Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; Il quarto Ahriman

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view post Posted on 27/11/2015, 17:12
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Rubietentia
il quarto Ahriman

— un labile confine —


Il luogo era diverso. Il tè era sempre lo stesso, ma Jahrir e Rubietentia si trovavano in una yurta sul confine con l'abisso. L'odore acido dell'intelaiatura di zebrano e delle stuoie di capra copriva il gusto della tisana, sebbene ciò non impedì a Venatrix di complimentarsene col nano. A fare loro compagnia erano le voci accentate dei mamelucchi provenienti da fuori e il tintinnare delle chincaglierie d'argento alle braccia di Venatrix, perfettamente accordate con i movimenti lenti delle mani.
Il primo sultano era riuscito nel suo compito: più di cento volontari, duecentocinquanta cavalieri e cinquecento schiavi erano accampati sul confine fra i territori di Taanach e del Sürgün-zemat, nell'attesa che i caduti si mostrassero. Non avevano bisogno di andare a cercare i loro nemici sino al Buco del Diavolo: l'Ahriman non sarebbe rimasto indifferente a un così grande numero di uomini, pronti a essere toccati dalla Tentatio e trasformati in nuovi proseliti.
L'esercito non era nient'altro che un'esca per attirare il signore dei demoni allo scoperto e finirlo. In nessun altro modo l'Ahriman avrebbe lasciato i cunicoli di Baathos, e addentrarsi nel sottosuolo con quasi un migliaio di uomini al proprio seguito era fuori discussione. Con quel piano, invece, la salvezza dei più fortunati sarebbe stata garantita.
Il pensiero che molti uomini sarebbero morti non consolò Venatrix, ma era necessario. Prese un sorso dal piattino di porcellana e se lo rigirò fra le dita, godendo di quell'imperfetto attimo di tepore.
Squisito. Come sempre.
Jahrir non gli rispose. Non era neppure agitato come al solito. Strisciava i piedi sul tappeto di feltro con lentezza esasperante, guardandolo fisso dall'altro capo della stanza.
Quando tutto questo sarà finito, mi farebbe grande onore se decidessi di donarmi parte delle tue riserve.
Il nano interruppe il movimento e corrugò la fronte. La speranza che un complimento inopportuno potesse estorcergli qualche opinione si concretizzò.
Come puoi preoccuparti del tè in un momento come questo, Aleksjéj?
I braccialetti tintinnarono con dolcezza. Evidentemente Jahrir naufragava nei suoi stessi pensieri.
Perdonami, non volevo darti l'impressione di sottovalutare la situazione. Intendevo stemperare il tuo animo con una preoccupazione mondana.
Non è necessario. Non voglio essere stemperato. Preferirei anzi che ti unissi a me nel verificare il piano di battaglia, nella valutazione delle truppe e nella preoccupazione di ciò che potrebbe compiere l'Ahriman sul campo di battaglia. O Giano. O qualsiasi altra maledettisima divinità che dovesse decidere di intervenire.
Non dubitare che tutto ciò non sia nei miei pensieri, Jahrir.
E allora perché? — il nano scattò in piedi. Era paonazzo in viso e la barba gli si era arruffata come il pelo di un gatto irritato. — Perché te ne stai lì a bere, come se non stesse succedendo nulla? Come fai a rimanere così indifferente, lanetli ejderha?!
Rubietentia ignorò l'insulto. Dal giorno in cui Shaelan li aveva presentati, la vita del nano era stata deformata dai colpi di orribili disgrazie. Venatrix sospettava che prima o poi se la sarebbe presa con lui, come gli uomini se la prendono abitualmente con il primo straniero che mette piede nel proprio villaggio, attribuendogli l'origine di ogni male. Piuttosto che rispondergli direttamente, però, ripescò dalla memoria le ragioni della rabbia di Jahrir. Forse una condoglianza morigerata sarebbe riuscito a calmarlo.
Mi dispiace molto per quanto è successo a Shaelan...
Non è questo il punto!
Jahrir picchiò entrambe le mani su un tavolino di amazaque. Le voci provenienti dall'esterno si interruppero. L'unico suono a rimanere nella yurta fu quello dei braccialetti di Rubietentia, quando prese un altro sorso di tè.
Siktir gıt, non è delle mie sconfitte che stiamo parlando! Ti ho chiesto tutt'altro! — il nano sbuffava come una ciminiera. — Per T'al, nessuno di noi saprebbe dell'Ahriman se tu non fossi intervenuto, né dei caduti, né della tentatio! E se non avessi insistito con il sultano Al Adhel, noi due non ci saremmo nemmeno incontrati!
Il drago evitò accuratamente di caldeggiarlo con un "calmati", poiché aveva l'impressione che avrebbe peggiorato la situazione. Le risposte che gli suggeriva la sua mente atrofizzata, però, non erano migliori.
Dunque è un bene che io sia intervenuto.
Naturalmente lo è. — la voce di Jahrir si fece cupa e turbolenta, come il fondo dell'oceano. I suoi occhi e le sue labbra si strinsero fino a essere semplici fessure. — Ma non fingere di non capirmi. Ciò che voglio sapere è che cosa ti spinga a essere qui ora. In qualsiasi istante te ne saresti potuto andare sbattendo le ali, e invece hai deciso di guidare un esercito di rinnegati contro il più grande signore dei demoni che Theras abbia conosciuto. Solo che non è così: in realtà te ne stai lì, seduto, a sorseggiare dalla tua tazza di tè senza che la minima preoccupazione su ciò che dovremo affrontare sfiori la tua mente. Se in un momento compi un atto di misericordia, il momento dopo sembra che nulla di tutto ciò che sta accadendo ti interessi.
Venatrix si concentrò sul tepore che passava dalla porcellana ai suoi polpastrelli.
Pensi che se non fossi intervenuto io, qualcun altro l'avrebbe fatto?
Ma certamente! Chiunque. Non sottovalutare la testardaggine dell'Akeran: mille calamità sono capitate a questa terra e il suo popolo si è sempre sollevato. Anche se non ho voluto coinvolgere i miei fratelli, credi che il Sultanato non si sarebbe mosso nel momento del bisogno?
Il drago sorrise. Nella sua espressione vi erano tenerezza e compiacenza in parti uguali.
Si sarebbero mossi troppo tardi, Jahrir.
Ma non sarebbero rimasti inerti per sempre.
Non ne dubito. Ciò nonostante è un bene che io sia intervenuto.
Non è questo il punto.
Che cosa lo è, allora?
Prima di rispondere, Jahrir si passò entrambe le mani sul viso e si schiacciò il setto nasale con le dita. Quel gesto amplificò il suono del suo respiro, trasformando la yurta nella tana di un drago suscettibile.
Il punto è che nonostante tutto ciò che abbiamo passato insieme, io non posso dire di conoscerti, Aleksjéj. Questa non è nemmeno la tua terra.
Theras è la mia terra.
Non prenderti gioco di me! — esplose il nano, allungando un indice verso Venatrix. — A breve rischieremo la vita su un campo di battaglia: ci sarà chi lo farà per speranza, chi per amore, chi per nazionalismo... chi per vendetta. Quando guardo negli occhi di ciascuno di quegli schiavi vedo in essi la volontà di sacrificarsi per la propria terra. Vedo il fuoco zelante del martirio. Vedo la loro anima, nuda e spaventata, che imbraccia le armi e si costruisce una nuova armatura. Ma quando guardo nei tuoi, Aleksjéj... vuoi sapere che cosa vedo?
Venatrix si risolse di non distogliere lo sguardo, osservando il nano con placida serietà. Si trattenne dal bere un altro sorso di tè e non mancò di notare che il corpo di Jahrir venne scosso da un brivido.
Che cosa vedi, Kahraman?
...Nulla.
A questo punto il drago si decise a vuotare la sua tazza, mentre il compagno lo apostrofava con agitazione crescente e si muoveva in cerchio per la tenda.
E perché dovrei sorprendermene? Hai mai conosciuto la morte? Hai mai vissuto una situazione, nella tua esistenza, che costituisse un reale pericolo? Hai mai ceduto al sacrificio? C'è qualcosa che la tua scintillante aura di perfezione non sia riuscita a risolvere, prima ancora che si presentasse un problema? Quelli che combatteranno con noi non sono draghi immortali: sono schiavi! Carne da macello che dopo una vita di stenti verrà mandata a morire contro i servi dell'Ahriman perché tu, Giano o qualche altra divinità possa compiere il proprio dovere! A noi poveri mortali non è concesso di infilarci nei vostri battibecchi... dobbiamo solo accontentarci di lasciarci cagare in testa dalle vostre decisioni. Ma tu... tu devi saperlo: devi sapere che domani moriranno centinaia di uomini, sotto la tua ombra. — quindi si fermò e fissò il drago, piegando le braccia dietro la schiena con severità. — No... tu lo sai già. Il problema è che non ti interessa.
Gli si avvicinò e si chinò verso di lui. Negli occhi di Jahrir ardevano le fiamme dell'ira, mentre quelli di Venatrix erano consumati da una ragnatela di malinconia.
Il tuo sguardo è identico a quello dell'Ahriman.
A quel punto il drago si alzò anch'egli. Fu un movimento lungo e stanco, che condusse lanciando lo sguardo verso qualcosa di lontano, aldilà delle stuoie della yurta. Si diresse verso la teiera ancora fumante e riempì il piattino di porcellana per la seconda volta, poi prese un sorso di tè. Fece tutto questo nell'arco di un intero minuto. Stava diventando insensibile? Era destinato a percorrere la stessa strada di sua madre e trasformarsi in una minaccia per i popoli di Theras? La sua pietà era una lama tagliente per chi si trovava a raccoglierla?
Comprendo il tuo disagio, Jahrir. — gli rispose senza guardarlo.
Non è questo che voglio sentire! Non mi lascerò blandire dalla tua gentilezza! — il nano era su tutte le furie e scattò verso di lui. Quando gli fu innanzi lo afferrò per la collottola e lo trascinò alla sua altezza. Il piattino di porcellana cadde a terra e si infranse in mille pezzi, sporcando i tappeti. Vedere il drago così rannicchiato sarebbe anche potuto essere comico, se non fosse stato per il Kahraman che gli sputacchiava in viso. — Dimmelo! Dimmi che hai paura! Dimmi che temi per il destino di questa terra, esattamente come tutti coloro che sono qui in questo momento! Dimmi che ci tieni davvero!
Venatrix allontanò le mani di Jahrir con un gesto gentile. La lentezza dei suoi movimenti e il tintinnio dei braccialetti erano disarmanti.
Non ho paura, Jahrir. Non come la intendi tu. Non posso darti ciò che cerchi.
Ma come puoi?! Non ti rendi conto di quanto siamo vicini alla morte, noi?
Lo capisco, non credere il contrario.
Si allontanò dal nano e si piegò sulle ginocchia. Con grande calma iniziò a raccogliere uno a uno i cocci sul pavimento, afferrandoli con due dita per poi riporli nel palmo aperto dell'altra mano. A quel movimento faceva compagnia la melodia delle sue chincaglierie, che cinguettavano come passerotti intristiti.
Quanti anni hai, Jahrir? — chiese quindi il drago, senza interrompere quell'operazione. — Cinquanta? Sessanta?
Ho cinquantaquattro anni.
Molti, anche se non troppi per un nano. E ho il sospetto che siano stati cinquantaquattro anni di intensi avvenimenti. — proseguì sotto gli occhi cisposi del Kahraman. — Alla tua età io avevo appena imparato a muovere le ali e spiccare il volo intorno agli Altiventi, senza il permesso di allontanarmi troppo. È stato solo dopo il mio ducentododicesimo anno d'età che mi è stato concesso di esplorare il mondo.
Dopo aver raccolto tutti i pezzi del piatto di porcellana si sollevò e li poggiò sul tavolino di amazaque.
A quel tempo quello che oggi chiamiamo Dortan era un insieme di centinaia di piccoli regni, tutti in guerra tra loro. Gli uomini non sapevano quanto si estendesse il mondo, né che cosa celasse l'orizzonte aldilà delle proprie campagne: temevano soltanto i soldati dei reami vicini, e credevano che dietro a quei territori si nascondessero infiniti altri nobili, sempre più potenti e pericolosi. L'Edhel era un paradiso verdeggiante. L'Akeran una palude di sciacalli e reietti: macerie viventi di un impero dimenticato.
Quando ho compiuto cinquecentosettantadue anni è apparsa Eitinel. Quando ne ho compiuti settecentoquarantatre è nato Rainier Chevalier. I luoghi che amavo sono cambiati. Le persone che conoscevo sono sparite. Ho sentito il mondo sfuggirmi dalle dita, come se non esistesse più alcun luogo su Theras al quale io potessi appartenere.
A settecentosessanta anni si è verificato il crepuscolo e il mondo è cambiato un'altra volta. Eppure ero sempre lì. Ho vissuto a lungo coi Groenleer, che avevano fatto della mia esistenza quell'identità inaffondabile che io stesso ero andato cercando.
Quindi è toccato a Raymond Lancaster, l'ultimo dei miei più grandi amici. Morto l'anno scorso senza che ne vedessi le spoglie né potessi difenderlo. Un uomo buono e onesto come raramente ne ho incontrati. Ci ha lasciato nonostante gli avessi donato metà del mio cuore, e io sono ancora qui.

