Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Contest Artefatti

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view post Posted on 10/8/2015, 20:36
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CONTEST ARTEFATTI
Lo staff è lieto di annunciare il ritorno di un'iniziativa che per molto tempo ha smesso di esistere e alla quale l'utenza aveva sempre partecipato con interesse. Con questo topic ci rivolgiamo all'utenza per invitarla a partecipare al contest di creazione artefatti, il quale permetterà a qualsiasi utente - dotato di una scheda convalidata - di poter creare uno o più artefatti a proprio piacimento per sottoporlo allo Staff. Se quest'ultimo troverà l'artefatto di buona fattura, lo inserirà in prossimi progetti della piattaforma.
    REGOLAMENTO

    • Ogni utente potrà creare un numero qualsiasi di artefatti da presentare allo Staff, il quale si riserva la possibilità di scartare eventuali artefatti non conformi all'ambientazione o di pessima fattura - i quali necessiterebbero di troppo lavoro per essere adattabili.
    • Gli artefatti potranno essere di qualsiasi potenza; è ovvio che artefatti troppo potenti o troppo deboli saranno scartati perché di difficile utilizzo.
    • Ogni artefatto sarà ricompensato con il valore di 300 Gold nel caso non necessiti di alcuna modifica; in caso contrario, verrà ricompensato con il valore di 150 Gold.
    • Ogni artefatto dovrà essere dotato del proprio post in questa discussione; evitate di inserire le vostre creazioni tutte in un unico post.
    • Potranno essere presentati solo artefatti "normali", non di "caratterizzazione".
    • Il tempo limite per sottoporre allo Staff le vostre creazioni è fissato alle 23:59 del giorno 25 Agosto 2015.
    • Sono esclusi dall'iniziativa i membri dello Staff e tutti coloro che sono abilitati normalmente alla creazione degli artefatti.

Ringraziamo l'utenza per l'attenzione e speriamo in una folta partecipazione.
Buon lavoro!


Edited by Yu | Mr. Rabbit - 10/8/2015, 21:59
 
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view post Posted on 11/8/2015, 18:44

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Fortuna del Viandante.


Si narra che in villaggio, uno dei tanti nello sconfinato continente di Theras ci fosse un giovane afflitto dalla malasorte. Nulla di ciò che faceva andava per il verso giusto. Quando mungeva le vacche del padrone il latte cagliava, quando piantava un chiodo in un asse si martellava puntualmente qualche dito e non c’era verso di scendere le scale senza un capitombolo. Un giorno si dichiarò alla ragazza che amava portandole dei fiori di campo meravigliosi a vedersi, ma nel bel mazzo di giunchigli, viole, rose selvatiche e caprifogli s’era annidata un ape che proprio al momento della consegna lo punse sul naso rendendolo orribile e goffo.
Stanco della persecuzione decise di lasciare il villaggio e iniziò a peregrinare alla ricerca di un amuleto che potesse salvarlo ma la malasorte non sembrava abbandonarlo. Ovunque andasse, qualunque cosa facesse qualcosa interferiva nei suoi piani eppure il giovane non demordeva, sicuro che prima o poi avrebbe trovato la soluzione ai suoi problemi. Passarono gli anni e il giovane divenne un adulto. Qualunque lavoro tentasse di compiere si concludeva in un qualche improvvido e comico incidente. Un giorno mentre accudiva un maiale, la bestia impazzì. Afferrò lo stivale del disgraziato con la sua poderosa mascella e iniziò a trascinarlo per tutto il villaggio correndo e grugnendo. Aveva in quei giorni piovuto e il fango abbondava nelle strade insieme ai rifiuti notturni che al primo mattino le donne scaricavano dalle finestre. Lo sfortunato vagabondo ne uscì sudicio e malconcio e con l’intero villaggio a ridergli dietro. Gli si avvicinò allora un vecchio con lo sguardo furbo, gli occhi gialli come monete d’oro zecchino, la barba lunga e bianca come la neve, un largo cappello adornato da una piuma di cigno e un sorriso genuino dipinto sulle labbra.
Il vegliardo si chinò a guardare l’uomo che nel frattempo tentava di pulirsi con un fazzoletto e gli chiese «Cosa mai ti è accaduto, povero giovane perseguitato dalla malasorte?»
Il vagabondo, che alla sua vita grama aveva fatto il callo, sorridendo sollevò le spalle e rispose - «Niente di grave, bravo nonnino! Il maiale del fattore Plum ha voluto accompagnarmi a vedere le bellezze del vostro grazioso villaggio.»
Il vecchio sorrise, cacciò dalla tasca una moneta e gliela lanciò. Il giovane sollevò la mano per acchiapparla e si aspettava che – come sempre accadeva – questa gli sfuggisse rotolando sotto qualche pesante barile o dentro la grata di una latrina. Quella volta, invece, quando aprì il pugno trovò al suo interno un bel denaro d’oro zecchino che brillava come il sole di mezz’estate. Felice come non mai sgranò gli occhi ed esclamò -
«Giuro sugli dei, questa moneta non la cederò mai visto che acchiapparla al volo è stato il primo colpo di fortuna in vita mia!»
[Malus: Fortuna del Viandante non può essere venduta, ceduta o rubata. L'unico modo per disfarsi dell'artefatto è utilizzare l'apposita nulla]
«E non sarà l’ultimo se, come hai promesso, sempre con te la terrai..» – rispose enigmaticamente il simpatico vecchietto. Così motteggiando gli strizzò l’occhio e iniziò a camminare verso l’uscita del villaggio canticchiando un’allegra canzone e zompettando come una capretta montana.
Lo sfortunato vagabondo non lo sapeva ma da quel giorno la vita sarebbe cambiata. Dopo tante ricerche aveva incontrato la Fortuna in persona.

Bastò un attimo perché la ruota della fortuna iniziasse a girare. Non appena il vecchio bonario se ne fu andato al Vagabondo si avvicinò un’avvenente donzella.
«Oh poverino guarda come sei conciato!» – disse accucciandosi su di lui e aiutandolo a pulirsi il volto dal liquame e dal fango. Mentre puliva l’attraente ragazza scopriva che il volto sotto il fango incrostato non era affatto ripugnante come sembrava. Qualcosa si accese in lei, una sorta di desiderio.
«Vieni, vieni con me mio bel vagabondo! A casa ho una tinozza per il bagno, una tinozza in cui si sta comodi in due.». Inutile dire che quello fu il bagno più bello della sua vita. Ma quello non fu l’unica sorpresa. Uscito di casa della giovane donna, infatti, trovò una piccola folla ad acclamarlo. Tutti sembravano volerlo ospite giacché dopo l’incidente Tartufo, il maiale del fattore, aveva sputato un grosso anello che la fattrice Plum credeva di aver perduto. Da allora non ci fu’ casa, villaggio o castello in cui il Vagabondo non fosse accolto. Chissà come mai le case che visitava erano sempre baciate dalla fortuna.
[La Fortuna è sempre benvenuta ~ Passiva (3 usi), il possessore della Fortuna del Vagabondo sarà considerato una presenza positiva e come tale sempre bene accolto in qualunque posto si rechi.]

Un giorno mentre baldanzoso camminava per un sentiero poco battuto nei boschi il Fortunato Vagabondo si trovò la strada sbarrata da un gruppo di infingardi briganti. Ormai il Vagabondo aveva imparato a confidare nella sua buona sorte e senza paura li salutò augurandogli ogni bene chiedendogli di lasciarlo passare in pace. Quelli per tutta risposta gli si gettarono contro. Il primo di loro impugnava un grosso randello e cercò di colpirlo sul capo, ma l’arma inspiegabilmente gli scivolò di mano finendogli sull’alluce e facendolo ululare dal dolore.
[La nostra fortuna è la iettatura degli altri. ~ Basso, consuma energia, danno all’equipaggiamento. Il possessore del ninnolo girerà tra le dita il suo portafortuna e l'equipaggiamento del nemico si spezzera o egli non sarà capace di utilizzarlo a causa della malasorte. Potrebbe infatti scivolargli di mano, una lama potrebbe perdere il filo, un arma da fuoco incepparsi e così via.]
Il secondo, il terzo e il quarto sfoderarono spade, asce e coltelli e si avventarono contro il Vagabondo ma quello chissà come ne uscì illeso. Quando cercarono di accoltellarlo quello scivolò su una macchia di muschio, quando cercarono di colpirlo con un fendente il brigante si sbilanciò affettando un cespuglio.
Persino quando volevano farne un puntaspilli a colpi di balestra fallirono. Il quadrello colpì un fagiano che – disgraziato- si trovò nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
[Un proverbiale colpo di fortuna. ~ Difesa variabile, natura fisica, consuma energia. Il caster potrà difendersi da una tecnica di natura fisica dell’avversario confidando nella sua fortuna che provvidenzialmente lo salverà. Ad esempio un colpo di spada potrà essere evitato scivolando a terra un attimo prima di essere colpiti, un colpo d’arma da fuoco sarà intercettato da un uccello vagante, una pugnalata mancherà inspiegabilmente il bersaglio ecc..]
«Ecco servita la cena» – dichiarò allegro il Vagabondo - «Ora però lasciatemi passare o mi arrabbio per davvero! »
Quelli a vedere la sfacciata fortuna della loro vittima s’erano incarogniti ed erano decisi a fargli la festa.
Tentarono di nuovo di attaccarlo e allora il Vagabondo capì che non c’era verso di evitare la lite.
Afferrò una pietra e la lanciò alla cieca. Quella chissà come colpì uno dei banditi alla fronte e lo stese a terra come morto, privo di sensi.
[La fortuna assiste gli audaci ~ Medio, fisico, consuma energia. Il possessore della moneta si lancerà in un attacco cieco consumando un medio e provocando un danno alto – se non difeso – all’avversario che di contro potrà decidere quale risorsa verrà danneggiata.
Umiliati, malconci e ormai un poco impauriti i briganti decisero di trattare.
«Dacci il tuo oro e ti lasceremo vivo!»
Il Vagabondo aveva un cuore gentile ma proprio non tollerava i prepotenti, specie se non desistevano dai loro pessimi intenti dopo numerosi avvertimenti a non proseguire la cattiva condotta.]

«Se è l’oro che volete, oro avrete. Ma poi non lagnatevi che è troppo»
Girò tre volte il suo portafortuna tra le dita e subito dalle foglie degli alberi piovvero monete d’oro zecchino, bollenti come una teiera appena tolta dal fuoco.
[Un grammo di fortuna vale più di una libbra d’oro. ~ Variabile, consuma energia, magica, colpisce il fisico. Girando tra le dita la moneta il possessore del ninnolo farà precipitare sul nemico una cascata di monete d’oro che provocheranno danni da ustione ove non difese e che spariranno una volta conclusa l’azione.
A consumo nullo e a fini puramente scenici il caster potrà far apparire un numero di sua scelta di monete d’oro che però spariranno dopo poco.
]

Tante ne piovvero, così tante e così ardenti da far piangere i briganti che supplicarono all’uomo di smetterla. Il Viandante li accontentò ma prima di andarsene fece loro giurare che mai più avrebbero aggredito i viandanti.
«Badate a non venir meno al nostro patto. Che io non ho casa e giro per il mondo. Prima o poi tornerò da queste parti e se qualche indifeso si lagnerà dell’attacco di briganti, verrò a cercarvi.» – promise. Diceva il vero, perché da quando aveva ricevuto la moneta proprio non ce la faceva a star fermo in un solo posto e se vedeva un bisognoso l’impulso ad aiutarlo era troppo forte per trattenersi.
In fondo al Vagabondo la cosa non dispiaceva. Chi tanto riceve dalla Fortuna deve pur ripagare il Mondo in qualche modo.
[La fortuna è pellegrina ~ (Malus) Haym il Bianco è il patrono dei viaggiatori e la sua è una natura gentile e generosa. Di conseguenza chi da lui riceve un dono così grande qual'è la Fortuna del Viandante non può discostarsi dal suo codice morale. Il possessore del ninnolo sarà infatti inevitabilmente portato ad aiutare gli altri e a peregrinare per il mondo, sentendosi inadatto ad eleggere un'unico posto come sua dimora.]

Il Vagabondo Fortunato ebbe una lunga vita e felice ma alla fine la Morte giunse a reclamare ciò che le spettava. Il buonuomo stava seduto sul muro a secco che costeggiava una bella strada a fumare pigramente la sua pipa. Era una piacevole notte di primavera e la luna splendeva nel cielo. La Morte si accostò al Vagabondo brandendo la sua tremenda falce e mostrandosi a lui in forma di orrendo scheletro. Il Vagabondo che non temeva la fine di una vita ben vissuta salutò la trista figura con un sorriso.
«Ah ma che graziosa dama è venuta a visitarmi quest’oggi! Come splendono le ossa al chiaro di luna!» – disse. La Morte che fredda è di cuore non cedette alla lusinga e gli disse che bella lo era stata, ma di certo non lo era in quell’aspetto. Il Vagabondo insistette e la invitò a specchiarsi nel limpido stagno. «Se mento prenditi pure la mia vita nel modo più atroce che conosci.»
La Morte che malevola è di cuore ma è altresì orgogliosa volle specchiarsi. In fondo non ci avrebbe perso nulla. Non appena ella si affacciò a guardare il suo orribile aspetto nelle calme acque dello stagno il Viandante ne approfittò e le rubò uno stinco. Azzoppata ed umiliata la Morte iniziò lagnarsi.
«Sei un bugiardo, un traditore ed un ingrato! Perché non ti accontenti di una vita lunga e prospera? Perché non hai voluto venirtene con me in pace?»
Il Viandante Sorrise e le disse allora - «Io verrò con te e lo farò cantando e saltellando, felice di compiere il mio fato di mortale. Ma domani, che oggi ho da fare … » – E così dicendo, con lo stinco della morte in mano se ne andò.
[Quando la fortuna lusinga, lo fa per tradire. ~ Media, psionica, consuma energia. Il fortunato troverà le parole adatte per lusingare l’avversario il quale si distrarrà. Il prossimo attacco fisico infliggerà un medio ( o due bassi per attacco)]
Il giorno dopo tornò nel posto in cui aveva lasciato la Morte zoppa e impossibilitata a muoversi. Quella era irritata ma anche un poco sorpresa perché di solito i mortali non mantengono mai le promesse fatte alla Morte. «Cos’avevi di tanto importante da fare? Lo sai che io sono vendicativa e non te la lascerò passare liscia per il brutto scherzo che mi hai tirato? »
Il Viandante sorrise ancora e rispose - «Dovevo passare la mia Fortuna a qualcun altro. Che me ne faccio da morto? Almeno così ho reso qualcun altro felice.»
[La Fortuna passa di mano in mano ~ Nulla: Il possessore della Fortuna del Viandante potrà una sola volta decidere di cedere l'artefatto lasciando semplicemente la moneta per terra. Una volta abbandonata la Fortuna del Viandante scomparirà andando alla ricerca di un nuovo padrone. A tutti gli effetti quest'abbandono varrà come se l'artefatto fosse stato venduto.]
La Morte – che di solito non conosce pietà- fu commossa dalla semplice bontà di quell’uomo. Sapeva che da qualche parte, nello sconfinato universo aveva un fratello. Un fratello con cui non andava per niente d’accordo, come del resto con tutti gli altri suoi fratelli e sorelle, ma che comunque era l’unico in grado di strapparle un sorriso. Il Vagabondo gliel’aveva ricordato. E non a caso …
«Se mi ridai l’osso e prometti di non tirarmi più nessuno scherzo ti porterò da una persona che conosco, con cui andrai sicuramente d’accordo. »
Il Viandante le porse il braccio ed insieme di incamminarono verso una ridente distesa d’erba, piena di villaggi in cui la gente era gentile e calorosa. Una volta giunti li finalmente, dopo tanti anni, il Vagabondo e il Vecchio si rincontrarono.


La moneta passò di mano in mano, non sempre trovando chi si meritava cotanta fortuna.
Per questo il Bianco aveva decretato che solo chi è in grado di sopportare la sfortuna con il sorriso sulle labbra meriti il suo aiuto. Infatti chi ride della propria sventura e non incolpa per questo gli altri ha un cuore gentile ed è affine al Dio.
[La Fortuna è capricciosa ~ Malus: Per quanto Haym agisca con le migliori intenzioni a volte il suo aiuto provoca più danni che vantaggi. Quando l'artefatto viene utilizzato per la prima volta in quest o giocate autoconclusive al possessore accadrà un qualunque incidente buffo o causato da goffagine. L'incidente è comunque totalmente innocuo e può riguardare - previo accordo con il QM/gestore della giocata anche l'ambientazione circostante]
Ciononostante capitò che alcuni dei Viandanti fossero crudeli, violenti ed egoisti. Quando ciò accadeva, con infinita pazienza, la Fortuna mandava a questi indegni dei segnali. Prima diveniva d’argento, poi di bronzo ed infine di ferro. A quel punto – di solito – gli indegni Viandanti la gettavano via, ingrati verso tutto persino verso la stessa Fortuna.
Alcuni più saggi riparavano ai torti inflitti con le buone azioni. Allora, lentamente, la moneta riprendeva splendore e valore.
[Karma ~ (Malus) Haym è una divinità pacifica e gentile che non tollera la violenza e la crudeltà. Semmai il possessore dell'artefatto dovesse compiere un azione gratuitamente violenta o crudele la moneta inizierà a perdere i suoi poteri secondo questo schema:
a)Oro : Nessuna azione violenta o crudele
b)Argento: 2 azioni violente o crudeli ( limite di 3 usi dell'artefatto per giocata)
c)Bronzo: 3 azioni violente o crudeli ( limite di 2 usi dell'artefatto, la passiva non funziona)
d)Ferro: 4 azioni violente o crudeli (l'atefatto non funzionerà più)
C'è però la possibilità di riparare agli errori commessi e ripristinare i poteri della Fortuna del Viandante compiendo buone azioni. Tali buone azioni andranno interpretate all'interno di una qualsiasi giocata tutelata alla fine della quale il QM deciderà se il debito è stato ripagato. Ogni livello di degrado viene riparato da una buona azione.
]





Edited by Malzhar Rahl - 11/8/2015, 20:05
 
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view post Posted on 12/8/2015, 07:28
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Ciò che è distrutto sarà ricostruito, ciò che è perso sarà ritrovato
Arroc’na Kzeda
La Creatrice


Facean gli Nani un dì magiche gesta,
battendo mazze e martelli qual campane a festa,
dove laggiù dorme cupo un mistero
un ribollente soffio, un drago nero.

Per antichi Re e sommi Signori
Ghermivano dalla roccia gli splendori,
L’oro e l’argento torcevan in filigrane
Intessendo fieri il baglior di drago immane.

E di muri e bastioni facean disegno
Di Pietra e Martello, di Piccone ed Ingegno,
di opere belle e di fama che dura
essi scolpivan la roccia più dura.



E’ ferro istoriato quello che ora stringete tra le mani, nero come la luccicante ossidiana ed il carbone portatore di fuoco. Lasciate scorrere le vostre mani sulla levigata superficie dello scalpello, avvertitene la liscia perfezione, così propria di un oggetto appena uscito dalla fiamma su cui un’abile artigiana ha profuso la propria arte. Passate vostre dita, rese callose dall’elsa di una spada, sulla spanna di un metallo capace di assorbire ogni luce ed intrappolarla al suo interno, in vaghi riflessi che l’occhio stenta a cogliere ma che pure catturano l’attenzione; leggete la sinuosa scrittura che serpeggia lungo l’intera lunghezza della lama, fino a toccare il manico del più puro argento che abbiate mai visto.
Questa è Arroc’na Kzeda, la Creatrice, e questa è la sua storia.

Fu una volta la città di Sharujaimai, gemma di quello che ora è conosciuto come Surgun-Zemat: una città di marmo bianco ed opere industriose sotto le mani capaci dei nani, appollaiata sul ciglio di un pauroso crepaccio alle pendici di un’alta montagna senza più un nome. Una delle tante che caddero in fretta sotto la corruzione di Bathos ed avvizzirono, portando con sé la cupidigia e l’ingorda curiosità dei cercatori d’oro e di ricchezze, lasciando dietro di sé a memoria degli antichi fasti solo rovine, squallore ed orride creature.
In quelle città decadute si aggirano ora i discendenti di quei popoli un tempo grandi, raminghi nella loro stessa terra, e serbano nei cuori il ricordo della gloria passata, oltre al dolore per ciò che hanno perduto e la promessa che ciò che è perso sarà ritrovato, ciò che è stato distrutto sarà ricostruito. Fu dalle mani di una donna di questo popolo in fuga, figlia di un fabbro e moglie di un costruttore di muri, una donna il cui nome era “Fatalja”come si legge dall’iscrizione sul manico, che venne alla luce Arroc’na Kzeda col preciso scopo di ricreare ciò che i demoni e la brama corrotta di ricchezza avevano distrutto.

