Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

A Sea of Gold and Blood quaestion, Contest Settembre 2015 [Incertezza - Dortan]

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view post Posted on 30/9/2015, 16:04
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A Sea of Gold and Blood manēs


Capì perché era meglio non domandare: se una cosa importante hai bisogno che ti venga spiegata, probabilmente non la capirai mai.

( GIANRICO CAROFIGLIO )

in quei giorni
Hooglans, Collefosco.


Narval si sedette senza troppe cerimonie, adocchiando il piccolo solarium dove aveva deciso di stabilirsi. Era una stanza spaziosa, arredata con mobili razziati a Basiledra dopo la sua caduta di fronte alle truppe dei Lorch. I tendaggi erano vecchi e polverosi, di un verde acqua piuttosto scuro e logoro, smontato dal sole fino a sbiadire in una sorta di grigio cupo e malinconico. L'enorme vetrata dava sulla valle sotto Collefosco, un panorama commovente, soprattutto all'imbrunire, se solo Narval fosse stato uomo capace di commuoversi. Tutto in quella stanza, dai piccoli oggetti disseminati sullo scrittoio ai candelabri e al lampadario, dava la sensazione di un'opulenza vecchia di secoli ma irrimediabilmente fuori luogo in quel posto così spartano. In un angolo, nell'angolo più buio della stanza, quasi separato dal resto da un settimanile posto di sbieco, trovavano posto, appesi alla parete, dei ritratti ovali di sette individui; sotto di loro, come su un altare votivo, erano accese delle candele basse e tozze. Narval si premurò di non guardare in quell'angolo, quindi spostò lentamente il suo sguardo sulla persona che aveva davanti a sé: il vecchio Tyler non sembrava particolarmente a suo agio in quella situazione, o forse anche lui stava solo cominciando a diventare troppo vecchio per le avventure e le responsabilità che Theras offriva loro.
« Andata. » mormorò Narval, mentre prendeva una bottiglia panciuta dal tavolino da tè che aveva di fronte e ne versava il liquoroso e violaceo contenuto in un calice d'argento. Osservò le opalescenze del liquore per qualche istante, in religioso silenzio.
« Ti ha creduto? » domandò Nachrichter, bevendo invece dalla fiaschetta argentata, ricoperta in pelle di tartaruga, che si portava sempre dietro, nascosta fra le pieghe della pesante cappa scura.
Per tutta risposta, Narval si passò entrambe le mani sulla parte posteriore della pianeta bianca che indossava, decorata di ricami in porpora e filigrana d'oro, quasi volesse pulirsele prima di riprendere in mano il bicchiere. Bevve un piccolo sorso, gustandosi il sapore rotondo e penetrante. Fece quindi un sorriso -ma era un sorriso senza gioia.
« Non avrebbe avuto motivi per non farlo. Ricorda sempre che mi deve la sua vita, anzi... la sua non-vita. »
Il Giustiziere mormorò qualcosa di incomprensibile in risposta, poi si batté entrambe le mani sulle cosce.
« Quindi cosa ti proponi di fare? » chiese ancora.
« Ho già fatto. Conosci il Generale Inverno? » domandò a sua volta Narval, mentre beveva una seconda sorsata, stavolta più generosa. Tyler annuì. « Gli ho chiesto di convincere il Merovingio a desistere e di occuparsi del bambino. »
« E lui ha accettato?! Credevo si fosse ritirato, ormai. Quanti anni ha? »
Narval scrollò le spalle. « Molti di più di quanti ne vedremo tutti noi messi insieme, ma non ha importanza. Ha accettato. »
Sconvolto da quella rivelazione, Tyler tirò fuori frettolosamente la sua fiaschetta e trincò ancora un po' del suo liquore aspro e secco. Non gli piaceva pensare al Generale Inverno, o il Collezionista, come era meglio conosciuto. Quell'uomo, o drago, o qualunque altra cosa fosse gli metteva i brividi -e tutto si poteva dire del Giustiziere, meno che fosse privo di coraggio.
« Questa poi... » mormorò, dopo che ebbe bevuto. « Sicché sta dalla nostra parte? »
Narval si fece improvvisamente serio. I suoi occhi azzurri cercarono quelli del suo interlocutore.
« Non commettere l'errore di pensarlo. Hibernis conosce una sola parte con cui stare: la sua. »
« E tu gli hai affidato la salvezza del bambino? »
Narval annuì, convinto. « Starà ai patti. Se non altro, perché conosce il valore di ciò che mi ha chiesto in cambio. »
Tyler lo guardo interrogativo, temendo la risposta.
« Ha voluto Phantasia, e io ho dovuto cedergliela. D'altra parte, a me non serve più. »
A quelle parole, Tyler non avrebbe mai saputo come replicare, tanto erano inaspettate. Phantasia era stata la creazione più importante di Narval e la fonte di buona parte delle capacità rimastegli quando l'Overworld era venuto meno. Il solo fatto che avesse ammesso che non gli serviva più era indice di quanto quell'uomo si fosse stancato di vivere, non vedendo più motivi per cui farlo. Così, il Giustiziere si astenne dal commentare, rinchiudendosi in un silenzio preoccupato.


