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Non gettare via le nostre foto, Contest Mensile Giugno 2015 - "Memoria"

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• Copper
view post Posted on 30/6/2015, 22:12




Non era di certo una sensazione di cui sentivo la mancanza, quella di levarmi dal letto realizzando di essere sempre stato solo. La solitudine è una prerogativa dell'esistenza – non solo umana – e c'è poco che si possa fare a riguardo. Amici, amori, anche i rapporti di parentela si fregiano di una solidità che non appartiene loro. Sono legami che ci inculcano la convinzione dell'eternità, fallace come nulla mai. Eternità delle nostre persone e delle nostre opere, finita infinitudine che si traduce in appagamento quando ad essa si associa la presunta consapevolezza che il proprio agire è servito davvero a qualcosa. Di essere stati davvero importanti per qualcuno in questo mondo.

È da un po' che non sei nella mia vita, e dire che non mi manchi sarebbe una menzogna bella e buona. Non pensavo l'avrei mai detto, ma mai come in questi giorni vorrei che mi dicessi di rimanere ancora sveglio, alle tre di notte, a scambiare altre due parole su argomenti di cui – purtroppo – ho sempre avuto poco interesse. Sento il viscerale bisogno delle tue scemenze, dei tuoi neologismi tanto buffi quanto insensati, e di quelle piccole piacevoli noie che solo tu eri in grado di darmi. Fa male ricordare tutto, fa ancora più male apprendere il dovere di dimenticar tutto a fin del proprio bene. Eppure, per quanto ognuno di noi due non fosse altro che una virgola insignificante in un marasma di promesse mai mantenute, tu in me hai davvero lasciato qualcosa. Una cicatrice con la forma del tuo sorriso, che maledettamente finirò col cercare in altre donne, e la speranza di convincermi che non sei davvero stata tutto per me in questi anni. Dopo l'addio il mio cuore volò d'istinto su quella bacheca sulla quale attaccammo le nostre foto. La vista di noi due così felici mi disgustava, non reggevo l'idea di dover guardare il ritratto della mia perduta serenità nei giorni a seguire. Così una ad una tolsi le puntine che le tenevano ben salde al sughero, carine, decorate a mano proprio da te con cuoricini e faccine dolci. Le posi in uno scatolino della Fossil pieno delle cianfrusaglie che sono solito sparpagliare sulla mia scrivania quando studio o lavoro, vicino alla china e ai temperamatite. Scivolando le dita una ad una sulle foto e sopprimendo le lacrime, impilai con perizia le foto l'una sulle altre – alcune più belle scattate con la Canon, altre più scadenti scattate con lo smartphone – e le riposi nel secondo cassetto, quello dove tengo le memorie. Pensavo che questo gesto metodico, quasi rituale, di per sé bastasse a cancellare, lavare via quello che tu, tempesta, mi avevi portato. Ma in ogni dettaglio dei miei giorni sento quella presa, quella fitta al cuore di cui conosco bene la causa, che mi conferma che nulla sono se non un povero illuso.

Ho aperto il cassetto, che quasi per tabù era rimasto chiuso come un sepolcro nel quale avevo sigillato ogni mio buon proposito. Scorrere di nuovo fra le mani quelle foto ha soddisfatto il mio fanatico desiderio di te, ma non è riuscito a riempire quell'angolo impolverato che, da quel giorno, non trovo più il coraggio di riempire se non con la tua mancanza. Ti ricordi quella volta a Lucca, quando in mutande nel lettone dell'albergo ci scattammo quelle foto tanto sciocche quanto bellissime? Quella in cui sorridesti come mai in nessun'altra; nemmeno tu sapesti mai spiegarti il perché di quel sorriso. Dicesti che solo io fui in grado di farti sentire così, di farti sorridere di cuore anche in un piccolo Bed&Breakfast. Dicesti che solo io ero stato in grado di donarti emozioni di cui prima di allora nessuno mai ti fece pegno. Hai mai ripensato a quella foto in cui faccio finta di essere un titano della famosa serie, o ancora quella in cui simulo i baffi che non sono mai riuscito a farmi crescere con una ciocca dei tuoi capelli? O quella scattata da Ilaria al nostro primo Comicon, nella quale, stesi sul prato, mi abbracciasti di spalle? Sorridevo come un idiota con i miei denti troppo piccoli, eravamo ancora innamorati. Avevamo ancora tante speranze, promesse, sogni, ostacoli. Ma non ci faceva paura nulla. Mi aiutasti ad uscire dal baratro degli sbagli altrui nel quale stagnavo da troppo tempo, mi infondesti il coraggio di non cedere a quel richiamo primordiale che un po' tutti sentiamo. Eri il mio tutto. Avevo smesso di vivere molto tempo prima di conoscerti, il mio era stato un suicidio silenzioso e insospettabile; ma tu, tu mi facesti riemergere dalle ceneri con una nuova speranza, quella di un futuro meno grigio che ormai da anni avevo smesso di inseguire. Sapevo dal primo istante in cui le mie labbra sfiorarono le tue che non sarebbe stato facile, ma in me riverberava l'eco di una certezza. Ce l'avremmo fatta, insieme.



