Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

La lucerna, Contest Akeran, Avventura

« Older   Newer »
  Share  
Lill'
view post Posted on 24/11/2015, 22:00





C’è una luna gelida.
È il verso di un’aquila a farle alzare la testa: vede la sagoma scura aleggiare contro il cielo blu porpora, poi scomparire tra gli abeti. Davanti a Kellen il sentiero si srotola fino alla base argentata della valle montana. Passo dopo passo, il lago si fa più vicino. È una neve farinosa di finto autunno quella che si adagia nei boschi attorno alla Colonia, poco adatta per essere solcata dagli sci. Non nasconde le insidie sparse nella terra, non ha la consistenza delle nuvole mentre accarezzi i pendii tutt’uno col vento: i giovani elfi che hanno provato si sono ritrovati con un impacco sul sedere come quello scavezzacollo di Bram, a cui ora tocca intrecciare reti per un peschereccio giù al pontile, o peggio con una gamba rotta. Dal promontorio, cauta, Kellen scende sulla città che ancora dorme. Mentre cammina stringe in mano un sacchetto di tela; dentro ci sono le radici di luna che sua madre, o forse sua zia, gli hanno insegnato a raccogliere nelle ore antimeridiane, quelle in cui gli spiriti delle stelle si riposano sulle foglie di camedrio e sul muschio della tundra, come le sciamane degli altri clan nelle loro tende.

Ti è concesso fare qualunque cosa tu desideri... Canticchia a se stessa, mentre adacqua le piante mediche che ha imparato a coltivare da qualche mese nel retro della sua casetta, al riparo dalle intemperie. Appoggia il sacchetto e gli scarponi umidi affianco al portone. I burattini scaccia-sogni fatti di rami secchi ondeggiano appesi alla trave dell’uscio. È una baita di pietra sobria, riservata, quella che i genieri del Dortan e i suoi ragazzi Rahm hanno tirato su per lei; non è diversa dalle altre, le piccole abitazioni che ora pullulano delle prime luci di candela attorno al lago montano. Kellen ascolta, perché l’aria notturna è già gravida dei primi rumori: i canti dei minatori che vanno a lavoro, la porta del panettiere che sbatte. Dalla baita affianco dei bambini ridono. Il sole è appena sorto quando Kellen va a trovare i gemelli della sua bisnipote, Amíra, che con i suoi cinquant'anni è solo una giovane madre. I piccoli le sciamano addosso, attaccandosi alla sua gonna e giocando con i lunghi capelli dorati. “Ora avanti, Krup, a scuola” dice al più discolo dei due; ricorda i loro nomi, ricorda i nomi della madre della loro madre, di quelli che sono partiti o ritornati.
Ma ci insegnano quelle cose difficili, contare le bacche e i semi… con quella cosa strana, l’Habakkuk.
Io i semi voglio mangiarli!

Kellen gli passa una mano sul capo, gentile ma ferma. Lei stessa conta ancora i giorni con i quarti di luna.
Ma bisogna imparare a sapere quanti ne mangi, no?
E perché?
Krup! Il rispetto!
Amíra lo riprende con un buffetto. A ognuno il suo da fare. E non passa molto tempo, è solo metà mattina, che Kellen si ritrova a camminare tra i cespugli puntosi che crescono negli anfratti delle valli. Il sole è pallido. Lei tasta la neve col suo bastone; ogni tanto raccoglie qualche mirtillo, ma solo quelli violetti, perché dei blu non si fida: brillano lucidi, come piccole gemme fredde al tocco, ma la fu Anziana si ricorda bene di quella sera in cui le pance di tutti non la smettevano di brontolare, e gli ospiti si erano dati il cambio per uscire e piegarsi dietro la staccionata dell’orto. Da allora non ha più invitato le donne della comunità umana a cenare insieme ai Rahm.