Yeniden inşa edilecek tahrip, ciò che è distrutto sarà ricostruito.
I possessori di Arroc’na Kzeda non sopportano che la bellezza e lo splendore vengano obliati tra i lividi resti di rottami e macerie come è accaduto alla loro casa perduta [Malus: Chiunque possieda questo artefatto non potrà mai rovinare o distruggere volontariamente qualcosa di bello o ben fatto, o permettere che venga distrutto o rovinato se è possibile, pena l’impossibilità di disporre dei poteri dello stesso per la giocata in corso] evitarlo ed instancabilmente operano affinché ciò che è bello e ben fatto possa mantenersi intatto o, se rovinato, possa essere rimesso a nuovo. Memori dello scempio operato dai demoni di Bathos usano la loro arte ed il loro ingegno per contrastare la distruzione da essi perpetrata e per riempire di nuovo quella terra di opere pregevoli, ricordando in tal modo che le armi e la guerra non sono il solo modo per contrastare l’oscurità incombente: arte e cultura, abilità e conoscenza, sono da contrapporre alla perdita di tutto ciò che le razze senzienti hanno creato con amore e passione, ciò che le distingue dalle bestie striscianti e dai volgari banditi di strada, solo dediti al saccheggio indiscriminato ed al deturpamento della bellezza a favore di un guadagno rapido e per questo spesso poco durevole. Con un consumo Medio di energie quindi, e toccando l’oggetto in questione con la punta dello scalpello, essi potranno ricostruire la sua forma di un tempo, rendendolo di nuovo perfetto come quando è stato creato.
[Riparazione di un singolo pezzo dell’equipaggiamento, o oggetto, distrutto. Costo Medio di energie. Natura magica.]
Ne kaybolur ritrovat, ciò che è perso sarà ritrovato.
Così come non sopportano la distruzione delle cose belle i possessori della Creatrice ne serbano altruisticamente il ricordo, desiderando condividerlo con chiunque possa apprezzarlo e goderne. E’ uno dei loro modi per contrastare l’oscurità che stà calando su Theras, minacciando di spazzar via ciò per cui hanno sempre lottato: la perfezione o almeno il tentare di avvicinarsi ad essa, sempre migliorandosi ed ispirandosi al vecchio ed al nuovo, al ricordo ed all’immaginazione creativa dei giovani artisti ed artigiani. Facilmente chi stringe tra le sue mani Arroc’na Kzeda può diventare una fonte di ispirazione per coloro che gli stanno attorno, potendo decidere di mostrare l’apparenza di una realtà come vorrebbe che fosse, invece di come è. Ed ecco che conficcando la nera lama dello scalpello nella terra, madre e donna generatrice, si potranno far spuntare paesaggi volatili sospesi nell’umidità dell’aria o edifici fatti di polvere e luce, inconsistenti e dalla breve esistenza.
[Illusione di paesaggio, ad area, formata da polvere e riflessi nell’umidità dell’aria. Natura Fisica. Si possono creare elementi del paesaggio di qualsiasi tipo, naturali o artificiali, ed eventualmente sfruttarli come copertura visiva.]

Seyler ba imalati, fabbricare le cose belle.
Il semplice stringere tra le mani lo scalpello, l’essere consapevoli delle potenzialità che essa possiede e della perfezione che essa può produrre se ben impiegata, è in grado di risvegliare capacità fino ad allora latenti nella persona che lo detiene, risvegliando un interesse prima sopito o mai sviluppato per la creazione di cose fatte con le proprie mani, per un lavoro ben fatto: Arroc’na Kzeda non si limita a riparare e conservare ma intende anche creare il nuovo, osare, per raggiungere i limiti della perfezione migliorando ciò che è stato fatto in passato.
[Possedendo l’artefatto si disporrà della capacità di eccellere in una determinata professione nell’ambito del modellamento di oggetti di pietra, legno e metallo, artistica o più concretamente utile, da scegliere al momento dell’acquisizione dello stesso. Passiva di natura Fisica, 3 usi. Si potrà inoltre creare, descrivendo opportunamente il fatto e sfruttando la maestria conferita dalla passiva, un singolo oggetto di qualità eccellente che perdurerà per tutta la giocata in corso, previo consenso del QM se in quest, e potrà entrare tra gli oggetti personali del personaggio, ove ci sia questo desiderio. Costo Nullo, Natura Fisica.]
Duvaar, il muro.
Così come il possessore di un simile oggetto potrà creare oggetti di pregevole fattura dovrà anche essere in grado di difenderli e preservarli da coloro che potrebbero volerli distruggere: chissà se magari Sharujaimai non sarebbe caduta, quel giorno, se avesse potuto disporre di mura più robuste e più alte, oltre che delle armi di coloro che cercarono inutilmente di opporsi all’orda che si avvicinava? Un muro è il simbolo per eccellenza del desiderio di proteggere, di preservare e schermare da una minaccia o, al contrario, del desiderio di voler confinare qualcosa di altrimenti pericoloso. Fin dai tempi antichi una palizzata serviva a tenere le fiere fuori dai villaggi, così come oggi le mura servono a proteggere le città ed i castelli dagli attacchi dei nemici o dalle insidie dei predoni; è nei recinti che si tiene il toro infuriato ed è nelle arene gladiatorie, cinte da valli di pietra e legno, che si osservano in sicurezza le belve più terribili. Tracciando quindi un quadrato per terra con la punta di Arroc’na Kzeda, circa delle dimensioni di un mattone, si assisterà ad un singolare prodigio: la zona delimitata si solleverà a formare un blocchetto di pietra o argilla e quest’ultimo si moltiplicherà rapidamente fino a costruire un muro solido e compatto di lunghezza a piacere, alto non più di due uomini e spesso al massimo un paio di spanne, che potrà essere usato come ostacolo o come difesa da attacchi non tecnica. Ma Arroc’na Kzeda non vuole occultare per sempre la vista di ciò che ha protetto, non vuole creare esclusività nel possesso, ed è per questo che ogni muro creato in questo modo durerà solamente due turni, sbriciolandosi poi in maniera innocua al termine del suo tempo.
[Per due turni crea un muro di terra o pietra, alto e spesso a discrezione dell’utilizzatore ma in generale non più alto di due uomini e non più spesso di un paio di spanne. Se usato come difesa difende solo da attacchi fisici non tecnica.]

Arazi iddia, rivendicare la terra.
Surgun-Zemat è una terra devastata da Bathos, percorsa ed avvelenata dai suoi figli perversi ed è contro di loro che il rancore dei suoi ultimi abitanti arde con più violenza, traendo potere da quel fuoco che può essere di volta in volta creatore o distruttore. Nonostante non abbiano per ora la forza di scacciare il male dalle loro case è il sogno del popolo di Fatalja quello di poter, un giorno, rivendicare la propria terra e ricostruire la loro città più bella che mai, fornendola di mura possenti in grado di impedire a chiunque di portatgliela via di nuovo. In presenza di demoni, o progenie demoniache, le scritte sulla lama e sul manico dello scalpello si illumineranno di una tenue luce argentata, dando modo al suo possessore di rivelare la presenza di questi abomini nelle vicinanze senza però indicare la loro effettiva posizione o natura, se occultata. [Passiva, rivela la presenza di demoni o progenie demoniache nelle vicinanze ma non la loro effettiva posizione, sempre attiva] Attingendo al potere del fuoco chi stringe tra le mani Arroc’na Kzeda potrà generare dalla lama dello scalpello una lunga fiammata di potenza Critica, capace di sciogliere il metallo più duro e spaccare la pietra, un utile potere che a costo Alto sostituisce egregiamente il calore di una forgia ma che infliggerà solamente un danno Medio ove raggiunga il bersaglio. Tuttavia, contro coloro che sono odiati gli effetti di questa tecnica saranno invertiti: la fiammata avrà una potenza soltanto Media ma infliggerà orribili danni, di potenza Critica, ai demoni ed alla loro progenie.
[Fiammata di fuoco a costo Alto di energia che infligge un danno magico con potenza effettiva Critica ma che danneggia soltanto con un danno Medio, contro demoni e progenie demoniache gli effetti saranno invertiti e la tecnica diverrà a potenza Media ma capace di infliggere danni Critici ove non parata. Natura Magica.]


 
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DanT&
view post Posted on 12/8/2015, 10:17




CITAZIONE

Tagliagole

Semplice. Brutale. Affilata.



I vicoli, i bordelli, i bassifondi. Ogni città ha una parte buia, una zona d'ombra, luoghi in cui reietti e malfattori, ladri e assassini si ritrovano e si riuniscono, si organizzano e proliferano. Qui, dove girare da soli equivale ad un suicidio, nascono tipi d'uomini la cui efferatezza è seconda solamente al cinismo che la società gl'impone. Pochi hanno il coraggio di abbandonare la luce delle piazze per addentrarsi in quel vicolo maleodorante laggiù, ma quelli che lo fanno, quelli che accettano di lasciarsi alle spalle la confortante longa manus della legge per abbandonarsi nel caldo abbraccio delle tenebre allora sapranno, capiranno e si forgeranno nell'animo votandosi all'unico e vero Dio. Colui che con la sua voce metallica regola e impartisce regole, unisce e divide: il Dio Danaro.
Cosa c'è di buono al mondo se non la sensazione di un marco d'oro tra i polpastrelli? Quale miglior ragione se non quella di una lama insanguinata nella schiena, tra le ombre, per averne sempre di più?

Tagliagole è un oggetto curioso. Banale, in realtà, perché non dissimile da una qualsiasi altra daga all'apparenza, ma particolare nella sua storia. E' incredibile come una semplice lama dal manico squadrato, scomoda persino all'impugnatura, sia riuscita ad attraversare i secoli ed arrivare a noi indenne. Non si conosce chi la forgiò, né chi la brandì per primo. Lo si può solo ipotizzare scovando nei libri di storia vite di uomini che in poco tempo si arricchirono e raggiunsero i vertici del potere per poi crollare come castelli di carte, macchiati da crimini violenti ed efferati.
Di mano in mano, di vita in vita, aprendo squarci negli stomaci, segando ossa e carni, recidendo tendini e muscoli, si è impadronita della mano che la brandiva bramando sangue e oro e trovando nel caldo sangue gocciolante dalle scanalature la sua ragion d'essere.
Malus – Il possessore di Tagliagole sarà sempre propenso a scegliere la soluzione più drastica. In un duello, una quest od una qualsiasi scena con con pk attivo, in caso di vittoria sceglierà sempre e solo di uccidere l'avversario.



Rogue

Certo è che l'ossessione per l'omicidio, in tempi bui, sia comune. Il problema dunque non stava, nella mente di chi la forgiò, solo nella quantità, ma persino nella qualità. Una buona uccisione è rapida, silenziosa, chirurgica. Il taglio è netto, preciso e potente, volto a recidere una vita così come un giardiniere esperto recide il gambo d'una rosa. La vita, in fondo, per Tagliagole non è che un fiore da cogliere. E l'animo nero di una daga grondante disprezzo e sangue non può che odiare con ogni fibra del proprio metallo ogni giardino che incontra.
Passiva 3 utilizzi – Le tecniche fisiche della Tagliagole castate in una condizione di invisibilità sono considerate di un grado superiore. Nel turno in cui verrà utilizzata questa passiva, le tecniche ad area dell'avversario avranno potenza pari al consumo speso.
Tecnica magica – Media – Consuma Energia – Il possessore di Tagliagole diventa invisibile per 2 turni senza però occultare rumori ed odori prodotti dallo stesso. Guadagna, inoltre, 2 CS aggiuntivi ad Astuzia.


Ogni fendente, ogni affondo, ogni colpo di mano che si immerge sempre più nel costato, comunque, non è altro che mero assassinio. Inutile soffermarsi sulla caducità dell'uomo, sul senso del tutto perché quello che a Tagliagole importa, quello a cui il suo possessore tiene, non è altro che l'incidere il proprio nome, il proprio interesse, sul corpo dello sfortunato di turno. La mano, sapientemente, sarà guidata come se fosse cieca tra le viscere, ma nella cecità e nella foga, a volte, c'è del metodo che solo l'esperienza può insegnare. Può capitare, dunque, che un colpo sia votato a fiaccare un nemico troppo potente e un altro condotto da una furia tale da gettare alle ortiche ogni tattica pur di sentire, bisogno primario, la punta della lama spaccargli il cuore come a un animale.
Tecnica fisica – Alto – Consuma Energia – Il possessore di Tagliagole colpirà l'avversario in un punto vitale provocandogli un danno al Fisico pari a medio ed un debuff alle CS di 4 unità.
Tecnica fisica – Media – Consuma Energia – Il possessore di Tagliagole consuma una slot per preparare un attacco particolarmente potente nel prossimo turno. Il suo attacco, infatti, produrrà un danno totale pari ad Alto, ma a causa della foga, all'avversario basterà un quantitativo di energie Basso per difendersi.




Thief

Tagliagole, però, non è solo sangue e carne perché un lupo non può sopravvivere a lungo in un mondo fatto di pecore, ma anche leoni. I guerrieri muovono alla guerra ed in quella periscono. Gli assassini cavalcano le tenebre ed in quelle spariscono se non preparati alla lama loro destinata. La daga aiuta il suo possessore, gli affina la mente, ne occulta la presenza. Il fine ultimo della stessa è compiacersi, lo sappiamo, e il Dio Danaro può essere venerato in un unico modo: possedendolo. Come un dolce amante, nel voluttuoso abbraccio d'un desiderio ardente, il Dio non può che concedere il dono dell'invisibilità a colui che con l'inganno trascende le normali regole del gioco e, pur di vincere, s'immerge nel caos dell'oscurità e da esso riemerge, ricoperto d'oro e con le mani insanguinate.
Tecnica magica – Bassa – Consuma Mente – Per un turno il possessore di Tagliagole potrà forzare lucchetti e serrature normali o protetti da incanti di potenza Bassa.
Passiva 3 utilizzi – Antiauspex passivo che scherma la propria presenza.


Vi posto anche sotto spoiler l'immagine che però non sono in grado di renderizzare. Quindi se qualcuno ne ha voglia potrà usarla. Io con i programmi di grafica ci ho rinunciato.

 
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view post Posted on 12/8/2015, 18:14
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Cavalier Fata
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Promessa d'Amore.
« Perché combattere e morire per qualcosa di diverso dall'amore
equivale a non combattere fatto.
»

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Questa è la storia di un anello, abbandonato e dimenticato da troppo tempo in un cassetto, sottile e poco appariscente, fatto di pregiato argento ma dallo scarso valore materiale. Chi ne conosce la triste storia, però, racconta qualcosa di emozionante e doloroso. Ildebrando era un ragazzo di bell'aspetto, che aveva il brutto vizio di innamorarsi facilmente di ogni bella fanciulla su cui posava lo sguardo, era un vezzo che chiunque gli fosse vicino aveva imparato a sopportare o, perlomeno, ignorare. Ma anche lui, incapace di prestare fedeltà e anima ad una singola donna, provò una morsa al cuore quando incontrò per la prima volta la bella Francesca: lei gli apparve quasi come un angelo, con quei suoi capelli rosso tenue, la pelle candida e gli occhi verde smeraldo. Si muoveva con la stessa grazia di una bambola e la sua voce risuonava limpida e gentile come un giorno d'estate. S'innamorò perdutamente, smettendo persino di mangiare pur di trovare il sistema di mettersi in mostra, di brillare sopra tutti gli altri spasimanti, alcuni dissero che consultò persino i più famosi maghi e stregoni alla ricerca del modo infallibile con cui conquistarla, ma nessuno seppe come fare breccia nel cuore di lei. La verità, invero, era che Francesca non aveva mai sentito niente di simile all'amore, né al desiderio, una creatura pura e priva di malizia, cresciuta lontano da un mondo fatto di straordinarie passioni e ingannevoli affetti. [Malus: il portatore dell'anello vedrà il proprio carattere divenire molto protettivo nei riguardi dei propri affetti, rischiando addirittura di sfociare, in casi estremi, nella morbosità]

Io, che all'amore non avevo chiesto niente...

Alla fine, pur di riuscire a conquistarla, Ildebrando decise di inscenare il di lei rapimento. Assoldò alcuni mercenari perché assalissero la carrozza dove solitamente viaggiava la donna solamente per, al momento opportuno, fingere di passare casualmente di lì e scacciare coraggiosamente i banditi. Incredibilmente la farsa ebbe successo e Francesca, vedendo Ildebrando come il suo salvatore, si smosse dal freddo che adombrava il suo cuore iniziando a provare qualcosa per quell'uomo di bell'aspetto e tanto coraggioso. Iniziarono a frequentarsi e, nonostante le maldicenze sulle scappatelle del suo spasimante, Francesca non si lasciò distrarre desiderando con tutto il cuore di aver finalmente trovato il suo principe azzurro. Nulla l'avrebbe persuasa del contrario e ogni giorno il suo affetto andava intensificandosi, carezza dopo carezza, regalo dopo regalo. Per lei era un'esperienza nuova, un mondo completamente inesplorato che, dall'alto dei suoi sedici anni, non poteva che apparirle come meraviglioso e pieno di sorprese. Ildebrando, dal canto suo invece, aveva iniziato a vedere quella ragazza non più come l'ennesima donna da sedurre, ma come qualcosa di più: con lei provava una serenità incredibile, una gioia inaspettata, ed ogni suo sorriso gli pareva la cosa più bella del mondo.
[Passiva: il portatore dell'anello, pensando ai suoi affetti o alla persona amata, sarà in grado di ignorare gli effetti negativi delle malie psioniche.] (4 Utilizzi)
[Tutto ciò che è necessario: Il portatore dell'anello, a consumo medio, potrà creare un'illusione ambientale ad area, quindi con effettiva potenza di un basso, in grado di inscenare qualsiasi cosa desideri. Consumo Medio, ad Area, consuma Energia, natura Psionica]

...ti ho vista per la prima volta, con quel tuo sorriso che...

La relazione continuò, sviluppandosi in un vero e proprio amore che scavalcò la freddezza e la paura di lei e l'inaffidabilità di lui. Si promisero eterno amore al chiaro di una luna di primavera, scambiandosi il loro primo lungo bacio da innamorati. Lasciarono che l'amore li guidasse in quello che successe dopo, senza che vi fosse nient'altro che l'immenso desiderio di sentirsi l'uno parte dell'altra, in uno scambio di gesti che molti, per quanto cerchino, non riescono a trovare nell'intera vita. Avrebbero potuto passare il resto dell'eternità lì, l'uno tra le braccia dell'altra, immaginandosi un futuro per entrambi.
Ildebrando non poteva fare a meno di sentirsi appagato da quello che stava provando, come se finalmente tutto fosse andato per il verso giusto ed il suo passato da irresponsabile non lo tormentasse più, Francesca invece sentiva di potersi aprire, di essere felice, iniziando lentamente a mostrare una dolcezza e un'affezione al suo lui che mai era riuscita a esternare sino a quel momento.
[Tutto quello di cui ho bisogno: il portatore dell'anello, facendo appello ad una particolare emozione positiva, che sia un ricordo o una persona amata, riuscirà ad impedire alle malie di indebolire la sua coscienza. Consumo Medio, consuma Energia, natura Psionica, difende Mente]

...amerò per il resto della mia vita...

Il tempo corse veloce, parlavano di matrimonio spesso, vivevano nella stessa casa, quella di lei, ma la cortesia gli imponeva di non condividere il letto in quanto il padre di Francesca aveva iniziato ad alzare obiezioni sulla serietà della relazione. Ildebrando, soffrendo molto per la limitazioni che il futuro suocero stava mettendo nella sua vita sentimentale, decise di agire in modo drastico al punto da affrontarlo sfacciatamente oltraggiando l'ospitalità ricevuta. Francesca, seppur a malincuore, appoggiò il padre creando una frattura dolorosa che, speranzosa, credeva il tempo e l'amore sarebbero stati in grado di risanare... ma così non avvenne. Ildebrando si allontanò sempre di più col trascorrere dei giorni, facendosi sentire sempre meno e obbligando Francesca a scegliere tra il suo amore e quello del padre. La poveretta, già di suo fragile e per nulla espansiva, si chiuse come a riccio soffocando quella passione che le era tanto piaciuta per stringersi tra le braccia paterne. Ildebrando, addolorato e furente per il rifiuto, tornò nuovamente alla sua vita sregolata, passando di gonna in gonna senza curarsi di nient'altro che sé stesso. Soffocava tra le cosce delle belle ragazze il proprio dolore, pregando ogni volta di riprovare quella sensazione, ma tutto quello che otteneva era solamente un grande senso di vuoto e tristezza crescente.
Francesca soffriva immensamente per l'abbandono e soffriva ancor di più a sapere che il suo amato s'affogava tra le gonne di altre donne, preferendo una vita dissoluta e orgogliosa al chiedere umilmente la sua mano al padre.
[Tutto quello che ho perso: il portatore dell'anello farà scaturire nella mente dell'avversario un senso di profondo abbandono, di tradimento e disperazione, come se egli avesse perso la cosa più cara al mondo e nulla potesse risanarla. Consumo Alto, consuma Energia, natura Psionica, danneggia Mente]
[Malus: se il portatore dell'anello dovesse, per qualsiasi motivo, tradire i propri compagni o le persone amate, vedrà l'anello annerirsi e diventare inutilizzabile, inoltre avrà un perenne senso di tristezza e sofferenza dentro all'animo. L'unico modo per ristabilirne le potenzialità è ricevere umilmente il perdono dalle persone tradite.]

...per te ho dato tutto, e lo rifarei ancora, ora e per...

