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La Via per Atlantide - Apoteosi

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The Grim
view post Posted on 9/7/2015, 18:33




Un lieve alito di zefiro agitava i giunchi nodosi e i lunghi fili d'erba che affollavano le sponde del Rjolkitos, che tortuoso s'inerpicava dal Carcaros fino al mare libero; solo che le barchette lo risaliva al contrario. Due gusci di noce che sprofondavano sotto il pelo dell'acqua, eccessivamente appesantite dal carico di quattro persone ciascuna a cui non erano evidentemente abituate, e con fatica lottavano contro la corrente, le anse sinuose e i banchi di rena, spinte soltanto dalla forza dei remi e delle braccia che li impugnavano. Jace era ipnotizzato da quell'alzarsi ed abbassarsi così ritmato, dalla perfetta sincronia dei due Thyrsus che si alternavano come ingranaggi di un macchinario perfetto, immagine davvero strana per una coppia di sciamani adoratori di bestie e libertà selvagge. Lo stregone sapeva di non conoscere bene né loro né le loro usanze, che si basava su sentire dire e pregiudizi, che avrebbe dovuto cambiare questo atteggiamento, sopratutto visto che puntava a diventare il sovrano anche delle loro genti. La cultura di ogni devoteria racchiudeva millenni di tradizioni, rituali, simbolismi, racconti, per nulla inferiore a certi regni in cui si era ritrovato a vagabondare. Tre giorni di viaggio fra boschi, terre brulle, ed ora su quel fiume gli avevano tolto ogni voglia di chiacchierare, od anche fare supposizioni. Si era stancato di fissare Cancro da sotto al cappuccio, nel tentativo di decifrarne il piano o gli schemi, o di scrutare il compagno di viaggio del suo maestro per capirne di più. L'unica cosa che aveva capito di quel tizio era che sicuramente non faceva parte dei Mastigos, o degli altri ranghi degli atlantidei, ma dopotutto anche lui si era scelto uno straniero come compagno; dopotutto Ajanni era stato chiaro, c'era bisogno di un cuore da conquistare. Né il cartaio né il suo antico maestro si erano arrischiati ad infrangere quella legge, anche se Jace aveva quasi barato e sperava che quel " quasi " gli scampasse ogni problema; con l'artefice era sceso nel Baathos a recuperare la propria bella ma non era ancora uno di quelli con cui trascorrere una sera in taverna. La prima barca prese a virare, avvicinandosi alla sponda dolcemente sotto il chiarore di un tramonto rosato. Il monte brullo torreggiava su di noi più della pallida luna piena che già galleggiava visibile in un cielo terso, macchiato da appena una manciata di nuvole. Era chiaro che avevamo raggiunto la nostra meta, ora non ci restava che una scarpinata e di affrontare i misteri di questa cittadella proibita.

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Dei quattro sciamani, due uomini e due donne, Jace non aveva nemmeno imparato i nomi.
Uno era segaligno e calvo, una dai capelli crespi e mori, l'altra era rotondetta e bassa, e l'ultimo statuario e con una lunga e malcurata barba rossa. Tutti erano imbacuccati in abiti semplici e pratici di pelle e stoffa leggera, ornati con piume o altri parti di animali come zanne o unghia.
Il suo interesse si era fermato lì, quelli erano traghettatori che li avrebbero scortati alla meta e poi li avrebbero attesi sette giorni per riportarli alla civiltà, o se così si potevano considerare i villaggi dell'Edhel.
Non si aspettava che gli dessero consigli, benché meno dei doni.
Il barbuto invece si fece avanti, traendo fuori dalla sua sacca un involto di seta azzurra, dentro il quale stava un forziere in legno laccato, opera di un artigiano esperto, che si era sbizzarrito in ghirigori a forma di teste di toro e zoccoli di bue. Sin dal primo sguardo s'intuiva che fosse qualcosa di speciale, e importante per i prossimi eventi. L'uomo fece crescere l'unghia del suo pollice in un groviglio di piccole ossa di pollo che s'insinuarono nella stranissima serratura del cofanetto, e l'aprirono con uno scacco secco. Lo sciamano rivelò allora il suo tesoro: quattro ampolle di vetro cristallino anonime, ricolme fino all'orlo di un liquido di colore ciano nolto intenso.

" Vi avviate per un luogo molto pericoloso.
Nel Carcaros sono state scavate tante gallerie, e nel suo ventre sorge una fortezza pericolosa.
Si chiama Il Rosso
ed è là che si radunano tutti i Thyrsus eretici, sovversivi e piantagrane. Dicono di vivere liberi, da ogni tabù e costrizione, si scagliano contro le gerarchie e le tradizioni
ed adorano un Re, che è anche il loro dio, il più blasfemo di tutti quanti.
Si fa chiamare Navral.
Fu lui a rubarci il Fulcro dello Spirito, a radunare quei reietti ed alimentare il fuoco del loro odio.
Fu lui a corrompere quel luogo fino a farne una sua escrescenza, pronto a lordare ogni cosa al mondo col suo tocco.
Nessuno di noi è tanto potente da sconfiggerlo, non lì, e non ci aspettiamo che voi lo facciate, dovete solo rubargli la gemma e tornare qui sani e salvi.
"
" Della storia ci importa molto poco. C'è qualcuno che ci può aiutare là dentro?
Siete maestri della metamorfosi, e quella è pur sempre la vostra gente, qualcuno l'avrete infiltrato, no?
"
" No. Quei traditori sono molto sospettosi, chiunque arrivi da loro senza marchi da eretico viene forzato a riti tremendi. "
" Come ha detto l'Arcistregone, siete maestri della Metamorfosi, basta che simulate i vostri stessi marchi, cosa c'è di così difficile? "
" Quella feccia non si limita ad imitare le ali dell'aquila o le gambe della gazzella, ad aggirarsi nelle spoglie del fagiano. Loro sovvertono la carne, la mutano secondo forme dettate dalla loro fantasia, creano ibridi orrendi che non appartengono per nulla al nostro mondo. Non seguono le forme perfette scolpite nei grandi alberi di pietra della Grande Foresta, ne forgiano di nuove senza anima. Un cambiamento simile ti danna, è impossibile per ogni vero Thyrsus. "
" Beh fate una qualche imitazione, basta un'illusione, siete davvero così dementi da non arrivare ad una soluzione così banale? "
" Saremo selvatici, Magister Odesseiron, ma non siamo stupidi, semplicemente una cosa simile non è possibile. E sapete perché?
Perché per evitare che la peste di questi esseri immondi si diffondesse ai quattro venti li abbiamo sigillati. I Numi, gli spiriti della Grande Foresta, vegliano su queste terre, bruciando i corpi di coloro la cui carne è mutata alla loro maniera. Una semplice illusione non li inganna, perciò chi non ha mutato in tale maniera la sua carne non viene ferito; e quando gli eretici scorgono un nuovo arrivato del tutto illeso...
beh, potete immaginare cosa succede. O meglio, noi lo immaginiamo perché nessuno di coloro che ha tentato questa via ha mai fatto ritorno, né ci ha mai contattato usando spiriti od animali.
"
" Quindi noi, che non facciamo parte del vostro ordine, dovremmo bere quell'intruglio e trasformarci in...
in cosa esattamente?
"
" Nulla di esatto o particolare, sarà la vostra anima o la parte più oscura della vostra mente a guidarvi. Sarà doloroso, ovviamente, vi cresceranno nuovi arti, nuovi organi, in forme bizzarre e particolari. L'intruglio è fatto in maniera da non farvi assumere sembianze troppo estreme o che turbassero la vostra forma in maniera irreparabile. "
" Benissimo, noi in quanto esterni al vostro ordine possiamo fare una cosa simile senza dannarci l'anima, o comunque a voi non interessa abbastanza. Ci infiltriamo, facciamo cosa dobbiamo e poi come facciamo ad uscire senza che i vostri Numi ci inceneriscano? "
" L'effetto della pozione è temporaneo, durerà una settimana massimo ma quel tempo potrebbe essere troppo per voi. In ogni caso, basterà desiderare di tornare normali e l'incanto si dissolverà. Una volta sciolto però non si potranno più riassumere quelle fattezze. "
" Il mio allievo ha fatto una bella domanda, ma anche io ve ne devo fare una d'importanza essenziale. Voi che siete tanto devoti, come potreste accettare un Re che si è macchiato di un peccato così orrendo? "

Il sorriso era più tagliente di una lama di acciaio purissimo, s'infilzò nell'animo dello sciamano, lasciandogli un'espressione di sorpresa e stordimento sul volto non solo dell'uomo, ma di tutti e quattro i Thyrsus. Non si aspettavano una domanda, così sfrontata eppure fondamentale, una considerazione giustissimo. Sarebbe stato facile reputare la cosa perdonata per via del servizio reso sia a loro che a tutta la comunità, ma se fosse stato così semplice già qualcuno dei loro avrebbe tentato l'impresa e prima o poi sarebbe tornato vittorioso. Quel sacrilegio era un tabù troppo forte da infrangere per tutti loro, e Cancro l'aveva capito immediatamente.

" Ajanni...
Lo sciamano supremo ha ordinato che faremo così, e lui stesso abdicherà al suo ruolo al termine dell'impresa per aver permesso il peccato.
È una cosa eccezionale che non si ripeterà mai più.
"
" Mi farò bastare la tua parola, per quanto infima essa sia.
Ora dammi qui e fammi bere.
"

L'arcistregone trangugiò il liquido senza esitazione, e senza fare smorfie, tutto in un fiato, e poi si sedette sul terreno. Jace lo imitò ma senza l'eleganza e la freddezza del suo mentore, arricciando le labbra in una smorfia di disgusto mentre il liquido amaro scivolava per la lingua e finiva giù nella gola, dove sentiva grattare la carne, e opporsi alla caduta nello stomaco con un bruciore infernale. Tutti i muscoli si indolenzirono come se ognuno di loro avesse un crampo, contemporaneamente. Dentro di lui sentì la carne gorgogliare, come lo stomaco affamato ma in punti improbabili come: la coscia destra, la spalla sinistra, poco sopra la nuca, sul palmo di entrambe le mani, ed infine sotto le piante dei piedi. I nervi schizzavano scintille elettriche un po' dovunque, costringendolo a gridare a più non posso, mentre i polmoni facevano fatica a tenere abbastanza ossigeno; così gliene spuntò un terzo, sotto forma di una piccola gobba al centro del petto. Due braccia fatte interamente d'osso sbucarono dalla sua schiena in una parodia macabra di due ali, mentre un secondo naso spuntava al centro della gola; se ci furono altri cambiamenti, la pesante cappa azzurra li nascondeva per bene. All'altro andò meglio: un secondo paia di cavità oculari decorò la sua fronte, ma nessun occhio li riempì, fu invece una lunga sfilza di canini a riempire quegli orifizi. Un sesto dito gli apparve per mano, una lunga coda di scorpione strappò il posteriore del suo pantalone, e una seconda lingua di serpente crebbe dalla punta della prima. Infine una gabbia toracica in miniatura spuntò dalla spalla destra, e al centro del reticolo di costole giallastre stava un secondo e minuto cuore, tutto nero, che batteva lentamente. Edwin non gridò, nemmeno un secondo, né sorrise di soddisfazione si limitò a invitare i due accompagnatori di bere la loro dose di veleno.


