Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sangue e Oro ~ L'Artiglio e il Leone., Azione - Corsa All'Oro.

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 20/9/2015, 05:24
Avatar

Cavalier Fata
········

Group:
Member
Posts:
7,592
Location:
Valinor

Status:



Sangue e Oro ~ L'artiglio e il Leone.
« Una volta qualcuno mi disse che "noi siamo il Lione".
Sbagliava. Noi siamo la tempesta. »

Il boato dello scoppio mi fece tremare anche le ossa, mentre con un cannocchiale osservavo l'impatto devastate di mezzo chilogrammo di ghisa che impattava contro il fianco roccioso di una rupe. Al mio fianco un paio di Artigli stavano ripristinando il falconetto alla sua posizione originale, dopo il rinculo, per far di nuovo fuoco.
« Un grado e mezzo più in alto e mezzo a sinistra. » dissi all'artigliere. « Inoltre legatelo meglio, se quest'affare vi colpisce alle gambe è in grado di frantumarvi le ossa. »
Una degli addetti, una ragazza piuttosto giovane, mi guardò con aria curiosa. « Signora, perché spariamo così in alto? » una domanda legittima, dopo tutto, ma a cui non potevo rispondere con la dovuta chiarezza. Non ancora, perlomeno.
« Chi ti dice che i nostri nemici non sappiano volare? » le sorrisi, mentre sul suo volto di dipingeva solo altra perplessità. « Ricaricare. Voglio che siate in grado di sparare due colpi al minuto in sicurezza. »

[ ... ]


Era giunto il momento, non potevamo più attendere. Forse i tempi avrebbero potuto essere più maturi e, forse, le cose si sarebbero potute assestare in maniera più vantaggiosa rispetto a quello che stava accedendo nei regni, eppure non avrei saputo restarmene ancora in silenzio. Entrai nel mio piccolo studio e, sedendomi alla scrivania, afferrai carta e piuma per scrivere la lettera che avrebbe davvero cambiato il mio destino. E non era indirizzata al Re, né a quel pallone gonfiato di Aedh Lancaster. E nemmeno a Padre Zeno. Loro non mi avrebbero potuta aiutare in quello che dovevo fare, c'era solamente una persona che avrei voluto al mio fianco quando la tempesta si sarebbe abbattuta non solo su di me, ma sull'intera colonia: Erein.
Nonostante la caduta dei sussurri, gli unici che avrebbero ritenuto sbagliato il mio agire, decisi di non scrivere niente di compromettente, nulla di esplicito, solamente un'invito di poche semplici righe, formale e preciso.

Erein,

È da qualche giorno che sono in visita alla colonia e volevo ringraziarvi dell'aiuto dato all'ospedale. Tempo al tempo, questo luogo crescerà, vorrei invitarvi ufficialmente a presenziare all'apertura della miniera sette, una vena aurifera scoperta da poco, perché ritengo che la vostra presenza possa allietare gli elfi che vivono qui. Di recente abbiamo avuto qualche problema di ordine pubblico, una visita dalla grande città aiuterà, ne sono certa, e scusate queste poche parole, ma il tempo è tiranno in questi giorni. Guerra e pace si sono susseguite dal nostro primo incontro, spero che accetterete questo invito per poter passare momenti sereni, lontani dalla frenesia e dalla problematicità cittadina.

Vostra, Azzurra.



Attesi qualche secondo, piegando poi la lettera e sigillandola a ceralacca, apponendovi il drago Lancaster. Quella, come tante altre missive, sarebbe stata recapitata di lì a pochi giorni direttamente a Ladeca, al generico indirizzo dello stregone. Niente di più ordinario e banale che normale corrispondenza.
Dall'angolo della stanza, però, qualcuno si mosse. Era rimasto fermo per tutto il tempo e, pur sapendo benissimo che era lì, quando aprì bocca sussultai, tanto ero immersa nel silenzio dei miei pensieri.

