Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Forgotten Legacy ~ L'ombra della Memoria

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view post Posted on 12/10/2015, 20:58
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L’uomo aprì gli occhi a fatica. La testa gli doleva, e non ricordava chiaramente come mai si fosse addormentato. Ricordava di aver cenato con alcuni impresari, di aver discusso con loro nuovi progetti per la capitale, di aver tentato di pagare meno la materia prima. Ricordava di aver pensato che sarebbe stata una bella notte per fare un giro al bordello, visto che aveva molti soldi in tasca.
Il vino era buono, il tramonto rosato. Ma lui avrebbe giurato di non essersi addormentato.
Cercò di sollevarsi, senza riuscirci. Il mal di testa si fece più intenso, mentre si rendeva conto di essere disteso su un pavimento freddo e umido, con la luce che filtrava da sopra di lui, indiretta e lattiginosa. Una parola si fece strada nella sua mente ottenebrata.
Rapimento.
Sebbene non ne comprendesse il motivo. Non era abbastanza ricco – non ancora – perché qualcuno potesse avere interesse a rapirlo. Non aveva dei veri nemici, non ricordava di aver ostentato la propria ricchezza né i propri vizi.
Cercò di nuovo di alzarsi, riuscendo ad intravedere nella penombra delle corde che gli stringevano le caviglie. Cercò di chiamare aiuto, sebbene la voce uscisse strozzata dalla bocca impastata.
Per un po' non successe nulla, ma lui era certo che qualcuno lo avrebbe udito. Ladeca era una città nuova, trafficata, piena di spie pronte a guardare e sentire ogni cosa. Qualcuna si sarebbe avvicinata e lui le avrebbe offerto un buon prezzo per riportarlo a casa. Si accorse di sudare freddo, ancora più freddo di quella cantina lurida. Come poteva essere così lurida, dopo così poco tempo dalla nascita della città?
Un cigolio, più simile a un grido di dolore che ad un cardine male oliato, annunciò l'ingresso di un visitatore. Ne udì i passi, soffocati come se provenissero da stivali morbidi. E poi la vide: niente più che un pastrano rosso e un cappello dello stesso colore dalla falda abbastanza ampia da nascondere il volto.


Ehi, tu puoi...puoi aiutarmi. Ti pagherò se mi lasci andare. Molti soldi”.


Dalla figura in rosso non provenne alcun suono. Le mani rimasero premute nelle tasche. Si chiese se fosse uomo o donna. Non era alta, ma nemmeno minuta. Il corpo era celato dagli indumenti e non c'era nella sua postura alcun vezzo.


Non mi interessano i tuoi soldi. Niente di personale, ma non prendo denaro da quelli come te”.


Anche la voce non aveva alcuna connotazione. Pareva anzi stentorea, come se la figura non fosse abituata a comunicare. Si chiese se ci fosse speranza, cosa volesse. Ma speranza, per quelli come lui, ci doveva essere per forza. Nessuno lo avrebbe rapito senza l'intenzione di chiedere un riscatto. Fortunatamente la sua famiglia avrebbe potuto permetterselo.


Ho molti, molti soldi. Pensaci. Dimmi cosa vorresti. Posso darti quasi ogni cosa tu voglia”.


La figura di nuovo non fiatò, ma si piegò sui talloni. Era quasi alla sua altezza, ma il cappello era ancora inclinato sul volto, gettando ombre ancora più fitte. La luce colpiva di sbieco gli stivali di cuoio di quello. o quella. Sconosciuto.


Sarebbe molto stupido se ti avessimo preso per questo. Saremmo solo dei criminali. Ma noi non siamo cattivi”.
Fece una piccola pausa, molleggiandosi sulle punte dei piedi.
Non nel senso che intendi tu. Noi ci occupiamo dei nemici del Vero Ordine. Nessuna somma di denaro può comprare la giustizia”.


Si alzò in piedi, volgendogli le spalle. Ora la luce era come un'aureola lattiginosa attorno a quel corpo che pareva più alto, più incombente. Non solo doveva essere un uomo, ma un uomo imponente, gigantesco, che avrebbe potuto fargli di tutto. Lacrime salate gli bagnarono le guance.


Senti, ti sbagli, io...io non ho fatto niente di male! Davvero! Davvero, lo giuro!”.
Questa volta la figura rise, una risata rauca che moriva nel fondo della gola.
Nel mondo ci sono gli innocenti. I colpevoli, come te. E quelli come me. Noi non siamo né innocenti né colpevoli, ma il destino ci ha dato una forza superiore, quella di mondare il continente dai cattivi. Di farlo per coloro che non si meritano di soffrire”.


La figura allargò le braccia. L'uomo si disse che non poteva aver sentito davvero parole del genere, che quel discorso era delirante. Si disse che doveva essere un incubo.


"Sulle nostre spalle ricade il peso di questo peccato, perché gli altri ne siano salvati.
Vedi? È tutta colpa di quelli come te. Non avresti dovuto rovinare questa città, l'alba della sua promessa
”.
Lui scosse il capo, freneticamente. Avrebbe voluto ribattere, ma Cappotto Rosso non gliene diede il tempo.
Non avresti dovuto sfrattare quella donna per costruire una villa sulle macerie della sua casa. Non dopo che ti eri fatto promettere, che le hai strappato ciò che aveva di più prezioso”.


Si girò verso di lui, che aveva gli occhi sgranati, una pupilla minuscola come una punta di spillo.


Ora quella donna è incinta, ma nessuno alleverà il suo bambino. Nessuno le restituirà la dignità che le percosse dei suoi familiari le hanno tolto, la casa che le hai rubato, l'ingenuità che le hai strappato. Nessuno la renderà più come quelli che l'hanno abbandonata”.
Sospirò.
Non ti ricordi nemmeno di lei”.


Lui scosse il capo. Più velocemente. Con più forza. Erano state più di una, più di uno, ma come poteva lui ricordarli tutti?


Non ti ricordi di nessuna di loro. Dei loro volti”.
Di nuovo una pausa di silenzio.
Non è colpa mia, vedi? Anche se io non ci fossi, il Vero Ordine sarebbe già stato ferito. Io posso solo fermarti, ma l'equilibrio è ormai perduto”.


Si voltò di nuovo, dirigendosi verso la porta. Le mani, guantate di rosso, erano abbracciate dietro la schiena. L'andatura era improvvisamente lenta, come se il discorso avesse stancato il suo sequestratore. Ora pareva più piccolo, curvo come un vecchio centenario.


Ehi, aspetta! Mi dispiace, ok? Possiamo...parlarne?


