Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fratelli di sangue - I, O., Corsa all'oro

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Lill'
view post Posted on 10/9/2015, 21:27





Oh, Olsen?
Etciù!
L’uomo seduto sui gradoni si riscosse di colpo, allungando un braccio in avanti. Nella manica del pastrano scintillò qualcosa di metallico.
Ehi, calma, calma; non vedi? Sono io, capo.” fece il nuovo venuto, un ragazzone bardato di nero in piedi lì davanti. “Ci mancherebbe che ho da consigliare te, Olsen, che il lavoro lo fai da trent’anni senza mai mancare o addormentarti” gli occhi dell’altro scintillarono d’ilarità per un istante.
L’uomo seduto sull’uscio si alzò piano, senza dire niente. Era di media statura, smilzo, e con una carnagione stranamente poco pallida per un abitate della Città nera. Squadrò il cambio di guardia, sul punto di sibilare qualcosa a quello sbarbatello, ma si interruppe quando un avventore cercò informazioni su una qual certa zuppa di ragno. I due controllarono che non avesse armi, chiedendogli chi gl’avesse spifferato la parola d’ordine; quindi lo lasciarono passare, indirizzandolo verso il grosso portone scolorito sulla sommità dei gradini.
Dimentico della discussione, l’uomo brizzolato si incamminò, salutando con uno sbadiglio il suo giovane sostituto addetto al turno di notte. Rovistò nella bisaccia, in cerca del filone di pane che aveva lasciato per la cena: era afflosciato per l’umidità.

Svoltato l’angolo, si confrontò con il gramo spettacolo offerto dall’intrecciarsi del quartiere popolare con la zona dei mercati. La buia stradina che portava alla piazza era un contorno di cesti stesi ad asciugare, voci ambigue dietro persiane chiuse per la cena e sparuti Predatori. Salutò con un cenno un paio dei suoi, prima di giungere al mercato centrale. Il grosso spazio circolare, di norma trafficato, vedeva pochi avventori. L’uomo brizzolato tagliò la piazza da un capo all’altro, passando tra le botteghine vuote fatte di legno ormai fradicio, tra le mostruose statue al dio ceco, come piaceva dire a lui, e i barboni stesi sotto i cornicioni. Era una sera di nebbia, quella; più di tante. L’uomo brizzolato pensò al bagno caldo che lo attendeva a casa.
Percorse con lo sguardò il limitare della piazza, cercando senza successo qualche anima viva tra gli edifici di pietra nera, tutti dall’altezza irregolare. Tutti che avevano bisogno di una ristrutturata, e da qualche decina d’anni ormai. Fu quando stava per imboccare il corso principale che una risata lo raggiunse:

Mi pareva strano che non si vedeva nessuno. Però, ‘il Bastardo del Sud stacca sempre puntuale’, ho pensato.” Una figura corpulenta si palesò tra la bruma.
…Georg” decise dopo un attimo d’esitazione l’altro, “mi hai spaventato. Non sei uscito, oggi?
Macché. Con questi fumi qui, già è tanto se riesci a straccare, non dico neanche arrivare agli scogli per affondare il carico.” Georg dichiarò, esibendo una sorrisone a venti-e-qualcosa denti. Portava un berretto di lana circolare, di quelli morbidi da marinaio, e l’unico bottone sul suo cappottone sgrigiato rischiava di saltar via a ogni passo.
Così paio l’unico in giro. Vieni alla Venere per un goccio?
No, meglio di no” disse il Bastardo, stiracchiando in su la parte sinistra della bocca. “Questi giorni, non so cos’è… cambio di stagione, stare dietro ai carichi e ai giovani; meglio non cercare rogne .
L’uomo corpulento assentì, guardandolo per un attimo di sottecchi. Continuarono a camminare per il corso, fino a giungere a un grande incrocio.
E comunque…” l’altro si avvicinò, abbassando la voce.
Più tardi fatti un giro al porto.
Ho da ricomprare il pane, e poi vado a dormire. Con questo tempo non arrivano carichi, no?
Fatti un giro al porto.” Georg chiuse gli occhi in due fessure.
Ieri sera,” continuò il marinaio “prima di rientrare, due dei miei hanno visto un grosso affare di marmo affiorare dalle grotte sommerse.
L’altro si arrestò di colpo, dimenticando di parlare sottovoce.
Di mar- che cazzo vuoi dire?
Una bara di pietra nera.
Il Bastardo si guardò intorno, cercando occhi di pece intenti a spiarli tra i vicoli ed elmi dalla foggia di corvo. Ma c’era solo silenzio, e nebbia. Quando si girò, Georg non rispose. Aveva già imboccato l’incrocio.