Alla fine Ildebrando cedette. Distrutto dal dolore e desideroso di sentire di nuovo l'abbraccio di Francesca, fece creare un piccolo anello dal più bravo degli orefici del paese, certo che se avesse chiesto la mano della sua amata in ginocchio, abbandonando ogni orgoglio e dimostrandosi sinceramente pentito del suo passato, anche il padre lo avrebbe benedetto concedendogli quello che più voleva al mondo. Contemporaneamente il padre di Francesca, furioso per la sofferenza della figlia, aveva lautamente pagato una banda di sicari perché ponessero fine alla vita di quel bastardo che aveva carpito l'innocenza della sua bambina. E così fecero. Mentre Ildebrando cavalcava verso Francesca spronando il cavallo con tutte le sue forze, i mercenari gli sbarrarono il passo. A nulla valse la breve e rovinosa fuga, giacché un dardo gli trapassò il petto facendolo cadere per strada, over rimase per ore, agonizzando, stringendo nel palmo della mano quel suo piccolo pegno d'amore. Non gli importava del dolore, voleva solo resistere abbastanza da rivederla per darle quell'anello e chiederle scusa per la sua arroganza, la sua stupidità ed il suo egoismo.
Quando i mercenari comunicarono l'esito del loro operato, Francesca origliò inavvertitamente la conversazione. Sopraffatta dal dolore e dalla rabbia ordinò al padre di portarla da Ildebrando e di fare anche l'impossibile per salvarlo, altrimenti si sarebbe tolta lei stessa la vita. In una corsa disperata contro il tempo una carrozza partì alla ricerca del morente sposo. Quando lo trovarono, riverso sulla nuda terra in una pozza di sangue, stava spirando l'ultimo fiato. Con le sue ultime forze le mise tra le mani il piccolo anello e, mentre lei piangeva e lo pregava di non andarsene, le disse di non preoccuparsi, che sentire le sue braccia sulla pelle gli era mancato e che, tra tanti modi in cui avrebbe voluto morire, quello lo riempiva di serenità. Le disse quanto l'amava, quanto era stato sciocco, illuso... e lei lo perdonò, perdono ogni cosa, ogni tradimento, ogni istante in cui il suo cuore era stato spezzato. E mentre il medico di famiglia si precipitava sul corpo morente, lei gli sussurrò un'ultima volta di non andarsene ancora.
[Passiva: il portatore dell'anello, facendo appello ai suoi affetti, sarà in grado di resistere alla debilitazione inflitta da qualsiasi ferita, superandole con la forza di volontà. Tecnicamente parlando il personaggio potrà agire con gli arti spezzati o debilitati, ma continuerà ugualmente a sentire il dolore delle ferite] (3 Utilizzi)
[Tutto quello che ho sempre voluto: il portatore dell'anello si lascerà accecare dal desiderio di salvare le persone amate o care, trovando dentro di sé una forza inaspettata, desideroso solamente di non perderli. Consumo Alto, tecnica di PowerUp, consuma un Medio a Mente e un Medio a Fisico. Dona 4 Cs in Forza e 4 Cs in Velocità, Natura psionica.]

...sempre.

Come finì la storia? Nessuno lo sa davvero, forse è semplicemente una di quelle cose che si raccontano ai giovani troppo focosi per ricordar loro, in maniera piuttosto romantica e un poco esagerata, l'importanza dell'amore. O forse Ildebrando ha avuto salva la vita tra le braccia della sua amata.
A voi piacciono le storie con un lieto fine?
Allora aguzzate la vista e guardate all'interno di quel piccolo anello, una sottile scritta elegante vi rivelerà la risposta.

« Tutto vince l'amore e noi cediamo all'amore. »
Quindi, ora e per sempre, Ildebrando & Francesca.

 
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Shavronne
view post Posted on 12/8/2015, 23:10






Damarsa
Corona Degli Occhi

In un passato remoto e in un luogo sconosciuto, tra la paura e l'angoscia prese vita Damarsa. Si racconta di un sovrano dal nome ormai dimenticato e dell'amore morboso e malato per la sua bellissima figlia. La sua gelosia fu fonte di numerose leggi e precauzioni atte a proteggerla dal popolo e dai demoni illusori creati dalla mente dello stesso re. Poi, nell'apice del delirio, arrivò il rimedio che scatenò il terrore nella popolazione: chiunque venisse scoperto a posare lo sguardo sulla principessa sarebbe stato punito con la rimozione degli occhi, colpevoli di tale atto. Così iniziò la creazione della Corona Degli Occhi. Ogni bulbo strappato venne incastonato come il più prezioso dei rubini sul corpo d'oro del copricapo regale trasformandolo in un cimelio orripilante. Più Damarsa si arricchiva più il sovrano vedeva, nessuno poteva sperare di ammirare la sua giovane figlia senza essere scoperto. Lo sguardo folle della corona si estese in tutta la città e la stessa vista del popolo divenne il mezzo della sua persecuzione.
Oggi il sovrano e la principessa sono morti e i loro corpi divenuti mucchi di polvere si sono dispersi nelle pianure dove una volta vi era il loro regno. Dopo la loro storia si alternarono tempi felici e tempi bui, guerra e pace, feste e carestie. Nessuno visse abbastanza per osservare le epoche e le generazioni susseguirsi in quei luoghi, nessuno tranne Damarsa. I suoi occhi raggiunsero castelli e fogne passando dalle mani di grandi persone a quelle dei più comuni bambini. Di chi fosse la testa da cingere non era rilevante, l'importante era continuare a vedere.

La Corona Degli Occhi è un copricapo composto interamente d'oro. La lucentezza tipica di quel metallo è scomparsa per lasciare un corpo martoriato dai graffi e dalle cicatrici del tempo nonchè ricoperto dal sangue incrostato delle persone che hanno contribuito alla sua creazione. Inspiegabilmente però, i numerosi occhi dai più differenti colori non presentano danni e continuano a muoversi roteando come dotati di vita propria. Essi sono incastonati sopra tutta la superficie della corona come vere pietre preziose.



Connessione. Possedermi non significa solo indossare una vecchia corona rigata con molti occhi. Offrimi il tuo capo e appoggiami sulla tua testa così da risvegliare il mio antico potere e permettermi di vivere nuovamente. Ricordo ancora la sensazione che provavo a osservare il mondo circostante, era una fame insaziabile e irrinunciabile. Così come un umano necessita dell'aria nei polmoni io bramo la vista. Quindi donami questo senso e in cambio avrai il mio servizio, insieme condivideremo un sacco di visioni! Ma attenzione, dovresti sapere che una volta ottenuta la vita potrei quasi prenderci gusto e difficilmente riuscirei ad abbandonarla. Inoltre preparati: vedere tramite i miei occhi è diverso, nel bene e nel male. [ Malus. Il possessore della Corona Degli Occhi, dopo averla indossata e per l'intera durata della giocata, smetterà di vedere tramite i suoi occhi ma utilizzerà quelli dell'artefatto. Se esso dovesse lasciare la sua testa per qualunque motivo lui continuerà comunque ad osservare la realtà dalla posizione dell'oggetto. Inoltre se la corona dovesse venire danneggiata da un'apposita tecnica di danno all'equipaggiamento il possessore riceverà come effetto addizionale la cecità per il resto della giocata o fino alla riparazione dell'artefatto. Viceversa se il possessore subirà una tecnica in grado di causargli la perdita della vista gli risulterà impossibile utilizzare l'artefatto per tutta la durata della tecnica ricevuta. ]

Osservazione. Padrone riposa i tuoi occhi e lascia che sia io a guidarti; coraggio scopri cosa si prova a vedere veramente. Utilizzami senza riserve, scegli l'iride che più ti aggrada: ne ho di verdi e di blu ma anche di nere e di castane, se non ricordo male dovrebbe essercene anche qualcuna albina, provali tutti! Osserva la realtà con gli occhi di un ragazzo e contemporaneamente con quelli di un vecchio. Tutto quello che esiste attorno a noi vale la pena di essere guardato, non perdere nemmeno un istante del movimento delle nuvole ma continua a vedere dove metti i piedi. Osserva il tuo interlocutore ma non trascurare quello che avviene alle tue spalle e se qualcuno prova a nascondersi, non preoccuparti ne ho viste troppe per farmi fregare. [ Passiva, 6 utilizzi. Il portatore spendendo un consumo di questa passiva estenderà la sua vista a 360° riuscendo a osservare tutto quello che lo circonda senza angoli morti. Inoltre sarà in grado di raggiungere con lo sguardo punti normalmente impossibili da vedere come visi celati da cappucci o oggetti avvolti nell'oscurità. ] Poi esistono le persone che preferiscono sparire dalla vista dei normali. Sì, quelle sono sempre le più interessanti da seguire, pensano di essere sole e per questo compiono azioni degne d'essere immortalate. Anche loro non possono fuggono dalla fame dei miei occhi ma non diciamoglielo, è divertente spiare! [ Attiva, potenza media, natura magica a consumo medio, risorsa energia. Tecnica di rivelazione, con l'utilizzo il portatore è in grado di sfruttare il potere magico degli occhi in modo da scorgere le persone invisibili(senza dissolvere la loro invisibilità). La tecnica si estende per la durata di un turno. ]

Espressione. Lo sai che gli occhi sono altamente espressivi? Sembra magia ma in realtà è natura, per riuscire a trasmettere una sensazione all'osservatore basta possederli. Normalmente la gente riesce a compiere questa sorta di comunicazione avendone solamente due, riesci a immaginarti cosa posso fare io? Mi piacerebbe trasmettere quello che voglio ma praticamente tutti i miei piccoli hanno lasciato il loro vecchio corpo in modo abbastanza tragico e si sono stampati addosso quell'espressione in modo indelebile. Al solo ricordo mi vengono i brividi, che paura devono aver provato tutti loro. Pensa che quando rivivo quel momento scoppiano ancora a piangere lavando il mio povero corpo d'oro consunto. Deve essere uno spettacolo abbastanza imbarazzante... avvisami se sei interessato a rivivere la sensazione di un uncino che si infila nella tua cavità orbitaria. [Attiva, potenza alta ad area che colpisce la mente, natura psionica a costo critico, risorsa mente. Tecnica offensiva ad area che colpisce chiunque entri in contatto visivo con gli occhi lacrimanti della corona. I bersagli subiranno un danno pari ad alto alla mente sotto forma di un profondo senso di terrore. L'utilizzatore pagherà il costo dalla sua riserva mentale rivivendo un ricordo nel quale si vedrà cavare gli occhi. ] I miei poveri occhi non hanno ancora scordato le loro vecchie abitudini. Per quanto mi dia fastidio e mi sforzi loro si rifiutano di osservare le persone che suscitano un certo "interesse" al corpo del loro proprietario. Spero che tu sia un tipo dai gusti difficili altrimenti potremmo avere qualche problemino. [ Malus. L'utilizzatore proverà un senso di paura nell'osservare le persone che lo attraggono fisicamente, come se esse possedessero una malia passiva di timore in grado di rendere difficile il contatto visivo da parte dell'utilizzatore. ]


Creazione. Qual è il tuo occhio preferito? Sei uno che predilige quelli chiari e freddi o magari quelli scuri e dolci ti aggradano di più? Potremmo stare a discutere per secoli: occhi a mandorla o tondi, umani o bestiali e così via... ma tu non hai tutto il tempo che ho io. Tuttavia ho una bella notizia per te, da ora potrai crearne un pò secondo i tuoi gusti personali e tranquillo io non ti giudicherò! Ma mi raccomando trattali con gentilezza che sono molto delicati e soprattutto ricordati di metterli in posti interessanti così poi possiamo osservare anche i posti che abbiamo dovuto abbandonare. [ Passiva, 6 utilizzi. Il portatore spendendo un consumo di questa passiva diviene in grado di creare un occhio portatile e di posarlo in qualsiasi posto. In questo modo egli può estendere la sua visione anche in posti in cui lui non è più presente ma ha piazzato precedentemente una delle sue creazioni. La durata dell'occhio è di un turno ma spendendo più punti passivi, al posto che crearne uno nuovo, può aumentarne la durata del singolo. Essi se trovati possono essere distrutti o schiacciati facilmente senza azioni particolari rompendo così il contatto visivo. ]

 
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Alb†raum
view post Posted on 13/8/2015, 09:17









«Stai ferma, te ne prego».
Con un piccolo pennello passò il rosso sulle labbra di Margaret mentre gli occhi di lei la fissavano tremando di paura. Kale le passò una mano sul capo per tranquillizzarla, ma quella si sottrasse di scatto.
«Non c'è motivo di agitarsi tanto» le sorrise afferrando un paio di forbici dal comodino lì a fianco e cominciando a spuntarle qualche ciocca un po' troppo lunga. Questa volta Margaret rimase ferma, anche se a ogni taglio delle forbici – zac zac zac – trasaliva, e quando le passarono vicino alle orecchie si mise a tremare. Il volto di lei era bello anche nel terrore, morbido come quello di una bambina eppure con gli zigomi decisi e labbra piene. Kale sapeva di non essere tanto bella come lei. Aveva gli occhi troppo vicini e la bocca appena storta – ma cosa le importava, in fin dei conti? Non provava invidia in alcun modo, era anzi così contenta di aver incontrato una creatura tanto incantevole. Fece scivolare una manciata di fili corvini dal palmo della mano e se la pulì sul vestito.
«Perché lo stai facendo?» domandò Margaret con voce sottile. Kale scosse la testa ridacchiando. Com'era agitata quella ragazza! Stava rendendo tutta quella faccenda un dramma... per cosa, poi? Un po' di rossetto e dei capelli pettinati? Le labbra di Margaret cominciarono a tremare l'emozione. Rischiava di fare un macello con il trucco! Kale posò le forbici e le asciugò un angolo della bocca con un fazzoletto, poi rimirò il lavoro cercando altri difetti e non ne trovò. Perfetta, davvero perfetta, tutti ne sarebbero rimasti estasiati quando l'avrebbero vista col suo vestito di candidi veli.
«Non sono io che l'ho deciso» replicò, pacata, tendendo la mano verso la spazzola. Indugiò un istante a fissare il manico d'ebano intarsiato, una delle cose più preziose che avesse mai visto, poi la prese e cominciò a scorrere i capelli di Margaret. «Oggi è il giorno del tuo matrimonio. Dovresti essere felice».
«Il mio matrimonio con chi? Con chi?!» strillò la ragazza agitandosi. Kale la trattenne saldamente per una spalla. Davvero non aveva ancora capito la situazione? Gliel'aveva spiegato in maniera esauriente all'inizio in tutti i particolari, anche quelli sfortunatamente più sgradevoli. Il suo matrimonio era stato deciso per oggi. Lei non aveva alcun potere, era stata solo chiamata per prepararla, e doveva dire che stava facendo un bel lavoro.
«Lasciami andare! Io non voglio, non voglio!» urlò di nuovo. Kale sospirò alzando le spalle e gettò un'occhiata alla finestra. Qualcuno sulla strada si era fermato a guardare. A quell'ora non passava tanta gente – non in quella zona, non in un giorno di festa -, ma se avesse urlato di nuovo altre persone sarebbero potute arrivare. E il trucco doveva essere finito prima di sera, così le avevano detto di fare i padroni.

«Stai calma» mormorò prendendole il mento con una mano. Margaret tese il collo per ritrarsi, ma lei voleva chiarire tutto per bene e la tenne stretta saldamente, forse esagerando perché lei si lasciò sfuggire un gridolino di dolore.
«Perché lo stai facendo... perché... perché...?» balbettò la ragazza fra i singhiozzi. Ecco, sì, ora era perfetto, quel trucco nero che colava appena, ma appena appena, lungo le guance e lasciava sottili solchi... sì, avrebbe dato un'idea di disperazione e tristezza, così come triste sarebbe stata la sua espressione.
«Non ho deciso io. Devi credermi, Margaret, io ho fatto di tutto per posticipare questo momento. Ma oggi mi hanno detto di prepararti per il tuo matrimonio» si umettò le labbra con la lingua mentre le parole le arrivavano in bocca quasi senza dover pensare. «Sono arrivati questa mattina quando mi ero appena svegliata. Nemmeno il tempo di farmi una tazza di té caldo, per Dio! Svegliata di soprassalto. Ho parlato loro, ho detto che non era il caso, ma non hanno voluto sentire ragione». Rise. Bugia. Non aveva detto niente, era rimasta in silenzio mentre loro parlavano. Non avevano nemmeno acceso la luce della stanza e Kale aveva avuto la sensazione di stare parlando da sola con le ombre. Ma era semplicemente stupido, perché aveva visto quando uno dei padroni aveva afferrato la spazzola e l'aveva messa dentro la borsa assieme a forbici e tutto il resto. Era stato così gentile, davvero.
Le facevano una paura terribile, immonda.
«Kale» disse Margaret sollevando il capo. «Kale, tu mi hai vista da quando ero piccola. Tu mi hai vista nascere, mi hai portata in braccio e...»
«No» si limitò a dire Kale con un sorriso. «Non l'ho fatto».
Margaret trasalì, bloccandosi come se un pezzo di ghiaccio l'avesse toccata sulla schiena. «Tu... non sei Kale?».
La donna sospirò, posando la spazzola. «Sì, io sono Kale. Kale Jameworth. Tua zia e madrina. Ma non ti ho mai vista nascere. Non sono nemmeno stata al tuo battesimo. Sono solo venuta per il tuo matrimonio».

La guardò in viso. Ora era pietrificata, muta, con gli occhi azzurri che si agitavano come biglie impazzite. Provò a muovere un braccio, poi l'altro. Le corde la trattennero nella posa che aveva già deciso.
«Ti ho vista per la prima volta tre giorni fa. Io... non sono sicura di chi fossi allora. Forse un mendicante, forse qualche tuo accompagnatore. Ti ho sognata, più di una volta. Eri una sposa e scendevi dalle scale della cattedrale di Basiledra vestita di bianco, galleggiando nell'aria» inspirò con le narici. «Sì... odore di fresco, menta soprattutto... e come un paio di ali il vestito si apriva... così sono diventata Kale. Per te. Per il tuo matrimonio».

Le andò alle spalle e le legò dei fiocchi rossi fra i capelli, stringendoli in maniera tale che apparissero quasi come piccole goccie scarlatte fra le ciocche. Glieli scostò con attenzione sulle spalle, facendo bene in modo che la carne bianca delle spalle nude fosse in mostra, poi allungò una mano verso il comodino, afferrando quasi distrattamente un rozzo manico di legno.
Affondò il coltello nella spina dorsale della donna fino all'elsa.
«Finché morte non ci separi, giusto?» rise nello strattonare la lama fuori. La carne e le ossa implorarono, trattennero l'acciaio con tutte le forze, ma alla fine questo uscì con un fiotto di sangue. Il rosso sprizzò dalla ferita mentre la donna aprì le labbra per urlare, ma i polmoni perforati non le concesero questo piacere.
Kale ritrasse il braccio e affondò, affondò ancora, mentre il suono viscido della carne maciullata e l'odore del sangue riempivano l'aria. Le membra della donna si contrassero in spasmi che le corde trattennero a stento. Piegò il collo in avanti, all'indietro, scostava il busto come se volesse evitare la lama. Il sangue era schizzato su tutto il pavimento e cominciava a impregnare il tappeto. Kale mosse un passo e una scarpetta sguazzò in una pozzanghera.
«Sarà il matrimonio più bello, Margaret! Il matrimonio più bello del mondo!» strillò lei questa volta, e forse qualcuno fissò dalla finestra ma non vide nulla da dietro le tende. Kale fece scorrere su e giù la lama nel taglio afferandola con entrambe le mani. Sentiva la punta urtare le ossa, gli organi e le vene, e allora premeva ancora più forte.
Gli spasmi di Margaret si fecero più deboli, poi si arrestarono.

«Volerai come una colomba».

Quando qualcuno salì nelle camere dello squallido edificio di periferia allertato dalle lamentele dei passanti, la prima cosa di cui si rese conto fu del corpo esanime di una vecchia sulle scale che portavano al piano superiore. Il volto era deformato da rughe e gli arti sottili come ossa. Un pugnale le sporgeva dal petto, dove ancora lo stringeva con le proprie mani per spingerlo a fondo.
Entrando nella stanza, la prima impressione degli armigeri non fu quella di trovarsi davanti a un cadavere.
Una donna stava ballando nella morbida rigidezza propria delle statue. Un velo bianco la circondava e due ali candide parevano sostenerla in quel ballo. Solo dopo qualche istante ci si rese conto che le ali erano due lembi di pelle della schiena della donna, tirati in maniera tale da assumere quella forma; il vestito erano brandelli cuciti nella carne, i sostegni dei piedi due pezzi d'ossa infilzati nei talloni.
E quelli che in un primissimo istante potevano essere sembrati festoni erano invece intestina svolte tutt'attorno a lei, a colorare di rosso i muri.

Nel medesimo istante, un viandante sulla strada principale si chinava a terra a raccogliere una piccola spazzola d'ebano.
E la sua mente fu invasa da visioni di bellezza.



La Meraviglia del Baathos




Lo spettacolo causato dal passaggio di demoni può lasciare cicatrici nella mente, ferite così difficilmente osservabili che spesso ce ne si può rendere conto troppo tardi, quando ormai esse sono infette e suppurano pus e veleno. Quando gli occhi di colei (colui?) che verrà chiamata Kale incontrarono lo strazio dei corpi, tutto ciò che provò all'inizio fu una vaga sensazione di freddo che le si diramò dalla schiena fino alle dita. I demoni avevano allestito per loro un teatrino delizioso: nervi e legamenti erano stati attentamente estratti e legati ad alcune travi di legno, mettendo in posa i cadaveri come se fossero stati burattini. Uno tendeva a un altro una coppa, che altro non era che un cranio pieno di poltiglia rossastra. L'altro rideva, la bocca tenuta spalancata da una lama che gli trapassava il cranio. Una donna reggeva un neonato costellato di frammenti di vetro. Gli porgeva i propri occhi come un sonaglio con cui giocare.

La donna (o uomo?) che diventerà Kale cadde a terra e svenne, e fra quelli che erano accorsi per prestare soccorso non fu di certo l'unica. Non fu nemmeno l'unica a non riuscire a dimenticare quello spettacolo, o a sognarlo di notte, a sognare che il neonato afferrava i due bulbi sanguinanti per i nervi e li cominciava ad agitare ridendo; che uno degli uomini prendesse una lunga sorsata di materia cerebrale o che si mettessero a danzare mentre arti e pezzi di carne volavano a terra. Non fu l'unica che ebbe bisogno di aiutò, ma che fu troppo orgogliosa per chiederlo.

Ma di certo fu l'unica, forse per propensione innata, forse per semplice sfortuna, che iniziò a trovare magnifico quello spettacolo.
Non riusciva a smettere di compiacersi dei movimenti che i demoni erano riusciti a emulare, della grazia con cui avevano grottescamente imitato movimenti e situazioni tanto complesse. Avevano scolpito, creato. Arte.
Kale si ammalò di qualcosa che nessuno riuscì a interpretare come malattia. Rimaneva chiusa in casa giorni, incapace di lavorare, con la febbre alta che le ardeva la fronte. Non voleva vedere nessuno – non riusciva a distogliersi da quelle immagini. Se in qualsiasi momento qualcuno della sua famiglia si fosse accorto di questa morbosa degenerazione, forse si sarebbe potuta salvare.
Ma nessuno vi prestò attenzione.
E quando decise di voler emulare l'arte dei demoni, quelle magnifiche sculture di pelle, carne e ossa, aveva già deciso cosa fare.