Il tutto per tutto. L'ultima speranza.
La figura aprì la stessa porta scricchiolante. Una porta che non poteva vedere. Uno scalpiccio precedette i bambini. Erano tre, cenciosi, anonimi. Ognuno aveva in mano un lungo coltello, la lama pulita che pareva appena arrotata. Luminosa nella poca luce, contrastante con il buio nei loro sguardi.
La porta cigolò di nuovo.


Aspetta! Ti prego! Parliamone!
Ora la voce era divenuta folle, impellente. La porta si fermò, lui sospirò. Forse il denaro...alla fine era la chiave di tutto.
Siate rapidi. Niente tortura, niente brutalità.
Non siamo come lui.
Al resto penseremo dopo
”.


La porta si chiuse con un tonfo. La figura poggiò la schiena contro il ferro arrugginito, spogliò il grande cappello, sentì la frescura del metallo sotto i capelli. Chiuse gli occhi, chiudendo fuori il mondo e inspirando profondamente.
Era difficile fare la cosa giusta. Ma doveva resistere.
Per ottenere la salvezza propria e del mondo non doveva lasciarsi condizionare dall'emozione.
Espirò con lentezza.
Era necessaria freddezza. Razionalità. Il cuore non poteva mettere piede nel suo piano.
Se avesse continuato a quel modo lentamente avrebbe sopito quella debolezza. Se lo era detto guardandosi nello specchio, occhi negli occhi.
Nessuna.



Tortura.
Non questa volta.





CITAZIONE
Qm Point

Benvenute a forgotten memories *_*/!

La quest inizia qui. È la mia prima quest in confronto, quindi spero di gestirla al meglio. Iniziamo in questo modo: in confronto, scrivete dove volete che si trovino i vostri personaggi all'inizio dell'avventura. Si tratta di una mattina prma dell'alba, quindi scegliete dove posizionarli in base al loro background e alle loro attitudini, senza farvi problemi. Vi dirò poi io cosa succede, proseguendo appunto in confronto la narrazione.

Per questo turno in confronto avete un limite massimo di sei giorni, fino a domenica 18.
Ovviamente non dovete postare, quello spetterà a me ^^

 
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view post Posted on 19/10/2015, 22:55
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Il cortileAlba

Il sole sorgeva sulla città neonata, impietosa, ne illuminava gli anfratti più bui, le vergogne e le virtù. Le donne si affacciavano da dietro le persiane, occhieggiando appena i movimenti per le strade. Le dame si nascondevano dietro le tende delle carrozze. Ladeca si fingeva pudica davanti agli esploratori, malinconica e violata nella propria innocenza.
Nel cortile, le guardie si fissavano imbarazzate, chiedendosi cosa fare del corpo così attentamente ricostruito sul terreno, con quegli occhi spalancati che parevano leggere una rivelazione invisibile. Si chiedevano se spostarlo e dargli sepoltura in un sospiro, dimenticandosi di lui. O se conservarlo, chissà come, conservare ogni singolo pezzo che non lo avrebbe più reso quello di prima.
Una guardia lasciava cadere il telo con un sospiro, sperando che quella situazione si risolvesse in fretta. A casa lo aspettava una giovane moglie, la pancia tesa da piccole mani che attendevano di nascere. Voleva tornare e circondarle i fianchi con le mani attentamente lavate nell'acqua bollita sopra le fiamme del camino. Voleva carezzare i suoi capelli morbidi e dimenticare.
Una guardia guardava il suo interlocutore, un uomo misterioso che aveva accettato di aiutarla. Si chiedeva cosa potesse interessargli di quell'uomo infranto, di chi fosse veramente. Ognuno di loro aveva un segreto, anche lui, modesto vigilante, ne aveva uno. Il suo segreto aveva grandi occhi verdi e un'età che non osava pronunciare. Lo aspettava nel bordello, con un sorriso sempre malizioso e i palmi delle mani profumati. Ma non per questo meritavano di morire. Né lui né quell'altro uomo. Sapeva come lo chiamavano le donne del quartiere, glielo aveva detto il suo piccolo segreto. Ma col cavolo che avrebbe parlato. Sentiva ancora il sapore di fiori tra le labbra, mentre si rifiutava di guardare quello che avrebbe potuto essere il suo destino.

La tavernaColazione

Sparviero consumava il proprio pasto, fingendo allegria, mentre considerava tutte le probabilità a sua disposizione. Andarsene da quella città con i suoi, cavalcando con tutta la propria energia, sperando che qualunque cosa si fosse mossa nella notte decidesse di non seguirlo. Oppure restare, combattere all'ultimo sangue e sperare di cavarsela. Dopo tutto quello era il suo lavoro. O ancora una prospettiva nuova, emersa dal nulla, come un regalo il giorno del compleanno.
Un uomo disposto ad occuparsi della grana per loro. Un uomo che per soldi rischiava quello che era successo alla scocciatura. Un uomo diverso da loro. Sparviero occhieggiava il nano, chiedendosi se sarebbe valsa la pena di avvertirlo, o se sarebbe stato divertente vedergli rischiare la vita. Stavano dividendo un pasto, come i guerrieri delle leggende. Avrebbero dovuto dividere la battaglia e la morte.
Ma lui non era un eroe. Era solo un mercenario. E non voleva essere il prossimo. Pensò che avrebbe sellato il cavallo, nella sfortunata prospettiva che il piccoletto fallisse.

Da qualche parte – Giorno

Il bambino si muoveva, tendendo di tanto in tanto la mano in un gesto meccanico. Ma nessuno si stava muovendo per le strade, in attesa dell'imbrunire. Teneva gli occhi bassi, rifuggendo di tanto in tanto tra le ombre.
Ad un certo punto un'altra mano si poggiò nella sua, una mano piccola. Depositò nel palmo una moneta dipinta di rosso. Non si guardarono negli occhi, ma le loro dita si strinsero le une nelle altre. Non aveva importanza quali fossero i loro volti, o i loro nomi. Non ricordarli era la cosa migliore.
Il piccolo mendicante si chinò in avanti, fino a sfiorare la guancia dell'altro.


Un tizio fa domande”.
Una piccola pausa di silenzio. Respiro trattenuto, come in ascolto. Poi un sibilo tra le labbra.
Tieni le orecchie aperte. Non deve mettersi in mezzo”.


