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Capelli 中, Contest Luglio 2015 - Svolta

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view post Posted on 11/7/2015, 11:38
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Cardine
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Capelli



Si potrebbe dire che tutto ebbe inizio nel momento in cui la giovane Hannah, in cerca di un libro qualsiasi da leggere, ritrovò per caso - o forse era davvero destino - il Bingfa, il tomo tramandato a sua madre Margareth il giorno in cui suo fratello David era stato stroncato da una malattia sconosciuta. Che quel volume fosse maledetto lo pensavano in molti della famiglia e la donna, ancora straziata dal lutto, fece fatica persino a tenerlo in mano per il tempo necessario a riporlo definitivamente nella polvere degli scaffali più remoti. Passarono poi alcuni anni prima che la giovane s'imbattesse fortuitamente nella copertina scarlatta e cominciasse a sfogliarne le pagine, spesso incomprensibili, incantata però dalla loro significato prondo e celato.
   Per quei lunghi anni fu costretta a leggerlo di nascosto, lontano dagli occhi della famiglia e in particolare da quelli di suo padre, che non avrebbe mai ammesso un comportamento del genere da parte della figlia. Il Bingfa era anche e soprattutto un trattato di arte militare, qualcosa che non era di certo adatto a una fanciulla; gli insegnamenti del manuale andavano ben oltre ai semplici precetti di strategia militare, nel bene e nel male, ma questo nessuno, a parte lei, lo avrebbe mai compreso. Così cominciò a studiare ed esercitarsi in gran segreto, all'ombra d'un sicomoro che sorgeva solitario tra le colline vicino alla villetta dove abitava. Le fronde della pianta la tranquillizzarono durante le prime meditazioni e assistettero ai suoi primi goffi fendenti. La ragazzina leggeva con entusiasmo ogni pagina del trattato pur senza coglierne i significati più profondi; arrivò infine a costringersi a una ferrea disciplina basata sull'alternanza continua di allenamento e studio, alla quale non fu più capace di rinunciare.
   Tempo prima era stata costretta, nonostante risultati che definire promettenti sarebbe riduttivo, a terminare i suoi studi all'età di undici anni, essendo la sua formazione considerata superflua rispetto ai progetti che il padre aveva in mente per lei. In quel momento suo fratello, il primogenito, era già un abile mercante e un aspirante truffatore, pronto a prendere il posto del padre in un futuro ormai non troppo prossimo; un altro suo fratello aveva preso i voti, consacrando la sua vita intera al sereno T'al; le sue tre sorelle si erano invece già rassegnate a un'esistenza di servizio in casa nell'attesa di essere maritate, e col tempo le aveva viste inaridirsi come mummie e apprendere i medesimi automatismi, propri della servitù, che avrebbero di lì a poco utilizzato con i rispettivi mariti. Questo sarebbe stato con ogni probabilità anche il destino di Hannah, non appena avesse compiuto l’età adatta. Gli altri tre, due sorelle e un fratelllino, erano ancora troppo piccoli per prendere una strada ben precisa, ma un destino già scritto incombeva persino sul più piccolo, il secondo figlio di Margareth, che non aveva nemmeno compiuto il suo secondo anno. Hannah pianse a lungo e di nascosto quando dovette dire addio al suo mentore, un vecchietto insensibile e iracondo, ma che le aveva insegnato ben più di quanto non fosse previsto - e ammesso - per una ragazzina della sua età.
   Ma ritrovare quel prodigioso tomo aveva fatto nascere in lei nuove prospettive di vita, ben diverse da quelle che le erano state previste.