Qm point

Benvenuti a tutti e due.
In quanto Quest di Mentoraggio, e quindi volta a seguire approfonditamente voi altri, mi occuperò non soltanto dell'intrecciarsi delle trama e lo svolgimento dell'avventura ma cercherò di approfondire la vostra conoscenza. La giocata inizia in " medias res ", cosa abbastanza usuale diciamo, ma questo non vorrà dire che salteremo l'incipit di questa storia, precisamente come siete stati reclutati. Ovviamente, viste le premesse della Quest, è ovvio che il vostro ingaggio andrà a buon fine, ma ciò non significa che non possiamo rendere il tutto più interessante. Anzi, che voi non possiate rendere il tutto più interessante! :wow:

Che voglio dire?
Semplicemente che ruoleremo nel Thread di confronto (qui) come Cancro e Seregon - da una parte - e Jace e Ral - dall'altra - si sono incontrati e messi d'accordo. Siccome sono pigro lascio a vi l'onere di scegliere il luogo, e magari la situazione specifica; che mi riserbo di rifiutare e contro proporre se trovo troppo irrealistica, sono sempre il Despota di questa storia io!
Finita l'introduzione, passeranno qualche giorno di viaggio - o forse più se i personaggi si sono incontrati nell'Akeran! - e si arriverà alla scena descritta nel post. Quindi vi toccherà bere l'intruglio propostovi, facendo assumere tratti semibestiali al vostro personaggio, come fatto da Cancro e Jace. :asd:
 
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DanT&
view post Posted on 17/7/2015, 13:31




La via per Atlantide
Apoteosi





Lithien era diventata la sua oasi di pace, la sua terra promessa. Nei corridoi lunghi, tra stanze alte e torri che si allungano verso il cielo come dita pallide, Ral, inventore itinerante - da pochissimo - già accarezzava l’idea di abbandonare ogni proposito di ricerca esterna ed insediarsi stabilmente nella città magica.
Riemerso dal Baathos con Afrah e compagni, per il Mastro bibliotecario non era stato difficile convincerlo a fermarsi qualche giorno, giusto il tempo di ristorare le energie perdute e riguadagnare qualche ora di sonno arretrato, cosa che aveva accettato di buon grado anche se adesso la situazione sembrava aver preso una piega ridicola.
Lo slancio con cui il tecnomago s’era lasciato alle spalle l’accademia dove aveva studiato una vita intera era andato via via scemando, giorno dopo giorno soffocato dalla sicurezza che le mura spesse di Lithien gli offrivano.
Oggettivamente, di cosa aveva bisogno di più?
Le pareti di ogni singolo muro grondavano, quasi letteralmente, conoscenza. V’era racchiuso nella cittadella lo scibile del mondo conosciuto e non, lì, si trovavano libri persino sull’Oneiron, sui piani astrali, sulle dimensioni parallele. Testi antichi e profondi, come quelli sui Daimon di Theras, e racconti banali, cronache, resoconti di viaggi ai confini del continente. Tra tutto questo, interessante fino allo sfinimento, aveva racimolato solo qualche pugno di informazioni circa l’origine dei golem, il suo campo di studio. Aveva scoperto che si rifacevano a T’al, il Dio creatore, suoi costrutti che regolavano il mondo, ma nulla più.
Per la sua ricerca era arrivato ad un punto morto e lo sapeva, ma guardandosi intorno non riusciva a trovare la forza di rimettersi in moto, ripartire, per continuare quel viaggio che lo aveva già convinto una volta alla ricerca spasmodica di quella che lui chiamava la scintilla.
Quindi sì, aveva deciso di andarsene.
Ma senza fretta.


Il bagliore tenue emanato dai suoi palmi ruvidi illuminava un poco lo scaffale su cui la coperta rigida del tomo andava a prendere posto. Il dorso si incastrò perfettamente tra i suoi due vicini, ristabilendo l’ordine. Lo sbuffo di polvere che venne fuori non lo infastidì quando gli andò a stuzzicare le narici sensibili, anzi. Il caratteristico odore pungente della polvere lo affascinava, aveva il sapore di secoli e di storia, non ne avrebbe fatto mai a meno. Così come della solitudine in cui s’era rinchiuso. Erano passati mesi, oramai, da quando Lithien era diventata la sua dimora ed ogni fibra del suo corpo ne era stata assorbita. Acqua, cibo, riposo, non gli erano più necessari tanto il compito affidatogli era gravoso. L’inventario e la catalogazione della - quasi – onniscienza non era cosa da poco.
Aveva imparato tanto su questa che era a tutti gli effetti un’arte. I materiali, la collocazione, la gestione di reperti particolari come le pergamene, talmente tanto antiche da potersi sgretolare al minimo tocco se le mani non fossero state adeguatamente protette da un incantesimo particolare che le rendeva quasi eteree.
In cima alla torre ovest, Ral aveva quasi finito. Era l’ultimo piano e sembrava incredibile che, alla fine, ci fosse arrivato. Sembrava irraggiungibile vista dal basso, così liscia e slanciata, quasi anonima tra le mille altre che caratterizzavano Lithien, però era quella che gli era stata affidata dal curatore, che aveva bisogno della manutenzione interna che uno con le sue – alquanto scarse – competenza archivistiche poteva gestire.
Prese un sospiro e passò al prossimo libro che, stranamente, veniva illuminato da un raggio di sole che penetrava da una finestra che dava su un minuscolo balconcino. Storse il naso. Non il massimo che la luce colpisca direttamente il tomo, per la conservazione.
La lunga ricerca di Septimus Heap ed il suo incontro con Alan Watford signore dei Mantoscuro. Lesse divertito.
Chissà di cosa parlava!
Lo sfogliò senza prestarci realmente attenzione, colpito dalla grafia squadrata e dalle illustrazioni grossolane, che parevano disegnate dalle mani di un bambino maldestro. A quanto pareva il libro era stato scritto dallo stesso Septimus in persona.
Che personaggio!
Venne interrotto da un rumore di passi. Nemmeno si voltò, a dire il vero, perfettamente sicuro si trattasse del vecchio brontolone, pronto a controllarlo e redarguirlo su ogni minuscola sbavatura nel lavoro.
Va tutto bene. Sbottò infastidito accompagnando il gesto con la mano illuminata.
Ma non era lui. Era Jace Beleren, il Cartomante.


Il tomo, rilegato malamente, si chiuse con un tonfo sordo.
Un favore importante? Da Lui? Al Cartaio?
Roba da ridere.
Ma lui non rideva, anzi, ed il sorriso abbandonò velocemente il volto dell’inventore, che aveva piacere a rincontrare Jace, ma non in circostanze così seriose. Aveva bisogno di un favore, chiedeva gracchiante dal tavolino squadrato che ogni tanto gli serviva da piano di lavoro.
Ossia? Gli chiese perplesso.
Non che non volesse aiutarlo, ma l’ultima volta che s’era buttato a capofitto in una sua impresa si era ritrovato per settimane disperso all’inferno. Quindi aspettava ad accettare.
Devo affrontare una prova, mi serve qualcuno di competente ma che non sia una persona che mi è devota. Qualcuno di cui devo conquistare la fiducia. Per come è in subbuglio l'Edhel persone del genere si contano sulle dita di una mano. Si tratta di qualcosa di molto rischioso, affrontare una montagna stracolma di sciamani ribelli e rubare una gemma. Cosa volete in cambio, Ral?
Il tecnomago si grattò il mento ruvido, pensoso. Guardava serio Jace che gli chiedeva un favore di tale portata. Pareva avere un gusto perverso nell’infiltrarsi nelle viscere della terra infestate da esseri potenzialmente letali. Da quando lo aveva conosciuto non aveva fatto altro che trascinarlo in situazioni del genere. Aveva davvero senso rischiare la vita solo per uno strano sentimento di gratitudine?
Tanto valeva chiedere quello che voleva davvero, qualcosa che forse solo lui poteva dargli, qualcosa di quasi impossibile.
Cosa voglio? Gli fece infine con tono leggermente beffardo.
La Conoscenza, Mastro Cartaio. La via. Fece serio.
Quello per cui sono partito. Ciò che crea la vita, la coscienza e tutto ciò che può rendere a tutti gli effetti un golem identico ad un essere vivente sotto qualunque forma, dalla formulazione di un pensiero all'espressione di un sentimento.
Il suo sguardo fisso non lasciava dubbi. Lo cercava davvero tutto questo, lo voleva e adesso intravedeva un’occasione.
Puoi darmelo?
Gli promise tutto ciò che sarebbe stato in suo potere.
Ed era quello di cui aveva bisogno, quanto bastava.


