Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il Popolo Nascosto ~ La città delle stelle cadenti., dall'abisso

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view post Posted on 7/7/2015, 09:55
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la città delle stelle cadenti

Fin dove si erano spinti, i Vecchi del Consiglio?
Cos'erano stati disposti a fare, pur di ottenere le informazioni che tanto bramavano?
Sfruttare il Dono per la propria cupidigia li avrebbe condotti alla sofferenza eterna, nel ricordo di ciò che era stato e che avevano distrutto.
Artefici e complici di un sistema di distruzione che stava indebolendo il loro popolo in maniera lenta e angosciante.
Uno a uno, li avrebbe fatti cadere tutti. E poi non sarebbe rimasto che il rimorso.
E una comunità. Il Popolo Nascosto.

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Le guardie della Torre si erano presentate nella mia camera di mattina presto, quando l'alba non aveva ancora compiuto tutto il suo ciclo. Non avevano nemmeno bussato, per comunicarmi che Maestro Dom voleva vedermi immediatamente - Oghmar, fortunatamente, non era nella mia stanza - nel suo studio, il che mi fece pensare che fosse successo qualcosa di grave, che dovesse parlarmi di qualche urgenza. Mi vestii al meglio e corsi verso il suo studio, prendendo fiato solo una volta raggiunto l'enorme portone che ci separava; i respiri erano però così forti che il maestro riuscì a sentirli, invitandomi a entrare.
« Se in ritardo. » disse, con tono severo e infastidito. Non mi sarei mai nemmeno permesso di immaginare eventuali scuse per avermi svegliato con quei modi; era maestro Dom, di certo non famoso per la sua gentilezza. « L'attacco dei demoni sembra essere cessato, almeno qui in Lithien. I nostri esploratori ci hanno confermato che l'intera regione è priva di quelle mostruosità, che sembrano essere state richiamate all'ordine. Se la vedranno gli Elfi, per le ultime truppe rimaste. »
Lo sdegno che riuscivo a percepire nella sua voce ogni volta che parlava del popolo elfico mi preoccupava e mi infastidiva; perché aveva adottato proprio un elfo, se li odiava così tanto? Pur non avendo mai avuto contatti reali con gli elfi e ciò che essi rappresentassero per il mio passato, la politica di Lithien di lasciarli a loro stessi mi aveva sempre stranito; non così raramente, infatti, avevo chiesto a Oghmar di raccogliere informazioni sui loro popoli, per assicurarmi che stessero bene. Una sorta di legame ancestrale che mi avvicinava a loro, incapace di reciderlo.
« Di cosa si tratta, dunque, Maestro? » Cercai di riportare il discorso al motivo per il quale mi trovassi nel suo studio. « Se è per quella relazione, ho avuto alcuni impedimenti ma sarà pronta nei prossimi giorni, glielo assicuro. »
« No, Virgil, non si tratta della relazione. » asserì, stanco, poggiandosi sul bastone per alzarsi e avvicinarsi. « L'attacco di quegli abomini ha sconvolto molte delle nostre biblioteche e ha spaventato molto la popolazione. Poco a nord della Torre, inoltre, sembra essersi creato un vero e proprio fosso che scende nelle profondità per decine e decine di metri. Più volte gli esploratori hanno assicurato che nessun demone avrebbe potuto tornare in città, ma il popolo è scosso e vogliono certezze. »
Sbuffò; più volte aveva sottolineato la codardia del popolo di Lithien.
« Vorrei che andassi a controllare che sia tutto in ordine e che, una volta assicuratoti che non vi siano demoni, dai l'ordine di richiudere la voragine una volta per tutte. Almeno non dovrò assistere ancora una volta alle stupide lamentele del fabbro. »
Un tipo di incarico che solitamente avrebbe assegnato a Oghmar, che però era troppo impegnato a raccogliere informazioni sui demoni, nel nord della regione del Samarbethe.
« Vado subito a prepararmi. »
« Prima che tu vada. » fece, distratto, tornando alla sua scrivania. « Una mia vecchia conoscenza mi ha chiesto di educare il proprio discepolo alle arti della conoscenza e del dovere. Come ben sai, non ho tempo di occuparmi di un altro moccioso, quindi lascerò che te ne occuperai tu al mio posto. »
Un altro moccioso? Per qualche secondo non riuscii a capire se parlasse di me o di Oghmar; in entrambi i casi, il Maestro avrebbe dovuto davvero migliorare le proprie capacità relazionali.
« Porterai il ragazzo con te, a esplorare la voragine. Mi raccomando, la sua incolumità è una tua responsabilità.
Avete appuntamento all'ingresso della Torre tra circa..
» guardò l'enorme pendolo sulla parete. « Cinque minuti. »
Correre. Ancora una volta.

Bene, iniziamo in maniera molto semplice; il tuo maestro si è messo in contatto con Dom, che ha rifilato la tua educazione a Virgil. Per questo motivo, ti ha dato appuntamento all'ingresso della Torre Eburnea, dove ti vedrai con Virgil e andrete a investigare per conto di Dom. Virgil arriverà in ritardo, correndo, stanco - una scena abbastanza divertente, devo dire. Procederemo in confronto, almeno inizialmente, per far interagire i personaggi.
Cinque giorni di tempo da ora.
 
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Blaubart
view post Posted on 8/7/2015, 08:31




Trovavo l’entusiasmo di Maestro Lamlisye davvero curioso, se non eccessivo. Era così eccitato all’idea di potermi offrire una formazione decisamente più alta rispetto alle sue possibilità che si era ora ritrovato su di giri, come se avesse vinto un trofeo o una medaglia, o addirittura come se avesse trovato un baule pieno d’oro.
« Non sei forse contento, mio caro ragazzo? » L’energia fuoriusciva dalle sue stanche membra, sottili e anziane. Per quel vecchio elfo ogni cosa era una scusa per gioire, dimostrava addirittura più energia di me. Ricordo ancora quel giorno d'infanzia in cui lo sorpresi a saltellare per i corridoi con fare divertito se non che infantile. Da bambino nemmeno io ero così energico. Un’umile bozza di un lontano sorriso comparve sul mio volto, decisamente imbarazzato all’idea di dover preferire un nuovo maestro; non sono una persona asociale con problemi relazionali: non è propriamente questo il mio problema… Non so dire quale fosse, in realtà. E’ che, dopo tutto questo tempo, staccarmi dalle cure di Maestro Lamlisye mi suonava strano, ecco tutto. Portai la mano destra sulle ginocchia unite, torturando il tessuto delle vesti rosse all’altezza dei pantaloni, fino a risollevare lo sguardo sul viso intenerito del vecchio maestro. Un viso scavato dal tempo, i cui occhi, acquosi e dalla sclera rossastra come solito, mi avevano sempre comunicato un gran senso di vicinanza. Mi sentii capito, mi sentii in fondo felice. Il sorriso nacque ora spontaneo, più visibile e meno incerto ma cercai di smussarlo morbidamente, come se mi vergognassi nell’aver appena provato un’emozione delicata e positiva.
« Hai appuntamento domattina, all’ingresso della Torre Eburnea. Incontrerai il Discepolo del Quarto. » Le mie labbra si schiusero. Dovevo dirmi mediamente contento, infondo, ma non sapevo cosa pensare, o cosa dire... Non sapevo nemmeno chi fosse questo Discepolo e, per gli Dei, nessuno mai mi aveva concesso di visitare la Torre! E dire che, in tutto questo tempo, mi ero limitato ad ammirare tale struttura solo dal di fuori; era forse, questo, un segno diretto dal fato affinché io potessi finalmente abbandonare la noia quotidiana che mi aveva costretto ad un’adolescenza priva di nuovi stimoli? Dentro di me nacque finalmente la speranza di una vita meno mediocre. « La tua infanzia e la tua adolescenza ti sono bastate per imparare ciò che io ho imparato in decenni. Non posso più insegnarti nulla, Viinturuth. E’ tempo che qualcun altro intervenga nella tua vita per offrirti una nuova conoscenza, una nuova disciplina. » Il Maestro si alzò dalla sua sedia ed io lo imitai: ero in tutto dovere di abbracciarlo e temetti di dare danno al suo fisico gracile nel farlo. Dovevo lasciare, dunque, che il susseguirsi degli eventi mi trascinasse come avevo sempre lasciato che accadesse - del resto, non era, forse, già tutto scritto sugli astri? « Raggiungi la tua stanza e riposa, ragazzo mio: d’ora in poi non dovrai più assecondare le vanità di un povero vecchio. » Le parole del maestro, caratterizzate dal suo giocoso sorriso e quasi sussurrate al mio orecchio, non fecero che sminuire il saluto come un semplice arrivederci - non potevo, tra l’altro, accettare gli addii. L’abbraccio si sciolse e fui in grado di dire solo una parola. Cogliendo entrambe le sue mani, le congiunsi alle mie.
« Grazie. » Grazie per essere stato fiero e orgoglioso di me. Grazie per avermi insegnato le arti arcane, per non avermi cresciuto con una scarsa autostima. Grazie per aver coltivato il mio talento, grazie per lasciare che qualcun altro lo coltivi al tuo posto e più di ogni altra cosa, grazie per essere stato un padre. Queste parole non riuscii a pronunciarle.