« Azzurra... non si torna indietro. Siete sicura di volerlo fare? »
Lo guardai, cercando di scrutare oltre il suo volto vissuto. Stranamente vi scoprii un timore non indifferente. Era la prima volta che vedevo un Lancaster avere paura di qualcosa ma, del resto, quella che stringevo tra le mani poteva diventare benissimo la nostra condanna a morte.
« Landon... siete ancora in tempo per ritirarvi. » gli sussurrai, squadrandolo dalla testa ai piedi. « Azzurra io... »
« Credete in Dio, voi? »
Gli domandai, affilando lo sguardo.
« ... »
« Io l'ho visto e so cosa mi aspetta dall'altra parte. Se ci andrò, sarà con la mia spada in mano e la testa alta. »
L'uomo abbassò lo sguardo, pensieroso.
« Preparate i vostri uomini, è giunto il tempo che gli Artigli della giustizia taglino la gola alle Fauci della bestia. »



Scena privata, si prega di non intervenire.
 
Top
view post Posted on 21/9/2015, 23:31

Competitore
·····

Group:
Member
Posts:
1,644

Status:


Lo guardò per un attimo con occhi scintillanti prima di distruggerlo.
Era un cuore abbastanza comune, chiazzato di sporcizia e per nulla splendente. Un cuore debole, un cuore di codardo, un cuore miserabile. Non era il cuore nobile, eroico o giusto ma non era nemmeno quello di un malvagio. Era il povero cuore di un uomo meschino …
Il corpo cadde con un tonfo morbido, attutito dal tappeto pregiato che adornava il pavimento, prima ancora che la cenere fosse dispersa. Gli occhi del Re ne accompagnarono la parabola discendente mentre il viso contratto da una rabbia cieca si addolciva in un sorriso raggelante.
«L’hai ucciso!» - esclamò sdegnato il vecchio.
«Mai sentito dire “ambasciator non porta pena”? »
Lo sguardo di Erein si staccò dal cadavere e si spostò su quello del padre - «A me ne ha portata, parecchia … »
«Come hai potuto, come hai potuto uccidere un uomo a sangue freddo!»
Aureus era visibilmente sdegnato. Era troppo nobile, troppo idealista per comprendere …
«Se l’avessi fatto tra tre giorni sarebbe stato meno brutale?» - gli rispose sfacciatamente il nipote senza un grammo di rimorso nella voce.
«Di certo sarebbe stato più saggio… » - appuntò di nuovo Gwalch Glass - «Avresti potuto interrogarlo e …»
«Avrò le informazioni che cerco, da fonti più attendibili.» - il discorso era chiuso. Erein si voltò sui tacchi e senza degnare il cadavere di uno solo, ulteriore, sguardo aprì la porta e fece per andarsene.
«Dove diavolo vai?!» - gli ruggì dietro il drago.
«Buttatelo in un vicolo, non voglio che mi accusino del suo omicidio … Scatenerebbe uno scandalo che a sua volta scatenerebbe una guerra. Ed io voglio coglierli impreparati.» - e uscì sbattendo la porta.