Quando Kellen arriva nel castello dell’Ystfalda è passata ora di pranzo. Il padre della bambina malata la accoglie silenzioso, indicandole un tegame di capriolo messo a scaldare sul fuoco in un angolo. Lei accetta di buon grado, poi comincia il lavoro. La bambina non è poi messa male: raffreddata, con una leggera febbre, ma niente che delle piume d’aquila reale e gli impacchi giusti sul torace non possano guarire. Decide di propinargli anche una tisana. La casa dello stalliere è piccola, buia, addossata all’entrata del maniero. Kellen non ci vuole molto a preparare l’impacco caldo, scegliere le erbe e sminuzzarle nella quantità adatta.
Usa questa” gli consiglia il padre della ragazza. Porta con sé un marchingegno di ferro, con dei pezzi piatti e delle catenelle. Le dice che serve a capire il peso delle cose. L’elfa lo guarda perplessa, perché lei con le sue droghe ha sempre fatto le dosi ad occhio e non si è mai sbagliata in vita sua, ma quella sera decide di provare.
Gli tocca stare fino a ora di cena per far vomitare la dose in eccesso che ha propinato alla ragazza per colpa di quello strumento di Berion. Il padre non è troppo contento, ma lei se la cava con un guizzo dei suoi occhi di cerbiatta e la promessa di tornare la settimana dopo. Quegli arnesi forse era meglio lasciarli agli aguzzini della città nera, spiffera uscendo, ma sotto sotto si chiede se sia poi così difficile imparare a usarli. Ai giovani elfi pescatori della Colonia tornerebbero utili.
Così, fattasi ora di cena, l’ultracentenaria è costretta a rimanere ospite per la notte dal suo nuovo cliente. Il signore del maniero è un uomo anziano - anziano per gli umani. “Sei tu la curatrice elfa? Pensavo puzzassi di terra e fossi vecchia, invece…” gli dice il Lord quando lei entra nelle sue camere, steso su un letto a baldacchino.
Ma, così giovane, che ne vuoi sapere dei veleni e della salute dei vecchi?” Kell gli sorride, e mette mano alla borsa: il barattolo di vetro riflette l’espressione imbambolata dell’uomo, che guarda incredulo la raccolta di sanguisughe di palude.
Per tutta la sera lui la scruta di soppiatto quando si gira per prendere i medicamenti dalla sacca. Pare che il vecchio sia stato morso da un animale velenoso, le dice un servitore, inseguendo un camoscio per le strade innevate. Lei annuisce, perché non ha mai sentito di serpenti con la neve.
Il figlio del lord gli raccomanda prudenza con le incisioni; il vecchio non è in pericolo di vita, Kellen gli dice, ma lui ha gli occhi lucidi parlando del padre. La moglie e signora del castello, un donnone rossiccio dai modi gentili, assiste nel prendersi cura del suocero. A mezzanotte il lord è stato drenato di due borse di sangue, così tutti nel castello vanno a dormire. Kellen però sa che bisogna trovare un antidoto.

rsC2YRr



Così l’elfa passa la sua nottata al capezzale del lord, seduta a una vecchia scrivania di noce. C’è qualche foglio contabile impilato, un ritratto; una collezione di gemme e strumenti di viaggio gli salta agli occhi. Fuori nevica, e nella stanza i candelabri gettano ombre lunghe. Kellen sfoglia l’almanacco che gli ha donato sua madre, o forse sua zia, in cerca di denti in grado di lasciare segni simili. Controlla più di una volta il polpaccio dell’uomo addormentato: due buchi profondo, degli archi di segni più sottili che intaccano la pelle. Non conosce quel tipo di bestia. È nelle ore antimeridiane, quelle in cui gli spiriti riposano nella vastità vuota della tundra, che si decide infine ad associare gli effetti del veleno a quelli che aveva visto usare ad alcuni servi dell’Abisso qualche mese prima, quando aveva dovuto lasciare le Vie del gelo per trovare rifugio nel Dortan. Era stata una strada lunga.
Non puzzi di terra…
Farfuglia il vecchio mentre lei gli dà da bere una tisana. Era successo qualcosa di simile a suo marito, decenni prima: anche se vaneggia, il sangue perso non ha indebolito le sue facoltà maschili, pensa Kell notando il rigonfiamento sui pantaloni. Si mette a riordinare le sue cose, perché vuole essere alla Colonia prima che i pescherecci tornino dal lago. Quella neve di zucchero non la spaventa, ora che sa come camminarci su.
La mano attaccata alla gonna la sorprende un po’.
Perché non resti qui con me? La moglie di mio figlia è grassa, mia moglie è andata da anni…
Kell torce la mano febbricitante con una forza inaspettata, che fa mugolare l’uomo.
Ho già tanti figli a cui badare. Con la tisana che ti ho dato, tra qualche ora finirai di sudare il veleno; nel frattempo prenderò il compenso. Per le sanguis-
Oh, e per tornare dove?” il vecchio indica fuori dalla finestra.
Ho parlato con i mei uomini, so chi sei. Una …donna, no, figlia delle aquile o che – non staresti meglio qui?” L’ombra del vecchio si allunga tremolate contro la parete.
Cos’altro hai da vedere, nella tua famigliola di straccioni calati dal nord? Qui puoi imparare ad accudire un vecchio.” Si sente dire Kellen, che è salita su tutte le vette e ha guardato in ogni profondità di quella parte del mondo dalle distanze incolmabili. Lei che ha lasciato il suo clan a combattere l’Abisso non per debolezza, o per mancanza di capacità guerriere, ma perché i suoi occhi color del cielo dopo mariti e nipoti e centonovantanni a camminare nel gelo vedono oltre le moli grigie delle montagne e del tempo.
Così la fu Anziana guarda indifferente i rotoli di grasso sulla pancia del vecchio e il suo volto bagnato di sudore. Gli sorride. Tende con mano ferma la pelle flaccida sul suo stomaco, dove tanti rigonfiamenti violetti sono attaccati.
…per le sanguisughe, posso farlo ora.


