Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Z ~ Il Cuore del Leviatano

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view post Posted on 8/9/2015, 06:06
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Cavalier Fata
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Il cuore del Leviatano ~ Eccellentissimo Ordine di Pacificazione Miliziano e Cavalleresco dell'Artiglio Scarlatto di Zoikar in Ladeca.
« Ogni volta che allevierete la sofferenza di un innocente,
io saprò che l'avrete fatto in nome di Zoikar e di nessun'altro.»
- Padre Zeno ad Azzurra.

In relazione a Arcana Imperii ~ Atto di Fede.

Rilevare la vecchia caserma di Ladeca non era stato difficile. L'edificio era strutturalmente integro ma del tutto insufficiente alla nuova mole di soldati che il regno avrebbe dovuto mantenere, quindi mi ero fatta avanti senza troppe esitazioni per prenderne la proprietà con un costo relativamente irrisorio. Nonostante l'enorme risparmio in termini economici dell'edificio, pagato di tasca mia integralmente, dovetti provvedere anche agli interni, dato che i precedenti proprietari l'avevano svuotata di qualsiasi cosa prima di trasferirsi alla nuova sede. Ma non mi importava, i soldi non erano un problema, non quelle spese perlomeno, inoltre meno restava a mio fratello Marcel dell'eredità più ero felice, la cosa davvero importante era essere pronti a svolgere un servizio per la comunità e per il regno. La ferriera, l'ambasciata e l'ospedale erano dei piccoli sogni che andavano materializzandosi, però io non possedevo alcuna capacità per gestirle, se non quella marginale di poter dare qualche suggerimento: non avrei mai potuto imparare l'arte della forgiatura, né trovare il tempo di prendermi cura di tutti i malati della città. Erano compiti che richiedevano una vita da dedicare, vita che avevo già scelto di votare alla protezione del paese, mi andava benissimo che Marianne e Lenigrast tornassero a lavorare come avevano sempre fatto a Basiledra. Era quasi come farli tornare davvero a casa. Ma per me volevo qualcosa di diverso, volevo dare un senso alla mia vita e fornire l'esperienza fatta sul campo alla nuova generazione. Volevo trasformarmi in quello che era stato Medoro per Basiledra, ma senza eccedere nella cecità e nella totale abnegazione. Sentivo la necessità di costruire qualcosa che facesse da legante per tutto il resto, di dare un'istruzione militare a tutti i cittadini del regno che lo avessero desiderato, fare in modo che non ci fosse mai più una seconda "Basiledra".
In quella caserma, aperta a chiunque avesse voluto servire e apprendere, avrei insegnato tanto i più alti valori che l'umanità poteva permettersi, quanto l'uso delle spade e dei cannoni. Dovevano finire i giorni delle masse di popolani schiacciate dai Lancaster o prese d'assalto dai soldati della Guardia Insonne. E sarebbero finiti per mano mia.

I primi ad arrivare furono i ragazzi che si erano già arruolati nell'Artiglio, una ventina in tutto, a cui avevo già insegnato a combattere ma che desideravano avere un futuro e una carriera militare. Vederli entrare nella caserma uno dopo l'altro, impettiti dentro le loro casacche di cuoio rosso, mi fece sentire incredibilmente bene, come se una parte di me si stesse realizzando. Non volevo lasciare al mondo un ricordo di me, né una bella storia, volevo lasciare al Dortan una sicurezza ed una casa in cui poter vivere al sicuro, dove non dover più temere nient'altro che l'inevitabile scorrere del tempo. E se anche si fossero dimenticati il mio nome, il giorno della mia morte, avrebbero comunque potuto vivere alla protettiva ombra di quello che avevo per loro costruito. Questo era l'Artiglio, questa ero io.

Scrissi anche una lettera, ufficiale, da inviare all'ufficio regio perché, in futuro, potessero porre il loro veto. Avere la benedizione del Re avrebbe significato molto per me, anche se non ero affatto fiduciosa sull'esito di quel mio gesto: perché Julien si sarebbe dovuto fidare di me, dopo tutto? Se però avessi rinunciato, avrei perso in partenza e non mi feci intimorire dal fallimento, continuando per la mia strada.

A Sua Altezza Reale Julien Roi I Chevalier,
In corrente data mi accingo a domandarle l'onore di servire la corona, la nazione e il popolo tutto indistinto, formando un eccellentissimo ordine di guerra. È mio profondo desiderio e premura far si che quanto accaduto alla nostra capitale non riaccada e per farlo domando umilmente la Vostra benedizione nella creazione dell'Eccellentissimo Ordine di Pacificazione Miliziano e Cavalleresco dell'Artiglio Scarlatto di Zoikar in Ladeca. Col Vostro permesso mi premurerei di addestrare chiunque lo desideri con facoltà volontarie, preparandolo nel corpo e nello spirito a difendere la propria casa ed il Vostro regno, sforzandomi al meglio di riempire la dolorosa perdita del N.H. Medoro, fedele suddito del regno e delle sue genti. Sotto la guida di S.A.R. il corpo accetterà qualsiasi suddito, indipendentemente dalla razza, dal sesso e dal credo religioso, purché esso difenda le virtù morali della giustizia, dell'uguaglianza e della misericordia. Ergendoci come un'Ordine di pacificazione atto a prendersi cura del popolo e scongiurare nuove guerre intestine, vi domando umilmente di apporre il favorevole veto e permettermi di adempiere a quello che ritengo essere lo scopo della mia esistenza su questa terra benedetta da N.S. Sovrano Zoikar.

Umilmente,
N.D. Azzurra Frederique de Rougelaine, Baronne de la Rouge.



E perché tutti potessero saperlo, lasciai che i ragazzi spargessero in giro la voce, reclutando chiunque fosse interessato in città. Era un modo per uscire dalle infime condizioni sociali, un'occasione di riscatto, qualcosa che per molti anni non aveva fatto che restare un sogno chiuso a tripla mandata nel cassetto dei desideri. Allora, invece, poteva diventare realtà.

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Volevo fare qualcosa che aiutasse gli altri a prendersi cura di loro stessi.
Quello era solamente un piccolo passo, ma per me era l'inizio di una speranza.



Progetto ultimo, e più modesto in quanto personale, di Azzurra.
Lo possiamo ovviamente abbreviare in "Ordine dell'Artiglio" ci mancherebbe! Il nome esteso è il nome "formale".
Ovviamente alcune cose non le ho spiegate molto bene perché di fatto i due post precedenti sono un preludio alla formazione di questo ultimo post, non volevo dilungarmi e fare un post con gli stessi argomenti >w< vista la mole degli altri due. Ho lasciato in "oscuro" anche il dettaglio dell'Ordine perché prima di stilare una cosa dettagliata mi piacerebbe sapere se la richiesta di Azzurra viene o meno accolta, così da poter anche scegliere un percorso coerente con l'ambientazione!
PS: Immaginatevi i cavalieri Ospitalieri e avete fatto gli artigli, con la differenza che sono multireligiosi.
 
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Liath
view post Posted on 8/9/2015, 13:04




La porta si richiuse con uno scatto sommesso, rivelando le pacchiane imbottiture di velluto scarlatto damascato che rivestivano anche le altre pareti della sala. Le fiammelle del lampadario tremolarono appena, per poi tornare a illuminare fiocamente il piccolo ambiente che conteneva solo un tavolo rotondo di legno pregiato e sette scranni disposti simmetricamente intorno a esso.
Su due sedevano altrettanti uomini: uno più giovane, che giocherellava nervosamente con uno dei fregi delle gambe del tavolo con le mani affusolate; l'altro più vecchio e dall'aria provata, una curata barba sale e pepe a coprire appena la vistosa cicatrice che solcava il viso dal mento fino all'occhio sinistro.
Quello più vecchio emise un sonoro sbadiglio e poi, come cercando di raccogliere le forze, si sedette più compostamente e accennò un sorriso.
« Bel discorso. Non avrei saputo fare di meglio. »
« Grazie, ma non è bastato a convincerli. »
L'espressione che lampeggiò sul volto del vecchio confermò con chiarezza la supposizione del giovane, che si limitò a sospirare.
« Non è colpa tua. Questa situazione rende tutti tesi. E poi abbiamo contro quella fetida carogna di Serteth... »
« Gioca su un terreno a lui favorevole, Hikkam. Forse riusciremmo a convincere Grimwald e Jarim'Tarah, ma solamente perché di solito le loro rotte non passano per il Dortan e quindi per gli artigli di quel verme. E proprio per questo loro non hanno né potere né agganci qui a Ladeca. Ma gli altri due pendono dalle labbra di quello sciacallo. »
Il giovane iniziò a tamburellare nervosamente le unghie curate sul tavolo.
« Forse non avranno agganci, ma anche qui ricchezza significa potere. I traffici di spezie di Jarim'Tarah sono tali da renderlo praticamente uno dei più ricchi mercanti di Taanach e forse di tutto l'Akeran, e Grimwald controlla buona parte di quello che entra ed esce da Lithien. Non dimenticare che il nostro scopo non è accumulare agganci politici ma mettere su un capitale abbastanza grande. »
Adrian sbuffò, appoggiandosi pigramente allo schienale. Tentò di stiracchiare una gamba per volta, operazione che si rivelò più complessa del previsto con addosso la costosa trappola di velluto che gli aveva confezionato il sarto personale dell'amico e socio.
« Di solito, quando mi trovo davanti un individuo come lui, come prima mossa tento la corruzione. »
« Piuttosto arduo, considerando la mole del suo patrimonio. »
Il giovane storse la bocca in una smorfia di disgusto.
« Sapevo che sarebbe stato difficile convincerli, ma non credevo così difficile. Perché non riescono a vedere quanto sarebbe conveniente per loro una collaborazione di questo genere? »
« Non si fidano a lasciare il loro denaro nelle mani di qualcun altro. Quanto a Serteth, lo fa semplicemente perché è un imbecille pieno di veleno. »
« Continuo a esser convinto che tu non mi stia dicendo tutta la verità. Sicuro di non avergli fatto qualche torto? Prima sembrava che ti stesse per saltare al collo. »
Hikkam scrollò le spalle come se non volesse dar troppo peso alla questione, poi si alzò per riempirsi di nuovo il bicchiere dalla bottiglia di liquore poggiata sul mobiletto in un angolo.
Adrian si guardò intorno, come cercando qualcosa. Già di suo il velluto di pareti era terribilmente pacchiano, ma se a quello si aggiungeva l'assenza di finestre la situazione si faceva soffocante. Sospirò di nuovo. Come leggendogli nel pensiero, l'altro esibì un sorrisetto compiaciuto.
« Completamente insonorizzato. É il posto più discreto di tutta Ladeca. Tornando agli affari, continuo a chiedermi come ti sia passato per la mente di creare una corporazione di mercanti e una banca. Non mi sembra che tu ti sia mai interessato molto al commercio su larga scala, e men che meno ad affari di questa portata. »
Adrian gli fece segno di riempire anche il suo bicchiere.
« Anni fa, quando studiavo ancora a Lithien, lessi parecchi manuali di economia, politica e urbanistica. La rifondazione di Ladeca mi è sembrata un'occasione per mettere alla prova qualche idea che mi frullava per la testa da tempo. Consideralo un esperimento. »
« Spero che tu non stia giocando con i miei soldi allora. »
Hikkam gli rivolse un'occhiata in tralice che l'altro ignorò completamente.
« Possibile, ma come hai avuto modo di osservare col nostro sodalizio di questi ultimi mesi sono piuttosto bravo a giocare con i soldi degli altri. Il tuo patrimonio è vasto, ma non abbastanza. Ho bisogno anche dei loro soldi, adesso. É l'occasione più propizia per fondare un culto che veneri il dio Potere e il dio Denaro in questo regno neonato. Avranno anche un parlamento e un re fantoccio, ma se saremo noi a tenere i legacci delle loro borse indebitate per la costruzione delle visioni di un folle... »
Adrian si profuse un ghigno al quale l'altro rispose con una risatina sarcastica.
« Se un anno fa esatto non avessi deciso di assumerti come mercenario prezzolato, ora potrei quasi scambiarti per uno di quegli squali politici che sguazzano in scandali e lotte di potere. Continuo a non capire a che gioco tu stia giocando, ma fintanto che i tuoi progetti continueranno ad a far entrare oro nei miei forzieri non ci vedo nulla di male nell'assecondarli. »
Sorseggiò con soddisfazione dal bicchiere di cristallo. Sia il contenitore che il contenuto erano merci da lui importate, come gran parte del resto della casa. Non era grande né sfarzosa come la sua magione ormai distrutta di Basiledra, ma era pur sempre meglio che dormire in una delle squallide taverne del posto - rifletté tristemente.
« Ho le mie ragioni, oltre a una buona dose di scaramanzia. Per ora beviti i precedenti farfugliamenti da megalomane, vedrai il resto quando sarà il momento. »
L'uomo si strinse nelle spalle e si alzò di nuovo per riempirsi il bicchiere. Poco prima di poggiare nuovamente la brocca, esitò:
« E se lo facessimo fuori? »
Adrian alzò di scatto lo sguardo dal bicchiere semivuoto e trafisse l'altro con un'occhiata seccata.
« Come se non ci avessi già pensato. Ma a cosa servirebbe? Solo ad allarmare gli altri quattro, e rischieresti di rovinarti del tutto le relazioni che hai con gli altri mercanti che commerciano con Serteth. »
Hikkam sedette con un fruscio di sete e velluto, un'aria pensierosa dipinta in volto.
« Potremmo farla passare per una morte naturale. É vecchio... »
« Quel genere di uomini hanno nemici ovunque. E due occhi per ogni nemico. Dovresti abbattere prima tutti gli uomini della scorta anche solo per sfiorarlo, figuriamoci investirlo con un carro o qualche altra assurda idea. »
« Niente di così brutale. Basterebbe un veleno di quelli difficilmente riconoscibili, ad azione lenta... magari non troppo lenta. »
Poi, improvvisamente, si riscosse dal torpore come folgorato da un ricordo improvviso. Un sorriso iniziò lentamente a formarsi sulle labbra dell'anziano mercante. Si passò la destra sui corti baffetti grigi, il sorriso che assumeva una connotazione soddisfatta.
« Ho fatto parecchie ricerche sul conto di quell'uomo. Sapevi che ha un figlio dipendente da quella nuova sostanza che è arrivata dal Qashra e da altra merda già sul mercato? »
Adrian inarcò le sopracciglia per la sorpresa. L'altro iniziò a ridacchiare sommessamente.
« No, i miei informatori non ne sapevano niente ma... non ti occupi tu di una larga fetta dei commerci col Sultanato? »
« Esattamente! »
Il giovane cominciò a sorridere a sua volta, improvvisamente scorgendo una soluzione in quello che sembrava un caso impossibile.
« Non credevo che avrei avuto bisogno di usare così presto l'anello debole... se devo esser sincero, me ne ero proprio dimenticato! Ma non importa, non importa. A quanto pare ti affiderò un ramo dei miei commerci - uno non esattamente legale. E tu, tu ti farai un nuovo amico! Chissà che il vecchio Serteth non decida di tirare le cuoia per cedere le redini alle nuove generazioni. »
Concluse Hikkam con un'espressione trionfante. Adrian si alzò in piedi levando alto il calice.
« Ai nuovi amici, vecchio mio! E alla nostra futura alleanza con il giovane Serteth. »



Il progetto consiste nella fondazione di una gilda di mercanti, con l'intento di diventare un centro nevralgico per i commerci e gli scambi commerciali di Ladeca - una banca, in pratica.
In questa prima fase Adrian (il mio personaggio) e Hikkam Vanderster (png creato in un'altra giocata) hanno riunito cinque mercanti di Ladeca per proporre loro un sodalizio, fallito a causa dell'opposizione del mercante Serteth.
Non so se giocherò anche la scena dell'assassinio. In ogni caso, nel turno successivo lo darei per già accaduto.
 
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view post Posted on 8/9/2015, 19:12

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«Lithien ~ Ufficii del Quinto»

«Discutiamo dei vantaggi reciproci … » - sorrise mentre si portava alle labbra una coppa del mio miglior vino. Un omaggio destinato al Quinto che la sua assistente aveva voluto che assaggiassi per primo onde evitare qualche incidente diplomatico.
La ragazza ci sapeva fare, su questo non c’erano dubbi. Era giunta al sodo senza nemmeno passare per le formalità di rito.
«E’ davvero necesserio fare un elenco?» - chiesi con voce annoiata - « Incremento del commercio …» - iniziai ad elencare - « …proficue contaminazioni tra le nostre culture così simili eppure così differenti e…»
« …e fin qui a guadagnarci è solo Ladeca. » - concluse lei interrompendomi e contemporaneamente lanciandomi uno sguardo scaltro. - «Lithien non ha bisogno di tutto questo. Siamo onesti! Proficue contaminazioni tra le nostre culture? Di che genere di cultura sono forniti i vostri Regni del Leviatano? La popolazione è per la maggior parte illetterata, xenofoba e sinceramente ben poco disposta alla collaborazione. E poi il commercio? Non fatemi ridere … »
Offensivo ma non del tutto inesatto, devo ammetterlo: non aveva tutti i torti.
«C’è un’unica, vera, specialità in cui il vostro Regno eccelle: far fuori i nemici! »
Non riuscii a trattenere una risata. La storia recente insegnava altro - «Oh bè se questo comporta distruggere la propria capitale, far vivere al proprio Regno due guerre civili e portare ad una dissoluzione quasi totale delle proprie tradizioni … Che dire siamo i migliori! » - la mia ironia doveva servire a conferirmi un’aria indolente. Sapevo fin troppo bene dovev andava a parare e mostrarmi preoccupato o irritato non avrebbe migliorato le cose.
«Tuttavia i vostri nemici sono polvere, avete ancora un Re e a stando alla vostra propaganda il Dortan sta per vivere una nuova età dell’oro! »
«Non vedo eserciti nemici alle porte. Se è di un aiuto militare che avete bisogno prima dovreste specificare qual’è la minaccia che vi preoccupa tanto … »
«Morbi che trasformano i nostri cittadini in mostri? Demoni e ombre fuori controllo? Elfi con mire espansionistiche? » - rispose lei sollevando un sopracciglio e manifestando irritazione.
«Siete sopravvissuti alle prime due minacce e quanto agli Elfi …» - stavo per rivangare il passato e non era un esercizio piacevole. Rievocare una delle mie peggiori disfatte, punzecchiare un punto dolente nella mia coscienza … E per quale ragione? Per rinfacciare a quella manica di arroganti, egoisti la parte che avevano avuto nel massacre di un popolo?
«Non li consideravate una causa persa? Un’appendice inutile? Una pedina sacrificabile? »
Mi aspettavo di vedermi buttato il vino in faccia ma lei sorrise indolente. - «Oh il corvo che accusa il colombo di essere nero! Fino ad oggi la vostra politica è stata: conquista, uccidi chi si oppone e per buona misura ammazza anche gli altri, non si sa mai … Se siete venuto per impartirmi una lezione di umanità potete tornarvene a casa con il vostro vino e le vostre manie di grandezza. »
Dovetti trattenermi, credo che il rumore dei miei denti che digrignavano si sia sentito fino ai confini con il Sultanato. - «Vieni al punto… »
«Siamo sopravvissuti, fino ad ora… Ma la domanda che ci poniamo è: saremo sempre così fortunati? I demoni non sono affatto un problema risolto e con un po’ di lungimiranza non è difficile comprendere che se sono venuti fuori una volta niente gli impedisce di farlo una seconda. La mia richiesta è semplice e conveniente: in caso di pericolo, semmai Lithien dovesse accedere i suoi fuochi ci aspettiamo che il Leviatano risponda. Il Nord non può contenere le sue minacce per sempre … Rifletteteci Lord Erein se noi cadiamo cosa impedisce a ciò che ci ha distrutto di giungere nel Dortan e fare lo stesso con voi? »
Quella era una preoccupazione a cui io stesso avevo dato voce in altri tempi ed in altre circostanze.
«Posso promettervi che mi farò promotore di un simile accordo. Sfortunatamente non sono io il Re e non posso decidere queste cose … Sarebbe opportuno che alla mia voce si unisse quella di un rappresentante del vostro popolo … »
«Il Quinto mi ha delegato a parlare in sua vece, vi accompagnerò io stessa. Mi preoccuperò di trovare qualcuno che sia il portavoce di Lithien a Ladeca. »
Sospirai. Alla fine avevo strappato un accordo tutto sommato conveniente. Ma c’era ancora un punto controverso …
«E per quanto riguarda gli Elfi? »
L’assistente del Quinto si alzo, mi posò le mani sulle spalle - «Per ora ci basta che usiate le vostre doti di diplomatico per convincerli che siamo tutti dalla stessa parte … Non dovrebbe esservi difficile con me ci siete riuscito … Nonostante tutto. »

Ecco il contributo di Erein alla costruzione di un Ambasciata.
Progetto: Ambasciata

 
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view post Posted on 8/9/2015, 19:18
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Ladeca.
In una casa a poca distanza dal Bazar.