La torre diroccata aveva un che di affascinante e romantico. Vetuste pietre giallastre impilate l’unica sopra l’altra, così rugose e secche che sembrava un miracolo che potessero stare ancora in piedi. Gli anni e le intemperie avevano rosicchiato la malta che le teneva insieme. Negli spazi tra i mattoni crescevano muschi ed altre piante infestanti, l’edera abbracciava quella costruzione quasi si rifiutasse di consegnarla all’inevitabile crollo. Intorno all’edificio trionfava una natura rigogliosa e vivace. Alberi secolari si piegavano contorcendosi sotto il peso delle chiome possenti ed ampie. Il prato di un verde così intenso da far male ospitava centinaia di specie di fiori e arbusti. Era un luogo perfetto per sognare … e intessere trame di sogno.
La porta che celava l’ingresso alla torre era di legno rigonfio e marcescente. La serratura, il battente e le cinghie erano rossi dalla ruggine e cigolavano al minimo sospiro di vento. Sembrava un luogo abbandonato e sicuramente quell’impressione voleva darne il padrone di casa. Eppure non appena Erein mosse pochi passi verso l’uscio una forza lo costrinse a retrocedere. Più che una forza in senso stretto era una sorta di anelito a respingerlo. Qualcosa gli si era annidato tra lo stomaco e il cuore; quel qualcosa gli ispirava un languore, un desiderio di ignorare quella torre e di volgere l’attenzione verso l’ombra dell’enorme quercia.
Il prato sembrava un giaciglio così confortevole, la prospettiva di perdere lo sguardo nel cielo così dolce …
In quel momento Erein avrebbe dato qualunque cosa per potersi distendere sotto la chioma oscillante e osservare la fuga delle nubi del cielo fino a perdersi, fino a far scomparire ogni pensiero, ogni apprensione, ogni domanda.
Eppure quel tarlo non smetteva di torturarlo. Non gli consentiva di cedere. Lo sentiva rodergli l’anima.
Stette qualche istante così, intrappolato in quel limbo, poi la ragione per cui si era spinto fin lì ebbe la meglio, procedette verso la porta, la spinse ed entrò …
L’incantesimo andò in frantumi. Il luogo fatiscente scomparve e al suo posto apparve un ambiente quasi sontuoso. Il primo piano della torre era quasi interamente occupato dalle scale a chiocciola che vertiginosamente conducevano in alto.
Una figura incredibilmente magra, dall’aspetto senza tempo lo salutò con un rispettoso cenno del capo.
«Venite con me, la Voce vi attende » - disse con voce morbida come lo scorrere di una piuma intinta d’inchiostro sulla pergamena vergine.
Salirono il turbino di gradini in un vorticare di torce resinose che esalavano fiati dai profumi penetranti e leggermente soporiferi. Presto anche il capo di Erein prese a girare costringendolo più volte a poggiare le mani sul muro per non cadere di ginocchia. Stranamente il bacio della pietra era caldo, invece che freddo così come avrebbe dovuto essere. Quando giunsero all’apice della salita Erein sentiva un sudore freddo inzuppargli le vesti, una nausea invadente scombussolargli lo stomaco ma la mente, quella era vigile, concentrata, focalizzata ad ottenere ciò che cercava.
Finalmente la porta si aprì su una camera enorme, il pavimento coperto da cuscini e l’aria più fresca e pura.
Un fuoco ardeva sul fondo della stanza dietro le spalle di una figura muliebre dall’aspetto inquietante e seducente al contempo. La parte inferiore del corpo, dalla cintola in giù, era coperto da una lunga gonna formata da centinaia di veli sovrapposti e iridescenti. Il torso era completamente nudo, il seno esposto, l’ombelico adornato da una pietra dai colori vividi capace di cambiar colore a seconda di come si rifrangesse la luce. L’addome era un intrico di simboli sinuosi dipinti in oro che si intrecciavano tra loro come serpi in amore. Il collo era adornato da una serie di pesanti cerchi di vari materiali più larghi alla base e sempre più stretti all’estremità. E si giungeva così al particolare grottesco … La testa.
Non una testa di donna ma di donnola. Gli occhi neri e splendenti come onice risplendevano. Il muso si atteggiava in una forma di sorriso.
«Non troverai da me la risposta che cerchi …» - disse con voce dolce ma ferma. -
« … ammiro la tua determinazione ma non è consentito. Tutto ciò che posso darti è un dubbio. »
«Mi basta che sia sufficiente a chiamarlo speranza.» - le rispose. Gli occhi umidi, la voce roca, come mai prima d’allora.
« Puoi chiamarla così. La sua Pagina non è scomparsa dal Libro se ciò che verrà dopo è frutto di un epilogo o un nuovo capitolo non ti è dato saperlo. Ciò che ti è dato è sperare …»
Erein annuì silenzioso. La gola chiuse in un intrico di emozioni sincere, reali e tragicamente inespresse.
Lei avvertì il suo dolore. Chinò la testa di lato e allungò la mano - « Vieni, riposa … Non posso aiutarti con la tua ricerca ma posso darti la pace se vuoi. Vieni, riposa posso scrivere per te un sogno al termine del quale non sentirai più dolore … non sentirai più odio.»
«No!» - rispose lui ritraendosi come dinnanzi un pericolo mortale.
«Perché vuoi soffrire?»
«Soffrire? Io non voglio soffrire ma se questo è il prezzo dell’odio lo pagherò!» - rispose il Re Stregone mentre il suo volto si trasfigurava in una smorfia tremenda - «L’odio è l’arma con cui adempirò la mia vendetta !»

