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Sole Invincibile - L'ultimo Addio., Contest Cielo - Luglio 2015

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view post Posted on 30/7/2015, 05:46
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Cavalier Fata
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Sole Invincibile ~ L'ultimo Addio.
« All'alba sui monti da paladina prego,
nella mia fede l'oscurità rinnego. »

Le tombe non servono a coloro che non ci sono più, le tombe non sono altro che una pallida imitazione a cui tutti gli uomini si rivolgono nei momenti di debolezza, di paura. E sotto questo cielo splendente d'estate, una nuova speranza sorge dove una triste storia ha finalmente fine.


Su una collina poco distante da La Rouge, la mia baronia natale nel cuore delle terre umane, avevo radunato gli abitanti e tutti i miei amici per assistere a quell'ultimo tributo a chi, tra tanti, si era distinto per coraggio e forza. Con ancora le ferite sul corpo, dopo l'incursione a Basiledra, camminavo con una certa incertezza sotto al peso dell'armatura, ma un vento leggero di metà pomeriggio mi sfiorò il viso facendomi sentire immediatamente più rilassata. Accanto a me Jeanne, Patrick ed Euridice portavano ognuno un pezzo di Angelica custodito tra le mani e coperto da un drappo rosso cremisi. Io, invece, portavo l'elsa della spada, tenendola con lo stesso timore con il quale si maneggia un oggetto delicato e prezioso, terrorizzata dall'idea di poterla danneggiare ulteriormente. Assieme ad una cinquantina di uomini e donne che avevano vissuto a Basiledra prima della tragedia ci stavamo muovendo sulla sommità dell'altura, da cui il paesaggio spaziava su enormi praterie e campi coltivati. Quello era il luogo perfetto: libero e pacifico.
Mi fermai una volta giunta sul piccolo avvallamento centrale, voltandomi verso i miei compagni e invitandoli a scoprire i pezzi della spada.
Ogni pezzetto di quel meraviglioso metallo brillò riflettendo la luce del sole, di una lucentezza vivida, chiara, come se il tempo passato nelle mani degli ignobili non l'avessero corrotta ma solo resa opaca.

« Vi ringrazio per essere venuti. » esordii, a voce bassa. « Oggi siamo qui per rendere omaggio ad un uomo il cui sacrificio è rimasto dimenticato per troppo tempo. »
Con un gesto lento e cerimonioso scoprii anche l'elsa, che reggevo tra le mani, dal panno rosso, mostrandola alla luce diurna.
« Non è facile trovare le parole giuste e, forse, non spetterebbe nemmeno a me questo genere di discorso, ma il nostro regno ha sempre avuto problemi più grandi che occuparsi di rendere merito all'anima di coloro che sono morti difendendolo. » la voce lievemente smorzata, velata da una palpabile tristezza. « Dopo più di un anno dal giorno della sua morte per mano di Mathias Lorch, rendiamo omaggio a Medoro, primo tra i primi di Basiledra, riportando nelle mani degli uomini retti Angelica. »
Alzai gli occhi al cielo, dove neppure una nuvola ostacolava il celeste chiaro sopra le nostre teste. Ispirando profondamente e sforzandomi di non far tremare la voce continuai.
« Non ho mai conosciuto Medoro... » il ricordo del suo volto, delle sue parole nell'Oneiron, mi colpirono come una pugnalata al cuore. « ...ma ho potuto comprenderne l'animo nobile, coraggioso, il cuore di un uomo che avrebbe dato ben più di se stesso per questo paese e per la sua gente. »

Era così difficile parlare, quel giorno, così come è difficile adesso scriverne la memoria. La morte è una cosa strana per un cavaliere, molti la cercano per tutta la vita e non riescono mai a trovarla, se non oramai vecchi sul proprio letto, molti altri la evitano e quella li trova in ogni caso. Ma, al cospetto di Daved e della sua furia omicida, non avevo avuto paura per me stessa, perché il dolore sarebbe cessato, la sofferenza sarebbe venuta meno. Ma le persone che avrebbero sofferto la mia mancanza, loro, non avrebbero mai smesso di sentire quella stretta alla gola in ogni pensiero, ogni parola, ogni ricordo. Sì, forse Medoro non era mio amico nel senso stretto della parola, magari non lo sarebbe nemmeno stato se l'avessi conosciuto in vita, eppure era e sarebbe sempre rimasto l'eroe dalla scintillante armatura che il Dortan non sarebbe mai riuscito a meritarsi.