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Camminare per le strette scale cittadine - le strade di Lithien erano fatte in questo modo -, che da sempre si protraevano verso l’alto in spirali di pietra di ogni forma, non era mai stato così bello. Quella mattina sembrava essere partita al meglio: avevo dormito meravigliosamente e mi ero svegliato presto come di mia abitudine. La Torre Eburnea si ergeva ormai non molto distante ai miei occhi e più mi avvicinavo, più la mia contentezza cresceva senza ch’io me ne rendessi conto. I passanti mi guardavano come se irradiassi di luce nelle loro giornate e capii che ciò era dovuto al mio più che spontaneo sorriso, che, una volta accortomi di avere stampato in viso, cercai di gestire. Non avevo mai capito l’origine del mio problema con l’umore manifesto né comprendevo il motivo di tutto questo correggermi, eppure tutto ciò aveva ormai preso la forma di un automatismo, di un’abitudine quasi incorreggibile. Che io mi vergognassi di mostrarmi come realmente ero? Non avevo tempo per rispondere a questa mia domanda: la Torre Eburnea era un gigante paragonata alla mia statura: dovetti alzare il capo per cercare di osservare la cima che, da quella corta distanza, non riuscii a scorgere come ero solito fare dalla finestra della mia camera da letto. Il grande portone dell’entrata era aperto, difeso prontamente da quattro guardie la cui armatura color avorio sembrava dirla lunga sulle loro capacità in battaglia. Lievemente intimorito, mi avvicinai ad esso per cercare un modo di palesarmi; non potei evitare un’istintiva occhiata verso ciò che era presente all’interno di quel meraviglioso portale di marmo bianco. Attesi con le mani conserte verso il basso, eretto e sicuro di me, per i differenti minuti. Ero forse in anticipo? No di certo: una delle cose che ero bravo a gestire era proprio il tempo. L’attesa si protrasse di ulteriori minuti e nel mentre cercai di immaginare un figuro serioso, poco dedito alla risata, sussiegoso come il Maestro Blougöi. Scacciai immediatamente quell’immagine, annoiato dalla sua troppa rigidità posturale, oltre che d’animo.
E finalmente un suono ritmico, proveniente dall’interno dell’immenso edificio verticale, attrasse la mia attenzione: un giovane elfo adulto correva veloce verso quella che per lui era l’uscita della Torre marmorea. Avevo lasciato Maestro Lamlisye ed ecco che lo ritrovavo decisamente ringiovanito. Buffo, non c’è che dire. Mi scappò un sorriso divertito, forse un po’ sommesso per la paura di essere rimproverato da quello che probabilmente doveva essere il mio nuovo maestro… lievemente affannato, ecco. Lasciai che recuperasse il suo fiato.
« Lei… deve essere il Discepolo del Quarto, non è così? Sono lieto di conoscerla, il mio nome è Viinturuth. » Lui annuì. Avanzai la mia mano verso di lui e lui la strinse, una stretta poco energica ma gentile. Sembrava non abituato a quel genere di saluto ed io non potei che studiare la sua reazione. Ero abituato a farlo da sempre: odiavo il fatto che qualcosa potesse sfuggire ai miei sensi. Si presentò col nome di Virgil Dom Carh’sinthon e sembrò assumere un comportamento forzatamente austero che, a dirla tutta, mi fece sorridere. Aveva un’espressione simpatica e dentro di me provai sollievo: per mia grande fortuna non appariva così rigido e altezzoso come Maestro Blougöi. Riunii le mani dietro la schiena, cercando di assumere una posizione più consona al dialogo. Quando lui mi chiese se fossi già stato informato del motivo per quale ero stato convocato, io risposti in modo sincero.
« Mi è stato detto che lei sarà il mio Maestro d'ora in poi: non mi è stato riferito nient'altro. » L’imbarazzo del mio nuovo maestro crebbe velocemente ed io guardai in basso, credendo di aver detto qualcosa di troppo lusinghiero oppure scomodo da digerire… ”Non è affatto come Maestro Lamlisye”, pensai. Del resto, per quanto fosse un mago comune si era sempre dimostrato una persona energica ed estroversa, diametralmente opposta all’elfo che in quel momento mi era di fronte. Eppure la sua personalità, quella di Maestro Virgil, mi diede l’impressione di essere così pura! Ispirò in me una certa fiducia, sebbene, a causa della mia razionalità, fossi per natura una persona diffidente. Ed eccolo parlare, ancora intimidito.
« Consideralo piuttosto un periodo di apprendistato.. sì, ecco, consideralo in questo modo. Il tuo maestro sarà comunque il tuo esempio. Ad ogni modo, cercherò di rendere questo periodo il più istruttivo possibile. » Avrei voluto fare qualcosa per rompere il ghiaccio, ma non ne avevo modo. Comunque, lo ringraziai formalmente, pensando però, in modo spiacevole, di non avere punti di riferimento ferrei a cui ambire; sebbene Maestro Virgil sostenesse questa teoria, io non reputavo Maestro Lamlisye un modello da imitare - per quanto lo stimassi, i miei standard era ben lontani dalle sue virtù. A pensarci meglio, non avevo ancora conosciuto una persona che rispecchiasse la mia ideologia e che mi spingesse a diventare come lei - ho sempre pensato di fare di meglio per me stesso secondo regole da me prestabilite. Maestro Virgil si esibì in un mezzo inchino ed io feci altrettanto: mi aveva trasmesso un po’ del suo imbarazzo per cui decisi di imitarlo, di mettermi al suo stesso livello relazionale. Intimidirlo mi rendeva lievemente triste.
« Cosa sai del recente attacco dei demoni, Viinturuth?» Domandò lui. A pensarci bene, Maestro Lamlisye mi aveva tenuto lontano da certe informazioni ed io non avevo mai assistito ad una minaccia demoniaca. Avevo sentito delle voci riguardo questo tipo di eventi, però. Decisi di rispondere sinceramente: fingere di sapere qualcosa per apparire migliore era tanto lontano dalla mia natura quanto fare il leccapiedi. « Maestro Lamlisye non ha mai approfondito l'argomento, ma sono documentato sulla loro natura e provenienza. » La malvagità della progenie demoniaca e il loro mondo, Baathos, erano noti a chiunque qui a Lithien.
« Bene. Tanto basta per metterti al corrente di quello che faremo oggi. » Asserì, prima di assumere un tono più serio. « A nord della Torre Eburnea si è aperta una voragine nel terreno; ci è stato chiesto di indagare sulla possibilità che vi abitino demoni del sottosuolo. In tal caso, dovremmo epurare la zona e richiuderla, una volta concluso il lavoro. » Per la prima volta in vita mia non mi vergognai del sorriso ampio che mi si era stampato in volto: che stessimo per uscire fuori dalla città? Che questa fosse una vera e propria avventura? Non potevo crederci per davvero. Stranamente, desiderai saperne di più sul recente attacco da parte dei demoni ma stetti in silenzio, sorridente. « Hai un addestramento militare, Viinturuth? Sì, insomma.. sai batterti? » Questa domanda, invece, mi prese alla sprovvista. Il sorriso sul mio volto divenne incerto e le mani legate dietro la schiena si slacciarono fino a raggiungere passivamente i miei fianchi. Non sapevo cosa rispondere ma cercai di essere determinato.
« Sono stato addestrato alle arti arcane dell'evocazione... Se non sono bravo io, lo sono le mie creature. » Maestro Virgil sorrise e tanto bastò per farmi credere di essere riuscito a cacciare fuori la determinazione. Non avevo mai sperimentato un combattimento, non avevo mai vissuto una minaccia, eppure riponevo molta fiducia nelle mie creature. « Se hai qualche domanda da fare, questo è il momento giusto; non vorrei che ti distraessi, durante la ricognizione. » - « Io non amo fare domande. » Aggiunsi immediatamente; sebbene avessi delle curiosità in merito alla progenie demoniaca, preferivo di gran lungo soddisfarle di mio pugno in un secondo momento, senza servirmi della conoscenza altrui - e poi non era mio interesse assillare il maestro con domande di cui avrei potuto fare a meno. « Le direttive che le hanno dato sono chiare. » Conclusi.
Eravamo dunque pronti ed io non ero più nella pelle. Camminammo, lo seguii. Ed eccoci alla Porta Nord della città. Maestro Virgil mostrò un documento speciale che io cercai di sbirciare da lontano, con scarsi risultati: doveva essere un permesso speciale… a pochi è concesso il permesso di uscire fuori dall’Alta Città. Quando le guardie diedero il consenso, io non stetti più nella pelle. Non so come descrivere questa sensazione… Fu come ascoltare una nenia antica, un canto in antico theraniano capace di metterti i brividi a fiori di pelle…! Mi mancò il respiro: un sorriso che mai avrei pensato potesse appartenermi mi ravvivò il volto! Ero così impegnato a dedicare la mia attenzione a ciò che era intorno a me che non parlai col mio nuovo maestro. Per Zoikar! Tutto era così splendido! Così tanto che mi sfregai le mani per il prurito, addirittura. Mi ricordai della voragine solo quando me la ritrovai davanti. Era parecchio grossa e a guardarci dentro pareva che non finisse mai: era buia e la fine non era visibile ad occhio nudo. Maestro Virgil sembrava parecchio imbarazzato e capii perché: « Ho dimenticato l’attrezzatura. » Era visibilmente dispiaciuto ed io rimasi interdetto… Doveva essere una persona alquanto distratta, forse se ne era dimenticato nell’intento di raggiungermi in fretta, visto il ritardo. Non diedi troppo peso a quanto accaduto, del resto non valeva la pena sprecare tempo e magari avrei dovuto pensarci anch’io prima di incamminarci ma ero così preso dall’idea di poter intraprendere per la prima volta un’avventura che, ad esser sinceri, non ci avevo pensato minimamente a come raggiungere la base della voragine. Mi chiese quindi se avessi qualche idea sul come scendere, così, a prima occhiata, cercai di studiare le pareti interne all’immensa spaccatura del terreno. « Ci sono dei piccoli appigli rocciosi lungo la parete, ma non mi sembrano affatto sicuri. » Era come dare aria al vento, di fatto il maestro tentò di sperimentare la sicurezza di queste escrescenze di pietra ma queste subito crollarono: erano deboli. Cercai di pensare a qualcosa di più fattibile ma la cattiva abitudine di fantasticare ogni giorno avrebbe di lì a poco danneggiato la mia razionalità: « La magia sembra l'unica possibilità; la voragine è troppo profonda e l'abisso non è illuminato. L'ideale sarebbe volare illuminando il buio. So manipolare del fuoco: potrebbe servirci per vedere meglio durante la discesa, tuttavia non sono in grado di volare. Lei è in grado di farlo? » … Un’improvviso imbarazzo mi assalì le gote dovendo aggiungere una pessima idea. « … Potrei salirle sulla schiena, nell’ipotesi… » Come non detto. Fortunatamente il Maestro sorrise, credendo scherzassi. Lo assecondai, ridendo per la vergogna. Si allontanò da me, cercando di perlustrare meglio la voragine. Nel frattempo cercai di respirare a fondo - proprio non trovavo alcuna soluzione! Mi attivai affinché potessi rendermi utile e, camminando lungo il perimetro della spaccatura, mi accorsi che niente avrebbe funto da soluzione. Almeno fino a quando l’elfo non mi chiamò: corsi in fretta e la soluzione apparve ai nostri occhi.
« Qui c'è una liana, potremmo sfruttare questa. Mi sembra ben solida. » Ero un po’ titubante eppure, vedendolo avviarsi con disinvoltura, cambiai idea. Mi accertai che la liana non si sarebbe staccata reggendo sia il mio peso che quello di Maestro Virgil, e poi iniziai a scalarla. Cercai di fare parecchia attenzione ad ogni passo - la prudenza sembrava essere l’arma primaria in condizioni di questo tipo…
 
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view post Posted on 9/7/2015, 13:48
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« Il vecchio è forse impazzito? » la sala dei cristalli trasformava le voci dei presenti in sottilissime note distorte che mai avrebbero permesso di identificare chi si nascondeva sotto i cappucci neri. « Sì, sì, è impazzito; finirà per distruggere quello che abbiamo creato. Fottuto vecchiaccio! Sapevo che avremmo dovuto eliminarlo quando c'era tempo. »
Quella era la sesta volta, in decine di anni, che uno di loro aveva indetto una riunione.
« Siamo davvero a questo punto, Nove? Sette avrà semplicemente dimenticato, non c'era alcun bisogno di scomodarci tutti per una questione di tale semplicità. » L'uomo sbadigliò sonoramente, accrescendo la rabbia dell'altro.
« Cosa stai dicendo?! Come potrebbe dimenticare? L'intero Potere deriva da quelle nostre azioni! » si avvicinò al muro della grotta, colpendolo con forza. L'intera struttura tremò per qualche secondo. « E voi cosa avete da dire? Trovate la cosa normale, forse? »
« Trovo che tu ti stia agitando fin troppo, Nove. Sono d'accordo con Sei; Sette avrà semplicemente dimenticato di lasciare la spazzatura lì dov'è. »
« Non chiamarli così. C'è anche tuo padre tra quelli, voglio ricordarti. In ogni caso le preoccupazioni di Nove non sono da sottovalutare; bisogna monitorare la situazione, far credere all'elfo che non via alcun problema. »
« Ho tagliato i miei legami con quell'uomo da molto tempo; per me è e rimane spazzatura. »
« La stessa spazzatura che mangi ogni giorno per sopravvivere, Otto. »
« Come osi, stupido insolente? »
« Basta così. Abbiamo perso fin troppo tempo a litigare. » Una figura ben più piccola delle altre si fece strada, tenendo la mano salda al soprabito nero di Dieci. « Ci penserai tu, non è vero, mia adorata? »
La figura annuì, felice; poi saltò nel buio della grotta, sparendo agli occhi dei presenti.
« L'incontro termina qui. Per il potere e la conoscenza. »
Per il potere e la conoscenza, avrebbero ripetuto in coro, gli altri.

