Gentiluomini di fortuna
— caccia all'oro—
giorno; piazza del porto, città di Mazar, Qatja-yakin
La gente si affollava ai bordi della piazza, indicando il cordame colorato e la statua imperiosa che decorava la polena: l'Akeran aveva le sue meraviglie, ma quelle forme e quei colori non sembravano nemmeno di questo mondo. C'erano uomini, che infine non avevano avuto il coraggio per partire, c'erano mogli e figli di coloro che ormai erano a bordo, c'erano mercanti, musici, mendicanti e tutto ciò che una città portuale può offrire. Un venditore ambulante di mele sciroppate si faceva largo tra la folla, tenendo tra le mani tre mele, conficcate in altrettanti stecchetti di legno. Musici erranti e cantori di passaggio cercavano di trovare il loro spazio, inneggiando alla partenza imminente e favellando sulle incredibili avventure che avrebbero vissuto i fortunati viaggiatori. Speranzosi inventori cercavano di vendere il prodotto del loro genio a chi era abbastanza folle (e spendaccione) da credere alle loro parole. Tutta la popolazione viveva quella partenza come un momento di festa, e fu con un boato di esaltazione che salutò la partenza della nave.
A bordo, gli uomini e le donne erano radunati sul ponte e speranzosi si guardavano attorno, tenendo d'occhio il loro scarso bagaglio. L'Ammiraglio camminava tra loro, dando pacche sulle spalle, facendo battutine e ammiccando continuamente. Sembrava divertirsi nell'iniziare a conoscere i suoi compagni di viaggio, facendo domande e aspettando pazientemente una risposta, mentre tutti si mettevano a loro agio. Passarono quindi una quindicina di minuti, prima che il capo della spedizione, finite le chiacchierate, si portò al centro del gruppo, battendo le mani per attirare l'attenzione.
« Bene, bene, l'ora è giunta! Si spieghino le vele, si issi l'ancora! Si parte! » parlò, guardando a destra e a manca, gesticolando e indicando a caso. I viaggiatori si guardarono attorno, ma nessuno si era ancora mosso: davvero l'esploratore credeva che si sarebbero messi a fare anche da marinai? Loro, che avevano poca e nulla esperienza? Un mormorio dubbioso iniziò a diffondersi nel gruppo, quando sentirono la catena dell'ancora riavvolgersi e le funi riavvolte attorno alle bitte. Le parole a bassa voce divennero urla stupite quando anche le vele si spiegarono, gonfiandosi per la leggera brezza che tirava da terra verso il mare. Il timone ruotò e la nave si mosse, tagliando le onde e allontanandosi sempre più velocemente dal porto. Passarono uno, due, cinque minuti e la foce del canale divenne sempre più piccola, fino a divenire un puntino lontano. Le urla della folla sulla banchina si affievolirono con la distanza, fino a disperdersi nel suono del vento, che fischiava nelle loro orecchie come un richiamo ancestrale e seducente.
L'Ammiraglio guardò la terra farsi sempre più piccola, poi si appoggiò con un sospiro alla murata: sembrava stanco, come se avesse dovuto fare una lunga corsa per arrivare a prendere la nave in tempo.
« Così va bene » mormorò, prendendo una conchiglia dalla giacca e spezzandola. Gettò i frammenti nell'acqua spumosa, dando inizio a un cambiamento che prese rapidamente piede su tutta la nave. L'albero maestro iniziò a cambiare, divenendo un semplice palo di legno, solido ma terribilmente normale. Le corde, i cavi e le bitte tornarono a colori più naturali, rivelando la ciurma di marinai che vi si affollava attorno, fino a quel momento coperta dall'illusione dell'Ammiraglio. Pame, il forzuto amico dell'esploratore, si avvicinò al suo compagno di avventure, con un sorriso storto sul muso animalesco.
« Ah, Pame, mio buon amico! Un giorno avremo una nave come questa, te lo prometto! » l'essere animalesco per tutta risposta annuì, grattandosi in tre punti diversi mentre con la quarta mano gli porgeva una borraccia.