Arrivato sotto casa, il Bastardo saltò al solito la fila per prendere il suo sfilatino. “Con i saluti della mamma” gli sorrise vagamente la ragazza al bancone. Uscito fuori, regalò anche un paio di dolcetti di patate ai discoli che giocavano in strada, in inverno o in estate, e salutò il vecchio Chet sotto l’arcata dell’uscio, mentre preparava i suoi tre strati di coperte pulciose.
Salendo la buia scalinata a chiocciola del palazzo, il Bastardo sentì la schiena pesante. Si volse verso una finestra, di quelle alte e appuntite, cercando con gli occhi il lago. Si morse il labbro. Poi però pensò al bel pane caldo che aveva sotto braccio, e ai saluti della mamma che, qualsiasi garzone lo sapeva, in fin dei conti non aggiungeva più di un singolo pugno di segatura tra l’impasto, e solo quando la stagione girava male.
Rincasò, spogliandosi in fretta nell’atrio. Dopo un lungo bagno si accorse di non avere poi troppa fame, così decise di mettersi subito a letto. Quando però, dopo diversi minuti, si ritrovò a spaziare nella stanza, a percorrere indolentemente i profili dei mobili laccati di scuro, delle tende di panno del Qatja-yakin e della ricchezza non malaccio che aveva accumulato in decenni di certi lavori per certe conoscenze, capì che era il caso di farsi un giro. Si guardò allo specchio, alla luce di due candelabri d’argento il cui carico un mercante del Sud aveva perso al porto cinque anni prima; lo specchio gli porse una domanda. Il Bastardo ci vide un uomo stanco, alla soglia della vecchiaia. La pelle più scura rispetto alle genti dell’Edhel era ormai un ricordo sbiadito.
Guardando più a fondo nel vetro polveroso vide un sorriso, splendente e carico di gioventù.

Uscì chiuso nel suo pastrano, scavalcando la figura di Chet che dormiva blaterando davanti al portone. Tirò dritto per la vietta del quartiere. Si era portato anche il pane, ficcato dentro la bisaccia, con la speranza che un po’ d’aria fresca potesse risvegliargli l’appetito. Nella sua passeggiata notturna il Bastardo incontrò uno dei ragazzi di Georg, che guarda caso scollinava anche lui. Quando si reimmisero sul corso lo trovarono enorme e vuoto, con un fumo bianchiccio che lo riempiva nella sua interezza. Sulla sinistra, per via del leggero dislivello, si intravedeva oltre le file irregolari degli edifici la massa enorme e nera da cui si alzava quella nebbia della malora. Il Bacino Corrotto.
Si fece dare un sigaro dal ragazzo, inspirando mentre spaziava sul lago; roba di terza scelta.
Quando arrivarono al porto, trovarono Georg che inveiva contro i suoi per prepararli all’attracco. Il Bastardo notò che, da vicino, il lago era ben meno piatto di quanto sembrava dalla città: evento raro, lo sciogliersi dei ghiacciai con la stagione calda, unito alle vicende turbolente della superficie, aveva reso l’intera montagna ancora più instabile e cattiva. Buttò il sigaro, sputacchiando in acqua quel saporaccio di bile. Non di rado aveva sentito di frane e smottamenti dagli stessi soldati, che avevano otturato le gallerie nelle recenti lotte contro i mostri della superficie.
Oh, te la sei presa comoda.” fece Georg.
Mh. Sicuro di riuscire a farla attraccare?
Il marinaio indicò un pennello di scogli che si staccava più in là degli altri dalla costa sabbiosa. Era sottile, intervallato da secche, e con le rocce ormai consumate dall’acqua. Seguendolo con lo sguardo, si poteva scorgere la lucina di un’imbarcazione farsi sempre più vivida nella bruma. Il Bastardo lo indicò contrariato.
Quello? Non ho visto barche usarlo da una dozzina d’anni. Forse anche di più.
Beh.
E chi hai mandato?
La Tórramh.
Che? La Tórramh?! Non avevi fatto l’alaggio per portarla in arsenale, quella?
Andiamo, Olsen. Erano gli unici disposti a uscire in queste condizioni.
E da quello che m’avevi detto anni fa, lì dentro…