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Più passava il tempo, più sentivo l'imbarazzo crescere; non mi era mai stata affidata la vita di un'altra persona, tanto meno la sua educazione alla conoscenza. Sentivo un peso non indifferente gravare sul mio corpo, che mi faceva sudare e sussultare a ogni parola di Viinturuth. Non sapevo se fosse o meno una sensazione normale, ma sentivo una responsabilità davvero grande nei suoi confronti, tale da non permettermi di distrarmi nemmeno un secondo: la sua vita, in fondo, dipendeva dalla mia attenzione e dalla mia capacità gestionale. Dovevo ammetterlo: il Maestro si era comportato davvero in maniera sconsiderata, quel giorno; non avevo esperienza, non avevo controllo diretto sulla situazione. A stento ero uscito dalla Torre, figuriamoci badare a una vita estranea alla mia.
La voragine scendeva per decine e decine di metri, lasciando spazio a un'oscurità sempre più forte, in grado di inibire anche i miei sensi da elfo. Aprii la strada al ragazzo dai capelli color cenere - che si era dimostrato estremamente comprensivo nei miei confronti, tanto da non recriminarmi alcuna delle situazioni di imbarazzo che avevo generato - e finalmente il piede destro toccò il terreno roccioso. Generai una leggera fiammella magica e la lasciai fluttuare in aria affinché funzionasse da torcia. Alla base della voragine si era creato uno spazio roccioso estremamente vasto, privo, però, di alcuna galleria o uscita che non fosse la voragine stessa. La conformazione delle rocce era antica, ricca di pietre preziose incastonate al loro interno che riflettevano la luce della flebile emanazione magica. Il terreno, perlopiù sabbioso, ricordava territori ben lontani da Lithien - così come la temperatura, visibilmente più alta.
Improvvisamente, un rumore attrasse la mia attenzione; proveniva dal fondo della caverna e somigliava ad uno squittio.
« In guardia, Viinturuth. » con il cuore in gola cercai di addentrarmi all'interno della caverna; uno sguardo all'obiettivo, uno al giovane studioso. « C'è qualcosa lì.. »
Poi il buio. La fiammella magica fu risucchiata da una forza più grande e per qualche secondo l'intera caverna fu inghiottita dall'oscurità. Poi una nuova fiamma, ben più grande, si generò nella mia mano destra, rivelando creature che fino a qualche secondo prima non esistevano. Demoni? Come possono essere arrivati fin qui, privi di qualsiasi collegamento con l'esterno?
« Sono demoni dell'abisso, Viinturuth! Non so cosa ci facciano qui, ma è tempo di dimostrare le tue abilità da evocatore! Occupati del Tergan. » indicai la figura più piccola; un demone minore, senz'altro. Il giovane studioso non avrebbe dovuto avere problemi. « Coraggio, portiamo a termine l'incarico! »
Che il Savio ce la mandi buona.


Entriamo nel vivo; come effettivamente avevano previsto, dei demoni abitavano quella voragine. Non appena vedono Virgil e Viinturuth questi attaccano senza pensarci due volte: sono un Tergan e un Kiranei. Virgil ingaggia combattimento contro il Kiranei, lasciando il Tergan a te. Questo post sarà un combattimento autoconclusivo contro il Tergan, che in questo caso specifico è specializzato in tecniche di camuffamento e invisibilità. Per quanto riguarda i combattimenti autoconclusivi, trovi informazioni in questo topic (--) mentre per quanto riguarda i demoni, trovi informazioni in questo topic (--).
Sarà un giro di post normale, senza la parte in confronto; se hai domande da porre, però, utilizza pure quel topic.
Cinque giorni di tempo.
Buon post.

P.S. La prima parte del post è relativa a un luogo diverso rispetto a quello in cui siete, quindi ovviamente non puoi sapere cosa sta succedendo.
 
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Blaubart
view post Posted on 10/7/2015, 11:37




La discesa su quella liana iniziava ad essere difficoltosa e via via la visibilità diveniva sempre più effimera, fino al buio più totale. Eppure non volevo lamentarmi, non dissi una parola. Chiusi gli occhi, piuttosto, limitandomi a scendere quietamente affidandomi all’unico senso del tatto: avrei voluto evocare del fuoco ma avevo paura di bruciare la liana e, di conseguenza, far cadere da chissà quanti metri sia me che Maestro Virgil. Mi affidai dunque alle mani e alle caviglie: non avevo fretta e raggiungere la roccia con i soli piedi, anziché rovinosamente con tutto il corpo, era una pratica verso cui bisognava portare pazienza. Fortunatamente, Maestro Virgil evocò una leggera fiamma che illuminò il nostro cammino, una volta raggiunto la terra. Strizzai gli occhi per un istante poiché dovettero abituarsi alla magia del Discepolo del Quarto. Il terreno era… sabbioso. Non avevo mai visto la sabbia dal vivo, non che io ricordi, quantomeno. La temperatura era più alta rispetto alla superficie: non era un problema. Mura di pietre preziose, riverbero della magia fluttuante del mago che mi faceva da compagno, si resero palesi ai nostri occhi ed io le guardai: sul mio volto un infima reazione, millimetrica - dentro di me, la sorpresa grande; non amo manifestare entusiasmo abitualmente. E poi dei suoni, grugniti, forse. Mossi di scatto la testa verso quella direzione, poi il maestro parlò. Eravamo entrati in una caverna, o almeno questo sembrava nella luce fioca.
« In guardia, Viinturuth. » Detto, fatto. Le mie risorse attentive s’attivarono improvvisamente, come a chi accade in situazioni di potenziale pericolo. « C’è qualcosa lì… » Non appena Maestro Virgil finì di pronunciare quelle parole con tutta la prudenza di cui disponeva, ecco che cademmo nel buio, improvvisamente. Sussultai, risucchiando l’aria dalla bocca per lo spavento e indietreggiai impulsivamente! La luce tornò nuovamente per portare conoscenza: due creature, visibilmente grottesche e dalle movenze minacciose si erano accorti della nostra presenza: ero preparato a questo ma è facile dirlo finché non si hanno davanti potenziali minacce alla propria incolumità. La furtività non era certo una buona alternativa per attaccarli di sorpresa. « Sono demoni dell'abisso, Viinturuth! Non so cosa ci facciano qui, ma è tempo di dimostrare le tue abilità da evocatore! Occupati del Tergan. » Vedere un Tergan dal vivo faceva tutt’altro effetto; ricordai velocemente il manuale di demonologia che Maestro Lamlisye mi invitò a leggere per saziare le mie curiosità in merito e seppi che quel tipo di creatura, dal fisico basso e dagli occhi selvaggi, non era tra le peggiori che si potessero incontrare. Quel particolare Tergan era armato di una specie di daga, e aveva una spada al suo fianco destro. Aveva mirato a me.
In quel momento spalancai gli occhi, avrei preferito sparire. Ripeto, vedere un Tergan dal vivo faceva tutt’altro effetto; le figure dei manuali, i disegni dei testimoni non rendono per niente l’idea. Cercai la sicurezza, dovetti cercarla all’interno della mia mente. Da qualche parte pur doveva essere. Ed io rovistavo, certo, ma continuavo a sentirmi di pietra, bloccato in una condizione in cui mai in vita mi ero ritrovato. Il mio primo combattimento. L’orrida creatura iniziò a correre nella mia direzione urlando parole in una lingua che io non conoscevo, parole che avrebbero congelato il sangue dei bambini eppure dovetti reagire, dovetti riscaldare le mie membra da quelle urla minacciose, era mio dovere lottare. Per salvarmi, per salvare Lithien. Ultimamente vivevo l’Alta Città come una prigione da cui non sarei potuto mai uscire, eppure… mai prima d’ora sembrava casa. Una casa da difendere a tutti i costi. Alle mie orecchie arrivarono altri suoni e capii che Maestro Virgil si stava battendo con un demone più forte. Non lo guardai, dovevo concentrarmi sul Tergan, il quale era ora più vicino nella sua corsa. Continuava a urlare ma dovette smettere presto: il fuoco si concentrò a qualche metro da lui ed egli dovette frenarsi, ponendosi sull’attenti. Un Danzatore intervenne in mio soccorso, per mio volere, per difendermi e uccidere. [Medio -10% Energia ; -1 utilizzo Passiva “Evocazioni fortificate”] La sua chioma rubiconda, propria del fuoco che la costituiva, si muoveva nervosa assieme alle dita dello stesso. Il suo corpo, involucro, era pieno di materia cremisi e viva. Tornai a respirare, come se mi sentissi già più al sicuro.
Il mostro aizzò la sua prima mossa e dovetti ammettere che avesse cervello: riconobbe me come nemico principale, motore dell’azione e della creazione della creatura che avevo appena evocato ai suoi danni. La scavalcò con dei trucchetti d’un’agilità particolare, un movimento corporeo buffo ma che avrebbe fatto ridere poco alla prima ferita che avrebbe potuto causare. Non appena ci fu lui nel mio campo visivo, avendo scavalcato il Danzatore, quest’ultimo tentò di afferrarlo con una mano, contorcendosi feroce, ma questi gli sfuggì, correndo con tutto sè stesso verso di me: il suo sguardo sembrava assaporare già il mio sangue. Già… la malvagità dei demoni. Sicuro di me stesso, stetti immobile, gli occhi puntati sui suoi, quieti e taglienti al contempo. Lungi da me impaurire i bambini di Lithien, o intimorire i maestri né i mercanti, ma se c’era qualcuno che avrei preferito ammaliare con la mia fermezza, quello era proprio il Tergan che avevo di fronte. “Tu mi temi, sei terrorizzato da me”, pensai. E così fu. [-1 utilizzo Passiva “Ammaliare”] Egli si bloccò dov’era e spalancò gli occhi, prima di diventare un tutt’uno con l’ombra, dissolvendosi nell’aria. [Nemico: Medio -10% Energia, Invisibilità psionica] Doveva essere un trucco magico, un’effetto d’invisibilità che avrebbero usato solo i codardi, gli ingiusti, ma i demoni di questo non si sono mai vergognati, è risaputo. Pensai così che volesse colpirmi con la sua arma senza che io mi accorgessi di lui. Il Danzatore era ora intento a girare nervosamente il suo collo e il suo busto per cercare il mostro. Mi sforzai per capire effettivamente se quella che avesse attuato fosse un’illusione o meno e fui costretto a sforzare le mie meningi, cercando di rendere lucida la mia mente: non ammettevo che qualcheduno potesse soggiogarla. Non potevo accettare di possedere mancanze alle mie capacità mentali in alcun modo. [Medio -10% Energia, Difesa Psionica] Eccolo! Distava ora a due passi da me ed era intenzionato a pugnalarmi in modo brutale: il timore che provava nei miei confronti ora era un misto di paura per la sopravvivenza e pura aggressività. Onde evitare quell’attacco feci un balzo all’indietro che, però, vista la mia negata agilità, finii in terra: una caduta che cercai di attutire con le mie mani, che divennero quindi sbucciate, scorticate, sul terreno ora roccioso oltre che sabbioso. [Danno basso, Corpo] Emisi un piccolo gemito di dolore e nel mentre il demone fu sorpreso dall’attacco incandescente del mio Danzatore. Aprendo la bocca, di fatto, questi emise una fiammata particolarmente agile e sinuosa che illuminò ancora di più il luogo tetro in cui eravamo tutti, amici e nemici. [-3 CS in Agilità, Danzatore d’Altofuoco (0 CS)] Essendo distratto nello sferrare un affondo sulle mie carni, il Tergan non si aspettò l’attacco del Danzatore, credendo che questi non lo vedesse, ma ora io avevo messo chiarezza nella sua mente; il fuoco arse e la schiena del mostro andò in fiamme, bruciandone le vesti lerce e lasciando un'ustione sostanziosa. [Nemico: Danno Alto, Corpo] Il Tergan urlò dal dolore ma riuscì a liberarsi delle vesti infuocate molto facilmente, strappandosele di dosso e rotolando verso sinistra per poi rialzarsi in un movimento davvero veloce. Il Danzatore mi guardò per un attimo con i suoi occhi di fuoco ed io ricambiai lo sguardo, un po’ spaventato dalla situazione. La mia creatura mi aveva salvato da un colpo potenzialmente letale… Riposai gli occhi atoni sul maligno.
Non sembrava messo alle strette in ogni caso, il suo corpo reggeva in modo palese la sua energia e la sua volontà di volermi morto. Lo compresi. Del resto, così funziona la vita: la sopravvivenza, l’antagonismo, luoghi dove non c’è spazio per la convivenza. Aveva stretto a sé la propria daga ed ora, rialzatosi, non esitò a sfoderare la seconda arma. Il Danzatore, sfrecciato immediatamente all’assalto, tentò lesto di soffocare il Tergan con le sue stesse mani fumanti, le quali avevano già iniziato ad emettere gas opposti all’utilità dell’ossigeno - il suo fuoco esplose nell’aria fino a divenire nullo al veloce fendente di spada del mostro grottesco. Il Danzatore sparì dal luogo dove lo partorii. [Danzatore d’Altofuoco è sconfitto] Era ora rivolto verso di me; altre parole incomprensibili accentarono il suo disgusto nel vedermi ma io rimasi in silenzio, immobile, senza sapere se la mia staticità fosse frutto della paura o della sicurezza: gli strani scherzi della vita. Forse, semplicemente, non avevo il tempo per pensarci; accadde tutto velocemente. Nei suoi occhi ancora un lieve terrore, che sparì ai miei occhi nello stesso momento in cui ritentò di nascondersi in seno all’oscurità. [Nemico: Medio -10% Energia, Invisibilità psionica] Nuovamente sforzai la mia mente affinché potessi liberarmi dell’ennesima illusione ad area, della quale sembrava essere maestro: questi giochetti mi rendevano nervoso, oltretutto infastidito da un tale atteggiamento. Non potevo accettare l’idea di ricascare nuovamente nello stesso errore psichico - non avrei perso quel combattimento per una mancanza di questo tipo. Assolutamente. [Medio -10% Energia, Difesa Psionica] E nuovamente lo rividi: stavolta aveva optato per un giro più lungo onde evitare di attaccarmi in linea retta - il degradante mostro era in grado di ragionare in maniera lievemente più strategica di quanto pensassi - del resto avrei potuto pensare di attaccarlo in linea retta presupponendo un suo avanzamento. Fortunatamente questo fu per me un vantaggio: ebbi l’occasione per attaccarlo senza la fretta di un millisecondo. Per istinto, il mio desiderio di causargli un grade dolore si instillò nelle mie carni - non era mai accaduto ciò che avevo appena imparato a fare: dalle mie guance e dalla mia spalla destra nacque il fuoco, come se la mia pelle fosse un tutt’uno con questo elemento. In linea retta esso seguì il tragitto allo scopo di ardere nuovamente le carni del nemico, illuminando il segmento del proprio cammino. [Medio -10% Energia, Altofuoco] Fui sorpreso dalla maestria del Tergan nell’utilizzare le proprie lame allo scopo di una difesa magica: esse furono disposte a croce e si illuminarono di una strana tonalità di giallo. Il fuoco sparì nuovamente. [Nemico: Medio -10% Energia, Difesa Magica] Dovetti pensare in fretta a una veloce alternativa ma non feci in tempo: lui era già in movimento prima che me ne accorgessi e stavolta fu pericolosamente vicino: aizzò contro di me un fendente dall’acciaio ancora illuminato all’altezza dello sterno [Nemico: Medio -10% Energia, Attacco magico]; cercai di indietreggiare nuovamente ma stavolta i tentativi di difesa furono vani… Urlai dal dolore, incredibile ma vero: per la prima volta in vita mia qualcheduno aveva attentato alla mia vita non fallendo nel ferirmi. La ferita non era molto profonda, seppure il sangue uscisse copioso, ma potevo sentire la mia pelle aprirsi e irritarsi. [Danno Medio, Corpo] Però fu per istinto che io mi salvai nuovamente: il fuoco si separò dal derma degli avambracci diretto in distanza parecchio ravvicinata al viso spigoloso e aggressivo del Tergan, oltre che tangere anche il suo collo e il suo petto, seppur in maniera minore. [Medio -10% Energia, Altofuoco] E così fu; le urla indomite del grottesco demonio ricoprirono le mie orecchie in modo totale mentre costui indietreggiava tra le fiamme che, ambiziose e crudeli, iniziavano a mangiare il suo epidermide. [Nemico: Danno Medio, Corpo] Ed eccolo che si dimenava ora in terra, colpendosi con le stesse mani per far sì che queste potessero salvarlo. Iniziò a urlare nella medesima lingua, inveendo sulla rabbia che oramai s’era trasformata in estrema furia sin da pochi secondi addietro. Evocai un secondo Danzatore proprio davanti a me: stavolta quel lurido non mi avrebbe più toccato. [Medio -10% Energia ; -2 utilizzi Passiva “Evocazioni fortificate”] Portai la mano destra alla ferita, piegatomi lievemente dal dolore, mentre questa si sporcava di sangue caldo. Le armi del malcapitato, fortunatamente, erano cadute a terra durante l’attacco effettuato ed io potevo dire di trovarmi in netto vantaggio. Il Danzatore spalancò la sua bocca priva di denti e da essa fuoriuscì la seconda fiammata, anch’essa più agile e sinuosa, che continuò ad inveire sulle già gravose ferite del Tergan. [-0 CS in Agilità, Danzatore d’Altofuoco (4 CS in Agilità)] Le fiamme eteree e distruttive, però non sfiorarono nemmeno il mostro, ancora urlante, stridulo come mai prima d’ora: rotolando aveva evitato la fiammata del Danzatore. La mia creatura, però, continuava a girargli intorno, fiera di ciò che stava vedendo. Ed io volli continuare, creando una seconda fiammata, concentrandola nei palmi già prontamente consumati: questa si espanse, ricoprendo di un nuovo fuoco il Danzatore così come il Tergan [Alto -20% Energia: +4 CS in Agilità Danzatore d’Altofuoco (8 CS)], che io vedevo agitarsi ancora, urlante, dimenandosi nervoso; le sue articolazioni si muovevano in modo scattoso, sulla roccia sabbiosa della caverna in cui stavamo combattendo. [Nemico: Danno Medio, Corpo] I miei occhi non poterono staccarsi da una visione simile neanche se avessi voluto. Quel fuoco e quelle urla erano così ipnotiche che… Mi mancano le parole - forse descrivere quella sensazione sarebbe superfluo. Che io fossi crudele? Il fascino della giustizia è che il mezzo per ottenerla diviene una giustifica in ogni caso. Il Danzatore inveì ancora, inarrestabile: compresi che la sua natura fosse dettata da leggi pericolose, che la sua determinazione - ostinazione? - fosse inimitabile. Continuò con l’ennesima fiammata proveniente dal suo orifizio orale, stavolta palesemente veloce, sinuosa e carica come poche. [-3CS Danzatore d’Altofuoco (5 CS in Agilità)] Le urla del demone non si quietarono e il corpo non smise di muoversi compulsivo. Il Tergan era ormai preda delle fiamme più vive e non ne sarebbe uscito affatto indenne - gravissima era la sua condizione. [Nemico: Danno Alto, Corpo] Non era in grado di continuare la battaglia - il dolore. Questo stava provando: le carni cuocersi. Maestro Lamlisye sostiene che io sia fortunato ad essere immune al fuoco eppure, non so, non mi piace l’idea di non poter provare quella specifica sensazione. Qualcosa di simile, beh, era capitata proprio al mio sterno, eppure per ora riuscivo a sostenerne il fastidio. I Danzatori sono crudeli: in quel momento seppi che le mie creature avrebbero continuato a difendermi fino all’ultimo, fino a rendere cenere le proprie vittime al solo fine di difendere la mia incolumità danneggiando quella altrui. Esso si avvicinò lentamente al corpo dell’ammasso di fiamme che era diventato l’omuncolo - non riuscivo a vedere oltre il fuoco - e lo sollevò di peso con entrambe le mani, per il collo. E poi l’ultimo bacio di lava - altre fiamme, altre fiamme. [-5 CS Danzatore d’Altofuoco (0 CS)] Fino a divenire cenere. [Nemico: Danno Critico, Corpo] Il Danzatore lasciò cadere il corpo incenerito, carbonizzato o cos’altro fosse, del Tergan, prima di sollevare il capo verso l’alto, ingenuamente. Del resto questa era la loro personalità: ingenue creature al servizio di un ragazzo che fortunatamente aveva imparato a domarle con la sua personalità - parole di Maestro Lamlisye.
La ferita era meno sopportabile di quanto credessi e mi rovinò lo spettacolo. Non riuscivo a capire se fosse perché ero poco abituato al dolore fisico o altro. Una fitta disdicevole mi fece ritrovare con le ginocchia a terra e le mie palpebre si spalancarono per l’immenso dolore. Avessi potuto urlare l’avrei fatto; guardai la mia ferita e questa era addirittura peggiorata… era diventata violacea, secernente un succo denso del medesimo colore - fu in quel momento che capii il vero scopo della tecnica spadaccina usata dal mio nemico poco tempo prima: una sorta di veleno rendeva le cose più difficili. [Danno Medio, Corpo.] Ma ero ancora vivo. Forse ancora per poco. Ironia della sorte? I Danzatori non sanno guarire le ferite del loro evocatore - piuttosto divengono anch’essi cenere, abbandonandoti al dolore.