Una lettera chiusa. Un sigillo, il suo …
Tornare alla vita di tutti i giorni e fingere che nulla era accaduto non era stato facile ma era determinato a non cedere. Quel rotolo di pergamena fu la ricompensa per lo sforzo profuso. Le parole in essa contenute un balsamo, dolce e intossicante in cui lenire la sua pena.
Sorrise, per la prima volta dopo giorni - «Sto arrivando amica mia e sono pronto… E questa volta sarò io a dirigere i giochi. Non rimarrai delusa … No … Questo è esattamente il mio campo.»
 
Top
view post Posted on 26/9/2015, 03:27
Avatar

Cavalier Fata
········

Group:
Member
Posts:
7,592
Location:
Valinor

Status:



Sangue e Oro ~ L'artiglio e il Leone.
« Una volta qualcuno mi disse che "noi siamo il Lione".
Sbagliava. Noi siamo la tempesta. »

« Prego, mettetevi a sedere. » Quando Erein giunse alla colonia, dopo avergli fatto fare un rapido giro delle miniere, lo portai nel mio alloggio privato. Il giro era servito per facciata, in maniera che nessuno potesse sospettare che stessimo tramando alcunché, fermo restando che la sua presenza aveva allietato l'animo di Ramira e quello degli elfi presenti. Non capitava tutti i giorni di vedere un'elfo apprezzato dalla nobiltà umana, dopo tutto.
« Se siete venuto qui è perché avete capito il messaggio... e non farò strani giri di parole, non tra di noi. » aprii un cassetto della scrivania, estraendone una piccola pergamena arrotolata. « Questa è una dichiarazione di guerra. Non la guerra fittizia fatta a Ladeca, parlo di cannoni, di moschetti e di spade. »
Appoggiai una mano sul tavolo, accarezzandolo. Non era facile affrontare quel discorso, non avevo ancora superato la sua perdita né l'averla abbandonata lì, in quelle strade ad Erdale, alla mercé della sua sciagurata famiglia. Eppure non avrei mai smesso di cercare giustizia per quello che era capitato, per ciò che aveva dovuto subire. Dichiarare guerra a quel modo, rischiando di scatenare qualcosa di irreversibile andava contro ogni principio che mi ero imposta di proteggere, finanche a dar contro al mero buonsenso, ma non mi interessava, non più. Il Dortan avrebbe fatto a meno dei Lancaster... o di me.
« Ho seicento uomini dislocati da qui a Ladeca pronti a intervenire al mio comando, suddivisi in miliziani, Artigli, riservisti. Ho addestrato i miei uomini al fuoco di batteria... » con un movimento secco del braccio emulai il gesto di scacciar via qualcosa. « ...nemmeno i draghi possono incassare tanti danni in così poco tempo. »
La rabbia e il disprezzo nella mia voce erano palpabili, anche il meno sensibile degli uomini avrebbe trovato semplice decifrare i gesti del mio corpo. Li volevo tutti morti, e volevo che morissero lì, nell'Ystfalda, al confine invalicabile del nord, dove il potere e l'influenza del regno andava assottigliandosi. Non sarebbero stati coinvolti civili innocenti, non questa volta. Solamente noi e loro.
« Ho bisogno del vostro supporto... »

