Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Enchanted Recall, Scena GdR

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view post Posted on 9/10/2015, 21:54
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Like a paper airplane


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Finalmente


Rabbrividì, provando il desiderio istintivo di mettersi a correre, lasciando terra bruciata alle proprie spalle. Se avesse attinto al proprio potere, forse lui non sarebbe riuscito a seguirla. Non aveva dubbi sul fatto che l'avrebbe cercata ancora, ma lei si sarebbe circondata di amici in grado di proteggerla, non sarebbe più stata sola, in mezzo alla folla anonima, con la mano di lui sulla spalla.
Finalmente.
No, niente affatto.
La bambola che teneva poggiata contro il petto ruotò la testa scricchiolando di quasi mezzo giro. Gli occhi vuoti, cerulei, si fissarono sull'interlocutore. La fila procedeva lenta, incanalandosi verso la porta. Alcuni stavano fuggendo, altri si dirigevano fuori dalla città come ogni giorno. Impossibile mettere fretta a tutta quella gente senza farsi notare. Impossibile richiamare l'attenzione di Jacala senza che lui se ne accorgesse, e magari reagisse.
Finalmente.
La mano di lui non accennava a staccarsi dalla sua spalla. Era leggera, ma le pareva pesante quanto un macigno. Il cuore le era risalito in gola, il battito era accelerato. Guardava il suo volto e le pareva si fosse fatto più scarno, con gli zigomi più accentuati e le labbra più aride. Pareva anche più alto, ma forse era solo un'impressione dovuta alla sua paura.


Cosa vuoi, Aang?


Non ti è bastato?
Avrebbe voluto chiederglielo. L'aveva già umiliata, sconfitta. Le aveva fatto del male. Cosa poteva pretendere ancora da lei? Non voleva saperlo. Voleva solo che lui se ne andasse. Quasi non credeva di avergli posto quella domanda. A lei non interessava nulla cosa lui volesse o meno. A lei interessava che lui morisse in quel momento, cadendo a terra come un fantoccio senz'anima, senza nemmeno avere il tempo di dire il proprio nome.


Io so cosa vuoi, Ainwen. So cosa stai cercando”.


La bambola lo fissava, ma fortunatamente non poteva mutare espressione né lui poteva vedere la ragazza in faccia. Pallida, le labbra ridotte a una fessura tremante per l'ira, si chiedeva cosa volesse saperne lui dei suoi obiettivi, di quello che lei aveva cercato, dei fallimenti che l'avevano lentamente logorata. Non poteva saperne niente, perché non era stato lì con lei.
Niente.


Ma non ci riuscirai, non con questi incantesimi da fattucchiera”.


Le labbra di lui le rivolsero un sorriso faticoso, sarcastico. Non lo ricordava così. Nella sua memoria era un fanciullo troppo ingenuo per la guerra. Ma quello era il sorriso di un uomo provato, non ancora sconfitto ma già consapevole dell'ingiustizia della resa.


La vita e la morte non obbediscono ai prestigiatori da quattro soldi”.


Sobbalzò. Possibile che lui sapesse tutto quanto?

Non smetteva di rivolgerle quel sorriso consapevole. Forse l'aveva seguita, o forse qualcuno gli aveva raccontato tutto. Arrossì, domandandosi quante delle sue cadute lui avesse atteso prima di intervenire. Si chiese di quante avesse riso, e quante avesse guardato con il disagio di colui che conosce la soluzione.
La folla era come un fiume limaccioso, la trascinava senza riuscire a separarli.


Cosa credi di sapere?


La propria voce le risuonò caustica, rauca. Un misto di disprezzo e di timore che lui realmente sapesse, che fino a quel momento l'avesse attesa al traguardo, guardandola arrancare con sufficienza. La bambola spalancò le palpebre di porcellana, l'unico modo che avesse per mostrargli disappunto senza rivolgersi verso di lui. Guardò le piccole rughe sulle sue tempie, le borse pesanti sotto gli occhi. Ma non si chiese cosa lo avesse cambiato. Non le importava.
Muori.
Le importava solo che se ne andasse.