Risorse di Viinturuth:
Energie = 150% -10% (Evocazione Danzatore) -10% (Difesa Psionica) -10% (Difesa Psionica) -10% (Altofuoco) -10% (Altofuoco) -10% (Evocazione Danzatore) - 20% (Altofuoco + 4 CS al Danzatore) = 70%
Mente = 75%
Corpo = 75% - 5% (Sbucciatura sostanziale dei palmi delle mani) - 10% (Ferita da fendente allo sterno) -10% (Veleno magico aggravante)= 50%

Passiva “Ammaliare” [5/6]
Passiva “Evocazioni Fortificate” [3/6]

Risorse del Tergan:
Energie = 100% -10% (Invisibilità) -10% (Invisibilità) -10% (Difesa Magica con lame) -20% (Fendente magico con veleno magico) = 50%
Mente = 100% -0% (Timore) = 100%
Corpo = 100% -20% (Ustione grave alla schiena) - 10% (Ustione al volto e al petto) - 10% (Ustioni ulteriori sulla base di altre ustioni diffuse sul volto e sul petto) - 20% (Ustioni di grado elevato sulle precedenti ustioni già gravissime) -40% (Aggravamento mortifero sulle ustioni già presenti) = 0% Morte.
______

Note: #WhiteEnergy :arross:
Spero di averlo fatto il più correttamente possibile. Semplicemente, ho pensato che in determinate condizioni belliche come quelle descritte, un attacco fisico potesse danneggiare a livello critico il soggetto attaccato, poiché aggrava a livelli di gran lunga peggiori i danni già subiti in precedenza. Magari ho sbagliato… :arross:
Gli appunti grigi nel testo vanno intesi ovviamente come tali al fine di comprendere meglio l'andazzo bellico e non sono parte del testo.
 
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view post Posted on 12/7/2015, 16:43
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la città delle stelle cadenti

« Non sono demoni dell'abisso. »
Durante l'intero combattimento avevo avuto la sensazione che qualcosa non fosse al posto giusto; seppur uguali nella forma e nei poteri, quelli che avevamo affrontato non erano demoni di Baathos. Qualcosa nei loro movimenti aveva tradito l'inganno che vi era dietro, rivelando una figura mancante di un pezzo. Mi avvicinai al corpo di ciò che aveva assunto le sembianze di un Kiranei, sfiorando il corpo con circospezione. Al solo tocco, però, inerme, questo si dissolse in una moltitudine di scarafaggi neri che immediatamente si ricongiunsero al corpo dell'altro falso, per poi infilarsi nelle crepe dei muri e scappare. Un'illusione. Un'illusione così forte da impegnare i sensi miei e del ragazzo dai capelli di cenere. Cosa stava succedendo? Perché, nonostante ce ne fossimo liberati, non riuscivamo a individuare colui che le aveva generate? Forse lo stesso creatore era a sua volta nascosto in un'illusione che lo aveva trasformato nella moltitudine di insetti di prima, eppure.. eppure l'intera vicenda sembrava essere stata attentamente studiata da lontano, come se l'illusionista fosse in grado di osservarci senza però essere individuato. Mi guardai attorno, cercai risposte nello sguardo dello studente, addirittura illuminai con ancora più intensità la grotta, ma i risultati furono scadenti. Ai miei occhi nulla sembrava apparire come una minaccia in grado di lanciare una tale forza ingannatrice. L'illusionista doveva essere altrove. Ma dove?
« Non i più forti, comunque; queste, mio giovane Viinturuth, erano bestie di Baathos. Quello che ti ha attaccato era un Tergan, una creatura di basso rango, tra le più deboli e allo stesso tempo pericolose delle corti dell'Abisso. Stai sempre attento quando ne vedi una, perché solitamente - come anche in questo caso, si accompagnano a creature più forti, speranzose di essere difese o comunque desiderose di adorare qualcosa più forte di loro, più grande e più oscuro.
Sono nemici temibili.
»
Cercai di far trasparire quanta più sicurezza possibile, anche se il mio volto lanciava messaggi contrastanti, insiti nella preoccupazione di essere ancora una volta sotto effetto di un'illusione o di qualche altra forza in grado di ingannare i miei stessi pensieri. Non vi era alcun bisogno di far preoccupare il ragazzo; quella non doveva essere, ai suoi occhi, nient'altro che una semplice ricognizione. Era chiaro, però, che la verità aveva dimostrato tutt'altro.
« Direi che il nostro compito, qui, è concluso. Diamo un'ultima perlustrazione alla zona, così da essere sicuri di poter richiudere la voragine una volta per tutte. »
Voglio controllare meglio che non ci sia sotto qualcosa, pensai, cambiando totalmente espressione. Quel luogo nascondeva un segreto: dovevo capire di cosa si trattasse.