« Ah, ধন্যবাদ » mormorò in una strana lingua fatta di schiocchi della lingua e strani sibili, prendendo un sorso d'acqua « È stato più faticoso che attraversare tutta la Grotta dei Sussurri con un corvo albino sulla testa, ma non ho saputo resistere, bisognava fare una partenza degna di questo nome! »
La nave era partita e così il loro viaggio: sarebbe andata bene o avrebbero incontrato mille difficoltà? Agli esploratori l'amara scoperta!
mattina, due giorni dopo; mare aperto, Oceano di Zar
Il viaggio procedeva spedito. Gli avventurieri avevano iniziato a conoscere ben presto la ciurma di marinai nani e umani che governava la nave, trovando in loro uomini coriacei ma che sapevano scherzare durante le riunioni serali nella spaziosa cambusa. L'alcol scorreva con moderazione ma non mancava mai, abbastanza perchè favorisse l'allegria ma non troppo per non fiaccare gli uomini che avrebbero dovuto lavorare l'indomani. In molti avevano potuto conoscere il Capitano della nave, con cui spesso si confrontava l'Ammiraglio per decidere le variazioni di rotta, Rohn Edward Gondrok II, un nano dalla pancia dirompente e dalla risata esplosiva. Era solito mangiare con la sua ciurma, perchè a detta sua questo "evitava qualunque problema di ammutinamento", cosa che lo faceva sbellicare dalle risate. Intratteneva i commensali vicino a lui con storie sulla sua nave, la Cirilla II, e a chi gli domandava che fine avesse fatto la Cirilla I rispondeva con un sonoro "fatti i cazzi tuoi, ragazzo, e vedi di non farmi rivangare brutti ricordi!", cosa che faceva scoppiare tutti i marinai a ridere.
Il clima a bordo era quindi dei migliori quando si ritrovarono ad affrontare la prima e autentica difficoltà. La giornata era bella e il sole splendeva su tutti, buoni e cattivi, mentre il vento accarezzava le guance degli avventurosi e gonfiava gagliardo le vele. In quel momento idilliaco, la vedetta urlò un avvertimento, prima che la nave scartasse improvvisamente a dritta, come per una corrente improvvisa.
« KRAAAKEEEEEN!! »
Tentacoli macchiati di nero e verde scuro abbandonarono le acque spumose per stringersi sul ponte, scorrendo su tutta la chiglia come farebbe un uomo con la propria amante. Mentre il Capitano abbagliava ordini ai marinai, che eseguivano cercando di mantenere l'equilibrio sulla nave beccheggiante, l'Ammiraglio arrivò di corsa sul ponte direttamente da sottocoperta, tenendo una mano sul cappello e reggendosi al sartiame con l'altra. Diede un'occhiata ai tentacoli con sguardo attento, poi urlò ad alta voce, affinchè tutti lo sentissero: « È un Ahtapot maculato! Attenti a non tagliare troppo a fondo i tentacoli, il loro sangue è velenoso! » disse, proprio nel momento in cui un avventuriero mezzorco affondava la sua ascia nella polpa debole del mostro, facendosi schizzare completamente di veleno scuro. Cadde a terra urlando, tenendosi gli occhi e rotolando sul ponte, finchè altri suoi compagni non lo allontanarono.
« E attenti a quelle punte, possono schizzare via come proiettili! » avvertì il sant'uomo, proprio nel momento in cui un marinaio cadde a terra, bestemmiando a voce alta e toccandosi la coscia, trapassata da uno degli spuntoni del mostro. L'Ammiraglio deglutì, prima di continuare: « E... ho sentito che fa cadere anche monete d'oro, se ha voglia!? » concluse, guardando speranzoso i tentacoli. Che per un attimo si fermarono, contraendosi, prima di riprendere a stringersi attorno alla nave. L'uomo di mondo borbottò qualcosa, estraendo il suo fedele ombrello e avvicinandosi guardingo ad un tentacolo. Si rivolse agli avventurieri che si erano uniti a quel viaggio: « Forza, aiutatemi a liberare la nave, altrimenti nell'Edhel ci arriveremo a nuoto! »