« Tra di voi qualcuno l'avrà conosciuto, gli avrà stretto la mano, fatto un cenno col capo. » abbassai di nuovo lo sguardo sul piccolo gruppo di persone raccolte in preghiera. « Medoro era un eroe, la sua morte non sarà vana finché almeno nei nostri cuori continuerà a vivere la sua storia, la sua quotidianità. Medoro era un Eroe con la E maiuscola, perché è facile affrontare i nemici quando si dispone di un'intera armata, di poteri sconfinati o di distruttivi incantesimi... » alzai l'indice della mancina, quasi a voler accusare un'inesistente colpevole. « ...ma è difficile fare lo stesso armati solo del proprio coraggio e della propria fede. »
Senza uomini come lui il Dortan era destinato a crollare, senza il suo ricordo le persone avrebbero dimenticato il male troppo in fretta.
Alzai appena il tono della voce, come se dovessi attirare l'attenzione di qualcuno disattento. « Non importa quale dio veneriate, quale sia il vostro credo, il colore della pelle o la forma delle orecchie, gli eroi sono eroi e non hanno né genere né razza. » un sorriso mi affiorò alle labbra, quasi quel pensiero mi avesse alleviato la tristezza dell'evento. « Gli eroi sono eroi, liberi e senza padroni diversi dai propri ideali e dalla propria morale. Così come il cielo e l'aria, Medoro adesso appartiene a Theras e a tutti coloro che vorranno ispirarsi alle sue gesta e ricordarlo per il suo sacrificio. »

Non lo conoscevo davvero, quelle erano parole di un'adolescente ferita per non aver avuto la possibilità di conoscere il suo campione, eppure non volevo credere che la sua storia fosse diversa. Volevo che fosse il migliore di tutti noi, che lo fosse stato o meno, perché ovunque fosse, ero sicura, il suo pensiero non avrebbe mai lasciato il cuore della sua terra natale. Per il funerale immaginavo qualcosa di più grande, di manifesto, qualcosa che coinvolgesse centinaia di persone, ma forse quei cinquanta cuori che battevano in cordoglio erano il migliore addio che un uomo della sua natura potesse desiderare. Quel pensiero mi fece sorridere nuovamente, mentre il vento muoveva dolcemente il drappo scarlatto che avvolgeva per metà l'elsa di Angelica.

« Ho riportato a casa Angelica, perché solo quando un cavaliere porta la sua spada può trovare la pace, in questa vita o nell'Oblio. » poggiai delicatamente al suolo il pezzo della spada e così fecero i miei compagni, ricostruendola al meglio ed adagiandola sopra i drappi di stoffa congiunti. « Sotto questo cielo d'estate, illuminato dal sole splendente, riconsegno Angelica al suo legittimo proprietario, liberando infine la sua anima da questo mondo. »
Giunsi le mani in preghiera, chiudendo gli occhi.
« Che tu possa viaggiare veloce come i raggi del sole e risplendere come la luce del giorno anche nell'antro più oscuro. E che tu sia libero di lasciare il tuo ricordo e il tuo fardello a noialtri, conscio che ci occuperemo di questo mondo e, quando verrà l'ora, daremo in pegno la nostra vita unendoci a te nella luce eterna di Dio. »
A quelle parole i miei amici sfoderarono le spade, alzandole al cielo in silenzio. Non tutti loro credevano in quella cerimonia, ma nel profondo del cuore sentivano che non era importante il rituale, o la formula, quanto il gesto. Dare l'addio, rendere grazie.