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A SEA OF GOLD AND BLOOD
quaestiones

in quei giorni
Ystfalda, Domus Ardentis.


A metà della strada che da Crownheaven si snoda per raggiungere l'Erydlyss attraversando le terre degli Holstein, si trova un piccolo bosco di querce alte e frondose. Se invece di proseguire verso nord svoltaste lungo il sentiero -reso quasi invisibile dallo scarso utilizzo e dalle sterpaglie che lo ricoprono- vi trovereste a costeggiare la boscaglia per circa un miglio, per poi vedere il paesaggio farsi desolato e il sentiero inerpicarsi su una collina. Raggiunta la sommità dell'erta, vi ritrovereste a contemplare uno spettacolo inconsueto: davanti a voi tutta la valle e le vette dell'Erydlyss che si stagliano all'orizzonte in una arzigogolata teoria geometrica, e sotto di voi le macerie di un antico maniero per metà affiorante dalla collina e per metà incassato nella stessa. Questo castello, noto nella regione come Malocastro, in tempi più antichi era era noto come Domus Ardentis, residenza di una nobile famiglia di stirpe draconica. In molti lo dicono maledetto, secondo altri si tratta solo di antiche leggende, ma tutti concordano nel ritenerlo disabitato. Si da il caso che, talvolta, la vox populi non sia anche vox dei e che quei tutti siano preda di un grossolano errore, vuoi di calcolo, vuoi di memoria. Infatti, abbandonando il sentierucolo che giunge fino in cima alla collina e spostandosi verso il degrado a est, si scopre una scala scavata direttamente nella roccia che si avvita più e più volte, raggiungendo la valle e i diversi piani del maniero. Il maniero in sé, tuttavia, ha esattamente l'aspetto che avrebbe una magione lasciata incustodita per lungo tempo: le tre torri minori crollate, i doccioni ridotto ad uno stato pietoso e in parte divelti, ovunque macerie e mucillagini. Di fronte allo spettacolo offerto dall'incisione nella viva roccia di un drago alato che si abbarbica sul costone occidentale, già crollato per metà e privo di un'ala, è impossibile non rimanere pervasi da un senso di inquietudine e tristezza per un luogo che deve aver contenuto chissà quali ricchezze e meraviglie. Nel distrarsi così, però, si rischia di non notare quell'unica finestrella, all'ultimo piano della torre più alta -l'unica rimasta malamente in piedi, fra l'altro, e tuttavia pericolante- dietro la quale si possono intravedere il muoversi di piccole ombre e i bagliori rossastri di una fiamma, così come il fumo che esce, lento e quasi invisibile, data la foschia della sera, dal comignolo posto sul versante est.
Proprio in quell'ala del maniero, nella più spaziosa sala della torre, due figure testimoniavano come quel luogo fosse tutt'altro che disabitato. Sul lato destro della stanza, quello più lontano dalle finestre e quindi meno illuminato, un uomo anziano si barcamenava con una certa fatica aprendo e chiudendo i bauli di diverse forme e dimensioni che lì erano ammassati. Si andava da vere e proprie cassapanche in legno di mogano e ferro battuto a preziosi scrigni incrostati di gemme e rifiniti in oro. Ovunque si andava ammassando ciarpame e i più alti esempi di chincaglieria varia tappezzavano il grande tavolo rotondo con ripiano di marmo, ogni altro mobile presente in quella metà della stanza e perfino pareti, i suppellettili e le tende erano ricoperte di cianfrusaglie. Una trentina fra daghe e pugnali antichi giaceva sul pavimento nero e lercio e poco più in là c'erano piume d'oca, rotoli di pergamena consunti e ponderosi incunaboli dalle copertine diverse. Ammonticchiati su una poltrona, decine di cappelli per ogni occasione, dalla passeggiata giornaliera agli incontri mondani, ognuno di questi adornato da piume variopinte.
« Dove è andato a cacciarsi? » si chiese il vecchio, con voce roca, facendo seguire a quel quesito senza risposta una serie di imprecazioni che avrebbero fatto cadere fulminati una mezza dozzina di chierici.
« Per la lunga barba di Ogron! » esclamò, incurante della blasfemia « Che io sia dannato se ricordo dove ho messo quel maledetto pennello. »
