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Cerchi, trovi, perdi e riprovi, Contest Ottobre: Dicotomia

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Endymion~
view post Posted on 28/10/2015, 12:57






Oh correttore dall'occhio capace,
non avventarti come un rapace!
Or mi diletto a scrivere in rima
ma non son Dante né certo altra cima.
Chiedo già venia alla mente ed al core,
mi prendo la briga di scriver d'amore.

Oh mia musa, che sei una sirena,
ti ho scorta tra i flutti danzare serena,
dammi la forza di regger la penna
che d'allor la mente tentenna.

M'hai preso per mano,
ma sol con due dita,
e quantunque lontano
io ti ho seguita.

Vola il mio cuore quando danzi nel vento.
Nulla più importa, il mondo non sento.
Corro felice e salto leggiadro,
ignaro del pericolo col volto da ladro.

Mi osserva guardingo e circospetto,
s'avventa alle spalle in modo scorretto.
Combatto col cuore, ti vedo scappare,
alla fine ferito ti vengo a cercare.

Dietro un roseto ti scovo amore,
ma sei nuova, e non serbo rancore.
Daccapo si parte per terre lontane,
m'aspetto altre lotte con passioni mondane.

Questa è la storia di volta in volta:
ricordo la vita in maniera stolta.
Ingenuo e passionale sulle cose m'avvento,
ma esse si sgregan e le prende il vento.
Ora una cosa io l'ho capita;
la ricerca di gioia non s'è ancor assopita.



Dovrei anche mettere un'audio su come la leggo questa mia creazione, ma ora non ho tempo @_@
Per una spiegazione, consultare lo spoiler sotto.

Dopo una breve introduzione ove si ha la solita esortazione che spesso si trova in poemi epici o nelle poesie, il brano incomincia con l'invocazione alla musa, di cui il poeta si innamora. Dopo un iniziale momento di incertezza e di paura, egli si abbandona alle sue emozioni e parte per questo viaggio, quasi ringiovanito. Corre e salta e nulla più vede se non la felicità.
Eppure, un pericolo è sempre in aguato. Le strofe diventano più veloci e frenetiche, e dopo un combattimento, lo scrittore ritrova il suo amore, ma questa volta è diversa, perciò "nuova".
Le ultime rime, riprendendo la metrica delle prime, sono l'epilogo della storia e la "morale" di tutto quanto. L'autore si accorge della sua ingenuità, ma al contempo non rinuncia alla ciclicità di tale sua ricerca.

Per comprendere meglio: l'amore che lo scrittore trova è solo una passione, tramite la quale egli arriva a saggiare un barlume di felicità. Eppure ogni volta questa passione scema: da ciò scaturisce una lotta interna in cui, sebbene prevalga quel "pericolo col volto da ladro", che riesce ad impossessarsi della felicità, l'autore trova sempre una nuova passione da coltivare, perciò non può "serbare rancore".

Che figo scrivere di sè in terza persona, sembro giapponese :soso:
 
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