“Io sono un concetto, non una persona”.




Non è sicuro del perché Kale scelse una spazzola. Probabilmente perché stava a indicare un cambiamento di aspetto, anzi, un abbellimento. La spazzola ha di per sé un aspetto blando, quasi banale, nonostante i preziosi materiali: il manico d'ebano è intarsiato finemente con alcuni simboli astratti e sul retro è incisa con una punta, abbastanza rozzamente, una linea trasversale.
Kale mise a punto un rituale malato per dare vita ai propri sogni; e, come raramente accade, il rituale funzionò davvero. Il Baathos lo aveva voluto, e Kale non era stata che uno strumento nelle sue mani, ciò che avrebbe trasmesso al mondo l'arte dei muscoli modellati come il marmo.

Lo strumento le permise di cambiare forma, assumere nuove identità. Senza problema poteva scegliere di plasmare le proprie membra in quelle di una persona fidata alla vittima che aveva scelto e di parlare come questa senza alcuna difficoltà, tanto che lentamente Kale si cominciò a domandare chi fosse veramente: una persona con un dato nome o un'idea che viaggiava nella mente delle persone, ossessionandole?

[Tecnica fisica Alta, consumo medio energetico e medio fisico: il possessore assume la forma di una persona fidata del bersaglio, cambiando fisicamente in maniera tale da adeguarsi alla corporatura di quest'ultima in tutto e per tutto. La tecnica durerà per due turni e sarà visibile a tutte le persone circostanti.]

[Tecnica Passiva: sprecando un utilizzo di questa passiva, è possibile prolungare l'effetto della prima tecnica di un turno solo quando non ci si trova in combattimento. (3 usi)]

[Tecnica Passiva: sprecando un uso di questa passiva, per un turno tutte le parole pronunciate saranno identiche in tutto e per tutto a parole che pronuncerebbe la persona di cui si è acquisita l'identità, compreso per l'accento, i modi di dire e la cadenza. (5 usi)]

[Malus: la spazzola vuole creare bellezza dalle cose morbose, e questo sarà il medesimo desiderio del suo portatore. Alla visione di una persona particolarmente bella, il possessore della meraviglia del Baathos desiderà ardentemente ucciderla per crearne una scultura umana. Allo stesso tempo, una volta utilizzata la prima tecnica, se ci si ritroverà soli in qualsiasi momento con il bersaglio, si proverà un desiderio irrefrenabile di ucciderlo immediatamente che, se non saziato, infliggerà danni Alti alla psiche sotto forma di ira omicida.]



“Io sono un'idea, non un individuo”.




Ma alla fine Kale, dopo aver ucciso Margaret, si rese conto di non poter più raggiungere bellezze superiori nelle sue opere: aveva superato sé stessa, creato un capolavoro insuperabile. Quell'angelo che aveva plasmato era la cosa più bella che avesse mai visto, e si mise a piangere nettandosi gli occhi con le mani ancora sporche di sangue e poltiglia di carne. Il Baathos aveva avuto quello che voleva, lo sentiva, i demoni erano stati contenti delle sue opere, e finalmente sentii un senso di pace. Prese il coltello con cui aveva modellato il corpo stupendo della ragazza e se lo piantò nel cuore, godendosi gli istanti in cui il sangue bollente le defluì all'interno avvolgendole in una morsa ustionante il corpo.
Ma la spazzola, a cui nessuno badò tra l'altro, non fu ritrovata sulla scena: fu invece raccolta da un viandante qualche chilometro più distante, ed esso subito venne avvolto dalle stesse idee di Kale, dal medesimo desiderio di bellezza, dai suoi ricordi e dagli stessi incubi. Kale era diventata un concetto, e l'uomo (donna?) divenne il suo discepolo.
E due giorni dopo furono ritrovati due bambini con ali sanguinanti di cherubino veleggiare nel cielo delle proprie interiora.

[Tecnica nulla: all'utilizzo di questa tecnica, il possessore della spazzola si ucciderà e l'oggetto si teletrasporterà nel centro abitato più vicino. La prima persona che avrà contatto, anche indiretto, con la spazzola, verrà posseduta dalle anime al suo interno, diventando il nuovo portatore. Conta come nulla di PK e può essere usata in quest solo con consenso del QM. Il nuovo corpo mantiene tutte le tecniche e artefatti del precedente, le memorie del pg e la sua personalità; del proprietario originale del corpo, invece, non permarranno che ricordi sconnessi, e lentamente il corpo, se il proprietario della meraviglia del Baathos lo vorrà, potrà assumere la forma di quello precedente.]

[Malus: la spazzola è legata all'identità del Baathos e delle creazioni grottesche delle profondità, e a ogni utilizzo delle tecniche la mente del proprietario si corromperà, perdendo qualsiasi interesse o capacità di esprimere emozioni. La personalità si avvierà in un lento declino, e a ogni utilizzo della trasformazione fisica il corpo e la mente dell'utilizzatore si deformeranno per diventare più simili a quelli delle persone di cui si prende forma. Il desiderio di creare opere d'arte con la morte si intensificherà pari passo e diventerà sempre più morboso. Cambiando corpo il processo si resetta, consentendo al proprietario di possedere nuovamente emozioni.
In aggiunta, una pozione del rimodellamento non riuscirà più a cambiare il corpo dell'utilizzatore o a rigenerarlo, e bisognerà per forza utilizzare la nulla e acquisire un nuovo corpo per ripristinare danni permanenti al corpo (oltre a comprare, come di norma, una pozione del rimodellamento per “pagare” i danni subiti).]



"Io sono l'amore, io sono la speranza, io sono la salvezza venuta dal profondo".




La vera Arte è immortale, e una volta generata essa raggiunge il cuore di molti e gonfia di pianto gli occhi dei più sensibili. Kale lo sapeva bene di non stare lavorando per sé stessa, ma per molte persone, tanti che, assopito nel cuore, possiedono il desiderio di essere avvinti da morbosa bellezza. Così, quando gli occhi delle guardie incontrarono lo spettacolo del corpo maciullato, se molti furono coloro che vomitarono o si trattennero a stento dallo svenire, altrettanti furono coloro che provarono ammirazione e desiderio. Seguaci dell'orrore, della carne maciullata e delle ossa spezzate, tutti ammaliati dal Baathos, le profondità della terra, il regno sconosciuto senza leggi, senza pietà, in cui l'Arte è modellata con gli stessi strumenti utilizzati per uccidere.

[Tecnica magica Alta: consumo energetico alto. Questa tecnica è utilizzabile una sola volta per giocata. Dopo aver ucciso una persona sarà possibile creare un altare utilizzando il suo cadavere per creare un'opera d'arte di morbosa bellezza. Questa creazione deviata sarà meravigliosa e attirerà a sé un gran seguito di persone che, inconsciamente, si prostreranno di fronte a essa e desidereranno imitarla. In termini di gioco, una volta uccisa una persona, sia essa un png creato dal QM che un giocatore, si potrà spendere un certo lasso di tempo, non inferiore alla mezz'ora e non superiore all'ora e mezza, per castare questa tecnica. In caso di successo, un certo numero di png, deciso dal QM ma proporzionale al tempo speso nella creazione dell'opera d'arte, si sentiranno attratte dalla morbosa creazione e si recheranno da essa. Una volta che l'abbiano osservata, essi diventeranno fino alla fine della giocata alleati del pg stesso e potranno parlare telepaticamente con lui e ricevere risposta ovunque essi siano. Saranno contenti di servirlo e disposti a morire per assolvere i propri compiti, ma non potranno combattere e, se ingaggiati in uno scontro e impossibilitati a fuggire, moriranno senza difendersi. Dura fino alla fine della giocata. Non può essere usata in combattimento.]

 
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Alb†raum
view post Posted on 16/8/2015, 23:05







Mae teyrnwialen o'r adegau a gollwyd
Lo scettro dei momenti perduti







Fien accarezzò le ruote dentate dello scettro con la punta delle dita. Il metallo era freddo, unto dall'olio ancora fresco, e lui si mise a giocare con gli ingranaggi facendone ruotare uno avanti e indietro, e con lui tutto il macchinario. Clak, clak, clak. Armonia perfetta: non un traballamento, non il minimo gioco fra i denti, e il suono che ne usciva era musica. Sospirò soddisfatto e si abbandonò a occhi chiusi sulla poltrona, lasciandosi cullare dagli echi del vento che soffiava contro la torre. Gli sembrò che la tormenta fosse il suo respiro, e quasi sognò ghiaccio e neve sprizzare fuori dalle proprie narici e investire la vallata, spazzando rocce e alberi secolari. Ridacchiò sommessamente. Oh, sì, soffiare tempesta, di certo era ciò che molti si aspettavano da Fien il Senzavolto, il pazzo dell'eremo, quello che vive con le Ombre, il... aveva troppi nomi per ricordarseli tutti. Ogni tanto gettava un'occhiata nella foresta o vi entrava come viandante, coperto con quel cappuccio stinto ma ben coprente che gli conferiva il più altisonante fra i soprannomi.

Aveva camminato più volte nei villaggi e pregato agli Shaogal-Crann di nascosto, mentre nessuno prestava attenzione a quel vecchio le cui dita parevano già in procinto di germogliare. Tra gli Arshaid non era particolarmente ben visto: circolavano voci su come lui stesse diventando una nuova Eitinel, e alcune tribù non molto lontane avevano inviato qualche plotone di guerrieri per assassinarlo prima che fosse troppo tardi. Che voci esagerate che erano, quelle! Fien non aveva mai desiderato porsi scopi altisonanti come quelli dell'Inquisitrice, o di sconvolgere il mondo intero con le proprie ambizioni. Si era solo ritirato non più di cento anni prima, lontano da distrazioni e futili preoccupazioni. Non aveva detto niente a nessuno, certo, ma non era diritto sacrosanto di ogni creatura quello di vivere in perfetta libertà?

Nonostante questo non aveva commesso l'errore grossolano di lasciar tornare qualcuno vivo. Forse qualche pezzo di quella scarsa centuria era ancora lì, in mezzo alla neve, conservato dalle bestie e dal marcio grazie al freddo eterno dell'Erydlyss. Non si viene a disturbare un Arcimago di Lithien per puro sospetto che stia tramando qualcosa.

Afferrò lo scettro e si sforzò di sollevarsi dalla sedia. Dire che le ossa gemettero sarebbe stato riduttivo, perché il suono che fecero fu simile a quello della corteccia di un albero che viene scorticato, e una smorfia di dolore gli si dipinse il volto, facendogli quasi desiderare di ripiombare sull'imbottitura.
«Ma non importa, non importa!» esclamò ad alta voce, serrando le dita sullo scettro. Aveva finito. Aveva vinto. Una scarica di piacere gli attraversò il corpo e riuscì a muovere i primi passi verso la porta, procedendo poi per inerzia. Oh, com'era orrenda la vecchiaia! Soprattutto per gli elfi: per settecento anni puoi arrivare a credere che essa sia un mito, una sciocchezza; di vecchi quanti ne aveva visti, in tutta la vita? Forse meno di una decina, e la maggior parte in quegli ultimi cento anni, ogni mattina quando di tanto in tanto sbirciava nello specchio. Ridacchiò. Lui era arrivato così avanti nel comprendere la magia: aveva tradotto codici incomprensibili, modificato formule che ora portavano il suo nome... o lo avevano portato, perlomeno, probabilmente il suo nome era stato raschiato via da ogni annale. Aveva creduto di poter andare avanti e avanti ancora, all'infinito...
Finché un giorno, quasi inaspettatamente, si era svegliato rendendosi conto di avere la fronte solcata dalle rughe e una vita piena di rimorso.

La natura a volte è capace di fare scherzi a cui solo lei sa ridere.
Ma adesso aveva rimediato, aveva risolto tutto, e la soluzione la stava stringendo quel momento in mano.
O perlomeno l'avrebbe stretta fra qualche minuto, quando sarebbe riuscito a scendere quelle dannatissime scale.

Fien fece una smorfia e schioccò le dita. Cominciò a galleggiare giù dalla scalinata levitando a qualche centimetro da essa. A volte dimenticava di poterlo fare. Si ricordò quando, forse settant'anni prima, forse dieci, Lorelej era venuta. Aveva bussato alla porta della torre un mattino. Fien sapeva che fosse lei. Era andato ad aprire di persona e l'aveva trovata bella come l'aveva lasciata, avvolta da una pesante pelliccia. La mano di lei si era mossa quasi inavvertitamente verso il pugnale che portava al fianco, e l'Arcimago si era un poco intristito per quel gesto, perché lei era arrivata a provare paura per lui, per la persona che le voleva più bene in tutta Theras.
Avevano salito quelle scale assieme, passo dopo passo, smuovendo la polvere e le ragnatele che le ricoprivano. Lei si era guardata attorno ammutolita per qualche minuto osservando gli arazzi alle pareti, quelli che un tempo avevano adornato la villa di Lithien. Poi l'aveva preso per una spalla e aveva cominciato a sbraitare.

«Questo è stupido, Fien» aveva detto scuotendo la testa. «Lithien era pronta a ricoprirti di onori. Di intitolarti una statua. Ora si stanno chiedendo se lasciarti in vita sia una buona idea».
L'Arcimago si era stretto le spalle. Quel giorno portava la tunica da reggente, un telo purpureo che indossava principalmente perché caldo e comodo, e allargando le braccia sembrò che avesse spalancato un paio di ali.
«Ashurazar Na'far, mia cara. Gli onori sono...»
«Sì, sì, gli onori sono volatili quanto la polvere. Ma Umbrai era un eroe delle leggende, questa non è una leggenda!» lo afferrò per un braccio e lo strattonò. Fien aveva sospirato guardandola negli occhi. Li aveva del verde delle foglie degli alberi-padre, così intensi e belli da far venire male al cuore. Juno glielo aveva detto spesso, quando erano giovani. “Hai occhi troppo vivi per seppellirti tra i libri”.
«Devo dirti tuttavia che la tua è una pessima traduzione» si limitò a mormorare, liberandosi. «Na non è la polvere ma è precisamente il pulviscolo nevoso, e volatile è una parola eccessivamente scientifica. Trovo che “effimeri come il nevischio” renda molto meglio il significato, non trovi?».
Lorelej lo aveva fissato senza sapere cosa dire. Fien aveva allungato una mano per mettergliela fra i capelli e lei non si era ritratta.
«Cosa stai facendo, tahad?» aveva sussurrato. Aveva duecento anni, e Fien non ricordava di averla mai vista così vicina alle lacrime come quel momento.
«Nulla» mentì, e lei dovette comprenderlo perché sollevò lo sguardo.
«Se è così, tu devi essere più pazzo di quello che dicono».
Fien annuì in silenzio. Quasi con preoccupazione cercò per un istante nella testa qualcosa che potesse contraddire quell'affermazione, ma fortunatamente non trovò nulla.
«Non voglio il vostro male, o il male di nessuno. Ho solo bisogno di tempo». Verità, in parte. Lei non capì. Si limitò a voltarsi e a tornare sui propri passi.
«Addio, tahad».
«Namasté krap, Lorelej»
«Namasté kah. Lo spirito divino in me ti saluta».
Fien il Senzavolto aveva annuito sorridendo. «Questa è una splendida traduzione».

Quella era stata l'ultima volta che aveva visto la figlia. Gli erano arrivati alcuni messaggi, perlopiù spediti utilizzando qualche incantesimo, ma negli ultimi anni si erano fatti sempre più radi fino a cessare del tutto. Ne aveva sentito la mancanza nei momenti in cui la mente si scostava dal lavoro che lo aveva occupato per quei cento anni quasi ininterrottamente, e allora si era sentito triste e aveva pianto. Attorno a lui era cambiato il mondo, l'Edhel si era trasformato in qualcosa di diverso, di selvaggio, ma lui non si era mai staccato dai libri.
E alla fine ce l'aveva fatta. Lanciò un'occhiata allo scettro di ingranaggi che reggeva in mano e provò una sensazione fra il trionfo e la tristezza. Sì, ce l'aveva fatta. Ora era stanco, tanto stanco che forse, se si fosse addormentato, sarebbe germogliato e si sarebbe unito alla natura come tanti avevano fatto prima di lui.
Ma non subito. Non prima di aver terminato.

La porta dei sotterranei l'aveva modellata nel piombo, senza maniglie o serrature, solo una lastra di spesso metallo scuro inamovibile per la maggior parte di possibili ficcanaso. Ma visto che qualcuno per arrivare fin lì doveva per forzaessere un ficcanaso particolarmente agguerrito, Fien si era premunito incantandola con diverse schermature. Persino lui avrebbe fatto fatica a passarvi oltre.
«Nid yw'n cael ei ynghlwm wrth y dynged» mormorò sottovoce nella lingua povera di vocali delle Ombre. Io non sono legato al fato. La porta emise uno scatto sonoro, e Fien vi poté passare attraverso come se fosse stata un telo di nebbia grigiastra.
La stanza in cui entrò era buia, con l'odore di umido e afa che rendeva pesante il respiro. Le condizioni ideali con cui allevare muffe e insetti schifosi... o l'oscurità stessa.

«Sei tornato, Senzavolto» mormorò una voce nel buio. Fien indugiò un istante, indeciso, poi mosse qualche passo in avanti, avvicinandosi al centro della stanza. I suoi occhi non erano quelli rossi e piccoli dei depravati Neiru, ma erano in grado di scorgere al centro della stanza una figura piccola, insignificante, posta sopra un piedistallo.
«È finito il mio lavoro» si limitò a dire «Ora comincia il tuo».
Una risata. L'eco rimbombò dando l'impressione che fossero le pareti a schernire l'arcimago, e la cacofonia lo pervase entrandogli nelle ossa, ma lasciandolo indifferente. Trucchetti del genere avrebbero potuto impressionare un apprendista debole di cuore, ma dopo anni trascorsi a studiare magie c'era ben poco al mondo, naturale e non, che potesse sorprenderlo.
«Sei venuto qui per sentenziarmi a morte, dunque. Non ne vedevo veramente l'ora».
Fien si strinse le spalle. «Risparmiami il sarcasmo, Ombra. I tuoi simili hanno sterminato centinaia di creature viventi. Una in meno di voi farà solo bene al mondo».
«Una tua simile» ribatté la creatura sul piedistallo «ci ha portate nel tuo mondo e ha sterminato a migliaia di noi. Ma tanto a te non è mai importato veramente, vero? Non è per questo che lo fai»
Fien scosse la testa.
«Tu sognerai. Sognerai assieme a me, e saranno tante cose belle. Anche brutte, sì, ma non ne rimpiangeremo nessuna. Alla fine per te sarà come tornare nell'Oneiron, nel vostro mondo di saprofagi di pensieri. Credo che questo tu lo possa accettare».
L'Ombra rimase in silenzio per qualche istante, come se stesse ponderando qualcosa. «Sì» decise infine. «Credo che lo potrò tollerare».

Fien annuì e tese lo scettro perché sormontasse la cupola di vetro sul piedistallo. «Allora vieni. Te lo ordino».
Vi fu un forte rumore di risucchio, un turbine che fece tremare l'intera stanza. L'Ombra si illuminò di una luce violacea, mostrando i propri contorni sfasati e indistinti, prima di sollevarsi e penetrare all'interno dell'asta di ingranaggi. Poi tutto si placò come era iniziato. L'oscurità parve attenuarsi un poco, schiarirsi come se la presenza della creatura l'avesse nutrita e rinforzata per tutto quel tempo. Fien non si mosse, poi una fitta improvvisa alla mano lo costrinse a scostare il braccio.
Lo scettro, finalmente, si muoveva.

Clak clak clak clak.

I denti degli ingranaggi gli scavavano nella pelle, così come doveva essere. Roteavano lenti ma implacabili, ticchettando quando il meccanismo all'interno scattava. Il pomo all'apice dello scettro scintillava di una luce verdastra, pulsante, e attorno ad essa si disegnavano piccole volute di condensa. Fien la sfiorò appena con un dito, quasi affettuosamente.
Un lampo improvviso gli tolse la vista.

«Fien!» strillò una voce dall'alto. L'arcimago sollevò gli occhi. Ora non era più nei sotterranei della torre, ma in un campo di battaglia aperto, costellato di cadaveri sanguinanti. I guerrieri non combattevano: avevano mollato le spade e gli scudi a terra, alcuni si stavano slacciando l'elmo di fretta, gettandolo alle spalle frettolosamente. Un grosso lupo in armatura guaì come un cucciolo e si andò a nascondere alle spalle del padrone.
«Anobaith...» pronunciò Fien nel linguaggio delle Ombre, quasi inconsciamente. Disperazione. I denti gli cominciarono a battere e un gran freddo gli paralizzò le braccia.

Una sfera nera, gigantesca, scendeva sulla vallata loro.

Fien boccheggiò ritraendosi di scatto. Era di nuovo nella torre, ora, nell'oscurità, e lo scettro emetteva alcune scintille azzurrine, forse soddisfatto. Il Senzavolto ghignò con sollievo passandosi una mano sulla fronte. La Guerra del Crepuscolo! Che bel momento con cui iniziare, non era vero? L'istante in cui il despota del Dortan aveva sterminato intere armate per poter proseguire nel suo sogno di follia. Le mani gli tremavano ancora per l'emozione, e si dovette appoggiare a un muro per non cadere. Era stato bello, bellissimo! Tutto quell'orrore che gli aveva attanagliato il cuore, il silenzio mortale mentre quell'enorme ghigliottina calava per sentenziarli a morte... e lui era lì a ricordarlo come se l'avesse veramente vissuto.