La stretta si rafforzò in un segno d'intesa. Non era una buona idea parlare troppo, non tra quelle strade. Anche gli invisibili potevano essere notati, alla fine. Come se non si fossero mai incontrati, scivolarono lungo il proprio cammino, ignorandosi.
In un vicolo ancora senza nome, un uomo che pareva un vecchio sedeva accasciato contro il muro. Con gli occhi chiusi si lasciava carezzare da quel sole sfrontato. Ricordava i giorni in cui la città era diversa, un borgo scanzonato, come una bambina con le caviglie scoperte pronta a correre nei campi. Ricordava i giorni in cui nelle cantine si udiva il gorgogliare delle oche e non il pianto terrorizzato delle vittime. Ricordava i giorni in cui in quelle case abitavano le massaie con i loro figli, i volti sorridenti e le guance sporche di farina.
Li ricordava, con la leggerezza di chi li abbia perduti senza rammarico. E pensava. A quel giovane che si era fermato a parlargli come a un proprio pari. Scosse piano il capo. Non si pose domande, preferì lasciarle ai margini della mente, là dove le aveva scacciate da tanto tempo.

… - …

Sdraiata sul divano, con una lunga vestaglia rossa, la figura allungò una mano all'indietro, a raccogliere un coltello dalla lama sottile. Lo soppesò, tendendolo davanti al volto e specchiandosi al suo interno. Corti capelli scuri, spettinati sulla fronte. Occhi concentrati, fronte leggermente aggrottata. Le labbra socchiuse come sul punto di dire una parola.
Si specchiò e vi lesse la propria missione. Non era ancora finita.
Presto il riposo sarebbe finito e avrebbero dovuto ricominciare. Ladeca ne era piena. Piena di nemici del Vero Ordine. E non poteva rimanere inerte mentre loro trascinavano la sua terra verso la rovina. Non era colpa di nessuno se non c'era riposo. Non era pazzia, non era vendetta. Non erano emozioni volgari comune a tutti gli altri uomini.
Sospirò. Era vero quello che lui diceva sempre, che non si può scegliere chi essere.
Sceglieva lui.
Che il destino non lascia la possibilità di recedere dal contratto. La firma è con il sangue, il prezzo è l'anima.
Non avrebbero mai capito, era ovvio. Avrebbero tremato e mandato i loro soldati a caccia come cani schiumanti. Avrebbero fiutato il suo odore come un aroma di cannella in un bosco di pini. Avrebbero sfiorato l'orlo del suo mantello, arrancando alle sue spalle. Ma erano destinati a fallire. Perché la sua era una missione. E in queste cose non potevano decidere loro. Andavano fatte e basta.
Nessuna opzione. Nessuna speranza.
Azioni pulite. Dimostrative. Precise come un colpo di freccia nel bersaglio.
Una pugnalata nel cuore.
Sorrise, ma era un sorriso sofferto.
Non era cattiveria, davvero.
Lo aveva detto anche a lui. E lui allora rideva. No. Non era cattiveria, diceva. La cattiveria è stupida.
Molto meglio la crudeltà.





CITAZIONE
Qm Point

Benvenuti, come vedete c'è un trafiletto per ognuno di voi.
Ho scelto di non riportare integralmente i vostri post in confronto (così da non annoiarvi troppo) ma solo le loro conseguenze. Nello specifico, ho fatto continuare quasi contestualmetne le azioni di tutti ad eccezione di quelle di Celian (che si è ritirata nella locanda e può quindi iniziare dopo il temo che ritiene necessario. Dimmi quante ore vuoi lasciar passare) e Jedi (che riprende al termine della colazione o del tempo che ritiene necessario. Anche tu specificami quanto).
Naturalmente le informazioni da me scritte non sono (ancora) a vostra conoscenza, quindi non fate metagame. Al tempo stesso sono sia dati di colore che degli impliciti suggerimenti su cosa potrebbe interessarvi dei vostri interlocutori. Se volete sfruttare queste informazioni siate smart e non usatele senza giustificazione.

A voi il confronto. Questa volta, visto che il fine settimana sarò abbastanza impegnata vi lascio fino a Lunedì 26 (con riserva di prolungare se i miei impegni dovessero impedirmi di seguirvi al meglio).

 
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view post Posted on 27/10/2015, 22:52
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I vicoliPrima di Sera

Le due bambine camminavano fianco a fianco, tenendosi per mano. Guardavano a terra, ma conoscevano la strada. Per loro era come un gioco, iniziato giorni prima, tra i vicoli. Glielo avevano insegnato i bambini dell’orfanotrofio, quelli che se ne erano andati. Per vivere liberi, avevano detto. Per vivere dove non c’erano adulti a far loro del male, dove non c’erano precettori a batterli e dove non c’erano padroni a costringerli. Per vivere tra di loro, in un loro regno. Dove nessuno avrebbe più potuto cacciarli.
Una delle bambine ha una treccia scura che da tempo nessuno disfa o pettina. Non è orfana, ma la sua mamma è cambiata, come una candela su cui abbiano soffiato troppo presto. I suoi occhi sono vuoti e cammina per casa senza sapere cosa fare. Non le piace più stare seduta sulle sue ginocchia, che si sono fatte magre e tremanti. Per questo ha fatto amicizia con la sua compagna.
Lei non ha mai conosciuto i suoi genitori. Prima viveva all’angolo di una strada, con un padrone cattivo che la sgridava e le tirava i capelli. Ma ora è salva. Ora dorme in un letto caldo e tutte le notti ascolta una favola. Insieme giocano per ore, perché conosce molte storie. Si raccontano le cose che succedono. Lei sa che il Fantasma Rosso si occuperà dei cattivi.
Tutti i bambini lo sanno.
Anche quella sera. Ma prima che succeda, loro devono raccontare cosa hanno sentito. È il loro gioco preferito. Una moneta rossa in cambio di un racconto. Una moneta rossa per trovare un cattivo. È un segreto che non possono rivelare, il loro piccolo segreto. Quando gli occhi degli adulti non vedranno, il Fantasma si occuperà di loro.
La bambina con la treccia nera non aveva mai voluto seguire la sua amichetta con il buio. Eppure il Fantasma pettinerà la sua treccia prima di andare. Glielo ha promesso. Sorridono, mentre intonano una canzone popolare.

Una ricca casaSera

Il buio si schiacciava contro le finestre del salotto illuminato a giorno. Su un comodo divano, l’ospite attendeva la padrona di casa. Non dovette aspettare molto: la porta si aprì dopo poco tempo, sufficiente appena a guardarsi intorno.
La padrona di casa lo guardò per un istante, le braccia distese lungo i fianchi cinti dall’abito a campana. I capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle scoperte, incorniciando il volto attentamente truccato. Pareva quasi la dama di un dipinto, con l’abito verde smeraldo che esaltava le sue curve e l’ampio seno che occhieggiava indiscreto dal colletto di pizzo. Il bustino la faceva apparire ancora più longilinea, quasi aggraziata. Non c’erano in lei la postura e il portamento di una dama, eppure non era tanto sfrontata da risultare volgare.
Si sedette su una poltrona di fronte a quella dell’ospite e gli rivolse un sorriso accogliente.


