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Controcorrente, Dall'abisso - Contest " Svolta "

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The Grim
view post Posted on 31/7/2015, 20:47





Il cielo stellato si allungava immenso sulle teste dei tre – quasi quattro - spettatori, la sua luce algida ispirava in loro pensieri troppo razionali, quindi orrendi e opprimenti; capaci di schiacciare chi non avesse il giusto antidoto con cui disintossicarsi. La mente di Vergilius, che era tanto figlia dell'Oneiros quanto della cruda realtà di Theras, era insondabile, leggere cosa passasse per la mente di un essere tanto alieno al resto dei mortali praticamente impossibile, ma decifrare i crucci di una madre tanto particolare quanto lo era Afrah faceva sembrare l'altra impresa una bazzecola, così Jace si accontentò di sprofondare nei propri tormenti. Un'immagine colonizzava la sua immaginazione, s'imponeva gigantesca fra tutti i suoi ragionamenti come una montagna in un panorama deserto, così ingombrante che gli occhi si trovavano a notarla sempre: una marea che ciclo dopo ciclo sommergeva ogni terra, ed il nome di quell'inondazione era guerra. Non era un'avanzare lineare e crescente, ma qualcosa che si ingrossava per poi calmarsi e ritirarsi un pochetto, dando l'illusione di pace quando si trattava niente meno che di una tregua. Spuma e schizzi colpivano onda dopo onda sempre più lontano, contaminando e lordando ciò che un tempo era al sicuro, avvisaglie di un fronte che si faceva inevitabilmente più vicino, mentre la furia della marea erodeva anche la roccia più tenace con la pazienza di chi sà di avere la vittoria in pugno. Lo sciabordio del mare era un canto sublime che meglio di una sirena attirava a sé giovani e sprovveduti, mascherando l'orrore dietro la promessa di gloria.

