Fil Rouge ~ La strada verso casa.
« Nessuna medicina
guarisce in fretta e bene,
quanto la propria casa. »
Nola sorrideva. Sorrideva ed era felice di camminare per le strade soleggiate che da Lithien portavano, ondeggiando tra piccoli boschi e meravigliosi paesaggi montani, sino a Biancocolle. Non parlava molto con gli altri, si vergognava di non riuscire ad articolare bene le frasi o le parole, eppure con quello sguardo trasmetteva una tale gioia che difficilmente, ance il più insensibile degli animi, avrebbe faticato a notare. Avevamo passato un paio di giorni a Lithien, provando a chiedere più volte a questo o quell'altro studioso indicazioni specifiche, ma era stata una lanterna a risolvere tutti i nostri problemi: ci aveva indicato un tale
cartaio che, probabilmente, aveva le risposte che stavamo cercando.
Appena percorso il breve tratto che separava il villaggio dalla città a piedi, o per meglio dire io a piedi che tenevo Bayarde per le briglie, in modo che Nola potesse starci seduta sopra e non si lamentasse del troppo camminare. Per quanto affascinata dal paesaggio aveva già manifestato un paio di volte l'esigenza di fermarsi, adducendo strani mal di gambe che, diffidavo, un'elfa giovane in quel modo potesse mai avere. Le avevo persino comperato dei dolcetti prima di lasciare Lithien, in modo che stesse tranquilla e impegnata anche quando lo stupore per la natura si fosse affievolito. Non una scelta di prima classe, come sorella maggiore, ma pur sempre un ottimo palliativo indolore.
Biancocolle era in vista quando Nola, rigirandosi senza tregua sul dorso del cavallo, riuscì a prendere il sacchetto con i dolci.
« Uno solo. » le dissi, voltandomi a lanciargli uno sguardo serioso. « Troppi dolciumi fanno male... anche a te. »
Che hai un fisico perfetto nonostante tutto. Omisi questa piccolezza in quanto, temevo, non sarebbe riuscita a comprendere appieno ciò a cui mi stavo riferendo. Certo, era solamente uno scherzo, ma tra me e me pensai che non avevo idea nemmeno di quanti anni avesse. A prima vista, con quella pelle pallida e quei capelli argentati, gli avrei affibbiato si e no vent'anni... ma probabilmente sbagliavo di diverse decine. Se non di più.
« Buone! » disse, con la bocca piena. « Dolshe » sorrise.
« Non parlare con la bocca piena, è maleducazione. » la rimproverai, senza troppa cattiveria né convinzione invero.
« Nola non ha fatto niente di male, Azzurra sgrida senza motivo. » cacciò nervosamente metà ciambella dentro il sacco che poi, sgraziatamente, mi tirò in testa. Mi prese in pieno sulla fronte, completamente impreparata a quelle reazioni infantili e per niente prevedibili. Trattenni una sonora imprecazione solo perché non volevo che Nola iniziasse a ripetere strane ingiurie in presenza di sconosciuti. Raccolsi il sacchetto, riponendolo in una delle sacche sulla sella.
« Non sono cattiva... cerco solo di aiutarti. »
« Sto bene, daonna. »
« Azzurra. Ne abbiamo già parlato, chiamami Azzurra per favore. »
« No. Azzurra è stata gent... gentile , tu cattiva. »
Alzai gli occhi e le bracci al cielo, sconfortata.
« Per fortuna mi piacciono i bambini... »
Ripresi le ciambelle porgendogliele e lei, sorridendo, mi fece una carezza sulla mano inclinando teneramente la testa per fissarmi con i suoi occhi verdi. Sì, non ero stupida al punto da non capire quel semplice e banale meccanismo per cui fingeva di essere arrabbiata con me ed io, ogni volta, finivo per accontentarla, eppure sentivo che aveva bisogno di aiuto e che nessuno, al Dortan, l'avrebbe mai trattata con il rispetto e la gentilezza che avrebbe meritato. Le sorrisi, poggiandole la mano su un ginocchio mentre soffiavo, con forza, un ciuffo di capelli via dal viso.
Biancocolle e le nostre risposte erano a portata di sguardo.
[ ... ]
« ♪ ♫ Biancoccolle capitale, Bassileedra succursale... ♪ ♫ »
Canticchiò, mentre entravamo nel paesino sotto gli sguardi curiosi degli operosi abitanti.
« Posso sapere che cosa canticchi? È opera di Jeanne vero? »
« Sì, mi dice è famosa! » rispose, convintissima. « Qui è Biancoccolle? »
Mi lasciai sfuggire una risatina, sinceramente divertita dall'assoluta innocenza di quella domanda.
« Bianco-Colle. Hai migliorato molto il tuo modo di parlare, stai guarendo... »
Scese da cavallo, sgusciando velocemente alle mie spalle per poi abbracciarmi da dietro.
« Azzurra fa complimenti e Nola è contenta! »
Mi stampò un bacio sulla guancia, causandomi tra le altre cose un profondo e inarrestabile imbarazzo. Non ero abituata alle esternazioni affettive di quel tipo, le trovavo sconvenienti specialmente davanti a decine di sconosciuti, ma la situazione dell'elfa no nera certo la norma e sopportare quel gesto di sincero affetto non mi costava niente. Avvampai sulle gote, distogliendo lo sguardo alla ricerca della casa indicatami dalla Lanterna.
Nola, seguendo ogni mio passo, continuò a mangiucchiare i dolci.
Dopo una mezz'oretta abbondante di dialogo con i paesani, porte sbagliate e un paio di altre situazioni imbarazzanti con la mia compagna, finalmente giunsi davanti alla porta del Cartaio. Era una casa normale, niente di eccessivamente appariscente, tanto che in un primo momento temetti di fare l'ennesimo buco nell'acqua, ma uno dei vicini, vedendomi in palese difficoltà, mi confermò che ero sulla strada giusta. Allungai la mano bussando un paio di volte alla porta»
« È la casa del Cartaio? Mi chiamo Azzurra e ho urgente bisogno di vederla, se possibile! »
E l'elfa, dietro di me, addentò l'ultimo pezzo della sua colazione.
Nola, di cui niente sapevo e tutto volevo conoscere, mostrava stupore e passione per il mondo.
Tra tanti insegnanti, tanti maestri, la più grande era stata lei in quei pochi giorni,
obbligandomi a guardare il mondo con gli occhi di chi, oramai adulto, tornava fanciullo.
Nolarshad era un enigma.
Ed era anche Meraviglia.