratteneva le folli risa che da dentro lo divoravano.
Mentire! Con le parole, col corpo!
Era tutto quello che la vita gli aveva insegnato
era ciò a cui la sua stessa esistenza si riduceva
eppure gli riusciva così bene.


Troppe volte s'era prostituito, letteralmente,
per seguire la preda nella sua tana.
Nemmeno i piaceri della carne riempivano quel vuoto.
I timidi baci di una fanciulla innamorata,
il calore del seno contro il suo petto.
Ormai quel corpo nemmeno gli apparteneva più.

Le morse dolcemente il labbro inferiore.
La guardò negli occhi, portandole delicatamente una mano alla guancia.
« Rischiamo di far tardi, sarà meglio affrettarsi. »

Janan era ormai persa. Le guance erano rosse, la voce confusa. Farfugliò qualcosa fra sé e sé, mentre si diresse da sola all'interno della locanda. Ritirò come di consueto la biancheria. « Ora dovremmo ... il ... mercato » balbettò, mentre ancora fissava con aria sognante quelle labbra che tanta goduria le avevano dato. « C'è qualcosa che la turba? » Con la serva in quello stato non sarebbe riuscito più a cavarle una sola parola di bocca, e quand'anche ci fosse riuscito con ogni probabilità non avrebbe compreso. Pensò bene di rimetterla a suo agio.
« Come mai è in questa città? Quali affari hanno portato lei e la sua Padrona a Kar'Warid? »
« La mia padrona ... »
Si concesse una pausa. Non s'allontanava di un millimetro dal suo amante, come se volesse proteggerlo dagli sguardi delle altre fanciulle. Tal'Born era suo e sue soltanto erano quelle labbra. « Lei ... è una studiosa vedete. È giunta da lontano per studiare le leggende locali della città. Pare che una di queste parli di uno spirito legato per sempre sulla terra, in attesa che qualcuno lo incontri e riesca a comunicare con lui. »
Un attimo di realizzazione; si portò una mano alla bocca. Forse non avrebbe dovuto parlarne.

Ormai c'era quasi.

Un piccolo ghigno. « Detto così sembra una favola della buonanotte. »
Martin le si avvicinò da dietro come per massaggiarle le spalle. « Una studiosa dite? Non immaginavo che Kar'Warid fosse una meta per chi ambisce conoscenza » Portò la bocca vicino alle orecchie di Janan, per far sì ch'egli fosse udito solo da lei. « Una studiosa sarebbe al centro di molte chiacchiere, qui. Immagino che non voglia far sapere in giro molto di sé ... beh, per ovvii motivi. »
Il corpo tremante di Janan si strinse ancora una volta contro quello di Martin. Fremeva dal desiderio. « La mia padrona si interessa di studi che la gente di qui non potrebbe capire » disse, girandosi e fissandolo teneramente con quei suoi languidi occhi scuri.
« Non tutti amano il genere di studi che la mia padrona svolge. E lei stessa non ispira ... fiducia. Quando mi ha reclutato sono stata ... restia ad accettare. »
Sospirò.

« Sarebbe davvero bello se voi foste dei nostri. »
Martin la tirò a sé stringendola alla vita, portò di nuovo il viso a pochi millimetri dal suo.

« Allora mi porti da lei. »

Una menzogna mascherata da promessa, un giurato tradimento nelle vesti di un bacio.
Un licenzioso scambio di passione e omertà,
vizioso sigillo su una lettera di morte.
Janan sorrise, incantata. Avrebbe assecondato la richiesta di Martin.
Perché l'amore è forte,
abbastanza da renderti debole.

Era il momento di avvertire gli altri.


Dunque, riepilogo del post:
CITAZIONE

  1. Martin discute con Hebiko del piano;

  2. Martin scaccia il criminale assoldato da Hebiko;

  3. Hebiko usa Martin come tramite per la sua malia psionica;

  4. Mlmlmlmlmlml


Riepilogo provvisorio:
Corpo: 100% / Mente: 90% / Energia: 90%

Esperienza sul campo

Passiva Stratega "Ostinazione" ~ Difesa Psionica passiva, 6 utilizzi.
Passiva Stratega "Intuito" ~ Scan di classe e talento del bersaglio passivo, 5 utilizzi.
Abilità personale passiva [1/25] ~ Capacità di utilizzare armi di taglia gigante passiva, 5 utilizzi.


Punti Quest rimasti:
Ambientazione: 2
Interazione: 2 1
Evento: 2



CITAZIONE
P.S.: Chiedo umilmente scusa per il ritardo del post. Purtroppo avevo finito il confronto il giorno stesso della scadenza e, da allora, ho dovuto preparare lo scritto che per giunta è risultato abbastanza lungo. Non volevo rinunciare alla qualità dello stesso, quindi anche se avevo detto che avrei postato il 30 ho preferito approfittare di qualche giorno extra per garantire un post che fosse all'altezza di tutti i precedenti e della quest in generale.
 
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19 replies since 29/6/2015, 23:45   416 views
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