Un appunto che mi preme farti sin da ora riguarda il modo in cui hai gestito lo specchietto riassuntivo; in generale non posso recriminarti l'uso delle parti in grigio all'interno del post: in molti GdR si fa così, però se posso consigliarti, evita, perché sono davvero brutti all'interno del post. Oltretutto spezzano fin troppo spesso il discorso, il che non giova nemmeno alla scrittura. Piuttosto utilizza lo specchietto riassuntivo per segnalare, per filo e per segno, tutte le azioni compiute dal tuo personaggio e tutte quelle compiute dal tuo avversario: in questo modo si può avere sotto controllo la situazione tecnica del duello senza rovinare quella narrativa.
Ad ogni modo, continuiamo: la situazione è quella descritta nel post. Continuiamo in confronto.
Cinque giorni per postare.
 
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Blaubart
view post Posted on 15/7/2015, 16:37





Ardere; che sensazione meravigliosa agli occhi di chi poteva guardare. Il corpo aveva ormai smesso di muoversi nervoso e il fuoco stava consumando le sue carni. O almeno era quello che credevo stesse accadendo, così come il mio Danzatore, il quale, affascinato dalle sue stesse fiamme, danzava attorno a quel piccolo falò come se fosse un satiro curioso di vedere ciò che sarebbe rimasto del proprio nemico. Un dito nella sua bocca, un atto ingenuo a far sì che io capissi quanto avesse bisogno di divertirsi costantemente - ma poi divenne una statua di cenere, fino a cadere in ginocchio, in un ultimo movimento di macabra danza, porgendo le braccia verso il terreno, passive e prive di forza. Anche la sua morte è estetica - rinasce ogni volta che lo desidero.
Riducendo gli occhi a due fessure compresi la verità, saltata ai miei occhi. Il cadavere del Kiranei si divise in molteplici scarafaggi, i quali si unirono a quelli del Tergan: il fuoco non sembrava bruciarli e ciò mi portò a credere che la loro esistenza dipendesse dall’illusione di qualcuno. Ma di chi? Del Maestro Virgil? Quale motivo l’avrebbe spinto a una cosa simile? No, non era possibile. Forse quei scarafaggi possedevano proprietà di immunità al fuoco. Questa condizione provocava in me un leggero spavento ma cercai di dosarlo - la paura è l’arma di coloro che amano vincere facilmente. Non avrebbero vinto contro di me.
Le mie vesti avevano assorbito il sangue della mia ferita e questa causava un dolore sopportabile ma comunque impossibile da ignorare; non sono un giovane che mostra le sue difficoltà facilmente così come non sono un giovane abituato a chiedere aiuto. Non so per quale motivo ma credo sia piuttosto un archetipo della mia personalità. La sola idea di chiedere aiuto per sciocchezze mi poneva in una condizione di completo ribrezzo per me stesso. Fui contento che Maestro Virgil avesse ignorato la mia condizione fisica - del resto erano piccolezze.
« Non i più forti, comunque; queste, mio giovane Viinturuth, erano bestie di Baathos. Quello che ti ha attaccato era un Tergan, una creatura di basso rango, tra le più deboli e allo stesso tempo pericolose delle corti dell'Abisso. Stai sempre attento quando ne vedi una, perché solitamente - come anche in questo caso, si accompagnano a creature più forti, speranzose di essere difese o comunque desiderose di adorare qualcosa più forte di loro, più grande e più oscuro. Sono nemici temibili. » Conoscevo questi dettagli, li avevo letti. Eppure, Maestro Virgil sembrava troppo umile e delicato per poter nascondere eventuali preoccupazioni. Gli avrei chiesto il perché di quel timore vago, quel marchio tenebroso sul suo volto, ma... odiavo fare domande. Disse che il nostro compito sembrava concluso, che potevamo richiudere la voragine, ma decidemmo di dare un’ultima occhiata per concludere la missione con sicurezza - o meglio, fu Maestro Virgil a deciderlo. Quasi ignorai, in tutto rispetto, le ultime parole di quest'ultimo, troppo concentrato sulle parole prima dette da lui: demoni di Baathos, certo, in apparenza.
« Mi è nuova questa nozione: non sapevo che i demoni dell'abisso diventassero scarafaggi dopo la morte. » E non sapevo nemmeno fossero immuni al fuoco, pensai. La situazione mi puzzava non poco ed io non sono mai stato uno stupido. Cercai di sforzarmi, di capire meglio ciò che era accaduto, ma non riuscivo a delineare una condizione esplicabile che potesse permettere una corretta ipotesi; era anche vero che un’illusione fosse tanto potente da evitare che il soggetto intuisca trucchetti di qualsivoglia natura… la verità non ci era dato conoscerla al meglio. Odiavo questo presupposto.
« Probabilmente la loro corte di riferimento, nel Baathos, ha dato vita a capacità straordinarie di questo tipo. » Rispose lui. Che fossero solo teorie? Avrei voluto parlargli allora della loro modalità nel poter dissolversi in scarafaggi, scappando dalla morte. Scarafaggi immuni al fuoco più puro. Se queste creature, questi demoni dell’abisso, avessero avuto davvero queste incredibili capacità… Beh, sarebbe stato un problema serio per le creature della superficie. Per Lithien. Non feci a tempo nel mostrare le mie perplessità che subito mi chiese di indagare in un lato non ancora esplorato della grotta. Passivamente mi voltai, non prima di annuire al maestro. La sensazione di assecondare una più che probabile menzogna (od omissione, che dir si voglia) mi lasciava un prurito sul volto che avrei preferito non esistesse. Dovevo dirlo.
« Lei mi sta mentendo. » Mi voltai, per poterlo guardare negli occhi. Il suo volto era provato, quasi sembrava pentito: avevo ragione. « Viinturuth, io… » Non fece in tempo a continuare che un rumore attirò la nostra attenzione immediatamente, uno squittio proveniente alle mie spalle. Non potei che voltarmi di scatto, sorpreso, i miei occhi si posarono su una creatura… a dir poco deforme. Provocò in me profondo disgusto: aveva il corpo sferico ed era complicato definire la forma dei suoi occhi, molto caotici e decisamente macabri. Non esitai ad eseguire l’ordine risoluto e improvvisato di Maestro Virgil, dopo che la creatura sfuggì al suo tentativo di afferrarla. La creatura fuggì da noi, probabilmente spaventata. La pietà non sfiorò il mio animo ed evocai un Danzatore affinché potesse seguirlo; una spaccatura nella roccia era ora visibile ai nostri occhi e la mia creatura vi passò agilmente, accovacciata, in movimenti sinuosi e articolati. La seguii ma sia io che il maestro non eravamo abbastanza abili nello starle dietro. Il Danzatore soffiò il suo fuoco velocemente, in un raggio d’azione sufficiente a far sì che la creatura non poté evitare il colpo. Di fatto, udii un suo lamento stridente: ne uscì ustionata. Sfuggì nuovamente ai nostri occhi e arrivammo a un bivio roccioso: lo stesso Danzatore non riuscì a capire quale strada avesse intrapreso per sfuggire alla nostra minaccia.
« Destra o sinistra? » Chiese Maestro Virgil, confuso quanto me. Non risposi; non vi era tempo per farlo, così andai a destra senza pensarci due volte. La mia creatura illuminava sufficientemente il percorso e non facemmo che correre per diversi minuti: incredibile come una creatura di quel calibro potesse essere così veloce da superare le abilità di uno dei miei Danzatori: ne fui meravigliosamente sorpreso e, in un ossimoro, anche spaventato. Il risultato? Una sensazione estatica che spingeva la mia curiosità oltre il mero rapire la creatura. Il desiderio di studiarla, di capire quale fattore potesse alimentare la sua velocità. Un fattore che avrei approfondito nella creazione di una nuova creatura, pronta a scattare sotto mio ordine. Questo mio desiderio “materno”, come dire, mi caratterizzava non poco; un desiderio di creazione, dare vita a qualcosa di potente, generare qualcosa che vada stimato o temuto… Un’arte al servizio della difesa di ciò che ho di più caro a questo mondo - cosa? -, desiderosa di tutelare il mio corpo. Ma eccolo ora danneggiato: le mani prudevano per la mancanza della pelle superficiale, il petto rimbombava, come a ricordarmi di essere stato lesionato. Camminavo ancora, la mia creatura davanti a me. Iniziai a credere che l’immonda creatura mi fosse sfuggita di mano e che forse avesse scelto il sentiero intrapreso da Maestro Virgil, il quale aveva ancora da spiegarmi cosa stesse accadendo.
Ma poi dei piccoli lamenti, stanchi, sfiatati e striduli: eccola lì, stremata dalla corsa. Ora portava il segno di un’ustione pressoché grave sul volto. La osservai con la passione e la curiosità di uno studioso; ne osservai gli arti sottili e sufficientemente muscolosi, la costituzione del suo corpo. Semmai avessimo ucciso l’abominio che avevo davanti, probabilmente avrei portato a casa il suo cadavere per condurre studi appropriati sulla sua natura. Ero sicuramente interessato alla sua struttura ossea, così come al suo organismo: da qualche parte doveva pur nascondersi il segreto della sua velocità.
« Va’. » Ordinai alla mia creatura - non era necessario darle ordini a parole, eppure mi venne in automatico parlarle. Il Danzatore si allontanò velocemente, tornando da dov’eravamo venuti. Volevo che trovasse Maestro Virgil e che lo portasse da me: avevo trovato l’abominio che stavamo cercando. Lo fissai inespressivo: non avrebbe avuto le forze per ribellarsi. Non avrebbe avuto neanche il coraggio.
« Se conosci il mio linguaggio, dimmi chi sei e da dove provieni. Cos’è questo luogo? » Tentai di chiederle, ma era evidentemente spaventata. Non avrebbe risposto per paura.
« Chi ti ha creato? » Pressare forse non avrebbe funzionato, eppure qualche lato di me pretendeva risposte.
« Chi altri è con te? » Fuori, un’apparente calma - dentro, la noia di dover fare domande.