È sera quando rivede la vallata della Colonia. Il figlio del Lord si è commosso nel trovare suo padre arzillo e in salute quella stessa mattina, così non ha potuto negare a Kellen un compenso di sua scelta. Lei aveva posato gli occhi sulla collezione di pietre da viaggio.
Con quelle, le pietre magiche che si dice anche gli uomini della Colonia stiano cercando assieme all’oro e al ferro nelle miniere, non è stato difficile avanzare nonostante la tormenta. Kellen ha rischiato di prendere la strada per una muraglia di roccia, qualcosa di inscalabile, è vero, solo dopo pranzo; tanto ha sfregato la pietra che guarda al nord, sperando così di ingraziarsi gli spiriti che la governano, che ora il suo pollice è tutto spellato e bruciato dal freddo. Eppure è giusto passato il crepuscolo, quando l’elfa rientra finalmente nella sua baita.
Prepara in fretta il fuoco, con cui accende la lucerna posta sul camino. Poi si toglie gli stivali e mette a scaldare la zuppa. Cenando davanti alla finestra sente le voci dei gemelli dalla baita affianco, i giochi e le risate. Allora mette il piatto sporco da un lato e comincia a contare quanto guadagnato.
Ma è ormai notte, e la vista la distrae: fuori è possibile osservare buona parte della colonia stendersi nel silenzio d’autunno, fino al lago semi-ghiacciato. Lì la tempesta non è giunta, perché le vette fanno da scudo.
Vede le stelle brillare dai vetri appannati; più in giù scorge le barche dei pescatori ritirate sulla riva.
Nel momento in cui il suo sguardo si spinge sognante verso l’ingresso, allora sente bussare. Si alza lentamente, pulendosi le mani sul grembiule. Apre la porta e il ragazzo la travolge, stringendola a sé senza neanche salutarla. Lei sorride, senza dire niente a sua volta: il giovane elfo puzza ancora di pesce ed è già venuto a trovarla.
Gli ricorda suo marito decenni prima, oppure un vecchio quella mattina stessa.
Bram, lasciami prima togliere quelle cose…” sospira.
Ma il ragazzo non può aspettare: alla luce flebile della lucerna vede solo una pelle di cerbiatta, occhi color del cielo e una cascata di capelli biondi. Issa in alto la fu Anziana, e con una manata scansa il piatto e le pietre che indicano la direzione da prendere messe sul tavolo.
Le ombre si allungano sulle pareti, confondendosi.




SPOILER (click to view)
Kellen è un png che, dalla sua nascita, avevo intenzione di rendere alleato di Rick. Lo scriverò anche in scheda, più prima che poi.
 
Top
0 replies since 24/11/2015, 21:46   72 views
  Share