Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

[ C o l o r e ], Contest Settembre 2015, Colore

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Lunatic ( )
view post Posted on 30/9/2015, 21:03




[ C o l o r e ]


Gli occhi, quegli occhi, quelli erano gli occhi; gli occhi, quegli occhi, quelli erano gli occhi, quelli erano gli occhi.



Ergetr camminava velocemente. Non si fermava più a parlare lungo la sua strada, non si muoveva più col passo di chi ammira il paesaggio o si sposta solo per far coincidere un'attività fisica al corso dei suoi pensieri. Se doveva andare in un posto, ci andava di fretta, spingendo le sue gambe al limite massimo di quella che si può chiamare camminata ma è ancora troppo poco per definirsi corsa. Eppure in cuor suo sapeva che se fosse stato accettabile, se fosse stato possibile, se non avesse attirato l'attenzione, avrebbe corso. La vita era migliore così - concentrandosi sul suo passo e sui suoi muscoli e non sulle distazioni della sua testa. Le persone che conosceva dicevano che era cambiata; le persone che conosceva bene avevano il buon senso di non dire niente. Ce n'erano stati altri, altri che non avrebbero accettato quel silenzio e non avevano imparato a tacere ... quel tipo di persone non durava più a lungo a Cernaborg.
Non come lei. Lei sarebbe rimasta, sarebbe sopravvissuta. Si sentiva come un unico fascio di muscoli. Negli ultimi anni il suo corpo si stava assottigliando, tendendosi come carne sottosale, mangiando via il grasso e lasciando solo quanto necessario a camminare, camminare, camminare senza fermarsi mai.
Quando però era costretta a portarsi dietro quella ... doveva trascinarla per mano, un peso morto, sentirla inciampare nelle gallerie. Avere la sua voce costantemente a ferirle le orecchie con parole,parole,parole. Ma non era importante. Almeno non finché non era obbligata a girarsi e guardare.
Girarsi e guardare ...

«Mamma?»



Sentiva la sua voce pigolante dietro di sé. Non c'era giustizia in quel suono. Si rassegnò e tese di nuovo la mano, trovando ben presto quella piccola e calda della creatura.
Altre non avevano avuto quello che aveva avuto lei. L'avevano vissuto, certo, ma a loro era stato concesso di tenersi dentro il fardello per ritrovarlo ogni notte negli angoli bui. Lei invece era costretta a portarselo in giro, a mostrare al mondo l'orrore e la vergogna. La vergogna ... non era nemmeno quello il termine adatto.

«... sei ... troppo veloce...»


Sentirla inciampare su ogni passo, non era vergogna. Sentirla pigolare, non era vergogna. Ogni segno della sua presenza era un ricordo e ogni ricordo una freccia che la spingeva a guardarla, guardarla, guardare sua figlia. Guardare quei suoi occhi di ghiaccio, un po' azzurri, quasi bianchi ... come una condanna. Avesse avuto gli occhi rossi, come tutti gli altri; si sarebbe persa nelle folle e in qualche modo forse un giorno avrebbe imparato a vederla come una fra tanti. Si illudeva, ovviamente. Tuttavia un colore meno anormale, meno alieno, non avrebbe attirato gli sguardi della gente, il loro quieto mormorare. Il marchio della bambina era il marchio della madre e lo stigma di Kjeld la colpiva ogni volta che incrociava quello sguardo.

Non vedeva lei; vedeva gli elmi neri della guardia reale, le piastre di metallo che coprivano l'interezza dei lineamenti del volto e la circondavano, la circondavano, nel suo sonno quasi-morte, nel suo sfinimento. Vedeva quelle mani guantate di ferro che afferravano, stringevano, graffiavano. Vedeva il suo corpo abbandonato da fuori, come se appartenesse a qualcun'altra: ma era lei, era successo a lei, era successo e la bambina glielo ricordava. Sempre. Sempre...

Sentì tirare, e di scatto strattonò forte. L'improvvisa spinta mandò la creatura a faccia in avanti contro la pavimentazione di pietra, un gridolino infantile nella caduta. Sbatté con un tonfo sordo. Ergetr si girò lentamente verso di lei, fermando il suo passo. L'altra sollevò il viso una spanna da terra, un rivolo di sangue che le colava dal naso. Non poté fare a meno di arricciare il labbro in segno di disgusto.

Si aspettava che piangesse, che strillasse. Invece Ciale rimase in silenzio, se non per un'espressione di muta sorpresa sulle labbra schiuse dove il sangue gocciolava. In quell'attimo, Ergetr seppe che l'altra aveva capito.

Doveva aver compreso il suo odio.



Perché quegli occhi, quegli occhi, quelli erano gli occhi, quelli erano gli occhi.
Quelli erano gli occhi di una khal-co-nahr, di una bastarda, di una piaga.

Gli occhi di una maledizione.




Una prova che è riuscita molto meno di quanto mi aspettassi. In ogni caso, il bg è quello dell'infanzia di Ciale: la madre la detesta perché associa a lei i sentimenti negativi legati al suo stupro (a cui accenno nel bg in scheda). Il tema si gioca sulla particolarità genetica di Ciale, che la porta ad avere iridi bianco-azzurre quando la maggioranza dei lagomorfi le hanno rosse. Nella loro cultura questo equivale a "essere maledetti da Kjeld", soprattutto tra i più superstiziosi.
 
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