«Ancora...» mormorò, appoggiandosi l'estremità dello scettro sul capo. In un istante la sua mente venne proiettata... ovunque. In ogni tempo e luogo, in ogni angolo di Theras e di mondi remoti, tra i Daimon dell'Oneiron e fra le formiche che scavano la terra, nei bassifondi dell'Akeran e sul trono del Re che non perde mai. Per un momento era un ubriaco che ciondolava sul tavolo di un'osteria con la bava alla bocca, le braccia reclinate contro la testa per sopportare meglio le fitte lancinanti che gli premevano le tempie e un occhio che sbirciava fuori il seno della cameriera; il secondo successivo fissava il mare dal ponte di una nave, respirava a forti boccate l'aria salmastra mentre arrotolava una cima e l'appendeva.
Si vide galleggiare in estasi in un sogno distorto, in un mondo devastato e privato di bene e di male, e forse allora pensò di essere diventato davvero simile a Eitinel, l'Inquisitrice, la traditrice degli Arshaid.
«Voi non siete pronti!» strillò dalla cima di Velta, e il mondo intero risuonò della sua voce e tremò, mentre l'Oneiron si riversava in una cascata ricoprendo terra e cielo.

«Fien» mormorò una voce alle spalle (ma era veramente alle sue spalle? Forse era sopra, o sotto, o ovunque) dell'arcimago. Lui si voltò lentamente, quasi spaventato, poi sorrise.
«Namasté krap, Juno» la voce quasi gli si ruppe nel pronunciare quella frase. «È da... tanto tempo che non ci vediamo».
Juno aggrottò la fronte facendoglisi vicino. Aveva i capelli castani sciolti e lunghi che aveva avuto nella sua lunga primavera della vita.
«Cosa stai dicendo?» rise, e solo in quell'istante il Senzavolto si rese conto di quanto la voce di sua moglie gli fosse mancata. Le accarezzò una guancia piano, quasi con la paura che si potesse dissolvere come nebbia o un sogno. Qualcosa gli punse l'occhio – si asciugò la lacrima che ne scese con un dito.
«Io... non ho fatto questo per amore» mormorò, e quelle parole erano amare perché erano vere. Lui aveva voluto vivere ogni istante possibile, ogni fato intessuto nell'universo, e morire completo, senza risentimenti. Non precludersi nulla: non la vita del verme né quella del leona, non la vita del povero così come quella del ricco.
Allora sarebbe morto felice. Allora non avrebbe avuto nulla da rimpiangere: non il potere, non l'amore né il denaro.
Prese la mano della moglie fra le proprie. «Ma io sarei felicissimo se tu volessi accompagnarmi».
Lei ridacchiò annuendo. Si avviarono verso la luce – verso quella che ora era Lithien, la città dei maghi, la loro città, Lithien dalle mura d'oro e dai vessilli di seta, la gloria del nord.

Lo scettro cadde a terra, sbatté e rotolò contro una parete. La luce baluginò un istante, quasi lamentandosi della caduta, poi si affievolì fino quasi a spegnersi. Uno sprazzo di luce spezzò l'oscurità del sotterraneo, poi un altro, un altro ancora. La luce investì l'ombra e la cancellò, la neve turbinò dall'alto e si posò sulla quercia che, con radici spesse quanto gambe, aveva perforato la roccia e raggiunto il terreno, e con i rami aveva forzato le pietre del soffito e si era aperta un varco. La tunica da reggente di Lithien ne abbracciava il tronco.



Lo scorrere del tempo è alterabile





Fien, arcimago di Lithien, studiò negli ultimi anni della sua vita il comportamento di alcune Ombre che abitavano l'Edhel. Dall'apertura del varco per l'Oneiron si era dedicato assiduamente al comprendere queste creature per poterle contrastare, così non gli fu difficile analizzare questo tipo specifico: ovvero quello che si nutriva di tempo.
Più che tempo, comprese presto, queste vivevano dei sogni mai realizzati degli uomini. Situazioni mai successe, speranze infrante, vagheggiamenti infantili avevano fornito cibo a queste creature finché erano potute risiedere nella pace caotica del loro mondo. Una volta imprigionate su Theras, esse avevano trovato un modo peculiare per procacciarsi ciò di cui avevano bisogno: alimentando desideri, speranze, insinuandosi nella mente delle persone e imprigionandole in costrutti irreali per poi estrapolarne l'energia vitale.
Dopo la morte della moglie Juno, in Fien si generò il folle desiderio di vivere ogni vita possibile agli uomini.


Divoratore di tempo a orologeria
Lo scettro venne forgiato dopo cento anni di lavoro interrotto solo da sporadiche visite agli Shaogal Crann sotto travestimento, pratica che gli valse il soprannome “Senzavolto”.
Dopo la sua morte, esso fu recuperato da diverse tribù nomadi, perduto e ritrovato, conteso e a volte abbandonato perché ritenuto inutile. Gli ingranaggi in continua rotazione del manico, che sono il suo tratto più distintivo, scoraggiano molti a usarlo. Inoltre, ciò che vi è al suo interno necessità ancora di essere nutrito, e non si asterrà dal farlo sul suo utilizzatore.

[Malus: il manico dello scettro è formato da un intrico di ingranaggi in continuo movimento. Ogni turno in cui lo si reggerà in mano infliggerà all'utilizzatore un danno basso alle mani causato dai graffi e dalle contusioni inflitte dal meccanismo. Non si potranno usare tecniche dello scettro senza averlo in mano e subire, di conseguenza, il danno.]

[Malus: ogni volta che si sferra un attacco fisico (non tecnica) con lo scettro, si dovrà sacrificare un ricordo della durata di pochi secondi, non importa quanto importante. Questo pagamento è permanente e l'istante perduto non potrà mai più essere recuperato. Si subirà inoltre un normale danno basso alla psiche.]


Giochi Mentali
Alimentato da un'Ombra imprigionata al suo interno, lo scettro è capace di divorare i ricordi di qualunque persona a cui gli sia concesso di farlo... o di crearne di nuovi, da inserire in quelli già esistenti. Le Ombre, tuttavia, non possono che provare a imitare un vero sogno, e ogni tentativo, per quanto ben riuscito, contiene sempre errori capaci di insospettire anche l'individuo più distratto.

[Attiva media psionica: lo scettro si insinuerà nella mente di una persona e cancellerà o inserirà un ricordo al suo interno. Potrà anche riscriverne parzialmente uno, modificando particolari o aggiungendone a piacimento. La durata massima del ricordo dovrà essere di cinque minuti e non potrà interessare l'ultima ora di avvenimenti (quindi non può essere usata per far dimenticare a un nemico di stare combattendo). Nel caso l'utilizzatore voglia cancellare o modificare un ricordo, non potrà visionare la mente del bersaglio ma dovrà specificare al meglio quali memorie gli interessano (ad esempio: “desidero modificare l'incontro che il mercante ha avuto con il mio compagno due ore fa e inserirci un dialogo amichevole con me medesimo”). Nel caso non esista l'avvenimento da modificare, o nel caso non si specifichi nulla, la memoria del soggetto verrà “corrotta” da ricordi fasulli, come angeli che volano in cielo dove ci fossero stati piccioni o navi che approdano sulla terraferma quando si trattava invece di carri; la confusione risultante causerà alla vittima un danno medio alla psiche. Non infligge alcun danno nel caso venga usata per riscrivere memorie, ma può essere difesa comunque come una tecnica psionica di potenza media.
Può causare la Stasi Temporale.]


[Malus: tutti i ricordi trasmessi non sono altro che un parto che le Ombre hanno ricavato dal mangiare momenti mai realizzati o sogni impossibili degli esseri umani; contengono tutti, quindi, anche quelli verosimili e creati ad arte, particolari bizzarri o inusuali che potrebbero insospettire la vittima se avesse occasione di rifletterci. In un tempo paragonabile a due turni di gioco, essa inizierà a rendersi conto che qualcosa non quadra nei propri ricordi. In un tempo paragonabile a tre giorni sarà certa che ci sia qualcosa che non va e smetterà di credere alle proprie memorie. Nel caso un ricordo le fosse stato cancellato completamente, durante questo lasso di tempo riemergerà, sebbene sempre “corrotto” da particolari bizzarri.]

Stasi temporale

Ma il potere di sottrarre istanti è molto più ampio di quello che Fien avesse mai potuto immaginare: cosa succede se invece di essere sottratto un momento dal passato, esso viene preso dal presente o dal futuro?
Molti contro cui lo scettro è stato usato come arma hanno sperimentato la sensazione di essere incapaci di muoversi, di fare fatica a pensare e ad agire per un periodo breve, prima di tornare alla realtà ed essere incapaci di ricordare cosa sia successo; solo la sensazione di stordimento rimane in mente, chiara, lampante.

[Passiva: 3 utilizzi, massimo 1 per turno. Sacrificando un uso di questa passiva e mettendo a segno un attacco fisico con lo scettro o una tecnica di questo artefatto (ma non personale o pergamena, anche se fa uso dell'artefatto per metterla a segno) alla vittima verrà tolto il successivo secondo, in cui essa si potrà muovere solo a una velocità estremamente ridotta. Al termine di questo tempo essa non ricorderà cosa sia successo durante quegli istanti.]

Sfera temporale
E a rubare il futuro cosa accade, invece?
La magia, che sfida ogni logica terrena, viene alterata e cessa di esistere, poiché lo scorrere del tempo le viene privato. Ma qualcosa deve cominciare a esistere al posto degli incantesimi uccisi: ed ecco che un teatrino di ombre silenziose e immobili che inscenano vite normali e tranquille si disegneranno ovunque, presenze imperturbabili. Chi coglierà un fiore, chi allatterà un bambino, chi giocherà a palla o si lancerà per prenderla al volo. Bambini, donne, animali, uomini in armatura, niente sarà escluso. E l'energia di quegli istanti immobili pervaderà il portatore dello scettro, che si sentirà investito da tale forza da essere capace di muoversi con rapidità incredibile – o forse è il tempo attorno a lui a rallentare?

[Attiva Alta: dispel ad area di potenza bassa, inoltre crea un'illusione ad area per un turno che rappresenta silhoette indistinte compiere gesti di tutti i giorni.]

[Passiva (1 utilizzo): solo all'interno dell'illusione creata dalla prima attiva, il portatore si muoverà a velocità eccezionalmente alta e percepirà il mondo attorno a sé rallentare fino quasi a fermarsi. Può essere usata solo in fase offensiva e consente di utilizzare un numero di attacchi fisici maggiore del normale (ma sempre tenendo conto della sportività) e di muoversi con estrema rapidità. Tutti gli attacchi fisici sferrati in quel turno dovranno necessariamente essere portati a segno con lo scettro o l'effetto della passiva cesserà nel momento stesso in cui si tenterà anche solo di utilizzare un'altra arma.]


Esilio
Ma oltre a sottrarre tempo, esso può essere donato. Come Fien visse infiniti istanti di ogni vita possibile prima di morire, così il portatore dello scettro potrà donare un breve sprazzo di una realtà mai esistita a chiunque riesca a infliggere un colpo sul capo. L'effetto non sarà tanto potente, poiché l'Ombra all'interno dell'artefatto ha consumato molti dei suoi poteri per alimentare il sogno del Senzavolto, ma sarà comunque capace di far vedere qualche secondo di una storia mai narrata.

[Attiva media fisica: colpendo il nemico con lo scettro sul capo si spedirà il nemico in un momento mai esistito in cui l'avversario si vedrà compiere le più svariate azioni, da prendere il té con un'imperatrice a lottare contro leoni in un'arena. Lo sprazzo durerà pochi istanti prima di essere rimandato nella realtà con un danno medio alla mente da nausea. Nel caso si sprechi un utilizzo della stasi temporale, invece del secondo di rallentamento la vittima permarrà nella visione un secondo di più.]

Regina Rossa
Mangiare gli istanti significa, a volte, scegliere anche cosa mangiare. Il possessore dello scettro sarà capace di decidere quali eventi possono accadere e quali invece andranno divorati dall'Ombra e non vedranno mai la luce. Un potere tanto enorme ha tuttavia enormi limiti: cinque secondi per volta è tutto ciò che lo Scettro potrà fare, prima che la creatura al suo interno si prenda un meritato riposo per la voracità che le è richiesta.

[Attiva Nulla di utilità o difesa assoluta: l'utilizzatore dello scettro potrà visionare a piacimento i successivi cinque secondi e scegliere quali istanti tenere e quali invece dare in pasto alle ombre, annullandoli per sempre. In termini di gioco, basandosi sulle descrizioni dell'avversario o del QM, il caster potrà ignorare qualunque parte di esse come se non fossero mai accadute, facendo sì che questa venga considerata una difesa assoluta. Agli occhi di un osservatore esterno, il possessore dello scettro scomparirà nel nulla e riapparirà in un altro luogo dopo qualche istante.
Se utilizzata per utilità, il caster può annullare in maniera simile i cinque secondi successivi, ma non può evitarne le conseguenze. Ad esempio, se sceglierà di cancellare gli istanti in cui un vaso prezioso gli cade di mano e si frantuma a terra, non potrà cancellare i frammenti che cospargeranno il pavimento (ma potrà cancellare il rumore della rottura). Uno spettatore esterno vedrebbe il vaso in mano al possessore dello scettro e l'istante successivo un mucchio di frammenti a terra apparso dal nulla, quasi come se le due azioni coincidessero.]

 
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view post Posted on 17/8/2015, 15:07
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Ci ho provato, spero piaccia! :arross:

-------- Sleutel, la chiave del drago
HXhFjNt

C'era una volta, molti decenni nel passato, un misterioso drago che si diceva abitasse nel centro di una montagna. Secondo la leggenda, il drago aveva portato nella sua dimora ricchezze inimmaginabili, dall'oro scintillante ai più grandiosi artefatti magici, ma nessuno lo aveva mai visto per certo, nessuno sapeva come fosse fatto il drago o il suo tesoro. L'unico riscontro che gli avventurieri potevano trovare nella realtà era una spropositata fessura lungo il fianco del monte, una abbastanza grande da permettere ad una bestia gigantesca come un drago di poterci passare. Eppure, quegli stessi avventurieri che si inoltravano nell'oscurità della montagna ne venivano inghiottiti, senza mai più fare ritorno. Solo un giovane eroe riuscì a ritornare sano e salvo dalla tana della bestia, ma lo fece sanguinante e senza bottino, a parte per una chiave di pietra, densa del potere e della malizia del drago. Chissà se è con essa che la possente bestia ha aperto una breccia nella montagna?


Aprire le serrature - A cosa serve una chiave, se non per schiudere le serrature? Eppure, ogni chiave può assolvere questo compito. La chiave del drago è diversa, poiché è costruita per schiudere sigilli, plasmata dalla roccia fusa con i magici poteri del suo creatore e incavata con rune antiche, che ne aumentano l'efficacia. Il drago diede al giovane eroe questa chiave, rifiutandosi di combatterlo: "Nel cuore della montagna si trova il mio tesoro, questa chiave ti porterà da esso" gli aveva detto, e così, seguendo la guida del'artefatto, egli si addentrò nei cunicoli oscuri ancor di più. Sleutel è una particolare chiave superiore a tutte quelle di fattura umana, alla sua mera presenza ogni lucchetto non incantato magicamente potrà essere schiuso, e ogni serratura potrà essere aperta. [Passiva, due utilizzi, qualsiasi serratura o lucchetto non incantato contro il quale viene puntato Sleutel può essere aperto]

Aprire i sigilli - Lo scopo principale della chiave del drago non è aprire le insignificanti serrature umane, ovviamente. L'oggetto è stato concepito per schiudere le porte che nascondono l'inestimabile tesoro. Per questo, Sleutel ha il potere di aprire e dissolvere qualsiasi sigillo magico posto su porte, serrature, forzieri, catene e oltre: questa capacità funziona anche su tecniche magiche atte ad ingabbiare e limitare i movimenti del possessore di Sleutel. Finché questi sigilli saranno di potenza media o inferiore, la chiave del drago potrà spezzarli con un consumo medio di energie. [Attiva, costo medio energetico, natura magica, Sleutel può spezzare qualsiasi sigillo magico o incantesimo di costrizione di potenza pari o inferiore al consumo]

Chiave del cielo - C'è sempre un pizzico di verità in ogni leggenda. Si dice che il drago abbia utilizzato la chiave per costruire la sua dimora, fratturando la montagna. Ma dove sarebbe questo potere? Di certo, Sleutel non lo possiede. Tuttavia, forse un tempo lo possedeva; il tempo ha semplicemente sbiadito le sue potenzialità. Quel che è certo è che per Sleutel il mondo non è che un'altra serratura. Come se l'artefatto giocasse con i modi di dire più popolari della lingua comune, esso è in grado di aprire e chiudere il cielo al solo comando del suo utilizzatore nello stesso modo in cui gioca con i lucchetti. Puntando Sleutel verso il cielo, il caster può liberarlo completamente dalle nubi oppure scatenare un violento temporale. Sebbene queste abilità non abbiano una vera utilità contro un drago, o in qualsiasi altro combattimento se è per questo, possiedono sempre la capacità di rendere una brutta giornata migliore. [Attiva, costo basso energetico, natura magica, Sleutel può manipolare il tempo atmosferico richiamando o scacciando le nubi, persino scatenando la pioggia. Tuttavia, questa tecnica non avrà nessun potenziale offensivo contro un eventuale avversario]

Aprire i cuori - Si dice spesso che il cuore non è altro che una grossa serratura che aspetta solo di essere aperta; o almeno così Sleutel crede, perché è in grado di farlo. Per la chiave del drago, i cuori degli uomini non sono altro che recipienti d'avarizia e invidia, colmi solo del desiderio di rubare il grande tesoro del suo creatore. La leggenda dice che il drago abbia usato questo specifico potere per convincere il giovane eroe a prendere la chiave con sé, e che poi l'eroe l'abbia usata nuovamente nella più vicina taverna per consolarsi della delusione ricevuta nella montagna con qualche giovane fanciulla. Con questa influenza mentale, la chiave può aprire i cuori dei più deboli e sedurre la loro volontà, portandoli a guardare il possessore di Sleutel come se fosse degno della massima fiducia, le cui parole non possono che essere vere. [Attiva, costo basso energetico, natura psionica, Sleutel può convincere un bersaglio che il suo possessore è completamente degno di fiducia per un turno. Non infligge danno]

L'inganno del drago - Il drago non amava combattere, anzi, il drago non amava nulla tranne il suo tesoro. Ma la cosa che disprezzava di più erano sicuramente quei fastidiosi avventurieri che si continuavano a intrufolare nella sua dimora. Molti non potevano nemmeno degni di guardarlo, e venivano ridotti in carbone da un solo sbuffo di fuoco. Tuttavia, il drago sapeva che prima o poi sarebbe giunto un avversario in grado di ferirlo. Non volendo combattere, il drago ingegnò un piano astuto: prese la sua fidata chiave e le diede un nuovo poteri, in modo da sbarazzarsi anche degli intrusi più persistenti, di quelli che lui da solo non sarebbe riuscito a sopraffare. Il piano del drago era semplice: si sarebbe congratulato con l'eroe in grado di sfidarlo e gli avrebbe ceduto la chiave, dicendo che l'oggetto lo avrebbe condotto alla stanza del tesoro e che avrebbe rotto il sigillo su di essa. Così, quando il giovane eroe venne dal drago, il rettile mise la sua diabolica macchinazione in atto. Presto l'eroe si rese conto però che l'artefatto aveva un'influenza negativa: invece di portarlo verso il tesoro, lo faceva girovagare a vuoto, mandandolo incontro a innumerevoli trappole. Ma quando se ne rese conto, l'eroe era stato ricondotto all'entrata della montanga, dunque si arrese e decise di desistere da quella avida ricerca. [Malus, Sleutel è in grado di bloccare la percezione di tesori e artefatti. Finché sarà in possesso dell'artefatto, il suo portatore non potrà usufruire dei benefici di abilità passive che gli permettono di individuare oggetti magici. Le abilità attive funzioneranno come di norma]

Tuttavia, chissà se il drago e il suo tesoro esistono ancora? La chiave, che ora riposa tra gli averi di chissà quale abitante di Theras, freme per saperlo. Ma con questo desiderio viene anche un timore terribile: cosa farebbe la chiave senza il suo padrone? L'unica soluzione sarebbe servirne uno nuovo, e usare le proprie capacità per aiutare invece di intralciare. [Bonus, se il portatore di Sleutel tornerà nei luoghi descritti nella leggenda in una giocata tutelata, potrà scegliere di trasformare il malus "L'inganno del drago" in una tecnica passiva da due utilizzi che permette di percepire la presenza di artefatti e la loro posizione nelle immediate vicinanze durante il turno di utilizzo. Tutti i contenuti descrittivi saranno a discrezione dell'utente. Questo bonus può essere utilizzato una sola volta per utente.]

 
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view post Posted on 19/8/2015, 23:02
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Ecco il mio secondo artefatto, che mi è costato incredibile fatica ma di cui sono piuttosto fiero, nonostante sia complicatissimo e quasi sicuramente inutilizzabile.
Mi diverte molto pensare e creare abilità stravaganti, spero che a qualcuno piaccia leggerle! :argh:



Alcune cose non hanno bisogno di storie.
Alcune cose sono meglio lasciate dimenticate.
Figlia della guerra e amica della morte,
nata da un patto silenzioso tra due Divinità.
Questo è il frutto del loro amore.


O3VH4Sm

GRISELBRAND
Wars for the War King
Corpses for the Corpse Queen

Griselbrand è la spada senza passato. Un uomo comune può vederla come uno spadone forgiato dall'acciaio più puro, lungo circa due metri. Certamente, un'arma inadatta per un essere umano. Eppure quante volte è stata vista nelle mani di valorosi regnanti e leggendari eroi? Chi può dirlo. Come l'ambra cristallizzata che imprigiona per l'eternità l'insetto, anche Griselbrand nasconde qualcosa di antico e dimenticato: l'incontro tra due divinità in un tempo e in luogo ormai dimenticato. Dal loro mero sfiorarsi nacque Griselbrand, cristallizzazione della loro volontà e dei loro istinti.