Georg sorrise con malizia; accennò a due dei suoi ragazzi con una grosso tavolone sulle spalle. Non ci misero molto ad arrivare sulla punta dell’attracco, balzando su quel pontile improvvisato tra gli scogli. Il Bastardo li seguì, scrutando di continuo il profilo della barca farsi più vicino, malgrado le onde e la nebbia che la coprivano. “Dammi un altro sigaro, va” fece al ragazzo incontrato prima, anche lui intento a trovare un punto più riparato dagli spruzzi. Il Bastardo sputò ancora il sapore cattivo, in equilibrio sulla superficie viscida e bucherellata dell’ultimo scoglio. “…per dopo.
Malgrado l’uomo brizzolato si fosse cacciato di bocca ogni singola puntina di quell’erba scadente, più la barca si avvicinava, più il sentore amaro continuava a tormentarlo. Poteva indovinare chiaramente una sagoma scura adagiata vicino all’albero adesso, mentre i due marinai si giostravano con vele e timone. Poteva rivedere un sorriso; udire di nuovo il trillo di una risata, come di mandolino scordato. E sopra ogni cosa poteva ricordare il valore spropositato che rappresentava il contenuto di quel sarcofago.
Quando un rumore echeggiò dalle profondità delle caverne, comunque, tutti loro lo udirono. Il Bastardo fece appena in tempo a collegare quel boato, che arrivava dall’altra parte del lago, a uno smottamento nella montagna. Allora l’onda si abbatté sugli scogli.
Annaspando in cerca di un appiglio, diverse cose gli arrivarono addosso. Sentì delle rocce grattare contro il pastrano, due dei contrabbandieri di Georg urtarlo in cerca di aria. Rifilò un brutto pestone al ragazzo del sigaro, che si era aggrappato alla sua gamba e lo stava portando sotto. Quando infine riuscì ad agganciarsi a un anello di ferro arrugginito, un tempo utile per le funi, la prima cosa che fece fu girarsi verso la barca – verso il sarcofago. Mentre teneva con tutte le sue forze quel ferraccio scivoloso, sul quale pian piano stava perdendo presa, il Bastardo vide chiaramente la Tórramh rovesciarsi contro delle rocce. Cercò dappertutto il sarcofago. Nel momento in cui lo scorse alla sua destra, che andava giù in un piccolo gorgo, provò in tutti i modi a non guardare; ma alla fine il suo occhio cadde sul mulinello.
Tra le correnti che vorticano, rivedi una ragazza che hai conosciuto tanto tempo fa, quando ancora il Gigante non aveva reso la tua pelle pallida e quando un gruppo di discoli giocava in strada, in inverno o in estate.
In quel frangente la sua presa venne meno, e biascicò per dell’aiuto; fu solo per caso che, strappato alle onde, vide lo sfilatino di pane galleggiare alla sua destra. Lo agguantò, spingendolo con forza all’interno dell’anello arrugginito. Guardandosi intorno, nessuno degli altri contrabbandieri pareva essere tornato in superficie, tutti scivolati sugli scogli e trattenuti dalle acque maledette del lago.
Ringraziò quel pane gommoso e ruvido per la segatura. Quindi si tirò su.