Era incredibile come quell’uomo lo sorprendesse. Dalle calde mura sicure di Lithien si era ritrovato su una barchetta minuscola insieme ad un sacco di altra gente, una più strana dell’altra. Jace, dei traghettatori, Cancro – che pareva avere un risentimento abbastanza radicato nei confronti del cartomante – ed un altro uomo, Seregon, gli era parso di capire, che spiccava tra tutti per la mole enorme.
Durante il viaggio sulle placide acque del fiume apprese di uomini e sciamani, di Thyrsus puri e di corrotti, di essersi imbarcato in un’avventura che sarebbe finita con l’acclamazione d’un re e che tutto ciò sarebbe dipeso anche da lui. Un sogno ad occhi aperti, un’avventura fantastica, una gemma da sottrarre ad un re potente e vanaglorioso, crudele oltre ogni limite, una storia degna del più bel romanzo che avesse mai letto, adatta al più fulgido eroe che potesse immaginare.
Ral si guardò intorno, stranito, mentre le pagaie raschiavano il fondale sassoso e la prua dell’imbarcazione raggiungeva la riva. Non vedeva, lì intorno, nessun paladino armato di tutto punto, rilucente ai raggi del sole, solo gli sciamani straccioni che avevano fatto da traghettatori e cantastorie, Cancro, Jace e Seregon. Come diavolo gli era venuto in mente di accettare?
Accanto a quell’uomo enorme che Cancro aveva portato come suo campione si sentiva una formica pronta ad essere schiacciata dal suo stivale. A guardarlo bene e da vicino era certo di risultare agli occhi del Cartomante ben meno prestante ed affidabile, nettamente inferiore in tutto e per tutto e si chiedeva se, come lui stesso già faceva, non si foss pentito di aver fatto ricadere la sua – forse - prima scelta proprio su di lui, con tanti uomini valenti in quel di Theras.
La boccetta che portò alle labbra conteneva un liquido arancio, amaro oltre ogni limite e che lo disgustò.
Non ebbe il tempo di soffermarsi sui suoi compagni, o avversari che dir si voglia, perché fin dall’interno venne squassato in men che non si dica. Le sue viscere vennero straziate, messe su un banco da macello e dilaniate, le sue ossa triturate, il suo petto esplose ed i suoi occhi schizzarono fuori dalle orbite. Mani e piedi si addormentarono, cadendo e lasciandogli solo dei moncherini sanguinolenti e la lingua gli si gonfiò e lo strozzò mentre provava ad urlare dolore e sangue. Tutto ciò che ottenne fu vomito e lacrime salate, gemiti ed ansimi e quando riaprì gli occhi si ritrovò ad avere la faccia conficcata nel terreno verde ed alcuni fili d’erba a solleticargli le narici che ormai non c’erano più. O meglio, c’erano, ma non erano più quelle d’un tempo. Strizzò le palpebre, infastidito dal sole, guardandosi intorno per poi soffermarsi sulle proprie mani. Non c’erano parole per descriversi, le aveva perse contorcendosi come una mammoletta sul terreno. Le sue lunghe dita, tre per arto, sembravano ridicole e minuscoli – inutili, gli suggeriva una vocina cattiva nella testa - rispetto al palco nero di corna che adornava il capo del fu Seregon. Cancro esibiva una coda da scorpione, Jace due specie di ali scheletriche.
Provò a dire qualcosa, ma tutto ciò che provava a fare veniva interrotto da ogni singola percezione, cambiata, mutata, che gli restituiva suoni, immagini ed odori a scatti, inframezzati da secondi di buio e silenzio.
Si rassegnò al silenzio, ancora attanagliato dai crampi e dal dolore, per poi seguire quello che era diventato, nuovamente, la sua guida.
Strascicava i piedi, Ral, arrancando sul terreno duro ed affondando le lunghe unghie dei piedi nella terra, lasciando dietro di sé solchi profondi che chiunque avrebbe potuto vedere e seguire.
In quella condizione, col sole che gli batteva la testa calva e la pelle che pareva gli si seccasse ogni secondo di più, raggiunsero una sorta di radura. Proprio lì in mezzo, alcuni esseri bianchi, aleggianti ed eterei come mante, circondati da scariche elettriche li bloccarono.
Che fare? Li avrebbero riconosciuti come loro simili?
Anche loro erano Thyrsus o semplicemente bestie infestanti l’ambiente naturale?
Nessuno si muoveva, nessuno diceva nulla. Semplicemente ci si osservava, si aspettava la prima mossa falsa, che arrivò di lì a qualche istante dopo, gesto non proprio amichevole e d’accoglienza, sotto forma di scarica elettrica diretta ad ognuno di loro.
Il fulmine a lui destinato si bloccò a mezz’aria, brillante e vibrante, smolecolato nel giro d’un battito di ciglia.
Impaurito, si rifugiò dietro la sua guida, dietro Jace il Cartomante, colpito invece e leggermente ferito.
Perché questi fratelli ci attaccano?
Gli chiede con voce alta e sibilante, tremante di spavento e quasi piagnucolosa.
Non ottenne risposta, ovviamente, anzi, quasi un rimprovero.
Ricordava cosa avevano detto gli sciamani, ma non era stato in grado di controllarsi, autogestirsi, ancora bloccato dagli strascichi della pozione.
Approfittò dell’incanto di invisibilità di Cancro, grato e in silenzio, per oltrepassare le bestie, sbuffando aria calda dalle narici fini.
Un’ora di marcia fu sufficiente a portarli all’inizio di quella che Ral già sapeva sarebbe stata la fine.
Addentrarsi nella montagna era aperto a due opzioni: una più furtiva, l’altra diretta. Inutile dire a lui la sorte riservò la peggiore.
Inutile anche dire che rimpiangeva Lithien più di ogni altra cosa.




CITAZIONE

q8qu



Narrato
Pensato

Parlato

• Stato fisico: Illeso

• Stato psichico: Illeso
• Capacità Straordinarie: [0]
• Strategia per il turno (Abilità + Oggetti):

9/25 Abilità Personale Difesa Variabile - Magica - Consuma Energia - Ral comprende la struttura di ogni tipo di tecnica, per questo è in grado di difendersi da qualsiasi tecnica di natura fisica o magica annullandole prima che arrivino a bersaglio.

Pacifismo: vivendo per anni lontano dalla civiltà, i possessori di questo talento hanno oramai perso interesse per i conflitti delle persone comuni. Consumando un utilizzo di tale passiva, questi asceti riusciranno a esporre al mondo le loro idee attraverso una malia psionica che indurrà le persone attorno a loro ad abbandonare la violenza e ad abbassare le armi. (Numero di utilizzi: 6 – 1 = 5)

• Equipaggiamento:

E [150 – 20 = 130]

F [75]
M [75]
Bastone da mago – Niflaot Marahal [artefatto] [Integro]
Barlume [artefatto] [Integro]


• Note:
Nulla da segnalare, si svolge tutto come da confronto.
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view post Posted on 21/7/2015, 21:28


Praise the Sun


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Seregon
Alle porte della foresta Gwathlaiss di ritorno dagli eventi nei quattro regni del Dortan si ritrovò accolto dal tipico spettacolo che aveva fatto guadagnare a quel posto il soprannome di "Inferno Vegetale", una foresta dominata dalla piante dove gli animali e i viandanti di passaggio non erano altro che spuntini.
Al primo passo in quella fitta selva carnivora si ritrovò fin da subito a dover far i conti con un mostro composto da legna e radici aggrovigliate tra loro senza una forma ben precisa, se non quella della bocca dalla quale veri e propri denti acuminati venivano fuori agognando carne.

"Sembra sia il caso di dare una potatina."

Disse sgranchendo velocemente braccia e gambe.

"Vai Sery, strappale tutte le foglie!"

Esordì con voce squillante Fana che anche se abbastanza lontana da non essere in pericolo si comportava come se fosse un gioco innocuo.
Più andava avanti la cosa e più risultava chiaro che non c'era confronto, Seregon si limitava a punire il mostro ogni qual volta sbagliava una mossa ma non arrivava mai a ferirlo seriamente.

" Complimenti. Sembrate veramente un uomo molto forte. State distruggendo questo inferno per qualche motivo in particolare? "

Indietreggiò dalla bestia con un rapido balzo sia per prendere fiato che per rispondere, un mago eh?
Erano tutti uguali quei tipi, e non in senso figurato.

"Perché faccio il giardiniere di professione, non si vede?"

Sferrò un possente pugno dall'alto verso il basso sfruttando al massimo la durezza metallica delle sue nocche lasciando la pianta stordita per qualche istante.

"E non lo sto affatto facendo perché se io non mangio lei, poi lei mangia me, affatto!"

Tra tutte le sue armi la sua preferita è sempre stata il sarcasmo, peccato che non si potesse usarla anche contro i mostri.
Proprio mentre la pianta iniziava a riprendersi fu colta alla sprovvista da un ultimo devastante colpo, un urlo così forte da tramutarsi in una palla di cannone che la investì in pieno causando un'esplosione accompagnata da numerose schegge.

"Accidenti ho di nuovo esagerato, mi tocca trovarne un'altra adesso."

Ovviamente il tipo di prima non solo era stato incapace di presentarsi, ma avanzava pure giudizi su qualcosa che per certo non aveva mai provato sulla propria pelle.

" Pura sopravvivenza dunque? Una cosa molto noiosa e per nulla ambiziosa, ma almeno non avete risposto con stronzate come per liberare questo luogo dal male. Non sopporto quei fastidiosi bigotti. "

Disse pulendosi con i lembi del vestito.

" Vi interessa qualcosa di emozionante ma sopratutto di parecchio pericoloso? "

Definire la sopravvivenza noiosa è sinonimo di chi ha avuto tutto servito su un piatto d'argento, che non ha la minima idea di cosa voglia dire poter morire, anzi, quasi sicuramente per lui la morte non era nemmeno un opzione.

"Già, noiosissima guarda..."

Lo squadrò dalla testa ai piedi chiedendosi da dove fosse venuto fuori il tipo e cosa ci facesse in quel posto considerata la nomina non esattamente positiva.

"Mi interessa di più sapere perché dovrei anche solo valutare una richiesta da qualcuno che mi spunta alle spalle e che non ho mai visto prima d'ora."

Nel mentre Fana si sedette sulla spalla di Seregon guardando anche lei il nuovo arrivato per qualche istante con occhio sgranati, per poi tornare in volo fino ad arrivargli a poco più di un metro dal volto ma con espressione ben diversa da prima, come confusa.

"Perché non ti piacciono i dolci?"

Chiese con genuina curiosità dimostrando di non sapere cosa fosse un bigotto, Seregon da canto suo si portò una mano al volto sospirando, innocente e genuina quanto volete ma il ripetersi ciclico di domande oltremodo stupide iniziavano a farlo sospirare più di quanto non avesse mai fatto prima d'incontrarla, la cosa migliore era ignorarla.

" Perché aiutare un povero vecchietto in difficoltà è cosa buona e giusta? "

Rise in modo innaturale come forzato accennando qualche colpo di tosse secca.

" Sono Edwin Odesseiron, Arcistregone dei Mastigos, pretendente al trono di Atlantide. Per ottenere il titolo di sovrano mi è stata affidata una prova durante la quale devo essere aiutato da qualcuno che non sia un mio servitore. Un umano vale l'altro, ed ho incontrato te, che massacravi quella cosa. Se t'interessa una buona paga, o se hai un problema che il capo di un ordine di assassini e manipolatori mentali può risolvere, io ti offro un lavoro semplice ma mediamente rischioso. "

Trono di Atlantide... quelle parole scavarono nella sua mente collegando i frammenti di esperienze passate, non solo posti ma anche persone, o meglio, una sola persona, Ainwen, irraggiungibile per uno "zotico" come lui, e di certo gli impettiti di cui si circondava non rendevano il tutto più semplice.

"Quindi tu aspiri a diventare Re... ."

Si avvicinò lentamente pulendosi le mani mentre Fana indispettita per l'esser stata completamente ignorata rispose con una linguaccia per poi guizzare tra i capelli di Seregon come a volersi nascondere ma continuando a sbirciare tra le ciocche.

"In tal caso ciò che voglio in cambio del mio aiuto non sono né soldi, né favori, ma qualcosa che solo un re può darmi... il più alto titolo nobiliare legato alla vostra corona e ufficialmente riconosciuto in tutta Teras, accettate?"