{ Holmgang - Griselbrand non è stata creata per i mortali, dunque nessuno di loro può usarla. Incapaci persino di sollevare la spada, in centinaia hanno cercato di sollevare e utilizzare questa spada, il cui peso è degno di forza divina. Neppure i più valorosi e potenti cavalieri sono riusciti a usare la spada, poiché il suo metallo diventava improvvisamente incandescente nel momento in cui qualche indegno riusciva a sollevarla con l'inganno. Fu allora che il primo Dio notò la spada, e vide che era frutto del suo potere. Allora il Dio apparve tra gli uomini, più imponente di tutti loro, e sollevò Griselbrand dicendo: "solo colui il cui animo brucia più intensamente dell'odio che questa spada serba per i deboli potrà usarla". E così fu chiaro che solo un vero eroe avrebbe potuto brandire Griselbrand e scatenarne i poteri. (Passiva, 1 utilizzo: l'utilizzatore di Griselbrand, spendendo un utilizzo di questa passiva, potrà brandire la spada e utilizzarne i poteri passivi e attivi. Nel momento in cui l'animo dell'utilizzatore cesserà di bruciare intensamente, esaurendo gli utilizzi di questa passiva, la spada diventerà troppo pesante per poter essere utilizzata e cadrà al suolo con un tonfo. In compenso, fintantoché questa passiva sarà attiva, Griselbrand sarà leggerissima per chi la brandisce e potrà essere usata anche con una mano sola nonostante il suo immane peso, che gli avversari continueranno a percepire) [Malus: Griselbrand non può essere utilizzata come arma senza l'utilizzo della passiva "Holmgang" indipendentemente dalle capacità passive o attive del suo utilizzatore. Passive come quella del talento avanguardia, che permettono di dimostrare forza disumana, non funzioneranno su Griselbrand]

{ Bēot - anni dopo, Griselbrand era nelle mani di un giovane uomo, considerato eroe dalle sue genti. Si diceva che l'eroe avesse sconfitto un drago e ne avesse intrappolato le fiamme solo per trovare l'ardore di brandire la leggendaria spada del Dio della guerra. Usando il suo potere l'eroe compì grandi imprese e visse nella gloria, finché anche la seconda Dea notò la spada che il suo tocco di morte aveva lasciato su Theras. Divertita dalla spavalderia dell'eroe, la Dea della morte gli apparve sotto le spoglie di un angelo benevolo, chiedendogli di sopraffare un terribile demone che aveva osato ribellarsi contro la pace. In cambio, la Dea gli propose: "Se sconfiggerai colui che fu campione del bene, ti donerò il suo potere e insieme porteremo pace ed eguaglianza sulla terra". Così l'eroe partì verso la grotta indicatagli dall'angelo, dove il demone riposava. Ma quando arrivò, l'eroe trovò soltanto un gruppo di benevoli druidi appartenenti al culto della Dea della Natura. Fu allora che Griselbrand attivò i suoi poteri, stuzzicata dal tocco malevolo della sua Dea creatrice, e intrappolò la mente dell'eroe in una spirale di furia. Incapace di controllarsi, l'eroe massacrò i rivali della Dea della Morte. In cambio, ottenne il potere che gli era stato promesso. (Attiva, consumo alto mentale, natura psionica: Griselbrand prende possesso della mente del suo utilizzatore, portandolo in uno stato di follia omicida. In questo stato, l'utilizzatore non potrà castare altre tecniche all'infuori di quelle di Griselbrand e non potrà distinguere amici da nemici. In compenso, guadagnerà sette CS in forza e potrà continuare a combattere indipendentemente dal suo stato fisico e mentale. Come ulteriore ricompensa, la Dea della Morte garantirà all'utilizzatore un utilizzo della passiva "Holmgang", in modo da aiutarlo a usare i poteri di Griselbrand per un turno successivo. Questa tecnica non può essere utilizzata senza la passiva "Holmgang")

{ Wergild - l'eroe, sconfitto dagli eventi, fuggì. Egli rimase sordo alle successive tentazioni della Dea della Morte, e cercò di non riutilizzare mai più i poteri di Griselbrand. Il giovane cercò in tutti i modi di disfarsi di quella spada maledetta, ma il suo metallo iniziava a vibrare e bruciare intensamente nel momento stesso in cui pensava di liberarsene. Soltanto il tocco dell'eroe poteva sfiorare quel metallo divino. Fu allora che il primo Dio tornò da sua figlia, e fu profondamente disgustato da quello che vide. Il Dio disse chiaramente all'Eroe: "Griselbrand è il mio dono ai valorosi, non si lascerà toccare da chi reputa indegno! Perché è ancora in tuo possesso?" e lo sfidò in un duello all'ultimo sangue. Ma ci fu una cosa che il Dio non riuscì a prevedere: Griselbrand non possedeva solo il suo potere, ma anche quello di un'altra divinità. Fu così dunque che l'eroe, anche se esitando, attivò ancora una volta i poteri della spada e lanciò sull'avatar del Dio la stessa maledizione che era stata lanciata a lui tempo addietro. Sconfitta l'immagine della Guerra stessa, all'eroe non restò che fuggire di nuovo. (Attiva, consumo energetico medio, natura magica: le rune sul metallo di Griselbrand si illuminano di rosso acceso prima di staccarsi dalla spada e fiondarsi sul nemico, fondendosi alla sua pelle e maledicendolo. Se colpito dalla tecnica l'avversario sarà ridotto in uno stato di furia incontrollabile per due turni, nei quali sarà completamente scoordinato e incredibilmente prevedibile. In questo stato tutti gli attacchi fisici lanciati dall'avversario saranno contrastabili con un numero di CS inferiore al dovuto, in base alla sportività e alle strategie di entrambe le parti, ma non saranno mai completamente ignorabili. Questa tecnica non infligge danno e non può essere utilizzata senza la passiva "Holmgang") [Malus: Griselbrand non può essere venduta, ma può essere abbandonata, persa o rifiutata]

{ Frith - nonostante fosse guardato con odio dalle genti del sud, regione in cui era sempre cresciuto, l'eroe rimase a proteggere la sya terra natia anche a costo di ricorrere al potere di Griselbrand. Chi lo vedeva stentava a riconoscerlo, poiché stava mutando: l'energie che la spada divina stavano risucchiando dalla sua anima stavano sublimando la sua natura umana, rendendolo pallido come un fantasma. Tuttavia, per proteggere la sua gente da pericoli come draghi e orchi, l'eroe sapeva che Griselbrand era necessaria. Durante una notte nel deserto, la Dea della Morte riapparve all'eroe, ma stavolta non cercò di tentarlo. Sedettero insieme a guardare la luna piena, e la Dea disse: "Arriverà presto una compagnia di eroi come te, in cerca di mia figlia. Portali tutti nel mio regno se intendi sopravvivere, poiché tu non sei più uno di loro. Ti hanno abbandonato, Eroe." Il giovane guerriero annuì mentre la Dea scompariva, chiedendosi perché si era preoccupata di avvertirlo. Non ci volle molto prima che i cacciatori raggiungessero il nostro eroe, ma non poterono nulla di fronte ad un uomo che aveva abbandonato la sua umanità. Scatenando le fiamme dell'inferno stesso, Griselbrand li spazzò tutti via. (Attiva, consumo alto mentale/energetico, natura magica: il possessore di Griselbrand richiama fiamme arcane dalla morte stessa, materializzandole davanti ad un numero qualsiasi di suoi avversari come copie fiammeggianti di sé stesso. Al suo comando, gli spiriti di fuoco caleranno le loro spade sugli avversari, ustionandoli gravemente. Questa tecnica è ad area, ha potenza media, ferisce il corpo e non può essere utilizzata senza la passiva "Holmgang". Come bonus aggiuntivo, se questa tecnica colpisce con successo anche un solo avversario, durante il prossimo turno l'utilizzatore di Griselbrand potrà avere accesso alle abilità dell'artefatto anche senza utilizzare "Holmgang")

{ Danegeld - cosa significa perdere tutto in cambio del potere? L'eroe fissò la sua spada a lungo, pensando a quel lungo anno ormai passato. In un solo anno, la sua pelle era diventata bianca e i suoi capelli si erano ingrigiti, il suo corpo aveva perso peso e le sue emozioni si erano assottigliate fino a scomparire quasi del tutto. L'eroe vagava tra i deserti e i monti come un fantasma chiuso in un mantello nero. Nel pallore della sua nuova personalità, Griselbrand non era più una spada maledetta, ma una giusta retribuzione per un uomo che desiderava il potere di essere un vero eroe. "Non l'ho nemmeno mai ucciso, quel drago..." si disse, mentre vagava per i territori degli uomini, ora lontano dalla sua patria. Ma nonostante tutto, ancora si aggrappava al desiderio di essere un eroe vero, ancora di aggrappava a Griselbrand. (Attiva, consumo nullo, natura psionica: l'affinità del portatore verso Griselbrand diventa abbastanza potente da permettergli di guadagnare il rispetto della spada, permettendogli di riutilizzare la passiva "Holmgang" tramite il guadagno di un utilizzo della passiva. Questa tecnica è utilizzabile solo fuori dal combattimento e solo se gli utilizzi di "Holmgang" sono a zero.) [Malus: ogni utilizzo delle abilità di Griselband prosciuga l'essenza vitale dell'utilizzatore. Al terzo turno di utilizzo, l'utilizzatore sarà quasi irriconoscibile. In questo stato egli perderà le sue abilità passive razziali e non sarà più riconoscibile come membro della sua razza dalle abilità di auspex in grado di recepire questa informazione, che lo vedranno come "Fantasma" invece. Questo stato perdura fino alla fine della giocata]

§

{ Silence for the silent sword - nessuno è sicuro di cosa accadde poi. Tutti sono d'accordo sul fatto che l'eroe sia scomparso, ma io sono sicuro che sia ancora da qualche parte nel mondo, anche dopo quelli che devono essere centinaia di anni. Alcuni dicono che egli sia diventato uno dei migliori campioni ed uno dei pochi a servire ben due Dei. Ma io non ci credo. Preferisco pensare che quel giovane sperduto abbia deciso di distruggere la spada maledetta dopo aver capito di essere diventato niente più che un fantasma, e che ora sia in cerca del significato di una vita piena e felice. Non pensate anche voi che diventi una storia più romantica, così? (Attiva, consumo medio energetico, natura magica. L'utilizzatore spezza Griselbrand, sigillandone irreversibilmente i poteri per il resto della giocata, malus compresi. In questo stato, Griselbrand è utilizzabile come arma nonostante sia rotta, ma può ancora essere distrutta da tecniche di danno all'equipaggiamento. A seguito dell'utilizzo di questa tecnica, per il solo turno di utilizzo, tutti gli artefatti di alleati e nemici saranno "sbloccati" e potranno utilizzare liberamente tecniche che sarebbero altrimenti sigillate da eventuali meccanismi interni degli artefatti stessi. Questa tecnica è utilizzabile solo dopo aver utilizzato le abilità dell'artefatto che richiedono la passiva "Holmgang" per tre turni durante il corso della giocata, quindi escludendo la tecnica "Danegeld")

§


Edit: corretto un typo che faceva intendere che "Wergild" poteva essere usata senza la passiva "Holmgang"
Edit 2: dopo intenso scervellamento (not really) ho pensato che anche se "Silence for the silence sword" è in effetti la tecnica perfetta per come ho pensato l'artefatto, non è minimamente corretta da un punto di vista matematico. Ho deciso di tenerla comunque nell'artefatto per questo (anche se dovessi rinunciare ai gold, sigh), ma per rispetto dello staff che si metterà a correggere tutto ho deciso di proporre un'alternativa più soft, così da non costringervi a pensarla voi:
(Attiva, consumo medio energetico, natura magica. L'utilizzatore spezza Griselbrand, sigillandone irreversibilmente i poteri per il resto della giocata, malus compresi. In questo stato, Griselbrand è utilizzabile come arma nonostante sia rotta, ma può ancora essere distrutta da tecniche di danno all'equipaggiamento. A seguito dell'utilizzo di questa tecnica, per il solo turno di utilizzo, la zona e gli altri personaggi attorno all'utilizzatore perderanno colore, trasformandosi in una versione in bianco e nero di essi. Questo è puramente un effetto scenico. Qualsiasi oggetto o personaggio "senza colore", durante il turno in cui Griselbrand viene spezzata, non potrà produrre alcun suono se non utilizzando tecniche apposite di potenza bassa o superiore. Da questa tecnica ci si può difendere come di consueto, e non provoca danno. Questa tecnica non richiede l'utilizzo della passiva "Holmgang" per essere utilizzata)


Edited by Snek - 23/8/2015, 23:01
 
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_MELEMENPO_
Lo Specchio degli Spettri


MELEMENPOv2_zpsgbkm5yya


Relitto di un'era passata e dimenticata anche dal tempo stesso, si dice che lo Specchio sia affiorato nella nostra epoca emergendo dagli abissi oceanici. Nient'altro che una comune tavolozza da disegno nell'aspetto, intonsa e asciutta a dispetto del viaggio compiuto, finì apparentemente per caso nelle mani della donna che la rese famigerata. Nessuno poteva sapere quali fossero le reali e terribili origini della tavola, ne per quale scopo fu creata; eppur chiunque avesse conosciuto di persona la fanciulla, chiunque avesse visto e magari anche toccato l'oggetto una volta soltanto, avrebbe giurato su ogni cosa che aveva di caro che non poteva esser stata che una calcolata malvagità ad aver decretato la sua venuta sulle coste spumose dello Zar. Quei pochi sapevano che Melemenpo aveva udito il richiamo della sofferenza, lì dove pulsava più forte; aveva desiderato il tocco di mani disposte a tutto pur di consolare quel sussurro lamentoso che fin troppi avevano perduto la capacità di sentire. Anelava ad una nuova compagna, una portavoce per il coro. E dopo chissà quanti eoni di deriva fra spazio e tempo, l'aveva finalmente trovata.

..
..
..


White Noise ~
Il nome della prescelta era Desdora.
Giovane di nobili origini e di umile vita, aveva abbandonato le proprie ricchezze nelle lande di famiglia e aveva barattato il suo futuro in cambio di sogni. La sua ambizione - forse un po' ingenua - era sempre stata quella di aiutare i bisognosi, punire i criminali e ricompensare i giusti, e con tale intento prese la sua strada. Abbastanza abile con la spada da potersi mantenere, e abbastanza scaltra da evitare di finire preda di individui di crudeli propositi, viaggiò per lungo tempo nel deserto fino a quando nel bel mezzo di una crisi d'intenti decise di insediarsi in una piccola cittadina portuale sulla costa dello Zar. Lì aveva preso l'abitudine di compiere ad ogni alba una lunga passeggiata sulla spiaggia, per schiarirsi la mente e riflettere sulla propria vita. Fu nel corso di una di queste escursioni che inciampò in un rigonfiamento sotto la sabbia, e venne così in contatto con la tavola. Non appena le sue dita si serrarono attorno alla rozza cornice in legno - per qualche scherzo del destino intonsa - voci d'ogni tono e modulazione le si riversarono nella testa, e per un attimo si credette impazzita. Sulle prime troncò spaventata il contatto, ma poi, dopo qualche istante trascorso a osservare a debita distanza il biancore innaturale della tela, il desiderio di sentire ancora si fece forte in lei. La prese e la strinse al petto nonostante quella vicinanza le causasse dolore, e attese che il coro si smorzasse. In qualche modo, era certa che lo avrebbe fatto.

[Malus: L'utilizzatore dell'artefatto sarà costantemente assillato dalle voci in qualunque luogo si trovi, e più egli cercherà di ignorarle, più esse si faranno forti e insistenti - sino al punto di impedire una corretta concentrazione. L'effetto sarà più intenso in zone che sono state teatro di grandi battaglie, stragi, omicidi, suicidi e crimini di varia natura. L'effetto cessa quando il contatto fisico con l'artefatto viene interrotto, e viene momentaneamente smorzato ogni qual volta l'utilizzatore impiega una qualsiasi passiva e/o tecnica dell'artefatto.]

Purple Echoes ~ Mano a mano che le voci defluivano in un brusio di fondo, Desdora realizzò che ciò che voleva non era semplicemente tornare a sentire, bensì comprendere le loro parole, poiché ognuna di quelle voci aveva una storia terribile da raccontare e il desiderio bruciante di scrivervi un nuovo finale. Sempre più ansiosa, la fanciulla chiese loro che cosa li angosciasse tanto e, se possibile, cosa poteva fare per porvi rimedio. Sotto i suoi occhi stupefatti, le risposte presero forma sulla tavola - tracciate da pennelli invisibili.

[Passiva (3 utilizzi): A patto di mantenere un contatto fisico con l'artefatto, il proprietario di Melemenpo è in grado di udire e comprendere la voce dei deceduti per morte violenta nel luogo in cui si trova. Consumando un utilizzo di questa passiva, sarà in grado di dialogare mentalmente con essi e raccogliere informazioni sul luogo, gli eventi accaduti e le persone di rilevanza ad essi collegati, nel limite di ciò che gli spiriti irrequieti sapevano, hanno visto o sentito nel corso della loro vita. Se utilizzata in quest, il tipo e la qualità delle informazioni ricavate in questa maniera sono a discrezione del QM. - Bassa: consumando un quantitativo Basso di energie, il possessore dell'artefatto sarà in grado di visualizzare sulla tela il ricordo più doloroso, l'esperienza più traumatica o il rimpianto più grande del bersaglio. Il ricordo non apparirà soltanto come una fotografia fedele dell'istante vissuto dal soggetto, ma trasporterà anche lo stato d'animo - espresso in colori - e alcuni dei suoi pensieri sul momento, trascritti come annotazioni frettolose sulla tavola. La tecnica è di natura psionica e come tale può esser difesa.]

~ Red Lines Con il trascorrere del tempo, l'affinità fra la Tavola e la sua proprietaria aumentò sino a che venne a formarsi una sorta di malsana simbiosi, attraverso la quale parte delle arti segrete dell'oggetto si trasferirono nella mente dell'Investigatrice. La giovane apprese in metodi oscuri la capacità di percepire istintivamente l'indole di chi le si trovava dinanzi, e si rese anche conto - con un certo orrore - che era in grado di leggere la mente di chi vi interloquiva e trascriverne i veri pensieri sulla tela. Il processo era talvolta doloroso, ma poteva con assoluta certezza scindere il vero dal falso e distinguere l'innocente dal colpevole. Uno strumento che le fu molto spesso di vitale importanza.

[Passiva (3 utilizzi): consumando un utilizzo della passiva il possessore dell'artefatto è in grado di capire in maniera intuitiva l'indole del personaggio a cui si sta rivolgendo, se è un malvagio o una brava persona, se è affidabile o si è macchiato di qualche crimine - seppur senza mai sapere quale di specifico. Bassa: l'utilizzatore di Melemenpo può indovinare con assoluta certezza se il proprio interlocutore mente, e in che modi. Dopo aver posto una domanda ad un individuo e aver ascoltato la sua risposta, il proprietario dell'artefatto cadrà in uno stato di trance momentanea, si ferirà e traccerà col proprio sangue una replica più o meno fedele della risposta fornita dall'interrogato. A seconda che sia stata detta o meno la verità, il testo vergato sulla tela presenterà più o meno incongruenze con ciò che è stato affermato. In qualsiasi caso, la versione scritta sulla tavola sarà quella vera. La tecnica è di natura psionica ed è difendibile come tale. Consuma di un Basso la risorsa corpo.]

Golden Vibe ~ Forte di questo potere che assieme era anche maledizione, Desdora decise di dedicare la propria vita a mendare ciò che altri avevano rotto. Si trasferì nelle zone più ricche e trafficate dell'Akeran, dove l'agonia del coro era più forte, e iniziò una florida carriera come investigatrice. Nel giro di qualche anno, si sparse voce in particolare del suo talento nello scovare persone e oggetti scomparsi; e seppur si tralasciasse fin troppo spesso che in quasi tutti i suoi casi ella non faceva altro che ritrovare cadaveri marciti da tempo, la sua fama e il suo prestigio crebbero - e con essi il numero di individui determinati a tagliarle la gola. Tuttavia, a dispetto dei pericoli del suo mestiere, riuscì sempre a cavarsela come se protetta da guardiani invisibili. Nessuno però seppe mai a che prezzo.

[Bassa: focalizzando la propria attenzione su un oggetto o una persona, il possessore della tavola sarà in grado di trovare il sentiero più rapido e corretto per raggiungere il soggetto dei propri pensieri. La strada comparirà sulla tavola tratteggiata da mani invisibili, e ad ogni passo muterà e si adatterà alle circostanze cosicché possa condurre in maniera affidabile il proprio padrone sino alla meta. Il processo di tracciamento sarà anche accompagnato da una melodia terribile e assuefante - udibile soltanto dal proprietario dell'artefatto - che crescerà di intensità tanto più la meta si farà vicina, fino a causare fitte alla testa e una sensazione di angoscia. La tecnica è di natura psionica, e consuma di un Basso la risorsa mente. - Media: cadendo in uno stato di parziale incoscienza e ferendosi un dito, il proprietario di Melemenpo sarà in grado di tracciare col sangue sulla tela una mappa fedele dell'intera zona in cui si trova, visualizzata dall'alto. Gli edifici e le zone più rilevanti verranno segnate con alcune rapide annotazioni. La tecnica è di natura psionica e consuma di un Basso la risorsa mente e di un Basso la risorsa corpo. - Media: consumando un quantitativo medio della risorsa mente e prestando orecchio alle voci degli spettri, il possessore dell'artefatto sarà in grado di sapere - per la durata di due turni - l'approssimarsi di pericoli per la propria salute, anche se non sarà mai capace di intuirne la natura o la direzione. Inoltre guadagnerà 2 CS in Saggezza. La tecnica è di natura psionica.]