Benvenuto, lord Grewin ha detto che volevate parlarmi”.
Poggiò le mani in grembo, mani dalle unghie corte e curate, con le braccia scoperte sin quasi al gomito. La sua pelle era liscia, appena colorita dal sole.
Pare che vi interessino i pettegolezzi della città”.


Rise piano, lasciando assecondare ai capelli il movimento delle spalle.
Bella, consapevole, lo fissò dritto negli occhi. Senza vergogna, cercò il bandolo del suo segreto.

Non troppo distante, quello che avrebbe potuto sembrare un ladruncolo da poco era intento a rubare i gioielli della signora. Eppure, proprio mentre si apprestava ad abbandonare la casa, dei passi concitati percorsero il corridoio.
Il servo, trafelato, teneva una lettera tra le mani, il sigillo di ceralacca incautamente rimosso.


Chiamate il padrone!


Non pareva intimorito al pensiero di disturbare qualcuno. Non aveva tempo di curarsene. Se solo si fosse fermato e avesse teso l’orecchio, aguzzato lo sguardo, avrebbe probabilmente scoperto l’intruso. Ma non aveva tempo da perdere.
Non c’era più tempo per nulla, ormai.

Casa di Lord GrewinSera

Sparviero contemplò il retro della casa con le mani poggiate sui fianchi. Dietro le finestre al piano terra si vedevano i servitori affaccendati a preparare la cena. Ai piani superiori, la luce parlava della presenza degli inquilini.
Il mercenario si carezzò il mento, mentre la sua mente si popolava di ricordi. Lord Grewin, un uomo che si fingeva un mercante. Che nascondeva i propri loschi affari sotto una cortina di rispettabilità. Un nome ben conosciuto nel loro ambiente, sempre disposto ad assoldare uomini per i propri intenti. Formalmente era per questo che lo conosceva.
Storse la bocca, senza preoccuparsi di dare voce alle proprie emozioni.
Lord Grewin, capace di comprare una lama o l’amore di una donna con la stessa moneta. Insensibile ai sentimenti quando lo sarebbe stato di fronte ad un sacco di ortaggi. Disposto a tutto pur di ottenere ciò che voleva. Non era stata una lotta alla pari.
Cosa aveva lui da offrirle? L’incertezza di una vita sul campo di battaglia, del denaro bagnato di sangue dei propri nemici. Il timore della vendetta, della sconfitta, della condanna. La disillusione di un mondo dove gli dei non erano mai intervenuti a proteggere i giusti. Cosa aveva lui da darle in cambio di quei boccoli biondi e di quel sorriso che pareva quasi sincero?
Nulla.
Nulla per quel suo modo di fare, capace di far sentire tutti al posto giusto. Per quella sua risata accesa di vita. Lord Grewin. Con il suo denaro.
Il giorno prima era morto l’uomo sbagliato, pensò.


Eccoci arrivati


Disse, cancellando qualsiasi altra considerazione.

- Sera

La porta della stanzetta al terzo piano si aprì lentamente. L’usuraio alzò lo sguardo dagli occhialetti rotondi. Prestava soldi da prima della nascita di Ladeca, da quando ancora la capitale era Basiledra. Al suo banco erano giunti i rispettabili membri dei Pari, disposti a vendere la propria madre in cambio di un po’ di denaro. Si erano inchinati i gerarchi del Sovrano Invincibile e i popolani più umili.
E lui aveva fatto tutti contenti, in cambio di qualche sacrificio. Una piccola ricompensa per un uomo dal cuore tanto grande.
Rivolse un’occhiata distratta alla visitatrice. Chiaramente una donna, si disse, nonostante il cappellaccio e il pastrano. Lui aveva occhio per queste cose: dopo tutta la gente che aveva visto avrebbe saputo riconoscere una donna ad un solo sguardo. Non attese che si sedesse: con la penna d’oca in mano spalancò il grande registro, pronto ad annotare.
La figura avanzò, ma non occupò la sedia traballante, uno dei pochi arredi di quella stanzetta spoglia. Rimase invece in piedi. A volte preferivano così, credevano di essere in vantaggio. Il vecchio si assestò gli occhiali sul piccolo naso. Non importava cosa credessero loro, in realtà, fino a che il denaro era nelle sue mani.


Non avresti dovuto venire a praticare i tuoi inganni in questo luogo”.


La voce della visitatrice era aspra, come se avesse pianto o tossito a lungo. Alzò lo sguardo, gli occhi indeboliti dal tempo cercarono di mettere a fuoco qualche tratto famigliare.


Non ho molto tempo. Mi stanno cercando”.
Il cappello si chinò in avanti, mestamente. L’uomo pensò che forse non c’era un volto sotto quelle vesti.
Per questo dovrò fare in fretta. Ogni minuto è prezioso”.


Dal pastrano emersi una lama che scintillò rossastra alla luce dell’unica candela accesa. Il vecchio fece scivolare la mano sotto la scrivania, dove teneva una corta daga.


Oh non farlo. Non ho alcun bisogno di farti davvero soffrire. Non è questa la missione. Non renderlo peggio di quanto…
La figura si fermò, passandosi il coltello da una mano all’altra. Inclinò il capo di lato, come se stesse ascoltando una voce inesistente.
Non è che tu sia davvero un bersaglio, capito? È che da qualcuno bisogna sempre cominciare”.
Annuì, come se finalmente fosse riuscita ad esprimersi.
Il Vero Ordine non ammette quelli come te. Non dopo che ti sei preso ciò che avevano di più prezioso. Avevi una possibilità, molte. Potevi essere onesto. Invece sei solo uno stronzo”.


Il vecchio impugnò la daga. Un tempo aveva combattuto. Non avrebbe ceduto tanto facilmente a quella folle. Decisamente una donna, pensò. Solo una donna poteva arrivare a tanto pur di prendersi il suo denaro.


Invece pensi che tutto si possa comprare. Ma me lo ha insegnato Lui, capisci? Il denaro non comprerà
La
Vita
”.


Non vide neppure arrivare il coltello, lanciato con precisione millimetrica. Gli si conficcò in centro alla fronte, come un grottesco terzo occhio. Spezzò le ossa con lo schiocco secco della buccia di un melone gettato a terra.
La figura in rosso ruotò la testa a destra e a sinistra, facendo scricchiolare le ossa. Alle sue spalle, attraverso la porta aperta, entrarono i bambini. Le loro ombre, distese dalla luce della candela, sembravano quelle di giganti.
La figura in rosso regalò una carezza sul capo a ciascuno di loro. Questo Lui non lo aveva mai fatto.
Non senza la frusta.
Era una sua personale aggiunta alla missione. Un’aggiunta giusta e bella.


