Cavalier Fata ········ - Group:
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| Fil Rouge ~ Ventuno Grammi. Ladeca, Dortan, tempo corrente.
Uccidere una persona è semplice. Non siamo come alcuni animali, dotati di corazze, pelliccia o spessi strati di adipe. Gli uomini e le donne di Theras muoiono facilmente, basta un attacco ben piazzato e la loro esistenza cessa, senza colpo ferire. Nella mia vita ho visto tanto sangue, ho tolto il respiro a donne, uomini, persino bambini qualora il compito lo richiedesse, e non ho mai avuto la minima difficoltà a farlo. Per un'assassina esprimere i propri dubbi nei riguardi dell'omicidio sarebbe come, per un medico, esternare perplessità riguardo alla polmonite. La volontà di fare e la difficoltà di agire sono due cose che nella mia mente erano ben separate: io volevo disperatamente lottare contro l'obbligo che avevo, ma nel farlo provavo una sensazione straordinariamente familiare, perché quella era la mia vita, uccidere o essere uccisa. Ora toccava ad Azzurra fare la stessa fine di tutti gli altri. Non era né speciale né invincibile, e per certi versi la storiella che mi ero raccontata sul liberarla da quel mondo oppressivo e imbastardito aveva fatto breccia nel mio cuore. La guardai ancora qualche istante e, prima che mi rendessi conto di ciò che stavo facendo, la memoria muscolare fece il resto, agendo quasi meccanicamente, con un movimento secco e preciso. La lama trapassò la coperta, la veste da notte e s'insinuò tra le costole, dilaniandole il cuore silenziosamente. Sussultò, ebbe un tremito e aprì gli occhi confusa e fissandomi nell'oscurità, senza neppure riuscire a distinguere il mio volto. Nel giro di pochi attimi smise di respirare e girò gli occhi all'indietro. Lasciai la presa sul pugnale, abbandonandolo dentro le sue carni, mentre mi distendevo rapidamente sotto al letto per non essere scorta da chiunque stesse arrivando. Lì, immobile nell'oscurità, solamente il debole suono delle gocce di sangue che cadevano dalle coperte sul legno mi teneva compagnia. Ero in preda a emozioni contrastanti, mi sentivo male per quello che avevo fatto, ma allo stesso tempo ero felice e la voce di Sheel non riecheggiava più nella mia testa. Forse Azzurra avrebbe trovato la forza di perdonarmi per quello che le avevo fatto, oppure no, ma cosa poteva importare oramai? Il suo destino era stato quello di morire secondo una volontà superiore di cui io, nella mia assoluta debolezza, non ero altro che il mero strumento. Non riuscivo a capire come potesse essere diventata così importante per me, come l'avessi creduta invincibile, nonostante tutto... se ora, con una lama non più grande di un palmo, le avevo tolto la vita nella sua stessa casa. Mi distrasse la porta che, aprendosi, rivelò due figure alla flebile luce delle torce del corridoio.
