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La crociata del traditore ~ La rana e lo scorpione

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Eitinel
view post Posted on 7/4/2016, 15:22 by: Eitinel
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Il mondo che non si vede

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Passò i primi giorni avvolta nelle coperte, brividi di gelo a rannicchiarla sempre più in strati su strati di calda e morbida lana che il suo ospite provvide a fornirle senza che lei dovesse richiederli. Mangiò poco e bevve ancora meno, sapido respiro a condensarsi in gocce brinose sulle fibre attorno a lei. Non parlò affatto, o almeno così le parve prima che la febbre avesse la meglio su di lei facendola a tratti sragionare.
In quei momenti, forse, le capitò più volte di chiamare il nome di Aris e piangere. E addormentarsi suo malgrado senza riuscire a curarsi del fatto che così facendo costringeva lo stesso padrone di casa -Raymond Lancaster- a fare lo stesso indipendentemente dalla sua stanchezza più o meno pronunciata.
Difficile tuttavia appurare questi fatti: per tutto il suo periodo di soggiorno lui non le chiese o accennò mai a nulla, motivo per cui anche lei preferì non dire niente.
Nei giorni che seguirono, con il progressivo affievolirsi delle febbri e dei successivi momenti di riposo forzoso, la bambina si ritrovò sempre più spesso a passare il proprio tempo in uno stato di debole ed apatica dormiveglia, l'orecchio che suo malgrado si tendeva in ascolto dei rumori della casa attorno a sé e con essi delle semplici attività dell'uomo che l'aveva accolta. Tintinnio di tazze per colazione, strofinio di piatti per pranzo, nulla più che un mesto raschiare di scodelle per cena. Leanne non ricordava di aver mai udito prima quei suoni. Né nei primi anni con Aris né in seguito mentre cresceva stritolata dall'indistricabile addestramento di Edwin.
Ed in effetti, bastò una semplice occhiata per capire che nemmeno il suo ospite pareva personaggio assai avvezzo a simili quotidianità, lo sguardo torvo e gli occhi perennemente bassi, grigi di qualche pensiero lontano a farlo assomigliare più ad un antico eroe decaduto piuttosto che ad un tranquillo padre di famiglia.
E nemmeno i suoi modi combaciavano con il quadretto bucolico che di tanto in tanto, la schiena poggiata allo schienale di una sedia ed i piedi alzati poco più avanti sul pallido profilo di una balaustra, egli tentava quasi casualmente di improvvisare.
Può un Drago fingersi un cavallo? Un corvo? Un cane? Pensava di tanto in tanto Leanne scrutandolo da dentro il suo bozzolo lanuginoso.
Come ti senti oggi?
Ogni mattina lui usciva presto di casa, una primizia di orari propria di chi sia abituato a non chiudere affatto occhio e preferisca così ingannare le ultime interminabili ore della notte con una passeggiata all’albeggiare. Quando tornava, lei si limitava a far sgusciare gli occhi dorati fuori dalle coperte imbottite, un rapido sguardo di saluto che lui colmava con un vago cenno del capo.
Meglio
mugugnò quella mattina sparendo di nuovo sottocoperta. Pur non vedendolo, lo sentì fare spallucce.
Meglio così rintuzzò questi mettendo a bollire il solito infuso dall’odore dolce ed intenso Ancora qualche giorno e avrei iniziato a credere che fosse il mio cibo e non le temperature dell’Erydliss ad impedirti di riprendere le forze...
Era stata una battuta innocente, semplice ed assai poco pretenziosa come un mezzo buffetto sulla guancia, ma Leanne sorrise comunque.
Il tuo cibo è buono
ammise dopo un attimo quando lui le posò accanto una tazza fumante. Per un secondo egli parve meditare l’ipotesi di sederlesi accanto ma subito parve ripensarci, il passo mesto a portarlo sulla solita sedia che soleva occupare per lunghi minuti, come sovrappensiero. Quando si accomodò, lo sentì soffiare appena con le labbra chiuse.
Tanto buono. Eppure insapore
fu il suo ultimo e vago commento prima che, come sempre, egli si richiudesse nuovamente nel proprio silenzio pensieroso.

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“Sapete almeno da dove viene?”

Sadici efferati, criminali impenitenti e comici più che naturali, ben presto Leanne apprese che gli elfi potevano anche essere degli innegabili impiccioni, specie per gli affari che non riguardavano né loro né il benché minimo interesse comune. Le visite cominciarono non appena Leanne fu abbastanza in forze da far capolino di quando in quando dalle coperte - anche se presto ella sospettò sarebbero cominciate anche prima se solo il nobile Lancaster non vi si fosse opposto fermamente -.
“ E ditemi, vi ha per caso spiegato il motivo del suo soggiorno?”
Alle ore più improbabili, per le cause meno pensabili, per le circostanze di certo più incredibili ed insomma per ogni santissimo motivo, elfi ed elfe di ogni specie presero ad irrompere nella piccola casetta tempestando il povero Raymond di domande e richieste di ogni genere.
“E avete intenzioni di fermarvi ancora per molto?”
Gli argomenti preferiti parevano essere Lei e le ragioni della sua permanenza, ma eguale interesse solevano suscitare Lui e le informazioni che lo riguardavano nonché alcune insolite ed assai poco spiegabili sparizioni che avevano preso a verificarsi in città proprio in corrispondenza del suo arrivo.
“E siete certo di non conoscere nessuno di loro?”
Pacato e riservato, Raymond sopportava quella soverchiante serie di angherie con la compunta sobrietà di un penitente, un mesto galeotto abbastanza conscio delle proprie malefatte da non osare opporvisi né con il corpo né con lo spirito. Gentilmente, egli calciò comunque fuori di casa tutti quanti, nessuno escluso, rifilando ogni volta alla porta chiusa un sospiro di pura ed autentica contrizione prima di tornarsene in silenzio alle proprie faccende.