Venatrix si prese le mani dietro alla schiena e si dondolò sulle punte dei piedi. Si sentiva vecchio. Vecchio al punto tale da poter cogliere una sfumatura di ottimismo nei mattoni delle sue esperienze.
La morte mi è più vicina di quanto non ti appaia, amico mio. È un confine sempre all'interno delle mie percezioni, popolato da ricordi che mi passano le dita sulla pelle, caldeggiandomi con le tentazioni di storie che non diverranno realtà. È un labirinto che racchiude i miei tesori, all'interno del quale non mi è permesso entrare. Uno specchio deforme che riflette l'immagine di un me più giovane, e di un me più anziano, e di un me meno innamorato, e di un me accanto a mio padre, e di un me alla guida dei miei fratelli, e di un me che stringo mio figlio fra le braccia e ho una donna al mio fianco. È una risacca che spiaggia sulle rive della mia coscienza i cadaveri di parole sepolte, destinate a essiccare finché il sole non le cancellerà. È un alter ego; un gemello che comprendo, che mi consiglia e mi sostiene.
C'è dell'ottimismo su questo confine. Quale bene credi che mi farebbe ritirarmi in una tana per l'eternità e addormentarmi fra le spoglie che mi restano? O nascondermi fra i picchi della mia infanzia, lasciando che la neve stenda una coperta sul mio capo? Credi che così facendo potrei varcare la soglia di questa barriera? Che l'immobilità mi aiuterebbe a dimenticare il ciglio della non esistenza? In quale direzione dovrei guardare, trovandomi un Theras vivo alla mia sinistra e gli spettri del passato alla mia destra?

Guardò verso l'alto. Il vapore della teiera si era accumulato al centro della yurta, scaldando l'atmosfera.
Io vivo, Kahraman. E la vita non mi è mai sembrata così bella come da questo labile confine, poiché è inaspettata, vera e infinita. Perché rappresenta la faccia della medaglia sul cui altro lato giace ogni cosa che ho perso. sono questi fantasmi a trascinare la mia carne, facendo di me una macchina che si muove bruciando rimpianto. L'amore è il motore di chi non possiede nient'altro, amico mio. E sì, forse è così anche per l'Ahriman, per Giano e ogni altra divinità.
Si girò verso il nano. Jahrir aveva incrociato le braccia e attendeva il termine di quel monologo battendo ripetutamente un piede in terra.


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Nessuno dovrebbe vivere a lungo quanto me, Jahrir.
Comprendi la ragione per cui non voglia augurarlo?


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A mezzo miglio di distanza dalla yurta di Jahrir e Venatrix, l'esercito dei caduti aveva iniziato a muoversi. Dalla posizione di Zaide, nascosta su un distante ammasso di roccia, sembrava una macchia di pece che scivolava sulla roccia, filtrando da ogni crepa del terreno e sciabordando coi versi di cento bestie. In esso si potevano scorgere un migliaio di animali e umanoidi a cui la corruzione aveva preso il corpo e giocato con le membra: creature con troppe gambe per camminare, arti vestigiali inutilizzabili, propaggini di ali rachitiche, bocche inutili e ossa disordinate, come se i loro corpi fossero stati schiacciati da un masso. Zoppicavano al meglio delle loro possibilità, rovinando a terra a ogni ostacolo e lasciandosi calpestare da chi le seguiva.
La strega di Taanach non provava alcuna pena nel vederle. Piuttosto si sentiva grata per aver resistito alla corruzione.
In mezzo a loro, da qualche parte, percepiva distintamente la presenza dell'Ahriman. La voce del signore dei demoni arrivava nitida alle sue orecchie, sebbene non fosse che un sussurro: ordinava ai caduti di avanzare e di consumare ciò che incontravano, asserendo che presto sarebbero arrivati a destinazione. Era come ascoltare il suono di una melodia imperfetta che aveva imparato a capire e apprezzare. C'era armonia in ciò che faceva l'Ahriman; un'armonia crudele ma precisa, accordata e musicale. Qualcosa di cui si era resa conto solo di recente.
Del signore dei demoni, però, sentiva solo la voce. Il suo corpo era nascosto dalla massa nera di caduti che lo attorniava. Forse non era nemmeno lì. L'ultima volta che l'aveva cercato era dovuta scendere nel Baathos. Non si sarebbe mostrato alla testa del suo esercito.
Questo non le avrebbe impedito di portare a termine il suo viaggio. Più spirito che persona, la strega era una falena che volava verso la fiamma, senza comprenderne esattamente il perché. Si sentiva giunta al termine del suo viaggio, e di tutto quel rancore che l'aveva mossa sino a quel momento erano rimaste solo contemplazione e curiosità. Nel grande schema delle cose, l'Ahriman le si era presentato per darle una risposta, per mettere in atto un cambiamento e per scrivere le prime parole dell'ultimo capitolo della sua esistenza.
Un capitolo al quale lei, come Giano, erano determinati a mettere la parola fine.


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Migliaia di piedi sotto di loro, attraverso i più luridi cunicoli del Baathos, l'antica divinità Maegon era a caccia. Penetrata nell'abisso da una spaccatura sui fondali dello Zar, si muoveva seguendo l'odore dell'Ahriman e della Tentatio, scavando nuovi percorsi e annientando ogni forma di perversa progenie che gli si parava innanzi.
E ogni nemico che sconfiggeva lo rendeva più grande.
E ogni nemico che sconfiggeva lo rendeva più forte.
La sua mole era tale che avrebbe riempito l'intero campo di battaglia da solo. Il suo corpo non ricordava più nemmeno quello di un drago, né di un uomo: era una montagna vivente di scaglie, zanne e denti, che si ricombinava a ogni vittoria. Ogni suo passo contorceva le intere viscere di Baathos. Ogni volta che aspirava consumava volumi di corruzione, disperdendola in scariche di pura energia. I caduti che se lo trovarono innanzi si spezzarono davanti a lui, dimenticando come tenere insieme le parti del proprio corpo disordinato.
Questo l'avevano reso i Feziali, con rituali che avevano richiesto il sacrificio di intere generazioni di senzascaglie: l'arma più potente dell'impero Maegon. Lo sterminatore di Ahriman.
Ogni demone che incontrava lo rendeva più forte. Tanto più grande era il suo nemico, tanto più potere si generava in lui per sconfiggerlo. Era semplice fisica. Azione e reazione.
E l'Ahriman lo sentiva. Sapeva che la morte stava venendo per lei, muovendosi tra i corridoi della sua casa. E scappava da un punto all'altro di quell'abisso, cercando di ritardare l'avanzata di Giano con lo sterminio dei suoi proseliti.
La loro era una caccia che proseguiva da migliaia di anni. Da prima di Zaide. Da prima di Jahrir. Da prima della riunificazione. Persino da prima di Rubietentia.

La Iğfall.

« le ali dei draghi caduti si rifiutano di lasciare il cielo; »
« roteando, si ripetono eternamente. »

INTET.

IO SONO LA TEMPESTA.

IO SONO LA TEMPESTA.

IO SONO LA TEMPESTA.

STO ARRIVANDO.



CITAZIONE
Bene bene bene... eccoci al finale di questa lunga campagna! Come sempre, vi ricordo di recuperare almeno il riassunto nel manifesto, giusto per avere ben chiaro ciò che sta succedendo.
In questo primo post di "pace" facciamo la presentazione della scena. I giocatori si trovano nel campo dove c'è la yurta di Venatrix e Jahrir e, volendo, possono origliare la conversazione dall'esterno. I numeri dell'esercito sono quelli esposti nel post: 100 volontari, 250 mamelucchi e 500 schiavi (i pg, salvo casi particolari, sono compresi nei volontari). Sapete che dovrete affrontare migliaia di caduti. È notte, e il morale è piuttosto basso: i mamelucchi sono determinati e coraggiosi, ma silenziosi. Gli schiavi invece sono abbastanza depressi: sanno perfettamente di essere carne da macello, e bisbigliano tra loro impauriti. Il campo è costruito in una zona riparata del Sürgün-zemat, fra nere rocce laviche e senza la minima vegetazione: persino l'aria puzza di zolfo.
In questo primo post potete interagire con le altre truppe come preferite, presentare il vostro armamentario e simili. Insomma, è la classica presentazione :sisi:

Per quanto riguarda le scelte, invece, iniziamo alla grandissima con addirittura tre scelte diverse! Ricordo che queste scelte determineranno sia l'accumulo di punti corruzione da parte dei PnG, che l'andamento della quest e la sua trama, quindi scegliete accuratamente. A volte è ovvio capire in che modo una scelta influenzerà la corruzione dei personaggi; altre volte no - il gioco sta anche in questo. In questo post dovrete decidere se:

• Jahrir e Venatrix si riappacificheranno o meno prima della battaglia, o se il loro conflitto si inasprirà.
• Zaide deciderà di farsi accompagnare e proteggere da alcuni schiavi (ammaliandoli) per raggiungere l'Ahriman, o si arrangi con i propri nuovi poteri.
• Jahrir deciderà di condurre la battaglia usando gli schiavi come vera e propria carne da macello per raggiungere e uccidere l'Ahriman il prima possibile, oppure in maniera più difensiva, arroccandosi fra le rocce e combattendo una guerra "di trincea" contro i caduti, preoccupandosi soprattutto per l'incolumità dell'esercito.


Le scelte vanno comunicate in confronto. Sarebbe bellissimo se ciascuno di voi motivasse anche le ragioni dietro alla sua scelta, in modo da costruire una piccola discussione dietro alle vostre intenzioni.
Per ovvie ragioni di tempo, prima mi comunicherete le vostre decisioni, più semplice sarà per me scrivere il post. Il termine per le votazioni è di soli 3 giorni, mentre il termine per il post per i giocatori è di 5 giorni.

Nota: mi sono rotto dei continui cambi di codice di youtube, quindi per le canzoni ho usato il sistema di condivisione di spotify: per ascoltarle dovreste avere e aprire il programma (che è gratuito, comunque), poi farle partire da qui. Altrimenti potete semplicemente cercarvi la canzone su youtube :^)
Enjoy!


Edited by Ray~ - 27/11/2015, 18:50
 
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view post Posted on 28/11/2015, 22:45
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I

PoV: Vaalirunah

(Sürgün-zemat)



Giaceva ormai da molto sulla cima spezzata di una delle guglie rocciose prossime all'accampamento.
Allontanatosi dagli altri volontari in cerca di più spazio per i propri pensieri, si era assicurato di esser solo e si era poi inalzato in volo, galleggiando mollemente sino a giungere al punto più alto possibile - un pinnacolo da dove poter rimirare la valle della morte.

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Il Sürgün-zemat era il lascito di una ferita profonda, una cicatrice di cui tutti all'epoca del contatto con il sottosuolo preferirono dimenticarsi in fretta. Non vi era più nulla fra polvere e roccia vulcanica, ogni cosa era stata abbandonata, e le ultime reliquie di chi vi aveva abitato in secoli distanti sarebbero anch'esse presto andate incontro alla disgregazione terminale. In un certo senso, era il posto adatto alla battaglia a cui poco - forse niente - sarebbe sopravvissuto. In un altro, la corruzione pulsava forte nel cuore di quella terra e non poteva essere facilmente ignorata dai disperati che nutrivano le file dell'esercito di Jahir.