« Shhh, non vedi che dorme!? » sussurrò, una voce maschile. « Lo vedo perfettamente. » rispose una donna, la cui voce mi era nota. « Ti ho detto che aveva bisogno di dormire, chiudi questa porta. » « Ma dobbiamo dirglielo Jeanne... » « Possiamo. » lo bacchettò, lei. « Possiamo dirglielo anche domani. Lasciamola dormire ora. » « Ma ci credi? » Patrick era palesemente eccitato da qualcosa, lo potevo sentire anche senza guardarlo in volto. « Quando fai così ho solo paura di quello che verrà fuori. Sul serio dovresti... » In quel momento richiusero la porta, lasciando che le parole morissero all'esterno, lontane da me. L'oscurità e la coperte avevano impedito loro di vedere il pugnale ed il sangue, non si erano resi conto di nulla, nessuno l'avrebbe trovata sino all'alba. Io, per quel momento, sarei già stata così distante da Ladeca da non dovermi preoccupare più di niente, se non di tornare da Sheel il prima possibile. Sgusciai fuori dal mio nascondiglio, tirandomi in ginocchio accanto al letto, e proprio in quel mentre lo sguardo celeste e penetrante di Azzurra si fissò nel mio. Mi si gelò il sangue nelle vene, feci per allontanarmi con un salto, ma lei fu più veloce e mi afferrò l'avambraccio trattenendomelo con tutte le sue forze. Dovetti fare appello a tutto il mio autocontrollo per non urlare, attirandomi decine di soldati addosso, ma prima che potessi reagire in qualsiasi modo una forte luce divampò dal palmo della mano con cui mi teneva stretta, accecandomi per alcuni istanti. Divenne tutto bianco, di un candore accecante, che mi obbligò a chiudere gli occhi per evitare di provare un immenso dolore. Fu come un calcio alla bocca dello stomaco quello che mi colpì subito dopo. Non era un vero e proprio dolore, ma dentro di me sentivo come se ci fosse qualcosa all'opera, che scavava raschiando ferocemente l'interno della mia stessa esistenza. Non si trattava di qualcosa di normale, né di spiegabile a parole, era come se d'improvviso ogni cosa stesse cambiando di senso, ogni mia azione, ogni mio gesto, assumeva una nuova forma e un nuovo posto all'interno dei miei ricordi. Duecento anni della mia esistenza furono presi e rivoltati, sconvolti, strappati e ricomposti secondo nuovi schermi. Tutte le mie colpe, tutte le mie responsabilità, tornò tutto a galla con una forza e una violenza tali che, se avessi avuto coscienza del mio corpo immerso nella luce, mi sarei messa a urlare a squarciagola. Ma l'urlo uscì muto, come se quella forza che agiva in me assorbisse ogni cosa e, allo stesso tempo, fosse la fonte di ogni mia più piccola essenza. Non so per quanto tempo mi trattenne in quell'incubo, né cosa alterò all'interno di me, ma quando tutto ebbe fine mi ritrovai in ginocchio, con le mani sporche di sangue, al capezzale di Azzurra. E la voce di Sheel era sparita. Per la prima volta dopo duecento anni, ero di nuovo io.
E avevo appena ucciso la mia unica amica.
[ ... ]
Edhel, Luogo Imprecisato, trenta anni fa.
« Elinos non ha fatto niente, padrona, ti prego! » In ginocchio, tra le lacrime e con le mani giunte, scongiuravo Sheel di lasciarlo andare. Lei, impassibile, gli fece passare una corda attorno al collo da un abominio, un disgustoso essere aberrante di cui a stento riuscivo a riconoscere fattezze umanoidi. « Due secoli e ancora commetti gli stessi errori. » La voce graffiante e acuta della padrona mi trafisse il cuore come un dardo ghiacciato. « Sapevi quale sarebbe stato il prezzo! » Agitò una mano e, nel giro di pochi istanti, il mostro iniziò a girare la corda usando un pezzo di legno come perno. Arrotolando la fune su se stessa, lentamente, la strinse attorno al collo di Elinos che, provato dalle torture e dalle violente percosse, appena riusciva a respirare. Aveva il volto ridotto ad una maschera tumefatta di lividi e sangue. Lei era stata implacabile, lo aveva voluto umiliare, distruggere, obbligandomi a guardare ogni attimo del suo strazio. « Punisci me, non