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Oh, Olsen?
Etciù!
Olsen si alzò di scatto in piedi. Aprì e chiuse gli occhi, poi si batté più volte una mano sulla guancia, rabbiosamente.
Ehi, calma, calma; non vedi? Sono io, capo.
L’uomo brizzolato scosse la testa. Non ascoltò le ciance del ragazzo, mentre ficcava una mano nella bisaccia. Lo sfilatino era umido, quasi fosse caduto in acqua; guardandosi intorno però non pareva esserci nebbia.
Ehi, che ti prende, capo?
L'altro non rispose, avviandosi verso il suo quartiere.

Quella sera non passò alla Venere, non andò neppure a prendere il pane. Rientrato in casa, Olsen notò i due candelabri accesi ai bordi di un mobile laccato. Al centro, lo specchio gli poneva una domanda; lui non rispose. Si limitò a coprire con un panno l’immagine riflessa, perché se era vero che chi non conosceva quella risposta la cercava in lauti pasti e tesori e sciocchezze anche in età avanzata, d’altra parte a volte era solo un'impressione. Lui, Olsen, non si imbrogliava mica: che fosse il Bastardo dell'Akeran, il vecchio che dormiva o un ragazzino illuso, la sostanza sotto non cambiava.
Quando si mise a letto si addormentò all’istante.
Quella notte sognò copiosamente, sudando a tratti; davanti a un panettiere, un ragazzino dalla pelle olivastra giocava in strada con una sua coetanea, la figlia di…



SPOILER (click to view)
Cito un'abilità di Rick dall'artefatto Noloriau; anche se non è stato in alcun modo impiegata, può essere utile. L'ultima parte è quella di particolare interesse:
QUOTE
Maharjanne non avrebbe mai ripetuto queste parole ad alta voce dopo averle sentite dire sì tante volte dagli anziani, se avesse saputo che quello sarebbe significato non essere mai più ricordata. Di lei rimangono polvere d'ossa nelle sale che davano al sotterraneo della struttura eretta nelle paludi dell'oriente - e nessuna lapide, invece, a ricordare che quell'ultimo giorno fu lei a stagliarsi contro i banditi venuti a profanare la fonte sacra. Solo un volto smussato, privo di tratti quasi fosse stato levigato, e la corazza lucida che l'aveva sempre tanto protetta quanto isolata dai compagni.

[Malus: ad ogni utilizzo delle tecniche attive o sfruttamento delle passive di questo artefatto, la gente che sta attorno al personaggio dimenticherà progressivamente (anche se poco alla volta) aspetti riguardanti la sua vita o personalità. A lungo andare, anche se rimembreranno le sue gesta e i momenti passati con lei, non riusciranno ad associare a quel ricordo il volto del personaggio.]

[Alta: il personaggio riplasma i propri lineamenti e il proprio aspetto per due turni, divenendo irriconoscibile . Durante quel frangente di tempo, il caster otterrà 4 CS da aggiungere alla propria riserva e i personaggi attorno a lei subiranno temporaneamente l'effetto massimo del malus prima citato. Sia aspetto che CS vanno decise all'acquisizione della tecnica e non potranno essere cambiate dopo.]
[CS scelte in Intuito][Aspetto: uomo di mezza età, moro, magrolino, non molto alto; primi capelli grigi, ispidi e corti come la barba; pelle (abbastanza) olivastra (per trovarsi al Nord) e occhi grigi. In generale abbastanza anonimo, anche se evidentemente non un nobiluomo dall'aspetto. Tuttavia, privo di cicatrici o anche solo di piccoli marchi di qualsiasi tipo. Olsen, Il bastardo dell Akeran]


Edited by Lill' - 10/9/2015, 23:14
 
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