Sapeva anche lui che era una richiesta strana, aveva perfino snaturato il suo normale modo di parlare per farla, ma gli serviva.
Fino a quel momento aveva provato di tutto per salvare quella donna da se stessa ma ad ogni loro nuovo incontro continuava a vederla inabissarsi sempre più, e il non poter parlarle senza l'esser visto come un cane randagio aveva reso inutile ogni suo tentativo di far qualcosa, forse era davvero inutile, ma non poteva far finta di nulla, non dopo aver visto quanto era simile a lui prima d'incontrare Edea.

" Mi chiedi tanto, forse troppo, ma accetto.
Rischierò. "


Rispose lisciandosi il pizzetto.
Ma come, tutto qui? Non era stato tutto fin troppo semplice?
Sapeva anche lui di aver chiesto molto nonostante la richiesta, ma accettare così facilmente... bah poco importava, per quanto minima quella era la sua sola speranza e lasciarla andare sarebbe stato ancor più stupido.

"Proprio come lo correrò anch'io."

Fortuna volle che la loro destinazione era proprio lì vicino, anche se non delle migliori... .
Da quando il viaggio era iniziato lui era divenuto un mercenario a tutti gli effetti, niente buffonate o roba simile, quando c'era da viaggiare sarebbe rimasto in silenzio e vigile e nella lotta l'unica cosa che poteva fermarlo era il completamento della missione.
Giunti sul luogo la prima cosa che gli fu chiesta oltre all'ascoltare la solita tiritera premissione e far le dovute ma non ricordate presentazioni fu di mandar giù un'intruglio magico.

*Iniziamo bene... .*

Ne aveva manda giù di roba ma quando si trattava di magia il discorso era ben diverso.

*E va beh, al massimo moriamo tutti insieme.*

Il sapore non era poi troppo male, quasi quasi se ne sarebbe bevuto un altro paio se non fosse stato che il suo corpo aveva preso a bruciare come se dei carboni ardenti gli venissero strofinati sulla pelle.

*Ma che cazz... .*

Delle corna di toro circondate da vari anelli si fecero dolorosamente strada sulla testa mentre le pupille si sbiancarono quasi all'istante lasciando l'occhio completamente vuoto, la bocca divenne più grande dando spazio a denti sporgenti ed aguzzi mentre i muscoli delle spalle ingrossatisi fino a inglobare per intero il collo lo scossero facendo vibrare ogni fibra del suo essere; da sotto le attuali braccia un'altro paio di uguali dimensioni trovano spazio ma anziché terminare con un paio di mani vennero fuori delle gigantesche chele di scorpione, la pelle si tinse di nero e tutti i vasi sanguigni più superficiali iniziarono a brillare di una luce gialla che solo successivamente si attenuò ma rimanendo comunque visibili, infine strappando parte dei pantaloni una coda spessa ricoperta da nervi scoperti e con una punta a freccia fece capolino da dietro completando la trasformazione.

*Lo sapevo, ogni volta che mi offrono qualcosa da bere finisce sempre così.*

Pensò con espressione scocciata mentre guardava le nuove aggiunte al proprio corpo, ma se non altro ora potevano andare limitando da quel momento in poi ogni stranezza semplice roba da picchiare, proprio come i cosi mollicci che senza perdere tempo gli sbarrarono la strada lanciandogli contro dei fulmini.
Il colpo prese Seregon in pieno petto disperdendosi proprio come avrebbe fatto un guizzo d'acqua.

"Attaccarmi con un livello di potere così basso... ."

*Finalmente la parte migliore del lavoro.*

Si portò avanti rispetto a tutti gli altri pestando con forza il piede che per ultimo tocco terrà.

"Sparite prima che cambi idea, o non avrò alcuna pietà per il vostro corpo... ."

Un aura opprimente si scatenò da dentro di lui avvolgendo per intero l'area di combattimento.

*Far capire chi comanda alle mezzecartucce troppo arroganti.*

"Né tanto meno per la vostra anima."

O almeno così sperava, nemmeno il tempo di scaldarsi che Cancro lo interruppe dal prendere qualsiasi azione.

" Avreste dovuto farvi ferire almeno un poco, non ricordate quel che ha detto lo sciamano?
Ora andiamo via di qui, il più rapidamente possibile mentre il mio incantesimo d'invisibilità ci nasconde.
"

*Ma... vabbè lasciamo perdere... .*

In quel caso non poté far altro che limitarsi a far spallucce e accodarsi alla combriccola di maghi, poco male.
Dopo un lungo tragitto divertente come un sasso nelle mutande l'apparente reale destinazione, una serie di grotte più o meno grandi tra cui una sorvegliata da... un'uomo pipistrello?

*Beh, almeno questo non indossa una ridicola calzamaglia come quello dell'altra volta.*

Adesso non restava che decidere l'approccio, squadrò Ral di cui ricordò il nome solo ora, fino a quel momento appariva nei suoi pensieri come "fighetto mingherlino", decisamente non intenzionato a passare senza farsi notare, e lui non poté far altro che approfittarne usandolo come esca, per una volta non sarebbe stato lui quello a prenderle.

Seregon

kugipunch

[CS: 0 Forza.]


Narrato Parlato Pensato Fana



Status Fisico:
125%-155=110%

Status Psicologico:
75%-5%=70%.

Energia Residua:
100%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:


Zanna della Bestia
Il potere dell’artefatto è tanto grande da assoggettare chiunque si trovi nelle sue immediate vicinanze, intimando in loro un senso di impotenza nei suoi confronti.Ebbene si, gli avversari vedranno il possessore della Zanna come un nemico inarrivabile, si sentiranno inevitabilmente più deboli e saranno quindi spinti a riconoscere la sua superiorità.[Passiva di Timore Utilizzi: 6-1=5]

Abilità Attive:

Zanna della Bestia
la Zanna della Bestia non è un mero strumento di morte, egli può anche difendere il proprio possessore rendendo la pelle più spessa e dura del cuoio. [Tecnica fisica ad autodanno Medio, difesa fisica.]
Autodanno fisico: Medio.

Note: Spero di non aver saltato troppi errori ma ho dovuto rifare tutto da capo due volte perché non ho previsto un blackout, ho riscritto il tutto con la consapevolezza che sarebbe venuta peggio perché non ricordavo alcune aggiunte geniali fatte nella prima versione. :nahnah:

 
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The Grim
view post Posted on 25/7/2015, 20:50




L'acqua scrosciava fra le rocce, cadeva in mezzo ad essa in mille rivoli, si perdeva sulla montagna e poi si ritrovava a valle, dove dava vita al fiume che li aveva condotti lì. Cancro si accorse che in un certo senso stava osservando l'allegoria della vita, che si pensa controllabile con dighe, argini e altri strumenti, incanalata in una direzione unica, ma più si risale a scoprirne le origini e più si trova un caos impossibile tanto da decifrare quanto da dominare; che la linearità non sia solo che un'illusione. S'inerpica con fatica, ha già il fiatone e sente il corpo scricchiolare tanto non è più abituato all'avventura e allo sforzo fisico, l'età esigeva il suo tributo. Quando sarebbe stato re, Edwin avrebbe trovato il modo per far pagare a quei bifolchi anche la più leggera delle sue gocce di sudore, se lo marchiò a fuoco nella memoria, mentre scorgeva un'apertura nel fianco della montagna che sembrava perfetto per la sua intrusione. Aveva lasciato al bamboccio la via dritta e spianata, quella che puzzava di trappola, dove facilità non faceva certo rima con ricompensa per i propri sforzi, e a loro era toccato il cammino arduo, lercio, ma dove forse sarebbero stati meno influenzati dal gioco di manipolazione di quegli sciamani inselvatichiti e la loro progenie deviata. Diede uno sguardo al suo servo, tanto mutato da esser disgustoso, ma non storse il naso né si acciglio o si preoccupò per due motivi fondamentali: il primo era che anche lui non doveva apparire poi tanto migliore, si era trasformato in un mostro quindi giudicare sarebbe stato fin troppo ipocrita, infine aveva visto di peggio in quelle lande desolate che erano le terre degli incubi, dove vivevano i demoni peggiori: quelli generati dalla teste dei mediocri. Finalmente giunsero in cima, dove aveva notato un'apertura che poteva fare al caso loro, così accese una torcia e s'inoltrò nell'oscurità. Il posto non sembrava davvero diverso da tutte le altre caverne in cui si era immerso, con buio, puzza di umido, stalattiti che dicevano molto della natura di quel monte e di quanto l'acqua fosse infiltrata fra quelle rocce. Pian pianino però quella grotta si faceva sempre più inquietante, la roccia si tingeva di venature di rosso che dapprima sembravano all'arcistregone niente più che particolari striature del minerale, poi notò piccole formazioni rocciose che emergevano dal terreno e dalle pareti, esili e contorte, dal colore dell'avorio. Colonie di quelli che a prima vista sembravano funghi invadevano le pareti, alcuni neri, altri bianchicci o di un giallino pallido, senza un gambo visibile ma tutti compatti e aggregati, che si muovevano all'unisono, gonfiandosi e sgonfiandosi come il petto di un uomo che respira; tutto aveva un ché di organico e vivo. Più sprofondavano nella terra e più queste cose si facevano frequenti, finché non sentì il tocco umido di una goccia di qualcosa, e alzando gli occhi al soffitto anziché trovare la consueta perdita d'acqua si accorse di qualcosa di strano: il liquido era rosso e denso, si sarebbe detto sangue. Il cuore dell'uomo sussultò, perché quel posto era parecchio più strano di quel che si era aspettato, ma soprattutto perché anziché inoltrarsi nel ventre di una montagna gli pareva di immergersi nelle viscere di una bestia; sperava tanto di sbagliarsi. Il rumore di alcuni colpi li fermò dopo non sapeva quante ore di cammino, l'unica cosa familiare dopo tante ore surreali: il suono di qualcuno che pestava qualcun'altro.

" Beh,
finalmente qualcosa d'interessante, no?
"

E senza aspettare una risposta, con un sorriso furbetto stampato in faccia, avanzò nel corridoio, seguendone l'ansa mentre il terreno sotto le sue scarpe si era fatto un po' più molliccio, come terra battuta anziché sterile roccia. Poco dopo la curva si apriva un androne più grande del cunicolo in cui erano avanzati fino a quel momento, a piana circolare, alto quasi cinque metri, tanto largo da poter ospitare comodamente il giaciglio per venti persone. Dal soffitto grondava del sangue che però non colava per terra ma seguiva la curvature delle pareti per accumularsi nel perimetro della stanza, e al centro di tutti stavano un gigantesco uomo dal ventre prominente, un lungo corno e un solo occhio sulla testa, tre gambe che terminavano in ciò che appariva più simile ad una mano che ad un piede e davanti le quali spuntava un enorme scroto peloso e sporco; il gigante alto tre metri stava sdraiato su di un fianco, piagnucolante e battendo i palmi delle mani a terra. Su di lui stava un'esserino, alto appena un metro, che sembrava a metà fra un goblin e un porcospino, le braccia coperte completamente di quel che parevano ossa ma dalle sfumature di un giallastro insano. Il mostro saltava sull'altra creatura e continuava a tormentarlo con pugni, morsi e sputi.