Soo-soo. Sook! Soo-soo. Sook!*
Dalla finestra entrava nasale il grido di un venditore di datteri, superando le pesanti imposte di legno che schermavano i rumori del vicino Bazar in costruzione, frenetici a quell’ora della mattina.
Shimmen sedeva all’estremità di un tavolo, il volto impassibile, giocherellando nervosamente con una cordicella che faceva passare e ripassare tra le dita, in una spirale che non finiva mai. Tra poco sarebbero arrivati anche gli altri.
All’estremità opposta del tavolo Hawat, il vecchio ladro in pensione, capelli grigi e naso adunco come il becco di un avvoltoio, leggeva con attenzione un libro contabile borbottando tra sé cifre su cifre in una sequela che non finiva mai.
Beh, era ammirevole come all’età di sessanta anni passati quell’uomo avesse mantenuto una mente sveglia ed una memoria praticamente perfetta: non era un caso se Enteri gli avesse consigliato di rivolgersi a lui, per quel particolare lavoro. Prima di diventare un ladro a Basiledra aveva servito in un tempio, senza mai prendere i voti però e la sua bravura con conti e cifre gli era valsa la carica di secondo Tesoriere e responsabile dei bilanci. Era venuto a Ladeca perché un suo fratello o cugino era recentemente passato al Sovrano durante la dittatura dei Lorch, lasciandogli quella casa in eredità.
Lui ed Enteri si erano conosciuti anni prima durante una visita di quest’ultimo alla Capitale, quando Hawat aveva “inavvertitamente” posato la mano sulla borsa del bardo, ritrovandosi a terra dopo un paio di secondi con una daga puntata alla gola. Stando al racconto di Enteri, Hawat era stato abbastanza convincente nello scusarsi e nello spiegare le ragioni del suo gesto “disperato” (figli da mantenere, un debito da ripagare) da meritarsi una seconda possibilità, posto che giurasse di non riprovare mai più a rubare dalla sua borsa.
Un discreto bussare alla porta riscosse Shimmen dalle sue meditazioni e lo indusse ad alzarsi per andare ad aprire, credendo di fare un piacere a quell’uomo anziano.
Non crederete mica che queste vecchie ossa non riescano ancora ad andare ad aprire una porta, eh? Lord Kasumaki.
Hawat fece un verso stizzoso e si alzò a sua volta, raccattando un bastone da sotto il tavolo ed usandolo per sostenersi caracollò verso la porta di ingresso, decisissimo a fare tutto da solo.
Shimmen sospirò e si dispose ad attendere l’ospite, Enteri lo aveva avvisato che Hawat era uno che si rifiutava di fare i conti con il suo corpo che non era più come una volta e suo malgrado provò un moto di orgoglio per quell’uomo e la sua fortissima volontà di essere indipendente.
Fece il suo ingresso il Conte Leto, un pezzo d’uomo nonostante la giovane età, capelli neri e corti, lineamenti decisi come quelli di un falco, e dietro di lui un uomo alto e più anziano che abbracciò la stanza con un’unica, penetrante, occhiata tenendo la mano dentro la casacca. Una guardia del corpo, chiaramente. Il Conte portava un mantello verde con cappuccio, di sicuro messo per evitare di essere immediatamente riconosciuto ma agli occhi di Shimmen un mantello così elegante, e soprattutto il fatto che avesse un fermaglio d’argento con lo stemma degli Everissard, erano un travestimento abbastanza ridicolo, per quanto la vicinanza del Bazar contribuisse a popolare l’area adiacente degli abbigliamenti più vari e stravaganti.
Conte Everissard, benvenuto.
Lo salutò stringendogli la mano e notando con piacere una presa salda ed una mano ruvida, abituata a tenere la spada e le redini. Seppure un po’ sprovveduto nel travestirsi, cosa peraltro perdonabile in una persona che non aveva mai fatto esperienza in tal senso, gli dava l’impressione di essere una persona salda e competente, un uomo che credeva fermamente nei propri valori.
Vogliate accomodarvi, prego.
Mostrò con un gesto la tavola e le sei sedie disposte attorno ad essa.
Non ci sarà il lusso al quale siete forse abituato a casa vostra ma sono certo che siete avvezzo a certe scomodità, se necessario.
Nessun problema Lord Kasumaki, sono abituato alla vita militare.
Rispose con una voce profonda ed un gesto di spontanea noncuranza che suscitò immediatamente in Shimmen un’impressione positiva, accomodandosi al posto che gli venne indicato. L’altro uomo si posizionò alle sue spalle, vigile e silenzioso.
Piuttosto. Dove sono gli altri ospiti? L’orario era questo.
Una leggera nota di accusa, in quel tono? Il suo ospite era una persona che teneva molto alla puntualità, probabilmente.
Arriveranno tra poco, sono certo.
Replicò blandamente.
Dopo pochi minuti infatti bussarono di nuovo alla porta e, come prima, Hawat andò personalmente ad aprire rifiutando qualsiasi aiuto. Lo udirono salutare vivacemente un certo Enteri, un saluto contraccambiato da una risata amichevole, e lo sentirono indirizzarli verso la stanza dove loro stavano aspettando.
Il trio che entrò dalla porta non poteva che essere più diverso: al centro vi era un uomo sulla trentina, abbronzato e vestito in toni scuri di marrone e grigio. A tracolla portava un piccolo liuto. La cosa che colpiva immediatamente l’attenzione erano però i suoi capelli: lunghi fino alla vita, intrecciati in una complicata acconciatura in “stile elfico” e completamente bianchi. La sua era un’espressione cordiale che nascondeva però una sorta di durezza nello sguardo e, come la scorta del Conte Leto, i suoi occhi analizzarono la stanza e le persone con un’acutezza data dall’abitudine. Dietro di lui veniva un signore un po’ più anziano, con i capelli neri che iniziavano a ingrigirsi e vestito con una lunga veste blu ed argento ed una cintura decorata dalla quale pendevano vari sacchetti e monili. La sua espressione era curiosa, il volto molto pallido in confronto a quello del compagno, come di uno che conduce una vita tra libri e meditazione. Per ultimo veniva un altro uomo possente, quasi alla pari con il Conte, dalla pelle scurita dal sole. Sul sopracciglio destro aveva una lunga cicatrice che correva fin quasi alla guancia, di poco occultato dai capelli corvini e mossi, che ben gli conferivano un aspetto autoritario e temibile, impressione aiutata anche dalla veste nera e rossa, misteriosa nei suoi intrecci.
Tutti e tre salutarono il Kasumaki, chi più chi meno familiarmente.
Benvenuti e sedetevi, prego. Vorrei iniziare subito, senza troppi convenevoli.
Conte Leto … vi presento Mastro Lovissar Furdenbarg, docente di Geografia e Lingue Inumane alla nuova Università di Ladeca, nonché mago di fama; Enteri Shadowsong, bardo itinerante nonché mio amico e compagno di avventure su al Nord e Montu di Basiledra.

Si rivolse poi al trio.
Lasciate che vi presenti il Conte Leto Everissard, membro illustre dei Pari ed Hawat Sartaman, che Enteri conosce già.
Lasciò che si scambiassero le normali frasi di cortesia, tenendo nota delle varie reazioni, quindi riprese la parola.
Vi ho invitati a questa riunione per motivi che ho già spiegato in parte a ciascuno di voi e che ora chiarirò appieno. Tutti voi vi siete mostrati interessati, per motivi diversi: vi chiederò di confermare la vostra decisione.
Una pausa. Per lasciar loro tempo di assimilare le sue parole.
Come sapete, il Regno viene da anni di guerre intestine, conflitti interni che avrebbero potuto portare a grandi risultati così come alla distruzione completa. Re Julien l’ha unificato grazie alla fiducia che il popolo ripone in lui, creando però un sistema fragile: con rispetto parlando di chi tra voi non viene dalla nobiltà, chi mi conosce sa che io giudico una persona dalle sue azioni e dalle sue azioni soltanto, gli uomini e le donne che siedono in Parlamento non hanno alcuna esperienza di governo: non sono ancora adatte a guidare gli altri anche se ingenuamente si credono di essere capaci.
Occorre qualcuno che si curi di questo aspetto.

Vide che il Conte Leto annuiva tra sé e sé con aria di approvazione, ovviamente condividevano lo stesso pensiero, e l’espressione leggermente contrariata di Enteri.
In passato avrei lottato per rovesciare questo stato di cose ma ora mi rendo conto che questa strategia, in questo momento, provocherebbe conseguenze troppo pesanti perché noi si possa ancora sopportarle e con “noi” mi riferisco davvero a tutti gli abitanti di Dotran.
Questa volta fu Enteri ad annuire. Sapeva che lui viveva più a contatto col popolo e che condivideva la sua valutazione.
E’ per questo che hai deciso di seguire una strategia più indiretta. Vuoi creare un gruppo di uomini in grado di influenzare chi è al governo, una rete di spie che possa aggiornarti su quello che succede e consentirti … no, consentirci di agire con anticipo.
Questa volta fu il Kasumaki ad assumere un’espressione contrariata. Enteri parlava in maniera troppo diretta a volte, e soprattutto era seccato che gli avesse rubato la parola, interrompendolo.
Esattamente.
Il tono secco della sua voce non lasciava dubbi sulla sua irritazione ma a parte quello controllò le sue reazioni. Non voleva lasciar intendere che ci fossero attriti tra loro.
Come ha detto Enteri per influenzare ci serve potere e le informazioni, ed il denaro che ricaveremo da un certo tipo di informazione, saranno la nostra leva.
Cosa intendete con questo, Lord Shimmen? Volete dire che ci sarà una distinzione tra le informazioni che potremo vendere, e quelle che terremo per noi in ogni caso?
Domandò Hawat con la sua voce gracchiante.
Proprio così, signor Sartaman. Tutto ciò che riguarda il dove si può trovare un certo prodotto esotico, chi ha bisogno di chi o di che cosa, quale mercante stia per fallire o guadagnare o cose simili, gli intrighi di basso livello presso la corte di re Julien … non ci saranno problemi a scambiare queste notizie. Informazioni che hanno un peso rilevante sul futuro del regno dovranno essere invece tenute in maggior considerazione.
E come proponete di realizzare il vostro piano, Lord Shimmen? Quale sarebbe il nostro ruolo nel vostro progetto?
Lovissar aveva rotto il suo silenzio.
Una buona domanda, Mastro Lovissar. In realtà la cosa vi risulterà forse più semplice di quello che vi aspettavate: dovrete semplicemente continuare con le vostre vite, le vostre attività … badando bene però di tenere occhi ed orecchie aperte su tutto quello che potete scoprire, qualsiasi informazione, voce o diceria. Enteri potrà tenere i contatti tra noi, gli è facile andare ovunque, e quando servirà ci riuniremo a discutere di quello che deve essere fatto. Per voi si tratterà di addentrarvi in quelle, che sospetto diventeranno in poco tempo importanti, trame all’Università: vi è molto interesse per la cultura di recente, a tutti i livelli. Si cercano professori ed insegnanti capaci. Molti vorranno godere di un’istruzione e tra questi ci saranno senza dubbio persone che contano, o conteranno molto in futuro. Capite cosa intendo?
Domandò assumendo un’espressione astuta.
Shimmen si voltò poi alla destra.
Signor Sartaman per quel che riguarda: so che vi hanno invitato a lavorare nel Bazar qui vicino come maestro contabile, la Corte dei Superbi si chiama. Il suo proprietario, Al Patchouli, mi ha fatto un’offerta molto generosa di collaborazione … denaro e protezione armata in cambio di informazioni su certi carichi di merce e certe ronde della guardia. Non credo sia esattamente una semplice associazione di mercanti e desidero saperne di più.
Per quel che riguarda voi, Conte Leto, credo che tra gli altri Pari vi sia intenzione di formare una sorta di coalizione segreta, una corrente che supporti le idee di una certa Dama dalle grandi ambizioni … voi sapete di chi stò parlando vero?
L’Everissad annuì.
Chi potrebbe non conoscerla nel nostro ambiente?
Vorrei che entraste a far parte di questa coalizione. Vorrei che foste il mio uomo in Parlamento, per quel che io non posso raggiungere, anche alla corte del Re, se sarà possibile arrivare a tanto. E’ un ruolo importante, il vostro.
Lo disse per toccare l’orgoglio del suo pari, per trasmettergli che era il ruolo che più gli premeva., quello che lui riteneva più determinante.
E questo, per il momento, è tutto.
Restava soltanto un’ultima cosa e non poteva fare a meno di un po’ di teatralità, quasi un divertimento.
Fece per alzarsi, segnale che la riunione per lui era finita a meno di domande impreviste. Poi si sedette di nuovo, sorridendo mesto, quasi si fosse dimenticato una cosa importante.
Ah, quasi mi dimenticavo … il nostro nome è Adel-Numèstara. Tradotto dall’elfico suonerebbe come “dopo il tramonto scintillante”. E’ un riferimento a Basiledra: prima di essere distrutta fu trasformata interamente in ghiaccio, ogni cosa inanimata all’interno delle mura, dal potere della spada dei Lorch. Vediamo di non fare la stessa fine anche qui ...


* per chi non lo sapesse è il richiamo dei venditori d'acqua, nel celebre romanzo Dune. Mi è sembrato adatto a questa occasione.

Unn post piuttosto lungo questa volta, nel quale vi è la prima riunione del gruppo di spie Adel-Numèstra in una casa poco lontana dalla Corte dei Superbi, il Bazar che è il progetto di Orto33 (con cui mi sono accordato). I partecipanti sono i png che si uniscono, si infiltrano da un altro punto di vista, in alcuni dei vari progetti che stanno fervendo a Ladeca, dando così il mio supporto a tali progetti e mandando avanti il piano di sviluppo della rete di spionaggio collocando i primi informatori in luoghi/organizzazioni chiave per la futura Ladeca. Ho concordato la cosa con i vari giocatori via mp ed altre vie.
Riassumendo:
- Lovissar va ad insegnare all'Università di Ladeca, supportando il progetto di Malzhar Rahl
- Il Conte Leto si avvicina al gruppo di nobili corrotti di Ainwen (Majo Anna)
- Hawat Sartaman prende un posto come curatore di libri contabili nella Corte dei Superbi di Orto33

Viene anche spiegata in maniera più ampia la motivazione che spinge Shimmen alla creazione del gruppo.
 
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view post Posted on 8/9/2015, 21:02
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Bloody Cobweb
Quello che devi temere
è quello che non conosci


Le strade di Ladeca non erano diverse da quelle di qualunque cittadina che stia crescendo, fagocitando l’antica sobrietà. A terra escrementi e liquami, contro il cielo biancheria stesa tra i terrazzi e vicoli soffocanti. Un tempo era stato un villaggio ordinato di lavoratori. Ora perdigiorno e briganti, prostitute, fattucchiere e millantatori si mescolavano agli onesti cittadini.
Doveva ammettere che la preferiva a quel modo, con la sottana sporca sotto la veste elegante. Era così che gli piacevano le città, con i loro anfratti bui dove quelli come lui potevano nascondersi e ascoltare, inosservati. Anche in quei giorni aveva aspettato, pazientemente. E le informazioni erano giunte ai suoi occhi e alle sue orecchie come stormi di colombi di ritorno verso la gabbia. Le aveva assaporate, lentamente, prima di decidere cosa farne.
A passi felpati si avvicinò alla figura appollaiata sul balcone. Era agile e silenzioso, come c’era da aspettarsi da un predatore notturno. Non aveva lasciato tracce del proprio passaggio. Ed era proprio per questo che stupirlo sarebbe stato più piacevole. Gli poggiò delicatamente un dito sulla spalla. Per tutta risposta una mano più simile ad un artiglio gli afferrò il polso.
Sorrise, e i suoi occhi d’oro scintillarono nell’oscurità.


Non essere scortese, Alastor. Se mi rovini al tuo padrone potrebbe non piacere”.


Non gli disse che avrebbe potuto facilmente liberarsi. Rivelare le proprie armi non era parte della sua politica. L’altro lo fissò con attenzione. Il suo sguardo era avido, adirato. Era stato interrotto proprio quando la sua fame raggiungeva il picco e chiedeva di essere saziata.


Conoscete il mio nome?
Conosco il nome di chiunque viva ad Ardeal. Ma se anche così non fosse, uno come te non sarebbe passato comunque inosservato qui a Ladeca”.


Sapeva che l’altro era diffidente sebbene ormai sapesse che condividevano la stessa corte. Naturalmente non lo stesso padrone e non ci sarebbe voluto il fiuto di una creatura della notte per comprenderlo.


Cosa vuoi?
Si dà il caso che la mia signora abbia saputo del vostro…progetto”.
Sogghignò.
E che per quanto tu, mio caro Alastor, sappia essere cauto lei resti comunque scettica. Non vuole guardare in faccia la verità, si potrebbe dire”.
Arrotolò il dito indice in una ciocca riccia. Gli piaceva far innervosire il proprio interlocutore.
Quindi mi ha mandato ad aiutarti”.
Alastor storse la bocca. Credeva di poter fare da solo. Sospirò.
“Sono certo che saprai trovare gli uomini migliori, a modo tuo. Ma tristemente temo tu abbia poca esperienza di spie…al contrario di me”.


Si chinò in avanti, mettendo la mano libera dietro l’orecchio. Per un attimo finse di ascoltare nella notte quello che già sapeva e che comunque Alastor non avrebbe potuto mai udire.


Si dà il caso che io sia la migliore spia di cui potete disporre al momento. E non credo che la mia signora ami essere contraddetta”.


Alastor rimase in silenzio. L’adrenalina della caccia stava scemando insieme alla speranza di potersi procurare un pasto. Aggrottò la fronte per un istante.


Li manderò da te, dunque. Ma sarà meglio che tu sappia come fare”.


Storse il naso. Ho Igoo annuì sorridendo. Sperò che il suo odore, quello tipico di una creatura come lui, facesse vomitare il damerino della notte. Si inchinò e prima che l’altro potesse liberargli il polso si dileguò dissolvendosi tra le ombre.



I sanguinari di Ardeal
La spada ferisce
più di qualsiasi altra cosa



L’uomo corpulento stava studiando i nomi sulla lista e gli uomini in fila davanti al tavolaccio. Si chiese quanti si sarebbero rivelati all’altezza e quanti avrebbero superato un addestramento. Lentamente, nella sua testa ancora dolorante dopo la sera prima, il progetto stava prendendo forma. Il suo compagno non si era ancora unito a lui, ma non aveva fretta: il sole era sorto da poco ed erano già a buon punto.
Con una mano fece un cenno al primo della fila, che si sedette di fronte a lui. Gli sembrava un tipo insignificante, ordinario, né troppo allenato né troppo magro. Aveva uno sguardo tetro, come se avesse iniziato la mattina con il piede sbagliato. Tra sé si ripromise di non selezionarlo.


Salve amico”.
L’altro rimase in silenzio, poggiando entrambe le mani sul tavolo.
Ecco come funziona”.


Aveva una voce strana, che pareva quasi lamentosa e fece sentire il reclutatore immediatamente a disagio. Si sistemò sulla sedia, chiedendosi se fosse il caso di congedare subito quello sconosciuto.


Da oggi risponderete entrambi a me delle vostre decisioni e dell’addestramento delle reclute”.


Prese fiato, attendendo un attimo. Storse il viso come se parlare a lungo lo infastidisse. L’uomo corpulento pensò che avrebbe potuto estrarre la propria daga e minacciarlo, ma qualcosa nello sguardo acquoso del suo interlocutore lo fermò di colpo.


Gli errori non saranno tollerati”.


Si alzò in piedi, facendo forza sulle mani. Solo allora l’uomo notò che l’altro indossava una cappa color senape. Quando ne sollevò il cappuccio il viso ne restò completamente celato.


Signore…”
Quasi non credeva quella fosse la sua voce. L’altro si girò lentamente.
Il vostro nome, io…


Aveva pensato di contestarlo, ma di nuovo quello sguardo lo aveva fermato. La pupilla minuscola nell’iride di un colore indefinito era come il punto alla fine di una frase. Non serviva aggiungere altro. Lo sconosciuto arricciò lievemente le labbra.


Per voi sono Kaa”.


I suoi occhi parvero divenire più grandi e minacciosi. Ma forse fu solo un’impressione.



Dove c'è Ladeca c'è casa
Life
is
Now



"Nuove fondamenta. E a chi apparterranno, mi chiedo?


Completamente avvolta in un ampio cappotto color del sangue, la figura si ergeva davanti al cantiere. Nessuno pareva notarla. I curiosi si erano assiepati attorno a lei come una barriera, ma non potevano vedere il suo sorriso tagliente. Si passò un dito sotto il naso, cancellando l'odore della terra smossa e della pietra infranta.


Si tratterà di un dono d'amore o di una dimostrazione di superbia?


Infilò le mano nelle ampie tasche del proprio pastrano, osservando e imprimendosi nella memoria ogni dettaglio. I suoi occhi, neri come la notte, parvero ingoiare la scena. Il cappello dalla tesa larga, rosso anch'esso, impediva al sole di ferirla. Per questo fu una tra le poche a notare la figura vestita di seta che si dirigeva verso il mastro del cantiere, allungandogli un involto.
Non l'aveva mai vista, eppure istintivamente sapeva chi fosse. Tra le decine di informazioni archiviate nei suoi ricordi c'era anche quella.


Non è assai curioso? Un signore edifica il proprio castello e il suo ostaggio segretamente lo finanzia”.


Parlava rivolta più a se stessa che a chi le stava attorno. Nessuno, infatti, si preoccupò di risponderle.


È proprio vero, dunque, che alle donne non sfugge nulla? Per cieche che siano?
Inspirò a lungo l'aria fetida del mattino.
Affascinante. Assolutamente affascinante”.


Rimarcò la frase con il suo accento ricercato.
Rimase a guardare ancora un istante, ma senza più interesse, e così come era giunta si dileguò tra la folla. La brezza scompigliò appena i corti capelli corvini tagliati poco sotto le orecchie.





CITAZIONE
Posto per aiutare Stella Alpina (cioè il suo pg Gabriel) in tre progetti:

1. Le spie vampiri, per cui mando il mio png Ho Igoo, spia anch'esso.
2. La milizia personale, per cui aggrego un altro mio png, Kaa
3. Il palazzo. La scena è descritta dagli occhi di un png esterno, che vede Jacala consegnare segretamente del denaro all'impresario. In questo caso infatti Ainwen vuole aiutare senza che Gabriel lo sappia.

 
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[Vahram, Ely Hoedt]


Il quel giorno limpido un venticello frizzante soffiava su Ladeca. Portava una musica strana, insolita, inebriante, palpitante. Chiunque alzasse il capo e tendesse le orecchie, poteva ascoltare i suoni di mille martelli e scalpelli picchiar sulla pietra, di seghe sfregare sul legno, lo sferragliare dei carri per le strade sterrate, insieme ai cori stonati dei manovali e le voci squillanti dei capimastri che cantavano la solita e immancabile tiritera. Una brezza che pareva miracolosa tanto rinfrescava le gote, asciugava la fronte e rinvigoriva i muscoli. Ben pochi operai si lasciarono sfuggire quegli attimi di sollievo, rizzando la schiena e godendosi fino in fondo i refoli che scivolavano lungo le imponenti muraglie del nuovo mercato in costruzione e che gli ricordava, puntualmente, come ogni giorno, che l’ora di pranzo si avvicinava. E allora, finita la pacchia, come sempre volgevano infastiditi lo sguardo in alto, verso quella solita terrazza ancora mezza completata da cui provenivano risate goliardiche, soave e irraggiungibile profumo di vini e agnello arrosto e vera musica di arpe, flauti e ribeche. Lassù, sopra le loro teste, qualcuno stava già pranzando da ore, intorno a una bella tavola guarnita da una tovaglia candida e imbandita di ogni prelibatezza. Un gruppo d’individui di singolare eterogeneità, quasi tutti vestiti con abiti da signori che, nonostante gli sforzi, non bastavano a mascherare le loro rozze movenze e le facce da tangheri. Scherzavano, mangiavano e si trastullavano incuranti dei manovali – in maggioranza nani – che poco sotto avevano iniziato la giornata molto prima di loro. E dunque tutti abbassavano lo sguardo, scrollavano il capo e come sempre ripetevano tra sé e sé: “sono quelli della Corte...”

Dall’alto della casa torre che faceva da fulcro ai quattro chiostri del bazar di foggia alacrisiana, affacciata alla finestra una figura etera, bianca come uno spettro, scrutava la combriccola banchettare. Il suo sguardo diafano passò sui loro visi ghignanti senza lasciar trasparire nessuna impressione, nessun giudizio, per poi perdere interesse e volgersi all’orizzonte. La nuova capitale era un ribollire di attività, nonostante fosse ancora giovane. I tetti delle sue case erano di paglia e molte delle strade non erano state ancora lastricate. Da quella posizione sopraelevata si poteva godere un’ottima vista della città, e soprattutto del complesso in costruzione di cui il torrione era parte.
Chiunque avesse raggiunto la modesta piazza della Porta del Sole e avesse posato gli occhi sulla fontana, decorata con statue in metallo raffiguranti sulla sommità un branco di lupi pronti a braccare variegata scelta di selvaggina tra lepri, ricci, uccelli e cerbiatti scolpiti lungo i bordi inferiori, si sarebbe trovato improvvisamente immerso in un altro mondo. L’architettura, le persone e l’attività frenetica per le strade del quartiere alacrisiano illudeva i visitatori di trovarsi nel centro di una di quelle città del Dortan meridionale, a ridosso del grande deserto. Ma a troneggiare sulla zona erano i cantieri del grande bazar in costruzione lungo il fiume, dotato di serragli, scuderie e capienti magazzini dove stoccare le merci.

«Fiuuu.» Al Patchouli uscì fischiando impressionato dalla penombra della stanza, incapace di smettere di ammirare a destra e a manca le decorazioni sui colonnati, i numerosi arazzi che adornavano le pareti e il soffitto fitto di stalattiti artificiali incastonate di mosaici. «Vi siete sistemati bene qui.»