Risorse:
Energia: 70% - 10% (Evocazione "Danzatore d'Altofuoco") = 60%
Mente: 75%
Corpo: 50%

Passiva "Ammaliare" [4/6]
Passiva "Evocazioni fortificate" [2/6]

Danzatore: 2 CS + 1 CS bonus = 3 CS in Agilità
-1 CS nell'azione "seguire"
-2 CS nell'azione "fiammata"
_______
Note: Niente da dire, spiego brevemente le azioni tecniche. Creo un Danzatore, uso un utilizzo della passiva "Evocazioni fortificate". Arrivo dalla creatura informe e mando l'evocazione a cercare Virgil, nell'intenzione di raggiungere Viinturuth e la creatura. Già so che non farà in tempo, ma almeno ci provo. :v:
 
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view post Posted on 19/7/2015, 09:54
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la città delle stelle cadenti

Il suono delle parole della creatura mi stordì per qualche secondo, costringendomi a toccare il terreno roccioso con le ginocchia. Portai le mani alle tempie doloranti, cercando di scacciare, invano, quegli stridi che lentamente si trasformavano in lettere e parole, fino a formare frasi di senso compiuto. Nonostante la lontananza dalla stessa, la creatura sembrava essere dotata di una particolare capacità extrasensoriale che le permetteva di comunicare a distanza. Perché con me, poi? Davvero non riuscivo a comprendere come potessi decifrare quei suoni ad altissima frequenza e trasformarli in vere e proprie parole. Alla mia mente appariva così naturale da sembrare scontato, eppure il mio corpo riusciva a percepire con estrema facilità lo sforzo fisico che tale trasformazione mi procurava. Oltre alle pungenti emicranie, infatti, non facevo che sudare lungo tutto il corpo; nei suoni più acuti, poi, dovevo semplicemente chiudere gli occhi e pregare di fermarsi. Invano, ancora una volta. Cercai di prendere lentamente consapevolezza della richiesta di quell'essere - nel mentre seguivo l'evocazione di Viinturuth - traducendo le sue parole come un urgente bisogno di aiuto. Era spaventato, terrorizzato quasi dalla presenza del giovane allievo che cercava di comunicare con lingue a lui sconosciute. Avanzando a ritroso lungo il terreno roccioso potei quasi fare a meno della presenza dell'evocazione, perché la fonte della voce mi guidava in maniera perfetta all'interno degli intricati percorsi rocciosi.
Posai lo sguardo sulla creatura ferita, rivolgendo un'espressione severa nei confronti di Viinturuth.
« Avresti potuto ucciderla » con tono severo, mentre raccoglievo l'abominio tra le mie mani. « cerca di fare più attenzione.
Sta comunicando anche con te?
»
Dalla faccia di Viinturuth capii perfettamente che la richiesta di aiuto era stata indirizzata specificamente nei miei confronti, il che non faceva che aumentare i miei dubbi sulla legittimità di quell'essere. Avrei escluso senz'altro la sua opera per quanto riguardava i demoni di qualche minuto prima, ma di sicuro era dotato di capacità altrettanto.. uniche. Ciò mi colpiva e spaventava da una parte, perché non capivo verso cosa mi stavo muovendo, ma allo stesso tempo, come ricercatore, mi incuriosiva conoscere di più su quelle capacità.
« Chiede di essere risparmiato » quasi con fare disinteressato, attento a decifrare al meglio i suoni che ancora non avevano abituato i miei pensieri. « dice di avere delle informazioni. Mi sta parlando di un "dono".
Non capisco bene cosa stia succedendo, ma dice di allontanarci da quella parete.
»
Indicai la parete nord della galleria e ubbidii alla richiesta dell'abominio - la curiosità era fin troppa, forse - chiedendomi nello stesso momento se non stessi agendo in maniera troppo sconsiderata, visto il contesto. Ora sulla mia responsabilità gravava la vita del giovane Viinturuth. Era davvero saggio metterla in pericolo per qualcosa che si sarebbe potuto rivelare un fallimento?
Purtroppo per lui, quel giorno la curiosità del ricercatore ebbe la meglio sulla saggezza del maestro.
E la stessa curiosità attraversò con sicurezza il nuovo portale che il tocco del piccolo esserino sulla parete aveva generato, rivelando alla vista quella che era una vera e propria città costruita da spazzatura e scarti organici, umani e non. Gli occhi curiosi e spaventati di tanti nuovi abomini simili a colui che ci aveva condotto in quel luogo si adagiarono sui nostri corpi, chiaramente simili ma estremamente diversi ai loro.
« Fai attenzione, Viinturuth; non ho idea di cosa stia succedendo, ma tieniti pronto per qualsiasi emergenza. »
Portai la mano al bastone di cedro fornitomi dal Quarto.
« Ci sta chiedendo di seguirla. »
E così facemmo. Sguardo attento, riflessi pronti a scattare come una molla, spingendoci con discrezione e timore verso quello che rappresentava l'edificio più grande dell'intero paesaggio: una vera e propria torre costruita da scarti di corpi umani - o comunque esseri viventi antropomorfi.

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L'ingresso della struttura era povero eppure abbastanza fatiscente rispetto al resto delle abitazioni, che somigliavano più a capanne costruite con materiali di scarto e spazzatura. Quella torre, invece, rappresentava qualcosa per gli abitanti di quel luogo, che sembravano prediligere più di un'attenzione per la stessa. Quando varcammo la soglia dell'ultima stanza, sentii di riconoscere perfettamente il luogo nel quale ci trovavamo: era la sala del consiglio dei Cinque. Una sua copia, certo; una sua copia molto più in decadenza, ma pur sempre una sua copia, qualcosa che era in grado di coglierne il senso principale senza alcun impedimento.
Cinque persone attorno al grande tavolo ovale - costruito anch'esso con materiali di scarto di ogni genere - che contemporaneamente rivolsero i loro sguardi alle nostre figure. Il piccolo esserino che ci aveva condotto fin lì saltellò felice verso il più anziano di questi, bisbigliando qualcosa al suo orecchio.
« Virgil » come sapeva il mio nome? Chi erano quelle persone? La mia preoccupazione - e la mia curiosità non facevano che aumentare di secondo in secondo. « sono ormai decenni che aspettiamo il tuo arrivo.
Il dono è insito in te, sei tu il giovane della profezia?
»
« Profezia? Di cosa sta parlando? Chi siete? Dove siamo, esattamente? »
Il vecchio abbassò lo sguardo per qualche secondo, poi recuperò le forze per rispondere ai miei quesiti.
« Questa, mio caro, è la città delle stelle cadenti, lì dove ciò che è ha rigettato ciò che è stato in un disperato tentativo di cancellare le proprie colpe.
Noi siamo il concilio dei Cinque. Un titolo che non ti sarà poi così sconosciuto, posso immaginare..
»
Come potevano sapere così tante cose sul mio conto? Strinsi con più forza la mano sul bastone.
« Non devi temerci; non vorremmo mai farti del male. Probabilmente, poi, non ne saremmo nemmeno in grado. »
Accennò ad un sorriso, seguito da quello degli altri quattro.
« So che le domande sono molte, ma lascia che ti spieghi nel modo più semplice di tutti.
Prendi la mia mano.
»

E Virgil lo fece, trasformando la sua mente in un ricettacolo di ricordi non suoi. Dolorosi, strazianti, in grado di capovolgere qualsiasi sua certezza avesse costruito nella vita.
Il concetto di vita e morte assunsero nuovi significati.


« Siamo ciò che la città che ora chiamate Lithien ha sfruttato per anni. La nostra gente era dotata di una particolare capacità: il dono, la chiamavamo, una sensibilità extrasensoriale particolare in grado di permetterci di connettere le nostre menti da qualsiasi distanza.
Il nuovo popolo ha apprezzato per qualche tempo le nostre capacità, fino però a temerle. Fino a bramarle, desiderarle come proprie.
Hanno utilizzato i nostri corpi e quelli dei nostri compagni nelle più strazianti delle maniere, trasformandoci in bestie da macello in grado di appagare i loro spiriti smaniosi di gloria.
Ma non ci riuscirono. Mai riuscirono a replicare i nostri poteri.
E così ci eliminarono, uno dopo l'altro; gli esperimenti andati male, invece, vennero semplicemente buttati nell'oblio.
Abbiamo avuto bisogno di molto tempo per ritrovarci e riuscire a riorganizzarci, ma finalmente siamo qui, di fronte a te, proprio come tu ci vedi: spettri di un glorioso passato deturpato dalla bramosia degli uomini che adesso servi con il nome di Concilio. Schifosi usurpatori di un sistema perfetto che ha forse concesso troppa libertà.

Siamo il Popolo Nascosto, Virgil.
E sono sicuro che ci aiuterai a fare giustizia di quello che è stato, trasformando ciò che adesso potrebbe sembrarti la perfezione, ma che non è altro che un sistema corrotto basato sulla sofferenza di un intero popolo.
»
Avrei voluto dire così tanto, ma le parole sembravano rifiutarsi del tutto di uscire dalla mia bocca. Se tutto quello che mi avevano detto era vero, significava una sola cosa.
La mia intera esistenza era stata basata su una sporca bugia.
« Se di te posso avere piena fiducia - e posso averne, lo sento, ciò non è altrettanto vero per il tuo amico » indicò Viinturuth. « Devo sapere di potermi fidare. »

Lo so, sono tante informazioni, ma tant'è. Ti avevo detto che sarebbe stato parte di una trama ben più ampia.
Detto questo, quello che succede ora è semplice: il vecchio sembra catapultarti in una dimensione estranea a quella in cui eri presente e ti sottopone ad una sorta di processo. Tramite interazioni che faremo in confronto, infatti, devi riuscire a convincere lo stesso che sarai in grado di non spifferare tutto in giro. La prima domanda che ti fa è: Cosa c'era in quella voragine?. A fartela è il vecchio del concilio, ma in realtà l'illusione rende talmente reale la figura del concilio di Lithien che a te sembrerà di rispondere direttamente a loro.
Procediamo in confronto, dunque.
Cinque giorni di tempo.
Buon post.
 
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Blaubart
view post Posted on 23/7/2015, 13:47






Abbassare la testa in segno di formale dispiacere. Avresti potuto ucciderla, disse, ed io probabilmente non me ne accorsi: troppo immischiato nella volontà di credere alla malvagità di quella creatura, troppo corrotto dal desiderio di bramosia, che la vedeva come oggetto di studio. Come lo fui io per Maestro Lamlisye e i suoi altri compari.
E’ così che si cade nell’ombra del passato, nel pentimento? Il mio sguardo si perse nel vuoto e fu come ascoltare la vera essenza della creatura che stavo torturando con la mia stessa mente. Una creatura uguale a me, già preda di innumerevoli studi - una creatura unica e ammirevole. Le mie labbra si schiusero mortificate di fronte al tono severo di Maestro Virgil; sebbene fosse un uomo delicato e cordiale, non era estraneo alla severità. Sviluppai una certa empatia nei confronti di quell’abominio, ormai tra le braccia del mio maestro: mi guardava in un modo indefinibile, adesso, come se trasportasse sulla propria testa il peso di un tempo arcano.
« Sta comunicando anche con te? »
Interdizione sul mio volto, palpebre contrite, mascella indurita.
« Chiede di essere risparmiato » Disse allora Maestro Virgil; dedussi con più certezza, dunque, un legame telepatico tra lui e la creatura. Lentamente la mia testa iniziò a vacillare, come per comunicare un messaggio negativo misto ad incredulità. Un dono, cosa? Quasi come se fossi sotto un ordine, quasi inconsapevolmente, mi allontanai dalla parete a noi vicina, la quale era diventata oggetto di questione, un allarme proveniente dalla mente della creatura.
Che confusione.
Il mio sguardo vacillava dal volto del mio maestro a quello dell’abominio dagli arti sufficientemente allenati. Un tocco, un varco magico, un portale rivelato, un nuovo mondo.
Che confusione.
Parecchie domande morirono in me, soffocate dal mio orgoglio di persona che non ama apparire poco perspicace - l’orgoglio di un ragazzo che disprezza la naturale necessità di conoscenza attraverso la normale richiesta di risposte. Che Maestro Virgil mi mettesse in soggezione? Stetti in silenzio, osservandolo varcare la soglia che era apparsa ai nostri occhi. Quel viaggio non era giunto al termine, questo era chiaro, e mi chiesi semmai fossimo riusciti a tornare in superficie. Lo seguii, quasi ignorando l’invito dell’elfo a tenere gli occhi aperti, i riflessi pronti. Io, come se fossi attratto dal pericolo - io.
Una torre costituita da resti di creature un tempo vive, una meraviglia tetra dalla minaccia non comprensibile: se fossimo stati effettivamente in pericolo l’avrei capito… eppure ero in una condizione confusa, non capendo se avessimo dovuto scappare o camminare verso l’edificio fatiscente.
Che confusione.
Tante altre creature, simili all’abominio eppure così diverse, guardarono i due intrusi che eravamo: io e Maestro Virgil. Estranei in un luogo mai esplorato prima. I loro sguardi attenti, su di me, stranamente non mi misero in allarme. Fu come se la mia mente fosse stata ripristinata nuovamente, come se la vita fosse iniziata daccapo. Seguimmo l’abominio all’interno della struttura, che pareva quasi una brutta ricostruzione della Torre Eburnea. Le ustioni sul suo corpo attivarono in me una sorta di dispiacere, un senso di colpa estraneo al mio carattere: eppure esisteva dentro di me. Lo sguardo della creatura, che stava camminando davanti a noi, ogni tanto si voltò indirizzato a me, dal basso, come se mi temesse ancora. Non avrei più voluto farle del male, così decisi di non guardarla più. Avrei voluto cancellare il mio orgoglio dall’elenco degli aggettivi che costituivano la mia personalità, desideroso quindi di chiedere scusa. Ma non lo feci, non volevo, non potevo. Guardai ora il Danzatore, che camminava porgendo le sue braccia e spalle in un verso, poi in un altro, ingenuo e muto, come se fosse attratto dalla torre che avevamo dinanzi a noi, eccitato all’idea di potervi entrare. Era colpa sua se la creatura davanti a noi era stata ustionata, eppure lui non poteva avere il minimo senso di colpa. Un mero involucro pieno di fuoco, questo era. Privo di emozioni - non che questo mi dispiaccia, ma...
E fummo dentro, fino a raggiungere una grande sala. Maestro Virgil era pronto a far scattare la sua mano verso il bastone di cedro che portava con sé ma fu quando uno degli anziani (forse il ministro di quel popolo sconosciuto) disse il suo nome che lui abbassò le difese. Le nozioni che egli trasudava dalla sua bocca inumana mi mandavano ancor di più in confusione. Il dono. Il Concilio dei Cinque - ?
Che confusione.
Ancora domande morte dentro la mia gola, soffocate, macellate, facevano male alla mia gola. Pregavo il mondo affinché tutto mi fosse più chiaro ma l’unica certezza che sovvenne alla mia mente era quella che loro, cittadini della Città delle stelle cadenti - le mie orecchie erano belle che attive -, non avrebbero potuto farci del male. Provai dei brividi lungo la schiena e le gambe quando Maestro Virgil afferrò delicatamente la mano dell’anziana creatura, la quale aveva chiesto quel contatto al fine di fargli vedere. Anche io avrei voluto vedere. Dentro di me fremevo per il desiderio di voler vedere.
Il volto dell’elfo si sporcò di terrore, era palese, ed io mi preoccupai. Subito mi prostrai a lui, offrendogli un sostegno fisico, quasi temendo che stesse per cadere sulle ginocchia, privo di forze. Come se la sua volontà di vivere stesse affievolendosi secondo dopo secondo. Cosa gli avete fatto?!, avrei voluto urlare, eppure la creatura continuò il suo discorso.
Loro erano ciò che la città di Lithien aveva sfruttato per anni. Loro avevano il dono, una capacità extrasensoriale che attivò l’invidia e la volontà di studio dei cittadini dell’Alta Città. La bramosia del popolo che errò entrò dentro di me. Per un attimo immaginai di possedere quell’abilità - per un attimo bramai ardentemente quella capacità innata. Il deserto. Io… Loro erano il Popolo Nascosto, che chiedeva giustizia. Loro si fidavano di Maestro Virgil ma -