Il piano era molto semplice, seppur nel complesso funzionale. Il mio scopo non era conquistare ciò che possedevano i Lancaster, ma umiliarli e decimare la loro armata, infliggergli un colpo così duro e devastante che mai, nella loro storia, si sarebbero potuti riprendere. Ma la colpa non era di tutti quanti, tra di loro c'erano anche persone come Landon che, pur nell'imperante narcisismo ed arroganza, non avrebbero mai alzato un dito contro uomini e donne indifesi. Io volevo Aedh. Volevo che i resti del suo esercito gli fossero riconsegnati dentro una stramaledetta cassa, ridotti in polvere e brandelli.
Mi serviva solo un pretesto, che non venisse da me, per far muovere l'esercito Lancaster verso l'Ystfalda, in modo da combatterlo su terreni a me favorevoli e a loro completamente sconosciuti, oltre che a coglierli quasi sicuramente di sorpresa. Non avevamo dalla nostra il numero, ma la perdita di Ryellia aveva gettato un'ombra indissolubile sopra a molti soldati e affiliati al casato, riducendone il morale. Era proprio in virtù della bassezza del gesto compiuto che Landon aveva deciso di unirsi a me in quella, probabilmente fatale, crociata. La colonia avrebbe combattuto per la sua indipendenza, e Ryellia avrebbe avuto la giustizia che meritava. Ed Erein, alla fine, anche la sua vendetta.

« Devo portare qui l'esercito di Aedh. » dissi a bassa voce. « Gli Anhamid lo vedranno come una minaccia e io mi unirò a loro facendo fronte comune. Tra questi picchi montani li massacreremo fino all'ultimo. Ma non so come spingerli sino a qui... »
Sospirai.
« Potrebbe non finire bene, siete sicuro di volervi imbarcare in qualsiasi cosa io stia per fare? »



Scusa il ritardo e la qualità non proprio eccelsa, non è un good periodo ^^"
 
Top
view post Posted on 27/9/2015, 08:43

Competitore
·····

Group:
Member
Posts:
1,644

Status:



Sangue e Oro ~ L'Artiglio e il Leone

La colonia prosperava. I pionieri si muovevano al suo interno ordinati, organizzati e laboriosi come formiche; e tutto grazie al carisma di Azzurra …
Erein provò una fitta di invidia, nonostante fosse un fine conoscitore delle arti di governo un simile risultato gli era sempre stato precluso. Avanzava mescolandosi tra la folla il Re Stregone e senza ricorrere a stratagemmi. In quel luogo s’era creata un’alchimia che in molti avrebbero ritenuto folle e impossibile: mescolare elfi ed uomini, costringerli a convivere e lavorare fianco a fianco dopo averli condotti al limite estremo delle rispettive terre d’origine. Aveva scelto di passeggiare per la colonia prima di incontrare Azzurra per avere l’occasione di avanzare una prima, superficiale valutazione. Una volta entrato in azione, non appena il contenuto della lettera era stato metabolizzato l’amante, l’amico, l’uomo erano scomparsi.
A loro si era sostituito il politico e lo stratega. Erein era motivato, certo, ma l’istinto di sopravvivenza era stato, negli anni, così tanto stimolato da portarlo ad emergere spontaneamente quando la situazione lo richiedeva. Era come cadere in una sorta di trance fatta di calcoli, progettazioni e piani ben elaborati. Non c’era spazio per l’emotività, per la rabbia o per il rancore. Tutto doveva attraverso il fine setaccio della logica, della fredda razionalità. Agire d’impulso avrebbe significato sconfitta, umiliazione e, nel peggiore dei casi, morte. S’era già lasciato travolgere dai sentimenti in passato … Quei sentimenti avevano trasformato gli uomini al suo comando in un tappeto di cadaveri. Non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.
Gli abitanti della colonia sembravano coesi ma cosa sarebbe accaduto in battaglia? Il carisma di Azzurra, la promessa di un nuovo futuro, le esortazioni a far prevalere il bene e la giustizia sarebbero bastati?
Il filo dei suoi ragionamenti fu bruscamente interrotto dall’autrice di quel miracolo in miniatura, Lady de Rougelaine in persona. Sorrideva Azzurra ma il suo sorriso era qualcosa di distante e profondamente diverso da quello che Erein conosceva. Era come se la sua purezza, la sua gentilezza si fossero cristallizzate in una corazza tanto lucente quanto fredda. Aveva insistito per fargli fare un giro nella miniera.
Avrebbe dissipato i sospetti – diceva – e migliorato l’umore degli Elfi. La fine del tour aveva decretato la caduta delle maschere, la fine dei sorrisi e dei convenevoli.
Una volta da soli Azzurra sputò il rospo senza troppi giri di parole. Il suo piano era semplice e brutale: muovere guerra ai Lancaster e farlo colpendoli con una ferocia inaudita. C’era un solo modo di definire in termini politici quella condotta: tradimento. Erein ascoltò senza interromperla, le mani giunte e posate sulla bocca, gli occhi socchiusi.