L'aspra distesa e le considerazioni che aveva fatto nascere nel Sesto, non riuscirono a ogni modo che a trattenere la sua attenzione che per qualche attimo, cedendo presto il passo all'inarrestabile flusso di coscienza. I suoi occhi potevano forse ancora scrutare l'orizzonte, ma la sua mente viaggiava ora ben oltre la sottile linea rossa che separava la terra dal cielo. Lì dove vi erano soltanto i fumi opachi e l'aria pesante di fuliggine, egli vedeva danzare gli spettri dei ricordi passati e delle possibilità future. Volti, nomi, parole di creature morte e sepolte da tempo, vittime dello stesso male che quel giorno i più coraggiosi nell'Akeran erano giunti a combattere. E spaziando verso il basso, verso gli schiavi e i guerrieri che si ammassavano senza geometria apparente, non poteva fare a meno di domandarsi quanti di loro si sarebbero uniti alla marcia funebre dei suoi fantasmi. Ne si poté risparmiare dall'interrogarsi su quanti al sicuro nelle loro case, nel Sultanato, a Dhoramat, nel Theras
addirittura, si sarebbero destati il mattino seguente - e chissà quanti altri successivi - senza mai sapere di chi per loro stava per dare tutto.

Il sacrificio di pochi per il bene di molti, piaceva pensare. Fosse per dovere o per obbligo poco importava, poiché schiavi ed eroi erano da sempre incatenati al medesimo padrone, il fato inflessibile che non lasciava spazio alla scelta, e che presto o tardi avrebbe esatto il loro sangue. Tuttavia, per quanto ragionevole potesse apparire l'immolazione di fronte al possibile disastro che avrebbe comportato l'alternativa, i dubbi non cessavano di tormentarlo. Il fatto stesso che un simile prezzo apparisse accettabile era motivo di ulteriore turbamento.

« È per questo che abbiamo consegnato lo Scorticatore? »
« Abbiamo forse barattato le briglie di una belva per il guinzaglio di un agnello? »
chiedeva a se stesso in solitudine, indugiando in particolare sui servi costretti alla battaglia e probabilmente alla morte
« Il loro sacrificio sarà futile. La Tentatio non può essere cancellata più di quanto non lo può essere il cielo. »

Credeva di poter udire nelle proprie parole una verità affilata dall'esperienza. La Terza aveva conosciuto il volto della corruzione.
Carezzando il bracciale d'oro massiccio che gli stringeva l'avambraccio - tutto ciò che gli rimaneva di lei al di fuori dei dedali dei suoi ricordi - gli sembrò di poter sentire e vedere tutto esattamente come era stato. La grande decadenza, il vilipendio d'ogni virtù, la follia. Quando i suoi fedeli, i suoi amanti e i suoi figli avevano iniziato a contorcersi nelle loro stesse perversioni, ella aveva capito di non poter resistere. Nessuno, dio o uomo, poteva sopportare la visione disintegrata d'ogni cosa amata. Di fronte dunque alla prospettiva di una lenta e inesorabile discesa nel baratro del delirio, aveva scelto la morte. Con le sue stesse mani si era strappata la vita che il suo popolo le aveva donato. Tradita e traditrice, li aveva abbandonati alla dissoluzione. Eppure, alla fine di tutto, la Scaglia aveva avuto modo di constatare che il mondo non si era concluso in quei giorni terribili. In qualche modo nuovi fiori erano sbocciati, e il ciclo si era ripetuto fino al presente. Come poteva dunque giudicare le proprie azioni passate di fronte a una simile evidenza? Doveva forse accettare l'ineluttabilità della loro sorte? Fare i conti con la necessità di gettare altri sacrifici in pasto al cancro che divorava la terra? Non sapeva se a inorridirlo fosse più l'idea che ci fosse una premeditata e spietata giustizia in quel vortice di morte e rinascita, oppure che non ci fosse nulla da fare per cambiare le regole di quel gioco crudele; ma di una cosa poteva andar certo: voltare le spalle non gli era più concesso giunto a quel punto. Non poteva fuggire al suo destino, ed era forse la cosa più importante che aveva appreso dall'epilogo della sua terza incarnazione.

« Eppure noi combatteremo. Noi sanguineremo, e se necessario periremo. »
chiuse gli occhi sforzandosi di ricacciare ciò che era stato nel profondo, dove non poteva nuocere alla sua risolutezza
« Non abbiamo dimenticato la promessa. »

Rimase immobile nella sua posa composta per molti altri minuti, ricercando la serenità prima dello scontro. Per tutto il tempo che gli fu necessario gli unici rumori a perdersi nel silenzio furono il cigolio delle spade che portava sul fianco, e quello delle trecce che sbattevano ritmicamente sul corpetto, seguendo ogni respiro del vento. Quando si sentì pronto ricominciò la discesa, consapevole di non aver scelta, proprio come tutti coloro che tremavano fra le tende e i focolari più in basso, cercando di confortarsi a vicenda. Non meno di loro era schiavo, e non meno di loro era pronto a fare ciò che la condizione gli imponeva.
Pronto a dare tutto ciò che era necessario.





















 Energia. {125%}
 Mente. {100%}
 Corpo. {75%}




Condizioni fisiche. Normali.
Condizioni psicologiche. Normali.
CS in riserva. 4 {concentrazione}

Tratti.
— Levitazione [volo] (4/5)
— Calma Interiore [difesa psionica passiva] (6/6)
— Anima d'Acciaio [resistenza al dolore psionico] (6/6)
— Spiegare le Ali [forma astrale] (6/6 - 6/6)
— Sciabola di Folgore [sciabola magica] (6/6)
— Ispirazione [+1CS in Vigore ad ogni cast altrui di tipologia magica] (6/6)
— Intuizione [riconoscimento illusioni + auspex per talento e classe + auspex per suddivisione delle risorse] (6/6 - 6/6 - 6/6)
— Tecnica [capacità di danneggiare la riserva energetica con attacchi fisici] (6/6)
— Memoria Eterna [capacità di rievocare, modificare, cancellare qualsiasi ricordo personale] (6/6)
— Cosmoveggenza [auspex informativo sul territorio] (2/2)
— Vigore [resistenza alla fatica da consumo energetico] (6/6)


Equipaggiamento.
— Spada lunga ornata
— Scimitarra rotta
— Pugnale rituale
— Corpetto di cuoio
— Bracciale cerimoniale (a cui sono assicurate mediante laccio la biglia stordente [1], la biglia fumogena [1], e la biglia dissonante [1])
— Sacchetto di sabbia rimodellante (erba rigenerante [1])
— Pozione rossa (erba medicinale [1])

Tecniche passive e attive impiegate.
CITAZIONE
Levitazione — niente di più che un capriccio separa un drago dal cielo, e così vale per il Sesto; fedele alla menzogna della quale è stato dipinto - egli è in grado di sollevarsi da terra e galleggiare come privo di peso sull'aria, che sia in forma astrale o manifesta, con ali o senza ali.

Abilità passiva 5 utilizzi.

CITAZIONE
Meditazione — attimi di profonda riflessione restituiranno alla Scaglia una realtà più limpida e una mente più serena, mettendolo nelle condizioni di potersi concentrare al meglio delle proprie capacità ed esercitare così un controllo perfetto sul proprio corpo. In termini di gioco, egli guadagnerà 4CS a Concentrazione, liberamente sfruttabili nel corso del duello o della quest. L'azione non occupa slot tecnica.

Consumo: Nessuno (corallo d'erboristeria).

Note.
Rimasto con i mamelucchi a seguito degli eventi di "Fetiales; Furūsiyya", Val si unisce in seguito ai volontari e decide di rimanere per il confronto con i caduti. Nelle ore precedenti alla battaglia, egli preferisce isolarsi e riflettere, raggiungendo tramite volo la cima di una delle guglie circostanti. Non c'è molto di tecnico da riferire a questo giro, se non che utilizza il Corallo sul finale del post (aggiungendo 4cs alla riserva). Altra nota, Val qui parla di sè al plurale perché essendo il prodotto di molte vite ritiene corretto considerarsi come più di un singolo, ma è un'abitudine che sopprime in pubblico o più in generale con chiunque non sia a conoscenza del fatto per non rischiare di apparire bizzarro. Non ho altro da segnalare, e non mi resta che augurare al qm e ai giocatori una buona quest!





 
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view post Posted on 30/11/2015, 00:17
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Sürgün-Zemat - La Valle Cinerea
«I shall remember you»

Affrontare una forza distruttiva come l'esercito dei caduti è un qualcosa che rasenta la follia, Odette questo lo sa bene, lei aveva già visto una minuscola parte di quell'armata all'opera. Nella grande e bella Lamia erano bastati uno sparuto numero di demoni e pochi individui mossi dall'egoismo per far capitolare l'intero luogo, il coraggio di Tullio l'unica cosa in grado di tenere in salvo la popolazione mentre lui dava la sua vita per ognuno di loro. Era rinvenuta giorni dopo, a Tanaach, lasciata in un tempio ove varie sacerdotesse si erano prese cura di lei e di quanti avevano patito ferite più o meno gravi dalla disperata fuga. Eppure i ricordi si accavallavano fra di loro, confusi e opachi, sporcati da quell'intruglio che Otto le aveva affibbiato per ripulirla dagli effetti della Tentatio. Non una cura, voglia T'al, quella non esiste. L'unica via di fuga dalla Tentatio è stata e sempre sarà solo una, la morte. Il putiferio quando si rialzò, poi, anche ora mentre se ne sta seduta tra alcune casse di rifornimenti, disposte come a formare una piccola fortezza di solitudine, le strappano comunque un sorriso divertito dalle labbra. In quella vallata cinerea la cui aria era ricolma di zolfo e miasmi vulcanici, di motivi per esser felici non ve ne erano davvero molti. Col capo poggiato sul duro legno se ne sta seduta sul terreno cinereo, disegnando ghirigori e linee nella grigia cenere vulcanica, trattenendo un fremito d'eccitazione nell'immaginare quella sparuta migliaia di guerrieri e schiavi asserragliati tra quelle conche rocciose. Barricate presidiate da lancieri, oranghi e trabucchi fissati al suolo, pronti a scagliare una pioggia di roccia e metallo sulle fila demoniache. Non meno di questo si aspetta da Jahtir, il liberatore, flagello degli schiavisti. Chi fosse lo straniero con cui aveva discusso con tanta foga, però, non ne aveva la ben che minima idea. L'unica sua certezza era che egli non fosse umana, e che comprendesse fin troppo bene cosa l'immortalità rappresenti. Quel fardello, o benedizione che fosse, imposto su di lei e su altre poche creature che solcavano il Thedas da secoli, o eoni che fossero. Ed ancora una volta lei è li, testimone di una battaglia che avrebbe marchiato a fuoco il futuro di mezzo continente, in un modo o nell'altro.



