Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Z ~ Nascita, Corsa all'Oro

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view post Posted on 4/9/2015, 14:24
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Deserto dei See


Apri gli occhi, cosa vedi?
Il vuoto di una vita passata.
L'alba di una vita futura.



Se avesse avuto gli occhi, li avrebbe aperti. Se avesse avuto dei muscoli li avrebbe contratti. Se fosse stato vivo, avrebbe vissuto. Ma lui no. Lui esisteva senza essere vivo. Lui vegliava senza mai dormire. In uno stato dell'esistenza in cui i concetti di fame, sonno, desiderio e persino il tempo stesso restavano vacui e privi di significato. Lui era.
Il suo corpo non era un corpo, ma era avvolto da un drappo che cadeva retto in assenza di vento. Non riusciva a vederlo, ma lo percepiva perfettamente come l'intero deserto attorno a sé. Aveva coscienza di ogni piccolo granello di sabbia. In un pensiero senza tempo suonavano vuote le parole degli uomini che avevano provato a esprimere alcuni concetti essenziali della vita: caldo, freddo, il fastidio della sabbia fra le vesti. La creatura non aveva memoria, non aveva emozioni. In un’esistenza priva di sensazioni lui era, e attorno nulla più.

La creatura fluttuava senza meta, senza uno scopo. Era stata creata per servire un padrone al momento lontano, col preciso scopo di vegliare al suo fianco per essere utilizzato. Era una macchina, uno strumento. Un artificio inconsapevole creato da uomini incapaci di sottometterlo. Un soffio di vento scostò via il drappo rosso che lo avvolgeva. Rimase nudo, senza nemmeno accorgersi o porsi il problema del freddo o della vergogna. Cos'erano poi "freddo" e "vergogna" se non parole pronunciate saltuariamente dal ragazzo-padrone?
Fosse stato con lui non lo avrebbe neppure chiesto: la creatura non possedeva curiosità o memorie, e la sua volontà esisteva solo allo scopo di asservire un progetto più grande. Quale progetto? Non lo aveva mai saputo, e non importava.
La creatura era sola. Intimamente sola, incapace di percepire nulla che non fosse il proprio corpo che non era un corpo. Nulla esisteva al di fuori del drappo. Quando il padrone parlava, la creatura non si poneva domande, e obbediva rispondendo meccanicamente, guidata dall'artefatto che la controllava.
I pochi che erano riusciti a posare gli occhi su quel drappo, avevano sentito una voce, avevano dialogato. Ma non era la creatura a decidere: lei rispondeva guidata dall'inconscio dei padroni. Lei era sola.
Lei non esisteva.

Aveva senso il tempo in un mondo privo di sensazioni e desideri? No. Poteva essere trascorso un giorno, un anno o appena qualche minuto da quando, fluttuando su una piccola oasi, il potere traboccante della creatura l'aveva prosciugata completamente. Giorno e notte si alternavano nel deserto dei See, ognuno privo di senso come il precedente.

« Chi sei, viandante? »

Una voce. Una voce attirò l'attenzione della creatura, che arrestò la sua avanzata interdetto.
Sentire una voce poteva essere cosa comune per ogni creatura vivente, ma non per lui. Alla creatura non era concesso un simile privilegio. Nel suo mondo univoco in perfetto equilibrio l’esistenza di una voce era qualcosa di inconcepibile, proibito. Lei sapeva di avere un padrone, e riusciva a riconoscerlo guidato dal suo artefatto. Tre ne aveva avuti: il padrone-macchina, il padrone-vecchio e il padrone-ragazzo. Ma mai la loro voce era giunta alla sua mente che non era una mente.
Quelle parole invece erano state udite chiaramente, profonde ed avvolgenti. In grado di perturbare per la priva volta l’eterno equilibrio in cui vessava.

Attorno a lui nessuno. Provò a librarsi in volo per cercare l'origine di quel suono, senza risultato.
Per la prima volta la creatura si rese conto che oltre al suo corpo, qualcosa esisteva. Era conscio, per la prima volta in maniera non meccanica, del mondo.

« Chi sei, viandante? »

Di nuovo la voce, ma con una nuova consapevolezza. Veniva da ogni luogo, veniva da dentro. La rivelazione scosse maggiormente la creatura che per la prima volta sperimentò una nuova sensazione: il dubbio. Per la prima volta dall’inizio dell’esistenza provò a reagire ad uno stimolo: provò a rispondere, ma la creatura non aveva una voce. Non sapeva neppure cosa fosse, una voce.
Come poteva comunicare, un corpo che non era un corpo?

« Pensa. »

Era una parola priva di significato. Nuova. Eppure, stava risvegliando all’interno dell’anima che non era un’anima un piccolo barlume di istinto, un desiderio. La creatura voleva capire. La creatura voleva… pensare.
E per la prima volta, la creatura pensò.