" E ora hai capito chi comanda, stronzetto.
E voi, merde, chi siete e che cazzo volete?
"

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Si sentì piccolo di fronte a quell'imponente grotta, sicuramente deformata con la magia perché fosse il più minacciosa possibile nel suo apparire come naturale. I suoi piedi non tentennarono né tennero un passo incerto o estremamente fiacco, cosa che anni prima sarebbe stata naturale. Il suo cuore conosceva ancora la stretta della paura, ma il resto del corpo si era abituato ad esso, e perciò si muoveva con sicurezza, confidava nelle proprie abilità, nella rapidità ad estrarre le proprie armi, nel talento cogli incantesimi, nella buona stella che brillava da tempo sulla sua testa. E poi non poteva minimamente permettersi di morire, per motivi sia altruistici,la vittoria di Cancro sarebbe stata un tormento per tutto il suo popolo - benché faticasse ancora ad accettare questo pensiero - che per un fine più egoista. Se fosse crepato lì, ancor prima di partorire, Afrah sarebbe arrivata all'inferno, o in qualsiasi posto stazionassero le anime dei malvagi, e l'avrebbe tirato fuori a calci in culo; non gli avrebbe permesso di scampare così facilmente alla paternità. Ogni volta che faceva questo pensiero, voleva essere uno scherzo, e invece era in qualche maniera raggelato di considerarlo reale ben più del pericolo delle guardie all'entrata della caverna per esempio. Tutta quella preoccupazione fu del tutto inutile, perché all'entrata vennero accolti con sorrisi, motti di spirito, chiacchiere leggere come una qualsiasi sentinella di un villaggio delle terre dei Quattro regni, o forse ancor più rilassate di quegli uomini. Per loro i due maghi non erano che sodali, compagni di sventura a cui era capitata una stessa sorte, c'era pietà in loro e un po' di amarezza per la sventura, ma nascosta dietro sorrisi e parole gentili. Uno si offrì di accompagnarli verso il cuore della fortezza, dove si sarebbero presi cura delle loro ferite, gli avrebbero preparato un pasto caldo e magari un giorno di riposo, prima di trovargli una qualche mansione da fare per rendersi utili al loro villaggio, il cui nome veniva pronunciato con solennità: Il Rosso.

Jace non poteva che dubitare dei suoi sensi perché non si era certo immaginato di trovarsi davanti ad uno spettacolo simile. Il centro abitato non aveva nulla a che fare con nessun luogo il cartomante fosse mai stato, benché si riconoscessero a stento abitazioni, magazzini, vie e piazze. Quel posto era l'immensa cassa toracica di un essere gigantesco, grande forse quanto l'intera montagna, e i suoi organi o parte di esso erano lì, in bella vista. Una volta di ossa alta trenta metri custodiva strani agglomerati di carne e grasso che si muovevano, pulsavano, si gonfiavano, grondavano liquidi corporei, e tutto mentre uno sciame di esseri mostruosi, a metà fra la bestia e l'uomo, si immergevano in essi, pulivano parte degli organi da secrezioni puzzolenti, raccoglievano parti di esso come fossero more, o tagliavano lo strato più superficiale di altri lembi di carne, come si farebbe con un grosso prosciutto. C'erano anche dei bimbi che si divertivano a stuzzicare certi crateri con quelle che sembravano pertiche ma in realtà erano ossa, ridendo e correndo quando quello eruttava un gayser di bolle verdastre. Nulla di ciò aveva senso.

Sotto indicazioni della guardia entrarono in un grosso organo doppio, una coppia di reni violacei alti cinque metri che si attorcigliavano l'uno sull'altro. Bastò appoggiarsi alla parete e spingere per varcarne la soglia e trovarsi in uno strano ventricolo rossastro che era modellato come una capanna a due piani, con la stranezza che ogni tanto gorgogliava e un liquido arancio colava dalle pareti fino al pavimento, dove scompariva in un orifizio risucchiato chissà dove. Una stuoia sollevata tramite quattro dischi di pietra si ergeva sul fondo della stanza, su di essa un uomo dalle lunghe braccia nascosto sotto una lunga veste di peli e capelli che lo copriva integralmente meno che per il viso, quasi del tutto celato meno che per la bocca da strane radici di carne giallastra che si agitavano come tentacoli. Le rughe attorno alle labbra lasciavano intuire il gran numero di anni che quel uomo doveva aver vissuto, sicuramente più di sessanta ma quando c'era in mezzo la magia ogni ipotesi era un azzardo.


" Benvenuti figlioli, prego, prego.
So quanto tutto questo possa essere difficile, per non dire...
disturbante.
"

E fece a tutti cenno di sedersi, indicando un altro tappeto di quella che sembrava paglia intrecciata. Un piccolo sorriso, da nonno premuroso o da vecchietto amorevole stava stampato sul suo volto.

" Presto arriveranno acqua fresca di monte, e un po' di frutta per riempire lo stomaco. Per ciò che era una prigione, questo posto sa essere più amorevole di quanto fosse auspicato. Io sono Shalalalabala, o Nonno Sha per gli altri devianti.
E voi sareste? Mi raccontate la vostra storia?
"

" Sono Jace Beleren.
E son venuto per sottrarvi il Fulcro della Volontà.
Perciò conducetemi dove lo tenete prima che lo rubi qualcuno cento volte più tremendo di me.
"

" Capisco.
E voi invece, come vi chiamate giovanotto?
"


Qm point

Come qualcuno poteva facilmente intuire, il Rosso non è un posto normale, ma spero che vi abbia colpito abbastanza. Ho tratto ispirazione da un'altra opera, che dubito conosciate, ma non ho tentato di celare in alcuna maniera. :wow:

Vi aspetto in confronto.
 
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DanT&
view post Posted on 12/8/2015, 19:15




La via per Atlantide
Apoteosi





E' quasi impossibile da descrivere. Tutto quello che si era aspettato, che aveva immaginato, tutto quello che sapeva già sarebbe successo, era andato in frantumi come uno specchio che cade dall'alto lasciandosi alle spalle niente altro che il clangore della sorpresa. Sorprendente, esatto. Era l'unica parola che gli veniva in mente e che non smetteva di pulsare passo dopo passo, mano mano che ogni metro l'addentrava sempre più in quella caverna.
La guardia non aveva dato battaglia, no anzi, li aveva accolti come un monaco accoglie un vagabondo desideroso d'acqua nel proprio monastero. I suoi occhi slavati lasciavano trasparire pietà e comprensione, come le sue parole dolci cercavano di mettere a suo agio i nuovi arrivati.
Ecco, c'è da dire che non era cosa facile.
Tutto il supporto di Theras non sarebbe bastato a far accettare a qualsivoglia mente, umana e non, ciò che gli occhi di Ral andavano scoprendo.
Non quello che ci si aspetterebbe di trovare dentro una montagna a dire il vero. Quello che si trova dentro tutti loro, forse, sarebbe stato più corretto dire e non stiamo parlando dell'anima, no, ma di qualcosa di più letterario, di più viscerale. Si addentravano così, dunque, gli occhi spalancati e fuori dalle orbite in quella cattedrale d'ossa e organi, di vita pulsante e succhi gocciolanti. Tutto era vivo, tutto, dalle pareti alle colonne, dalle strade alle case, alle vie ed alle piazze. Tutto era organico e fremente, rosso e viola, giallo e arancio, tinto di bianco là dove ogni osso fungeva da impalcatura per un qualcosa di più grande, messo lì forse da una madre natura architetto d'un piano che si era spinto troppo lontano per la semplicistica concezione di qualsiasi essere umano.
Ral trotterellava dietro Jace, ascoltava la guida che blaterava sui compiti e sulla presentazione, che si faceva solidale tinteggiando di colori vivaci quella cittadina nascosta che si scopriva agli occhi dell'inventore. Lo scienziato vi badava quanto basta, rapito da bambini deformi colti nella quotidianità di giochi infantili, dal lavoro operoso di esseri dalle sembianze aberranti che in qualsiasi angolo del continente sarebbero state escluse, cacciate, uccise fors'anche, e che qui convivano pacificamente in una società segreta, confinati ai confini del mondo, ma vivi.
Come diavolo era possibile tutto ciò?
Se lo chiedeva ad ogni passo che lo condusse ad un grosso intrico di materia viola somigliante in maniera inquietante a dei reni. Lì si accodò alla spinta della carne, per entrarvi.


Le bocca di Ral scattò all'indietro dalla sorpresa. A causa della trasformazione la calotta cranica riuscì ad andare talmente tanto all'indietro da far sembrare la sua testa aperta quasi a metà. In questa posizione l'anfratto della gola rivelò il terzo occhio che, rosso, sembrava non volersi staccare da Nonno Sha.
Il suo nome era troppo complicato per lui, così come tutto quello che aveva – in un modo o nell'altro – a che fare con Jace Beleren.
Si era aspettato di dover agire furtivamente per impadronirsi del prezioso manufatto dei Thyrsus. Il Fulcro della Volontà rappresentava per lui ciò di cui la sua guida aveva bisogno per trionfare su Cancro, anch'egli impegnato nella ricerca, ma sapeva quanto fosse importante per questa razza di maghi eretici e perciò si prefigurava un modo di impossessarsene molto più diplomatico.
A dire il vero, a ben pensarci subito dopo, presentarsi e chiederlo esplicitamente non era altro che l'atto diplomatico per eccellenza. Non aveva idea di quanto efficace, come approccio, ma quantomeno diplomatico.
Io sono Ral.
Affrettò a presentarsi con la lingua sibilante che guizzava fuori dalle labbra strette.
Piacere di conoscerti Nonno, grazie per la gentilezza con cui ci hai accolti. Fece seguito un po' imbarazzato.
Non sapeva da dove cominciare. Che storia poteva mai raccontare, lui, ad un uomo che vive all'interno di chissà cosa e capo di una congregazione di reclusi, forse antica quanto un'era? Rimase in silenzio, soppesando parole che mai gli sarebbero uscite dalla bocca perché l'attenzione non era su di sé e sulla sua storia, ma sul Cartomante che aveva infiammato l'aria come se pregna di gas saturi che non aspettavano altro che una scintilla per divampare.
Lo scambio di battute fu tagliente, ma gli usi ed i costumi dei Thyrsus giocavano a favore di un approccio riflessivo, di un'educazione fatta di esperienza sul campo e non di filosofie discusse a tavolino. Fu per questo che Ral seguì Jace fuori, lontano da Nonno Sha e decise assieme a lui di separarsi per cercare di scoprire qualcosa di più su tutto quello che li circondava.
Supponeva che il Cartomante ne sapesse abbastanza, ma la curiosità dell'inventore era troppo forte.
Come uomo di scienza non poteva lasciarsi sfuggire l'opportunità di esplorare e conoscere una realtà a lui totalmente sconosciuta. Era una chiara probabilità in più per provare ad ottenere qualche indizio per trovare la Scintilla che cercava.
La mela che gli era stata offerta grondava un succo talmente buono da fargli venire voglia di tornare indietro a prenderne un'altra nonostante il Cartomante avesse profilato il sospetto che potessero essere avvelenate. Inverosimile, da ciò che aveva visto fino adesso, ma mai dire mai pensava mentre da solo vagava per le stradine di quella balzana città.