A turno, uno dopo l'altro, tutti coloro che volevano dire qualcosa presero il mio posto ed espressero il proprio cordoglio e il proprio dolore per quella perdita. Qualcuno lo ricordò come un severo difensore della legge, altri come un uomo buono che aveva sempre il sorriso pronto, qualcuno più anziano disse di averlo addirittura visto crescere e diventare un uomo. Qualcuno si commosse, qualcun'altro, che aveva servito durante la guerra, si inginocchiò toccando la spada con una mano per dare l'ultimo addio al capitano. Un momento splendido, di umanità e commozione, dove non contavano né i gradi né la classe sociale, dove tutti erano liberi di piangere il proprio dolore o sfogare la rabbia per aver subito una perdita ad opera di quell'infame di un Lorch. Eppure nessuna parola e nessuna voce avrebbe mai potuto raccontarci chi era davvero Medoro, cosa avrebbe pensato di quell'addio e cosa avrebbe voluto che facessimo per onorare la sua memoria. Ma era un'uomo e, come tale, forse voleva ciò che tutti gli uomini sognano da sempre: un futuro in cui credere davvero. E questo, a prescindere da ogni cosa, sarei morta pur di ottenerlo.
Quando tutto finì, raccolsi Angelica poggiandola delicatamente dentro un piccolo forziere.
Mi rivolsi di nuovo a tutti quanti con la voce bassa e gli occhi lucidi per quanto avevo visto e provato.

« Grazie. »
« È ora di tornare a casa. Ci aspetta un futuro da costruire assieme! »

Patrick si voltò verso Jeanne, sorridendo appena. Aveva gli occhi lucidi.
Era stato un Corvo, per un lungo periodo della sua adolescenza, e aveva sempre visto Medoro come una figura importante, un uomo su cui fare affidamento e in cui riporre la propria fiducia. Qualcuno che l'avrebbe sempre aiutato nel momento del bisogno, a prescindere da qualsiasi cosa.
« È una così bella giornata... » tirò su col naso. « ...mi dispiace che stia piovendo. »
Si asciugò una lacrima sul viso, cercando in qualche modo di continuare a sorridere con quella sua battuta. Jeanne si avvicinò a lui, prendendogli dolcemente la mano e regalandogli un delicato e affettuoso bacio sulla guancia. Poi, per farlo stare meglio prese a canticchiare una specie di poesia che non avevo mai sentito, probabilmente qualcosa appreso da Madre Marianne. Mi piaceva molto, era elegante e piacevole, iniziava così...

« Le donne, i cavalieri, l’arme, gli amori
le cortesie, l’audaci imprese io canto... »


[ ... ]


Su una collina baciata ogni giorno dal sole, nella campagna pacifica e silenziosa del Dortan, svetta una piccola lapide senza troppi decori. Tutt'intorno qualcuno porta sempre un fiore, oggi una rosa, domani un tulipano, talvolta bambini e bambine vanno a giocare poco distanti e scrutano quella strana tomba di cui non sanno leggere l'epitaffio. La toccano, ci giocano attorno, qualcuno che conosce la storia la spiega agli altri con un buffo "questo è il cavaliere più forte di tutto il mondo!" o un "poteva volare nel cielo!" e ancora "mio padre ha detto che gli ha salvato la vita!". Ma, per coloro che sono in grado di leggere e comprendere quanto vi è raccontato, quel piccolo pezzo di pietra racconta una storia molto più umana.

Farewell_zpsx92z5dl9

« In questa tomba senza spoglie giace l'anima immortale di Medoro,
primo paladino di Basiledra, caduto per difendere la libertà del regno e dei suoi abitanti.
Che il cielo sia il tuo unico limite, che tu non abbia né catene né vincoli.
Noi non ti dimenticheremo.
Addio, Medoro.
»



Non credo di riuscire a spiegare meglio quello che ho scritto di quanto il testo non faccia da solo. Ho usato cielo perché sentivo che era l'argomento più adatto, per la purezza, per la vastità, per la lucentezza e la speranza che alzando gli occhi si può trovare in una soleggiata giornata d'estate. Sono su Asgradel da meno di un anno, non ho avuto né il modo né la possibilità di giocare con Medoro, ma ho letto molto di lui, ho sentito molto parlare di lui, e l'ho incontrato nell'Oneiron come ombra ne "Il trono che non trema"... e sarò un inguaribile romantico ma ho fatto di tutto per recuperare Angelica (RoW - Dopo la Tempesta, cui si fa riferimento con Daved) e dare una degna conclusione ad un personaggio che, per mia indole, avrei adorato visceralmente.
E forse, dopo tutto, avrebbe adorato anche Azzurra.

PS: mi scuso col correttore per averlo postato vicino alla scadenza, ma desideravo avere la conferma dell'ottenimento di Angelica dalla quest prima di procedere, quest che è finita giusto due giorni fa! Spero di non aver causato disagio, nel caso mi scuso.
 
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