Indossava la sua palandrana cerulea e il fez rosso, gli abiti che, sebbene modesti, riservava per gli incontri speciali. Incedette a passi placidi e con le mani nelle tasche, tornando dal suo giro di visita della sala, e si avvicinò alla finestra, di fianco alla ragazza in tunica bianca che gli aveva fatto da guida per tutto il cantiere. Non nascose la sua sorpresa nel notare che aveva finalmente abbandonato lo scrittoio portatile colmo di documenti che aveva portato al collo sin da quando era venuta a prenderlo. La fanciulla si volse leggermente verso di lui, quando bastò per accertarsi con la coda dell’occhio della sua presenza. La luce tiepida del mezzogiorno pareva quasi attraversare quel suo corpo che sembrava etereo, con un effetto quasi sinistro, marcato notevolmente dalla pelle cerea, dalle iridi sbiancate dei suoi occhi e i corti capelli albini, pallidi come uno sbuffo di nuvola, bruciati forse dalla magia, o forse da una malattia. Si era presentata come Ely Hoedt, segretaria e contabile di Lord Quaison. Vahram conosceva il ricco malavitoso e contrabbandiere di Laslandes da anni, eppure era certo di non averla mai vista al suo servizio, e una maga di quell’aspetto si nota; con tutta probabilità doveva averla assunta da poco.

«Guardate laggiù, sul verone.» Ely puntò l’indice esile e diafano in basso, indicando fuori dalla finestra la tavola gremita di persone che si trovava una quindicina di metri sotto si loro. «Sono loro i nostri affiliati di cui ti parlavo.»

«Ah, vedo, vedo.» Vahram avanzò a ridosso della finestra e iniziò a scrutare interessato la festicciola.

La ragazza attese che l’aramano estraesse il taccuino rosso, la penna d’oca e il calamaio portatile e si preparasse a prendere annotazioni, prima di iniziare le presentazioni.

«L’uomo a capotavola sulla destra è Lord Guido Mercës Falque.» Disse, additando all’uomo uno dei tangheri: un tizio smilzo e baffuto dalla faccia sorridente. Era vestito con un appariscente abito da corte color pisello, con alamari in spighetta di filo dorato che, di forma, imitava vagamente un’armatura. Ciò gli dava un’apparenza vagamente marziale, nonostante la pancia da bevitore che lo distingueva. «Viene da Basiledra. Prima della conquista della città presenziava alla corte del re, con la sua compagnia commerciale commerciava stoffe, porcellane e preziosi e organizzava spedizioni per battere nuove vie carovaniere e scavare nuove cave e miniere metallifere. Con la distruzione della capitale perse ogni cosa: la sua attività era devastata e i suoi soci erano fuggiti. Dunque raccolse tutto ciò che rimaneva e partì alla ricerca di un nuovo progetto in cui investire. Fu allora che trovò noi.»

Finita la spiegazione, spostò il dito verso l’individuo che sedeva alla sua destra: un nano vecchio e rugoso dagli occhi austeri e torvi, ma dal fisico stentoreo. La sua barba era aspra e pungente, screziata di colori che variavano dal marroncino metallico al grigio brace. Se ne stava in disparte, fumando in silenzio tombale la propria pipa ricurva, guardandosi bene dall’intervenire nell’animata discussione goliardica che si stava svolgendo in quel momento.
«Quello invece è Don Duncan de Vreij. Ignoriamo da quale zona dell’Akeran provenga, di certo da Sud, molto da Sud. L’unica cosa che sappiamo è che una volta serviva nell’esercito come capo dei genieri. Ha attraversato il grande deserto a capo di un intero clan di nani in fuga dall’avanzata dell’Abisso. Ha perso molti dei suoi lungo il tragitto. Lord Quaison li ha accolti sotto la sua protezione con la promessa di dar loro una nuova casa, e qui a Ladeca l’hanno trovata. Sono una comunità molto unita, piena di uomini validi: sanno fare praticamente di tutto, ma ciò che è più importante per noi è che conoscono il segreto della polvere nera.»

Ely passò lo sguardo alla persona di fianco al nano, la prima della due donne che sedevano al tavolo, e continuò indefessa il novero con quel suo tono distaccato che, per Vahram, non era molto differente da quello di un mercante di teiere intento a elencare all’ennesimo cliente i pregi dei suoi prodotti.
«Quella donna dall’indole vivace invece è la mezz’elfa Erminia Helyanwë, sacerdotessa di Yffrie.» La ragazza a cui si stava riferendo sembrava l’anima della combriccola, ovvero colei che, tra gli astanti, sembrava la più abile e appassionata a rilanciare le conversazioni e che più rideva a ogni battuta, anche la più becera, facendo sussultare a ogni singulto i suoi capelli dorati ornati di rose sulle appariscenti orecchie a punta. Nessun uomo avrebbe potuto negare che si trattava di una fanciulla di grande bellezza, accentuata dalla succinta tonaca scarlatta che portava. Dalle sue movenze incerte non sembrava nemmeno la più sobria del gruppo. «Non lascarti però ingannare dalla sua tunica.» E qui, una nota di fastidio storse la sua bocca. «Il suo impiego principale è adescare giovani e orfane per farne ierodule per il suo unico ed esclusivo profitto.» Gettò un’occhiata eloquente a Vahram, che trovò troppo occupato a scrivere appunti per coglierla al volo. «È una puttaniera, in poche parole.» E su di lei non aggiunse altro; terminò la spiegazione con quell’attributo che stonava terribilmente con la flemma composta che aveva mostrato sinora, strappando all’aramano una sbirciata allibita. Non perse tempo e passò subito al personaggio successivo.

«Georg Sanders. Uno dei fedelissimi di Lord Quaison. Probabilmente l’avrete già incontrato a Laslandes.»

Vahram a quel nome alzò il muso dal taccuino. «Sì... è un tipo strano.» Rispose, rigirandosi cogitabondo la penna d’oca tra le dita. Come poteva dimenticarsi del ghigno storto e giallognolo di quel pazzoide giocatore d’azzardo? Lo stesso che tre anni prima a Laslandes scommise per millecinquecento denari che sarebbe riuscito a gettarsi nel fiume dal tetto della taverna, col tacchino preferito del proprietario cosparso di pece e dato alle fiamme tra le gambe, e di uscirne indenne. E la scommessa la vinse: i suoi compagni di bagordi lo videro emergere dalle acque sano come un pesce. Anche se la stessa cosa non si poté dire per il tacchino.

«Diciamo pure che è un dissennato.» Precisò Ely. «È in carico delle bische del nuovo quartiere, la Malsana, il nome chiaramente glielo ha dato lui. Sosteneva che il terreno laggiù “puzzava come se ci avesse cagato a spruzzo un branco di porci per un anno intero”. Testuali parole. Nulla di strano, prima vi era un campo coltivato su quel lotto, concimato probabilmente.»

«Ehrrm... sì. È famoso per il modo in cui prende seriamente suo lavoro.»

Invero, ma Al Patchouli sapeva bene che altrettanto famosa era la sua diabolica sagacia.

«Proseguendo...» Continuò Ely. «...Sall Matar, il nostro alchimista. Si occuperà della produzione della polvere di loto, dell’oppio e del trattamento della canapa. Poi abbiamo Hawat Sartaman, quel signore anziano sulla sinistra. Per il momento mi aiuterà con la contabilità, ma oltre a questo ricopre un altro ruolo estremamente delicato. Te ne parlerò in dettaglio più tardi.» Li elencò sbrigativamente, convinta che il suo ospite avrebbe avuto modo di conoscerli presto molto meglio. «E infine, Jacala. Mh? Qualche problema?»

Vahram aveva smesso improvvisamente di scrivere non appena aveva udito quel nome. Fece un passo in avanti e sbirciò di nuovo dalla finestra, stavolta con cautela.

«No... Nulla, credo di averla già incontrata da qualche parte.»

«Infatti a quanto pare era già perfettamente informata del tuo arrivo.»

Il guerriero non lo dubitava. Anche se, come al solito, aveva un aspetto diverso da quello che conosceva, era certo che fosse lei. La servitrice di Lady Ainwen. A quanto pare avrebbero condiviso obiettivi paralleli, ancora una volta.

«Il progetto di Lord Quaison è oltremodo ambizioso.» Asserì Ely, allontanandosi dalla finestra mentre Vahram era ancora occupato a scrutare la giovane donna. A passi rapidi si diresse verso un largo tavolo di legno in mezzo alla sala su cui era steso un ampio foglio di pergamena che lo ricopriva interamente. «Ogni membro della confraternita è fondamentale, ogni spada, ogni mente, ogni denaro.» Si fermò davanti a esso, ammirando ciò che vi era minuziosamente dipinto sopra. «È un’associazione fondata sull’aiuto reciproco, sulla fiducia e il rispetto.»

Al Patchouli scacciò i pensieri che s’infittivano nella sua mente e tornò a concentrarsi sulle parole della ragazza. La raggiunse al tavolo, dove ebbe modo di vedere l’impressionante planimetria di ciò che sarebbe divenuto il grande Bazar di Mahyas.

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«Adesso noi ci troviamo qui, in cima a questa torre, l’unica parte della struttura sinora ultimata.» Iniziò a esporre. «Sarà il nostro quartier generale, il nostro sancta sanctorum. Intorno ad essa si svilupperà l’edificio del bazar, dove i mercanti potranno affittare i banchi disponibili ed esporre le proprie merci. Sul lato ovest, lungo il fiume, saranno eretti il serraglio, dove accoglieremo i convogli mercantili e sdoganeremo le merci, e dove si troveranno anche gli alloggi degli ospiti. Oltre il serraglio ci saranno le scuderie per lo stallaggio degli animali. Sul lato nord erigeremo invece i magazzini per lo stoccaggio dei prodotti. Sarà Hawat Sartaman insieme a me ad occuparsi di questi settori.

Quivi, in speciali luoghi prestabiliti, avverrà anche l’intera attività di contrabbando, la quale sarà curata interamente da Lord Quaison e sua figlia Jasmine, e da me, ovviamente, in quanto loro contabile. Abbiamo anche in progetto una serie di tunnel sotterranei che saranno utilizzati per spostarsi rapidamente e con discrezione dal bazar ai quartieri circostanti. Qui saranno situati anche i laboratori dove Sall Matar e i suoi alchimisti si occuperanno della preparazione delle sostanze stupefacenti per il mercato nero e lo spaccio in strada.

La piazza di Porta del Sole, a sud-est, divide i due piccoli quartieri di Rio Pietra e Malsana. La costruzione di Rio Pietra, a sud del bazar, è assegnata al clan di Don Duncan de Vreij, dove potrà insediare la sua comunità nanica. Una sorta di ghetto, per intenderci. Qui, secondo i patti, i nani stabiliranno i laboratori per la produzione di armi a polvere nera. Ci sarà di estrema utilità per i nostri scopi.

A est sarà fondato invece il piccolo quartiere di Malsana. Qui abbiamo intenzione di attirare impresari nel campo dell’intrattenimento di bassa lega. Bische, taverne, piccole locande e poco più. Georg Sanders ne sarà responsabile, che gli dei ci assistano...
Inoltre in questo posto Erminia Helyanwë si è aggiudicata un lotto dove iniziare la costruzione del suo bordello. Sì... parlo del Tempio di Yffrie.
»

«E per quanto riguarda Lady Ainwen?» Vahram osò, sperando di ottenere un chiarimento ai lati oscuri che Lord Vid Quaison non aveva accennato nella lettera d’invito.

«Dunque è vero che la conoscete.» Affermò Ely, per nulla sorpresa della domanda. «Ci fornisce contatti di estrema importanza, per questo motivo Jacala è qui.» Si voltò verso l’aramano con sguardo cattedratico. «Abbiamo legami con altre organizzazioni del posto, come l’Adel-Numèstara, per il commercio di informazioni. E non solo. Inoltre abbiamo siglato un buon contratto con la nuova ferreria in costruzione qui a Ladeca.» Per la prima volta, sorrise. «Ogni cosa è pianificata nei minimi dettagli.

E poi ci sei tu.»


«Lord Quaison mi aveva detto che aveva un impiego speciale per me.»

Ely annuì. «Molto speciale.
Un’organizzazione come la nostra non può non avere una forza armata al suo servizio, una truppa altamente specializzata e versatile conforme alle nostre esigenze. Ma serve qualcuno che li addestri e li comandi. E la prima persona a cui il nostro capo ha pensato per questo ruolo sei stato proprio tu.
»

Si pose di fronte al guerriero, rimpettendosi e affettando tutto il portamento solenne che il suo esile corpo poteva esternare, e ritta in piedi, con la braccia lungo il corpo, iniziò a declamare.

«Al Patchouli, chiamato la Volpe degli Altipiani,
io, Ely Hoedt, in qualità di consigliera del concilio,
in nome di Lord Vid Quaison e della Corte dei Superbi,

ti dichiaro comandante della legione dei Lemuri,
occhi di Mahyas e ombre della notte.
»


Dopodiché si rilassò, e avanzò mostrando un freddo sorriso al guerriero. Lo guardava negli occhi con quello sguardo della sostanza della neve, colmo di aspettativa. Gli arrivò a un palmo, e sulle punte dei piedi si alzò per sussurrargli all’orecchio.

«Ci sono grandi piani in serbo per te, Volpe degli Altopiani.
Aspetta e vedrai...
»




CITAZIONE

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Eccomi, elenco subito i miei progetti. Mi dispiace esporli così frettolosamente, ma purtroppo il tempo stringe. Premetto innanzitutto che la Corte dei Superbi si tratta di un'organizzazione unica, associabile a una sorta di mafia, che conta diverse attivià che collaborano tra loro. A capo vi è questo misterioso malavitoso e contrbbandiere proveniente dall'Alacrisia di nome appunto Vid Quaison, il quale la controlla. Mi sarebbe piaciuto presentarlo in questo post per esporre sin da subito perché ha reclutato Vahram e quale sarà il suo rapporto con lui all'interno dell'organizzazione, ma purtroppo non ci sono riuscito. Lo presenterò nei prossimi post. Riassumo dunque qui sotto tutte le attività della confraternita e le sue affiliazioni con altri progetti.

Il Bazar di Mahyas - mercato di architettura alacrisiana che sarà adattato per ospitare carovane di mercanti, magazzini commerciali e ovviamente... il mercato.

Il Cartello Alacrisiano - organizzazione di contrabbando con sede nel mercato, principale fonte degli affari sporchi della Corte dei Superbi. Concerne sia compravendita e mercato nero di merce illegale che produzione e spaccio di droga.

Rio Pietra - ovvero il Ghetto nanico. Fornisce manodopera nanica al complesso e ospita laboratori per la produzione della polvere da sparo.

Malsana - quartiere di bische, locande e taverne, praticamente i bassifondi del divertimentobecero . L'eden di ogni malvivente in cerca di svago.

Tempio di Yffrie - in pratica un bordello cammuffato da tempio.

I Lemuri - A proteggere i nostri interessi ovviamente vi sarà anche una forza armata selezionata e addestrata ad ogni mansione utile: spie, scagnozzi, ladri, ecc., ma il fior fiore delle truppe è un corpo specializzato che conta assassini, guastatori, infiltratori, ranger e squadre d'assalto chiamato i Lemuri. Immaginatele un po' come le squadre punitive della mafia russa.

Affiliazioni
Patti segreti con Ainwen. Oggetto: rete di corruzione.
Commercio di informazioni con l'associazione segreta di Shimmen.
Contratto commerciale con la ferreria di Azzurra.

EDIT: impaginata decentemente la pagina, aggiunte immagini, aggiunta mappa obbrobriosa del progetto.
EDIT 2: corretti dei refusi


Edited by Orto33 - 9/9/2015, 01:05
 
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Ark
view post Posted on 9/9/2015, 00:02




      « Una scuola? » chiese Elayne, guardandomi con una strana luce negli occhi verdi.
      Io mi limitai ad annuire, un po’ imbarazzato dall’aver detto ad alta voce il mio pensiero. Non sapendo cosa pensare di quell’occhiata fissai in avanti, verso una Ladeca molto diversa da quella che avevo visto la prima volta che la ragazza mi aveva condotto laggiù. Con un po’ di fortuna in quest’occasione non verrò di nuovo teletrasportato a tradimento in un’altra dimensione.
      Ci stavamo allontanando dal centro della città, ormai un caos di lavoratori e artigiani che facevano avanti e indietro portando attrezzi da lavoro e progetti per i vari cantieri e magazzini che stavano spuntando come funghi da quelle parti. Se Ladeca aveva già cominciato ad espandersi quand’era stata eletta la base dei Corvi Leici, adesso che avrebbe ospitato il nuovo parlamento non mi sarei sorpreso se raggiungesse nel giro di pochi anni le dimensioni dell’ex capitale.
      Camminai in silenzio, godendo segretamente della sensazione della mano di Elayne stretta nella mia. Per quanto non fossi abituato a dare una così esplicita dimostrazione d’affetto non era nulla paragonabile al percepire la sua presenza in fondo alla mente, le sue emozioni, i suoi pensieri. Da quando aveva creato quel Legame non eravamo mai troppo distanti, che io mi trovassi accanto a lei o nella costa del Matkara.
      Aveva i suoi limiti in ogni caso, perché quando ci trovavamo troppo distanti potevamo giusto indicare a grandi linee la direzione e la distanza l’uno e dell’altro, ma per lei fu sufficiente per aprire un Varco e raggiungermi mentre ancora preparavo il campo dopo il viaggio con l’Ammiraglio. Ancora stento a credere che lei sia riuscita ad emularmi dopo avermi visto usare quel trucco giusto qualche volta!
      « Come mai una scuola? » chiese Elayne camminando verso l’aperta campagna, dove finalmente potevamo avere un po’ di pace dal resto della città. La terra battuta da migliaia di piedi divenne erba morbida, ed il vento rinfrescava la giornata soleggiata.
      « Sinceramente? Non lo so nemmeno io. » risposi, ed era vero « Forse perché fin troppe cose qui sono concentrate sulla guerra, a prevenirla oppure combatterla. Oppure perché io ho potuto cominciare a leggere solo qualche anno fa » ricordavo ancora il vecchio Sussurro, Ishaq, quando m’aveva preso con sé e insegnato per permettermi di entrare nel suo gruppo « e la mia vita è cambiata parecchio da allora anche grazie a questo. Oppure mi piace l’idea che almeno qui i ragazzini possano crescere con la possibilità di imparare a leggere, o che ne so io. » Gesticolai agitando le mani in aria, incapace di usare parole migliori per spiegarmi.
      Lei mi guardò e rise, una risata leggera e argentina, con le spalle che sussultavano leggermente ed i lunghi castano chiaro, quasi biondi. Luce, quant’era bella.
      « Ti sembra così stupido? » dissi, fingendomi offeso.
      « No, no » disse lei continuando a ridere, poi mi guardò di nuovo con quella luce negli occhi. « E’ solo che mi sembra un pensiero molto dolce. »
      Dolce. Ecco un modo in cui non venivo definito da un bel po’.
      Ci fermammo in mezzo all’erba alta, ormai praticamente soli nelle campagne di Ladeca. L’avvicinai a me in un abbraccio, i nostri volti talmente vicini che potevo sentire il suo respiro sul viso, ed io mi persi nei suoi occhi.
      « Potrei aiutarti, sai. » disse in tono cospiratore.
      Io aggrottai la fronte. « A far cosa? »
      « A costruire la scuola. »
      Fu il mio turno di ridere, tuttavia lei continuò a fissarmi con un’aria sorprendentemente seria. Davvero non stava scherzando?
      « Oh, andiamo. Cosa ne so io di come si costruisce una scuola? O un qualsiasi edificio, se è per quello! E insegnare? Mi ci vedi davanti a dei bambini frignanti con un libro in mano? »
      Percepii un guizzo di divertimento attraverso il legame, segno che l’aveva appena pensato. Dannata ragazza.
      « Dimentichi che io ho delle conoscenze nel Dortan, signor Trakand. » rispose lei.
      « Piano, piano. » dissi allontanandomi un attimo. Starle troppo vicino mi scombussolava i pensieri. « Da quando ho il tuo cognome? »
      « Beh, non posso mica avere un compagno senza cognome, non trovi? Sennò come faranno ad annunciarci nelle cerimonie importanti? »
      Ah, rieccola all’attacco.
      Non importava quanto le dicessi che i grandi ricevimenti a cui aveva partecipato con l’arcimago suo maestro a Basiledra non facevano per me, per qualche motivo s’era impuntata che voleva fare di me una persona di “classe”. Vestirsi eleganti, stare attento al linguaggio di fronte ad aristocratici… Ma anche no.
      Lei percepì il mio dissenso e mi guardò storto per un attimo, ma io cercai di cambiare discorso approfittando dell’attimo di silenzio.
      « Comunque, cosa intendi con conoscenze? »
      « Costruttori, insegnanti… posso trovarli io. » rispose lei, anche se qualcosa nel suo viso mi fece capire benissimo che non avevamo affatto concluso il discorso di prima. Eh vabbè.
      « Sul serio? »
      « Certo. Per cosa credi che sono venuta a recuperarti dall’Edhel? »
      Ammiccai. « Non riuscivi a starmi lontana dopo quella notte? »
      Mi riferivo a quando sono tornato nella sua magione, dopo l’Akeran e la corruzione, e finalmente abbiamo dato retta a ciò che i nostri cuori ci stavano dicendo da quando l’ho salvata da una lastra di ghiaccio durante il crollo di Basiledra. Non abbiamo dormito, quella notte.
      Quella frase mi fece guadagnare un poco elegante cazzotto sulla spalla, ma sentendo la conferma grazie al legame sorrisi mentre con una mano mi massaggiavo la parte lesa.
      « Stupido. Non hai visto quanta gente è arrivata a Ladeca? Son sicura che basterebbe chiedere un po’ in giro per trovare del personale qualificato per ciò che vorresti fare tu. »
      Non aveva tutti i torti, in effetti. Le sorrisi, pensando a quant’era meraviglioso avere qualcuno che ti supportava con tutto sé stessa. L’amavo, e grazie al legame percepivo l’amore che lei provava per me. Lì, uno davanti all’altro, i nostri animi sembravano una cosa sola. Vicini com’eravamo le sue labbra m’attiravano come un magnete fa col ferro. La baciai, e per un lungo attimo Ladeca ed il suo sviluppo passò in secondo piano.
      Qualche tempo dopo eravamo stesi sull’erba, le nostre vesti sparse un po’ ovunque, a guardare le poche nuvole galleggiare nel cielo. Faceva così caldo anche prima? Elayne mi passava lentamente le mani lungo il petto, seguendo il percorso dei muscoli. Dovevo ancora abituarmi al non sentire più le cicatrici sulla mia pelle.
      « Dobbiamo pensare ad un nome. » dissi all’improvviso.
      « Per la scuola? »
      Io annuii, per poi impostare un tono di voce da chi narra un poema epico. « Tipo “Centro di Shaoran per ragazzi che non sanno leggere bene” ahia! »
      Lei mi pizzicò e rise. « Non ti azzardare. »
      Sospirai, fingendomi deluso. « E se mettessi Shaoran Trakand? »
      « No. »
      M’illuminai per un lampo di genio. « Nemmeno se aggiungiamo nella scritta “E che vogliono imparare anche altre belle cose”? »
      Lei roteò gli occhi, esasperata. « Facciamo che il nome lo scelgo io, ok? »
      Risposi con una grassa risata.

Report
Note
Il legame e poteri vari a cui faccio riferimento sono semplici cose puramente di livello gdr, e che non penso utilizzerò mai in alcun modo se non in scene free come questa. Lascio la cosa abbastanza scontata perché volevo descrivere meglio gli eventi in una scena a parte, che però non ho ancora avuto modo/voglia di scrivere, ambientata dopo il duello che ho avuto con Azzurra e la conseguente liberazione di Shaoran dalla Corruzione.
Spero possiate apprezzare la citazione per la scuola xD

Progetti: Scuola Elementare.