Io so in che modo potresti risvegliare colui che dorme”.


Il campo visivo della bambola si riempì della tunica di lui, che ora era così vicino da sussurrarle all'orecchio. Aveva un fiato caldo, pesante, dolciastro come se fosse malato o non avesse dormito a lungo.


Io so come potresti risvegliare Ray”.


Quel nome, che li univa, la fece rabbrividire di nuovo. Barcollò, reggendosi al braccio di Jacala. La donna non la guardò, non vide il ragazzo alle sue spalle. Tesa, scrutava avanti a sé nel timore che qualcuno li attaccasse. Attorno a loro qualcuno sgomitava. Nessuno aveva sentito.
Ray.
Che aveva cercato disperatamente, che l'aveva ingannata troppe volte. Che aveva atteso, preteso, invocato. E che ora era sulla bocca di Aang, il suo nemico.


E perché dovresti dirmelo?


Non gli chiese perché lo sapesse. Non aveva alcuna intenzione di credergli, né di dargli la minima possibilità, prima di aver capito le sue ragioni. Sarebbe stato troppo facile ingannarla in quel momento, quando era debole e costretta a fuggire.
Il fiato di lui le scivolò sulla guancia. Forse aveva sorriso, o forse aveva bisogno di respirare spesso, affannosamente. Forse era malato.


Perchè fino ad ora ci siamo combattuti, ma il nostro obiettivo è il medesimo. Vogliamo il bene di questo regno. Vogliamo lui, di nuovo, sul trono. E noi al suo fianco. Sarebbe sciocco non collaborare”.
Deglutì rumorosamente. All'orecchio di lei quel suono parve lo scivolio di acqua torbida in una fogna.
Tu sai dove si trova. Io so come riportarlo in vita. Il potere sarà abbastanza per entrambi. Io avrò il bene del Dortan e tu la fama e la notorietà di una regina. Non è un buon patto”.


Troppo buono.
Socchiuse le palpebre cieche. Non gli credeva. Nessuno, nel mondo che lei conosceva, faceva qualcosa senza un reale tornaconto. Nessuno tendeva la mano al suo nemico o ammetteva i propri errori. Soprattutto non quando avrebbe potuto avere facilmente ragione di lei e obbligarla a confessare.
O forse no?
Forse la sua magrezza era indice di una debolezza che lo consumava. Forse aveva fretta, aveva bisogno di potere, non poteva sprecare energie. Forse era stato obbligato a venire a patti e aveva acquisito una conoscenza che a lei mancata.
Forse avrebbe potuto approfittarne.
Non credeva minimamente che lui volesse il bene del Dortan. Nessuno di loro due lo aveva mai voluto davvero. Ma gli obiettivi di Aang non le interessavano. Voleva le sue conoscenze, una nuova speranza a cui appigliarsi, un nuovo margine di riuscire.


Dimmi cosa sai”.
Ti dirò il necessario perché tu possa decidere. Il resto sul posto”.


Le pareva equo. Si mordicchiò il labbro, domandandosi se non potesse fare altrimenti. Se non fosse preferibile spendere altri mesi.
Forse.
Anni.
A cercare una soluzione che lui affermava di aver trovato. Se il rischio non fosse troppo alto. Se lui non fosse in realtà un pericolo.
Debole.
Invecchiato.
Prima di esserne consapevole stava annuendo. Lui emise una risatina soffocata, una mano che pareva una radice rinsecchita scivolò nella sua. Provò il desiderio istintivo di ritrarsi e invece siglò il patto con la propria stretta debole, gelida.
Non deludermi.
Non lo disse. Aveva smesso di pronunciare frasi melodrammatiche di quel genere.


 
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