Quella volta, non l’ultima di quel giorno, nel voltarsi l’uomo trovò due occhi dorati intenti a fissarlo incuriositi da dietro lo stipite d’ingresso del soggiorno. La sagoma arruffata di Leanne si intravedeva appena nel bel mezzo di un nugolo di crespi capelli color carminio reduci da tanto sonno e pochi lavaggi. Incerti e per qualche ragione intimoriti dall'improvvisa comparsa della ragazzina, tutti e due rimasero per un attimo immobili ad osservarsi l'un l'altro prima che l'uomo le rivolgesse infine un mesto sorriso. Lei rispose solo dopo, insicura, piccoli denti inscuriti di sangue a fermare un ghigno sghembo, solo vagamente disturbante.
Ben svegliata.
Non stavo dormendo.
Una precisazione di poco conto, la sua, cui l'altro rispose con un'espressione vagamente perplessa. Raymond si passò due dita sul mento ispido di una mezza barba, come valutando se fosse il caso di indagare o meno sulla risposta. La bimba però lo precedette.
Perché non li lasci entrare?
Gli occhi dorati occhieggiarono alla porta. Dietro, già si intravedevano alcune sagome indecise sul da farsi. Prima più distanti, poi più vicine, poi ancora più distanti, quasi che nessuno sapesse bene decidersi se battere alla porta o desistere per -che ne so- qualche minuto ancora prima di realizzare l'inevitabile. Alla sola vista, Raymond cedette ad un mezzo sibilo stizzito prima di rivolgersi nuovamente alla bambina.
Non sono graditi.
Fu il suo grigio commento.
Forse lo sarebbero se li ascoltassi
Il fischio sull'ultima parola patinò di sangue le labbra di lei.
Ho già ascoltato a sufficienza. Raymond tentò di non guardare lo sbavo cremisi. Impossibile. Era come una calamita per gli occhi. Ora tutto ciò che rimane è rispondere. E non credo di averne molta voglia.
Una pausa. Poi lui si strinse nuovamente nelle spalle accennando con il capo alla porta ancora fermamente sbarrata.
Perché non apri tu?
Lei fece spallucce, una misera scintilla di divertimento a sfiorarle per un attimo gli occhi ambrati.
Sembra che tu gli piaccia di più
Vago sorriso
Ne dubito.

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Seduta su una grande sedia, il capo quasi cascante in una ciotola ancora più grande, le maniche ciondoloni e sovradimensionate per la sua stazza, Leanne pareva assai più minuta di quanto non fosse inizialmente parsa a Raymond. Era piccola, ma di quella minutezza propria di chi non abbia avuto né un'infanzia né un'alimentazione corretta per crescere secondo i canoni naturali. Le sue ossa, velate ora da una lunga maglia di lino bianco, sporgevano aguzze da una pelle che -ad occhio- pareva costellata di piccole e grandi cicatrici. Le sue dita erano sottili e storte in più punti, come se tutte quante si fossero spezzate e dolorosamente ricostruite più volte.
Non hai fame?
le chiese notando che da un po' la piccola esitava dinnanzi al piatto fumante. Lei alzò di poco lo sguardo incontrando il suo per una frazione di secondo prima di socchiuderlo appena, come un piccolo felino.
E' calda
E' calda e mi fa male.
Lui abbassò il cucchiaio ora ricolmo di zuppa, lo svuotò e lo pose accuratamente a lato. Poi incrociò le braccia al petto, calmo.
Hai ragione commentò Rovente
Aspetteremo insieme, quindi, che si raffreddi. E mangeremo.
Sarebbe stata cosa strana parlare di Leanne in riferimento ad un sorriso. Cosa strana ed assurda per quel viso abituato ad assai poca espressività così come a scarsi sentimenti. Eppure, per qualche ragione, negli occhi della ragazzina si riflesse per un attimo quell'impressione, debole ed appena accennata, ma sicuramente presente.
Un sorriso per la sua gentilezza.
Un sorriso per la naturalezza della sua gentilezza.
Un sorriso per la naturalezza della sua gentilezza verso di lei che poca o nulla ne aveva ricevuta.
Poi, un nuovo e vago rabbuiarsi, il volto che mutava da disteso ad improvvisamente serio e compunto.

Dove sono gli altri?
Mutevole, anche l'espressione di Raymond cambiò di riflesso. In parte stupita, in parte incerta sull'origine di quella domanda.
Gli altri chi?
Fu poi la tiepida risposta. Lei fece spallucce.
Quelli che hai lasciato indietro.
Quelli a cui pensi sempre.

 
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