 
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view post Posted on 9/9/2015, 00:59

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La Regia Università di Ladeca


«Tisicuzzo il vecchio.. » - lo sguardo di Mary Margaret si posò sull’anziano chino su una borsa di cuoio. Di femminile, quella donna, aveva solo il nome. Capelli corti, tagliati alla maniera militaresca, due bicipiti che avrebbero fatto invidia ad un orco, dita perennemente sporche di grasso e un espressione così corrucciata da non lasciar spazio a dubbi circa il suo caratteraccio.
Nata in una terra di nani, abbandonata dinnanzi una delle più prestigiose accademie di Qashra e cresciuta da un luminare in tecnologie anch’egli di razza nanica, non sorprende che la giovane abbia acquisito pregi e difetti quell’ingegnosa ma spesso rozza razza.
«Devi sempre farti riconoscere vero sorella? » - a parlare, nemmeno a dirlo, un nano. « Sempre a comportarti come una di quelle ragazze dei bassifondi. »
Alto la metà della giovane, la fluente barba catana pettinata alla perfezione Jhamir Holdorun era la perfetta incarnazione dell’accademico. « Sai almeno chi è quello? James Melody Greys è il più illustre, esperto chirurgo e medico di tutto il continente. E’ uno dei pochi umani ad aver capito l’importanza dello studio anatomico, della dissezione e.. »
«Chiudi un po’ quella fogna Jha! » - ribatté lei sbuffando. A guardarla bene era graziosa con le sue labbra piene e gli occhi verdi come smeraldi. Peccato che avesse scelto di apparire al mondo in quelle vesti così poco aggraziate - «Se vuoi far colpo sulla mummia perché non agiti le tue ampolline di piscio di alchimista? Sai che risate se gli bruci il vestitino color prugna in cui s’è imbacuccato! »
A quel punto il noto medico aveva smesso di celarsi dietro la sua aura dignitosa e calata la maschera partì all’attacco - «Razza di giovinastra sboccata tu lo sai chi sono io?! »
Dovete sapere che James Melody Greys era un uomo di intelletto sopraffino, uno degli esseri più geniali che l’intera razza umana avesse mai accolto tra la sua compagine ma era anche decisamente … Eccentrico? Arrogante? Totalmente incapace di avere rapporti umani? Decisi di intervenire prima che la discussione si trasformasse in rissa. Avevo dinnanzi a me tre dei futuri professori dell’università di Ladeca. Tre geni nei loro campi: meccanica, alchimia e medicina … Non era il caso che quelle tre teste finissero per dare spettacolo nel bel mezzo del cantiere della nuova università-
« Signori vi prego …»
I tre si voltarono. Non mi ero ancora presentato, non mi conoscevano se non di fama e avevamo comunicato solo tramite lettere. Immaginatevi il loro stupore nel vedermi.
Sgranarono gli occhi, aprirono le bocche e smisero – finalmente – di accapigliarsi.
« Benvenuti a Ladeca…» - dissi allargando le braccia e sorridendo ampiamente - « … benvenuti nel cantiere di ciò che sarà il faro di sapienza nei Regni del Leviatano. Volevo che vedesse con i vostri occhi. Ora se permettete passo alle presentazioni.»
Il nano e la ragazza si conoscevano. La famiglia di lui aveva adottato lei e le aveva pagato gli studi vedendo nella sua giovane mente un diamante grezzo che avrebbe portato lustro e fama alla già nota genia di accademici qual’era il casato Holdorun. Presentai il medico ai due e mi presentai io stesso a tutti e tre.
«Con questi tempi inizieremo ad insegnare quando io sarò già diventata più vecchia di lui ... » - commentò Mary Margaret - «... ciò vuol dire nonnino che invece di un aula dovresti farti costruire un bel loculo con una sbrilluciccante targa dorata con scritto il tuo nome. Si abbina bene alla tua tunica color livido. »
Intervenni prima che ne scaturisse una nuova rissa - «I tempi si velocizzeranno molto ora che siamo tutti qui… La mia conoscenza delle arti arcane, la tua esperienza in campo di tecnologia e le stupefacenti meraviglie alchemiche di tuoi fratello minimizzeranno i tempi di cantiere. Ora che ne dite posso offrirvi da bere in attesa degli altri? »

Progetto: Regia Università di Ladeca
PG: Erein prof. Teologia ed Arti Arcane
PNG: Mary Margaret Holdorun, prof. Meccanica e Scienze Tecnologiche
James Melody Greys, prof. Medicina
Jhamir Holdorun, prof. Alchimia e Piromanzia.

 
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view post Posted on 11/9/2015, 00:19
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Ferriera di Leningrast.

L'uomo ferito con due colpi di tosse violenti sporcò il muro di sangue. Quei pochi amici che si era fatto provarono a soccorrerlo tanto preoccupati quanto pieni di rassegnazione: Ferwer era vecchio, e per la sua età faceva fin troppi straordinari al lavoro. Gli incidenti erano capitati, senza dubbio, ma da qualche settimana sembravano aumentare senza ritegno.
Gli operai avevano fame. Le famiglie dovevano mangiare, e questo portava ogni uomo a sforzarsi ben più rispetto a quanto potrebbe permettersi un corpo già stanco.

Quando Leningrast arrivò, scosse la testa. Ne aveva visti fin troppi nella sua lunga vita.

« Tarantola dello scultore. Mi dispiace. »
Gli operai attorno sapevano fin troppo bene i sintomi legati a quel morbo. Ma d'altronde era uno dei rischi previsti dal contratto: lavorando l'acciaio si respiravano piccole particelle, impurezze, veleni. Inizialmente privi di sintomi quelle sostanze di accumulavano sempre più provocando tremori e convulsioni. Ferwer aveva avuto un attacco mentre spostava un carico pesante, venendone schiacciato.

« Non possiamo continuare così, lo sai anche tu... »
« Non ho alternative ragazzi, lo sapete. Potreste lavorare di meno. »
Leningrast era a dir poco affranto. I suoi uomini lo sapevano, e non riuscivano nemmeno ad arrabbiarsi.
« Ma quei soldi ci servono! Abbiamo famiglie, bocche da sfamare! E con gli ultimi aumenti dei prezzi senza straordinari non ce la possiamo fare! »
« Io... io non posso. I fondi che Re Julien ci ha dato sono quasi esauriti. Mi dispiace… »

Gli uomini presero il corpo di Ferwer ancora cosciente per trascinarlo verso l’ospedale. Probabilmente non sarebbe sopravvissuto, ma in quei giorni bui non potevano far altro che sperare.




Nido dello Scorpione.


« Nella merda ti dico! Siamo nella merda fino al collo! »
« Tranquillo Jack, non abbiamo nulla da temere. »

I due uomini parlavano nella caserma sotterranea del Nido dopo aver pulito le lame dal sangue residuo. Anche quell'incontro come gli altri era andato come previsto: il loro datore di lavoro aveva convinto uno dei tanti, troppi uomini pieni di belle speranze a partecipare ai "giochi". Segnalato a John e Jack , al pollo erano state manomesse armi e armature, ma solo dopo aver puntato oculatamente e tramite terzi al banco delle scommesse. Durante la lotta un colpo di spada, un'armatura sfondata, una vita in meno e tante monete in più.
Soldi facili per il loro benefattore, e per gli amici dello stesso. Soldi facili per gli altri scagnozzi che come loro obbedivano dall'alto.

Eppure erano nervosi, specie Jack. Qualcuno si era lasciato prendere la mano, e aveva colpito fuori dall'arena: quello era un omicidio in piena regola. Mark Smith e la sua guardia cittadina gli stavano addosso, e nonostante la fame i combattenti volontari erano in costante diminuzione. Decisamente i gestori di quel luogo avrebbero dovuto inventarsi qualcosa, trovare cavilli o elaborare qualche inganno verso la popolazione: era successo un vero e proprio casino, e senza fare altro quel luogo era destinato a fallire.





Accademia Teatrale.



« L'amor che muove il sol, e le altre Stelle! »

Applausi concitati dalla platea. L'inchino da parte del teatrante che, al termine del lungo e concitato monologo, raccoglieva la gratitudine di ricchi e nobili che erano andati a deliziarsi delle sue parole. Eppure era triste: se il teatro fosse stato pieno il fragore degli applausi avrebbe fatto letteralmente tremare le pareti. Lo sapeva per certo perchè era già accaduto.
Fino ad un mese prima, quando ogni abitante di Laadeca era carico di belle speranze e lontano dai problemi veri della realtà, il Teatro faceva il pienone ogni sera, e l'accademia riceveva più che numerose richieste di iscrizioni.

Poi, la fame.
D'un tratto i prezzi di ogni bene di prima necessità erano aumentati. I poveri e i semplici operai con famiglie numerose, costretti a stringere la cinghia, non potevano più concedersi il vezzo del teatro. Le iscrizioni all'accademia stavano crollando, così come il numero di biglietti venduti. La sala serale ridotta ad una decina di nobili entusiasti e felici di osservare le performance.
Entusiasti certo, ma pochi. Troppo pochi.

Dietro le quinte, il proprietario del teatro salutò con una pacca sulla spalla il monologhista. Nel silenzio sapevano che quei quattro soldi della serata non sarebbero riusciti a sfamarli a lungo. Dovevano fare qualcosa, o sarebbe stata la fine di quel dolce sogno.






La Voce del Regno.


Il grade edificio sorgeva di fronte una piccola ma elegante piazza. Se avessero avuto pretese minori sarebbe già stato terminato, ma le menti dietro quella costruzione erano fra le personalità meno umili di Dortan: i Pari. Ufficialmente doveva essere un'ambasciata, un centro nevralgico attraverso cui dare informazioni e consigli a ogni abitante di Dortan e oltre. Ma tutti a Ladeca erano a conoscenza del vero significato di una simile struttura: era un simbolo. Un simbolo imponente che avrebbe ricordato a tutti, come un monito immobile all'interno della frenetica città, che i Pari non avevano abbandonato neppure un briciolo del loro potere.
Certo, non tutti i nobili dei Regni del Leviatano stavano passando periodi fulgidi: se da una parte le famiglie più grandi e importanti avevano giurato fedeltà a Re Julien, alcuni nobili minori stavano perdendo potere e cadendo lentamente in disgrazia per colpa di scelte politiche inopportune e dissennate.

L'ambasciata non era ancora pronta, ma quando i costruttori privati l'avrebbero conclusa molto sarebbe cambiato in città.






Le Mani Cieche.


A lume di candela, i tre uomini si salutarono con semplici cenni del capo. Calate le cappe nere dal loro viso, si scrutarono a vicenda. Nessuno si fidava troppo degli altri due, ma paradossalmente in quei giorni non avevano altri a cui aggrapparsi. Qualcuno aveva parlato, o era stato troppo impudente sicuro di essere protetto dal loro benefattore.

« Solo noi? »
« Si. E' più sicuro. Dopo gli arresti di Mark Smith non è saggio trovarci tutti insieme. »
« Al diavolo, siamo nobili! Senza di noi questa città non avrebbe nemmeno i fondi per un mattone d'argilla! »

Il vecchio stempiato era arrabbiato. Il ragazzo con gli occhiali cercò di riportarlo alla realtà.

« Siamo nobili corrotti, William. »
« Ma corrotti da chi?! »
« Poco importa. Mark Smith è convinto che ci sia qualcuno dei nostri dietro lo stratosferico aumento dei prezzi a Ladeca. uno dei miei uomini al suo servizio ne è praticamente certo. »

Era vero. Nell'ultimo mese ogni cosa a Ladeca sembrava costare di più, e la povertà dilagava fra le decine di famiglie di operai. Ovviamente i primi accusati erano loro: i Pari. Smith era convinto che fosse opera di un qualche complotto segreto con il preciso scopo di farli arricchire, e in pochi giorni di indagini riuscì a scoprire alcuni legami fra i nobili e il Nido dello Scorpione: scommesse poco lecite, sfociate in un omicidio. Ne fece arrestare alcuni, e gli altri vivevano nella paranoia.

« Quindi, come ci muoviamo? »
« Dobbiamo rimanere al di sopra di ogni sospetto. Tagliamo i ponti con i nostri corruttori, indaghiamo per conto nostro sugli aumenti dei prezzi e scagioniamoci presentando le prove alla Guardia Reale. »
« E gli altri...? »
« Si fottano gli altri. Ladeca è più pericolosa del previsto: pensiamo prima a noi, e il resto si vedrà. »

I tre non potevano saperlo, ma come loro altri uomini delle Mani Cieche si stavano pentendo di essere entrate in quel giro di corruzione. Erano in pericolo, nessuno escluso.






Ospedale Generale della Misericordia.


L'infermiera correva rapida da una corsia all'altra. Reggeva fra le mani una bacinella piena di una soluzione lattiginosa. Evitando rapidamente un paziente per non rovesciarla sul pavimento raggiunse il medico che immediatamente ne riempì una tazza piccola per farla bere lentamente al paziente. Un colpo di tosse da parte di questo ne fece cadere buona parte sui vestiti.

« Stia calmo per l'amor del cielo. Un altro sorso, lentamente. »
« Fa male dottore... metta fine a tutto questo, la prego! »

Uno sguardo preoccupato fra il guaritore e l'infermiera. In condizioni normali il loro anestetico sarebbe riuscito ad annullare il dolore, e in dosi più alte a fare addormentare per sempre il paziente. Era uno dei lavoratori della ferreria, affetto come molti altri dalla Taranta dello Scultore. Lui, insieme a feriti del Nido dello scorpione, mendicanti e decine di comuni cittadini trovavano rifugio nell'ospedale, senza conoscere la tragica verità.
Erano senza fondi.

« Infermiera, porti il paziente nella stanza 46. »

La donna deglutì preoccupata. "Stanza 46" era la camera mortuaria. Lì avrebbe dovuto stendere l'uomo su una brandina e colpirlo con un colpo secco alla testa per porre fine alle sue sofferenze. Era una pratica macabra e che la disgustava, ma comprendeva di non avere alternative: senza fondi erano costretti a diluire i medicamenti per alleviare il dolore di quante più persone possibili, ma con un simile metodo solo in pochi riuscivano a sopravvivere. Ma d'altronde, che alternative avevano? I soldi governavano quel mondo marcio, e a Ladeca sembravano essere scomparsi nel nulla.






Pecorelle Smarrite.


Dolly si muoveva felice. Si era appena sfamata brucando erba appena bagnata dalla pioggia, belando felice. Era circondata da decine e decine di fratelli, che si muovevano nella stessa direzione ben sorvegliate dalla strana creatura quadrupede che emetteva suoni acuti ogni volta che qualcuna si allontanava dal gruppo. Per questo seguiva diligente la figura più alta, che la stava riportando nel luogo in cui avrebbero riposato.

Giorno e notte, il tempo passava spensierato. Talvolta veniva portata all'interno di un luogo buio e ne usciva leggera e fresca: la figura alta lo faceva a turno con tutti, tagliando il pelo in eccesso che comunque sarebbe ricresciuto rapidamente.
Eppure quel giorno qualcosa non andava: non trovava Molly. Molly era un'altra pecora, e a Dolly piaceva brucare al suo fianco. Riconosceva Molly per una grande macchia nera sulla schiena, ma semplicemente non c'era.
Rimase a pensarci appena qualche secondo, prima di tornare a brucare dimenticandosi dell'esistenza del suo amico.






Banca del Tempio.


Seduti attorno alla scrivania, gli esili uomini dalla pelle ambrata leggevano al loro padrone i numeri ordinati per bene all'interno delle tabelle. Murdock sapeva far di conto, ma per le grandi cifre con cui aveva a che fare preferiva usare alcuni uomini dell'Akeran giunti appositamente per servirlo. Era appagato da quello che sentiva: gli affari andavano più che bene!
Di tanto in tanto qualcuno entrava disturbando, porgendo agli uomini pergamene regolarmente firmate con cui la banca si impegnava a prestare denaro alle mille imprese che stavano sorgendo a Ladeca, in cambio di sottili ma proficui interessi.

Si perse un attimo pensieroso: continuando per quella strada sarebbe diventato uno degli uomini più ricchi di Dortan! Forse avrebbe potuto comprare una casa lussuosa, un palazzo... o il suo benefattore avrebbe potuto renderlo un nobile! Lui!

« Signore, altre tre richieste. Nessuna impresa, ma comuni cittadini. »
« Concedi, concedi! »

Andava avanti da giorni. Da un mese circa a quella parte sempre più uomini comuni chiedevano prestiti alla Banca: a quanto pare i mercanti in città avevano alzato i prezzi a dismisura, e i compensi delle imrpese non bastavano più a garantire il sostentamento delle famiglie. Più prestiti quindi, e più prestigio per la Banca!

« Ehm... direttore? Abbiamo un problema... »
« Cosa? »

L'uomo dalla pelle ambrata aveva appena terminato di leggere le ultime righe della tabella, scoprendo qualcosa che non avrebbe fatto piacere al suo padrone.

« Continuando di questo passo... esauriremo il denaro a nostra disposizione. I cittadini da dieci giorni non saldano i debiti e continuiamo ad avere richieste di denaro. »
« COSA?! »
« Si signore.. non possiamo più gestire la Banca in questo modo... dobbiamo scegliere, o sarà la fine. »






Maschera della Pietra Lunare.


La ragazza smise di gemere, separandosi dall'uomo che stava cavalcando. Una recita perfetta, in grado di ingannare anche il più attento degli osservatori, perfezionata dopo anni di esperienza nelle strade d'oriente. Aveva iniziato quando era una bambina, e adesso nel fiore degli anni la giovane Lilith riusciva ad appagare ogni desiderio dei suoi finti amanti. Aveva un fascino particolare, esotico, in grado di fare innamorare ogni uomo sciogliendo anche i cuori più duri.
Lord Rudolph al suo fianco era la vittima perfetta.

« Mio Lord siete sempre così... irruente! Come possedete una tale energia? »
Mentiva naturalmente, ma le sue parole erano come oro colato alle orecchie dello sgradevole nobile. Era così grasso da sovrastarla per tre volte, e quando ansimava il respiro profondo era disturbato dal catarro. Per fortuna erano solo pochi secondi, un sacrificio sopportabile.

« Tornerete domani? Non riuscirei a stare senza di voi un solo minuto in più! »
« No dolce Lilith: domani ho una riunione importante. »
« Incontrerete i vostri amici per complottare? »

Lord Rudolph rise, nella sua immensa stupidità. Era innamorato di quella puttana, e si faceva grosso ai suoi occhi vantandosi di ogni sciocchezza compiuta. Pensava di aver trovato una confidente, una donna che ricambiava i suoi sentimenti, e per migliorare la sua posizione non aveva esitato a rivelare parola dopo parola il giro di corruzione che avevano i Pari a Ladeca.
Ne parlava vantandosi di come i complotti orchestrati accrescessero il suo potere rispetto agli altri. Di come questo o quel nobile poteva essere ricattato. Di come l'aumento dei prezzi non lo avesse danneggiato minimamente.
Era uno sciocco, e come lui ogni altro cliente di quel bordello. All'inizio ospitava uomini di ogni ceto sociale, ma dall'aumento del costo della vita era divenuto un banale ritrovo per i Pari che non esitavano a tradirsi a vicenda per gonfiare il proprio ego con banali puttane.






Adel-Numèstara .


Due uomini alla locanda del Giovane Drago scelsero lo stesso tavolo per bere la pinta di birra. Quando la cameriera gli comunicò la cifra da pagare uno dei due sgranò gli occhi, ma l'altro mise qualche moneta in più per saldare il conto. Scelsero il tavolo più defilato, ad un angolo lontano dal camino acceso.

« E' incredibile, non possono far pagare così tanto! Chi diavolo ha scelto questi prezzi? »
L'altro fece spallucce.
« Non lo so. Non lo sa nessuno in tutta la città. Tu piuttosto, come mai non hai la solita cappa nera? »
« Ho perso la mia, e al mercato avevano solo l'ultima e costava uno sproposito. Sopravviverò. A noi. »

Un brindisi veloce, prima di sorseggiare e parlare di cose serie. Ormai da tempo le due figure facevano parte di Adel-Numèstara, il gruppo di spie che si stava spargendo per Ladeca. Avevano deciso di riunirsi a cadenze regolari per comunicare le loro scoperte: in mancanza di un mezzo di comunicazione efficace era l'unico modo per rimanere in contatto.

« Quindi, che diremo domani a quel pazzo di Lord Shimmen? »
Risero entrambi.
« Si... è ancora convinto che l'Edraleo sia già in funzione da anni, mentre sono ancora quattro travi in croce! »
Un altro sorso, poi tornarono seri.
« Gira gente strana, lo sai? Uomini pallidi, sfuggenti anche più di noi. Alcuni dicono Vampiri, ma non so se crederci. »
« Ho sentito, e potrebbe essere un problema. Dicono che hanno sensi sviluppati, che spiano più e meglio di noi, ma non so per conto di chi. »
« La concorrenza quindi? »
« Più o meno si... »

Era vero. Le spie volute da Shimmen erano riuscite pian piano ad infiltrarsi nei livelli più bassi della società. Alcuni di loro avevano vissuto nel mito dei Silenziosi Sussurri, e pieni di entusiasmo si erano lasciati trasportare non conoscendo bene i rischi derivati dalla loro posizione. Un paio di loro si erano fatti coinvolgere nei loschi giri del Nido dello Scorpione, rimanendone uccisi. Altri provarono a scoprire la mente dietro il tremendo aumenti dei prezzi, senza successo. Molti continuavano a fare la fame, e pochi riuscirono a scoprire l'esistenza di un gruppo di Vampiri che stava invadendo ogni sobborgo di Ladeca.
Senza dubbio avrebbero dovuto fare qualcosa: serviva una strategia, perchè erano in pericolo e stavano morendo di fame. A quanto pare emulare i Silenziosi Sussurri non era facile come sembrava...






Tempio.


L'uomo dalle ampie vesti si muoveva lungo il perimetro del tempio, sostituendo candele esauste con nuove. Ogni passo rimbombava all'interno della modesta struttura mentre lo sguardo di tanto in tento si volgeva verso piccoli e precisi ornamenti che rendevano quel luogo elegantemente modesto senza fronzoli pacchiani.
Lo specchio, reliquia fondante dell'intero culto, esposto in bella mostra. Ma la malinconia tornò a infestare l'animo dell'uomo quando realizzò ancora una volta quello che sarebbe stato palese a tutti: la desolazione.

Il tempio era vuoto, tremendamente vuoto. Ogni tanto qualcuno entrava timidamente, vecchie e infanti per la maggior parte, ma non più di una, due al giorno. D'altronde riusciva a capire benissimo il motivo di quella tremenda diserzione: Zeno.
Con Zeno ad esercitare il culto di Zoikar, in grado di riempire giorno e notti le piazze di Ladeca, quella struttura era a dir poco inutilizzata. Forse Dortan non era pronto al culto dei Dodici? Forse l'ostacolo era Zeno, che col suo straordinario carisma era un concorrente inavvicinabile? Il pensiero andò a Lord Erein: forse quell'investimento non era stato il più oculato. Cosa avrebbe fatto per cambiare la situazione?






Bloody Cowbeb.


La notte a Ladeca non era silenziosa. Un brusio confuso aleggiava nelle strade ad ogni ora, specie nei cantieri dell'Edraleo dove Demetrio Smith aveva costretto i suoi uomini a turni forzati di 24 ore. Qualcuno ogni tanto si fermava a osservare, altri passavano distratti intenti a dirigersi in chissà quale bordello. Ognuno per conto proprio non smetteva di perseguire il proprio scopo. Allo stesso modo, sul tetto di una delle case più alte, due figure pallide di incontravano.

« La notte è lunga e il sangue sgorga copioso. »
« Gli assassini non mancano di certo. Il Nido dello Scorpione è un ricco banchetto. »

Annuirono. Era difficile passare inosservati nella loro condizione, eppure la sorte sembrava volgere a loro vantaggio. Erano creature della notte ma non per questo meno attente ai bisogni necessari agli informatori. Si mescolavano fra i malati fingendo anemie, fra i guerrieri al Nido tingendo il pallido volto con pitture tribali, alcuni si muovevano semplicemente ammantati di nero per non attirare l'attenzione: era una strana moda che aveva preso piede nei mesi precedenti a Ladeca. Inoltre data la dieta particolare il costo elevato della vita non era affatto un problema.