In realtà non andò troppo lontano. Non lo fece perché un piccolo assembramento di gente che si accalcava attirò la sua attenzione e l'inventore non poté fare altro che avvicinarsi sospinto dalla voglia di capire cosa stesse succedendo. Facendosi largo tra la folla vide degli eretici giganteggiare sulla massa e sospingere gli altri, tutti accalcati, che attendevano impazientemente chissà cosa. Gli energumeni portavano grosse casse cariche di frutta, pesce e selvaggina. Provviste che il popolo era desideroso d'avere il prima possibile per scegliere i pezzi pregiati.
Era interessante, a dire il vero, cercare di scoprire da dove tutto ciò provenisse. Se lo chiedeva mentre i Thyrsus si accalcavano l'uno sull'altro in attesa del via libera. Riusciva a pensare solo che magari erano autosufficienti come società per quanto riguarda la pesca e la caccia e che la natura delle montagne offriva loro abbastanza provviste, ma si chiedeva come facevano a produrre frutta ed ortaggi tanto belli da rivaleggiare con quelli di qualunque mercato della Capitale. Scambi commerciali o qualcosa di più losco? Voleva scoprirlo.
Aspettare cosa? Ho fame…
Sussurrò ad un omuncolo lì vicino, con gli occhi grandi e la faccia ricoperta di peluria castana.
Sì, era nuovo. I tre ruggiti? Non sapeva nemmeno cosa fossero. Cosa? Lui? Presentarsi? Non se ne parlava, era troppo, semplicemente troppo!
Eppure la sua lingua si mosse da sola, guidata dalla necessità e forse, un po', dallo spirito d'avventura che si impossessa degli incoscienti.
P-potresti accompagnarmi? Sono un po' timido. Riescì a balbettare con un sorriso tirato sulla brutta faccia arancione.
Detto, fatto.
Si beccò un rutto in pieno volto, investito da una zaffata pestilenziale di carne rancida che non aveva risparmiato il suo olfatto nonostante nella trasformazione avesse quasi perso del tutto il naso, ma ottenne una pesca così bella da non poter fare a meno di addentarla immediatamente.
Grazie. Gli fece grato.
Cosa ti devo in cambio?
Niente.
E non era solo lui a rispondergli, ma era l'intera società che glielo sbatteva in faccia. Qui, dove gli uomini diventavano simili alle bestie, perdevano come paradosso la parte bestiale propria dell'uomo e trovavano nella solidarietà quel qualcosa cui appigliarsi e sostenersi. Vicendevolmente, in maniera disinteressata. Un'idea talmente utopistica da sorprendere Ral, inguaribile romantico, e solleticarlo nella fantasia nonostante la parte pragmatica della sua anima, quella forgiata dalla scienza della sociologia assieme alle altre, gli imponesse di ricordare quanto fragile fosse il legame che univa questa società e che poteva infrangersi da un momento all'altro portando solo devastazione in coloro che si sarebbero fatti cogliere impreparati.
Era ora di smettere di fantasticare quando decise di lanciarsi in un vero interrogatorio fatto di domande buttate qua e là al mostriciattolo scimmiesco che lo aveva aiutato a presentarsi. Pericoli, lavori da fare, sapersela cavare, pietre del potere. Tutte cose tangibili, reali, tutte tranne l'ultima, liquidata come una fandonia. Aveva già avuto il colloquio con Navral, il capo?
Sì, ce l'aveva avuto.
Aspetta, Navral?
No, lui il colloquio lo aveva avuto con Nonno Sha.
Aspetta, aspetta un attimo.
Quindi a chi diavolo avevano appena confessato di essere dei ladri?
Doveva tornare indietro.
Era confuso, piuttosto confuso. E nervoso.


A dire la verità non fu necessaria la conferma di Jace, che arrivò puntuale e pesante come un macigno sulla sua testa. Nonno Sha non era altro che una specie di siniscalco. A lui, e solo a lui, avevano rivelato le loro vere intenzioni e ora, con molta probabilità, il vecchio eretico era già a spiattellare tutto a Navral che poteva avere il tempo necessario ad organizzarsi per una contromossa in questa spedizione che pareva una partita a scacchi, ma dove i giocatori però erano tre.
Lui, Ral, si posizionava sulla scacchiera importante come un pedone. Si limitava ad arrancare dietro il suo Re, un passo per volta, cercando di raggiungere l'altro lato che pareva lontano come la luna. Era un gioco pericoloso, a dire il vero, anche se non sapeva ancora quanto. Poteva solo mangiare o decidere di essere mangiato.
Pensava a tutto questo mentre metteva un piede davanti all'altro lungo la mulattiera che li conduceva alla vetta della montagna, nuovamente all'esterno in quello che sembrava a tutti il mondo reale, ma che forse non era poi così normale dopo aver visto quello che serbava la roccia al suo interno.
Inspirava l'aria a fatica, sibilando ad ogni tornante di quella stradina così stretta e sdrucciolevole da avergli fatto rischiare più volte l'osso del collo. Il sole lo abbagliava, il vento lo faceva lacrimare e l'aria fredda gli si infilava nelle narici e lo accoltellava fino a dentro la gola con la sua temperatura.
Si ritrovò a lacrimare, a fermarsi per un attimo fissando la cappa azzurra di Jace che continuava nella sua scalata, cui non importava di tutto il resto tranne che del suo obiettivo.
Cosa stava facendo?
Cosa era diventato?
E non era una domanda che si riferiva alle sembianze da poco acquisite, no, era una domanda più profonda, che andava a scavare nel suo essere e che raschiava uno strato di sottile indifferenza, ma che poteva trovarne uno ben più profondo, quello dell'insicurezza.
Da quando era partito per la sua ricerca lasciando l'accademia, cosa ne aveva ottenuto?
Aveva viaggiato in lungo ed in largo, raggiunto le profondità del Baathos e conosciuto le Lanterne, di cui parte era diventato, si era infiltrato nella fortezza nera, Dumasq, ed era entrato in contatto con i Caduti del Sud, di cui aveva sperimentato la ferocia. Aveva rischiato la vita innumerevoli volte nelle sue avventure, tra demoni pronti a ghermirlo ed infetti che bramavano la sua carne per farlo entrare a far parte delle loro schiere immonde. E dopo tutto, tutto questo, di quanto era riuscito ad avvicinarsi alla Scintilla?
Scintilla, era l'unica cosa che voleva, che cercava, ma in mesi non aveva fatto altro che inquadrarla e riuscire a darci un nome per cercare di contestualizzarla e definirla, niente altro. Non ne conosceva la forma, non ne immaginava l'essenza, non riusciva a pensarne l'eventuale composizione. Non sapeva se era solida, liquida o gassosa, non sapeva se al tatto fosse calda o fredda o se fosse addirittura impossibile toccarla. Non aveva niente, NIENTE. Null'altro che un pugno di mosche e d'aria, che si dibattevano, e si dibatteva, così, come un pesce in una rete.
Osservò nuovamente il Cartomante, qualche metro più avanti.
Cosa era diventato? Un suo schiavo?
No, perché era stato lui a cercarlo, ma era stato ben contento di seguirlo.
Cosa era allora? Uno scienziato?
Lo era ancora?
Non lo sapeva perché da quanto non costruiva un golem per puro diletto, per pura compagnia ed autocompiacimento, come al solito? Dall'inizio del suo viaggio le sue creazioni erano sempre servite ad un unico scopo, combattere, combattere ed uccidere, farsi largo tra i cadaveri per permettergli d'avanzare. Per cosa poi? Non lo sapeva.
Da quando aveva cominciato a preferire la compagnia della gente, da quando sentiva il bisogno dentro d'un amico vero e non gli bastava più la fredda compagnia dei suoi figli?
Da quando la Scintilla per lui era diventata così importante?
Domande, domande, solo domande gli si accavallavano uno dietro l'altra senza dare alla testa giusto il tempo di pensare per rispondere.
Era questo che era diventato?
Il niente.
Un qualcosa di sfocato e indefinito, non ancora inquadrato.
Aveva smesso di essere la sua Scintilla.
Da quando?






CITAZIONE

q8qu



Narrato
Pensato
Parlato

• Stato fisico: Illeso

• Stato psichico: Illeso
• Capacità Straordinarie: [0]
• Strategia per il turno (Abilità + Oggetti):

• Equipaggiamento:

E [130]

F [75]
M [75]
Bastone da mago – Niflaot Marahal [artefatto] [Integro]
Barlume [artefatto] [Integro]


• Note:
Nulla da segnalare, si svolge tutto come da confronto.
 
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view post Posted on 14/8/2015, 19:37


Praise the Sun


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Seregon
Alla fine non era tanto diverso da molti altri posti in cui era già stato, certo, in quelli non avevi visto grotte che sembravano fatte di carne o esseri così deformi ma se paragonato al suo viaggio nel Erydlyss quella restava comunque una passeggiata, in posti come quelli la terra stessa è capace di prendere vita e dilaniarti nel sonno.
Grazie ad un passo lento ma costante riuscirono in fine a risalire prima il fiume, poi la parete rocciosa, ed infine a districarsi tra i cunicoli.
L'idea che qualcosa di magico stesse alterando il paesaggio gli si era ormai stampata in mente, non tanto perché ci fossero incongruenze o altro, no, semplicemente ciò che gli occhi gli dicevano non corrispondeva a ciò che sentiva il suo naso, e sappiamo entrambi a quale tra i due crede di più.

*Questi maghi sembrano proprio adorare le illusioni ambientali, che sia una sorta di moda?*

Per un'istante ebbe persino un flash in cui uno stregone anziano sfogliava un libro dal titolo "Le mille e una illusioni per imbruttire la vostra grotta".
Il tempo passava scandito unicamente dal fiatone di Cancro che aumentava e diminuiva in maniera direttamente proporzionata all'irritazione che mostrava in volto.

*Povero ciccietto, forse avrei dovuto prenderlo in braccio, forse... .*

I suoi pensieri furono tuttavia interrotti dal ritmico susseguirsi di alcuni pugni il cui rumore rimbombava leggermente all'interno del vuoto della caverna.