Fate presto”.


Li lasciò soli senza neppure estrarre il coltello. La missione era terminata. Il resto sarebbe stata solo vendetta.





CITAZIONE
Qm Point
Riprendiamo da dove ognuno di voi è arrivato in questo post. Vi faccio il punto della situazione, così ognuno può ritrovarsi.
Celian: Il tuo pg si trova nella casa (quella di Lord Grewin) quando all'improvviso nel corridoio su cui si affaccia la stanza da letto passa un servo correndo che chiama il padrone.
Jedi: Aruj e Sparviero arrivano fuori dalla casa del Lord, all'ingresso posteriore che è anche l'ingresso della servitù. È sera, poco dopo il tramonto, e devi decidere come agire. Ovviamente si tratta della stessa casa e dello stesso ingresso che già Celian e Endymion hanno visto in confronto.
Endymion: Hyperion si trova nel salotto con la padrona di casa, Lady Grewin (mi pare che ormai abbiate capito che siete tutti nello stesso luogo). Scegli pure come interagire con lei. Anche per te è ormai sera.
Endymion, invece, può decidere liberamente dove essere nel momento in cui cala la sera, e presto saprai cosa accade.
Ramses: anche per te. Devi dirmi dove ti trovi al calar della sera, così che possa dirti cosa succede al tuo pg.

Ci ritroviamo in confronto. Questa settimana io (e molti asgradeliani) sarò al Lucca Comics (dove vi aspetto, se vorrete venire a farci un saluto *_*/). Per questo motivo per alcuni giorni non potrò rispondere al confronto e quindi prorogo il termine (anche perchè ci sono alcuni giorni di vacanza anche per chi non sarà al comics e ci terrei ve li passiate al meglio). Avete fino a Venerdì 6 novembre.

 
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view post Posted on 18/11/2015, 23:58
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Lord GrewinNotte

L’uomo e il servo si affaccendavano davanti agli occhi spenti del morto. Non avevano tempo da perdere, e il lord lo sapevo. Presto sarebbero arrivate guardie e curiosi, avrebbero sigillato la stanza e portato via tutto. Il cadavere, le cambiali, i debiti di uomini i cui nomi non avrebbero nemmeno dovuto esistere. Il servo intascava le pergamene accartocciandole alla bell’e meglio.
Il secondo uomo morto che avesse a che fare con loro. Questo pensava il signore, evitando di guardare quella bocca spalancata nel suo ultimo grido. Non voleva nemmeno pensare all’assassino, voleva solo sopravvivere per un giorno ancora. E non avrebbe potuto farlo se i debitori di quello strozzino fossero stati rivelati al grande pubblico.
Fai in fretta”.
Indicò una cassa posta poco lontano, mentre gettava l’inchiostro sul libro mastro. Ciò che non poteva trafugare lo avrebbe distrutto: all’assassino non sarebbe dispiaciuta una piccola colpa supplementare. Si accorse di avere la fronte bollente. All’assassino non sarebbe spiaciuto completare l’opera con lui, immaginava. Rabbrividì.

Casa di Lord GrewinNotte Fonda

Nello studio la signora aveva lasciato accese delle candele e le ore si stendevano sornione tra l’uomo e il nano, in attesa. Sparviero non aveva alcuna fretta, proprio come il tempo. Non aveva fretta di doversi alzare e inchinare davanti a un uomo che non rispettava, che gli aveva portato via tutto ciò che poteva desiderare. Guardava la parete con occhi di fuoco, immaginandosi lei, al di là di quel muro sottile, che indossava una leggera veste da notte. Immaginando il suo sorriso scavargli dentro.
Ogni tanto stringeva i pugni, senza riuscire ad afferrarla e a fermarla. Apriva e chiudeva la bocca, perché lei non era lì ad ascoltare le sue rimostranze, le sue suppliche. Si era ripromesso di starle lontano, di gettarle in faccia il denaro che aveva tanto inseguito.
Quando infine la porta si aprì, sobbalzò per la sorpresa. Guardò la figura di lui, inquadrata nella luce ambrata della casa, padrone dello spazio, senza esitazioni. E provò la stessa impressione della prima volta: c’erano uomini nati per dominare e altri per obbedire. Quello che aveva davanti apparteneva alla prima categoria.

Vicoli di LadecaNotte

I bambini si muovevano sicuri, senza fretta. La notte, che per altri era un pericolo, era il loro regno. I vicoli illuminati da poche lanterne, battuti dai cacciatori pallidi e dalle spie mascherate di nero, erano il loro regno. Nessuno prestava loro attenzione e nessuno avrebbe potuto toccarli, come in una profezia. Il loro percorso era casuale solamente all’apparenza.
All’angolo prestabilito, una bambina attendeva con le mani nascoste sotto uno scialle tarmato che strisciava a terra. Aveva gli occhi bassi pareva addormentata. Ma bastò che il loro capogruppo tendesse la mano perché lei vi depositasse una moneta rossa come il sangue. Il lasciapassare, la loro fortuna.
Fino a poche settimane prima solamente nomi tra i nomi, destini spezzati senza speranza. E ora gli eletti, i guerrieri della giustizia. I bambini non sorridevano, non gioivano. Non quelli come loro. Ma proseguivano, determinati, ignari che degli adulti potessero aver avuto il coraggio di seguirli. Solo la bambina con la testa bassa se ne accorse.
Con un piccolo passo si parò davanti ai due inseguitori, un uomo e una donna. Un papà e una mamma, pensò. Sicuramente il papà e la mamma di quella nuova. Due ipocriti che si erano accorti di tutto troppo tardi. Il Fantasma Rosso aveva detto che prima o poi sarebbe successo, ma loro erano preparati.
Una moneta, buoni signori”.
Il tempo sufficiente a creare intralcio. Non le avrebbero detto di no.

......