«Lo voglio!» - sussurrò mentre un sorriso amaro si profilava sulle sue labbra - « Che strano… » - commentò poi - « … sapevo che questa storia si sarebbe conclusa con un “lo voglio” ma non immaginavano che il contesto fosse questo.»
Scherzarci su lo aiutava ad esorcizzare le paure. Puntò i suoi occhi su Azzurra e proseguì «Lo voglio ma io devo muovermi con prudenza. Se vogliamo anche solo una speranza che questa storia non si concluda con le nostre teste su una picca io devo agire nell’ombra.»
Erein si guardò attorno per assicurarsi che nessuno lo udisse - «Quello che stiamo facendo va contro ogni regola. Aedh conserva una discreta influenza sulla corona e sulla corte. Quando arriverà la tempesta tu hai bisogno di qualcuno che intercetti i fulmini e le saette che Aedh scaglierà su di te e la tua colonia. Hai bisogno di me e non qui … Nel Consiglio. »
Un lampo di delusione balenò negli occhi della pulcelle, Erein scosse la mano come per dissiparlo - «Fortunatamente questo non interferisce con il tuo piano … Io posso agire, costringere l’esercito Lancaster a muoversi qui e nel contempo fornirvi sostegno politico. »
Erein puntò il dito su una mappa - «Sta per giungere la stagione invernale e l’esercito di Aedh sfrutterà questo tempo per ingrassare e riposarsi … I forti, gli accampamenti e i castelli Lancaster sono ben riforniti, solidi e organizzati non temono il freddo. Noi, io devo cambiare questa condizione. Scatenerò un terremoto e poi una tempesta. Li renderò affamati, spaventati e privi di un tetto sulla testa … A quel punto manderò una delle mie spie ad informare gli uomini che c’è una colonia prosperosa e poco difesa. Aedh e i suoi generali dovranno decidere contro chi sfogare la paura e l’aggressività dei soldati e – considerando l’alto profilo morale del nostro nemico – decideranno di lasciarli fare. ».
Sospirò - «Certamente troveranno un pretesto qualunque per giustificarsi. Re Julien non perdonerà tanto facilmente un’aggressione ingiustificata a degli innocenti ed entrambi sappiamo che non nutre particolare simpatia nei confronti di Aedh. Io dovrò solo far pendere la bilancia a suo sfavore quel tanto che basta da far sembrare la tua una reazione giustificata e legittima. » - la mano del Re Stregone si mosse ed afferrò quella di Azzurra - «Lo umilieremo e lo faremo soffrire … Distruggeremo la sua felicità, pezzo dopo pezzo. E’ una promessa!»
 
Top
3 replies since 20/9/2015, 05:24   96 views
  Share