~ Blue Requiem Il peso di un simile potere si fece purtroppo mano a mano sempre più insopportabile per quella povera donna che aveva sempre e soltanto desiderato trovare una pezza per ogni ingiustizia. Troppo tempo trascorreva ad ascoltare la nenia agonizzante dell'oltretomba, troppe energie spendeva alla ricerca della soluzione per ognuna di quel miliardo di voci, fino a che non gliene rimasero quasi più per se stessa. Sempre più trasandata e distante dal mondo che la circondava, lentamente smarrì amici e amori, perse addirittura quella fiducia che con grande sofferenza e a caro prezzo aveva conquistato nel cuore dei bisognosi. Chiunque stesse a lei vicino per più di qualche minuto, percepiva in lei qualcosa di sinistro e sbagliato, come se la Desdora che vedevano, sentivano e odoravano fosse in realtà uno spettro caduto per errore nella parte sbagliata dell'esistenza. Talvolta, dicevano i più spaventati, si poteva udire attorno a lei un canto sgraziato, lacerante, da gelar il sangue nelle vene; i lamenti delle anime dannate che la perseguitavano notte e giorno.

[Malus: chiunque rimanga in compagnia del possessore dell'artefatto per più di qualche minuto, comincerà gradualmente a percepire qualcosa di strano, bizzarro e anche inquietante provenire dalla sua figura. Seppur senza capire di preciso per quale ragione, le altre persone diffideranno del possessore di Melemenpo e lo giudicheranno inaffidabile fino a che la realtà non proverà loro il contrario. - Alta: consumando un quantitativo alto di energie, il possessore dell'artefatto sarà in grado di sprigionare attorno a se il coro straziante di voci che è costretto ad udire ogni giorno, e far sì che anche gli altri ne subiscano le conseguenze. Le grida saranno talmente agghiaccianti che chiunque le udirà - senza opportune difese - sentirà le proprie gambe intorpidite dalla paura e troverà quindi difficile riuscire a muoversi dalla propria posizione per per la durata di un turno. Va considerata come tecnica di natura psionica ad area di potenza Alta (dunque Media per ciascun bersaglio), che non causa danni alla mente ma solo una paralisi parziale e momentanea.]



~ Paint it Black
La storia di Desdora si concluse in tragedia.
Lo Specchio le logorò l'anima, trasformò quella che una volta era una placida fanciulla in una spietata giustiziera. Avendo perso i contatti con la realtà, complice anche una inarrestabile perdita di memoria, la ragazza cominciò ad identificarsi nel flusso di pensieri delle voci che sentiva, smarrì la coscienza di se e al suo posto prese spazio un rancore profondo come un baratro. Quelle che prima erano state cantilene di agonia, divennero per lei grida di rabbia primordiale; ognuna di quelle voci desiderava vendetta, e così ella diede loro vendetta. Ad ogni criminale che le capitasse di incrociare riserbava il medesimo e atroce trattamento: esser costretto a patire di persona il frutto delle proprie malefatte e crudeltà, che come un fiume si riversavano dalla mente della giovane a quella dello sventurato. Così andò avanti fino a quando la sete di sangue degli spettri divenne troppa perché Desdora potesse soddisfarla, e forse perché colta da un barlume di gelida consapevolezza, ella decise di togliersi la vita. Ma pur così facendo la sua agonia non era terminata, ne lo sarebbe mai stata, poiché con il suo gesto decretò la sua condanna definitiva: quella di ricongiungersi al coro, la sua voce ad intonare la storia della propria tragedia assieme alle altre - in attesa che qualcun'altro si imbatta per sbaglio nello Specchio, e prenda la sciagurata decisione di mettersi ad ascoltare.

[Alta: l'utilizzatore di Melemenpo potrà materializzare sulla tela, sotto forma di affresco, la rappresentazione della colpa o della paura più grande del suo bersaglio. Una volta dunque mostrato il disegno al proprio avversario, se non se ne difenderà questi accuserà un danno psionico di potenza Alta sotto forma di terrore, senso di colpa, sgomento o angoscia a seconda delle circostanze. La tecnica è di natura psionica e consuma di un medio la risorsa energia e di un medio la risorsa mente. - Malus: Ogni qual volta il proprietario dell'artefatto, utilizzando le tecniche dello stesso, accumulerà in una singola giocata, quest o duello un consumo complessivo (contando tutte le risorse) pari o superiore a Critico, un disegno indelebile si verrà a formare sulla tela. Questo rappresenterà un ricordo estremamente importante del possessore, che dal canto suo perderà dalla propria memoria. Egli non sarà più in grado di rammentarlo, ma si ricorderà della sua importanza e sarà consapevole che il disegno rappresentato da Melemenpo è ad esso collegato. Sarà possibile riacquisire il ricordo - e cancellare il disegno - rinunciando all'impiego dell'artefatto per tutta la durata di una quest e/o duello, specificandolo al primo post della stessa. La memoria tornerà in maniera graduale al termine del periodo di separazione da Melemenpo. Se la tavola dovesse tuttavia riempirsi di quattro di questi disegni, il possessore diventerà incapace di sfruttare l'artefatto - poiché colto da un viscerale terrore ogni qual volta ne incroci le forme con lo sguardo o ne tocchi la superficie con la mano; allo stesso tempo, egli sarà perseguitato da desideri suicidi che ne occuperanno ogni pensiero fino a quando non deciderà di togliersi la vita o fino a che l'artefatto non sarà volontariamente distrutto o abbandonato dal suo originario possessore. Non sarà però possibile rivendere l'artefatto una volta raggiunto il limite, ne sarà più possibile rimuovere i disegni o recuperare i ricordi.]




CITAZIONE
2 passive (3 utilizzi ciascuna);
3 tecniche basse;
2 tecniche medie;
2 tecniche alte;
3 malus.

 
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Lunatic ( )
view post Posted on 21/8/2015, 14:39







Informazione sul ritrovamento: si tratta di una specie di grosso chiodo. Ha la forma di una piramide a base quadrata, largo due centimetri nel punto maggiore e lungo quindici. Attenzione: la punta è estremamente affilata, c'é il rischio di ferirsi anche maneggiandolo normalmente. Sembra essere fatto di una lega di materiali ferrosi. Pensavo fosse usato per tenere insieme delle impalcature di legno - appunto quello che dovrebbero fare i chiodi - ma ci sono croste di ruggine e sangue su tutta la superficie, a suggerire un utilizzo più macabro. L'ho ritrovato durante una spedizione in un complesso di caverne nel profondo nord, in mezzo a quelle che sembravano abitazioni scavate nella roccia, abbandonate di recente. Pensavo si trattassero di rovine naniche, ma c'erano delle sostanziali differenze nell'architettura. In ogni caso, l'oggetto è risultato positivo alla mia analisi supplementare per capacità magiche, altrimenti l'avrei lasciato con l'altra spazzatura. Non ho indagato oltre sull'estensione di tali capacità, comunque. Allego al ritrovamento anche queste pagine di manoscritto che ho trovato nelle vicinanze. Sono scritte in una specie di variante del Thereniano antico. Sono riuscito a tirare fuori solo un paio di parole; magari una traduzione completa ci può chiarire la natura dell'oggetto?

- nota dell'esploratore


(Attenzione: questo stralcio è tratto da un libro messo al bando dall'Inquisizione Lunatica. Sconsigliata la lettura.)


La fascinazione di Shaegor per il sangue è di pubblico dominio. Anche volendo escludere le spettacolari, quanto macabre, esecuzioni, molti eventi della sua agenda politica comprendono lo spargimento, deliberato e massiccio, di sangue. Si pensi ad esempio alle libagioni annuali o ai sette giorni di festa successivi alla sua incoronazione: alcune fonti sostengono che, negli ultimi giorni, alle libagioni di miele e vino venisse aggiunto il sangue di coloro che erano svenuti durante i festeggiamenti.

- estratto dalla Biografia Apocrifa del Re




Spina dell'Eterno Giubilo


Se si guarda alla sua vita privata, appare chiaro che il Re rivolge verso se stesso la stessa crudeltà esercitata nei confronti dei sudditi. Lungi dal giustificare le sue azioni, lo studio della sua storia può forse aiutarci a comprendere meglio i meccanismi dietro alla sua mente, che altrimenti ci apparirebbe solo come imprevedibile e malata. In tenera età Shaegor venne colpito da un caso acuto di Spasmo Rosso, che lo costrinse a rimanere a letto per gran parte del suo dodicesimo anno. Com'è ben noto, la malattia gli provocava delle piaghe su tutto il corpo, con conseguenti e copiose emorragie esterne.

Forse lo Spasmo Rosso, così intenso e in età giovanile, ha condizionato il giovane re a tal punto da dover ricercare, in continuazione, quel continuo spreco di sangue.

Sulle abitudini malsane
La Spina dona grande euforia e grande potere, se si è disposti a intraprendere il cammino intrapreso dal suo creatore originario. Innanzitutto, il nuovo possessore non proverà più né disgusto né paura alla vista del sangue, che questo sia di alleati o di nemici: anzi, la perdita di sangue lo farà sentire rinfrancato nel corpo e nello spirito - anche nel caso in cui, paradossalmente, si trattasse del suo. Laddove altri si sentirebbero infiacchiti, il possessore diverrebbe più forte come un animale selvaggio in preda alla frenesia cacciatrice. Per beneficiare di quest'effetto è sufficiente tenere la spina in mano, o indossarla, o ancora averla in una tasca: il portatore diverrà consapevole della sete di sangue come di un vecchio istinto. Tuttavia, per avere accesso alle vere potenzialità della Spina, l'utilizzatore dovrà conficcarsela nel corpo - infliggendosi da solo, quindi, una ferita sanguinante - e compiendo un atto di guerra contro il suo stesso essere.
[Passiva: un CS alla forza ogni volta che qualcuno, sul campo di battaglia, riceve una ferita sanguinante (6 utilizzi) + Malus: per usare le altre abilità della spina, bisogna auto infliggersi un danno Medio -al fisico- con essa.]



Si potrebbe obiettare che i danni che un singolo infligge a se stesso rientrano nella sfera della sua libertà personale e non sono di interesse per la società. Ciò è sicuramente vero; la distinzione risulta però difficile nel caso di Shaegor. Se lui poteva sanguinare e trarne diletto e forza, tuttavia, il popolo sanguinava e ne traeva solo terrore e morte.

Sulle esecuzioni pubbliche
Tra i poteri conferiti dalla Spina c'è la capacità di provocare, nel malcapitato bersaglio, violente perdite di sangue e piaghe simili a quelle inflitte dallo Spasmo Rosso. Nello specifico il possessore avrà la possibilità di spedire un'influenza magica, invisibile, verso il suo nemico. Se questi non dovesse o non potesse difendersi, vedrebbe aprirsi sul suo corpo numerosissime ferite di bassa entità, come piccoli tagli. Questi squarci non causerebbero danni in sé - aldilà dello shock iniziale - ma darebbero il via a un sanguinamento prolungato della vittima.
[Attiva: la tecnica ha natura magica. Causa l'apertura di ferite sul corpo del nemico, provocando un danno basso al fisico da sanguinamento per quattro turni. Consuma un Alto energetico.]


La ferocia è un tratto che noi, individui di cultura, tendiamo a sottostimare o a stigmatizzare. Invece, è stata proprio l'efferatezza del Re a fargli guadagnare il favore di tanti soldati, durante il suo breve periodo di leva nelle schermaglie sotterranee. Per quanto la figura di Shaegor sia sempre stata ammantata di un'aura inquietante, i resoconti militari attestano come non si sia mai ritirato da uno scontro diretto. La sua presenza, anzi, sembrava stimolare i suoi compagni di plotone alla carica, come spronati dalla sua spinta aggressiva e dall'efficacia delle sue tecniche.

Sull'intraprendenza personale
Il portatore della spina può causare nel nemico ciò che egli stesso ha causato al suo corpo. Quest'influenza magica si manifesterà come un'onda invisibile. Chi ne verrà colpito vedrà una ferita crearsi nel punto in cui l'utilizzatore si è trafitto, e quasi immediatamente avvertirà il sanguinamento, pari a quello di un danno di media entità.
Se ciò non fosse sufficiente, il possessore potrà estrarre l'artefatto dal suo corpo e colpire con essa il suo bersaglio. Ma la Spina dell'eterno Giubilo rimane fedele al suo padrone: invece di donare i poteri al nemico, lo prosciugherà completamente del suo sangue, causandone la morte.
[Attiva: Tecnica di natura magica che infligge a distanza un danno medio al fisico del nemico. Consuma un Medio energetico. + Attiva Nulla di PK]



Avendo considerato queste abitudini, appare incredibile come il Re sia potuto sopravvivere alla sua infanzia sino addirittura ad arrivare alla vecchiaia. All'epoca della sua ascesa al potere, molti generali e i politici dell'elité si rifiutarono di vederlo come una minaccia, nonostante il suo ascendente sulle masse. Pensarono che la sua salute fragile, i chiari segni di squilibrio mentale e le abitudini masochiste l'avrebbero portato a una prematura dipartita. Invece, fu l'incoronazione di Shaegor - e le purghe successive - a causare la morte anzitempo di quelli della vecchia guardia.

Sulla resistenza innaturale
Chiunque sia in grado di conficcarsi volontariamente un chiodo di quindici centimetri nel corpo è evidentemente disposto a sacrificare molto per il potere e, in qualche modo, è suscettibile alle sue lusinghe. Non sempre tanta malata dedizione rimane inappagata. Una delle promesse più oscure, garantite dalla Spina è quella dell'immortalità: se l'utilizzatore dovesse spingersi troppo oltre nella sua auto mutilazione, o se l'emorragia connessa ai poteri dell'artefatto dovesse succhiargli via la forza, egli tornerebbe in vita, rialzandosi come dopo un lungo sonno. Le ferite nel suo fisico sarebbero completamente risanate - almeno fino all'utilizzo successivo della Spina - e il possessore potrebbe di nuovo camminare sulla terra. Tuttavia, l'oggetto non influisce sui danni ricevuti nell'anima o nello spirito: se l'utilizzatore, ad esempio, morisse per sfinimento, la sua dipartita non sarebbe più temporanea.
[Passiva: Se l'utilizzatore della Spina dovesse morire per i danni fisici, tornerebbe in vita alla giocata successiva. L'immortalità non si applica se la morte dovesse sopraggiungere per danni psionici o all'energia.]
 
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Lunatic ( )
view post Posted on 22/8/2015, 09:26





Di LocLac il pacificatore non si sa molto, o meglio, la sovrabbondanza di informazioni fa sì che sia impossibile distinguere il mito dalla realtà. Quasi ogni razza umanoide lo annovera tra le sue fila: umani o umanoidi, elfi, mezzelfi, pelleverde, progenie di demoni o di draghi, e qualsiasi altro possibile ibrido, come se ogni comunità volesse riscattarne i natali e annoverarlo tra le sue fila. Era un guerriero: per quanto, stranamente, venisse chiamato pacificatore; secondo alcuni perché scongiurò guerre e catastrofi, secondo altri perché così forte da essere lui stesso una calamità così grande da mettere a tacere ogni altra. Le leggende concordano solo su pochi fattori: visse principalmente nel nord di Theras, aveva la pelle scura e i capelli bianchi, e indossava sempre un'inconfondibile sciarpa rossa.




Qualche volta - ma raramente - gli oggetti non sono solo oggetti. Diventano ricordi, mementi, simboli; diventano reliquie senza che ci sia un credo e un culto a ingabbiarle in una teca di vetro. Nelle mani giuste trasmettono i messaggi dei precedenti possessori, come un'eco lontana di nostalgia. Un braccialetto di rame che Maeve adorava; il consunto coltello da caccia del nonno; una culla abbandonata in soffitta. A volte l'impronta che viene lasciata è così forte che può avvertirla anche un completo estraneo - e allora ci si tiene a distanza, per evitare non tanto la polvere o l'usura, ma il fantasma che quell'oggetto si porta dietro. In questo mondo le anime possono lasciare un'impronta durevole sulla sabbia, le volontà permangono come ombre assopite.

Sciarpa rossa di LocLac




S W I F T N E S S


L'effetto più immediato della sciarpa è quella di donare un'agilità sovrumana. Il tessuto sembra quasi vivo, in quanto si muove come spinto da un vento invisibile. La stessa sensazione di leggerezza si trasmette a chi indossa la stoffa rossa, al collo o in qualunque altro modo. Il possessore non solo si sentirà di avere un perfetto controllo dei suoi movimenti, ma sarà anche più sicuro di sé. In un certo modo, tracotante. Di fatto l'oggetto non aumenta la velocità: piuttosto, permette di effettuare degli scatti improvvisi e repentini, per quanto pervasi da una certa grazia. Si narra che LocLac delle leggende fosse in grado di ritrarsi da un fendente quel tanto che bastava a lasciare alla spada nemica solo lo svolazzare morbido della sciarpa.
[Passiva: possibilità di evitare, a parità di CS, gli attacchi fisici del nemico (6 utilizzi)]




C L E A R N E S S


Con l'eroismo seguono le responsabilità, e le responsabilità dipendono dal singolo e dalla sua capacità di scelta. Non sarebbe molto eroico - o saggio - impadronirsi di grandi poteri, e poi rimanere in balia dei desideri altrui, lasciando che quelle capacità vengano sfruttate da chissà quale volontà, per chissà quale scopo. No: il possessore della sciarpa avrà, insieme alla sicurezza in se stesso, un'aura di integrità che lo aiuterà a superare le influenze psioniche che lo circondano.
[Attiva: con un consumo mentale medio ci si può difendere dalle influenze psioniche di potenza pari o inferiore.]



W I S E N E S S


Ci sono altri oggetti a questo mondo - oggetti intrisi di volontà - così come la sciarpa stessa. La fibra del tessuto, pregna dell'essenza di LocLac, in qualche modo sembra reagire ai suoi simili: come se avvertisse delle particolari vibrazioni dell'aria, come se sentisse le loro voci. Se il possessore domanderà, la sciarpa gli indicherà tali artefatti. Per ognuno di questi oggetti magici, dalla trama rossa si staccherà un filo che punterà nella sua direzione. In questo modo il portatore sarà in grado di prendere le dovute precauzioni di fronte ad altri incanti.
[Passiva: Auspex di artefatti - esclusi quelli indossati dal possessore. (3 utilizzi)]



G O O D N E S S


Abbiamo già detto che il potere implica la responsabilità. LocLac aveva entrambe. Per quanto in genere si narra di lui come un eroe positivo, ci sono molte favole che mostrano il suo lato oscuro. Le varie versioni del mito concordano che in più di un'occasione LocLac si macchiò di crimini quali l'omicidio o l'efferatezza, il furto e la minaccia, l'intimidazione e talvolta la tortura. Per altri, invece, fu il suo zelo a farlo esagerare in talune situazioni. O ancora ci sono racconti in cui egli, in maniera molto umana, si sbagliò. In ogni caso LocLac portò sempre sulle sue spalle il peso delle sue azioni, e così sarà anche il portatore. Quando compirà qualche azione decisamente malvagia - non ha importanza se se ne macchierà per un bene superiore - sentirà la sciarpa farsi pesante quasi come fosse piombo, e la stretta sul suo collo non sarà più fresca e morbida, ma soffocante. Talvolta il tocco della stoffa sulla pelle potrà sembrare quasi un morso. Non potrà nemmeno rimuovere l'artefatto, almeno non finché la pena perdura: questo continuerà a servire il possessore, ma gli ricorderà dei suoi errori come forma di espiazione.
[Malus: Al compimento di un'azione malvagia la sciarpa non potrà essere rimossa e infliggerà dei malus negativi - come quelli citati - con una durata e intensità proporzionali al crimine commesso.]


F O O L I S H N E S S


L'eroe, se mai è esistito, doveva essere ben consapevole dei limiti di questa abilità; o forse nei racconti mitici vengono tramandate solo le vittorie, e non gli errori. Invece il nuovo possessore di questo artefatto dovrà fare la dovuta attenzione. Le abilità conferite dalla sciarpa non sono infallibili. Eppure, più se ne fa uso, più ci si sente sicuri di sé: fino a convincersi di essere degli intoccabili. Fino a dirsi di non avere bisogno di un potere esterno per eccellere. Chi usa questo artefatto avrà la tendenza a correre dei rischi inutili: schivare gli attacchi solo all'ultimo secondo, ignorare la sensazione di pericolo, sottostimare l'influenza della mente altrui. L'utilizzatore avrà il bisogno di dimostrarsi, in continuazione, migliore del suo nemico: si sentirà euforico nell'esporsi al rischio. Anche a quello più mortale.
[Malus: l'utilizzatore avrà la tendenza a mettersi in pericolo, sovrastimando il potere della sciarpa o credendo di non dover dipendere dalle sue capacità. Tale tendenza è tanto più forte quanto più si usa la sciarpa.]



G O D N E S S


La fama di LocLac era tale che - sempre secondo la leggenda - interi regni cadevano in uno stato di pace forzata con le nazioni confinanti, per paura dei sovrani che se avessero mosso guerra, LocLac sarebbe disceso dal cielo con la punizione divina, calando la sua spada sulle loro teste. Questi racconti sono esagerati, eppure, ci potrebbe essere un fondo di verità. Quale altra capacità è associata agli emissari divini, se non quella di poter apparire in qualsiasi luogo, in qualsiasi momento? Il possessore della sciarpa può riuscire in questa incredibile impresa. Al suo volere la stoffa della sciarpa si distenderà e si sformerà, allargandosi sulla sua figura come in un bozzolo cremisi. Una decina di secondi più tardi, questa barriera si infrangerà, rilasciando il possessore nel luogo desiderato. Aldilà della mistificazione, questo potere è ben diverso dal dono dell'ubiquità: possono essere raggiunti, in questo modo, solo luoghi conosciuti.
[Attiva: con un consumo energetico Alto si può effettuare un teletrasporto, anche su grandi distanze, verso un luogo conosciuto. Per caricare la tecnica si impiega un turno completo di gioco.]