Aveva sedici anni e cominciava a cogliere i segreti celati tra le pagine, quando un giorno di primavera si confrontò per la prima e ultima volta con il Vecchio - questo era il nomignolo con cui metà dell'Alcrisia si riferiva a suo padre, arcinoto mercante (disprezzato da molti).
   «Mi hanno detto che leggi» le disse, seduto in sala da pranzo su di uno scranno di legno scuro. In genere passava tutta la giornata nel suo studio, e il semplice fatto che avesse voluto ricevere la figlia in sala faceva intuire ragioni di una certa rilevanza.
   «So leggere, padre, perché mi avete concesso di impararlo, e devo continuare a esercitarmi per non dimenticare» gli rispose la ragazza, che già aveva intuito che un momento del genere sarebbe giunto e s'era quindi preparata a quella conversazione.
   «Portami il libro» le ordinò quello, senza troppi preamboli.
   Hannah esitò per qualche istante, poiché quella pretesa avanzata in modo così diretto e violento aveva come violato il piccolo spazio di pace e meditazione che s'era creata negli anni, leggendo il tomo. Si sentì offesa, oltre che ferita.
   «Ogni esitazione verrà punita» soggiunse accigliato, lisciandosi la barba grigia. Una dichiarazione che non ammetteva repliche.
   Il Bingfa era già diventato un'ossessione, per la ragazza, e separarsene le sembrò da subito impensabile, ma non poté fare altro che inchinarsi rapidamente e sparire per andare a prenderlo.
   La ragazza tornò dopo mezz'ora, con il libro rosso tra le mani tremanti.
   «Perché ci hai messo tanto?» le chiese il vecchio, che pareva rimasto immobile per tutto il tempo, come se lo avessero scolpito in quella precisa posizione. Hannah guardò il libro, ne rammentò rapidamente i precetti più importanti e alzò il capo, con una fierezza che mai nessuno le aveva visto in volto sino a quel momento. Già solo quel gesto colse impreparato il mercante.
   «Questo libro appartiene da più di cinquanta generazioni alla famiglia di mia madre, e io sono la sua primogenita. Non me ne separerò, padre» le disse, con voce atona e sguardo deciso.
   Quella fu la prima e l'ultima volta che il Vecchio rispose con le parole a un affronto da parte dei suoi figli e permise una discussione, per quanto essa andasse in una sola direzione. Da quel momento in poi non volle più sentir ragione con nessun altro, e per questo Hannah fu in qualche modo privilegiata. Nel bene e nel male.
   «Farò finta di non aver sentito. Tua madre mi ha detto di che libro si tratta, e non è adatto a una ragazzina. Leggi qualcos'altro» le rispose, nervoso. Ed era vero che lui e Margareth avevano discusso, ma non era per premura che il Vecchio intendeva sottrarre il libro alla ragazzina, quanto più per timore nei confronti dell'antica e potente famiglia della sua terza moglie. Sapeva di cos'erano capaci i suoi antenati, avevo intuito che David non era morto per cause naturali, e non aveva intenzione che la figlia si immischiasse troppo in quelle faccende. Lo faceva per proteggerla, in un certo senso, o forse per proteggersi.
   «Io... no. Non posso separarmene» rispose ella, per la quale leggere quel trattato bellico era diventata la cosa più naturale del mondo, oltre che un bisogno quasi fisiologico. Aveva appreso a memoria i nomi dei suoi antenati, pitturando nella sua mente un enorme albero genealogico, e per lei era proprio come se essi l'avessero persuasa a farsi carico delle antiche tradizioni, nonostante le evidenti difficoltà di un compito del genere.
   L'uomo parve riflettere per qualche attimo; poi si alzò, percorse rapidamente i metri che lo separavano dalla ragazza e le strappò il libro scarlatto di mano. Lei non si oppose e barcollò all'indietro per via della violenza del gesto.
   «Le tradizioni della famiglia di tua madre sono le stronzate di una stirpe di stregoni dai capelli bianchi» le urlò, agitando il tomo.
   «Meglio queste tradizioni che servire in questa casa» mormorò Hannah, trattenendo il pianto. Assistette al preciso istante in cui suo padre perse il controllo e i suoi occhi si iniettarono di un'ira indescrivibile.
   Egli aprì il manoscritto e ne afferrò le due parti. Lo strappò a metà, e il suono atroce della carta stracciata somigliò a quello che Hannah udì dentro il suo stomaco. Scagliò per terra la prima metà, per poi strappare la seconda una volta ancora. Lanciò i fogli per aria e calpestò ciò che ne rimaneva, per poi passare alla ragazzina.
   Mentre egli la picchiava, mosso da una furia cieca e immotivata, Hannah ripensò a sua madre e ai suoi lunghi capelli candidi, gli stessi che era stata costretta a tenere lunghi per anni. Erano il simbolo di una femminilità che non le era mai appartenuta, di tradizioni nuove e imposte - quelle di suo padre - che non intendeva rispettare. Erano la ragione per cui ella non poteva diventare un sacerdote, un mercante, un soldato o un uomo di mondo come chiunque. Erano il suo fardello, la sua condanna, e l'unica liberazione l'aveva intravista in fondo alle pagine del tomo.
   Hannah non reagì alla violenza, nonostante avesse potuto e voluto farlo, dal momento che le sue membra erano già vigorose per l'esercizio continuo all'ombra del sicamoro e molti anni di troppo gravavano sulle spalle di suo padre. C'era ancora un rimasuglio di rispetto, nel profondo della sua coscienza, nei confronti di quell'uomo che l'aveva cresciuta e che era anche stato capace, talvolta, di essere un buon genitore. Ma a ogni pugno e a ogni schiaffo questo rispetto si affievoliva, alimentando una fredda avversione che si erse come un muro tra loro due e che sarebbe stato da quel momento in poi impossibile da abbattere. Lo odiò, lo odiò con tutta se stessa, poiché ella era certa di meritare di più, nonostante ogni cosa la ostacolasse. Il suo sesso per primo.
   Margareth, intanto, piangeva sommessamente, assistendo impotente all'inaudita crudeltà da dietro un arazzo.