« Cosa c'era in quella voragine? » Cosa? Come-com’era accaduto tutto questo? La voce ferma di un interrogatorio, sussiegosa, minacciosa, come per estorcermi la conoscenza, una conoscenza a cui io ero estremamente affezionato. Come per rubare la mia curiosità e trasformarla in tortura. La mani si unirono dietro la schiena, stringendosi l’un l’altra in una morsa sottile tra le mie dita. Sentivo di dover rispondere - un’ispirazione invisibile, un’espirazione silenziosa.
« Mura di pietre preziose, un Kiranei e un Tergan. » Semplice, conciso. Parlare troppo voleva dire rivelare troppi appigli, troppe possibilità di offrire su un piatto di argento la propria vera conoscenza.
« E non siete andati a fondo alla situazione? Se ci sono demoni, deve esserci anche un nido, di certo. » Domande, invadenza… ansia. Torturai le mie dita, sfogando la mia ansia sulla mia carne, reprimendola sul mio volto. La tensione non mi avrebbe abbandonato presto. Compresi che l’interlocutore fosse un membro del Concilio di Lithien, ed io… non sapevo affatto come comportarmi. Feci affidamento al mio innato carisma, nonostante l’improvviso spiazzamento che mi aveva colto alla sprovvista.
« Non abbiamo trovato nient’altro; l’entroterra è profondo, ma non vasto. » La menzogna non era qualcosa di cui vantarsi, eppure qualcosa dentro me scattò in superficie, un impulso materno, il desiderio di protezione. Non sapevo nulla del Popolo Nascosto, eppure desideravo saperne di più. E se avessi parlato sarebbe tutto caduto in rovina.
« Non è possibile; dei demoni non si sarebbero mai trovati lì in maniera isolata. » Ed era vero. Le dita divennero più aggressive, l’una contro l’altra, come se si odiassero fino in fondo; io « Non so cosa dirle. » Composto, sicuro di me. Apparentemente. Non sapevo fino a quando avrei resistito - il nervosismo mi fece scappare altro: « Dopo aver abbattuto i due demoni abbiamo perlustrato la zona a fondo e non abbiamo trovato nient'altro. » - « Virgil ci ha avvertito di insetti.. scarafaggi per l’esattezza. Ti sembra un dettaglio da poter ignorare?»
Leggero tremore. Un fiume di parole nacque dalla mia bocca affinché potesse dare sfogo all’ansia che stava mangiandomi la trachea e lo stomaco. Perché mi battevo così tanto per quegli abomini? Perché la loro vita mi interessava così tanto?
Avevano parlato di Giustizia, Viinturuth. E la Giustizia è sacrosanta.
« Sì, i due demoni avevano insolite abilità di trasfigurazione; il Tergan, in particolare, aveva particolari doti di camuffamento. » Rimembrai subito la menzogna di Maestro Virgil e non potei pensare ad altro, non ne avevo il tempo. « Maestro Virgil sostiene che debba essere una nuova dote, un dono fattogli dalla Corte. »
Sembravano abbastanza convinti, loro. Sorrisi lievemente, ma non eccessivamente - non volevo destare altri sospetti.
« Abbiamo intenzione di distruggere artificialmente la voragine, così da seppellire eventuali problemi che potrebbero ripresentarsi in futuro.
Come pensi di procedere?»

Attimi di tensione acquisiti di nuovo, ansia decisamente più grossa. Distruggere la voragine dall’interno? Distruggere ogni possibile contatto col Popolo Nascosto? Un’idea decisamente macabra; non era tra i miei desideri. Non volevo.
« Perché chiede a me? Non sono altro che un allievo, Signore… » Evitai il contatto visivo con l’interlocutore della Torre Eburnea: mi sentivo in pericolo e avrei voluto…-
« Credo che Maestro Virgil voglia avviare nuove ricognizioni. »
« Nuove ricognizioni? Per fare cosa? Virgil ci ha detto che avrebbe affidato la faccenda della voragine a te. »
Maestro Virgil avrebbe fatto cosa? A me, poi! Non potevo credere a quelle parole… mi sentivo abbandonato, servito sul piatto succulento di un grosso orco.
« A me…? Non lo sapevo… » Maledissi il maestro, in corpo mio. Come aveva potuto delegare la faccenda a me? Come aveva potuto lasciarmi solo in una situazione così scomoda?
Forse perché ne ero capace... Certo, doveva essere questo il motivo. Ma se non fossi stato all’altezza?

Tu sei sangue del drago.
Tu sei sangue del drago.
Tu sei sangue del drago.


« Credo che sia il caso di scavare ulteriormente per condurre nuove ricerche: non avendo trovato gli scarafaggi credo sia consono continuare ad esplorare. Inoltre, le pietre preziose potrebbero arricchire ulteriormente la città. Me ne occuperò personalmente, se Maestro Virgil lo desidera. »

E sorrisi, assottigliando gli occhi dolcemente.


Caddi sulle ginocchia, tremando, accortomi che… Non potevo credere ai miei occhi, non potetti credere al tempo. Esterrefatto dalle capacità del sommo abominio dalla barba bianca di illudermi, non riuscii a dire nemmeno una parola. Estremamente confuso, io, sangue del drago, degenerato dalle potenti magie illusorie di un piccolo anziano dalla forma mai vista d’ora. Il Danzatore mi afferrò sotto le braccia fino a rimettermi sui miei stessi piedi. Guardai Virgil e continuai ad ascoltare.

« Diventa una tua responsabilità, Virgil. Una parola del giovane e potremmo essere rasi al suolo. »



VIINTURUTH
Corpo: 50%
Mente: 75%
Energia: 60%
CS: 0

POTERI PASSIVI
Resistenza al fuoco - Viinturuth è immune al fuoco non tecnica. [6 utilizzi]
Ammaliare - La presenza di Viinturuth è in grado di influenzare le persone con effetto variabile. [3/6 utilizzi]
Maledire - Viinturuth è in grado di identificare qualcosa o qualcuno come fonte di pericolo agli occhi degli altri. [6 utilizzi]
Incrementare - Le creature evocate possono essere potenziate (+1 CS). [2/6 utilizzi]

EVOCAZIONI
• Danzatore d'Altofuoco; 0 CS in Agilità [Turno 2/2] - [Danzatore d'Altofuoco esce di scena.]

TECNICHE ATTIVE
Nessuna tecnica attiva utilizzata.

OGGETTI UTILIZZATI
Nessun oggetto utilizzato.

RIASSUNTO
Nulla da riferire.


Edited by Blaubart. - 24/7/2015, 08:49
 
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view post Posted on 26/7/2015, 00:00
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la città delle stelle cadenti

« Non possiamo lasciare il portale aperto ancora a lungo. È tempo di andare, Virgil.
Ora che conosci la nostra storia sta a te decidere come fare uso di queste informazioni. Ricorda: possiedi ciò che contraddistingue il nostro popolo. Sono sicuro farai la scelta giusta.
»
Eppure, i miei pensieri non facevano che vorticare su loro stessi, incapaci di intraprendere una direzione. Cosa stavo provando? Odio? Compassione? Sofferenza?
« Io.. »
« Lascia sedimentare ciò che hai visto oggi. Quando arriverà il giorno, saprai cosa fare.
Ora dobbiamo salutarci. Spero sia un arrivederci, non un addio.
»
Il sorriso del vecchio fu l'ultima cosa che riuscimmo a vedere prima di essere catapultati nuovamente all'interno del baratro, lì dove poco tempo prima la creatura del popolo nascosto aveva aperto il portale.
Era tutto finito. O forse, tutto sembrava essere appena iniziato.