« Col passare del tempo i nomi diventeranno bisbigli, i volti sfumeranno in macchie incolore, le voci diverranno racconti presto consegnati alla leggenda. Succede sempre così, ogni volta, ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Non sono arrabbiata, non ne ho motivo, semplicemente è nella natura delle persone il dimenticare. » Quella sera la sua fortezza aveva però un'ospite d'eccezione, non un semplice schiavo, ma un Mammelucco. Vestito di un'armatura leggera e ben congegnata, le placche metalliche disposte per coprire gli organi vitali, senza però intralciare in alcun modo le giunture. Odette li guardava sempre con un certo fascino, incuriosita da quell'alone di mistero, da quel macabro credo che li aveva resi senza paura, ma mai incauti. La cieca fedeltà di un non-morto, la semplice ferocia di chi invece vive ancora. Ai suoi occhi erano come degli eroi che non chiedevano nulla in cambio, ligi al dovere fino alla morte. « Ma sono tutte vere quelle cose che dicono su di voi? Davvero non hai paura di morire? »

« Non esiste fuga dal nostro credo, non esiste paura al calare della tenebra. Non esiste vita nella nostra esistenza, poiché quando un nuovo schiavo guerriero viene alla luce, egli è già morto. E pertanto non vi è morte che egli tema. » Non aveva nemmeno un nome, pensò Odette, mentre quell'uomo dalla carnagione olivastra, coperto da capo a piedi da un lungo mantello nero come la pece recitava il suo mantra. Eppure un risolino le sfuggì dalle labbra, non perché trovasse il suo credo ridicolo, questo mai. Perché lei che la morte l'aveva affrontata, senza sconfiggerla del tutto, si prodigava da secoli nel comportarsi come se fosse ancora viva e vegete. Ed invece dinanzi a lei stava un uomo che, pur se vivo, si considerava nato morto per portare a compimento la sua missione sacra. Lei non ci sarebbe mai riuscita, a non temere la morte. Eppure, a volte, non riusciva a non pensare al giorno in cui si sarebbe stufata di vivere. « Hai molto coraggio a presentarti qui, piccola creatura. Cosa sei tu in realtà? »

« Io... sono, semplicemente. Volevo essere qui, alla fine di questa storia, alla vittoria o la grande disfatta dell'eroe Nanico e del suo piccolo esercito di senza paura. Perché quando il tempo inizierà a consumare il ricordo di questa battaglia, e le malelingue cominceranno ad infettare le vostre gesta, io mi ricorderò di voi. Quando le generazioni saranno passate, quando questa landa cinerea vedrà di nuovo la vita e i segni della battaglia saranno ormai dissolti, io mi ricorderò di voi. Non come schiavi, avventurieri, mercenari o Mammelucchi. Perché qui... » Il Mammelucco osserva la piccola vampira con sguardo impassibile, eppure non manca di udire nemmeno una sillaba di quanto detto. Non c'era trepidazione nel suo sguardo, nei suoi movimenti, eppure egli era li per capire e comprendere le ragioni di lei. Inamovibile, attendeva la fine di quella conversazione. « Perché qui ci sono solo eroi, monsieur Mammelucco. Perché l'unica vera morte che io accetti sta nell'essere dimenticati, nel lasciare che il tempo mastichi e distrugga ogni ricordo di ciò che siamo stati. Ma voi sarete immortali, ognuno di voi. Perché io mi ricorderò di voi. »



Dello schiavo chino sul pesante onagro, che pulisce con minuziosa attenzione gli ingranaggi dello strumento d'assedio, assicurandosi che nulla possa interferire col funzionamento dello stesso. Del Mammelucco che se ne sta in disparte, seduto dinanzi al fuoco. recitando più e più volte i versi del Furūsiyya, concretizzando le sue certezze e scacciando ogni ombra di timore. Ai rumorosi mercenari, che incantano canzonacce oscene o meno per farsi coraggio tra di loro, buttando giù un altro boccale di quel delizioso Idromele portato sin dalla fredda Ystfalda. Perché, nel suo piccolo, lei non avrebbe permesso a nessuno di quegli invisibili, di quegli uomini i cuoi nomi non sarebbero mai stati ricordati, di svanire. Perché lei sarebbe sopravvissuta, lei avrebbe perseverato nella sua eternità. Lei non dimenticherà nemmeno una di quelle facce. Lei non gli avrebbe mai permesso di morire.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//






Ed ecco l'intro :sisi:


 
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Caccia92
view post Posted on 30/11/2015, 22:58






Robert aprì gli occhi e il buio lo avvolse.
Accese la candela sul comodino e respirò piano, assorbendo l'odore di lenzuola pulite e pelle di donna. Guardò a sinistra, verso la finestra socchiusa della sua stanza. Non riusciva a capire se era già tardo pomeriggio o solo primissima mattina, perché nessuna luce filtrava dallo spiraglio tra i pannelli di legno. Allungò cautamente una mano sul fianco per incontrare il corpo di sua moglie; non trovò nulla. Probabilmente aveva perso la giornata di lavoro.
Si alzò e stirò gli arti. Sentiva le palpebre pesanti, nonostante la lunga dormita. Non si tolse la vestaglia, ormai non era più necessario. Camminò fino al principio delle scale maledicendosi per la sua irresponsabilità e si avviò al piano inferiore. Stranamente, nemmeno dalla cucina giungevano bagliori o luci. In quel momento, Robert si accorse anche della totale assenza di suoni.
Per Ogron! Che sta succedendo?
Ladri? Avrebbero controllato anche la stanza da letto e lo sgabuzzino. Forse Lilin si era scordata di comprare qualcosa al mercato e Nicholas stava giocando in giardino. Sì, doveva essere così.
Tornò a passi leggeri fino al comodino e prese la candela. La piccola fiammella guizzò, irritata dallo spostamento d'aria; Robert la cinse con la mano per evitare che si spegnesse, poi discese velocemente gli scalini che lo separavano dal primo piano. Ad ogni gradino tendeva maggiormente le orecchie per avvertire un qualunque rumore proveniente dalla strada o dall'esterno della casa. Non sentì nulla. Erano andati a passeggiare per lasciarlo riposare in tranquillità? Non ricordava di aver preso la febbre o di essere stato male quella notte. In verità, non ricordava nemmeno di essersi addormentato la sera prima. E nemmeno cosa aveva fatto il giorno precedente.
Giunse sul pianerottolo della cucina e il suo piede affondò in un liquido denso e appiccicoso. Guardò in basso e vide del sangue. Una marea di sangue. Sollevò gli occhi lentamente, come se volesse gustare la scena nei minimi particolari. Due figure pallide, una grande e una piccola, stavano riverse nella pozza scura che si era allargata sul pavimento: una era sua moglie, con gli occhi vitrei fissati nel vuoto; l'altra, che aveva la testa frantumata in una maschera sanguinolenta, era Nicholas.
Robert rimase senza parole e tutto il mondo prese a vorticare furiosamente. Lasciò cadere il moccio e si portò le mani sul volto. Ma non erano mani quelle che gli cinsero gelidamente le guance...erano artigli neri come la notte.
E, improvvisamente, capì di essere stato lui a compiere quel massacro.



Fetiales;
« redemption »


jpg







¬ Sürgün-zemat
Una collina nei pressi del Buco del Diavolo


Robert si svegliò nella polvere e tossì. I suoi occhi faticarono ad abituarsi alla prepotente luce che martellava la superficie calda della collina. Si ritrovò a fissare un terreno giallognolo pieno di venature simili a crepe. L'alba era già passata da un pezzo.
Era successo di nuovo. Quell'incubo, quella serie di immagini; quella casa che sapeva di buono. Poi il sangue e la disperazione. In un passato lontano, quando si era appena destato dalla morte e ancora provava a rimettere insieme i pezzi della sua mente, quella visione sarebbe scivolata come acqua sulla pelle già bagnata. I timori e la preoccupazione di distinguere il vero dal falso lo avrebbero condotto in un labirinto di quadri dipinti nel nulla, facendolo perdere più volte. La pazzia, minacciosa compagna, si sarebbe presentata ad ogni angolo per tenerlo lontano dai vicoli ciechi.
Ma l'abitudine e il continuo susseguirsi dei giorni intorpiditi da ricordi di estranei lo avevano reso più attento, più audace. Più consapevole. E Robert cominciava a capire, a scoprire.
Si alzò dal giaciglio improvvisato, senza preoccuparsi di togliere la polvere dai vestiti logori. Camminò verso Sud. Le gambe si trascinavano stancamente, i piedi incespicavano nelle fenditure del terreno. Raggiunse un punto in cui poteva spaziare con lo sguardo su tutta la porzione di landa compresa tra le montagne e il Buco del Diavolo.
Rabbrividì.
Sotto, dove le basse colline s'incontravano per formare delle conche longilinee, si muovevano i Caduti. Robert immaginò un serpente privo di pelle e dalla struttura aberrante che sgusciava fuori dalla sua tana. Bestie grottesche, umanoidi abulici e mostri di forma indescrivibile si accalcavano gli uni sugli altri, incuranti dello spazio che occupavano con la loro mole unificata. Più individui di grosse dimensioni sbattevano in continuazione contro le pareti sabbiose, provocando valanghe di detriti e polvere. Non avevano riguardo per la disciplina; se uno cadeva, subito cinque paia di piedi o di zoccoli lo schiacciavano come se nulla fosse. Era quella, tuttavia, la loro forza: non possedevano sentimenti e, forse, nemmeno l'anima.
Robert si ritrovò inconsciamente a fare paragoni spaventosi. Anche lui, in un certo senso, si sentiva come una massa informe e poco intelligente, un residuo di ciò che era stato. Un guscio non vuoto, ma riempito di cose sbagliate ed estranee. Erano passati molti cicli dal suo ultimo viaggio per conto della Corruzione nel desertico Bekâr-şehir, eppure non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di essere costantemente osservato da Lei.
« È tempo di muoversi. »
La voce giunse dal profondo, un brontolio che scosse ogni fibra del suo corpo.
Muoversi. Robert non voleva farlo, non voleva unirsi alla calca di animali per intraprendere una guerra di cui nemmeno conosceva l'inizio. Era stanco di prendere ordini, stanco di trascinarsi seguendo percorsi non suoi, stanco di uccidere nel nome di un cancro che imputridiva la terra e spezzava le regioni. In verità, era stufo persino di vivere. In fondo, che senso aveva l'esistenza privata dell'identità?
Ma non desiderava neppure la morte.
« Tu vuoi morire? » chiese a sé stesso.
La voce attese qualche istante per riemergere. Robert interpretò quell'attesa come una pausa di riflessione e valutazione.
« No, non desidero svanire da questo mondo. » un'altra pausa « Tu lo vuoi? »
« No. » Una risposta secca che non passò inosservata.
« Che cosa ti turba, Robert? »
Robert non voleva parlare dei suoi dubbi e timori. Avrebbe preferito di gran lunga agire di testa sua, scostandosi dal giudizio interiore. Tuttavia, era sopravvissuto fino a quel momento grazie allo spirito nero che albergava dentro il suo corpo; si sentiva quasi obbligato a confrontarsi. Il Divoratore, con le sue cacce notturne, aveva impedito sin dal principio che la sua mente andasse alla deriva. In modo brutale e inumano, certo...ma era il suo modo di proteggerlo. Un istinto.
« Mi sento sporco. » riassunse, infine.
« Non ci sono fiumi nei dintorni. Dovrai sopportare. »
Robert sbuffò.
« Non in quel senso. Intendevo... » ci pensò un attimo, ma non trovò altri termini « Cattivo. »
« Buono o cattivo non fa differenza. Dobbiamo muoverci. Sono i nostri ordini. »
« Ordini? Non sono un Caduto, non faccio parte dell'esercito. Voglio restare qui. »
« Restare qui? »
Percepì una nota di impazienza nella voce del Divoratore.
« Non possiamo contrapporci alla volontà della Corruzione. Lei ci tiene sotto controllo. »
Dunque era vero. Da qualche parte, in quella distesa brulicante di mostri, si nascondeva la mente dell'alveare. Si era sempre presentata con tratti vagamente femminili, eppure Robert non conosceva il suo sesso. Da quanto ne sapeva, poteva essere anche un semplice organismo che si moltiplicava a dismisura e donava forme differenti al suo corpo. Nella maggior parte dei casi veniva definito Ahriman.
Dove sei? Sai ciò che sto pensando?
Era impotente. Doveva aggregarsi alle altre bestie e combattere quella guerra. Spargere sangue inutilmente, gettare nel terrore gli uomini. Distruggere famiglie...come nell'incubo.
Ma non voleva! Perché non poteva scegliere? Perché aveva sempre delle catene intorno ai polsi?
« Dannazione! »
Era la prima volta che imprecava ad alta voce. Gli era piaciuto...lo aveva fatto sentire vivo, reale.
Con un'anima.
Passarono alcuni minuti. La fiumana di Caduti avanzava lentamente e inesorabilmente, facendosi strada attraverso la terra più dura e il pantano più profondo. Molti inciamparono e si persero in mezzo alle innumerevoli teste. Un borbottio cupo e fastidioso trasportò la volontà della corruzione sopra le colline e oltre chilometri di sabbia e polvere.
Robert fece qualche passo verso il dolce pendio collinare. Era tempo di muoversi.
« Aspetta. »
Cosa?
« Mi è venuta un'idea. »