lui! Ti prego, ti prego, ti prego! » Tra le lacrime, portandomi le mani ai capelli per strapparmeli in preda alla più atroce delle disperazioni, cercai di muoverla a compassione. Ma non servì a nulla, non potevo far altro che guardare impotente, trattenuta dalle catene e dal mio legame di sangue, dal poter fare qualsiasi cosa. Quando la corda divenne troppo corta Elinos iniziò ad agitarsi e annaspare. Strabuzzò gli occhi e cercò disperatamente di respirare, ma non ci riuscì. Iniziò a divincolarsi e gemere con tutto il fiato che aveva in corpo, ma dalla bocca uscì solo un grumo di sangue scuro. Gli scoppiarono le vene degli occhi ed il suo ultimo sguardo, rivolto a me, non fu altro che un silenzioso addio. Urlai. Urlai e tirai così forte da strapparmi l'intera ciocca dei capelli che tenevo tra le dita, ma non servì a colmare il dolore che avevo dentro. Era stata colpa mia, mia e solamente mia, la morte dell'uomo che avevo amato per primo nella mia vita. Davanti al mio sguardo sbarrato e annebbiato dalle lacrime, il boia si avventò sulle carni del mio amato cibandosene come se fosse un maiale appena sgozzato. Davanti a me, senza alcun ritegno, mentre lo sguardo ambrato di Sheel mi scrutava divertito. Le labbra le erano rimaste immobili, ferma nell'espressione severa di una madre delusa, ma gli occhi... trasmettevano tutta la sua crudeltà.« Credi che a te andrà meglio? » mi si avvicinò, afferrandomi i capelli e tirandomi violentemente la testa all'indietro, così da doverla guardare dal basso. « Ti sbagli di grosso. » « Uccidimi... ti prego. » La implorai per l'ennesima volta. « Farò molto di peggio, ti toglierò tutto quanto, tutto! » tirò ancora più forte i capelli, con rabbia. « Voglio vederti scappare e piangere fino a quando non sarò soddisfatta. » « Perché?... uccidimi e basta... non voglio più vivere così... » Avrei dato qualsiasi cosa per potermi tagliare la gola da sola, sul posto, ma la mia padrona aveva fatto in modo che non ci fosse nulla da usare a quel proposito. Non alla portata delle mie catene. « Perché tu mi appartieni! »
[ ... ]
Ladeca, Dortan, tempo corrente. Avevo conosciuto Elinos durante un incarico. Non era il mio obiettivo, ovviamente, ma dovendomi infiltrare nella società umana non c'era voluto molto prima che il mio fisico, ammetto affascinante soprattutto agli occhi di uomini comuni e minatori, attirasse la sua attenzione. A differenza degli uomini con cui avevo intrattenuto relazioni precedentemente, quasi tutti uccisi proprio da me poco prima di consumare l'atto sessuale, con lui era stato diverso. Era stata una semplice casualità, un uomo come tanti che incontra una donna in una taverna nei pressi di Lithien. Parliamo, ci conosciamo, iniziamo a vederci. Sapevo che a Sheel non sarebbe andato bene, sapevo che mi avrebbe sgridata se l'avesse scoperto, ma stupidamente mi ero illusa che, pur nell'infinita crudeltà, capisse il mio bisogno di stare con qualcuno nei momenti in cui non agivo in sua vece. Avrei ucciso chiunque, massacrato intere famiglie al suo ordine, ma desideravo passare la mia vita con Elinos. Quello che non capivo, scioccamente, era che non avevo affatto alcun diritto di esprimere un desiderio, di avere una mia volontà, perché io ero null'altro che una serva. E lo ero diventata per mia scelta. Quando Sheel venne a sapere della mia relazione andò su tutte le furie e mi ordinò di ucciderlo, senza mezzi termini, un colpo dritto al cuore durante il sonno e tutto sarebbe finito lì. Ma non trovai il coraggio, cercai di fuggire assieme a lui lungo le montagne, nel tentativo di arrivare in Roesfalda, ma i servi della padrona ci trovarono e catturarono. Quello che successe dopo, nonostante siano passati quasi trent'anni, è ancora vivido nella mia mente, nel mio dolore. Non ho mai avuto nemmeno la possibilità di dire addio a Elinos, non nel modo in cui avrei voluto, perché la mia punizione fu una lunga e forzata reclusione durata decenni.