A pochi passi di distanza, davanti a un calderone grigio che emanava vapore e ribolliva di un liquido arancione in cui venivano a galla, gorgogliando, di volta in volta cipolle, cavoli, bietole e patate, si dimenava un minuscolo imp, un demonietto di sette centimetri d'altezza che si affaccendava nel preparare la cena e che, a quelle parole, si voltò. Il suo volto, occupato per la gran parte dal naso sproporzionato e bitorzoluto sotto al quale campeggiavano due curiosi baffetti neri, mostrò qualche linea di preoccupazione. Svolazzando con aria timida e sgranando gli occhioni, andò a posarsi sul ginocchio dell'uomo che frattanto si era seduto in poltrona, incurante delle decine di piume che avrebbe così distrutto.
« Qualcosa non va, vostra disgrazia? » domandò, con voce flebile.
Il vecchio gli restituì uno sguardo divertito e sotto il naso grifagno la bocca -quasi nascosta dalla lunga e folta barba incanutita- si atteggiò a un sorriso di compatimento.
« Ti è rimasto questo vizietto di rivolgerti alle persone con titoli altisonanti quanto negativi, mio buon Scorza. »
Il demonietto annuì, mostrandosi assai più contrito di quanto in realtà non fosse.
« Strascichi della mia precedente esistenza, padrone. Perdonatemi. » Poi, con sussiego, aggiunse: « La zuppa è quasi pronta, signore. Non potreste interrompere le ricerche? Avete bisogno di mangiare se proprio volete viaggiare. »
« Viaggiare? » domandò l'anziano, corrucciando il volto.
« Lo avete promesso a quel vostro amico, ricordate? Quel signore tanto distinto con i capelli turchini capitato qui qualche giorno fa, quello che mi ha costretto ad allungare la zuppa con molta acqua, perché si trattenesse a cena. »
« ... » « Certo, certo! Me lo ricordo bene. Hibernis, tu mi chiedi molto e io voglio fidarmi della tua parola ha detto! Prendi pure Phantasia, ma costringi il Merovingio ad abbandonare le sue mire su Malombra ha detto. »
Il vecchio rimase ancora in silenzio, guardandosi intorno come se vedesse per la prima volta quel luogo, gli oggetti lì presenti e perfino lo stesso Scorsa.
« Dunque dovremo viaggiare, vostra irrecuperabile vecchiezza. O no? »
Il Collezionista, perché di lui si trattava, noto in tutto il continente come una leggenda, specialmente fra le genti del nord e gli armaioli o gli artigiani in genere, spianò il suo cipiglio.
« Ho promesso che avrei costretto il Merovingio a recedere dai suoi intenti. » disse, in tono piano. « Ma non ho mai affermato che l'avrei fatto di persona. Tu andrai a Casa della Spiga a parlare con il nobile conte Oleron e i suoi tirapiedi. »
Il demonietto letteralmente fece un salto, mostrandosi completamente atterrito.
« Forse vostra disgrazia dimentica, nella sua senile smemoratezza, che io sono del tutto incapace di combattere. » provò ad argomentare, ma tutto ciò che ottenne fu un cenno reciso del capo.
« Non ci sarà bisogno di combattere. Consegnerai a Lord Oleron questa mia lettera e poi tornerai da me. »
Poi, come a voler enfatizzare le parole che stava per dire, il vecchio assunse una posa minacciosa quantomai -anche se non ai livelli del suo solo sguardo.
« E la prossima volta che mi dai del vecchio rincoglionito ti metto a bollire con cavoli e cipolle. »
Il piccolo scorza si fece di tutti i colori -letteralmente. Dal suo viola abituale passò al fucsia, al rosso, al giallo, quindi a un verde acido. Qui si fermò, terrorizzato e davvero pentito.
« Perdonate, domine. Sono molto sensibile alla vista del sangue, specialmente del mio. »
Rabbonito, Hibernis gli diede un buffetto sul capo con il dito indice e tornò a sorridere con bonomia.
« Non ci sarà sangue, amico mio. Credimi, il Merovingio avrà assai più paura di te di quanta potrà mai incutertene. Inoltre » riprese, mentre si sollevava dalla poltrona « ho promesso a Narval che mi sarei occupato di un'altra faccenda, giù a Brigantes. »
Scorza scosse il capo. « Brutto posto, quello. »
Hibernis lo guardò incredulo: « Quando mai sei stato a Brigantes, piccolo avanzo di demonio? »
Scorza scosse il capo con ancora più forza. « Nome omen, domine. »
Il Collezionista si strinse nelle spalle. Cosa poteva opporre a un simile ragionamento?
« Tanto peggio per tutti noi. Prepara la migliore gualdrappa per il tuo Gromp, partirai domani. E quando avrai finito di occuparti di Lord Oleron, mi raggiungerai. »
Sospirò. « Non sappiamo con chi o cosa avremo a che fare, ma ho idea che non sarà una passeggiata. »

 
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