Ci ho preso gusto a scrivere artefatti, spero che almeno abbiano senso con il regolamento, visto che ancora non sono riuscito a farmi la scheda. :nosi:


Edited by Lunatic ( ) - 22/8/2015, 14:18
 
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view post Posted on 22/8/2015, 22:09
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" ELIXIR", o "la misteriosa miscela"

La creazione di questo oggetto avvenne molti, molti anni fa. Così tanti, infatti, che non mi spiego come mai sia ancora integro. Ma andiamo con ordine: la miscela per creare la pozione più portentosa su Theras richiede un alchimista fallito, un eroe caduto e i frammenti di una spada divina.
Tutto nacque dal bisogno dell'eroe di rinascere. Lo vidi per la prima volta durante una notte in cui la luna brillava nel cielo dell'Akeran come non l'avevo mai vista fare prima... e sotto a quel bagliore, ecco l'eroe! Pallido come quella stessa luna, l'eroe era venuto da me -l'alchimista più squattrinato del sud- sperando di trovare salvezza dai peccati che ancora lo tormentavano. Mi chiese qualcosa di terribile.
"Puoi resuscitarmi?" mi disse, con tono quasi innocente.
Ed io, che di certo non sono un negromante, gli risposi: "Certo che no, mascalzone! Ora vattene o ti spedirò davvero all'inferno!"
Quanto poco sapevo! Subito dopo, il bianco eroe tirò fuori dal suo mantello le schegge del metallo più denso di magia che avessi mai visto nella mia (ammettiamolo) breve vita. Così mi misi al lavoro, ispirato più che mai...

Per tre notti e tre giorni lavorai su questo capolavoro alchemico. Sono sicuro che se ora qualcuno sapesse dei miei risultati sarei ammirato dalle folle come un messia! Ma sfortunatamente le spade divine non sono esattamente comuni comuni; replicare questo composto è risultato impossibile. Per prima cosa, logicamente, ho sciolto il metallo sacro. Badate bene signori, perché ho dovuto usare due mani per sollevare soltanto la più piccola scheggia di quel metallo, quindi se vi capita tra le mani qualcosa del genere prestate attenzione a non tagliarvi un piede per sbaglio facendolo cadere.
Uno studio attento del metallo fuso mi ha portato a capire che la densità magica all'interno della spada derivava non da uno, bensì da due incanti su di essa, uno straordinario caso di come nell'antichità fosse facile incantare un oggetto più volte. Ora, ahimè, la pratica è andata perduta. Ma sto divagando.
Come dicevo, il metallo aveva due incanti su di esso, ed erano di natura completamente diversa. La cosa più logica da fare è stata separare il prodotto fuso in due parti uguali, in modo che ognuna di esse trattenesse un incanto. In questo modo ho potuto anche modificare gli incanti stessi e ribaltare i loro svantaggi in poderosi vantaggi. Sono sicuro che qualsiasi Dio abbia creato quella spada sia un incompetente o un sadico, ma può anche darsi che sia entrambe le cose.
Dopo altre intense ore di perfezionamenti alchemici che non starò a spiegare a voi che ci capite poco, ottenni il risultato sperato. No, di più! Ottenni l'inaspettato, ottenni qualcosa di comparabile alla pietra filosofale.
Misi i due composti in una sola bottiglia di vetro, ma feci attenzione a dividerla in due sezioni in modo da non mischiare mai le miscele. Come promesso, diedi la maggior parte del liquido ottenuto all'eroe, e tenni una piccola parte per me come pagamento. Non ho più rivisto quel figlio d'una cagna! Un vero peccato.
Ma almeno ho la mia vita eterna in bottiglia.

"Non proprio infinita..." - eh già. Neppure la più grande pozione alchemica del secolo è infinita. Cosa vi aspettavate, un bicchiere senza fondo? Non sono mica un ubriacone qualsiasi io. Fatto sta che la mia pozione possiede due parti ben distinte e ben riconoscibili dal loro intenso colore: una è blu, l'altra è rossa. Facile no? Si possono prendere due sorsi da ogni parte al massimo, quindi quattro in totale, e non di più. Una volta finita la bottiglia, non potrete più ingozzarvi con il nettare degli dei. La buona notizia è che una volta finita, dopo circa una settimana la pozione sarà di nuovo piena! La boccia di vetro infatti è stata creata in modo da prendere al suo possessore delle quantità minuscole di essenza vitale con il passare del tempo, quindi riesce a togliervi ciò che avete ingerito in poco tempo! Davvero geniale. Come? Certo che non è pericolosa! Malfidenti. [Malus: Elixir ha due abilità principali, "Rosso come il sangue" e "Blu come la morte". Queste abilità rappresentano le due sezioni della pozione, e possiedono "utilizzi" esattamente come le abilità passive. Una volta esauriti questi utilizzi, le abilità corrispondenti non potranno più essere usate fino alla fine della giocata.]

"Rosso come il sangue" - partiamo dalla sezione rossa, così vi sarà più facile comprendere quella blu. Il meccanismo è molto semplice! Innanzitutto, dovete sapere che originariamente la spada divina aveva proprietà degeneranti. Si cibava del flusso vitale del suo possessore in cambio di tremenda potenza. Ovviamente, non posso creare una pozione così auto-distruttiva, è contro i termini stessi della mia professione. Non so se lo sapete, ma c'è una differenza tra i fieri alchimisti come me e i generici scienziati pazzi. Ma bando alle ciance! Tagliando corto, ho rovesciato le proprietà dell'incanto: ora invece di corrodere, guarisce. Ma non è così miracolosa come pensate, eh no. Infatti richiede un tributo di energie per fare effetto, gravando sulla mente e sulla riserva di mana. (Attiva, costo alto diviso tra energia e mente, natura fisica: ingerendo la parte rossa dell'Elixir, è possibile curare una ferita di portata media al corpo. Questa tecnica ha due utilizzi.)

"Blu come la morte" - vi ricordate quando vi ho detto che quest'altra capacità della mia pozione è più difficile da comprendere? Bene. Ricordate quello che vi ho detto sulla parte rossa? Ottimo! Vedrete, sarà una passeggiata: invece di curare il corpo, questo liquido verde cura la mente! Come come? "Non è possibile che un liquido curi i pensieri"? E chi sei tu, un alchimista? No? Ecco, allora taci. Come dicevo, questa parte della pozione cura la mente attraverso un delicato procedimento biochimico che va ad intaccare il sistema nervoso e gli permette di rigenerarsi e persino di creare nuove sinapsi. Come come? Cos'è una sinapsi? Ah diavolo, mi stavo scordando che siamo nel medioevo. Vabbeh, sentite qua: se ingerite questa parte, oltre a vedervi sottratto un pizzico di energia, vi sentirete anche spossati. Fate attenzione! (Attiva, costo alto diviso tra energia e corpo, natura fisica: ingerendo la parte blu dell'Elixir, è possibile curare una ferita di portata media alla mente. Questa tecnica ha due utilizzi.)

"Giusto un assaggio" - bene, ora quello che vi serve sapere è che tutti gli effetti della pozione che ho elencato fino ad ora, compreso quello che vi dirò tra poco, sono accidentali. O, woe is me! Ero giovane e non avevo idea di quello che stavo facendo. Sono fortunato che ingerire una sola parte della pozione non abbia causato danni irreversibili a qualcuno, o almeno così mi è giunta voce. Secondo i miei calcoli è perfettamente possibile che invece di rigenerare, la parte rossa possa far crescere delle corna d'avorio. Un'altro effetto che sto tentando di replicare ancora oggi. Come dite, sto divagando? Mh. Avete ragione, sì. Beh, comunque c'è un effetto secondario, ma fortunatamente può essere prevenuto e usato a proprio vantaggio. Vedete, per usare le proprietà curative della miscela bisogna prendere un sorso e mandare giù direttamente, ma se si tiene una delle due parti nella bocca senza ingerirle si scatenerà un altro effetto. Beh, eccovelo: (Attiva, costo medio energetico, natura fisica: tenendo in bocca un sorso di una delle due parti di Elixir, l'utilizzatore diventa per due turni completamente insensibile al dolore sia fisico che mentale. Questa tecnica consuma un utilizzo di "Rosso come il sangue" oppure "Blu come la morte" da scegliere al momento del cast e non può essere usata se entrambe le riserve della pozione sono vuote.)

"Elisir di lunga vita" - siamo finalmente giunti al clu della serata, cari amici. C'è un motivo per il quale l'eroe si era rivolto a me: ebbene, io ero l'unico essere umano al tempo ad aver scoperto la formula dell'immortalità. Chiaramente, senza artefatti divini a portata di mano avevo poche chance di provare la mia teoria, ed anche ora che custodisco gelosamente la parte della mia pozione... non posso divulgarne la natura. Sono stato uno sciocco a credere che l'immortalità fosse una scoperta scientifica! In realtà è un segreto da nascondere, poiché porta solo disgrazie a chi la sbandiera in giro. Sono passati... uhm... duecento anni, penso? Capirete che ad un certo punto me ne sono dovuto andare dalla mia città, visto che la gente iniziava a sospettare che io non morissi mai. Beh, è una storia piuttosto triste, lo so. Sono sicuro che anche l'eroe, ovunque sia, è d'accordo con me. Vi dirò dunque il segreto dell'immortalità, ma solo perché siete stati pazienti e avete letto tutto fino a qui. Come ho detto, non ho inventato questa pozione per un uso separato delle due miscele: sono da prendere insieme. Una volta fatto, sarete effettivamente immortali!... per poco tempo. Non sono riuscito a creare un elisir che dia la vita eterna per l'eternità, solo per un breve periodo. Ma se vi capiterà di morire in quei momenti, la vostra coscienza sarà sbalzata via dal vostro corpo e la pozione creerà un corpo nuovo, identico al precedente, in modo che la vostra anima possa entrarci. Sfortunatamente la pozione ha l'abitudine di creare questa reincarnazione da qualche parte nell'oceano di Zar. Ma se non verrete mangiati dai mostri marini, prima o poi approderete sulle spiagge di Theras, lontani da qualsiasi pericolo. Ah! Ovviamente, la pozione non funziona su chi è già morto. Perfetta per sacrifici eroici! (Attiva, consumo medio energetico, natura magica: l'utilizzatore di Elixir ingerisce contemporaneamente le due parti separate della pozione e ottiene gli effetti di una passiva di immortalità per quattro turni. Se l'utilizzatore dovesse morire in questo lasso di tempo si ritroverebbe su una spiaggia nell'Akeran, in un corpo nuovo ma identico al precedente, ma comunque fuori dalla giocata in cui stava partecipando a meno che il QM non desideri altrimenti. Questa tecnica utilizza un utilizzo sia di "Rosso come il sangue" che di "Blu come la morte" e non può essere utilizzata se anche una delle riserve della pozione è vuota. Questa tecnica non può essere utilizzata su personaggi o npc già morti.)

- dagli appunti di Alexander Burghette


Edit: aggiunte le nature mancanti alle tecniche.

Edited by Snek - 23/8/2015, 19:17
 
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view post Posted on 23/8/2015, 20:15
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In un tempo non molto distante dal nostro, si narrava di una creatura mostruosa che aveva preso residenza in una delle più grandi foreste della Roesfalda. Si diceva che gli spiriti della foresta, adirati dal comportamento degli uomini che ripetutamente l'avevano profanata - cacciando e disboscando - avessero dato vita alla bestia per scacciare gli intrusi, e distruggere chi ancora osava inoltrarsi nella boscaglia animato da malefici propositi. Quella creatura era Mìr, il guardiano dell'inverno. Un orso di immani proporzioni, alto tanto quanto gli alberi più antichi e forte almeno quanto cento uomini. Per molti secoli vegliò sulla foresta e i suoi abitanti, difendendoli dalle intrusioni indesiderate e senza mai spingersi al di fuori dei suoi confini, finché alcuni famigerati cacciatori udirono della sua storia e presero la decisione di provare agli occhi del mondo che quella del guardiano dell'inverno era una leggenda, nient'altro che un animale troppo cresciuto. Benché nessuno di quegli uomini e quelle donne sapesse come la belva avesse avuto origine, non importava; per loro Mìr era solamente una sfida, un trofeo che presto avrebbero appeso alle loro bacheche e di cui per gli anni a venire si sarebbero fatti vanto con amici e parenti. Pur contro l'opinione dei molti che nei borghi prossimi alla foresta consideravano l'orso come una sorta di divinità, partirono dunque per la loro spedizione. La battaglia durò per svariate giorni e svariate notti, e costò alla compagnia numerosi morti e menomati, ma alla fine Mìr cadde; il suo corpo venne fatto in pezzi, i suoi resti divisi fra i pochi sopravvissuti come un empio trofeo di guerra. Fu soltanto molti anni dopo che i superstiti compresero quanto si fossero sbagliati sull'orso; ognuna delle reliquie, infatti, trasportava ancora una magia antica e primordiale che non si sarebbe mai spenta del tutto.


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L'Artiglio di Mìr
- la zampa destra dell'orso -



Delle due zampe del colossale orso la destra era quella rimasta meglio preservata, e da essa uno dei discendenti di Maelock - il capocacciatore - fece forgiare un artefatto che ne racchiudeva e canalizzava i poteri. La forma scelta dall'uomo fu quella di un guanto, costruito con il cuoio, gli artigli e la pelliccia della bestia e rinforzato da alcuni innesti in metallo recuperati dalle medesime armi che ne avevano troncato la vita. Impiegando quest'arma, divenne più noto come mercenario che come cacciatore, eppur paradossalmente non dovette trovare molta fortuna poiché del suo nome non giunge a noi più alcuna traccia. Il guanto sopravvisse però a lui e agli altri suoi possessori, integro, ancora carico della sua energia arcana. Così infine, benché fu Mìr a cedere quel giorno, il guardiano dell'inverno non morì mai veramente - al contrario degli sciagurati che ne avevano devastato il dominio. {Guanto d'arme munito di artigli}


F u r y — a chi chiedeva loro di raccontare la storia di quei giorni di incessante battaglia, i cacciatori iniziavano sempre con mettere in chiaro il fattore che allo stesso tempo identificava più fedelmente il gigante della foresta e assieme anche il suo fatale punto debole, la breccia nella sua corazza che avevano sfruttato per abbatterlo. Tale era la furia dell'orso, una potenza incalcolabile - capace di annientare interi squadroni di uomini addestrati nel suo primevo impeto - ma allo stesso tempo rea di offuscare la mente di una bestia che tale era solo di nome. Si diceva che niente e nessuno poteva fermarlo, una volta in carica. Eppure, se solo non si fosse lasciato andare all'ira più cieca, raccontavano gli improvvisati cantastorie, forse Mìr avrebbe vinto e divorato le loro carcasse. Forse sarebbe stato lui ad addobbare la propria tana di pelli e di teste.

[Malus: una volta indossato il guanto, il proprietario non potrà rimuoverlo fino alla fine della scena/duello/quest. La mano su cui è innestato non potrà quindi brandire altra arma (offensiva o difensiva), ma potrà comunque sfruttare oggetti (di erboristeria e non) e/o compiere azioni; Malus: ogniqualvolta una tecnica attiva o una passiva dell'artefatto dovesse venire utilizzata, la pelliccia decorativa presente sul dorso del guanto si farà più folta e si inerpicherà su per il braccio dell'utilizzatore sino ad avvolgerlo. Dopo tre utilizzi, la pelliccia giungerà a stringerne il collo e farà cadere il suo utilizzatore in uno stato di Furia che terminerà solo alla fine del duello. In questa condizione il proprietario manterrà parte della propria capacità di pensiero, potendo usare tecniche, oggetti, riconoscere le persone ed elaborare piani rudimentali; tuttavia sarà spinto a combattere con ferocia e gli sarà vietato rinunciare allo scontro, di riposare o di fuggire. Questo malus non si applica al di fuori del combattimento e si resetta una volta concluso lo scontro.]

P r o w e s s — di fronte alla ferocia primordiale della bestia, in molti provarono per la prima volta nella loro esistenza il vero significato della paura. Era come trovarsi dinanzi alla rabbia plasmata in carne e sangue, uno strumento di terrificante potenza che la natura aveva partorito per scacciare definitivamente coloro che non avevano portato altro che morte e distruzione nella foresta. Consapevole di questo, Mìr non temeva niente e nessuno; sapeva che un suo solo ruggito era sufficiente a congelare il sangue nelle vene dei più incalliti veterani.

[Passiva (2 utilizzi): consumando un utilizzo di questa passiva, il possessore dell'Artiglio sprigionerà un'aura di terrore fino alla fine del turno; Passiva (2 utilizzi): consumando un utilizzo di questa passiva, il proprietario dell'artefatto sarà in grado di ignorare qualsiasi influenza psionica passiva fino alla fine del turno.]

P r i m a l F o r c e — il guardiano era temuto anche per la sua forza disumana, per la sua capacità innata di colpire dove faceva più male e far soffrire intensamente chiunque subisse ferite dai suoi artigli. Ciò che non riusciva a spezzare con le sue braccia, lo spezzava con il dolore atroce che i suoi colpi lasciavano come un marchio sul corpo degli sventurati. E coloro che venivano ingiuriati non potevano neppure sperare di scalfire la bestia per rivalsa, poiché i suoi riflessi erano affilati come lame - specialmente considerando la notevole stazza. Difficilmente poteva esser preso di sorpresa e molte delle tattiche dei più astuti cacciatori si rivelarono vane di fronte a una così affinata percezione.

[Passiva (2 utilizzi): consumando un utilizzo di questa passiva, il personaggio acquisirà fino alla fine del turno dei riflessi sovraumani tali che gli consentiranno di reagire ad attacchi molto veloci e/o improvvisi; Passiva (2 utilizzi): consumando un utilizzo di questa passiva, fino alla fine del turno ogni attacco fisico non-tecnica che l'utilizzatore manderà a segno causerà nel bersaglio un dolore molto maggiore al normale, pur non modificando in alcun modo il danno.]

E n d u r a n c e — tolti gli stratagemmi dei cordardi, ai cacciatori rimaneva soltanto l'approccio più diretto allo scontro. I pochi che ebbero abbastanza coraggio per affrontare il guardiano faccia a faccia dovettero tuttavia fare i conti con la sua coriacea pelle. Sotto gli strati di folta pelliccia, egli possedeva un rivestimento di cuoio e muscoli talmente duro che le frecce si spezzavano e le spade si smussavano. Pareva proprio che niente e nessuno potesse ferire una bestia del genere, figurarsi abbatterla.

[Bassa: il guanto assumerà per la durata di un turno una resistenza paragonabile a quella della pietra e potrà essere utilizzato per schermarsi da assalti fisici e simili, purché di potenza pari o inferiore. Difesa di natura magica contro gli attacchi di natura fisica, consuma energia.]

S t r e n g t h — il colossale orso non era però invincibile al contrario di come appariva, un fatto che i meglio armati e i più scaltri della compagnia appresero abbastanza in fretta; le ferite che riuscivano a causare erano lievi al massimo, ma solamente poiché la belva si difendeva bene e sfruttava ogni sua capacità per mantenere il vantaggio. La creatura era animata da una spietata intelligenza - molto superiore a quella che si poteva aspettare da un animale - e resosi consapevole della pericolosità delle armi e delle trappole di ottima fattura che i capitani portavano con loro, sfruttò attimi di confusione per afferrarle e stritolarle tra gli artigli. E per ogni strumento di morte distrutto, la risolutezza del guardiano pareva fortificarsi, come se provasse gioia nell'annientare i prodotti di quella stessa civilità che lentamente stava divorando la sua foresta.

[Media: afferrando o toccando un'arma o un pezzo d'equipaggiamento del nemico, il proprietario dell'Artiglio sarà in grado di sbriciolarlo istantaneamente rendendolo inutilizzabile (conta come danno basso all'equipaggiamento). Inoltre guadagnerà 2CS a Vigore. Natura fisica, consuma energia.]

A w a k e n i n g — tuttavia Mìr aveva sottovalutato la perseveranza di quel branco di massacratori, e sopravvalutato la propria pazienza. I giorni si susseguirono, e ad essi le notti, senza mai un attimo di tregua; e sebbene per ogni sua zampata tre cacciatori morivano e uno restava storpio, le continue e piccole ferite che riuscivano a infliggergli negli attimi più concitati si accumularono sino a irretirlo. Divenne furioso, disorientato, prese a combattere senza più ragionare e nella sua ira falcidiò la gran parte delle file dei nemici della foresta. Purtroppo i più abili e anziani di loro riuscirono a sfruttare il suo momento di debolezza per stoccare colpi letali nelle zone più fragili del suo corpo, e dopo aver sopportato più di quanto qualunque uomo potesse anche solo immaginare, la belva cadde con un tonfo che fece tremare la terra. Così finiva la leggenda del guardiano dell'inverno: in uno scoppio di ribollente furia omicida.

[Alta: il possessore dell'Artiglio muterà in un orso mannaro per la durata di due turni. In questa forma guadagnerà 4 CS in Forza, potrà usare artigli e zanne come armi naturali e beneficerà di una passiva che gli farà vincere tutti gli scontri fisici a parità di CS. Questa tecnica può essere usata solo se il proprietario dell'artefatto si trova in stato di Furia, e una volta conclusa la mutazione il suddetto malus si riazzererà. Natura magica, consuma di un medio l'energia e di un medio la mente.]



CITAZIONE
4 passive da 2 utilizzi;
1 bassa;
1 media;
1 alta;
2 malus.

 
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