† † †




¬ Sürgün-zemat
Un accampamento sul confine con Taanach



Camminava in mezzo alle tende e osservava. C'erano macchine d'assedio costruite in legno rigido, palizzate con punte temprate a fuoco, fucine mobili, barili pieni d'acqua, sacchi di granoturco e frumento, bracieri di ferro e una grande struttura rotonda nel centro. Ovunque si percepiva il battere dei martelli sulle incudini, il mormorio e il cicaleccio sommesso dei soldati, lo sfrigolare delle pannocchie sugli spiedi. L'aria era impregnata dalla puzza di sudore e dall'odore del grasso che si spalmava con la segatura sulle armature.
Robert sorrise: quell'ambiente era molto differente al Buco del Diavolo, nonostante distasse solo mezza giornata di cammino.
Era giunto all'accampamento degli uomini mentre il sole stava tramontando. Si era presentato alle guardie spacciandosi per un volontario dei territorio vicini, poi all'ufficiale di reclutamento come un apprendista di magia che desiderava partecipare alla guerra. Non erano emersi grossi problemi: era uguale in tutto per tutto ad un uomo e avevano un disperato bisogno di truppe supplementari. L'Ahriman non era intervenuto per ovvi motivi. Avere due paio di occhi in mezzo al nemico poteva risultare estremamente vantaggioso.
Un'idea geniale. Non sapeva perché il Divoratore avesse cercato un modo per allontanarlo dai Caduti, ma gli era profondamente grato. In quel modo poteva rimandare, seppur di poche ore, la sua decisione. E, cosa più importante, aveva la possibilità di scegliere.
Passò accanto ad un gruppo di individui rannicchiati intorno al fuoco. Portavano semplici vesti bianche e parlavano in una lingua a lui sconosciuta. Da quello che aveva compreso ad un primo fugace sguardo, l'esercito si divideva in guerrieri, volontari esterni e una terza parte che non possedeva nome. Schiavi, probabilmente. Ma non importava in quali occhi scrutasse, vedeva sempre la stessa cosa: paura. Ed era una paura consistente, palpabile.
C'erano anime vere tutt'intorno a Robert.
« Ti devo chiedere una cosa... » sussurrò.
La voce oscura rimbombò all'interno della sua testa.
« Ho mangiato la notte scorsa. Posso resistere, se rimani sveglio. »
« Rimarrò sveglio. Non ha senso dormire proprio ora. »
Scrutò nelle tenebre finché non trovò la punta del grande tendone che aveva notato prima in lontananza. Sembrava il luogo più interessante da perlustrare.
O da spiare.
Si avvicinò. Man mano che avanzava tra i vari falò, il numero di soldati in armatura aumentava. Nessuno, tuttavia, lo bloccò o gli fece domande. All'interno del tendone si intravedeva una luce. Si sentivano anche delle voci. Due voci ben distinte. Una sembrava rauca e cavernosa; l'altra era più leggera, delicata, con un timbro quasi inumano.
Una frase, tra le righe di un discorso di cui aveva perso buona parte, lo colpì nel profondo.
« Il tuo sguardo è identico a quello dell'Ahriman. »
Qualcosa cadde e si ruppe. Il suono cristallino spezzò un silenzio irreale che rischiava di schiacciare i pensieri di Robert.
Si spostò rapidamente, frugando con gli occhi negli spiazzi tra una tenda e l'altra. Trovò quasi subito ciò che cercava. Allungò le mani sul legno rinforzato e fissò il contenuto del barile. La superficie calma dell'acqua gli restituì l'immagine di un uomo di mezz'età, sciupato e con la barba incolta.
Lo sguardo dell'uomo era spento e privo di colore.













ROBERT/DIVORATORE


Critico {40%} ~ Alto {20%} ~ Medio {10%} ~ Basso {5%}



Mente: 125%
Energia: 100%
Fisico: 75%

Passive utilizzate:
Nessuna.

Attive utilizzate:
Nessuna.

Riassunto/Note/Altro:
Mi è particolarmente piaciuto scrivere questo primo post di presentazione. Ho sperimentato un nuovo Robert, donandogli tratti più umani e mostrando il Divoratore non come controparte primitiva ed estremamente brutale, ma al pari di un compagno di viaggio. Penso sia tutto chiaro già nel testo, quindi mi limito ad augurare a tutti: buona giocata!
 
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view post Posted on 1/12/2015, 00:39
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Non si era mai spinto così a Sud, e nemmeno in cuor suo sapeva per quale motivo avesse raggiunto lo Sürgün-zemat. Era la sua natura demoniaca che lo trascinava verso l'Ahriman, erano le parole della profezia che gli rimbombavano nella mente a farlo andare avanti o ancora semplice e stupida voglia di mettersi alla prova?
Di storie ne aveva sentite tante quando nel Sultanato Jahrir, il nano, aveva raccolto mezzo migliaio di schiavi e cercava almeno altrettanti volontari per quella che sembrava una causa suicida il panico si era diffuso: nessuno era stato costretto a partire, ma il motivo di quello schieramento aveva destabilizzato l'Akeran intero. La lotta contro l'Ahriman, il Signore dei Demoni, era arrivata al capitolo finale: da una parte la schiera deforme dei caduti corrotti dall'Ahriman, dall'altra un nano a capo di nemmeno mille uomini con non si sapeva quale particolare piano per salvare Theras.
E si era messo in cammino anche lui, una carovana era partita da Qashra per arrivare all'ultimo avamposto prima dell'arida zona meridionale dove si sarebbe svolta la battaglia, da lì aveva continuato da solo fino a raggiungere l'accampamento di Jahrir.
Quando il Quarto vincerà il Terzo...
Possibile che la morte dell'Ahriman poteva influenzare il futuro di Montu? E chi doveva prendere il suo posto, chi era il Quarto profetizzato dall'Ogre?
La vista dell'accampamento però gli fece capire che, forse, aveva fatto la scelta sbagliata a presentarsi. Aveva raggiunto la zona superando un crinale roccioso e vedeva sotto di lui una manciata di tende tirate su alla rinfusa: i mamelucchi erano silenziosi, sicuramente i più abituati alla guerra, ma non erano più di qualche centinaio; gli schiavi erano terrorizzati, sicuri che Jahrir e i suoi ufficiali li avrebbero usati come carne da macello contro il terribile nemico; i volontari si aggiravano intorno alle poche macchine da guerra affilando le armi dai fabbri, ed erano un centinaio. Peggio, molto peggio di quanto chiunque potesse aspettarsi. Il Demone non osava nemmeno immaginare l'animo del nano in quel momento. Non aveva speranze.

Raggiunse anche lui la zona dei fabbri passando vicino un grande trabucco, e si rese conto solo in quell'istante che era circondato da uomini che erano partiti con l'unica intenzione di uccidere il Signore dei Demoni e massacrare il suo esercito e... beh, il fatto che Montu fosse un Demone rendeva quel luogo il più sbagliato in cui potesse trovarsi in quel momento. Capì però presto che i volontari giunti fin lì non si sarebbero curati di lui, e in ogni caso non sarebbero mai venuti a conoscenza del suo segreto, troppo impegnati a nascondere il loro, perchè in fondo nessuno si avventura per una missione suicida se non per fuggire da qualcosa. Di quei soldati quanti tenevano veramente al futuro dell'Akeran, di Theras? Lui stesso non era stato minimante toccato dalle possibili conseguenze di quella battaglia -arrivata alla fine di una guerra combattuta troppo lontano dal Demone perchè lui potesse rendersi conto della sua ferocia- e quel pensiero lo turbò.
Com'era possibile che nel Dortan non si parlava di ciò che stava succedendo a Sud? Non si rendevano conto che anche se lontane quelle terre erano Theras? Forse tutti si sarebbero svegliati dal loro torpore -Montu compreso- solamente quando l'Ahriman avesse raggiunto l'appena nata Ladeca dopo aver marciato sulle rovine di Basiledra e averne fatto scempio. E nel frattempo le truppe corrotte si sarebbero rinfoltite, la loro potenza sarebbe aumentata, e nessuno sarebbe più riuscito a fermarli. Si sarebbero riversati nell'Edhel scavalcando l'Erydlyss e avrebbero distrutto Lithien cancellando la memoria degli uomini da Theras. Il mondo poteva essere già perduto, e perchè? Perchè a fronteggiare l'orrore non c'era un esercito di Theras, i popoli non avevano accantonato le loro dispute per combattere il nemico comune, ma ignorando il quadro generale si occupavano solamente di ciò che succedeva sotto il loro naso, e lì, in quell'angolo sperduto del mondo, c'era solamente un nano. Un nano piegatosi al bisogno di uomini che aveva rinunciato alla sua guerra allo schiavismo, era lì e combatteva. Era lì e sarebbe morto anche per dei folli che non gli avrebbero mai reso grazie. Il Demone capì di essere un codardo, e il cuore gli si riempì di rabbia verso sè stesso ma anche verso Jahrir, perchè lottava ma era complice dello scempio che si stava perpetrando, perchè senza dubbio per orgoglio non aveva chiesto supporti a Nord. Ormai era troppo tardi, la guerra aveva raggiunto il culmine e c'erano solo loro.
La consapevolezza del perchè stavano per combattere investì l'Eterno, che dimenticò i suoi dubbi al momento della partenza e le parole della profezia.
Forse la sua esperienza poteva aiutare, di battaglie ne aveva viste fin troppe, e aveva avuto la sua dose di corrotti durante la Guerra del Crepuscolo.
Raggiunti i fabbri si sarebbe informato su quale fosse la tenda degli ufficiali. Ormai era in gioco, tanto valeva fare di tutto per far sopravvivere più uomini possibili in quel pugno di disperati che lo circondavano. E magari Theras si sarebbe potuta anche accorgere del rischio che aveva corso.



Energia: 150%
Fisico: 75%
Mente: 75%
Riserva CS: 0

Equipaggiamento:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
//

Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Note: Ed eccomi anche io. Nulla da segnalare per questo giro.
Buona quest a tutti!
 
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view post Posted on 1/12/2015, 21:19
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Jahrir Gakhoor
il quarto Ahriman

— per shaelan —

qcHWg31


...Comprendo.
L'arringa di Venatrix aveva svuotato Jahrir dalla sua agitazione. Il nano era andato a cercarsi una lunga pipa di noce e l'aveva riempita di foglie di tabacco che aveva fatto affumicare ed essiccare nei giorni prima. L'accese con un cerino e ne prese lunghe boccate, trattenendo il fumo tra naso e palato prima di mandarlo giù. Il drago gli sorrideva con un'onestà accecante al punto da non fargli intuire quanto si fosse avvicinato alla verità dicendo che "i suoi occhi erano identici a quelli dell'Ahriman."
Comprendo. Sì, comprendo. — cercò di convincersi, recitando quel piccolo mantra. Litigare non avrebbe risolto nulla. — È impossibile sfogarsi con te, Aleksjéj.
Il sorriso del drago si allargò. Per un attimo Jahrir pensò che si sarebbe messo a ridere, ma non lo fece. Non l'aveva mai visto ridere, in effetti.
Confesso di dispiacermene un poco.
Jahrir andò a sedersi. Fumava lentamente e guardava Venatrix di sottecchi; di tanto in tanto corrugava la fronte e tirava su col naso.
Mettiamo le cose in chiaro. — si decise, quindi, quando si sentì più tranquillo. — Tu non mi piaci, drago. Non riesco a capire cosa pensi e ciò mi fa dubitare da che parte tu stia, o che gioco tu faccia. Da quando ti conosco me ne sono capitate di tutti i colori e per quel che ne so potresti essere un lanetli shabāha mandatomi dall'Ahriman per corrompermi, come ha fatto con il Beik della chimera. Se così fosse, non ci sarà nessuna battaglia da combattere.
L'altro non rispose, mantenendosi composto ed educato nel suo silenzio.
Ma se una battaglia dovesse esserci, allora ho bisogno che tu faccia piovere fuoco sulle teste dei caduti. E di Giano. Non sono così stronzo da non capire quanto il mio impegno da solo sia inutile contro voi mostri. Quando tutto questo sarà finito, però, andremo per le nostre strade: tu potrai andare a combattere qualche altro Dio e io mi ritirerò a vita privata, una volta per tutte. E di te non vorrò vedere nemmeno una cartolina di Beata Riunificazione, intesi?
Aleksjéj sbatté le palpebre, imperscrutabile. Le sbatté una sola, maledettissima, volta; come un corpo congelato che riprende coscienza.
Immagino di non poter piacere a tutti.
Infatti.
E ora?
Ora lasciami in pace. Non so come funziona il corpo di voi draghi, ma io ho bisogno di almeno un paio d'ore di sonno. Domani avremo modo di parlare di nuovo, dopo che mi sarò occupato di organizzare le forze.
Venatrix sorrise e si concesse un moderato inchino, chiudendo le palpebre e piegando un braccio dietro la schiena. Ogni movimento che compiva era dannatamente perfetto.
Quando uscì dalla yurta, di lui rimase soltanto il ricordo del suono dei suoi braccialetti.
Avresti dovuto mandarlo via del tutto. — disse la voce di Shaelan. Non lo abbandonava mai. — Come puoi fidarti di uno così?
Jahrir ispirò lentamente dalla pipa. Si sentiva mortalmente stanco, come se la mano di un gigante l'avesse stritolato, svuotandolo di tutta l'aria che aveva in corpo.
Non mi fido. Ho bisogno di lui.
Soltanto se si confermerà essere un alleato.
Shaelan, ti prego...
Va bene, domani ti attende una giornata impegnativa. Buonanotte, benim sevgili.
Ispirò a lungo. La mancanza di un contatto con la pelle, le dita e le labbra di sua moglie lo dilaniava.
Mmh. — si limitò a rispondere. — Buonanotte.