« I... io.
Io... penso.
»
« Bravo. »

Una parola nuova. Una parola in grado di perturbare l’ego della creatura in modo diverso: un ricordo squarciò il mare di eternità, e il pensiero si rivolse per un attimo al ragazzo-padrone. Lui lo diceva! Eppure a quel tempo non trovava una consapevolezza, poiché non ne possedeva alcuna. Lì nel deserto invece stava scoprendo nuove sensazioni, poiché aveva elaborato una risposta istintiva: per la prima volta aveva realizzato cosa fossero i concetti di “gratitudine” e “appagamento.
"Bravo" era stato detto in risposta ad un desiderio personale: lui aveva voluto fare qualcosa, e chiunque fosse il suo interlocutore aveva pronunciato quella parola, che per la prima volta assumeva un significato diverso.

Era appagante scoprire le emozioni, ma ancora non riusciva a provare stupore e meraviglia: prima era arrivata come un macigno improvviso sul petto che non era un petto, qualcosa di molto più importante.
Qualcosa che, per ogni altra creatura vivente di Theras, avrebbe significato un futuro di apatia, dolore e sofferenza.

« Chi sei tu? »
La curiosità.
E l'entità dietro la voce sorrise beffarda.
« Un amico. »
« Cosa è... "amico"? »

Dentro la creatura qualcosa si era mosso: lei voleva sapere. Voleva conoscere. La fiamma della coscienza che non era una coscienza si era accesa, e bramava risplendere sempre di più. Rivolse un ultimo pensiero verso il ragazzo-padrone, chiedendosi se lui conoscesse il significato di questo termine... "amico". Ma non arrivò nessuna risposta. Aveva appena concettualizzato un altro sentimento: lui voleva conoscere, lo desiderava.

« Non puoi saperlo. »
« COSA E'.. "AMICO!"? »

Urlò, con una voce che non era una voce. Aveva sperimentato la rabbia, la rabbia nel non avere una risposta. Aveva urlato nel nulla, emanando una scarica di potere che aveva cancellato dall'esistenza una carovana a diverse miglia di distanza. Perchè non poteva avere una risposta? Lui voleva sapere, perché insieme al “desiderio” stava scoprendo l’”impazienza”.
Ma la voce beffarda sapeva che la creatura aveva appena sviluppato un embrione di consapevolezza. Non era diverso da un bambino, un bambino volubile e capriccioso. E come tale lo avrebbe trattato

« "Vuoi" saperlo? "Desideri" saperlo? »
« Si. »
« Non c'è modo, adesso. »

Un altro urlo, un altro moto di rabbia. Tese una mano che non era una mano verso il basso, generando una voragine senza fondo nel deserto del See. Era stato un gesto di puro istinto, compiuto con una frazione infinitesima di un potere che avrebbe potuto aprire un varco verso Baathos stesso se solo lo avesse desiderato.
Perchè non poteva saperlo? Aveva appena iniziato a provare qualcosa, dei sentimenti. Doveva... no. Voleva continuare ad imparare, a conoscere. Non aveva mai dato un peso alle eternità vuote che si era lasciato alle spalle: in un mondo senza consapevolezza il tempo non esisteva, ma adesso…

A d e s s o

"Adesso" aveva detto la voce. "Adesso" aveva pensato la creatura, senza conoscerne il significato. Cosa voleva dire? Ancora non lo sapeva, ma per la prima volta la mente che non era una mente aveva concepito il concetto di "tempo": esisteva un passato vuoto, così come era passato del tempo dalla prima parola udita. E se in futuro fosse riuscita a comprendere di più?
La voce lo sapeva. La voce era perfettamente a conoscenza della cascata di pensieri che aveva causato pronunciando la specifica parola "adesso".

« Quando? »
« Quando sarai vivo. »
« Cosa è... "vivo"? »

Il volto da cui proveniva la voce sorrise.

« Vivo è chi prova emozioni. Vivo è chi prova fatica, rabbia, amore, gioia, dolore. Vivo è chi "sente". Vivo è chi riesce a meravigliarsi, a creare e a distruggere. Vivo è chi percepisce il caldo e il freddo, il giorno e la notte.
Vivo è chi possiede un corpo in grado di provare sensazioni. Vivo è chi non è come te.
Tu non sei vivo.
»

Un turbinio di parole, di concetti diversi attraversarono la mente della creatura . Non esisteva nulla di così meraviglioso di quella conoscenza: aveva compreso ogni singola parola di un discorso lungo come mai ne aveva ascoltati. E la rabbia della consapevolezza lasciò il posto ad un nuovo pensiero: la lungimiranza.

« Io voglio essere "vivo". »
« Puoi esserlo. E poi? »
« Io voglio provare queste "emozioni", voglio conoscere ciò che mi manca. Voglio essere come tutti gli altri. »
« Le creature "vive" possiedono tutto questo, e molto di più. Io posso aiutarti: questo vuol dire "amico". Vuoi essere vivo? »
« Voglio essere vivo. »
« E poi? »
« Voglio essere... tutto. »



La voce sorrise. Nel suo piano di esistenza si mosse alzandosi dallo scranno d'oro e diamanti. Una serie di servitori scintillanti si chinarono al suo passaggio percependo una soddisfazione traboccante emanata dalla figura.
Finalmente era iniziato.





 
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