[...]



Le dita, percorse da tremori incontrollabili, si irrigidivano come chele ogniqualvolta il suo braccio veniva attraversato da una scarica di rinnovata decisione nel compiere quel gesto tanto a lungo meditato e tanto profondamente temuto.
   Le lunghe ore del crepuscolo si erano susseguite in una serie di innumerevoli tentativi e altrettanti fallimenti; così era giunto, silenzioso e gelido, il momento più profondo di una di quelle notti dove la prepotente luna inghiotte le stelle e guasta con la sua luce un firmamento che sarebbe altrimenti splendente. Il vuoto immobile della stanza pareva addensarsi e schiacciare uno degli angoli, quello colmato da quattro sagome che si profilavano appena nell'ombra: un corpo, tremante e nervoso, inginocchiato e chino su di una bacinella colma d'acqua scintillante; due lame incrociate in mano alla ragazza e ai suoi piedi un libro. Il libro. Chiuso. A suo padre ne aveva portato uno qualsiasi, con una copertina quasi identica.
   Abbassò le forbici una volta ancora, ripetendosi per quale motivo avesse deciso di ricorrere a tanto. Non le abbassò perché intendesse ripensarci; sapeva bene che quel gesto ineluttabile si sarebbe consumato prima che l'oriente si rischiarasse ancora.
   Se il suo destino era quello di ripercorrere le orme dei suoi antenati, seguendo la traccia che essi avevano lasciato apposta per lei, non poteva di certo farlo restando al cospetto di suo padre. Ma c'era qualcos'altro che la ragazza percepiva come una vera e propria condanna, forse ancor peggiore di essere nata con un destino già prefissato: il fatto che ella non fosse un uomo. Erano gli uomini a governare il mondo, compiere le imprese e scrivere la storia; di questo se n'era accorta persino leggendo il Bingfa, che di certo non si rivolgeva all'altro sesso. Nonostante ciò la chiamata che udiva alla fine di ogni pagina era ben più forte di tali insicurezze, e pertanto aveva deciso di superarle. Pur se questo significava rinunciare alla sua stessa identità. Pensava che forse, se fosse nata uomo, il padre avrebbe assecondato i suoi desideri di studiare e i suoi nuovi interessi, derivati dal Tomo, in materia militare. Il suo sesso era forse l'ostacolo più grande che la separava dal potersi realizzare.
   I suoi gesti, da quell'istante in poi, non furono più mossi dalla rabbia o da altre emozioni discordanti, come quelle di un'adolescente. Fu come se l'impetuosa corrente alla quale era stata sottoposta per tutti quegli anni e che a lungo l'aveva fatta soffrire avesse all'improvviso cominciato a fluire attraverso di lei, in perfetta armonia, e che ormai nulla potesse più turbarla. La sua vita cambiò proprio in quell'istante, quando le fu finalmente chiaro cosa avrebbe dovuto fare. E non esitò, non una volta di più.
   I capelli bianchi caddero nel catino e lo specchio d'acqua smise di scintillare del riflesso della luna. Poi ancora uno strattone, un altro e un altro ancora. Le ciocche d'avorio scivolavano via, affondando placidamente verso il fondo della bacinella. In quel momento non vi era più traccia di Hannah, se non nel recipiente. Si era liberata delle catene che la tenevano ancorata a una vita che non faceva più per lei.
   Poi si alzò, rapida e silenziosa, portando con sé solo il tomo. Si vestì con le umili tuniche del fratello sacerdote, già preparate in un angolo della sua stanza, recuperò la cappa di cuoio e si calò il cappuccio sul volto. La spada l'aveva rubata e nascosta all'ombra del sicomoro la sera prima; l'albero sarebbe stato l'ultima tappa prima di partire definitivamente.
   Giunse quindi la mattina e con essa una nuova consapevolezza, derivata proprio dal tomo. Aveva letto nuovamente la dedica iniziale, indirizzata a un certo Josiah, ma aveva percepito ancora più profondamente il fatto che il manoscritto fosse in realtà stato scritto e tramandato proprio per giungere a lei. Che si trattasse di un'illusione o la verità, questo non lo seppe mai nessuno.
   Una volta impugnata la spada, dalla quale non si sarebbe più separato, nacque in lui una nuova consapevolezza.

Josiah.
Ecco qual'è il mio nome.


Vhddaio



Tree, artwork by waqasmallick (www.deviantart.com)
EDIT: sistemato qualche refuso di punteggiatura che mi dava sui nervi.


Edited by Hole. - 27/7/2015, 22:51
 
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