Naturalmente non riuscì a chiudere occhio. La notte la trascorse naufragando su un pietoso e ininterrotto flusso di coscienza che lo spingeva di minuto in minuto contro gli scogli delle sue preoccupazioni, intrappolandolo in una navigazione burrascosa. Riprese possesso di sé solamente nel pomeriggio del giorno dopo, quando Zuben si oppose alle sue decisioni, costringendolo a gettare un'ancora sulla realtà.
Non sono d'accordo, Kahraman.
Lui nemmeno si rendeva conto di dove fosse. A qualche metro di distanza da lui alcuni schiavi che stavano armeggiando con delle travi di legno si fermarono, intimoriti dalla risolutezza del mamelucco.
Come...? — chiese Jahrir, onestamente confuso. Ricordava soltanto di essersi svegliato e di aver ordinato ad alcuni uomini robusti di fortificare l'accampamento, costruendo un congruo schieramento di picche da disporre a quadrato intorno all'area, per ostacolare i movimenti degli assalitori. Il legno di cui disponevano era limitato, ma sarebbe bastato a fortificare gli accessi più scoperti. Il resto di loro si sarebbe nascosto fra le rocce, sfruttando i diversi strati della roccia vulcanica a proprio vantaggio. — Puoi ripetere?
Trovo che la vostra scelta tattica sia discutibile, Kahraman. Con tutto il rispetto.
Jahrir faticava a concentrarsi. Fece per prendere una boccata di fumo dalla pipa, ma si rese conto di non averla con sé.
Spiegati.
Gli occhi del mamelucco erano colmi di un'esitazione straniera. Nella sua voce c'era del genuino scetticismo.
Il nostro obiettivo non dovrebbe essere quello di sconfiggere l'Ahriman, Kahraman?
Esatto.
E come sperate di riuscirci, ordinandoci di ritirarci nel guscio, come una tartaruga? — La metafora era particolarmente azzeccata. — L'Ahriman non entrerà nell'accampamento di sua spontanea volontà, e i caduti ci superano in numero di cinque a uno. Prolungare la battaglia li spingerà a circondarci, impedendoci di concentrare i nostri sforzi su un unico fronte. Non abbiamo arcieri abbastanza abili da sfruttare, né la posizione accidentata ci permette di usare onagri e trabucchi come avremmo potuto fare in campo aperto. Limitandoci a difendere l'accampamento non faremo che ritardare l'inevitabile; dovete rendervi conto che queste dune non sono una fortezza, ma soltanto un buco fortuito.
È la scelta più sicura. Tagliare la testa all'Ahriman non è l'unico modo per porre fine a questa battaglia.
Ma con questi uomini a disposizione? Non appena i caduti bloccheranno loro le vie di fuga, gli schiavi cederanno alla disperazione.
E alla corruzione.
Zuben corrugò la fronte, lanciando uno sguardo severo a Jahrir. Non poteva sentire la voce di Shaelan. Nessuno la sentiva, tranne lui.
...Per quale ragione avete voluto un esercito di mamelucchi, se non siete disposto a lasciarci cavalcare?
Il nano sollevò una mano e si strinse il setto nasale, cercando di rimettere insieme i propri pensieri. Quella mattina arroccare il battaglione gli era sembrata una buona idea; perché?
Non ho voluto niente, Zuben. Non ho avuto scelta.
L'avete ora. Lasciateci caricare il nostro nemico, come siamo stati addestrati a fare.
No. È una pazzia. Morireste in numero troppo grande.
E aspettare immobili che le fauci dell'Ahriman si chiudano sarebbe un'alternativa migliore? Quelle picche saranno i tumuli di noi tutti, se decideremo di arroccarci in questa posizione. Il Furūsiyya ci insegna che...
Basta, Zuben! — l'urlo fece voltare nella loro direzione un gran numero di soldati. — Così ho deciso! Ora torna ai tuoi impegni.
Il mamelucco si irrigidì. Sulla sua pelle s'era contratta una ragnatela di rughe e i suoi occhi erano lucidi di delusione. Dopo mezzo minuto d'attesa, Jahrir lo vide mordersi le labbra e piegare la schiena tenendo le braccia tese, poi s'allontanò. Gli schiavi tornarono immediatamente al lavoro.
Il nano attraversò l'accampamento e si diresse sulla cima del rilievo roccioso.
Tra le facce pallide degli uomini del califfo notò numerosi volontari; le loro armi scintillanti, le loro espressioni decise e il loro silenzio li facevano risplendere come diamanti in mezzo al carbone. Avrebbero giocato un ruolo fondamentale per la battaglia a venire.
Zuben ha ragione, lo sai.
La voce di Shaelan lo colse da solo, impegnato a studiare l'orizzonte dell'abisso impreziosito dallo zenit.
Non ho intenzione di usarli come carne da macello.
Ma così li stai mandando incontro a un destino peggiore.
Alzando lo sguardo rimase accecato dalla luce del sole, ma vide comunque l'ombra di un drago aggirarsi fra le nuvole gonfie di cenere. O almeno pensò che lo fosse.
Ha importanza? Non saranno le mie decisioni a determinare l'esito della battaglia.
Stai sminuendo l'importanza del tuo ruolo.
Il mio ruolo è quello di preservare le vite di questi schiavi prima dell'intervento di Giano e Aleksjéj.
Se interverranno.
Jahrir rimpianse di non avere con sé la sua pipa.
Perché ci tieni così tanto?
Si volse verso l'accampamento. Gli schiavi si muovevano in manciate di cinque persone, mormorando tra loro e stringendosi fra gli stracci. La maggior parte di loro non aveva mai impugnato un'arma, né sapeva da che parte indossare la propria armatura. Esattamente com'era stato per lui all'alba della Riunificazione.
Perché sono dei bastardi. — rispose a Shaelan, fissando un mamelucco che carezzava il fianco del proprio cavallo. — Perché sono infedeli. Perché sono bugiardi. Avvelenati, egoisti, amorali, carnefici, libertini. Figli di puttana, di clandestini. Sporchi, stronzi, anarchici, froci, ubriaconi, bifolchi, coglioni, blasfemi...
Uno schiavo inciampò, facendo cadere a terra gli attrezzi che stava portando. Tutti gli uomini intorno a lui scoppiarono a ridere.
...esseri umani. — come lui. — Non posso abbandonarli.
Ebbe la sensazione che Shaelan stesse sorridendo. Quel sorriso; il loro sorriso. Il viso di Shaelan diventava più sfocato ogni giorno nei suoi ricordi, così come l'odore dei suoi capelli e il sapore della sua pelle. Restava solo il suono della sua voce, che lo tormentava come una maledizione.
Ricordi la poesia di Vadim Vuslat?
Quella che recitai per te la notte prima dell'assedio a Qashra?
Sì.
Che approccio da cretino, nel mezzo di una battaglia.
Mi ha fatto piacere.
C'erano altre cose a cui pensare.
Vorrei sentirla di nuovo.
Jahrir alzò una mano per allontanare le lacrime dagli occhi.
Come petali e foglie, siamo cresciuti tutti insieme dalla stessa venatura di un ramo.
Ma poi...
Come petali e foglie, siamo stati tutti diramati a piacimento in comprimari ed eroi.
Ma con la bruma...
Tutti insieme cadiamo giù.
Giù.
Sia petali che foglie.
E mentre le stagioni vanno e vengono
Incontro foglie e petali che svengono
E mi chiedo, spalancando la finestra
...quale vita può competere con questa.
Un soldato in lontananza colpiva un manichino d'addestramento a ritmo regolare, scandendo il tempo. Jahrir si sedette a gambe incrociate sulla roccia. Gli mancava il fiato.
Non puoi salvarli tutti, benim sevgili. La morte è naturale. Devi accettarla. Fa parte del ciclo.
Le lacrime impedivano a Jahrir di guardare oltre un palmo dal naso, ma riuscì comunque a scorgere l'orda dei caduti profilarsi all'orizzonte. Piangeva in modo goffo, sussultando e grugnendo, e ingobbendosi al punto da contorcere il proprio corpo.
Io... non sono riuscito a salvarti...
Io non sono questi schiavi.
Perché... continuo a sentire la tua voce...?
Già lo sai.
No...
Chi credi che io sia?
Shaelan, ti prego...
No.

Non sono neanche Shaelan.

E9WC2PS



CITAZIONE
E su questo allegrissimo siparietto sulla vita di Jahrir, venite attaccati dall'orda dei caduti (come il nano intravede durante il post). Il post è raccontato tutto dal suo punto di vista, e ho voluto lasciare la descrizione dell'attacco a voi utenti, per evitarvi di dover ripetere qualcosa scritto da me. L'attacco avviene come segue:

I caduti attaccano da Sud. Il loro numero si aggira intorno alle cinquemila unità; è difficile contarli. È mezzogiorno. Vengono visti da numerose vedette contemporaneamente. Nessuno capisce dove siano Jahrir, né Venatrix, quindi dopo qualche attimo di panico Zuben prende il controllo dell'esercito con tono fermo e sicuro. I demoni si muovono lentamente e ci metteranno più di un'ora per giungere a portata di tiro, quindi c'è tutto il tempo per prepararsi ed armarsi (pettiere di cuoio temprato e daghe, principalmente, per gli schiavi. I mamelucchi sono messi un po' meglio, con archi, scimitarre e armature più complete).
Quando l'armata è vicina, Zuben fa attivare i trabucchi e massacra centinaia di caduti dalla distanza. Data la posizione incassata fra le mura, però, molte armi d'assedio non possono essere manovrate a dovere e infliggono danni minimi all'esercito nemico, che è composto da caduti di tutti i tipi [paragrafo "truppe"]. In questa fase potete anche voi sparare contro l'esercito, se volete, che nella sua interezza conta come un personaggio che dispone del 300% in ciascuna risorsa (Corpo, Mente ed Energia). Non siate autoconclusivi.
I caduti quindi raggiungono l'accampamento e lo attaccano, arrampicandosi sulla roccia e rimanendo infilzati dalle picche. Molti demoni riescono comunque a superare le difese e a compiere un massacro. Gli schiavi sono terrorizzati, e alcuni abbandonano armi e posizioni. L'attacco dei caduti all'accampamento va contato come un Critico ad area di natura fisica, contro il corpo (alto contro ciascuno di voi).
In bocca la lupo :DD Per qualsiasi altro dettaglio sulla scena potete chiedere in confronto. Potete inventarvi qualsiasi dettaglio e strutturare il vostro post come desiderate, tenendo a mente che questi sono gli avvenimenti. Totale libertà!

Per quanto riguarda le scelte del post precedente (tenete a mente che i personaggi accumulano un minimo di 1 punto corruzione sempre e comunque):

riappacificazione/litigio: far riappacificare Venatrix e Jahrir ha fatto sì che il drago non abbandonasse il campo di battaglia (vd. sotto). Farli litigare avrebbe spinto Jahrir a chiedere al drago di andarsene e ciò, indirettamente, avrebbe aumentato la corruzione di Giano (capirete più avanti). Perciò, 1 punto corruzione per Giano.
ammaliamento/movimento in solitudine: questa era abbastanza ovvia: ammaliare degli schiavi sarebbe stato un comportamento più corrotto che muoversi da sola, ma più sicuro. Zaide guadagna solo 1 punto corruzione.
tattiche difensive/offensive: in realtà i vostri ragionamenti facevano molte pieghe. Le rocce del Sürgün-zemat non sono un castello, e le armi d'assedio hanno bisogno di molto spazio per essere manovrate. Senza contare che i mamelucchi sono cavalieri, quindi danno il meglio di sé in campo aperto. Naturalmente, quella di preservare la vita degli schiavi era la scelta più sana per Jahrir... un po' meno per voi partecipanti. 1 punto corruzione per il Kahraman.