« La Famiglia ha bisogno di informazioni, domani parleremo con Alastor. Dove hai mosso i tuoi passi? »
« Nido dello Scorpione. Nobili corrotti pilotano gli incontri arricchendosi. Tu? »
« Ci sono degli uomini che si sono organizzati in un certo modo. Mi hanno osservato, mi hanno seguito e li ho lasciati fare: sono spie. Ingannano, complottano, studiano e ricercano ogni tipo di informazione. »
« Come noi quindi. »
« Si, come noi. »

Il vampiro non rispose. L'indomani Alastor avrebbe raccolto tutte le informazioni, compresa quella dell'esistenza di un gruppo di spie parallele. A quanto pare si contendevano lo stesso territorio, e agendo in nome del suo Signore non avrebbe permesso una simile convivenza. la soluzione sarebbe stata definitiva.






Gilda degli Esploratori.


L'uomo dietro il bancone si muoveva veloce, poggiando di volta in volta gli strumenti richiesti dal cliente. Corde, stivali buoni, picconi, binocoli ed altri utensili più o meno rari. Era affaticato ma soddisfatto: non aveva smesso un attimo di lavorare nonostante tutto.
All'inizio era stato faticoso: Re Julien aveva investito qualche risorsa verso la Gilda, ma il lavoro scarseggiava perchè gli uomini sembravano più interessati agli investimenti in città che all'esplorazione delle terre del Regno. Poi, la svolta.
D'un tratto, l'impennata dei prezzi. Operai, semplici artigiani e anche imprenditori più o meno conosciuti erano ridotti alla cinghia, e gli uomini iniziarono a rivolgersi alla gilda per avere attrezzature e sovvenzioni per esplorare l'esterno, perchè era meglio un'avventura verso l'ignoto che la povertà certa in città.

Gli uomini andavano e venivano, lasciando all'uomo dietro al bancone attrezzi da riparare e una quota per l'affitto degli stessi. Riuscivano a risparmiare soldi durante le loro traversate, e per questo la Gilda riusciva a tirare avanti. Forse in seguito avrebbero avuto bisogno di denaro, ma al momento non era un loro problema.






Ordine dell'Artiglio.


« Gideon! GIDEON! »

Il maestro urlava correndo dietro al ragazzo. Era esasperato, ma non poteva farci nulla. Ricordava con nostalgia i mesi precedenti, quando Gideon Reen giunse carico di belle speranze per imparare l'arte della spada. Erano giovani e adulti volenterosi, spinti dalla voglia di servire i nuovi Regni del Leviatano sotto un ordine importante e una formazione rigida. Alcuni sicuramente erano stati attirati dai fondi promessi: Re Julien aveva approvato l'idea, e stanziato parecchie risorse per reclutare e addestrare le nuove leve. Eppure qualcosa era andato storto.

Due o tre, a detta del maestro non di più, avevano iniziato a tergiversare abbagliati dall'istruzione che stavano ricevendo e dalle monete. Due o tre che da soli stavano continuando a coinvolgere altri nelle loro idee strampalate. Di notte uscivano sperperando i loro averi nei bordelli e provando a riguadagnarli nel Nido dello Scorpione. Molti di loro la mattina successiva non facevano ritorno.

« Preso. »

Un colpo al basso ventre fece cadere Gideon. Non era stato il maestro di spada, che si limitò a salutare con un inchino l'uomo che aveva fermato il fuggitivo.

« Signor Smith, la ringrazio. »

Mark Smith, nel cortile interno della caserma, si guardava attorno concentrandosi nell'ascoltare il rumore secco delle armi che cozzavano all'interno dell'edificio.

« "Eccellentissimo Ordine di Pacificazione Miliziano e Cavalleresco dell'Artiglio Scarlatto di Zoikar in Ladeca." Vi chiamate veramente così? Qualcuno riesce a ricordarselo per intero? »
« Un nome altisonante senza dubbio. Ma fra noi usiamo semplicemente "Ordine dell'Artiglio". A cosa devo la vostra visita.»
« Problemi. » Era seccato, si vedeva. « All'inizio ci avete dato uomini promettenti, ma da un mese a questa parte i tuoi ragazzi vanno in giro a rubare, delinquere e fare cose che solo il Sovrano conosce. Creano problemi, anche grazie alle nozioni di combattimento che gli fornite.
Questa non è una conversazione, ma un ordine di Re Julien: fa qualcosa per mettere in riga i tuoi, o il vostro "Eccellentissimo Ordine" chiuderà i battenti domattina stesso.
»






Gilda dei Mercanti.


Nel quartiere mercantile una decina di donne si aggiravano fra le bancarelle. Se fosse stato uno stretto vicolo avrebbero quantomeno avuto la parvenza di una piccola folla, ma disperse com'erano nella grande piazza sembravano a dir poco deprimenti.
Il tessitore di tappeti le osservava distanti, sperando di cogliere qualche sguardo e attirare la loro attenzione, ma niente. Sbuffò pensando solo a qualche settimana prima: tutto andava bene! Il bazar era gremito di uomini ricchi e facoltosi, insieme ad un volgo speranzoso intento ad arraffare a buon prezzo offerti di scarsa qualità. Poi giunse la crisi, con l'impennata dei prezzi.
Nessuno riusciva a permettersi il cibo, figurarsi un tappeto o un enorme leone di giada ornamentale! Quella sembrava la fine.

« Giornata fiacca, eh? »
La voce familiare alla sua destra. Vessel si occupava di intagli nel legno.
« Come tutte. Accomodati »
La mano ad indicare lo sgabello al suo fianco. Lo sguardo ancora fisso sulle donne che si allontanavano.
« Ascolta, ho pensato... quando ci siamo uniti i piani erano diversi, giusto? »
« Non sai quanto... »
« Però abbiamo passato un gran bel periodo, e versato nelle casse comuni parecchie monete d'oro! »
L'altro alzò un sopraciglio. Senza dubbio era curioso sul risultato finale di quella conversazione.
« E se usassimo queste monete per migliorare la situazione in città? Potremmo fingerci finanziatori! Sai benissimo che i soldi della Banca del Tempio non sono infiniti, e noi potremmo diventare una risorsa necessaria per la città! Pensa alla Gilda! »

Ci stava pensando, e non solo! Stava andando avanti con le possibili catene di eventi... Vessel era un genio! Si alzò di scatto poggiando una mano sulla spalla del collega.

« Ma certo! ovviamente dovremo scegliere bene come investire i nostri soldi, ma non abbiamo praticamente nulal da perdere! Riunisci la Gilda: domani inizierà la nostra rinascita! »








CITAZIONE


QM POINT
Un parto! Dico solo… un parto!
In ogni caso, ecco un riassunto rapido della situazione dei vari progetti.

Ladeca: la nuova capitale dei Regni del Leviatano sembra sorgere già in declino. Consumata dall’elevata inflazione quasi ogni suo abitante vive al di sotto della soglia della povertà. Ma a cosa può essere dovuto un simile aumento dei prezzi? PP: 5
Edraleo di Ladeca: i cantieri dell’Edraleo sono aperti senza interruzioni. Il gruppo di Demetrio Smith lavora giorno e notte per assicurarne la realizzazione nei tempi opportuni Grazie agli ingenti fondi di Julien i suoi operai non sono nelle stesse condizioni del resto della popolazione. PP: 7
Ferriera di Leningrast: piegati dalla povertà i lavoratori della ferriera sono costretti a ingenti straordinari che peggiorano le loro condizioni di salute. I fondi iniziali sono quasi terminati. Leningrast può trovare una via di gestione alternativa, o chiedere aiuto alla Banca del Tempio o alla Gilda dei Mercanti. Tali opzioni consumeranno 1 PP a testa. PP: 2
Nido dello Scorpione: l’arena riscuote un certo successo ma alcuni assassini e nobili corrotti manovrano i combattimenti. Il popolo inizia pian piano a temere la zona che diventa un vero e proprio quartiere malfamato. Puoi interagire/chiedere favori a qualunque fazione, ma questo costerà 1 PP. PP: 3
Accademia Teatrale: l’accademia e il teatro ad esso collegato riscuotono un iniziale successo, minato profondamente dalla crisi del denaro. Puoi gestire la cosa come meglio credi, ma chiedere aiuto ad un altro progetto costerà 1 PP. PP: 1
La Voce del Regno: L’Ambasciata è ancora in costruzione, tuttavia la fama di chi l’ha commissariata è ben nota e il popolo sembra fiducioso nel ruolo che avrà nella futura Ladeca. PP: 5
Le Mani Cieche: Il gruppo di nobili corrotti si forma, ma vive nella paranoia: alcuni di loro sono stati arrestati da Mark Smith per gli scandali legati al Nido dello Scorpione. Altri cercando di staccarsi dal resto del gruppo per non sembrarne coinvolti. In compenso il problema del denaro non li tange minimamente. PP: 1
Ospedale Generale della Misericordia: serve come poche cose nelle condizioni in cui versa Ladeca, ma più di altri accusa il problema della mancanza di denaro. Come per la ferriera puoi chiedere aiuto ad altre fazioni, ma questo costerà 1 PP. PP: 3
Pecorelle Smarrite: riesci a mettere su il gregge progettato, e grazie a loro il problema del denaro di Ladeca non ti tange minimamente. Tuttavia di tanto in tanto qualcuna scompare: divorata da animali selvatici o rubata da poveri affamati? Puoi risolvere il problema o ignorarlo, ma chiedere aiuto ad altri progetti costerà 1 PP. PP:1
Banca del Tempio: con la crisi del denaro, la Banca e i suoi favori sono bramati dall’intera città. Gli affari vanno molto bene, e richieste continue di prestiti vengono soddisfate. Tuttavia i comuni cittadini smettono di restituire il denaro e la banca non può più soddisfare tutti. Utilizzando 1 PP puoi concedere denaro fino a 3 progetti, compresa “Ladeca” e “Edraleo di Ladeca”. Utilizzando 1 PP puoi chiedere collaborazioni con altre fazioni. PP: 3
Maschera della Pietra Lunare: il bordello a causa della crisi riceve principlamente le visite dei nobili de Le Mani Cieche, che non esitano a sputtanarsi a vicenda per ottenere i favori delle fanciulle. Informazioni senza dubbio importanti, ma quanto effettivamente utili? Il popolino non ha certamente denaro per godersi i piaceri che la casa può offrire. PP: 1
Adel-Numèstara: le spie iniziano ad infiltrarsi superficialmente nei bassi borghi della società, scoprendo soprattutto la presenza dei vampiri all’interno della capitale. Condividete gli stessi scopi, quindi le opzioni sono 2: collaborare o distruggere l’avversario. Con 1 PP puoi infiltrare le spie in 3 progetti diversi, ma richiedere l’aiuto di qualcun altro costerà 1 PP. PP: 2
Il Tempio: Zeno esercita il culto di Zoikar con eccessiva popolarità perché il tempio abbia dei seguaci. Certamente sembra un’idea fallimentare, ignorata bellamente dalla città. PP:0
Bloody Cowbeb: i vampiri iniziano ad infiltrarsi superficialmente nei bassi borghi della società, scoprendo la presenza del gruppo di spie Adel-Numèstara all’interno della capitale. Condividete gli stessi scopi, quindi le opzioni sono 2: collaborare o distruggere l’avversario. Con 1 PP puoi infiltrare i vampiri in 3 progetti diversi, ma richiedere l’aiuto di qualcun altro costerà 1 PP. PP: 2
Dove c’è Ladeca c’è Casa: progetto personale che non influenza le dinamiche di Ladeca. L’abitazione viene costruita ma salvo imprevisti non ha utilità nell’elenco dei progetti.
I Sanguinari di Aldrael: progetto personale che non influenza le dinamiche di Ladeca. Gabriel ha il suo gruppo di vampiri personali, che salvo imprevisti non hanno utilità nell’elenco dei progetti.
Gilda degli Esploratori: a causa della crisi del denaro in molti vogliono cercare fortuna altrove e la gilda riscuote molto successo. A causa delle elevate richieste di materiali potresti aver bisogno di altro denaro per espanderti, ma non è una priorità. Chiedere eventualmente aiuto ad una fazione costerà 1 PP. PP: 3
Ordine dell’Artiglio: Alcuni giovani scapestrati stanno lentamente trascinando verso la cattiva strada la massa di volontari iscritta all’Ordine. Per evitare ulteriori disordini, specie nei pressi del Nido dello Scorpione. O l’Ordine risolve questo problema, o Smith chiude tutto. Anche per te, 1 PP per chiedere aiuto. PP: 2
Gilda dei Mercanti: la crisi del denaro la letteralmente ammazzato il commercio della Gilda, tuttavia la cassa comune gode di una buona quantità di oro residuo utile per rilanciare l’economia. Con 1 PP puoi finanziare fino a 3 progetti, allo stesso prezzo puoi chiedere collaborazioni a chiunque. PP: 2
La Corte dei Superbi. Avendo inviato questo progetto oltre il tempo massimo, la sua realizzazione slitta al prossimo turno.
Scuola Elementare: Avendo inviato questo progetto oltre il tempo massimo, la sua realizzazione slitta al prossimo turno.
Regia Università di Ladeca: Avendo inviato questo progetto oltre il tempo massimo, la sua realizzazione slitta al prossimo turno.


Detto questo, sono passati circa 3 mesi dal post precedente, e il problema principale come avrete potuto notare è la mancanza di denaro a causa di un assoluto aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. A voi sta dettare una linea d'azione per permettere al vostro progetto di sopravvivere, eventualmente utilizzando i PP nel modo in cui ho spiegato precedentemente. Naturalmente per qualunque domanda sono disponibilissimo a rispondere nelle sedi opportune.

Per quanto riguarda i progetti fuori tempo massimo mi spiace, ma con l'enorme mole di lavoro mentale che richiede la quest non posso permettermi tolleranze di alcun genere. Ma in ogni caso non preoccupatevi: iniziare un turno dopo non comporta malus di alcun genere, tranne quelli narrativamente legati al tempo, ma nulla di grave.
Inoltre vi ricordo che esaurire i PP, o non trovare soluzioni efficienti al problema del turno NON provoca assolutamente il fallimento del progetto, ma ne evolve lo sviluppo in una direzione piuttosto che un'altra.

Il limite per postare in questo turno è, improrogabilmente, giovedì 17 alle 23:59


 
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view post Posted on 12/9/2015, 07:03
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Cavalier Fata
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Il cuore del Leviatano ~ Ordine dell'Artiglio
« Perché una luce brilla tanto più intensamente
quanto più oscura è la notte che illumina. »

Le reclute e i regolari, tutti riuniti nel piazzale della caserma, attendevano silenziosamente che dicessi qualcosa. Ero furiosa, davvero furiosa, per quello che mi era stato riferito da uno dei miei maestri di leva in merito alla visita di Mark Smith. Certo, non che l'arcimago, ora comandante, avesse la coscienza perfettamente pulita su certe questioni, ma era pur sempre nel giusto a ritenere obbligatori una certa disciplina e rigore. Noi dovevamo essere il meglio che Ladeca poteva militarmente offrire, non un gruppo di mercenari qualunque dediti ai bordelli, alle scommesse o alle risse da taverna.

« Nella mia intera vita non sono mai stata così umiliata come oggi. » esordii, con il viso adombrato da un velo di vergogna. « Ho fondato quest'Ordine seguendo l'esempio di un grande uomo, di un martire di questo paese, e ho intenzione di onorare la sua memoria e la corona sino alla fine dei miei giorni. »
Mi tremava leggermente la voce, ma non per l'emozione, quanto per la rabbia. Alcuni tra i più timorosi si scambiarono sguardi preoccupati, ma nessuno osò aprire bocca. Non volevo essere cattiva con loro, né dover ricorrere a punizioni o misure drastiche, ma rischiare la mia intera carriera per l'incapacità di adempiere ai propri doveri di alcuni andava ben oltre la mia sopportazione. Le cose sarebbero cambiate, ben prima della fine di quella stessa giornata.
« Quando vestite l'uniforme e uscite in strada, dovete essere ciò a cui i fanciulli vorranno ispirarsi, una luce di speranza in mezzo alle difficoltà, una colonna inamovibile di sicurezza, onestà, devozione. » puntai l'indice contro la schiera di soldati, senza indicarne nessuno in particolare. « Il dovere di un cavaliere non finisce alla fine del turno, non si conclude con la paga a fine mese. Se siete qui per soldi, per la gloria personale, andatevene adesso, perché la vostra sola presenza è un insulto insopportabile alla mia persona! »

E poco mi importava se urlavo come un'ossessa, avrei preferito perdere la metà degli uomini se avessi avuto la certezza che quei pochi rimasti avrebbero dato la vita per difendere i valori in cui credevamo. Come avevano anche solo potuto pensare di infangare il nome dell'Artiglio? Contava davvero così poco al mondo quel guizzo d'onore e di cavalleria a me tanto caro? Non potevo fare a meno di domandarmi se avessi realmente lottato per la parte giusta sino a quel momento o se forse, sotto molti aspetti, l'umanità si stesse meritando il suo inglorioso declino chiusa dalle mura di quella nuova capitale. Se solo fossi stata più vigliacca, e saggia, mi sarei fatta da parte lasciando tutto a naufragare esattamente come avrebbe meritato... ma semplicemente non potevo. Era stato proprio Medoro a mostrarmi come, per quanto grande e devastante sia il male, la cosa più importante è restare in piedi e non fuggire. Avrei dovuto combattere contro i mulini a vento per vincere, e a costo di dannarmi di sarei riuscita.

« Da oggi in avanti a chiunque serva sotto il rosso scarlatto sarà severamente vietato giocare d'azzardo, frequentare l'arena o le case di piacere. »
Inspirai profondamente, cercando di calmarmi, con scarsi risultati.
« Chiunque verrà trovato a trasgredire a queste indicazioni, verrà accusato di insubordinazione e processato da un comitato disciplinare. »
« Voglio che siate la gloria di questo regno, non la sua ennesima macchia! »
Poi, mettendomi sull'attenti, iniziai a recitare il credo dell'Ordine, seguita a ruota da tutti i soldati, in coro.

« Tu manterrai l'ordine e la giustizia. »
« Je Maintiendrai! »
« Tu manterrai la pace nella diversità. »
« Je Maintiendrai! »
« Tu manterrai l'onore e il rispetto. »
« Je Maintiendrai! »
« Tu manterrai la fede contro le avversità. »
« Je Maintiendrai! »
« Tu manterrai la salvezza della Corona e del suo popolo. »
« Je Maintiendrai! »

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Rimasi un secondo immobile, ad osservare i loro volti. Alcuni erano determinati, fieri di quello che avrebbero dovuto fare, altri meno, ma non mi interessava. L'integrità, la disciplina e l'esperienza erano le uniche qualità di cui avevo bisogno per proteggere il regno. Un soldato addestrato e leale valeva quanto duemila mercenari cialtroni e imbottiti di alcolici e oppio. Forse il Dortan non era pronto a imparare il significato di rigore, ma a costo di punire ogni singolo uomo avrei fatto in modo che le cose migliorassero. Li congedai con un gesto della mano, rapidamente, ed ognuno tornò alla propria mansione , bisbigliando approvazione o diniego in merito a quello che avevo appena annunciato loro. Ero addolorata, sinceramente, per quella scelta. Non mi ritenevo una persona cattiva o violenta, ma non potevo lasciar correre quello che era successo, altrimenti ci avrebbe semplicemente distrutto. Dovevo riformare tutto quanto, strutturarlo in maniera tale che quel genere di cose non potessero mai più accadere, allontanando per sempre gli elementi di disturbo, se doveroso. Mi incamminai verso le mie stanze, cercando un poco di solitudine per meditare su quello che avrei dovuto fare per salvare l'Ordine e la reputazione di dozzine di persone, la mia in primis. Vivere a Ladeca e credere in qualcosa di buono, di quei tempi, era più difficile che andare nel Baathos e uscirne con le proprie gambe.

[ ... ]


Il giorno successivo, durante il pasto, mi presi del tempo per parlare nuovamente agli uomini. Ero stata eccessivamente severa il giorno prima e mi premeva che capissero quanto, ai miei occhi, fossero tutti figli e figlie da crescere ed a cui trasmettere l'importanza di una tradizione oramai in declino. Raccontai loro di quello che avevo visto a Basiledra, durante i giorni bui, di come Mark Smith mi avesse salvata dai cani di Mathias e anche dell'eroismo dei cittadini. Spiegai loro che l'Ordine era stato fondato per far si che non fossero più i bambini, gli indifesi ed i deboli a dover pagare il prezzo per la propria libertà, e di come questo fosse possibile solamente se ognuno di loro faceva quello che era chiamato a fare. Non importava se lo chiamassero destino, fede, desiderio o volontà. Erano giunti lì per portare avanti un sogno, una necessità che il Dortan bramava dalla scomparsa di Medoro e dalla caduta del regno, un bisogno di stabilità, un modello a cui ispirarsi anche nei momenti più tremendi. E parlai loro sino a finire la voce, pregando Zoikar che le mie parole facessero breccia nei loro cuori, più che nelle loro teste, perché sapevo che solamente rendendoli tutti una grande famiglia sarebbero rimasti legati per sempre. Alcuni li avrei persi, altri sarei stata obbligata ad allontanarli per il bene di tutti, ma non avrei smesso di cercare l'unione, lo scopo comune e indivisibile che ci avrebbe portato alla grandezza. Incaricai Jeanne di modificare la domanda di arruolamento, rendendo obbligatorio accettare uno statuto di condotta disciplinare retto e giusto, che vietava l'abuso di alcolici, il gioco d'azzardo e la prostituzione. Oltre a qualsiasi altra pratica considerata non legale dalla corona.
Quello che era successo, in larga parte, la sentivo come una mia responsabilità, anche se non era vero. L'ammonimento di Smith bruciava grandemente nel mio orgoglio, ma tutto quello che potevo fare era dimostrargli quanto fosse stato sciocco a farsi beffe dell'Artiglio e dell'onestà di fondo che caratterizzava i suoi membri. Mi chiesi se anche Medoro, agli inizi della sua carriera, si fosse sentito esattamente come me, schiacciato dal peso delle responsabilità e stretto tra il desiderio di proteggere tutti e fare il bene per la maggioranza. Il ruolo che rivestivo avrebbe richiesto una mano ben più ferma della mia, un polso di ferro e una frusta veloce, nessuna delle qualità che potevo vantarmi di avere ma, dal profondo della mia anima, sperai che fosse proprio quella la mia grandezza. Essere diversa.

[ ... ]


Poco dopo il discorso alla mensa presi Jeanne con me per recarmi all'incontro che avevo richiesto con Olafur, uno dei rappresentanti dell'arena, in modo da accordarmi per evitare altri spiacevoli inconvenienti. Il quartiere dell'arena aveva una certa mala fama, a causa dell'enorme quantità di denaro, scommesse e quant'altro si tenevano all'interno, ed aveva attirato la feccia da tutte le parti della città. Abitanti e semplici mercanti avevano paura persino ad attraversarne le strade, anche in pieno giorno, e questo era semplicemente inammissibile per la capitale dell'umanità. La mia proposta avrebbe potuto cambiare non solo le sorti del quartiere, ma anche dare prova al Re e a Mark Smith del valore degli Artigli. La mia idea era molto semplice: l'arena controllava il quartiere, in cui era più alto il rischio di "cadute morali" dei miei uomini, per impedire ulteriori incidenti avrei dovuto fare in modo che fossero loro stessi a tenere d'occhio e impedire agli Artigli di fare qualsiasi pazzia. Allo stesso tempo la criminalità elevata impediva ai cittadini di usufruire dell'arena, oltre che ad alimentare il rischio della diffusione di corruzione e malavita. Se mi avessero garantito la sicurezza morale dei miei uomini io avrei garantito loro quella del quartiere, inviando ronde continue a stanare ogni singola rissa, violenza e quant'altro d'incivile potesse verificarsi. In un solo colpo epuravamo il quartiere e davamo lustro all'Ordine. Jeanne, tuttavia, non era affatto convinta che fosse la scelta giusta. Lei era un poco più libertina di me, riteneva che quel genere di azione fosse troppo drastica per certi versi, era in qualche modo favorevole all'idea che un minimo di criminalità facesse bene al sistema. Un punto di vista senza dubbio interessante ma che, sfortunatamente, non stava a noi prendere in considerazione.