Per qualche motivo lo avevo dimenticato. Anzi, non per qualche motivo, era stata Sheel a farmelo dimenticare, così come era stata lei a strapparmi la consapevolezza e rendermi un'infante nel delirante desiderio di vedere quanto sarei sopravvissuta in mezzo all'Erydlyss. Qualsiasi cosa mi avesse fatto Azzurra aveva funzionato, mi aveva ridato la mia libertà, aveva reciso il mio legame di sangue con la padrona. Ero di nuovo me stessa. Ma a quale prezzo?
Il corpo senza vita di Azzurra giaceva avvolto nelle coperte, con una mano che penzolava inerte toccando il pavimento. Aveva gli occhi sbarrati e stavolta non si sarebbe mossa ancora. Sentii d'improvviso la colpa di aver compiuto quel gesto, l'orrore del ricordo e la consapevolezza di aver adempiuto per la seconda volta ad volere di Sheel, condannando a morte la persona che amavo. In preda al dolore e al rimorso, incapace di rendermi conto della gravità di quanto avevo appena fatto, mi gettai su di lei provando a scuoterla per le spalle, accarezzandole il viso. Non si sarebbe risvegliata, non quella volta. Singhiozzando e chiedendole scusa in continuazione, sussurrando, consapevole che non avrebbe sentito le mie parole, appoggiai la testa sul suo petto, ignorando il sangue e l'odore ferroso e pungente che oramai impregnava la vestaglia bianca e le lenzuola. Tutto quello che riuscivo a pensare, oltre ai singhiozzi e al dolore tremendo, era la vendetta che mi sarei presa su quella puttana di Sheel e dei suoi servi. Avrei fatto in modo che pagasse per ogni goccia di sangue versato, le avrei tagliato la carne pezzo per pezzo, costringendola a vedersi morire giorno dopo giorno.Alzai la testa, i lunghi capelli argentati erano ora di un amaranto sottile, lordi di sangue. Forse c'era una speranza per Azzurra. Forse non per me, ma per lei sì.
[ ... ]
Oneiron, Palazzo degli Inganni, Tempo imprecisato. Azzurra, a piccoli passi, avanzava timidamente lungo un gigantesco e sfarzoso corridoio. Quadri dalle cornici d'oro e colonne tempestate di diamanti la accompagnavano nel suo lento incedere. Indossava un bel vestito turchese, con belle balze lungo tutto l'orlo, e un diadema d'argento che brillava alla luce delle lanterne. Non sapeva come era finita lì, ma sapeva benissimo dove era finita e cosa le era successo: era sprofondata di nuovo nell'Oneiron, o in quello che lei definiva come tale, un passaggio intermedio per le anime, un luogo di transizione. L'ultimo suo barlume di memoria era il freddo della lama di Nola che le trapassava il cuore, poi un gesto, il tentativo di afferrarle la mano, infine una luce bianca, accecante, e il dolore che spariva lasciando il posto a quel luogo surreale. Se aveva paura? No, no affatto. Era pronta da mesi al giorno in cui Zoikar avrebbe reclamato la sua anima, per servire al suo cospetto anche nell'oltretomba. L'unica che cosa che le sfuggiva era il perché di quel vestito: dove era la sua armatura? Dopo essersi battuta tante volte e aver sconfitto tanti nemici del regno pensava, a ragione, di meritarsi almeno il privilegio di servire nei ranghi del Sovrano, non di fare la dama da compagnia. Ma avrebbe accettato anche quel destino, se così avesse voluto Dio. Oramai il suo tempo era giunto.