La classifica quindi rimane invariata, e il nano è ancora il personaggio più vicino a trasformarsi nel quarto Ahriman, come si evince anche dal post (la voce che gli parla è ovviamente la corruzione stessa). E questo post è dedicato interamente a lui, anche nelle scelte. Nel prossimo post, l'eroe nanico si riprenderà abbastanza da intervenire in battaglia. Come deciderà di farlo?

• Jahrir tornerà a guidare gli schiavi, ma rimarrà nelle retrovie, dedicandosi a dare ordini e governare la battaglia.
• Jahrir cercherà di richiamare l'attenzione di Venatrix perché si scagli contro i caduti, bruciandoli con il fuoco (accettando la possibilità che l'accampamento possa venirne coinvolto).
• Jahrir scenderà in prima fila, combattendo insieme agli altri come un guerriero normale.


Naturalmente, anche qui potete chiedere ulteriori dettagli sulle scelte.
Come al solito, 3 giorni per i voti e 5 giorni per i post! A voi la tastiera :DD

NdR: buona parte dei dialoghi citano i testi delle canzoni dei The Vad Vuc. Non sapete chi sono i The Vad Vuc? Male male male.


Edited by Ray~ - 2/12/2015, 11:26
 
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view post Posted on 2/12/2015, 23:24
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[...]


II

PoV: Vaalirunah

(Sürgün-zemat)



Il tempo di servi e comandanti sfuggiva al ritmo dei trabucchi che scagliavano la loro personale dose di morte sul nemico.
Vaalirunah non poteva ancora vedere l'esercito dei Caduti incombere sulla loro posizione - si trovava a metà fra gli schieramenti - ma chiudendo le palpebre non gli fu difficile provare a focalizzarne una rappresentazione verosimile. Nella sua immaginazione, l'esercito dell'Ahriman scivolava sulla terra come una macchia di nero inchiostro. La marea avanzava e si dilatava inghiottendo ogni cosa nel suo ventre scuro, incurante di quanti cercavano di mettervi argine. Gli tornò alla mente l'oceano, e al fascino che aveva esercitato sul Primo. Forse, rifletté, vi era una simile forza magnetica a trascinare i viventi fra le fauci della Tentatio; la promessa di un nuovo mondo, la dimensione dove ogni incertezza sarebbe stata risolta e ogni paura fugata. Si figurò dunque la forma concreta della fame più atavica allungarsi sulle pendici dell'arroccamento, strisciare sulle pietre sino a ghermire le sommarie fortificazioni; e fu soltanto quando la vide riversarsi su tutti loro, sommergendoli, che gli riuscì di riaprire gli occhi - trovando inaspettato conforto nella realtà per il momento distante di qualche spanna dalla fantasia.

Per quanto ancora?

Ruotò quasi meccanicamente il capo, scandagliando tutto ciò che vi era fra di lui e l'imminente assedio. Attorno i soldati, i volontari, gli schiavi, tremavano solo vagamente consapevoli di ciò che a breve avrebbero dovuto affrontare. Stringevano la loro spada come fossero l'unica cosa che poteva separarli da morte certa, quando invece l'arma migliore contro la corruzione l'avevano probabilmente perduta da tempo.

Quanto resta ai loro sogni di speranza?

Non condivideva con loro la paura, non avendola mai conosciuta veramente come un uomo o una donna potevano fare; tuttavia provava una sua minore declinazione, l'angoscia di non poter essere abbastanza forte, abbastanza saggio, abbastanza risoluto. Aveva fallito troppe volte, e troppe volte aveva ricercato soluzioni differenti al dilemma dei mortali, finanche al punto di diventarne ossessionato. E che cosa avrebbe potuto recitare a sua discolpa sulle tombe dei suoi figli, se fosse caduto ancora frantumando desideri antichi quanto il mondo?

Quanto resta ai nostri?

Ciò che avvenne poco dopo distolse la Scaglia dai suoi pensieri, e calamitò nuovamente la sua attenzione al concreto.
Le prime avvisaglie dell'avvenuto contatto furono delle grida più avanti, oltre gli schieramenti. Provenivano rumori sommessi di schermaglia, ruggiti e altri versi che nessuna bestia sul continente poteva articolare. Vaalirunah sguainò la spada velocemente, liberando un bagliore che nella tetra luminescenza del Sürgün-zemat apparì quasi come un fiotto di sangue. Molti altri fecero lo stesso nelle sue vicinanze, e come un'onda la frenesia si espanse a macchia d'olio increspando i ranghi. Quando l'esercito dei corrotti sfondò le prime linee fu il caos.

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Un'orda di esseri deformi si avventò, bestie che sembravano generate dalla follia di un architetto demente: aberrazioni tentacolate, grotteschi incroci fra uomini e belve, creature con numerose bocche e occhi. Gli scarti del Baathos erano piovuti su tutti loro con terrificante determinazione, superando le armi d'assedio e le barricate.

Quando i primi furono a tiro, il Sesto si prodigò al meglio delle sue capacità nel tentativo di respingerli, dirigendo le stoccate e organizzando la difesa tenendo in considerazione coloro che lo fiancheggiavano, talvolta a discapito della propria incolumità. I Caduti però erano feroci, ed erano troppi. Presto la carica divenne inarrestabile. Alcuni dei colpi nella mischia penetrarono oltre l'armatura di luce che lo ricopriva come un manto, altri semplicemente lo presero di sorpresa aprendo ferite superficiali ma dolorose. Ai soldati non andò meglio: iniziarono a perdere terreno, spezzati dai colpi barbarici di mostri grossi tre volte loro, o stritolati a morte dalle propaggini che come centinaia di mani si elevavano da ogni dove nelle file nemiche. E per ogni corrotto abbattuto, altri dieci ne calpestavano il cadavere pronti a spargere altra strage. Il panico si impadronì delle truppe che cominciarono a disgregarsi: era il primo segnale della fine imminente.

Di fronte al disastro non sprecò fiato nel gridare raccomandazioni che sapeva essere futili.
Vaalirunah cercò invece di arretrare, di guadagnare spazio e sottrarsi al fetore di morte e di sangue che aveva iniziato ad appestarne il respiro e a confondergli i pensieri. Tenendosi il fianco ferito, volse un attimo il capo in direzione delle retrovie - con la quasi infantile speranza che qualche rinforzo, o qualche ordine dei comandanti potesse arrivare e capovolgere la situazione. Eppur lui per primo sapeva che quell'ordine non vi sarebbe mai stato, e che i rinforzi non sarebbero mai giunti. Potevano solamente combattere e sopravvivere, o cedere e morire. Così, quando i suoi occhi appannati dalla foschia vermiglia della battaglia incontrarono nuovamente quelli dei demoni, ebbe subito chiaro quello che doveva fare.

« Noi non ci concederemo all'oblio. »
affermò sollevando il braccio sinistro, la mano a palmo aperto
« Non ci è permesso di perdere. »
« La promessa ci vincola. »

Fra le sue dita sbocciarono fiori di luce, che presto divennero fiamme maestose e divoranti. Le fece convergere sull'esercito dei caduti, che come un'unica massa di carne ondulante strisciava in avanti, sempre in avanti. Il Sesto sognò di vederli sciogliersi deprivati della forza aliena che li reggeva insieme, di osservare il poco che rimaneva delle loro anime annichilirsi; e al battito della sua ostinazione i fuochi spettrali si gonfiarono ancora, pronti all'impatto, pronti a ingoiare le sagome deformi degli araldi della Tentatio nell'estremo tentativo di arrestarne la furia.























 Energia. {95%}
 Mente. {100%}
 Corpo. {65%}




Condizioni fisiche. Ferite e graffi superficiali sparsi, lacerazione a un fianco.
Condizioni psicologiche. Normali.

Tratti.
— Levitazione [volo] (4/5)
— Calma Interiore [difesa psionica passiva] (6/6)
— Anima d'Acciaio [resistenza al dolore psionico] (6/6)
— Spiegare le Ali [forma astrale] (6/6 - 6/6)
— Sciabola di Folgore [sciabola magica] (6/6)
— Ispirazione [+1CS in Vigore ad ogni cast altrui di tipologia magica] (6/6)
— Intuizione [riconoscimento illusioni + auspex per talento e classe + auspex per suddivisione delle risorse] (6/6 - 6/6 - 6/6)
— Tecnica [capacità di danneggiare la riserva energetica con attacchi fisici] (6/6)
— Memoria Eterna [capacità di rievocare, modificare, cancellare qualsiasi ricordo personale] (6/6)
— Cosmoveggenza [auspex informativo sul territorio] (2/2)
— Vigore [resistenza alla fatica da consumo energetico] (6/6)


Equipaggiamento.
— Spada lunga ornata
— Scimitarra rotta
— Pugnale rituale
— Corpetto di cuoio
— Bracciale cerimoniale (a cui sono assicurate mediante laccio la biglia stordente [1], la biglia fumogena [1], e la biglia dissonante [1])
— Sacchetto di sabbia rimodellante (erba rigenerante [1])
— Pozione rossa (erba medicinale [1])

Tecniche passive e attive impiegate.
CITAZIONE
Manto di Stelle — purché sia nei suoi desideri, Vaalirunah è in grado di arrestare qualunque tipologia di offesa concreta (di natura fisica) diretta alla propria o altrui persona. Il suo corpo, o parte dello stesso, infuso di potere brillerà come fosse tempestato di gemme - una corazza di pura luce dorata che renderà vano ogni tentativo di arrecargli danno. La tecnica è di natura magica.

Consumo: Variabile (energia).

USATA A CONSUMO MEDIO

CITAZIONE
Fiamme Spettrali — a comando, fiamme dai bagliori violacei e dai riflessi argentati origineranno dal corpo del Sesto - propagandosi in forme adeguate alle circostanze; una volta a contatto con il loro bersaglio, esse non intaccheranno la sua carne bensì il suo spirito, che si vedrà corroso ad un'intensità proporzionale allo sforzo immesso. Le conseguenze del danno spirituale possono passare da stanchezza e debolezza, alla perdita della volontà di combattere, in ultimo anche di quella di vivere. La tecnica è di natura magica.

Consumo: Variabile (energia); Danno: Variabile (energia).

USATA A CONSUMO ALTO

Note.
A seguito del contatto Vaalirunah combatte al fianco degli altri soldati, cercando dove possibile di proteggerli. In questo frangente utilizza la sua tecnica "Manto di Stelle" a consumo Medio per smorzare parte degli assalti che subisce, incassando i rimanenti per un totale di un Medio al corpo. Durante la schermaglia impiega anche completamente le sue CS (quattro a Concentrazione prese al turno precedente) in fase offensiva, tentando di menomare quanti più caduti riesca a colpire. Quando poi l'assalto diventa troppo feroce e la gente comincia a morire/disperdersi, decide di passare più sul pesante e utilizzare "Fiamme Spettrali" a consumo Alto, mirando all'orda in fronte a sé.





 
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Caccia92
view post Posted on 5/12/2015, 16:49






« Homo daemones lupus, daemon homini lupior,
daemon daemones lupissimus.
»


L'uomo è lupo con i demoni, il demone è ancora più lupo con gli uomini,
il demone è il più lupo di tutti con i demoni.