« Azzurra, è come quando si guarda un fuoco di notte. » disse, mentre con lo sguardo accarezzava curiosamente il profilo dell'arena. « Non è bello perché il fuoco sia di per sé bello, lo è perché rischiara qualcosa di buio. » mi guardò, sorridendo con quelle sue labbra sottili e affusolate.
« Ho capito cosa intendi... hai paura che cancellando la criminalità non sarà più possibile stabilire quale sia il bene e quale il male... »
« Esattamente. » annuì un paio di volte, sottolineando con vigore la sua risposta. « E cosa dovrei fare? Lasciare che Smith ci sbatta fuori? Sai che da quando è salito al potere si è montato la testa e straparla, ma è pur sempre nella condizione di tagliarci i fondi. »
Jeanne sbuffò, stizzita. « Ripuliamo questo quartiere, ma poi rallentiamo. Non devi fare una crociata contro ogni criminale... ci saranno sempre persone cattive. »
Rimasi in silenzio un istante, fissando davanti a me l'ingresso del Nido dello Scorpione. Aveva ragione, non potevo negarlo e non provai nemmeno a farlo, solo che dentro di me sapevo perfettamente quanto difficile e doloroso sarebbe stato mettere dei paletti alle mie speranze. Ero felice, più che mai come in quel momento, di avere amici come lei al mio fianco.
« E persone buone. » la guardai dritta negli occhi. « E ci saranno sempre persone buone da proteggere. »
Lei sorrise appena, divertita dal vedermi così impettita e inorgoglita al pronunciare quelle parole. E poi, da vera amica, scosse debolmente la testa fingendo un'espressione sconfortata. La spinsi in avanti afferrandole una spalla senza troppa convinzione e, nelle risate trattenute a mezza bocca, entrai nell'arena.


Impiegai parecchio tempo a illustrare la mia idea all'elfo che avevo davanti. Non sembrava esattamente il personaggio in grado di fare il picchiatore o lo scagnozzo di alto rango, aveva l'aspetto di un contabile impacciato e goffo, risultando persino simpatico agli occhi di due ragazze. Illustrai accuratamente la necessità tassativa di tenere l'Ordine lontano dalle tentazioni, spiegando come se fossero accaduti altri avvenimenti del genere ci avrebbero costretto a chiudere lasciando che il quartiere sprofondasse ancora di più nel degrado e nello squallore. Quella soluzione di comodo era il meglio che potevamo ottenere, entrambi, date le poche risorse di cui disponevamo. L'idea che non accettasse non mi sfiorò nemmeno l'anticamera del pensiero, tutti volevano sopravvivere a Ladeca e il modo migliore era quello di formare alleanze, supportarsi a vicenda e fare in modo che lo status quo prevaricasse la povertà, la fame e la carestia. Eravamo seduti su una gigantesca polveriera pronta a saltare in aria al primo passo falso e non sarei stata io a commetterlo lasciandomi accecare dall'orgoglio, o dal desiderio di superare i limiti della ragionevolezza.

« Fammi capire bene. Dovremmo impedire ai tuoi cavalieri di partecipare clandestinamente alle battaglie dell'arena in cambio di una protezione perenne di questo quartiere. Uhm.. sì, sì, si può fare. Ultimamente la gente ha quasi paura ad avvicinarsi al Nido. »
Alla fine l'elfo sembrò convincersi, quindi rincarai subito la dose, annuendo a eco delle sue parole.
« Per quanto non mi piaccia l'idea di avere un'arena in città, preferisco che almeno il quartiere sia sicuro, e che nessuno dei miei si invischi, piuttosto che lasciare tutto allo sbando. Vinciamo tutti e due, non credete? »
« Vince la città, di sicuro. Ed è questo il nostro interesse. » mi sorrise, aveva l'aria sincera e affabile, trovavo difficile immaginare mi stesse raccontando una menzogna. « Vogliamo che la nuova capitale possa splendere di una luce nuova. »
« Siamo d'accordo. » mi alzai dalla sedia, dove eravamo comodamente seduti a discutere, tendendogli la mano per siglare quel mutuo accordo verbale. « Se qualcuno dei miei prova a fare il furbo voglio che mi riferiate immediatamente l'evento. La punizione sarà esemplare. »
Anche se, speravo, non ci sarebbero stati altri casi in futuro.
« Senz'altro. »

Mi strinse la mano, rivelando sul dorso un bizzarro tatuaggio a forma di scorpione. C'era qualcosa di inquietante in quella gente, dovevo ammetterlo, solamente che non riuscivo a capire cosa né avevo il tempo e le risorse per mettermi ad indagare su quella che, probabilmente, non era altro che una stupida supposizione. Olafur e i suoi soci si erano trasferiti in città per cercare fortuna come chiunque altro, erano solo stati sfortunati ad avere un giro tanto rischioso e propenso ad attirare criminali e reietti di ogni tipo. Con l'Artiglio a vegliare su di loro le cose sarebbero andate meglio. E poi, ovviamente, avrei potuto tenerli d'occhio da vicino nel caso le cose avessero preso una piega inaspettata.

[ ... ]

Sulla via del ritorno per la caserma Jeanne mi fece una richiesta insolita.
« Azzurra, posso andare di pattuglia il pomeriggio, invece che la notte? »
Sovrappensiero la guardai con la coda dell'occhio. « Ma c'è già Patrick in quel turno. »
« Sì... » arrossì sulle gote. « ...sì c'è Patrick in quel turno. »
Vedendola in quel modo ricollegai immediatamente le due cose, sentendomi particolarmente stupida per non averlo intuito prima.
« Certo... vuoi la notte per... già. »
« Già. » biascicò, avvampando più di prima. « Ti ha già regalato un anello? »
Quella scosse il capo, sorridendo. « Non ha i soldi per farlo. »
Sospirai. Almeno l'amore, sopra ogni cosa, era riuscito a infischiarsene della crisi finanziaria, dei debiti, della guerra.
E quella, almeno per me, era già una vittoria su tutta la linea.


All'esterno della caserma ci aspettava mia cugina, Euridice, preoccupata. Aveva in mano due lettere, senza nemmeno chiedermi cosa avessi concluso al Nido me le mise tra le mani con insistenza, intimandomi di aprirle. Erano di Mastro Lenigrast e Madre Marianne, entrambi chiedevano un consiglio per riuscire a superare la crisi che stava devastando la città. Quella sarebbe stata una lunga e faticosa giornata.


Eccolo qui, il primo. Volevo fare all-in-one a questo giro, ma ahimé altro papiro. E ho sintetizzato molto, forgive me kuro-senpai.
• Uso 1 PP, rimanendo a 1, per chiedere aiuto al Nido dello Scorpione. Come si evince dal testo è un "aiuto reciproco" (Yu nel suo post userà un punto per richiedere l'aiuto degli artigli a sua volta). Il Nido si impegna a vegliare sulla moralità dei miei uomini e gli Artigli si prodigheranno per estirpare la malavita dalle strade e rendere nuovamente il quartiere sicuro.
Nel "credo" degli Artigli, Je maintiendrai significa proprio "io manterrò" ed è una risposta all'affermazione di Azzurra, un po come il "lo voglio" del matrimonio e il "lo giuro!" dei servizio militare. E ho pensato di portare avanti anche la relazione sentimentale tra Jeanne e Patrick. ^^
(Chiaramente il dialogo con Olafur è concordato privatamente con Yu.)
PS: sto sperimentando nuovi format per il testo, ditemi se vi sembra più piacevole.


 
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Il Tempio ~ Povere, anime, sfortunate …





Sorella Gwen era decisamente preoccupata dall’andazzo generale della città. Criminalità, corruzione, fame, povertà dilagavano come la peste corrompendo tutto ciò che di buono la brava gente andava costruendo.
Sorella Gwen sapeva perfettamente chi accusare ma non sarebbe andata a cercarli. Non le interessavano i colpevoli ma le vittime.
Così si era fatta coraggio e una mattina, di buon’ora, si era presentata da Lord Erein con una proposta.
«La città soffre mio lord.» - disse con il capo chino, accuratamente coperto da un velo di lino grigio - «La povera gente ha fame, gli angoli delle strade ospitano ogni giorno un mendicante in più... Lo so, lo so non soffrirebbero così tanto se solo avessero fede ma ..» - sollevò la testa e fissò i suoi begli occhi turchesi sul volto impassibile del suo signore e guida spirituale - «... come può la mente contemplare la grazia degli Dei quando la pancia è vuota è l’unica voce che si ode è il brontolio di uno stomaco affamato? »
Erein la guardò per un attimo, in silenzio. «Ti ricordi il nostro primo incontro sorella?» - le chiese. Gwen ricordava, come poteva non farlo?

Il suo nome ai tempi era Gwenevere de Troyes ed era una Lady. Il feudo dei de Troyes era stato florido e felice un tempo … Ma poi era arrivata la guerra. I campi che producevano il bel grano dorato erano stati dati alle fiamme, le vigne dai cui traevano un vino profumato e forte vennero estirpate per far spazio agli accampamenti, le mandrie di vacche macellate per sfamare i soldati di uno o dell’altro dei contendenti.
Molti dei suoi popolani erano morti durante i due recenti conflitti, gli altri se li erano portati via la peste e la carestia. I floridi terreni dei de Troyes vennero abbandonati, la terra di fece brulla e aspra senza la carezza costante dell’uomo. Male piante crebbero al posto del grano, infestando ogni ettaro, soffocando ogni nuova coltivazione, uccidendo, affamando, distruggendo con la stessa forza di un esercito in armi.
Suo padre e suo fratello, l’erede, erano disperati. Gwen li sentì una notte parlare tra di loro di vendere il feudo al migliore offerente e scappare in luoghi più felici con l’incasso. A che serviva un titolo quando persino con questo si pativa d’inedia?
Lo vedeva Gwen il suo fratello diventare ogni giorno più pallido, emaciato, scheletrico. Prima della guerra era stato una giovane promessa nell’ambiente sofisticato dei tornei. Lucas de Troyes era quasi un eroe: bello, vincente, ricco. Eppure a guardarlo non lo si riconosceva: le braccia magre come manici di scopa, l’andatura incerta a causa di una ferita di guerra, le guance scavate, lo spirito ormai ridotto ad un letto di ceneri. Gwen non poteva lasciare che le cose andassero avanti così … Non poteva permettere che la sua gente morisse e la sua famiglia svendesse il suo nome e le sue terre per poche monete. Doveva agire!
Scappò … Lontano, più lontano di quanto si fosse mai spinta una giovane donna del ricco ed opulento Occidente. A Nord, sempre più a Nord a seguito di una carovana di mercanti che volevano a tutti i costi visitare la nuova meraviglia della Roesfalda: la città stregata di Deyrnas. Raccontavano che in realtà quella era un’isola giunta da un giorno all’altro nell’enorme Bacino degli Dei. A governarla un Re Stregone, un potente mago in grado di fare cose strabilianti. Non sapevano dire di che razza fosse: alcuni dicevano umano, altri elfo, altri ancora drago a lei non interessava, l’unica cosa che le stava a cuore era ricevere un aiuto… Forse, forse la magia potente di quel Re avrebbe salvato la sua famiglia dal disastro.

«Mi chiedesti di rendere di nuovo floride le tue terre e salvare la tua gente dalla carestia ed io ti chiesi quale prezzo eri disposta a pagare …»
Lei non distolse lo sguardo continuò a guardarlo con fierezza come aveva fatto il giorno del loro primo incontro. «Mi dicesti che eri disposta a sacrificare anche te stessa, mi offristi la tua vita… Ed era quello che volevo sentirti dire. E’ così che è iniziata la tua avventura … E’ cosi che sei diventata Sorella Gwen.»
La donna che era stata un Lady sorrise ed annuì - «Lo rifarei altre dieci, cento, mille volte mio lord. Il mio feudo è di nuovo ricco e la mia gente felice. »
«E tu Gwen, tu sei felice?» - le chiese il Re Stregone.
«Lo ero quando passai per la mia terra natale e vidi mio fratello in forze, i miei campi coltivati e i miei popolani riuniti intorno all’albero del racccolto … Lo sono sono stata quando siamo giunti qui con il cuore gonfio di speranza … Lo sarò di nuovo quando la gente di questa città smetterà di patire d’inedia e troverà la speranza.»
Erein le sorrise - «Ricordi la mia promessa sorella?»
Una luce di pura gioia si accese negli occhi della donna - «Sei così preoccupata della felicità degli altri che non ti curi della tua, diceste. Ti prometto che d’ora innanzi sarò io a preoccuparmene per te. Accanto a me non ti mancherà mai il sorriso.»
«Io mantengo sempre le mie promesse sorella. »


Cinque libbre di formaggio, ottantasei sacchi di farina, centocinquanta libbre di patate, un carretto colmo di verdura, frutta e quattro barili di carne sotto sale. Sorella Gwen osservò il carico di quella mattina con le labbra strette per la preoccupazione. Non bastavano certo per sfamare la città ma erano un inizio.
Il problema era come distribuire le razioni senza far scoppiare risse o tafferugli. Si era scervellata per tutta la notte, rivoltandosi nel letto senza chiudere un occhio. All’improvviso l’illuminazione …
«Fratello Philieamon per favore vieni qui..» - il tono autoritario le uscì di bocca naturale, in fondo era stata abituata a dare ordini - «... per cortesia, fratello, chiama con te un paio d’uomini di fiducia e fatti un giro per la città. Quando vedete una famiglia affamata, un mendicante o qualcuno bisognoso d’aiuto mandatelo qui al Tempio. Ditegli che allestiamo un piccolo banchetto destinato agli affamati …»
«Ma-ma sorella… Finiremo per esaurire la scorta di una settimana così!» - protestò.
Lei lo guardò come si guarda una sciocco. - «Fai come ti ho detto!»
«Il tipico tono autoritario dei de Troyes...» - disse una voce alle sue spalle.
Sorella Gwen si voltò arrossendo - «Mio signore!» - esclamò con la faccia contratta dalla vergogna. Erein rise di gusto nel vederla così. «Siete crudele! Voi godete nel vedermi in imbarazzo!» - disse picchiandolo delicatamente con sul braccio. «Non è il modo di trattare una signora … » - aggiunse poi lasciandosi andare ad una risata liberatoria.
Erein osservò il carico di cibo - «Phileamon ha ragione le scorte finiranno al massimo entro domani… »
«Ne compreremo altre!»
«No, mia cara, il Tempio non raccoglie decime o offerte! Sarò di nuovo io a pagare ... Le prossime provviste arriveranno da Deyrnas la settimana prossima. E i prezzi qui sono molto alti.» - la corresse lui. - «Quindi spiegami, come mai stai sperperando il mio denaro?»
Per nulla imbarazzata dall’accusa Gwen spiegò la sua idea. Niente più di una festa in cui si mangia e si beve a cuor leggero sa curare uno spirito. Ed uno spirito sano e felice si dedica con fervore alla preghiera.
Avrebbero potuto distribuire le provviste casa per casa ma qualcuno sarebbe comunque rimasto all’asciutto. In più – spiegò- in molti sarebbero stati grati solo all’inizio. Nell’arco dei giorni la gratitudine sarebbe sfumata e nessuno si sarebbe ricordato di ringraziare gli Dei visitando il Tempio. Così facendo invece non solo si sfamava la gente ma la si obbligava a visitare il Tempio almeno una volta.
«Riflesso positivo lo chiamava Geoffry, il maestro dei cani di mio padre! Se il cane viene premiato quando fa una cosa buona invece che essere punito quando ne fa una cattiva diviene obbediente, fedele e felice. »
Erein guardò la donna con orgoglio. Era sempre stato un buon addestratore e lei n’era l’esempio.

Progetto: Tempio
PG: Erein Dewin
PNG: Sorella Gwen
Cosa accade: Sorella Gwen è preoccupata dalle condizioni inumane in cui versano gli strati più poveri della popolazione, affamati dal livello eccessivamente alto dei prezzi. Propone così ad Erein di intervenire. Organizza un grande banchetto pubblico riservato agli indigenti con il duplice scopo di fare del bene e pubblicizzare il Tempio.


 
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view post Posted on 12/9/2015, 12:19
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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I Regni del Leviatano - Campagne di Ladeca
«Pecorelle Smarrite»

Avevo letto libri e appunti sull'arte della pastorizia, ma non mi aspettavo certo una mole di lavoro così grande! Innanzitutto tenere le pecore sotto la pioggia non è sempre saggio, sono comunque mammiferi e finiscono con l'ammalarsi. Ho speso due settimane e buona parte delle mie conoscenza ingegneristiche a spaccare legna e a modellarla, levigarla, tagliarla nelle forme necessarie per costruire un'ovile sufficientemente grande ad ospitare l'intero gregge. Anche dal forte delle mie doti atletiche è stato un vero lavoraccio, davvero! Ora capisco perché gli umani non fanno mai queste cose da soli, ci vuole un sacco di tempo! Ed è stato in quel periodo che un paio dei miei tesorini sono scomparsi, arraffati dalle avide mani di qualche sporco bandito. Ragion per cui mi son detta che, comunque, quattro occhi sono sempre meglio di due. E se son sei, allora tanto meglio! Ci sono altri quattro grandi greggi in questa zona, oltre al mio. Ed i pastori, così come i contadini, tendono sempre ad aiutarsi l'un l'altro. Il mio vicino di pascolo, un pastore sulla cinquantina da tutti soprannominato Orso, si stava occupando del benessere della cucciolata dei suoi cani. Non semplici cani da compagnia, ma cani da pastore, discendenti di lunghe e lunghe generazioni! Quando gli ho raccontato del mio problema, condendo il tutto con un tono di voce malinconico e triste, egli non ci ha pensato due volte nell'affidarmi una coppia dei suoi cucciolotti. Mia ha persino dato il permesso di sceglierne i nomi, e visti i loro folti manti bianchi come il latte ho deciso di usare qualcosa di semplice e diretto. Il maschio, Zucchero, è il più giocherellone dei due e all'inizio non voleva proprio saperne di fare il suo lavoro. Invece Nuvola è un perfetto esempio di cane da pastore, vigile e attenta, sempre pronta a mettere in riga le pecorelle solitarie. Come se non bastasse, ci ha pensato lei a rimettere in riga Zucchero, ha un non so che di autoritario per essere un cane. Inoltre, orso mi ha anche aiutato a finire l'ovile, esperto di per se nel costruirli mi ha anche mostrato come creare un sottotetto dove allestire la mia camera per la notte. Forse è per questo che ho sempre preferito stare tra la gente comune, piuttosto che tra la nobiltà. La maggior parte dei nobili è egoista, egocentrica, pensa solo a se stessa e se qualcuno soffre per soddisfare i loro vizi allora chi se ne importa! Le eccezioni sono talmente poche da non fare nemmeno testo, ma adesso quelle eccezioni sono esattamente ciò di cui il regno ha bisogno. Eppure non tutto è roseo nei Regni del Leviatano. All'inizio è stato difficile accorgersene, specialmente per quelli legati alle basi della catena produttiva. Eh si, l'Orso non ha mancato di darmi qualche dritta sull'economia, spiegandomi l'importante posizione che ricopro!



« Quindi... noi siamo la parte più importante di tutto il regno? » Inclino la testa leggermente a sinistra, gli occhi carichi di speranza rivolti verso le dure forme del volto dell'Orso. Un uomo sulla cinquantina abbondante con braccia large come tronchi ed una statura capace di far invidia persino ad un orco. Aveva un che di buffo, visti i suoi modi cordiali e un sorriso mai assente dalle sue labbra sottili. « Ma produciamo solo Latte e Lana, carne a volte. Per tutte le altre cose? »

« Da, piccola Odette, noi produciamo solo poche cose. Ma senza queste poche cose allora nulla potrebbe esistere! » Le parole vengono fuori con quel grosso vocione baritonale, leggermente graffiato dall'età e dai lunghi anni passati a gridare ordini ai suoi cani, o in pessime esibizioni canore durante la festa del raccolto. Ma è comunque orgoglioso del ruolo che ricopre, mai una volta ha visto la sua umile occupazione come qualcosa di misero. « Pastori, contadini, falegnami, minatori e allevatori. Noi siamo fulcro di regno, cuore pulsante di Leviatano! Se noi sparire da oggi a domani cosa accade? Niente più cibo, niente più materie prime di artigiani, regno in rovina e tutti a fare fame! »

« Ha ragione, senza di noi gli artigiani non avrebbero nulla da lavorare, e la gente non avrebbe di che sfamarsi! » Ovviamente ero perfettamente a conoscenza dei meccanismi dell'economia, così come dell'importanza delle materie prime in essa. Non importa quanto un artigiano possa essere capace nel svolgere il suo lavoro, i suoi talenti sono nulli se non è in grado di procurarsi le materie prime essenziali per il suo lavoro. Semplicemente mi piace stare qui a parlare con lui, a farmi raccontare storie di gloria passata su cui ridere ogni volta. « Allora... non avremmo nemmeno bisogno degli altri, no? Possiamo sopravvivere anche da soli! »

« Sbaliato, noi siamo come forte catena d'acciaio! Noi siamo base di economia, ma senza attrezzi fatti da fabbro, può boscaiolo tagliare alberi? Senza medicine di curatore, può minatore resistere a malanni di inverno? Senza arco e frecce fatti da falegname, può cacciatore prendere prede? » Il suo volto si dipinge di un buffo senso d'orgoglio nel pronunciare quelle parole, come un vecchio e saggio capo villaggio che si felicita nel condividere le sue conoscenze con le nuove generazioni, conscio di star facendo qualcosa di grande importanza per il futuro di queste terre. « Se catena ha anello debole, questa si spezza. Non importa quanto forti altri anelli, è anello debole a decidere forza di catena! Noi da qualcosa e riceve qualcosa, si aiuta l'un l'altro per sopravvivere ed essere felici. Inoltre lavoro di campi e pastorizia tiene lontani da mogli, da! »



la sua fragorosa risata risuonò come il rombo di una valanga, facendo persino spaventare alcune pecore nel processo, tanto era forte. In tutti questi mesi non l'ho mai visto arrabbiato, imbronciato o anche solo infastidito. Eppure non posso non pensare a cosa sarebbe in grado di fare se qualcuno riuscisse a farlo arrabbiare. Quando stavo costruendo l'ovile, si è caricato il tronco di un albero su una spalle, come fosse un semplice sacco di patate! Sono quasi certa che lo chiamino orso perché con un orso deve averci fatto a botte, ed ha vinto! Però, negli ultimi tempi, ho notato una certa malinconia nelle sue parole. Qualcosa sembra turbarlo, non direttamente, ma comunque ci sono volte in cui non riesce a nascondere uno sguardo quantomeno perplesso. Continuando a parlare mi ha menzionato come le cose in città non stessero andando affatto bene. Per qualche strano motivo i prezzi continuavano ad aumentare, e lui giurava che non era colpa nostra. Gli ortaggi, al legna, i metalli... tutto veniva venduto a prezzi più che onesti. Eppure qualcuno più in alto nella catena economica convinceva gli artigiani e i lavoratori della classe borghese ad alzare i prezzi, o almeno questo è ciò che lui credeva. Ed era vero che questo non influenzava la parte più bassa, qui scambiarsi beni piuttosto che usare soldi era una pratica comune. Quando si ha accesso alle materie prime si preferiscono pagamenti misti in utensili e soldi, piuttosto del solo contante. Ma questo non spinge l'Orso alla pigrizia, anzi ha persino deciso di indire una grande cena a casa sua, invitando tutti i contadini e i produttori locali per discutere sul da farsi. Ed in qualità di pastorella, anche io sono stata invitata. E non ho certo intenzione di mancare, ho preso molto a cuore il benessere di Ladeca. E se questo regno deve essere governato dal popolo, per usare parole dell'Orso, allora è giunto il momento che ci prendiamo tutti le nostre responsabilità.