I bambini si erano riuniti in cerchio, c’erano quasi tutti. I loro occhi brillavano alla luce delle lanterne, come piccole perle preziosi.
Lui glielo aveva detto tante volte, che erano così. Per questo gli piaceva coglierli e poi tenerli tra le dita per qualche secondo prima di annoiarsi. Lui era fatto così.
Ma la figura con il pastrano rosso aveva altri gusti. Seduta al centro del cerchio, con le gambe incrociate e la testa bassa, dondolava lentamente il busto recitando un rito. Non che avesse qualche senso, non era una persona religiosa e non credeva nel destino. Ma ai bambini piacevano quel genere di cose.
Anche questo lo aveva detto Lui.
Li faceva sentire parti di qualcosa. Si avvicinavano, proprio come era successo in passato, con diffidenza scemata nella curiosità. Entravano nel gioco prima ancora di essersene resi conto. Come quella bambina. Sua madre se la era lasciata scappare sotto il naso per la seconda volta.
La prima l’aveva venduta a quel mostro in cambio di una casa che aveva perduto. La prima per lei doveva essere stato un errore di calcolo.
Madornale. Che aveva rovinato tutto.
Loro avevano risolto il problema, ma nulla avrebbe cancellato il passato. Nulla avrebbe restituito l’innocenza alla bambina con le guance rigate di lacrime e le labbra spaccate dalle botte. Per essersi
Ribellata.
A lui la pietà non piaceva. Ma con i bambini era necessaria.
Ad alimentare l’odio.
Le porse le mani, perché potesse prenderle nelle proprie. Piccole mani di bambina.
Mani tutte sue.
Fedeli più di qualsiasi promessa di un adulto.
Gli altri stavano cantando. Un inno al Fantasma Rosso. Al loro salvatore. Al giustiziere.
Se Lui avesse saputo si sarebbe fatto una risata. Lo faceva spesso quando gli parlavano. Li faceva urlare finchè non imparavano.
La melodia era malinconica, come quella bambina che aveva bisogno di dimenticare. Premeva la testa contro il suo petto, sussurrava per la prima volta il suo nome. Nel suo tono c’era un rancore roco portatore di grandi promesse.
Era solo l’inizio.




CITAZIONE
Qm Point
Mi scuso terribilmente per il ritardo, è stato un periodo non facile. Ecco dove siamo arrivati.
Celian: Ci sei? Hai intenzione di continuare? Nel qual caso dimmi da dove vuoi ripartire.
Jedi: Dopo un'attesa abbastanza lunga (sei libero di conversare con Sparviero, ma lui ti apparirà distratto e distante) a notte fonda un uomo entra nello studio dove vi ha condotto la padrona di casa (che nel frattempo pare essersi ritirata). Ripartiamo in confronto da qui.
Endymion: Hyperion e Richard si svegliano poco prima dell'alba. Che fanno?
Endymion, invece, segue i bambini con la sua compagna e a un certo punto si para loro davanti la bambina come scritto nel post. Proseguiamo in confronto da qui.
Ramses: Per te proseguiamo in confronto. Per ora fai come se Zeira ti avesse risposto (anche se nel post non c'è) che i bambini a volte fanno discorsi strani, sulla giustizia e sulla morte.

Ci ritroviamo quindi in confronto. Spero di riuscire ad essere più veloce, anzi me lo impongo. Vi do quindi una settimana. Avete fino a Venerdì 25 novembre.

 
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view post Posted on 15/12/2015, 00:40
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Una casa come tante altreUn momento come tanti altri

Fuori il silenzio, la notte calma. Fuori i giustizieri arrivavano sempre più vicini alla loro meta. Era il loro momento, il giorno in cui si sarebbero coperti di gloria o avrebbero fallito per sempre. Il vecchio, che tanto vecchio non era, chiuse gli occhi, richiamando il ricordo di giorni passati. Allora portava una spada alla cintura e la snudava sotto il sole per un nonnulla. Allora cavalcava al seguito del suo signore e non conosceva la vergogna. Non piegava il suo ginocchio se non di fronte ad uomini abbastanza potenti da incutergli timore.
Ma quelli non erano i suoi giorni. Il suo tempo era finito prima del Crepuscolo, quando si era rialzavo scuotendo il capo, i capelli completamente ingrigiti appiccicati sulle guance, il sangue rappreso sui polsi. E dopo, quando una regina si era stretta a lui poggiandogli le mani roventi sulle spalle. Erano stati i tempi in cui era un ottimo amante e lei aveva violato ogni suo principio morale. E lui aveva violato ogni sua resistenza. Dopo di che lei lo aveva guardato negli occhi. Aveva detto solo poche parole, spezzando per sempre tutto ciò che era . Il suo tempo era finito molto prima di incontrare quel giustiziere.
Eppure lo aveva guidato fino alla casa, al Fantasma che si circondava di bambini. Perché, in un modo a che gli era inspiegabile, lui aveva capito. Aveva visto oltre. E non voleva risolvere da solo quel mistero. Scosse lievemente la testa. Non ne sarebbe mai stato capace, non ora che era solo un mendicante, il suo nome dimenticato, la sua storia cancellata, la sua città rinata.
Cosa gli aveva detto la regina che tutti chiamavano Rosa? Cercò di concentrarsi, per siglare quel momento di rivincita. Ma i vicoli avevano rubato la sua identità e il suo ricordo. Le labbra di lei si muovevano a vuoto in una definitiva condanna.

I bambini erano in attesa dietro la porta, un falcetto affilato tra le mani, pronti a colpire chi avesse interrotto il rito. I loro occhi erano puntati a terra, socchiusi, come il Fantasma aveva insegnato. Perché i rumori più lievi potevano essere uditi solo lasciando fuori tutto il resto. Ogni tanto aprivano e chiudevano le dita, per rafforzare la presa, ogni tanto si gettavano a vicenda un'occhiata. Non scambiavano una parola, per non farsi scoprire, poco più di minuscole ombre tra le ombre.
Qualcuno, anni prima, aveva dato loro un nome, finto come la loro esistenza. Non avevano legami né origini, quando il Fantasma era giunto. Non conoscevano nulla al di fuori delle mura scrostate dell'orfanotrofio e del suono angosciante della tosse la notte.
Ora avevano un nuovo nome. Un compito, una missione. La stavano portando a termine lentamente, ma presto sarebbero diventati più forti. Presto tutto sarebbe iniziato ad andare meglio. Ognuno di loro lo stava pensando, quando udirono la presenza dietro il muro. Se ne accorsero entrambi, perché gli insegnamenti del loro mentore erano stati ottimi. Come una coppia di ballerini si girarono all'unisono per cercare il nemico, ma era troppo tardi. I loro corpi si accasciarono come manichini vuoti, le loro armi ormai inutili produssero un ticchettio sordo sul pavimento di legno. In un ultimo respiro, uno dei due emise un flebile, inudito, richiamo.

La finestra lasciava entrare l'aria frizzante della sera, ma le pesanti tende nascondevano il bambino alla vista. Immobile, impettito come una sentinella, ascoltò le parole di quello sconosciuto. Ovviamente non sapevano il nome l'uno dell'altro, non conoscevano quasi nemmeno i rispettivi volti. Alcuni erano partiti insieme a lui dall'orfanotrofio, altri venivano dalle case affacciate sui vicoli.
Ma quello aveva qualcosa di strano. Si muoveva diversamente da loro, ed era troppo alto troppo…
Vecchio, cosa vuoi?
non era vecchio davvero, naturalmente. Ma lo era più di loro, e gli adulti non erano ammessi in quel gruppo. Gli adulti non avevano il cuore puro, il cuore per compiere le azioni dovute e giuste. Gli adulti non avevano gli occhi per vedere oltre le apparenze. Le orecchie per ascoltare le parole della salvezza.
Gli adulti avevano le orecchie tappate alle grida di dolore della città e dobloni d'oro negli occhi. Erano come Lui, un'ombra di cui tutti avevano imparato.
Scostò la tenda, per guardare il nuovo arrivato. Una mano scivolò dietro la schiena, dove una lama ricurva era infilata nella cintola.