Arrivò davanti ad una grossa porta, anche questa ricolma di diamanti e intarsi in oro lavorato. La spinse leggermente, facendola ruotare senza difficoltà sui cardini, sino a rivelare una sala identica, in tutto e per tutto, a quella in cui l'ombra di Rainier li aveva accolti quasi un anno prima, a Ladeca. C'erano anche gli stessi posti, le stesse pietanze, ma nessun ospite a tavola. Nessuno eccezion fatta per il posto occupato da Rainier, dove sua maestà sedeva con in volto una maschera. Azzurra, senza scomporsi, si sedette al suo posto, con davanti una meravigliosa porzione di cacciagione cucinata a regola d'arte. Si voltò verso il padrone di casa, rivolgendosi con toni cortesi ma con l'aria stanca, di chi oramai desidera solamente trovare pace e riposo.« Zoikar desidera che io ceni, prima di incontrarlo, ombra? » Non finse di crederlo il Re che non Perde Mai, lo trattò esattamente come una delle tante ombre, una piccola scaglia di del tutto, ma quello non rispose. Rimase in silenzio per un lungo istante, infine mosse la testa fissando i suoi occhi, da dietro la maschera, in quelli della bionda. « Parlerai? Oppure il gioco del silenzio ti aggrada come l'ultima volta? » La maschera sogghignò e questo, ovviamente, fece incuriosire Azzurra. Non aveva mai visto un'ombra ridere. « Stai ridendo? » La creatura portò la mano alla maschera, togliendola dal volto e rivelando dei lineamenti completamente diversi da quelli che si sarebbe aspettata: al di sotto non c'era il viso arrogante e altezzoso di Rainier, ma quello mascolino e spigoloso di un uomo dalla pelle plumbea, con gli occhi quasi bianchi e una lieve peluria che ne velava le guance e il mento. « Tu non sei un'ombra... » Azzurra sgranò gli occhi, incredula. « ...e non sei nemmeno Zoikar. » « Chi sei? »
L'uomo la squadrò, soffermandosi particolarmente sui dettagli del suo delicato volto fanciullesco, poi le rispose con voce profonda. « Io sono il Signore degli Inganni, Azzurra, e abbiamo qualcosa di cui discutere. » Affilò un sorriso furbo. « Bentornata nell'Oneiron. » CITAZIONE Assassin's Point ♥
Molto molto bene. Molto bravi. Ho scelto di premiare l'assassinio di Azzurra perché le spiegazioni fornite a supporto di queste teoria, oltre a dimostrare un certo interesse narrativo, le ho trovate anche molto calzanti, in particolare per aver colto alcune piccolezze - presenti anche in questo post - che fanno riferimento ad altri eventi e situazioni. Azzurra, a differenza di quanto millantato da taluni nel confronto, non avendo la pelle in amianto, viene facilmente uccisa mentre dorme, specie da una assassina navigata come Nola... ma succede qualcosa di particolare. Prima di morire Azzurra tocca la sua assassina e ne scaturisce un potere, abbastanza grande da recidere i rituali oscuri fatti da Sheel e liberare alcuni ricordi di Nola, oltre che slegarla permanentemente dal suo stato di sudditanza con la suddetta padrona. A questo punto, però, Azzurra è morta e Nola, nel panico, ha un'idea per riportarla in vita. Quale sarà quasta idea, ovviamente, lo deciderete voi. Nel mentre, per chi al tempo c'era, Azzurra è finita in un Oneiron particolare dove qualcuno sta facendo il "verso" alla scenata messa su da Zoikar con Rainier. Chi sarà ma il Signore degli Inganni? E cosa vorrà da Azzurra? ò_ò lo scopriremo solo finendo la quest. In questa potete letteralmente sbizzarrirvi con la scelta libera, non fatevi influenzare. No Lucious, non puoi proporre il vampirismo. Il post arriverà tra 7-10 giorni come gli altri, buon lavoro!
• Nola porta il corpo di Azzurra dai sacerdoti di Zoikar. (Scelta 1)
• Nola porta il corpo di Azzurra dai sacerdoti di Yffrie. (Scelta 2)
• Nola porta il corpo di Azzurra in un culto di Loec. (Scelta 3)
• Nola porta il corpo di Azzurra in un culto di Rhelia. (Scelta 4)
• Scelta Libera. (Scelta 5)
Tendenza:
Azzurra - ♥♥♥ Sheel - ♠♠♠♠♠
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