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Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//





Progetto: Le Pecorelle Smarrite 1 PP



 
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view post Posted on 13/9/2015, 07:50
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Il cuore del Leviatano ~ Ospedale della Misericordia.
« Di preghiere e di speranze non va avanti la gente.
Né con grandi palazzi si risolvono i problemi. »

Marianne, nel suo piccolo studio, stava con le mani giunte in preghiera fissando enormi plichi di carte disposti in malo modo sulla scrivania. Aveva lo sguardo perso e si sentiva frustrata da quella situazione, ma non poteva fare altro che continuare a leggere bolle, ingiunzioni di pagamento, ritardi nelle spedizioni e quant'altro di devastante per la salute pubblica. Aveva provato in tutti i modi a far funzionare le cose, ma quello era un'ospedale, non un tempio, dovevano curare le persone non far miracoli. In un mondo come quello, dove la vita degli uomini era ridotta ad un mero numero sui tabulati ed i resoconti di fine mese, Marianne non riusciva quasi più a sopportare il suo ruolo. A volte, mi aveva confidato, sentiva il bisogno di tornare alla sua vecchia vita e occuparsi degli orfani, dimenticando tutto il resto. Voleva abbandonare il dolore di quelle sale, la morte che aleggiava nelle camere mortuarie, le eutanasie misericordiose. Io, seduta dall'altra parte della scrivania, non potevo fare null'altro che ascoltarla e tentare, a mio modo, di consolarla e farle coraggio. Non facevo altro che ripeterle le stesse cose, che tutto sarebbe andato per il meglio, che la situazione sarebbe migliorata, ma in cuor mio sapevo che le cose avrebbero solamente preso una piega peggiore. Ciò che mi turbava maggiormente era che lo stramaledetto parlamento funzionava a pieno regime, supportato dai fondi della corona, mentre i miei operai e i degenti d'ospedale morivano come mosche e si erano ridotti alla fame. Quello, avrei voluto dire al nostro caro nuovo Re, era esattamente il tipo di regno che nessuno di noi avrebbe voluto.
Allungai una mano verso Marianne, toccandole il braccio, e lei ricambiò il mio sguardo sforzandosi di fare un sorriso e inghiottire un amaro boccone.

« Il re non ha davvero a cuore i cittadini di questo paese, vero? » mi domandò. « Ho visto come tratta gli operai di quell'idiota di Smith... li tiene in salute, perché costruiscano in fretta il suo giocattolino. Ieri abbiamo cremato sei persone, tra cui due bambini. » a quelle parole una nota di amarezza e rabbia si levò dalle sue labbra. « È davvero diverso da prima, Azzurra? »
Rimasi in silenzio, abbassando lo sguardo. L'odore ferroso del sangue e quello acre e pungente degli unguenti arrivava sin lì, all'ultimo piano dell'edificio, tanto oramai persino le mura erano impregnate di quella miseria. Inspirai profondamente, sopprimendo la repulsione.
« Non sarà mai diverso. » le dissi, senza il coraggio di guardarla negli occhi. « Anche Lenigrast ha problemi alla fonderia. Julien non è cattivo, è solo ignorante, non sa quali sono le priorità di un popolo, perché del popolo non conosce né sa niente. Migliorerà... lui capirà... lui diventerà un buon re... »
Non ci credevo nemmeno io. Sapevo che Julien non era una cattiva persona, si era impegnato per migliorare il regno, ma c'erano troppe variabili che non aveva considerato, troppi uomini restii a cambiare davvero le cose. I miei amici, Erein, Ainwen, Gabriel, loro stessi erano i primi a detestare quella situazione, ed era già un miracolo che non avessero scatenato una guerra civile per assassinare il re e usurparne il trono. Eppure volevo convincermi del contrario, volevo pensare a Julien come un re diverso, che aveva compreso gli errori del passato e che mai avrebbe riportato il regno sull'orlo del collasso. bastava resistere ancora un poco, stringere i denti e sopportare il colpo. Per quanto tragico e doloroso fosse.

« Azzurra, non so più cosa fare, ti prego. » mi afferrò le mani stringendomele in una maniera tale che parve non volerle lasciar più andare. « Io... Marianne sono un soldato, io non so niente di denaro... » iniziai a balbettare, incespicando sulle mie stesse parole. « Sei un soldato, sì. Allora combatti per noi, per favore. Nessun'altro lo farà. » le strinsi a mia volta le mani. « Va bene. Farò in modo che le cose migliorino. Anche a costo di andare personalmente dal re e spaccargli la mascella a manrovesci se necessario. Te lo giuro. » lei mi sorrise, lasciandomi andare timidamente.


Mentre uscivo dall'ospedale, tornando a respirare l'aria pulita dell'esterno, mi accorsi di star tremando. Sentivo le falangi del guanto d'arme tintinnare debolmente le une contro le altre, assecondando il tremore della mano. Anche a costo di perdere tutto quello che di più caro avevo, Artigli inclusi, avrei fatto in modo che quell'ospedale andasse avanti. Jeanne mi aveva rimproverato severamente per la mia continua, e inevitabile, tendenza a farmi paladina delle cause perse, ma quale mostro rigurgitato dal Baathos sarebbe potuto rimanere impassibile davanti a tanta miseria e tanta sofferenza? Sì, l'onore e la cavalleria erano la mia vita, ma a cosa mai sarebbero servite se gli uomini e le donne che avevo giurato di proteggere finivano i propri giorni in preda ad atroci dolori, soffrendo i morsi della fame e della disperazione? Non aveva senso. Nulla di quello sfarzoso e assolutamente inutile parlamento avrebbe restituito figli ai genitori e genitori ai figli, la sola idea che qualcuno non riuscisse a rendersene conto, ai piani alti, mi lasciava amareggiata e sconfortata. In momenti come quello servire il regno era un disonore.

[ ... ]


L'appuntamento con Erein era fissato nel tardo pomeriggio. La sua banca aveva riscosso un discreto successo e, pur nella grande crisi, era l'unica fonte sicura per avere il denaro che ci occorreva. Non mi entusiasmava affatto il dovermi indebitare a quel modo, ma era un sacrificio che ero ben disposta a fare pur di evitare la tragedia. Mi aveva proposto di incontrarci al nuovo tempio, anche se da quello che avevo sentito non aveva riscosso particolare successo, anzi, molti fedeli avevano malgradito quella presenza, ancora radicati e fedelissimi al culto del Sovrano. Io stessa, pur nella mia grande tolleranza religiosa, non avrei mai frequentato un luogo del genere, non per cattiveria o altro, ma semplicemente perché Zeno e i suoi sacerdoti officiavano i riti nelle proprie chiese. I prelati di Erein avevano avuto la buona idea di distribuire gratuitamente cibo, cosa che li aveva messi sicuramente in buona luce, ma sperare in una conversione era ancora troppo, almeno per me.
Per quello che mi riguardava qualsiasi luogo sarebbe andato bene: arrivai al tempio e spinsi delicatamente la porta entrando senza far rumore. Erein mi stava aspettando, elegante come sempre, per discutere della questione. Nella missiva che gli avevo fatto recapitare avevo lesinato sui dettagli, ma una volta lì non c'era motivo di omettere alcun particolare. Dopo una breve presentazione formale, lo redarguì su tutte le vicissitudini dell'ospedale, non mancando di sottolineare l'enorme dissenso che provavo nei confronti dell'Edraleo e della disparità sociale. Alla fine, quando tutto fu a lui più chiaro, feci la mia richiesta.

« Questa città È i suoi abitanti. Sono stata lì, ve l'ho detto, la situazione è insostenibile. » mentre parlavo mi accarezzavo le mani con fare ansioso. Un gesto ricorrente, che sminuiva il senso di oppressione che avevo dentro. « Ho bisogno che facciate un ingente prestito all'ospedale, sire. Medicine, strumenti, cibo... ci servono tante, troppe cose, e Julien non fa assolutamente niente. » tirai su col naso, respirando lentamente per cercare di contenere la frustrazione nella voce. « Siamo in lotta contro il tempo, solo nelle ultime ore sono morte almeno dieci persone, tra cui donne e bambini, per la sola mancanza di denaro. So che questo non è remunerativo, so che un bravo investitore non farebbe mai nulla pro bono, eppure non ho altra scelta. »
Forse, per la prima volta, mostravo a qualcuno dei Pari il mio vero volto. E non mi sarebbe importato niente di essere considerata una debole, una stupida donna intenta a cercare di tirare fuori dall'acqua un uomo già annegato, o qualcosa del genere. Portai la mano sopra uno dei cilindri in pelle che avevo alla cintura, estraendone un piccolo foglio di carta pregiata.
« Qui... » lo soppesai tra le mani, prima di allungarlo ad Erein. « ...questo è l'atto di proprietà della mia baronia. L'ospedale non potrà mai ripagare il prestito, ma le mie terre sì. La mia vita ora è qui, a Ladeca, e per quanto possa fingere di essere ancora una nobildonna... non lo sono più. »
Gli sorrisi, lasciando trapelare una lieve serenità nell'aver rivelato quella piccola sfaccettatura di me. Lui, tra tanti, mi avrebbe capita, lo sentivo.
« E farò in modo che l'intera città sappia quello che avete fatto per noi tutti. Questo è tutto quello che mi rimane, ed è qui per voi. Vi prego di non rifiutare la supplica di un'anima disperata. »
Rimasi con quel foglio protratto in avanti, pronta a liberarmi per sempre di un peso e di un passato che non mi appartenevano da molto, molto tempo. Mi ero spinta troppo oltre, avevo visto e sentito troppe cose, per poter tornare ad essere una dei Pari. Il mio posto era già stato scritto nella storia e non era a capo di nessuna terra, né seduta in qualche imbottito trono all'Edraleo. E mi andava bene così. Finché avessi avuto la forza di combattere per gli altri mi andava bene così.


Avrei voluto piangere per buttare fuori quella cosa indefinibile che mi faceva male dentro.
Ma tutto quello che riuscii a fare fu pregare. Pregare Zoikar, T'al... non mi interessava chi avrebbe risposto alla chiamata, nemmeno se fosse stata la maledetta Ahriman. Pregai e basta.

[ ... ]

In relazione a Sol Invictus - Ad Gloriam!

Madre Marianne camminava lentamente verso i cantieri dell'Edraleo. Faceva piccoli passi, badando a non smuovere troppo la creatura che teneva tra le braccia. Indossava la sua veste sacerdotale nera, sino alle caviglie, lorda di sangue rappreso al punto tale da vedersi persino sul tessuto scuro, e stringeva a sé una bambina vestita di stracci, dai capelli rossi e lunghi che le ricadevano sulle spalle. Era assolutamente immobile, con l'espressione del viso distesa e tranquilla come se stesse facendo un sonno sereno, ma il colore della pelle, marmoreo, trasmetteva immediatamente la straziante realtà. Marianne aveva gli occhi gonfi e arrossati, senza ombra di dubbio aveva pianto la dipartita di quell'anima, e pur consapevole che il suo corpo non avrebbe più potuto provare niente, la trattava con la stessa dolcezza con cui avrebbe trattato la cosa più cara al mondo. Poco distanti, con lo sguardo sbarrato ed il passo insicuro, Jeanne e Euridice la accompagnavano sotto lo sguardo attonito dei passanti. All'inizio aveva seriamente pensato di fomentare una rivolta contro quella gestione così assurda e insignificante della vita umana a Ladeca, ma dopo l'ennesima perdita qualcosa in lei si era spezzato definitivamente. La voglia di combattere per la causa non l'aveva abbandonata, semplicemente l'avrebbe fatto nell'unico modo in cui anche un demone avrebbe trovato immorale ignorare quella miseria.
Arrivò nei pressi del cantiere adagiando lentamente la piccola sopra una serie di assi pronte per la costruzione, bloccando gli operai che stavano avvicendandosi operosamente. Alla vista del corpo alcuni distolsero lo sguardo, altri ancora sbiancarono rimanendo senza parole.
Un paio di guardie, intente a controllare che le operazioni si svolgessero senza intoppi, cercarono di avvicinarsi ma Erudice, forte dei suoi quasi due metri d'altezza, si frappose tra loro e la bambina.

« Fate un'altro passo e quanto è vero Dio avrete bisogno di tre vite per guarire dalle ferite. »

Li guardò con talmente tanta rabbia da spegnere in loro qualsiasi desiderio di interferire.
Tutti avrebbero dovuto vedere e tutti avrebbero dovuto ascoltare quale era la sorte dei più sfortunati. Sapevano benissimo tutte e tre che, volendo, la guardia cittadina avrebbe potuto arrestarle per aver intralciato i lavori, ma non gli importava. Erano morte così tante persone che finire in galera pur di far si che non succedesse ancora sembrava la prospettiva meno tragica per risolvere quella storia. Azzurra aveva sacrificato il suo passato, loro stavano sacrificando il presente. Tutto il necessario per quel popolo che il re diceva di amare tanto.

« Lei è... » la donna iniziò a parlare, con la voce rotta dal dolore. « Lei era Caterina. Caterina e basta, perché era una piccola orfana di Basiledra, senza genitori e senza una famiglia che potesse prendersi cura di lei. Lei era Caterina di Basiledra. »
Tirò su col naso, passandosi le mani sugli occhi per mondarli dal velo di lacrime.
« Avrebbe compiuto sette anni tra poche settimane, aveva imparato a leggere e stava imparando a scrivere... quando si è ammalata. » il volto della donna si contorse in una smorfia di sofferenza, socchiudendo gli occhi provò a reprimere il dolore e continuare a parlare. « Le ho diagnosticato una lieve influenza. Non era niente di grave, niente di incurabile. Ma poi si è aggravata... e... e... » alzò una mano indicando insistentemente la direzione dell'ospedale, senza riuscire a trovare le parole. Jeanne gli posò una mano sulla spalla, aiutandola a calmarsi. « ...e non c'erano più unguenti per guarirla. Abbiamo tentato di tutto, abbiamo provato a diluire quel poco che era rimasto, a produrne da soli, ma non è bastato... »
Grosse lacrime le solcavano le guance, mentre il tono della voce s'inaspriva sempre più.
« In questo cantiere vengono sperperati così tanti soldi che non solo avrebbero potuto salvare Caterina, ma anche le decine di persone che ogni giorno soffrono e muoiono nel mio ospedale, mentre tutti noi guaritori non facciamo altro che lavorare senza poter nemmeno dormire! »
« Questa città, questo governo, sta sorgendo sul sangue di bambini, sulla fame e sulla povertà, e nessuno sembra dire niente perché costruire questo stupido edificio è più importante che salvare il popolo! »
Indicò il cantiere con fare accusatorio, sbattendo gli occhi per pulirli dalle lacrime. Tremava, livida di rabbia.
« Questo non è diverso da ciò che c'era prima, questo ha solo un nome diverso. I vostri amici, parenti, vicini di casa stanno morendo davanti ai vostri occhi, ma sembra che la cosa più importante sia costruire il cazzo di giocattolo del re! Allora dite a Demetrio di costruire anche un nuovo cimitero, perché sono stanca di dover cremare i miei pazienti, dato che sono troppi per poterli seppellire! »
Ansimava e tremava, ma il dolore aveva avuto il sopravvento sulle sue emozioni già da troppo tempo.
Poi, con voce molto più bassa e oramai ridotta solo all'ombra di quella donna solare e gentile che era, lanciò la sua supplica.
« Se al re, a qualcuno di voi, a chiunque in questa città è rimasto un briciolo di cuore e di umanità, vi prego di aiutarci. Vi imploro di non lasciar morire altre persone. » trattenne un singhiozzo. « Le pietre possono aspettare, le vite dei vostri fratelli e sorelle no. »
« Aiutateci, o quando tutto sarà finito il re governerà in una città con più tombe che fiori. »


Jeanne a quel punto prese tra le braccia le spoglie di Caterina, coprendole il viso con un lembo di stoffa. Euridice si affiancò a Marianne e la sostenne, mentre nel silenzio generale la accompagnava nuovamente a casa. Se avessero voluto arrestarla sapevano perfettamente dove andare, non si sarebbe nascosta da nessuna accusa. Ma quello che aveva fatto non era stato per ripicca, né per attaccare il re o per sminuire nessuno. Era una donna come tante altre a Ladeca, col cuore straziato dalla perdita e incapace di sostenere le priorità di quel nuovo regno. Desiderava solamente distendersi in un letto d'ospedale, quella sera, e non svegliarsi mai più.

[ ... ]


Uscendo dal tempio, proprio fuori dall'ingresso, trovai Patrick in attesa. Aveva lo sguardo triste e si accarezzava insistentemente l'avambraccio destro, nervoso. Quando lo vidi il mio primo pensiero fu quello di salutarlo calorosamente, ma era come se il mio intero corpo si rifiutasse di esternare gioia quel giorno. Inoltre temevo che le notizie, qualunque esse fossero, non mi avrebbero reso affatto migliore il resto del pomeriggio.

« Azzurra, Jeanne mi ha detto che eri qui per parlare con Erein... » disse, indicando con uno sguardo il tempio. « È successa una cosa. »
Lo guardai sforzandomi di mantenere un sorriso che crollava ogni istante in un'espressione di profonda tristezza. Avrei tanto desiderato non sentire niente di quello che mi avrebbe detto, ma che altro potevo fare? Scappare non avrebbe reso meno vera qualsiasi notizia, anzi, mi sarei sentita solamente peggio scoprendola dopo.
« Dimmi. » le parole uscirono tremando, quasi come un sibilo.
« È venuta a mancare una delle piccoline. Marianne... » distolse lo sguardo, sopraffatto dalla tristezza. « ...Marianne mi ha detto che la conoscevi. »
« C-chi... » chiusi gli occhi, abbandonandomi ad un tremito incontrollabile. « ...chi è morta? »
« Caterina. »

. . .
Qualcosa smise di muoversi dentro di me.


« Oh... » immediatamente la vista si appannò e piccole lacrime iniziarono a scendermi lungo le guance. « ...m-mi di...dispiace. »
Afferrai la catenella che avevo al collo, slacciandola rapidamente. C'era legato un piccolo anello d'oro, con un leone rampante in rilievo. Lo poggiai tra le mani di Patrick sforzandomi di sorridergli con l'ultimo briciolo di gioia che avevo dentro il cuore.
« C-chiediglielo. Abbiamo bisogno di... di essere felici oggi. »
Feci per allontanarmi.
« Azzurra, aspetta... »
Cercò di afferrarmi un braccio ma evitai la presa bruscamente.
« Ho bisogno di stare da sola, non... non voglio che tu mi veda piangere. »
Lui abbassò lo sguardo sul ninnolo, combattuto tra il dolore della perdita e la gioia di poter chiedere la mano di Jeanne.


Caterina l'avevo incontrata mesi prima, al campo profughi. Stava leggendo l'iscrizione dedicata a Basiledra. Per essere figlia di contadini e quasi del tutto autodidatta era... bravissima. Con questi bei capelli rossi e il sorriso fanciullesco. Mi ricordo ancora che quando si presentò disse di chiamarsi Cateina. È difficile affezionarsi a qualcuno che si è visto solo poche volte, ma era impossibile non vedere dei piccoli eroi negli occhi di quelle creature di Dio. Avevano superato la fame, il freddo e la guerra riuscendo a vedere l'alba di un nuovo mondo. E non trovavo giusto che Caterina fosse morta proprio in quel momento.

Basiledra_zpsfv4w6ddl

Lei non lo meritava. Entrai nuovamente nel tempio, sotto il probabile sguardo sorpreso di Erein.
Avevo gli occhi pieni di lacrime, la voce rotta e l'espressione del viso contorta nell'inutile sforzo di darmi un contegno.
« Posso... restare un poco a pregare? È venuta a mancare una... una... persona. »
Mi inginocchiai in un angolo e, poggiando le mani sul volto, feci l'unica cosa che potevo fare.

Piansi per lei.



Post sentitissimo. Senza mezzi termini. Non penso ci sia molto da spiegare, ho concordato tutto con Erein per la banca e per il resto ho portato avanti la sottotrama di Jeanne e Patrick già espressa nel precedente post. Davvero, mentre lo scrivevo ci son stato male io per i personaggi.
• 1PP alla Banca, per ottenere un finanziamento.
• 1 PP all'Edraleo, per mostrare a tutta Ladeca quanto sia inutile fare questo rush violento alla costruzione del parlamento quando la gente muore, e per chiedere pietà al Re e smuovere l'opinione pubblica sul problema. E sì, quella bambina non me la sono inventata, esisteva già nella giocata linkata in alto. Ho pianto un sacco.
Rimane 1 PP per l'ospedale.

Edit: sistemata una ripetizione.


Edited by Last Century - 13/9/2015, 18:22
 
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view post Posted on 13/9/2015, 18:28

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Il bastone …




Scorreva la lista dei debitori insolventi da ore ormai. Il volto atteggiato in un’espressione indecifrabile, l’intera persona avvolta in un bozzolo di silenzio. Loghan Ember, il direttore, Loghan Ember non poteva guardarlo svolgere quell’attività senza sentirsi come un condannato a morte in attesa dell’esecuzione capitale. Dopo un tempo incalcolabilmente lungo Erein di Deyrnas sospirò.
«Avevo dato disposizioni chiare sulla gestione dei miei affari.» - disse.
Loghan Ember annuì - «Il punto è... Non avevamo idea che le cose potessero evolvere in questa maniera, mio signore.»
Erein lasciò trapelare un sorriso, non un sorriso di gioia o di comprensione ma uno di quei sorrisi.
Chi lo conosceva sapeva interpretare quella lieve increspatura sulle labbra e solitamente iniziava a temere.
« Ti pago per questo signor Ember, per prevedere i risvolti di certe faccende. E poi diciamocelo … Era davvero così imprevedibile la conseguenza di dare danaro ai comuni cittadini, specie con l’aumento dei prezzi che sta colpendo la capitale?»
Il direttore sentì la bile corrergli su per la gola. Se mai la paura avesse avuto un sapore, Loghan Ember avrebbe giurato che era quello che sentiva in bocca. «N-noi. Io … Avevo pensato che sarebbe bastata la vostra fama a garantire l’adempimento dei debiti contratti con noi. »
Una risata gorgogliò dalla gola di Erein - «Lo pensavo anche io. Evidentemente ci sbagliavamo entrambi. Erein di Deyrnas non è temuto abbastanza, anzi a giudicare dai risultati non pè temuto affatto. Ebbene è tempo di cambiare le cose … Chiama Edwin e Lascor è tempo di riscuotere.»