Casa di Lord GrewinQuasi Mattino

Sparviero sedeva su una sedia rivestita di pelle, poggiando i piedi sul tavolo imbandito per la colazione senza alcun riguardo. Se doveva sembrare la scena di un rapimento, della vendita di un impostore ad un giustiziere, allora lui aveva tutte le intenzioni di essere credibile. Gli occhi erano fissi verso la porta che dava sul corridoio, ma la mente vagava altrove. L'aveva legata davanti a sé dicendole che era parte dello spettacolo, anche se lei non pareva convinta.
Aveva ragione.
La fissava con gli occhi di un assetato di fronte ad una fonte ormai inaridita. Lei era l'unica a cui lui non avrebbe rinunciato ed ora, coperta di broccati, gli rivolgeva uno sguardo da nobile che non le apparteneva. Fissò i capelli arruffati dalla serata movimentata, annusò il profumo ricercato, tanto diverso da quello dolciastro del suo sudore al mattino.
Non dovresti essere qui”.
Lei gli rivolse un sorriso sarcastico, in silenzio. Forse credeva lui stesse recitando.
Lui non ti merita. Hai ancora una possibilità, questa notte. Sembrerebbe un incidente di percorso”.
Lei sbattè le palpebre.
Ricordi quando abbiamo guardato le stelle?
Sparviero non disse nulla, ma ricordava. Ricordava i loro corpi vicini, nell'erba che si copriva di rugiada, mano nella mano. Lui non conosceva tutte le costellazioni, ma conosceva a memoria la linea dei suoi fianchi e delle sue labbra. E a lei non pareva davvero importare che lui restasse in silenzio, poggiandole la fronte contro una tempia.
Guardò il viso di lei, pallido, dove forse era rotolata una lacrima o forse il trucco si stava semplicemente disfacendo come un'impalcatura forzata.
Lui potrebbe comprarle tutte, anche quelle che non conosce”.
Lui era in un'altra stanza, in attesa di qualcuno che ne avrebbe pagato il prezzo. Lui non era il suo amore, lui ne era certo. Così come per il mercenario non lo erano tutte le sgualdrine con cui aveva riempito il proprio letto. Ma non avrebbe saputo come dirlo a lei, come dirglielo in faccia. Non avrebbe saputo come sospirare, come lamentarsi, come gridare la propria rabbia. Strinse i pugni, dissimulando la solita spacconeria.

......

Tutto stava per compiersi.
Una nuova meta era così vicina da poterne quasi sentire l'odore. Un mercenario chiedeva denaro in cambio di colui che finanziava gli speculatori e i profittatori di Ladeca. Un pacco pronto alla consegna da parte di un uomo che pareva dalla loro parte.
Non voleva crederci, per questo aveva usato le adeguate cautele.
Presto il potere sarebbe fiorito tra loro come un bocciolo sotto il sole tiepido della primavera. Mani nelle mani, avrebbero fuso i loro cuori in un'unica missione e un'unica volontà. Avrebbero fatto del Fantasma Rosso un simbolo tra gli oppressi e di Ladeca una città di pace e rispetto, dove nessuno avrebbe dovuto più macchiare i propri sogni con la miseria e il dolore.
Lui non avrebbe potuto capire, ma era questa la sua missione.
Era per questo che si sporcava le mani. Ed era Lui ad aver dato inizio a tutto quanto, a donarle il
Gusto
della morte. La morte dei cattivi, dei malvagi, dei maliziosi.
Di quelli che le venivano venduti per pochi soldi e dei superbi che credevano di farla franca.
Il Fantasma Rosso era lì, dove tutti se lo aspettavano, dove nessuno lo avrebbe cercato. Imponente, nella propria palandrana rossa, come una palma solitaria nel deserto. Fissava il proprio obiettivo con occhi lucidi
di follia.
O forse di dolcezza. Tendeva la mano, stringendo con intensità l'inizio di tutto.
Lui una volta aveva urlato parole orribili.
Poi qualcuno era morto, trascinato per un piede fuori dalla grotta e abbandonato al gelo. Il corpo era come quello di un burattino. In quel momento aveva pensato che non sarebbe dovuto accadere mai, non fuori dalla caverna.
Non più.
Ma poi
era
così
bello.
Che non aveva potuto farne a meno.
Inevitabilmente.
Ma per poco, per poco ancora.
Promesso.






CITAZIONE
Qm Point
Ognuno continua dalla sua linea temporale, con qualche piccolo distinguo.
@Endymion: tu prosegui con due linee temporali separate. Ovviamente Endymion, come risulta dal post, è riuscito a sopraffare le due guardie bambine dietro la porta ed è libero di proseguire. Non hai comunque molto tempo prima che si riprendano.
@Ramses: niente di particolare da segnalare
@Jedi: decidi come posizionarti con Lord Grewin, in quale stanza e con quali modalità (se vuoi nasconderti, ecc.). Tieni presente che Sparviero e la signora si trovano entrambi nella sala da pranzo.

Ci ritroviamo quindi in confronto, con all'incirca cinque giorni di tempo ^^.

 
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PARACCO TRAVESTITO ALOGENO
view post Posted on 1/2/2016, 00:11




La quest viene chiusa per assenza del Qm.
Il topic della quest rimarrà aperto per permettere al Qm la conclusione della storia, nel caso volesse.
 
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view post Posted on 3/2/2016, 23:02
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La bambina si alzò in piedi, la figura che pareva avvolta da un vago lucore. Le braci le avvampavano come rubini tra i capelli e nello sguardo l’oscurità era vivida, bruciante. Strinse i pugni e le lacrime degli altri si fecero più intense, più salate. Lacrime di bambini che avevano trovato la via ma erano stati fermati poco prima di poter prendere il volo.


Tu parli di giocare con le emozioni degli altri”.
Un sorriso sprezzante.
Tu parli di vita dignitosa”.


Scosse lievemente il capo aprendo le mani lungo i fianchi. Gli altri le strisciarono vicino, raccogliendosi attorno ai suoi piedi.