Ma poi abbiamo smesso di lottare.


Le nostre difficoltà, quelle di un rapporto compromesso già alla nascita, alla fine hanno avuto la meglio. Ancora una volta, sono stato io; siamo stati noi a pagare lo scotto di colpe che non ci appartenevano. E quando ci siamo resi conto che di quello che ci unì era rimasta ben poca cosa, era ormai già troppo tardi. Incomprensioni? Forse, boh. Speranze vane? Anche troppe. Ho provato l'impossibile per tenerti stretta al mio petto ancora un altro giorno, per piangere insieme a te un'altra notte ancora. Per te ho mentito, per noi ho rinunciato alle cose frivole e alle distrazioni che ci allontanavano da quel orizzonte comune che agognavamo. Tutto quello che l'uragano ha lasciato in me però sono ferite ancora aperte, e la sensazione di aver gettato al vento anni di vita in seguito ai quali, dopo tanta sofferenza atta a preservare l'unica grazia che avessi mai ricevuto in vita mia, mi ritrovo nuovamente vis-à-vis con la mia finitudine. Quel vacuo senso di smarrimento che mai ebbe il coraggio di congedarmi, a differenza tua, che era andato solo un attimo in bagno.

Con quale coraggio riuscirò a cancellare la memoria di te? Con quale faccia avrò l'ardire di promettere un futuro, una famiglia, la felicità ad un'altra donna? Quelle parole sono state solo per te. Forse lo saranno per sempre, forse non avrò più il coraggio di liberarle dalla prigione in cui le ho dimenticate. Sarebbero vuote, rituali. Forse si ama soltanto una volta nella vita, e insieme a te ho perso anche un po' della mia innocenza. Quel che resta è un dolore peculiare, che ti fa sentire pesante ma vuoto. Pesante dei problemi ai quali non ho più la forza di reagire, e vuoto dei giorni sereni perduti.

Ma, in ultima analisi, sono sempre stato solo. Dovrò solo riabituarmi a quel limbo di incertezza dal quale solo tu eri riuscita a sottrarmi. Le foto, però, sono ancora lì; in quel cassetto.
E in quel cuore che ho lasciato in te.
Ti ricorderai di me?

Ti prego, non gettare via le nostre foto.


_______


CITAZIONE
Più che un tentativo di racimolare gold con sentimentalismo spiccio, è uno sfogo personale di cui sentivo un profondo bisogno. Penso sia il mio primo - forse unico? - contest in cui non parlo dei miei personaggi. Sono eventi ancora molto vicini a me, e so che ero solito curare molto di più impaginazione e lessico, con il quale tendo ad essere spesso aulico e noioso. Questa volta, però, non vogliatemene: non ci sono riuscito. Spero che lo stralcio di riflessione e ricordi risulti leggibile anche scritto così, di getto, come lo porto dentro. Grazie per la comprensione, e scusate ancora per la qualità.

P.S.: Essendo l'argomento completamente al di fuori dall'ambientazione di Theras, mi sono premurato di chiedere a Yuu quale fosse la sezione più adatta allo scopo. M'ha detto che l'Oneiron andava più che bene, quindi prendetevela con lui. :lui:



Edited by • Copper - 30/6/2015, 23:51
 
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