Edwin e Lascor erano due della banda di energumeni addetti alla sorveglianza. Erein aveva scelto quelli che tra tutti riuscivano ad incutere più timore.
Edwin era naturalmente brutto. Un cranio enorme e pelato, un corpo gigantesco disseminato di cicatrici.
L’apparenza, tuttavia, non rispecchiava l’animo di quel gigante. Fuori dagli orari di lavoro Edwin era gioviale, cameratesco, gentile. Suo padre era stato una delle guardie reali leali ad Erein ai tempi in cui il Traditore tentava il suo colpo di stato. La fama del suo genitore era quella di uomo feroce ma fedele, un freddo esecutore degli ordini devoto solo al suo signore. Mai la mela era caduta così lontana dall’albero …
Edwin possedeva un’intelligenza vivida, una coscienza ingombrante. Era un uomo complesso che mai sarebbe andato contro il suo rigido codice morale. Era inadatto a fare il soldato ma poteva comunque sfruttare ciò che la natura gli aveva dato. Se non apriva bocca, se si limitava a star fermo e mostrare i muscoli, armato fino ai denti riusciva ad incutere una folle paura negli altri … E se motivato avrebbe potuto addirittura menare le mani.
Lascor era diverso. Un uomo decisamente affascinante nonostante spiccasse tra i comuni esseri umani come un gigante. Lascor era un torre di muscoli e perizia militare. Era stato in diverse compagnie mercenarie, aveva combattuto sotto numerosi comandanti e contro nemici diversi tra loro. Guadagnava bene ed era rispettato ma sospettava che una vita del genere non gli avrebbe mai concesso quello che realmente desiderava: la possibilità di godersela la vita e se possibile finirla in un letto e non su un campo di battaglia. Lascor vendeva se stesso al miglior offerente, non faceva domande, non si poneva scrupoli morali. Era una lama in vendita e le lame non hanno una coscienza a cui rispondere.
Erein aveva valutato bene quell’acquisto e poi aveva deciso di prendersi un’assicurazione. Di conseguenza il cuore di Lascor era ben custodito in un luogo segreto. Lascor non aveva battuto ciglio, il cuore non l’aveva più usato dall’età di sedici anni.
Ora immaginatevi la seguente compagnia: due giganti, due mastini, Loghan Ember ed Erein di Deyrnas.
Camminavano non senza attirare sguardi sgomenti o curiosi a seconda dell’indole dell’osservatore.
Di tanto in tanto si fermavano a bussare a qualche porta o a fare domande.

«George Dee. Professione: mercante di stoffe. E’ indebitato per trecento monete d’oro» - lesse Loghan srotolando la lunga pergamena.
«Che prevedibilmente sperpera a puttane e vino.» - lanciò uno sguardo ai due giganti alle sue spalle - «Bado io ai cuccioli. Voi due entrare in quella porcilaia e portatelo fuori con gentilezza … Voglio solo chiacchierare. Per ora.»
I due annuirono ed entrarono nella tavernaccia puzzolente dove George Dee si nascondeva da giorni.
Ne trassero fuori un uomo trasandato, sporco, visibilmente ubriaco e incapace di reggersi. Erein sollevò gli occhi al cielo… Non avrebbe cavato un ragno dal buco.
«Lasciatelo.» - ordinò ai due che lo reggevano per le braccia. Non appena lo mollarono il mercante cadde a terra, sporcandosi di fango ed biascicando qualche bestemmia.
«Signor Dee lei mi deve dei soldi.»
Il mercante lo guardò per un istante poi ruttò. Provò ad alzarsi e poi ricadde nel fango.
«Andati.» - disse con aria tetra.
«Prego?» - chiese il Re Stregone sollevando un sopracciglio.
«Andati. Spariti. Scomparsi. » - ripeté l’uomo voltandosi poco dopo per vomitare.
«E dove sarebbero andati esattamente i miei soldi? Spero non nelle tasche del locandiere a giudicare dalla qualità del vino dovreste essere già morto se così fosse.»
Il mercante si concesse una risataccia rauca - «Bè è una vera fortuna che non sia così no? I vostri cagnoloni sembrano affamati. Insomma se fossi morto niente pappa per loro. »
Un libro non si giudica mai dalla copertina. Guardandolo Erein avrebbe detto che quello che giaceva in una pozza del suo stesso vomito fosse una causa persa. Sentendolo parlare però si era fatto un opinione diversa. George Dee non aveva paura di morire, non era un idiota qualunque. Aveva coraggio e sebbene momentaneamente offuscata dal vino scadente una buona mente.
«Secondo voi li avvelenerei davvero dandogli te da mangiare?»
Il mercante rise sguaiatamente «Si bè... Semmai la mia ciccia non dovesse piacere ai vostri cani lasciatemi pure in un angolo … Di sicuro qualche avvoltoio tornerà a prendersi quello che ha lasciato dal precedente banchetto.»
Erein suppose che quella di Dee non era una frase buttata li a caso. «Aiutatelo ad alzarsi...» - ordinò - «Tu cerca di non vomitare per strada, non è un bello spettacolo. Dovrai trattenerti per un po’ … La mia banca è giusto dietro l’angolo.»


«Quindi questo Avvoltoio cos’è? Un criminale? Un’usuraio?»
Curato con uno dei rimedi provenienti dalle serre di Deyrnas e ripulito George Dee sembrava tutta un’altra persona. Continuava a stringersi le tempie in preda ad un mal di testa feroce ma almeno aveva recuperato l’aspetto di un uomo degno di tale nome.
«Tutto questo e anche peggio.» - rispose - «E’ un’anima nera, un demonio! Ladeca è infetta mio signore. Criminali, corrotti, gente senza scrupoli ovunque e l’Avvoltoio è uno dei più pericolosi tra tutti. Lui e la sua banda si occupano della gente benestante. Minacciano di dar fuoco alle case, di sabotare le attività commerciali se non paghi la sua “protezione” e quando la gente si oppone passa dalle minacce ai fatti …»
Erein ascoltò impassibile il racconto dettagliato delle malefatte dell’Avvoltoio. Gli ultimi tre mesi erano stati un’escalation di ferocia criminale, una rapida ascesa per il criminale e una caduta verso l’abisso per le sue vittime.
«… Quindi sono stato costretto a chiedere un prestito o avrebbe picchiato la mia vecchia madre e dato fuoco alla mia bottega. Quando però ho pagato mi ha detto che ero in ritardo e che gli interessi erano cresciuti. Così per darmi una lezione ha distrutto il mio negozio, dato fuoco a casa mia e cacciato me e mia madre in mezzo ad una strada.»
Il Re Stregone non sembrava affatto contento. «Ora fai quello che vuoi: uccidimi, mandami in galera, prendimi come schiavo che importa? Ho perso tutto. Mia madre è al sicuro è vecchia e malata e l’hanno accolta al nuovo ospedale. Non ho niente da perdere.»
Erein sorrise - «Tu no, ma io si …» - si alzò da dietro la scrivania e si diresse verso la porta - «Io sto andando a far visita a questo Avvoltoio, mi fai compagnia?»
«Solo se porti i tuoi cuccioloni ringhianti.»
«Fidati i cani abbaiano ma quello che morde sono io.»



Il mattino successivo non si parlava d’altro. L’Avvoltoio era morto. Lo avevano trovato nella piazza del quartiere che aveva sottratto alla legge e all’autorità del Re. Al collo una borsa piena d’oro e sopra la testa una targa che invitava le vittime a riprendersi quanto dovuto direttamente dalla bisaccia.
Era legato ad un palo, la pelle bluastra come se fosse morto congelato. Piccole stalattiti gli pendevano dalla barba lurida e una patina di brina velava l’intero cadavere. Una cosa strana visto che ancora l’inverno sembrava lontano … Sulla targa c’era attacca anche una sorta di sentenza. La carta era filigranata e
portava il simbolo della Banca del Tempio.

«Il suo debito ora è pagato»

Qualcuno in città ricordava di aver già visto un cadavere ridotto a quel modo … Era un ricordo spiacevole perché riapriva una ferita recente … Una ferita aperta da una Spada con un nome, una spada senza un re.
Quel qualcuno doveva avere la coscienza sporca. Era risaputo, infatti, che i giusti non dovevano temere il filo di quella spada.


«Emile Jorge Lounderberg. Professione: speziale. Debito con la banca: cinquanta pezzi d’oro interessi compresi. » - recitò il direttore leggendo la pergamena. Poi sollevò lo sguardo, sfilò gli occhialini cerchiati di corno e lo fece vagare all’interno della modesta casa in cui abitava l’uomo. Era una casa confortevole, curata ma tutto ciò che l’arredava era ciarpame. Non puoi vendere all’asta una sedia, per quanto di ottima fattura.
« Su, su indicateci gli oggetti di valore dobbiamo procedere al sequestro. »
«Non ho niente, lo giuro … » - piagnucolò l’uomo stringendosi le mani. La moglie una donna comune, prese a toccarsi maniacalmente il collo velato. Il gesto non sfuggì all’occhio attento del direttore. «Signora, perdonate l’arditezza, nascondete per caso qualcosa sotto quel bel fazzoletto?»
Gli occhi della donna si dilatarono. Poi quasi si fosse resa conto di quanto aveva fatto iniziò a scuotere la testa e a piangere. Il direttore distolse lo sguardo, schioccò le dita - «Edwin, Lascor portate i signori fuori. Se non hanno altri oggetti da impegnare per coprire il loro debito dobbiamo prenderci la casa…» - i due massicci uomini si fecero un passo avanti.
«Fiona! Dagliela! » - urlò lo speziale. La donna iniziò ad urlare. Non voleva, non la collana della sua amata madre. Apparteneva alla sua famiglia da secoli!
«E tornerà alla vostra famiglia mia signora …» - quella promessa velata sembrò convincere la donna che iniziò a sfilarsi il monile. Il marito le si avvicinò e con dolcezza prese il ricordo di famiglia dalle mani tremanti di lei e lo consegnò in quelle del direttore. Era una collanina d’oro, all’asta avrebbe pareggiato il debito e pagato gli interessi.
« A patto che paghiate il debito. Avete trenta giorni dopodiché il bene sarà di proprietà della banca e andrà all’asta. Potrete sempre acquistarlo ma vi costerà di più… » - aggiunse poi a tradimento. « Ragazzi andiamo qui abbiamo finito. Juppiter hai consegnato ai signori il documento? Si? Perfetto. A presto signori … »
Usciti di casa Loghan e i suoi si guardarono. Si sentivano come comuni ladri - « Abbiamo abbonato già tre debiti oggi … » - si giustificò - « Avete visto il fazzoletto che aveva al collo no? E le scarpe! Sono nuovi entrambi, comprati con i soldi della banca! E poi l’avete sentito anche voi il profumino! Quello era prosciutto. Chi muore di fame non compra prosciutto. Sua Grazia Lord Erein è stato chiaro: pietà per chi soffre, pazienza per chi è in difficoltà ma è disposto a pagare e pugno di ferro con chi sperpera i suoi soldi. »
« A me non sembravano deperiti… » - disse Edwin.
Il direttore fece un sospiro di sollievo. Se persino l’ipersensibile coscienza del gigante con il cuore di burro non prudeva, forse non si erano comportati come volgari strozzini.
« Bene, abbiamo la tua benedizione! » - commentò sarcastico - « Proseguiamo!»






… e la carota.

Il cilindro di pelle scivolò sulla scrivania dietro cui Erein sedeva.
« ...questo è l'atto di proprietà della mia baronia. L'ospedale non potrà mai ripagare il prestito, ma le mie terre sì. La mia vita ora è qui, a Ladeca, e per quanto possa fingere di essere ancora una nobildonna... non lo sono più. »
Quel gesto, per una ragione incomprensibile, lo irritò. Probabilmente accadeva perché creava una distanza, apriva un abisso tra l’Azzurra che presumeva di conoscere e quella che ora gli si presentava dinnanzi, tra ciò che era lei e ciò che era lui. Un baratro tra Erein e la Pulcelle, tra due concezioni del mondo, della vita e delle sue priorità. « ...quando è successo? Quando sei diventata questo, mia dolce, coraggiosa, avventata, sciocca Lady Azzurra? » - pensò - « ...quando capirai che il Popolo è solo una bestia volubile e selvaggia che necessita di briglie, speroni e morso per non portare distruzione a se stessa e a tutto ciò che la circonda? »
« E farò in modo che l'intera città sappia quello che avete fatto per noi tutti. Questo è tutto quello che mi rimane, ed è qui per voi. Vi prego di non rifiutare la supplica di un'anima disperata. »
Le dita pallide del Re di Deyrnas spinsero indietro il cilindro. « Non sarà necessario. »
Erein sorrise, era un sorriso caldo, quasi emozionato quello che le rivolse. Poi quasi a mascherare le emozioni che potevano intravedersi sul suo volto si voltò.
«Una volta mi chiedesti di compiere una buona azione ... » - esordì - « ... io ti ammonii dicendoti che le buone azioni non portano mai niente di buono. Quello che abbiamo vissuto nei momenti successivi mi diede ragione. Ricordi?»
Tacque per un istante. Con lentezza si voltò di nuovo.
«Bè non avevo ragione, non l’avevo affatto. Quella buona azione mi ha premiato e in un certo senso mi ha cambiato; perdonami se non ricambio la tua franchezza dicendoti in che modo ...»
Trasse un foglio di pergamena da uno dei cassetti della scrivania, intinse la piuma nell’inchiostro e prese a scribacchiare parole e cifre. Fatto ciò arrotolò la pergamena e la chiuse con un sigillo in ceralacca con impresso il simbolo della Banca.
«Non è una donazione è un prestito, non ti offenderei mai con dell’elemosina. Non sarai più una nobildonna ma rimani la creatura orgogliosa che ho conosciuto. »
« L’atto che stringi tra le mani dispone l’apertura di un fondo a favore del tuo ospedale chiunque può contribuire con un offerta. Il prestito coprirà le spese fin quando la tua opera pia non saprà muoversi sulle sue gambe; solo allora i miei uomini preleveranno dal fondo una piccola somma ogni tanto, per saldare il debito. Fino ad allora non dovrai preoccupartene ma … » - una sorta di imbarazzo, un rossore si diffuse sulle guance dell’uomo - « … devo avvertirti che non accadrà una seconda volta. La gente di questa città già crede di poter prendere il mio denaro senza restituirmelo. Non posso fare di più, non sono così generoso.»


Azzurra uscì lasciandolo solo con se stesso. Si sentiva a disagio, persino in colpa… Ladeca stava marcendo prima ancora di fiorire e a parte pochi, isolati benefattori nessun muoveva un dito per migliorare le cose.
La mensa del Tempio, il prestito e il fondo per l’ospedale quelle non erano buone azioni. Aveva avuto il suo interesse nel compiere quei gesti apparentemente disinteressati.
L’ospedale non avrebbe mai ricevuto fondi se a chiederli non fosse stata Azzurra. Lei riusciva a stuzzicare una parte della coscienza che di solito rimaneva inerte, atrofizzata. Lei e Ryellia erano una sorta di cura a quell’indolenza che lo divorava lentamente … da anni.
D’istinto si alzò abbandonando il piccolo, confortevole ufficio. Aveva bisogno di schiarirsi le idee di guardarsi dentro. Aveva bisogno dello Specchio.
Udì un singhiozzare familiare e la vide …
« Posso... restare un poco a pregare? È venuta a mancare una... una... persona »
Quelle parole gli prosciugarono la bocca, sentì la gola trasformarsi in un deserto riarso.
Una sorta di vertigine lo colse così forte, così intensa che barcollo e dovette appoggiarsi ad una delle colonne. Lo fece discretamente per evitare che lei lo notasse. Non sapeva descrivere il tumulto di emozioni che lo stava travolgendo in altro modo se non con una parola: fame.
Erein si rese conto di bramare più di qualsiasi altra cosa la preghiera di quell’anima disperata, affranta, bisognosa di una rassicurazione. Il cuore prese a battere velocemente. Un velo di sudore freddo gli imperlò la fronte. Fu con voce roca che disse - « … C-certamente.» - sicuramente alle orecchie di lei sembrò commosso. Spinto da un istinto irrefrenabile le si avvicinò mentre si inginocchiava dinnanzi allo Specchio. «Se vuoi rimango. Non bisogna rimanere da soli in momenti come questo …»
Che spudorato! Non era li per confortarla. Anzi non era li affatto. Certo fisicamente le era accanto ma la sua mente vagava … Persa nell’istinto irrazionale che lo divorava.
Azzurra chiuse gli occhi e pregò…


Ondata di potere lo travolse, lo inebriò, percorrendo ogni fibra del suo essere. Sentì ogni parte di se dissolversi e ricostruirsi migliaia di volte mentre assaporava la dolce, dolce messe di quella preghiera.
Capì, comprese cosa voleva dire essere ciò che era e non sapeva fino in fondo di essere. Si sentì rinnovato, onnipotente, eterno … Solo per un attimo. Poi l’incantesimo si ruppe e tornò ad essere solo Erein.
Il retrogusto di quel pasto sapeva di senso di colpa e rimorso. Aveva banchettato sulla morte di qualcuno, sulla sofferenza di Azzurra … Lei aveva riaperto gli occhi e lo guardava un po’ stupefatta.
Durante quegli attimi di pura estasi e rapimento doveva essere apparso come il più fervente e puro tra i credenti. Non trovando altro da dirle le chiese «Chi era?»
Quando Azzurra gli raccontò tutta la storia Erein avrebbe preferito non saperlo. Si levò quasi di scatto, le vesti gli mulinarono intorno alle gambe rischiando di farlo inciampare.
«Mi occuperò io della faccenda, finanzierò la Città ma alle mie condizioni...


Progetto: Banca del Tempio
Pg/png: Erein di Deyrnas, Direttore Loghan Ember + sgaloppini vari.
Punti utilizzati: 3 ( Uno per finanziare Ladeca, uno per l'Ospedale, l'ultimo per l'Arena)
Cosa accade: Nella parte di testo intitolata Il bastone ... Erein e il suo Direttore fanno fronte alle problematiche che la banca si è trovata ad affrontare con i crediti insoluti. In buona sostanza Erein invia i suoi sgherri a pignorare i beni di chi ha sperperato il denaro, ad invitare chi è in difficoltà a pagare al più presto e a condonare i debiti di chi è fortemente indigente.
Inoltre Erein decide di occuparsi di quello che ritiene essere il problema maggiore della città: la criminalità e la corruzione. Per questa ragione organizza una spedizione punitiva contro l'Avvoltoio, criminale che tortura una zona di città e lo elimina. Espone poi il cadavere come monito per gli altri criminali ... e per chi crede di poterlo derubare impunemente.

Nella parte di testo intitolata ...e la carota. l'approccio è diverso. Erein si occupa di fare del bene anche se non del tutto disinteressato. Finanzia l'ospedale di Azzurra e investe nello sviluppo di Ladeca. Quest'ultimo investimento ha delle condizioni: chi di dovere dovrà fare pulizia dei corrotti e dei criminali o almeno provarci attivamente.

Ultima nota, la descrizione del finanziamento dell'Arena la lascio a Yu per non sovraccaricare ulteriormente il post.
 
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Lill'
view post Posted on 13/9/2015, 19:20




Vista da vicino, la ferriera faceva tutt’altra impressione. Se era vero che, locata com’era nelle periferie, si poteva respirare l’aria di bosco e di umidità del torrente lì affianco, d’altra parte l’odore dominante era uno: quello del ferro.
   Fu nel primo lunedì del mese, quando si mettono in pratica i buoni propositi, che il commerciante giunse con la sua bisaccia da lavoro in spalla. Si piazzò nella sala d’ingresso, ascoltando le ciarle degli operai e osservando in un angolo tutto e tutti. Era effettivamente un posto in cui si lavorava, decise scribacchiando sul suo quadernetto. Non rimase molto ad aspettare, lisciandosi il panciotto verde oliva che avrebbe indossato sempre sul lavoro. Fu, probabilmente, quando la gente ne ebbe abbastanza di vedere quel forestiere dai modi riservati e con i calzoni e gli stivali sporchi di terra di chi ha viaggiato di domenica, tutto intento a far giri sempre più larghi e curiosi per l’officina, che Lenigrast l’approcciò.
   Nel vedere il grosso fabbro avvicinarsi, quello scorse rapidamente le pagine del quadernetto consunto. Ripassò degli appunti scritti anni prima, da una calligrafia non sua. Suo padre ne aveva sapute di cose.
   “Theodore Dennis”, disse l’uomo del quadernetto, come recitando un'antica formula mandata a memoria. “Vorremmo affiliarci alla vostra ferriera.
   Lenigrast gli disse quello che rispondeva a tutti: che finché lavorano, davano una mano e seguivano le direttive, potevano tenersi quello che riuscivano a guadagnare. “Siamo in crisi, non lo nascondo” aggiunse il fabbro, “ma che io sia dannato se lascerò qualcuno morire di fame.
   Theodore gli rispose con un gesto garbato della mano, invitandolo ad attendere. Si mise ad armeggiare con la bisaccia, per cacciarne un pugnale granlavorato con tanto di fodero ricamato. “Beh, in effetti ho anche una proposta da farle; dia un occhio a questo…” disse spostandosi sotto una finestra.
   Solo in quel momento, via dai densi fumi delle officine, fu possibile notare che quel pugnale non era di un ferro comune: riluceva di nero. “Come vede, ho familiarità con i minerali di quella zona; la mia famiglia non è orginaria di qui” alluse, serio, il commerciante.

   Nelle settimane successive, ogni tanto un nuovo fabbro spuntò alla ferriera nominando Dennis. Un paio dicevano di essere suoi cugini, dei ragazzi pallidi e dalle chiome chiare come lui; altri, i più, venivano semplicemente dall’ovest. Si scoprì così che, malgrado i modi un po’ affettati da damerino di campagna che aveva propinato il primo giorno a Lenigrast, quando aveva mostrato quel suo pugnale di pietra dell’Erydlyss, Theodore Dennis era un commerciante amabile. Avvezzo a trattare con i ragazzi delle officine, gente di famiglia, capitò un paio di sere a tirar giù bicchieri con gli apprendisti. Era chiaro ci rimettesse, con quella storia di Ladeca; e doveva avere altri fondi. Tuttavia, convinto che le possibilità di sviluppo fossero senza precedenti, continuava a darsi da fare. Viaggiava in lungo e in largo, cercando di trovare nuovi compratori per le officine, trasportatori, fabbri ferrai per quando il carico di lavoro aumentava.
   “La vostra è una politica saggia, mastro Lenigrast.”, rispose una volta al capo-ferraio. “Anche la mia famiglia l’ha portata avanti per anni. Mio padre è - era - in buoni rapporti con alcuni Delacroix, proprio perché alla fine l’esercito, pur se con i prezzi comodi a loro, era un ottimo compratore. Il problema” proseguì tossendo per la polvere dell’officina, ché nonostante tutto non aveva mani da ferraio “è che a Ovest, nella mia o in altre città, impongono i loro maledetti prezzi anche dall’altro lato. Le miniere dei nobili non vendono ferro a poco, ve lo assicuro.
   È questo il vostro vantaggio, vi dico: una grossa rete, grandi ordini, e un profitto ben distribuito.

   Così seguitava a cercare contatti. Quando, come tutti, capitò anche lui due giorni a letto per le troppe polveri dell’officina, non voleva saperne di lasciare il suo quaderno, disse chi lo andava a trovare. Theo era un uomo d’ambizione; appena trent’anni, magro, la zazzera bionda spesso impolverata dai suoi viaggi, non ci mise molto a chiedere di incontrare Azzurra de Rougelaine.

   “Dama Azzurra, ho sentito ben parlare da varie parti delle miniere sulle montagne” approcciò la nobildonna, seguendo un leggero inchino. “Se vuole la mia, non possiamo accontentarci di togliere il pane a quegli ingordi dei Delacroix: dobbiamo scalzare la concorrenza anche a Nord, e iniziare a vendere nell’Edhel…
Ma non sapeva quanto, oltre a quel suo daffare, nelle sue vene scorressero febbri più antiche di quelle causate dall'oro o dal ferro.





SPOILER (click to view)
Come descritto, supporto tramite un png apparentemente random La Ferriera di Lenigrast.
Interazioni concordate con Last.

EDIT: un errore di battitura.


Edited by Lill' - 13/9/2015, 21:08
 
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70 replies since 2/9/2015, 22:44   3074 views
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