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Il messaggio arriva a Biancocolle qualche ora prima dell'alba, su gambe elfiche che han percorsa troppe miglia e ne devono fare altrettante. Gli viene servito un secchio d'acqua gelida, con cui rinfresca tanto la gola riarsa quanto il corpo madido di sudore, e poi pane e formaggio, che però fa fuori solo a metà, preferendo riservare il resto ad un non precisato dopo. La sua voce melodiosa annuncia notizie cupe: un contingente di demoni brancola per quelle vallate, ha già saccheggiato due villaggi isolati, e si sparpaglia per mettere a ferro e fuoco tutta la regione. I primi a sentire queste parole tremano, ma non si sconvolgono, perché la guerra è nota e che prima o poi fosse giunta a lambirli lo sapevano tutti; eppure gli abitanti non possono che agitarsi e soffrirne, perché speravano di scampare questa disgrazia. La staffetta ripete tutto, dettaglio dopo dettaglio, e infine si tuffa in un covone di paglia, per riposare un poco prima di ripartire ad avvertire gli altri e terminare la sua corsa a Lithien; la sua voce invece passa di tetto in tetto, assieme ad un appuntamento allo spuntar del sole alla grande casa, per un'adunata. Jace e Afrah sono gli ultimi ad arrivare, lui che la sorregge come fosse agli ultimi mesi della gravidanza, e lei che lo lascia fare, un po' imbarazzata e al contempo divertita della sua premura ingenua; gli uomini san così poco dei misteri delle donne. La sala non ha nulla di quella calorosa accoglienza di quando è agghindata a festa, né della solennità di quando viene usata per decisioni importanti, ma riflette la tragica cupezza dei volti dei suoi occupanti. Non vi è luce in quel posto, i raggi del sole non hanno finestre da cui infiltrarsi e sono limitati a battere sull'uscio dell'edificio, tra l'altro rivolto ad occidente, agli antipodi rispetto a dove sta sorgendo il sole, e anche nell'unico braciere acceso, quello al centro della stanza, sono pochi i carboni accesi, emanando un bagliore tremulo e rossastro. Il cartaio si ritrova ai margini tanto della discussione quanto dell'assemblea, quasi nascosto fra le ombre, come un estraneo o forse uno spettatore della storia di altri. Così mentre gli abitanti tra singhiozzi e versi rabbiosi discutono sul da farsi per il destino loro e di Bianocolle, l'uomo si godeva il privilegio o forse la stigma di essere straniero. Nato nel gran regno degli uomini, cresciuto e vissuto nelle lontane terre del sud, vagabondo che non ha mai conosciuto un posto da chiamare proprio, si era stabilito nel paesello per stare accanto ad Afrah, come sempre coi bagagli infagottati e appoggiati accanto allo stipite della porta; per lui un posto è come un altro, transitorio, un limbo fra due viaggi. Per lui quella terra e quell'abitazione non rappresentano nulla, convinto che prima o poi lui ed Afrah si sarebbero spostati da un'altra parte, forse a Lithien o chissà dove, così mentre riempe gli occhi di quelle scene di uomini singhiozzanti in lacrime, di vecchi che battono i pugni e i bastoni per terra, di donne che agitano le mani mimando strangolamenti, accoltellamenti, e pestaggi, di padri che gridano, figli che strillano, di vecchie in ginocchi che si aggrappano con le unghia alle assi del pavimento o al legno delle colonne. Lo stregone sente il tumulto dentro di sé, ammira la tenacia e la forza di quel popolo, e allo stesso tempo non ne capisce lo struggimento, si sdegna della loro melo-drammaticità. Non capiva l'incantesimo che li aveva stregati: quello di sassi sui quali avevano giocato i loro avi quando non erano che scriccioli, quello della terra che era stata zappata tanto dalle proprie mani quanto quelle dei propri nonni, quello degli alberi che avevano sentito mille segreti e spiato il primo bacio dei propri genitori e che avrebbero raccontato quello dei propri figli. Se glielo avesse chiesto, forse il più saggio glielo avrebbe spiegato con poche semplici parole: loro appartenevano a quel posto, erano figli di quel suolo alla stessa maniera dei fiori che crescevano in primavera, una loro emanazione, ciascuno aveva un pezzo dell'anima di quella terra piantato nel cuore e contemporaneamente un pezzo della propria piantata fra le radici di quel posto; un legame sottile ma impossibile da spezzare. Lo stregone purtroppo non è mai riuscito a provare qualcosa di simile sebbene capisca esattamente che sia una forma d'amore, per un luogo e la sua storia anziché per una persona; perciò si è adombrato, per non mancare di rispetto ad una discussione alla quale non appartiene. Apprezza anche la decisione che viene preso: chi è capace di imbracciare le armi, e se la sente di rischiare la vita, combatterà, mentre bambini, vecchi e malati seguiranno la strada fino a Lithien, dove si rifugeranno fino alla fine della guerra. È la sua Afrah a convincere i genitori a lasciare che i loro figli partano, affinché siano al sicuro e si possa combattere a cuor leggero, senza la preoccupazione del destino dei propri cari; purtroppo non era riuscita a predire l'affetto dei suoi concittadini. Non appena lei domanda di poter chiamare qualche Lanterna e mettersi a capo delle difese, le piovono sopra insulti, improperi, minacce. Tutte le mani indicano il suo ventre fecondo, e le ricordano il suo dovere: portare il bambino al sicuro, e visto che un feto non si può staccare dalla pancia della madre, anche lei sarà costretta a rifugiarsi fra le mura bianche. Davanti a tanta furia, la donna non riesce a porre alcuna resistenza, accetta quel compito, preoccupata ma decisa. Gli abitanti sciolgono l'assemblea senza che nessuno abbia mai tirato in ballo il cartaio, e non per una dimenticanza fortuita, ma perché l'uomo è un forestiero, si sente tale, e in quella maniera si comporta; tale è agli occhi del villaggio, e ad un estraneo non si domandano sacrifici ma si lascia scegliere la propria via, da solo.

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Un fiume di Bianocollesi si disperse in mille rivoli fuori dalla grande casa, con dignità e malinconia mescolate nei loro gesti, seppellendo sotto la scorza ruvida le ansie che attagliavano i loro cuori. Preparare i bagagli era per loro un rito orrendo, in cui vorrebbero conservare i tesori più preziosi, ma amavano le loro case al di sopra di ogni cosa, avevano per i mobili la stessa considerazione che per i parenti più anziani e saggi, quelli che li avevano visti crescere nel bene o nel male, e nulla di ciò sarebbe stato salvato; nemmeno le storie che essi custodivano fra le rughe del legno. Misero nelle bisacce e nei sacchi delle provviste, degli abiti pratici e comodi, dentro i quali avvolsero i pochi gioielli che ciascuno possedeva, tramandati di avo in avo: un anellino di giaietto, una catenina d'argento, degli orecchini in corallo, dei pezzi d'avorio lucido e dentro di essi sussurrarono tutti i loro ricordi di casa, di vita, di famiglia. Storie aspre di una terra poco accogliente.