" Beh,
finalmente qualcosa d'interessante, no? "


Seregon squadrò il mostriciattolo ancora intento a divertirsi nonché fonte di quel trambusto, si gratto il mento con la punta di una delle chele e disse.

"Sinceramente non credo possa farcela."

Erano sconosciuti un una terra altrettanto sconosciuta, mescolare le carte in tavola improvvisando una scenetta sarebbe certamente tornata utile, e se Cancro era intelligente almeno la metà di quanto era brutto in quel momento avrebbe certamente afferrato la cosa al volo.

"Tu cosa ne pensi?"

" Penso che bisogna osservare e valutare prima di giudicare. "

Rispose facendo cenno con il capo in direzione del piccoletto.

" Io sono un vecchio mago, Maerlyn, che è finito in sta fogna per non essersi fatto i fatti propri. O meglio, per essermi immischiato negli affaracci di questo cretino qui, mio nipote. Saluta scemo, e di a questo virile guerriero come i maghi ci han sbattuto qua dentro. Sai.. di quel furtarello... "

*Ringrazia solo che mi stai pagando, altrimenti ti avrei già sotterrato... .*

Non sopportava l'idea di dover fare la parte del ritardato solo perché era quello più grosso fra i due, ma la situazione non permetteva reclami al momento.

"Ciao io sono Baru, siamo qui perché abbia provato a rubare il f-"

Fingere d'incepparsi gli avrebbe semplificato di molto le cose a magari avrebbe dato anche un segnale all'altro facendogli capire che se proprio ci teneva a fare la mente che se ne sarebbe dovuto prendere anche le rogne.

"Il f-"

Sospirò cercando di calmarsi e riprese.

"Il f-!"

Sbottò e tagliò corto, era abbastanza per ora e poteva anche passare la palla.

"E' difficile nonno, io non sono bravo con le cose difficili!"

" Come ho detto, è un cretino. Ha rubato una fiaschetta ad un mago, e poi me l'ha servita a cena dicendo che era del vino che aveva trovato. E siamo finiti ridotti così, brutti e sporchi. Poi lo stregone ci ha trovato coi suoi poteri, e schifati ci han portato qui dove ci sono piovuti dei fulmini addosso. Siamo arrivati qui senza sapere altro, signore. "

*Wow, è meno male che eri tu la mente... .*

" BASTA CON LE CAZZATE!
Ma laffuori si bevono ste scuse da bambino scemo?
Tu, che non sai manco parlare... "


L'umanoide alzò una mano in direzione di Seregon con un vago sorrisetto spavaldo impresso sulla bocca.

" Facciamo un gioco.
Se volete continuare devi venire qua e darmi un colpo, e io ti darò uno della stessa potenza indietro.
Ci stai? "


Come se non bastasse dovette perfino sentirsi ripreso dall'altro.

" Attento giovanotto,
se conosci qualche storia, in casi simili c'è sempre un trucco dietro. Lo sai eh? "


*Wow... pensano davvero che dopo quello che questo sgorbio mi detto lo colpirò con forza? E vabbè, stiamo al gioco... .*

"E se poi te ne penti?"

Rispose rimanendo con lo sguardo perso nel vuoto e la bocca mezza aperta.

" Se ti caghi addosso, posso iniziare a pestarti io, volevo solo rendere le cose più divertenti. "

Disse saltando giù dal corpo del gigante ancora immobile.

*Dunque vuoi rendere le cose interessanti, eh?*

"Ok ok, è solo che non mi piace giocare così."

Se pur già palesato detestò con tutto se stesso doversi trattenere, ma ehi, siamo in gioco, quindi giochiamo.

"Inizio io allora."

Gli si avvicinò allungando il braccio destro superiore, ma anziché caricare un colpo in maniera vistosa distese il medio e l'indice dando solo all'ultimo un piccolo colpo di reni nel tentativo conficcarglieli nel fianco sinistro.
La forza impiegata era quasi nulla, ma la combinazione del dove e come sarebbe risultò in un dolore talmente lancinante da da costringere il mezzo goblin a guaire di dolore e sputare a terra mostrando una doppia fila di denti aguzzi e seghettati.

" Alla faccia del cretino! Allora sei più furbo di quanto sembri, sgorbio.
Ti do sto pizzicotto e così puoi andare. "


*Già, a quanto pare l'unico deficiente qui sei tu.*

Non guardò nemmeno cosa stava preparando, si limitò a schivarlo indietreggiando oltre la sua portata.
Lo gnometto era sconcertato al punto da iniziare a balbettare.

" Non sei stato ai patti! Toccava a me! ".

Ma lo stupore iniziale si tramutò infine in rabbia, peccato fosse solo quella di un vermiciattolo.

" Potevi semplicemente fare come ti chiedeva, non sembrava così temibile.
Ora anziché farci indicare la strada dovremmo trovarla da soli a meno che... "


Parlava tanto ma alla fine non aveva fatto poi molto fino a quel momento oltre a lisciarsi il pizzetto.

" Fortuna che hai me, ora conosco la strada ma mi mancano delle informazioni, quello non ci stava troppo con la testa.
Voglio risparmiare la mia magia, quindi pesta quel brutto gigante, anche a suon di calci nello scroto, e fatti dire chi è il capo di sto postaccio. "


*Fortuna? Se non era per te non ci sarei nemmeno qui.*

L'unico lato positivo era che ora poteva anche smetterla di fingere.

"Patti? Quali patti? Ho detto che potevi colpirmi, non che non mi sarei difeso."

Al ché si girò verso Cancro dicendogli.

"Se proprio ci tieni fatti colpire tu da lui, nonno, non sei l'unico che vuole risparmiarsi per dopo."

Era stato assunto come mercenario non come sacco da boxe, inoltre non si fidava completamente di lui, il come poi continuasse ad insistere sul "voglio conservare la Mia magia" era un ulteriore motivo per continuare a non farlo.

"Scusa eh, ma abbiamo di meglio da fare che restar qui a giocare con te."

Detto ciò al mostriciattolo passò oltre rivolgendosi all'altro.

"Ehi tu, sei ancora fra noi?"

Uno sbadiglio non era ciò che si aspettava ma almeno stava a dire che era ancora vivo, tuttavia non sembrando molto collaborativo dargli un po' di strizza sarebbe valsa come mille parole, voltandosi dunque come se dovesse dir qualcos'altro a Cancro imitò la voce del goblin con maestria tale da confondere perfino il proprietario della voce.

" Ehi merdaccia! Farai meglio a rispondere ad ogni loro domanda se non vuoi che ti apra il culo una seconda volta. "

E finalmente con voce tremolante ecco giungere la loro risposta.

" Il nostro capo è la montagna, e la montagna è il nostro capo. "

Ed un ruggito scosse la montagna.

*Già, per nulla ripetitivo, grazie.*

"Beh? Ti serve sapere altro o nonnino possiamo andare? No perché non sembra esattamente un bel posto dove restare."

Disse riferendosi alla scossa di prima.

" Mi sembra un po' poco.
E da un tipo come te mi aspettavo un po' più di sforzi. Comunque andiamo, capiremo le cose strada facendo.
La testa di quel tizio era piena di schifezze, ma ho capito una cosa: dobbiamo attraversare una palude. "


*Beh, se volevi maggiori informazioni avresti dovuto usare una delle tue strambe magie e non chiedere a me.*

Proseguendo l'aspetto dell'ambiente circostante peggiorava ad ogni loro passo, il che non era per forza un male, magari stava a significare che si stavano avvicinando a qualcosa da cui volevano essere tenuti lontani.

*Tsk, un bivio... .*

Dopo nemmeno qualche centinaio di metri il primo problema, tuttavia Cancro aveva detto che il loro obbiettivo era un palude, quindi... .

"Sento l'odore di carne putrefatta provenire da entrambe le parti, ma quella da destra sembra essere più forte, inoltre sulla sinistra sono presenti una maggiore quantità di licheni dovuti dall'umidità... andiamo a sinistra."

Tra cunicoli che si diramavano prima in salita e alle volte anche in lieve discesa la luce era sempre più tenue ma mai al punto da divenire un problema, almeno non tanto quanto il fondo a tratti sconnesso e alle volte anche scivoloso.

"Hmm... ."

Che strano, perché questa pesantezza?
Cose del genere non l'avevano mai stancato, non in quel modo almeno, che fosse dovuto ad un bassa concentrazione d'ossigeno presente nell'aria?

"Fermo!"

Un solo passo più avanti e si sarebbero sfracellati in fondo a un burrone, aveva abbassato la guardia solo per un'istante e gli stava per costare caro, meglio assicurarsi che non succedesse una seconda volta.

"Proseguiamo da questa parte."

La compagnia non era il massimo, e per quanto l'attenzione principale fosse indirizzata al restare vigili la sua mente spinta dal crescente peso di questo invisibile masso non poté far a meno di chiedersi se ne valesse davvero la pena, cioè, a lui non entrava nulla dal portare a termine quella missione, anzi, i titoli nobiliari sono solo delle spine nel fianco nonché un veleno che ti porta a credere di esser migliore degli altri, il come tutti quei bastardi l'avevano trattato fino a quel momento ne era la conferma.

*Maledette teste di cazzo, solo perché avete un paio di suffissi da aggiungere al vostro nome vi credete migliori di chiunque altro e vivete in un mondo tutto vostro!*

Digrignò i denti in preda alla rabbia, mollò perfino un pugno ad una delle stallatiti mandandola in frantumi.

"Tsk."

Fermò il passo ansimando, non solo era stancante da fare schifo ma lo doveva perfino fare per qualcuno che non faceva altro che trattarlo come spazzatura?
Non esisteva! Sì girò di scattò guardando dritto negli occhi il compagno a cui fino ad ora aveva dato le spalle per tutte quelle ore e chiamandolo con rabbia.

"CANCRO!"

Potevano fottersi quelle serpi dalla testa avvelenata, tutte quante, compresa... !

*Ainwen... ?*

Così vivo quanto distante il ricordo di quel giorno squarciò con violenza la propria strada dentro di lui.

M u o r i”.

Quei canditi lineamenti di un volto sporcato dal sudore, contorto da un dolore troppo grande per poter restare in quel piccolo cuoricino, puntato su di lui, gridava aiuto.
Si ritrovò paralizzato dal rivivere quel momento con tale intensità, aveva perfino smesso di respirare.
Cosa stava rigando il suo volto, e perché faceva così male?
Ma quelle che sentiva cadersi addosso non erano gocce cadute dal soffitto, bensì lacrime di una promessa che non poteva infrangere.

"N-non è nulla, era solo una mia impressione."

Accidenti cosa gli era preso, non era stato forse lui a fare quella promessa?
Non aveva mai avuto dubbi su qualcosa di così importante quindi perché li aveva avuti proprio ora, era come se ogni cosa attorno a lui cercasse di fermarlo dal proseguire.