Il ritorno a Lithien fu estremamente silenzioso. Ancora perso nei pensieri di ciò che Lithien aveva causato al vecchio popolo, non osai proferire parola durante l'intero viaggio. Anche l'oscurità del baratro, confrontata con l'oscurità delle azioni del Concilio sembrava vacua, priva di reale pericolosità. Volevo così tanto credere che ciò che avevo visto era solo un'illusione, eppure.. la sofferenza e il dolore, la paura e il disprezzo, l'odio. Al solo susseguirsi di quelle immagini nella mia mente avevo provato ognuna di quelle emozioni, amplificata come mai avevo esperito prima di quel giorno. Le mie sensazioni non potevano tradirmi: quella non era un'illusione, ma la realtà. La realtà di una società fondata sulla distruzione di un antico popolo e sullo sfruttamento dei suoi membri. Del prosciugamento della vita ad opera di cinque persone che presiedevano ora le figure più importanti dell'intera Lithien. Tutti i valori e tutte le attenzioni che per lungo, lunghissimo tempo avevo riservato a quelle persone.. stavano svanendo nel nulla, rimpiazzati dall'odio più profondo e da un'insolita e mai avvertita prima sete di vendetta. Per tutti, certo, tranne che per uno: come potevo credere che maestro Dom avesse fatto davvero ciò a cui avevo assistito? L'uomo che per anni si era occupato della mia educazione e della mia crescita poteva davvero essere un tale mostro? Come potevo odiare l'unica persona che aveva creduto in me? La stessa persona che aveva fatto di me ciò che ero, che non mi aveva lasciato morire di stenti all'interno delle fitte foreste dell'Erynbaran. Mio padre, quello vero, colui che aveva fatto di me un figlio e uno studente. Per tempo, il suo unico studente.
Asciugai le lacrime poco prima di entrare all'interno della città. Ogni casa e ogni strada, ogni albero e ogni libro. Tutto di quel luogo non appariva ai miei occhi, ormai, che come frutto della più grande delle malvagità di quel mondo. E non faceva che farmi sentire ancor più impotente di quanto già fossi; debole, incapace di reagire, egoista. Perché in fondo, forse avrei anche perdonato il mio maestro, per ciò che aveva fatto. Il solo pensiero straziava le già logore vesti della mia dignità.
Oghmar, dove sei? L'unica cosa che volevo, in quel momento, era scappare all'interno di un sogno e perdermi assieme a lui. Ciò che feci, invece, fu piangere, ancora una volta.
« Ti prego di.. di non giudicarmi, Viinturuth. » portai la destra ad asciugare le lacrime, ancora una volta. « Non sono adatto a crescere uno studente così promettente.
Ti prego di perdonarmi. E se puoi, ti pregherei di farmi un ultimo favore. Non raccontare a nessuno di ciò che è successo, oggi.
»
Toccai la testa del giovane, con giovialità, cercando di sfoderare, tra le lacrime, il migliore dei sorrisi. In quello stesso momento, Viinturuth avrebbe appreso un briciolo della crudeltà del concilio nei confronti del vecchio popolo.
« Io.. io ti prometto che andrò a fondo, in questa storia. Tu cerca di tirartene fuori, te ne prego. »
Ma nello stesso momento in cui pronunciai quelle parole, capii che non avrei mai voluto che succedesse. Debole e spaventato, l'unica cosa che sembrava confortarmi era proprio quella. Non ero solo.
« Torna dal tuo maestro.
Continua la tua vita, ignora questa giornata e procedi nei tuoi studi. Sono sicuro diventerai un ottimo evocatore.
»
Sommesso, in un inchino, per poi voltarmi e dirigermi verso la mia prigione, che in quel giorno sembrò essermi ancora più stretta. Mi sarei occupato di riferire l'esito dell'incarico al maestro un'altra volta. Ciò di cui necessitavo, in quel momento, era solo il silenzio.
Affinché l'eco della disperazione potesse risuonare con più chiarezza.

La quest si conclude in questo modo; arrivati a Lithien, Virgil semplicemente ti congeda e ti chiede di non parlare con nessuno di ciò che è successo; si occuperà lui di chiarire la faccenda con il Concilio - almeno così ti dice. Utilizzando la sua passiva di condivisione delle conoscenze, però, riesce a trasmetterti una piccola scena del passato di Lithien che lui stesso ha ricevuto dall'anziano del concilio del popolo nascosto. Riesci a vedere, nella scena, decine di persone venire trasformate negli abomini che hai visto nella città delle stelle cadenti a causa di esperimenti atroci che ne deturpano corpo e mente. In qualche modo, quindi, Virgil vuole che tu capisca la sofferenza di quel popolo, così come l'ha avvertita lui nel momento in cui ha appreso la loro storia.
    Passiamo alla valutazione.
    Per quanto riguarda il campo della scrittura non posso recriminarti poi molto; lo stile che utilizzi è ancora acerbo, ricco di incertezze e dubbi, ma risulta, in fondo, molto godibile e abbastanza ricercato, adatto alla tipologia di personaggio che stai giocando. Le scelte lessicali sono azzeccate, la punteggiatura è utilizzata quasi sempre in maniera corretta - attento a non abusare dei due punti, però - e la grammatica risulta priva di errori. Quello che posso consigliarti è di cercare di focalizzarti un pochino di più sullo stile che vuoi utilizzare per il tuo personaggio, che risulta un po' "macchiato" da numerosi stili, non riuscendo a spuntare in una propria identità ma adottando, semplicemente, un'identità collettiva che però rende leggermente più ostico leggere i tuoi post. Come ti ho già detto, ricorda che nei duelli non è per niente consigliabile inserire le informazioni tecniche nel post - che spezzano il pathos e la coesione del testo - potendo tu riservare le stesse allo specchietto. Buona però l'interpretazione delle azioni tecniche, che descrivi con sufficiente minuzia e attenzione. Attento alla descrizione del dolore, spesso troppo poco considerata e solo lontanamente accennata: il tuo personaggio non è immortale, ricordalo.
    Anche per la strategia posso ritenermi soddisfatto; aldilà dell'autoconclusivo - che mi serviva piuttosto per valutare la sportività - ho interpretato la valutazione di questo campo mettendoti alle strette nella parte finale della quest. Volevo, insomma, valutare una strategia che non fosse solo tecnicamente inscritta alla scheda, bensì alla tua capacità di agire con il personaggio; devo dire che te la sei cavata abbastanza bene, riuscendo a sfuggire alle tenaglie dell'interrogatorio dell'illusione del concilio. Attento però a evitare il metagame, vale a dire di evitare di sfruttare informazioni legate all'off gdr o comunque all'in gdr che non hai esperito con il tuo personaggio. Ricorda che stai scrivendo di Viinturuth, non di te stesso - anche se spesso, essendo scrittori, le due cose finiscono per avvicinarsi un po' troppo.
    Purtroppo nel campo della sportività devo segnalarti alcuni errori, relativamente al duello autoconclusivo. Prima di tutto voglio segnalarti che le tecniche di invisibilità non possono essere annullate da semplici difese psioniche - anche nel caso l'invisibilità sia di natura psionica. Esse, infatti, necessitano di difese apposite, o meglio di tecniche di rivelazione, che con un consumo pari a quello dell'invisibilità permettono di vedere il nemico. Te lo dico perché per ben due volte hai visto il nemico attaccare nonostante fosse sotto tecnica di invisibilità semplicemente utilizzando una normale difesa psionica; non puoi farlo, ricordalo. Altro errore è quello relativo all'utilizzo della psionica passiva all'inizio del duello, con la quale hai fatto in modo che il nemico quasi si pietrificasse dalla paura: specialmente in un duello, un effetto così ingente sul nemico non è esattamente sportivo. Ricorda che gli effetti passivi sono effetti secondari, che non influiscono direttamente sul duello, quindi cerca di limitare l'effetto di queste abilità a risultati meno intensi. Altro neo è quello relativo al danno da caduta: considerata la situazione, persino un danno basso era un pochino "esagerato". Essere sportivi non significa essere irrealistici; cerca di dosare bene il punto di congiunzione che unisce questi due poli. Per il resto non ho nulla da segnalarti: prendi quello che devi e non esageri negli attacchi - anche se il duello contro il Tergan mi è sembrato abbastanza a senso unico, devo dirtelo.

Per questo motivo ti assegno la Fascia Gialla, con la consapevolezza, però, che non faticherai affatto a crescere all'interno della piattaforma; devi solo colmare delle lacune tecniche che sono sicuro sanerai con un'attenta lettura del regolamento, dopodiché sono certo sarai pronto per una promozione. Ti ringrazio per aver partecipato alla quest; ti invito a tenere d'occhio la campagna, la quale avrà presto degli interessanti sviluppi.
Per la quest guadagni 1300 Gold (comprensivi del bonus di "dall'abisso"). Io, invece, mi assegno 1000 gold (anch'essi comprensivi del suddetto bonus). Per qualsiasi cosa, sono disponibile in tutte le forme che conosci. Mi aspetto che tu concluda la quest con un post finale.
 
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Blaubart
view post Posted on 27/7/2015, 15:11






Il mio corpo, un giocattolo. Catapultato fuori il portale, come respinti da una forza mistica ignota; non volevo. Avrei voluto restare, avrei voluto parlare.
Avrei voluto domandare.
Ed ora l’unica compagnia che avevo era il Maestro Virgil, segnato da quell’esperienza come nessun altro. Le domande stavano esplodendomi nella testa ma, per Zoikar, non l’avrei proprio pronunciate! Tutto sembrava finito, morto nel silenzio delle nostre presenze vaganti - il silenzio mi cullava o forse mi stava torturando? - Quando salimmo in superficie, vidi lontano, Lithien, la Città Alta. Ora era una visione diversa. Non volevo fare ritorno.
Il mondo esterno, che meraviglia…! Camminare altrove, fuori dalla città, dalla prigione, io… Guardai il volto di Maestro Virgil e non potei fare a meno di tacere. Ogni passo verso la mia città mi soffocava, un prurito sul braccio sinistro che ora ero in procinto di epurare con le dita della destra. Poi le lacrime silenziose del maestro.
Il silenzio e il rumore sottile dell’ambiente: questo regnava durante il nostro cammino ed io non potei che assecondare tutto questo. I miei occhi si posarono sul cielo e rividi l’aquila volare, probabilmente la stessa che vidi qualche giorno prima sulle ampie terrazze marmoree di Lithien. Ero finalmente uscito dalla città e… in qualche modo mi piaceva un mondo starci fuori. Non volevo tornare.
« Ti prego di.. di non giudicarmi, Viinturuth. » I singhiozzi di un elfo, per la prima volta potevo ascoltarli. « Non sono adatto a crescere uno studente così promettente. »
Tacqui.
« Ti prego di perdonarmi. E se puoi, ti pregherei di farmi un ultimo favore. Non raccontare a nessuno di ciò che è successo, oggi. »
C’era davvero il bisogno di rassicurarlo?
Un sorriso tra le lacrime.
I miei capelli, una pressione, un suo tocco gioviale.
Cos’è l’affetto, Viinturuth?

La visione dell’Odio.
Le mie pupille, poveri occhi su un mondo di crudeltà.
Le persone, le vite deturparsi. Chi erano? In quel momento il respiro mi si bloccò in gola, come una mantide nervosa nell’atto di nutrirsi di una giovane farfalla innocente. Le urla di quelle persone graffiarono i miei occhi, non le mie orecchie. Una scena che si ripete, una scena muta.
Cos’è l’affetto, Viinturuth?
Una leggera pressione sulla cenere dei miei capelli.
Condividere quel momento.
Quando tutto finì fissai gli occhi di Maestro Virgil. Le mie palpebre rigide, aperte, le sopracciglia color della neve tese come da un filo di metallo. Quasi un crampo sulle mie tempie. In quel momento avrei tanto voluto chiedergli della giustizia ma era una condizione così lontana dalle nostre possibilità. Come avremmo potuto?
E perché, maledetto me, non riuscivo a parlare?
« Io.. io ti prometto che andrò a fondo, in questa storia. Tu cerca di tirartene fuori, te ne prego. »
Davvero si aspettava che obbedissi? Lo guardai come a non poterci credere. Mi sentii messo da parte, come si fa con i giocattoli che un bambino non vuole più usare. Compagni di viaggio rotti e non più desiderati dal loro padrone. Eppure, riconobbi in Maestro Virgil - dovevo chiamarlo ancora in questo modo? - un senso di protezione nei miei confronti, come se la faccenda fosse troppo grande per un individuo della mia età e della mia esperienza.
E questo è anche peggio.
Portai la mano al petto: il liquido violaceo continuava a fuoriuscire dalla ferita, che lo secerneva. Avevo bisogno di cure. Maestro Lamlisye avrebbe saputo come fare.
« Torna dal tuo maestro.
Continua la tua vita, ignora questa giornata e procedi nei tuoi studi. Sono sicuro diventerai un ottimo evocatore.»

Il suo inchinarsi lieve, a far sì che fosse un saluto, mi lasciò un lieve senso di tristezza. Risposi accennando una pessima imitazione del suo gesto formale e fece per andarsene, dandomi le spalle per poi camminare.
Istintivamente le parole fuoriuscirono dalla mia bocca, eteree.
« Sarà il nostro segreto… Virgil. »
E fu proprio quando decisi di chiamarlo senza l’appellativo che avevo usato sin dall’inizio di quella giornata che seppi, in cuor mio, di adottare nuovamente l’autodidattica. La sperimentazione della disciplina, la mia personale visione del mondo arcano. Il vincolo tra me e le mie creature. Il mio fuoco più intenso.

VIINTURUTH
Corpo: 50%
Mente: 75%
Energia: 60%
CS: 0

POTERI PASSIVI
Nessun potere passivo utilizzato.

EVOCAZIONI
Nessuna creatura evocata.

TECNICHE ATTIVE
Nessuna tecnica attiva utilizzata.

OGGETTI UTILIZZATI
Nessun oggetto utilizzato.

RIASSUNTO
Nulla da riferire.
 
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