Anche Afrah apriva cassettoni e cassapanche, facendo volare sul pavimento gonne, abiti, veli, calzoni, guanti in pelliccia, spargendoli furiosamente alla rinfusa, nell'assurdo stratagemma di rimandare l'irrimandabile; nessuna " nave " sarebbe partita senza lei, l'avrebbero aspettata per ore ed ore. Desiderava rimanere e combattere con gli altri per quel fazzoletto di terra e le case che lo ricoprivano, ma poteva mettere a repentaglio solo sé stessa, non ciò che germogliava nel suo grembo, con tutte le fatiche che gli era costato, forse quella era la sua unica occasione di veder fiorire la vita dal suo corpo. Il cartomante cercava d'imbellettare il ruolo di responsibilità che le avevano affidato, rimarcava l'importanza di una figura capace di difendere il gruppo da eventuali avanguardie nemiche o da predoni senza scrupoli, vantava come la fama della Banshee potesse schiudere i pesanti cancelli di Lithien, elencava in quante maniere poteva aiutare la comunità nella metropoli o come poteva evitare che si sfaldasse fra le brillanti luci di quel posto; inventava qualsiasi cosa potesse sollevarle il morale. Ma gli occhi rossi di lei non si calmavano e brillavano di un bagliore di smania irrequieta, lottavano come fiamme contro sé stessi. La beduina era scissa, aggettivo strano per un essere la cui vita era condivisa tra due entità distinte tanto nella personalità quanto nel corpo, che occupavano solo lo stesso spazio e tempo, ma questa volta era diverso perché tanto Afrah quanto Tayf erano paralizzate in un conflitto interiore. Non si combattevano fra loro, ma ognuna delle due combatteva contro sé stessa, incapace di capire quale fosse il suo dovere, Jace temeva che la donna si sarebbe portata quella croce per il resto della sua vita; non l'avrebbe sopportato.

Terminati i preparativi, sbarrarono le porte di casa e si avviarono giù per la collinetta, seguendo la stradina del paese, mentre Hani serpeggiava fra di loro, nella sua eterna lotta per mettersi tra i due piccioncini, che scendevano tenendo l'una il braccio in quello dell'altro. Erano per l'ennesima volta gli ultimi, mentre il resto del villaggio s'era già salutato, aveva pianto, si era scambiato auguri ed ora stava diviso in due grandi gruppi: sulla destra erano raggruppati i migranti, coi bagagli appoggiato sul grosso cancello di legna, i bambini in braccio, e gli animali più fedeli al seguito, sulla sinistra stava un cerchio di guerrieri, che si dividevano gli scudi e le lane, che sistemava il piumaggio delle frecce e assicuravano asce e pugnali alla cintura. La donna si fermò un attimo indecisa, come avesse smarrito la strada, poi prese la via di destra con passo titubante, Jace invece si piantò sul posto. Conoscendo i suoi pensieri, i suoi precedenti, il suo carattere, sapendo cioè qualcosa di lui che non fosse la fama del suo nome, chiunque avrebbe scommesso facilmente che il cartomante avrebbe imboccato la stessa via della sua amata, cingendo le sue spalle in un abbraccio amorevole e accompagnandola per la via più sicura; non era mai stato un tipo coraggioso. Invece le trattenne la manica, e la costrinse a voltarsi, poi stampò le sue labbra su quelle di lei, dal sapore di pesca e spezie esotiche, imprimendo quell'aroma fin dentro la sua anima; poi mormorò qualche parola di scusa e si voltò di scatto. Affrettò il suo passo verso i guerrieri, che l'ammiravano stupiti, le lacrime a rigare il volto imberbe rintanato nel cappuccio come può farebbe un bambino in una notte tempestosa; uno brocchiere dal bordo argentato ed un coro di lane battute fragorosamente lo accolse gioioso. Non riuscì a guardarla negli occhi mentre l'abbandonava, per paura di desistere in quella scelta insensata, ma se l'avesse fatto avrebbe incontrato un volto irrigato dalle lacrime, ma reso raggiante da un sorriso felice e occhi sereni e pieni di ammirazione; il suo Djais finiva sempre per stupirlo nella migliore delle maniere.



CITAZIONE
Forse ho esplorato l'argomento in maniera banale, ma ero stuzzicato dall'idea di accompagnare il gesto psicologico da una vera e propria " svolta " fisica, nel senso di girarsi da un'altra parte. Spero di non presentare un post troppo poco curato, ma parecchio importante per il mio personaggio :D

 
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