Nessuno ci ha mai dato una vita dignitosa: non i ricchi padroni di casa, che ci hanno portato via tutto. Che mi hanno accarezzato il viso e poi la pelle, anche là dove non puoi vederla. Non i mercenari che hanno tagliato la gola di chi ha osato protestare”.
Poggiò la mano sulla testa di uno dei bambini più vicini. Ora anche i suoi occhi si erano inumiditi.
Non le guardie con l’armatura scintillante e la fedeltà putrefatta ai piedi del miglior offerente.
Solo lui. Il Fantasma Rosso
”.


Solo allora, forse, l’uomo avrebbe riconosciuto la luce in quegli occhi: non follia, non ira. Ideali, piccoli come semi, enormi come alberi secolari con i rami tesi verso il cielo. Ideali alla cui ombra malata quei bambini stavano riposando.


Ci ha raccolti, protetti. Ci ha dato una casa. E ogni giorno parte per eliminare il male dal mondo e far vincere il bene. Lo fa per noi e per quelli come noi”.
Tutto attorno annuirono.
Perché siamo i suoi figli. Non ci interessa uccidere: è una vita che moriamo lentamente. Non ci interessa restare un poco soli a pregare. È una vita che nessuno ci stringe la mano”.


Aprì le braccia e così fecero quelli che potevano.


Non ci interessa che tu alzi le mani su di noi, ci ammanetti o ci uccida. Il nostro corpo è sconfitto, ma la nostra anima è
Libera
”.


Una voce infantile che si era fatta più profonda, così potente da avvolgere tutte le altre. Lo scintillio nel braciere propagava un’ombra più adulta. E solo allora, guardandola in faccia, gli adulti avrebbero capito. Il Fantasma Rosso non li aveva abbandonati: era solamente altrove.



Casa di Lord GrewinMattino

Sparviero guardava quella figura ad occhi sgranati, il pastrano rosso con il grande cappello a coprire il volto, la figura che pareva aver ingoiato tutte le ombre. Da solo, il Fantasma Rosso pareva aver riempito l’intero corridoio.


Sei venuto”.


Gli sorrise. E lui levò il capello, regalandogli un sorriso.
Solo allora capì. Che aveva sbagliato tutto quanto.
Quel sorriso, quel taglio sbieco in un viso altrimenti inespressivo, quelle fossette sulle guance come le anse di un fiume.
Si strinse nelle spalle, gettando il cappello di lato. I capelli le sfioravano le orecchie, gli occhi erano grandi, immensi, carichi di verità. E lui.
Lei.
Era una femmina. Una stupida femmina.
Sguainò la propria arma, strappandole un sorriso.
Aveva
Promesso.
Non fece in tempo a sbattere gli occhi, Sparviero, il mercenario delle battaglie campali. L’elsa del fioretto gli premeva contro la schiena e la lama gli sporgeva dall’addome. Forse penso, non sarebbe morto.
Forse.
Una mano lo spinse in avanti con decisione, facendolo cadere faccia a terra. Sentì l’acciaio scivolare nella guaina. Sentì il grido della donna che aveva sbirciato tutto da dietro la porta. Un grido di dolore. Sorrise, pensando che forse, in fondo, lei aveva ancora un ricordo del loro amore.
Pensando che forse, una volta che quel mostro se ne fosse andato, lei gli avrebbe carezzato il viso con quelle mani morbide che non conoscevano la fatica.
Il Fantasma annusò l’aria, e il suono del suo respiro era così palpabile da far venire i brividi. Ripensò a quel sorriso folle. Non ne aveva mai visto uno del genere.
O forse sì, i ricordi si affollavano confusi nella sua mente.
Sentì i passi che si allontanavano, ma nella direzione sbagliata, verso la porta sbagliata. Non quella dove il nano teneva prigioniero il padrone di casa. Cercò di strisciare avanti, di reagire, ma il dolore era pungente, lancinante, gli toglieva il fiato.
I passi si fermarono, lievi.
E una voce, simile allo sfregare rauco di unghie contro un vetro, spezzò il silenzio. Lieve, quasi inudibile.


Lo ami?


Ancora silenzio. La donna dietro la porta non parlava. Il Fantasma non la apriva.
Picchiettava con il dito indice sul legno, un rumore di orologio
Cuore
Che gli faceva contorcere le viscere.
E poi un sussurro, un fruscio, forse un cenno.
Una risata, anche quella quasi inudibile.
Poi, con un colpo secco, la porta si spalanco, qualcuno gridò
Lei
E la vide rotolare a terra a poca distanza da sé. Aveva i capelli arruffati e lo sguardo vacuo per il terrore. Credeva che sarebbe morta e anche lui lo credeva. Il fantasma era così vicino che poteva vederle l’orlo del cappotto.


Il tempo fugge. Vivete dignitosamente quello che vi rimane”.


Chiuse gli occhi, certo che il colpo sarebbe giunto. Sentì la mano di lei contro la propria. Tremava, o forse tremavano entrambi.
Il dolore all’addome era persistente, al ritmo con il cuore. Con quei passi che si allontanavano. Levò il capo, incerto se si trattasse di delirio. E la vide agitare la mano. Come se fosse lieta di essere stata ingannata.
O avesse un altro impegno urgente.



...Dove le cose non finiscono

Scoperta.
Aveva sentito chiaramente la loro presenza. Scoperta
Ma non
Sconfitta.
Doveva semplicemente andarsene, e i suoi l’avrebbero seguita. Perché lei non era come Lui. Lei ce l’aveva fatta.
Lei era quella
Giusta.
Non era riuscita a estirpare il male da quella città, ma il mondo era pieno di città. Il suo compito
Quello che Lui non le aveva dato
Era ancora lungi dall’essere finito.
Spogliò il cappotto rosso lungo la strada. Troppo facile da ricordare.
Spogliò tutti i vestiti che indossava, gli stivali, perfino i guanti. Rimase nuda lungo la via, un corpo androgino segnato
Da Lui.
Raccolse da una tasca interna una semplice veste da camera. Si guardò per qualche istante.
Bussò alla porta che aveva di fronte. Il battente si aprì senza che nessuno chiedesse spiegazioni.
Abbandonò la strada mentre il sole era già alto, senza che nessuno ricordasse di averla vista.
Come un fantasma.




CITAZIONE
Qm Point
Mi scuso se la quest è finita in questo modo ç//ç.
Non è assolutamente stata responsabilità vostra, che vi siete comportati egregiamente, dandomi la possibilità di tessere la storia di questo png che vorrei sviluppare in seguito.
Se vi interessa, lo spero, nonostante questo finale affrettato, ci saranno altre quest con lei.

Guadagnate entrambi 150 Gold, con la speranza che il seguito di questa avventura possa vedervi ancora coinvolti *_*/

 
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6 replies since 12/10/2015, 20:58   141 views
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