"Fai comunque attenzione, questo posto è più strano di quanto non sembri, non mi sorprenderebbe se sapessero già della nostra presenza."

Beh, se pensavano davvero di poterlo fermare si sbagliavano di grosso, potevano averlo fatto vacillare è vero, ma non sarebbe successo una seconda volta, non quando si tratta di una promessa.
Dopo gli ultimi sforzi più mentali che fisici lo scrosciare dell'acqua salmastra e radi raggi solari riempirono l'ultimo cunicolo imboccato, rivelando la loro apparente terza e forse ultima tappa, un incrocio tra una palude, una fogna, e uno stomaco tagliato a metà, che fortunatamente puzzava solo come la prima di queste tre cose.

"E ora? Ci facciamo un bagnetto o cosa?"

Seregon

kugipunch

[CS: 0 Forza.]


Narrato Parlato Pensato



Status Fisico:
110%-5%=105%

Status Psicologico:
70%.

Energia Residua:
100%-5%= 95%

Armi:

-Pelle coriacea: Resistente e al tempo stesso leggerissima, la sua epidermide risulta essere di consistenza pari se non superiore al cuoio rinforzato.
In termini di combattimento, la difesa del giocatore sarà pari a quella di una persona che indossa una comune armatura.

-Nocche ferree: Se un normale pugno dato da qualcuno come lui fa male già di per se, che effetti potrebbe mai avere se la normale "morbida" consistenza organica venisse a mancare perché sostituita da una più metallica? Beh, si spera di non scoprirlo mai a proprie spese.
A livello pratico i colpi sferrati equivalgono agli stessi che si darebbero con un tirapugni metallico.

-Breath bazooka: Se necessario, al pari di un'arma da fuoco di grosso calibro, Seregon sarà in grado di espellere dalla propria bocca un singolo colpo d'aria pressurizzata di ragguardevole potenza.
All'interno di un combattimento è possibile usarlo una sola volta.


Abilità Passive:

-Forza senza sforzo-
Non importa quanto si possa essere forti, se non si riesce a concentrare correttamente il flusso delle proprie energie capiterà che spesso i proprio attacchi non sortiscano gli effetti desiderati specialmente se questi non si concentrano su un solo nemico ma su una moltitudine di essi.
Potendo dunque evitare ogni sorta di dispersione si riesce a imprimere la stessa potenza nei propri colpi sia che questi mirino ad un solo avversario o a più.
[Capacità di lanciare attacchi ad area con potenza uguale al consumo] 3-1=2


Abilità Attive:
-Furia tranquilla-
Per poco più di qualche secondo Seregon indipendentemente dalle proprie condizioni raggiungerà il picco massimo delle sue capacità fisiche riuscendo ad eseguire una singola azione straordinaria, come ad esempio eseguire un salto di svariate decine di metri o scattare a velocità fulminea in una direzione.
La tecnica ha natura fisica e può essere usata in fase difensiva e per spostarsi, ma non per attaccare direttamente.
Autodanno fisico: Basso

-Replica Vocale-
La capacità di imitare la voce degli altri, versi di animali e quasi ogni sorta di rumore.
L'utilizzatore diviene capace di replicare alla perfezione e indipendentemente da come questo sia prodotto qualsiasi suono.
Può sembrare qualcosa da usare per uno scherzo, ma grazie alla blanda influenza mentale può dimostrarsi ben più insidiosa di quanto non sembri. [Tecnica fisica che infligge danni alla mente ad area di un livello inferiore. L'utilizzatore riproduce esattamente una determinata voce, verso o rumore, spingendo a credere chi la stia ascoltando che non si tratti di un'imitazione]
Consumo di energia: Basso

Note: Ho fatto tutto, credo, lol.

 
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The Grim
view post Posted on 27/9/2015, 16:44




Arrivare in cima fu faticoso, un vero strazio. Le paludi e la salita avevano eroso la fiducia dei due Mastigos, scalfito la loro armatura di volontà, rallentato ogni loro progresso. Si erano fatti largo fino al tetto del monte, dove li attendeva un paesaggio sublime, un lago cristallino ed un bosco lussureggiante; e là si trovava la pace, o così sembrava. Vi era ancora un lieve pinnacolo di roccia che s'innalzava da quel pianoro remoto, ma era proprio la vetta, niente più che roccia e ghiaccio, accessibili tramite un tortuoso aggrapparsi a rocce e ferite nei costoni. Dalle cime degli alti abeti s'intravedeva però un elemento straordinario: un comignolo, e da esso un rivolo di fiume bianco. I due maghi erano approdati alla loro meta da punti differenti, ma l'avevano scorto entrambi e là si erano diretti con le loro scorte; arrivarono quasi contemporaneamente, guardandosi in cagnesco di fronte a quella casupola dismessa e antica. Era una casa di montagna che poteva avere dieci anni come cinquecento, in uno stile tanto semplice da non trasmettere alcun sentimento, niente dettagli o fronzoli; pura necessità. Non vi erano finestre, solo una porta, ed un tetto di fronte intrecciate che pareva rattoppato alla bene e meglio, sotto al quale stava una stanza capace di contenere quattro o cinque persone strette, ma che sarebbe stata comoda soltanto per un inquilino. Prima che i due uomini potessero scambiare una parola, la porta si spalancò, o per meglio dire, fu scaraventata in avanti con un calcio; gesto per nulla necessario e eccessivamente teatrale. Dall'uscio ne venne fuori un uomo, o forse una donna, dal fisico esile e nemmeno tanto alta, ma la cosa che più colpiva era il suo viso inumano, una massa di carne nera, morta e ustionata, che cancellava ogni tratto e ogni identità; negli occhi color nocciola non si leggeva però né tristezza né dolore, ma soltanto entusiasmo. Dietro di lei stava un'altra donna, slanciata, alta, dalla pelle di porcellana e una chioma scura e fluente, le labbra piene e sensuali, tanto bella e aristocratica da esser fuori posto in quella situazione; i suoi occhi scuri però guizzavano inquieti, velati di rammarico.

" Mi spiace per voi, maghetti, ma siete arrivati tardi, troppo tardi. "
Una pietra grande quanto una noce fuggì dalla sua mano, brillava di luce arancione e vorticava come un insetto attorno a quella che la voce rivelava essere una donna.
" Dalla faccia da pesce lesso del giovanotto intuisco che lui non era al corrente della terza squadra a questo gioco, beh peccato. Ti han nascosto tante cose e te ne stan nascondendo parecchie altre. Ti conviene tirartene fuori al più presto. Vedi io e i miei due soci... "
E con quelle parole si fermò un secondo, poi il monte prese a tremare, e la roccia dietro di loro si frantumò, come se qualcuno la stesse buttando giù dal di dentro. E quello era ciò che stava avvenendo: dalla cima sbucò un corpo gigantesco, ricolmo di occhi e teste, di uomo e topo, col muso di lupo, ali di aquila, zampe di bue, cosce di capra, spire di serpenti, che si combinavano in un ammasso orrendo che non finiva, ma s'innestava nella montagna, e proseguiva giù fino a chissà dove.
" Ovviamente questa messinscena è opera mia, amo catturare l'attenzione, il qui presente Navral non aveva alcuna intenzione di dare tutta questa tiritera. "
E mentre migliaia di occhi diversi fissavano i due maghi, l'essere iniziò ad appassire, ritirandosi in sé stesso finché non rimase il corpo di un uomo di cinquantanni, insignificante per stazza e altre caratteristiche, dai capelli folti e unti di un marrone sporco, un naso a patata, e occhi verdi che brillavano di rabbia.
" I figli di Atlantide prima ci imprigionano e poi vengono a rubare.
Forse la storia l'avete intuita, questo era una prigione, dove mandare gli eretici dei Thyrsus, quelli che non credevano alla dottrina della " Purezza della forma ".
Io ero il loro carceriere, il più dotato fra gli sciamani, che doveva assicurarsi la loro agonia. Con me avevo il Fulcro del Desiderio, che mi rifocillava e mi rendeva capace di tenere e testa alle centinaia qui rinchiuse. Ero arrogante e biloso, pieno d'odio per questi esseri deformi.
Ma il tempo rende saggi, e così da carnefice son diventato salvatore, e quella che era una colonia penale è diventata un nuovo mondo, una nuova speranza.
Ho mutato la mia carne secondo le forme di questo mondo, ispirandomi a ciascuna bestia che qui ha fatto la sua tana, un tributo a questa magnifica montagna.
Ero Navral, divenni Carcaros.
"
" Però al signorino qua bastava il suo angolino di mondo, e questa cosa non stava bene. Sopratutto perché stavate arrivando voi, e mentre lui era regredito alla sua parte bestiale, e senza più esperienza di lotta da qualche secolo, l'avreste abbattuto, avreste rubato il Fulcro per il vostro " giochetto del trono". Così son arrivata io, Chandra Naalar, e son venuta a salvare la situazione. Ho spiegato la situazione a Navral, che tanto già odiava tanto i Thyrsus quanto voi Atlantidei, l'ho aiutato a riattivare il Fulcro, ed ora eccoci qui, in piene forze. "
L'uomo spalancò la bocca mostrando sulla punta della lingua uno smeraldo che brillava di luce verde accecante, che poi s'immerse nella carne, e schizzando da un capo all'altro del corpo di Navral, rimanendo sempre sottopelle.
" Mi spiace per voi, ma è finita. "
La donna batté le mani, e fu come se cento cannoni avessero fatto fuoco contemporaneamente, metà della foresta venne spazzata via in meno di un secondo, le radici staccate dalla roccia e gli alberi scaraventati per chilometri e chilometri. I quattro non poterono alcunché, si trovarono privi di sensi prima ancora che potessero reagire.
" Amore, respirano ancora, dobbiamo terminarli? "
" Lo vorrei, ma due sono mercenari che si trovano qui per caso, uno è un ragazzino che può ancora salvarsi. Ha fama di mostro, ma anche di mezzo eroe. Imparerà a fare le domande giuste. "
" Li farò portare al fiume, ormai la barriera che ci isola dal resto del mondo non esiste più. Le spie che han lasciato a sorvegliarci li riporteranno a casa. "
" E l'arcistregone? "
Chandra vomitò un fiotto di lava sul corpo di Cancro, consumandolo fino alle ossa.
" Grazie Navral, al momento opportuno se vorrai potrai unirti a noi mentre schiacciamo questi relitti del passato, nel futuro paese ci sarà un posto per la tua gente. "


Qm point

La giocata finisce, prematuramente, qui, non per vostre mancanze ma per questioni meramente personali. Assegno 400 Gold a ciascuno di voi, mentre io mi astengo da qualsiasi ricompensa per via della gestione, la qualità dei post, ma sopratutto per la mia incapacità a portare il progetto a termine.
 
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6 replies since 9/7/2015, 18:33   332 views
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