¬ Sürgün-zemat
Un accampamento sul confine con Taanach


Robert vagava come uno spirito in pena in mezzo alle truppe. Di tanto in tanto si fermava per osservare i preparativi della battaglia. Non commentava e nemmeno aiutava. La sua mente era in preda ad un blocco, congelata nel dubbio e nei rimorsi. Aveva visto il suo riflesso nell'acqua limpida del barile; un volto scuro, impassibile, con occhi vitrei e assenti. La Corruzione era ancora dentro di lui, l'aveva condotta sin dentro l'accampamento degli uomini. Desiderava fuggire, svanire nella notte per poi lasciarsi alle spalle i momenti peggiori di quel lungo ciclo di morti e disperazione. Eppure...eppure non poteva muoversi. Perché era consapevole della grande rivelazione che gli aveva suggerito il suo sguardo vuoto.
Lui non era niente. Non aveva un'anima, non aveva sentimenti, non era come gli altri. Sopravvivere non generava idee, emozioni, pregiudizi, rabbia. O ricordi. Il suo continuo avanzare da un posto all'altro, nutrendosi dei sogni altrui, lo aveva condotto in un limbo privo di scopo. Solo in quel momento realizzava il suo destino. E non poteva fare altrimenti: la sua memoria era buia. Non esisteva nulla a cui aggrapparsi, nessun futuro in cui sperare. Ma, allora, cosa doveva fare? Cosa voleva fare?
Si fermò vicino ad un fabbro che stava scaldando un pezzo di ferro nella fucina. L'uomo lo osservò con curiosità e Robert restituì un sorriso di circostanza. Si sedette sul bordo della scatola che conteneva gli scarti metallici.
« Perché dovrei combattere questa guerra? » chiese improvvisamente.
Il fabbro, un individuo dalla corporatura massiccia e gli occhi vispi, continuò impassibile il suo lavoro. Poi, mentre posizionava il ferro rovente sull'incudine, sollevò il viso barbuto.
« Non lamentarti, Libero. » borbottò ad alta voce, dando la prima martellata « Io riparo armi e cotte di maglia perché sono costretto. » una seconda martellata, più potente « I mamelucchi combattono perché sono pagati e gli schiavi perché non hanno alternative. »
La terza martellata giunse come un rimprovero « Tu, a differenza di tutti, puoi scegliere. »
Robert rimase un attimo interdetto, tentando di comprendere ciò che aveva appena sentito. Rifletté. Non era la risposta alla sua domanda, ma qualcosa nel discorso lo aveva colpito: nessuno combatteva per il desiderio di farlo. Nemmeno i Caduti agivano di propria volontà. Da una parte c'era la Corruzione, dall'altra una forma istintiva di autoconservazione. Entrambi gli schieramenti, in un modo o nell'altro, agivano per sopravvivere e diffondersi nel mondo. Non esisteva nulla a cui aggrapparsi, nessun futuro in cui sperare. Combattevano perché non potevano fare altrimenti.
Lo sfrigolare del ferro nella bacinella d'acqua fece trasalire Robert.
« Le guerre sono tutte uguali. » aggiunse il Fabbro, asciugandosi il sudore dalla fronte « Che tu vinca o perda, alla fine tornerai a casa distrutto e senza ricompense. »
« Perché, allora, combatti? Perché non attendi che la morte ti prenda? »
L'uomo restò in silenzio qualche istante, guardando la nuova catasta di metallo grezzo che veniva depositata dai soldati accanto alla fucina.
« Perché non sono un lurido egoista. Perché tutte le mogli, le figlie e gli anziani che non possono lottare qui hanno il diritto di morire nel modo che ritengono più giusto. » sospirò « Il mio destino è già scritto e l'unica alternativa alla morte è forgiare strumenti di guerra. Ma la mia Johanna e il mio Gregory possono ancora scegliere se scappare o combattere. »
Gli occhi del fabbro tornarono fissi sull'incudine. « Proprio come te, volontario. »
« Quindi tu hai qualcosa a cui aggrapparti, un futuro in cui sperare. Non combatti perché sei costretto a farlo. »
L'uomo rise di gusto, agguantando con la pinza un pezzo da modellare.
« Se potessi, sceglierei la fuga e tornerei dalla mia famiglia. Ma, così facendo, un altro sarebbe obbligato a forgiare le mie armi. » posizionò la pinza sulla fucina bollente « Io sono costretto a farlo perché nessun altro sia costretto. E se T'al il Creatore mi ha riservato questo fardello, io lo porterò sulle spalle finché avrò respiro. Se il tuo dio ti ha donato il potere di combattere bene o di vincere le guerre, è tuo dovere farlo...per tutti quelli che non possono e non vogliono. »
Robert si alzò e camminò in linea retta, prendendosi i rimproveri dei mamelucchi che stavano sistemando l'equipaggiamento o spostando le munizioni delle catapulte. Inciampò in una pelle di pecora gonfiata e riempita con la pece per essere incendiata e lanciata contro il nemico. Con i piedi appiccicosi, continuò il suo vagabondare tra le tende e le rocce dell'accampamento.
Lui non aveva una famiglia. Nessuno da proteggere. Ma quel fabbro, con la sua ammonizione, gli aveva fatto capire una cosa che andava ben oltre la battaglia e lo schieramento: poteva davvero scegliere. Poteva scegliere se essere uomo o mostro.
La differenza non stava nel suo aspetto o nel modo in cui agiva, nella brutalità della sue azioni o nella maniera con cui interpretava un'ideologia. La decisione spettava soltanto a lui: il Divoratore, per quanto aggressivo, istintivo e crudele, seguiva esattamente il suo pensiero. Il tutt'uno, in quel caso, gli permetteva davvero di optare per uno stile di vita piuttosto che un altro. Doveva combattere gli uomini in quanto demone o i demoni in quanto uomo? Quella era la domanda sbagliata. Doveva porsi un quesito più profondo: valeva la pena combattere?
La furia che conteneva dentro le ossa, in profondità, si scatenava sempre quando lui aveva bisogno di aiuto; le barriere e gli scudi di tenebra sorgevano sempre quando un attacco minacciava di distruggerlo; artigli e proiezioni assassine accorrevano sempre al suo volere. Cosa sarebbe successo se avesse deciso di utilizzare quell'enorme potere per gli altri?
Per un brevissimo istante, per una frazione di secondo, la mente di Robert contemplò l'idea di abbandonare tutto, di cancellare i dubbi e cominciare a correre, a correre fino alla fine del mondo. Poi si sarebbe guardato indietro e avrebbe capito quale opportunità si era lasciato scappare: l'opportunità di essere qualcuno. Non importava se uomo o mostro.
Robert arrestò il suo passo in una zona apparentemente libera, tra una sporgenza rocciosa e l'altra. Soltanto un piccolo gruppo di schiavi si affaccendava lì vicino, trasportando pietre per le catapulte.
« Avresti problemi ad uccidere demoni? » chiese.
La voce comparve subito, poiché aveva seguito con attenzione tutti i ragionamenti inespressi.
« Uomini, demoni: non vi sono differenze. Sempre di fragili corpi si tratta. »
Una folata di vento trasportò un intenso odore di olio bruciato. A Robert parve di percepire anche la paura dei soldati.
« Ma conosci bene le mie forme. Ai loro occhi- » Robert guardò istintivamente gli schiavi « -sarai sempre un abominio. »
« Non cerco un riconoscimento. Mi serve soltanto... »
« ...una giustificazione per la mia brutalità. »
Rimase in silenzio. Non poteva nascondere le sue reali intenzioni dietro una maschera di sciocche morali. Lui voleva un posto nel mondo, esattamente come tutti gli altri. E se doveva essere un mostro, allora sarebbe rimasto un mostro. La questione fondamentale era discostarsi dall'immagine di animale, istintivo, dedito alla caccia e al nutrimento, privo di scopi nobili. Lui non era un semplice un predatore della notte.
Le cose, da quel giorno, dovevano cambiare.
« Dimmi, Robert. » sussurrò maligna la voce « Perché gli uomini? La Corruzione è più forte, più facile. »
Robert osservò con insistenza la massa brulicante di soldati che si accingeva ad ultimare i preparativi della battaglia. C'era chi sudava, chi abbaiava ordini, chi si lamentava con i vicini. Durante il suo vagabondaggio non aveva fatto caso al cielo che si era lentamente rischiarato, indorando le colline rocciose intorno al campo. Per lui risultava tutto più scuro, più cupo, nonostante il sole ben levato sull'orizzonte.
Mentre il tiepido calore faceva evaporare parte dell'umidità notturna, un brontolio sommesso cominciò a soverchiare il cicaleccio dell'accampamento; era il rumore di migliaia di zampe che battevano il terreno, di zanne che schioccavano, di artigli che grattavano.
I Caduti erano arrivati.
« La Corruzione non ha bisogno di altri mostri. »
E, con quella frase, Robert si afflosciò, si abbandonò all'inerzia. Aveva fatto cadere volontariamente la barriera di carne che lo separava dal suo aspetto più aberrante.

Accadde velocemente. Il sorriso appena accennato si trasformò in un ghigno lupesco. Le unghie si allungarono spaventosamente, curvando in falci di metallo lucente. La pelle scomparve gradualmente, sostituita da una sorta di miasma nero e denso come la pece.
Gli occhi, per un momento, parvero brillare come tizzoni ardenti.
« Uccidiamoli. »

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« Uccidiamoli tutti! »



Naso, orecchie, occhi e bocca vennero sostituiti da un buco deforme e di un cremisi brillante. Un verso gutturale e prolungato coprì per qualche momento il sibilo delle catapulte che erano entrate in azione.
Nel mezzo degli schiavi e dei mamelucchi comparve il Divoratore. La creatura inspirò dalle grandi fauci rossastre e si guardò intorno con famelici intenti. Avvistò prontamente un giovane soldato che stava accorrendo in prima linea, verso Sud, per arginare il probabile assalto dei Caduti. Il Divoratore si mosse rapido, gli artigli protesi per agguantarlo e risucchiare tutto ciò che poteva avere sapore di memoria.
« No! » esplose una voce ferma, da qualche parte.
Il mostro si bloccò con l'arto ancora sollevato e il corpo che fremeva.
« Non sono le tue prede. Vai a Sud! »
La rabbia oscura invase l'etere. Il sole baluginò in maniera sinistra, poi nuvole cupe presero ad avvilupparlo come le spire di un serpente. La luce si affievolì e le tenebre piombarono sullo scenario di guerra. Cavalli bui come la bestia che li aveva generati, dagli zoccoli fiammeggianti, cavalcarono attraverso gli uomini, nitrendo impazziti. Gli incubi del mondo al di là fuggivano e ritornavano continuamente, al pari di una risacca di nero fosforescente.
La notte calava inesorabile.
Sinuoso, il Divoratore sgusciò attraverso i soldati e raggiunse l'accesso più lontano dall'accampamento. Ora ricordava: doveva uccidere solamente i Caduti. Non sapeva bene perché, ma quel particolare era importante. Robert lo desiderava.
L'ingresso Sud era un caotico ammassarsi di corpi deformi, armature graffiate, teste ringhianti ed elmi sfondati. L'esercito disorganizzato dei Caduti si abbatteva come un'onda sulle palizzate legnose e gli scudi sollevati: non avevano una strategia, si gettavano semplicemente nella mischia. Sbavavano, urlavano, ghermivano, mordevano. Erano tanti, tantissimi. Alcuni bracieri e proiettili incendiari avevano contribuito a rendere l'atmosfera ancora più confusionaria, con piccoli e grandi incendi che brillavano nella notte. Il fumo, direzionato dal vento ad Est, copriva a sprazzi le scene di lotta tra le rocce. Sangue e plasma schizzavano ovunque.
Il Divoratore emise un gorgoglio e inquadrò un guerriero in difficoltà, un ragazzo dai capelli grigi che era in procinto di affrontare un'orda di bestie. C'erano molti altri soldati inguaiati, molte altre creature mostruose da sventrare. Eppure il Divoratore si gettò di fianco al ragazzo grigio, come sospinto da un istinto irrefrenabile. Passò accanto all'umano e ruggì verso i demoni che avanzavano.
Gli artigli si allungarono a dismisura, raggiungendo la pericolosità di lame affilate. L'Incubo si gettò, emulando la strategia dei Caduti stessi, nella massa di nemici e cominciò a far mulinare le braccia longilinee. Non aveva un bersaglio fisso, le unghie avrebbero dilaniato tutte le bestie a portata. Brutalmente, come era sua natura fare.
Mentre si muoveva e si apprestava ad affondare, un dolore acuto e perforante lo colpì nel profondo. La Corruzione dimostrava il suo malcontento, insinuandosi persino dove la mente era rappresentata solo da un'incubatrice di ricordi.
Ma ciò spinse il Divoratore a combattere con ferocia rinnovata. Le scelte erano state fatte.











ROBERT/DIVORATORE


Critico {40%} ~ Alto {20%} ~ Medio {10%} ~ Basso {5%}



Mente: 125 - 10 = 115% (dolore)
Energia: 100 - 20 - 10 = 70%
Fisico: 75%

Riserva di CS: FORZA+4(Notte Perenne), FORZA+4(Artigli Protesi); FORZA-8(Attacco)


Passive utilizzate:

Metamorfosi Totale » Quando la notte discende sulla terra, Robert subisce un mutamento improvviso e incontrollabile. Il corpo si ritrae e si piega, viene contratto da energie provenienti dall'interno della cassa toracica. Poi esplode in una frazione di secondo, ingigantendosi, colorandosi di rosso e nero. Prende velocemente forma il Divoratore di Sogni. Il mostro appare con le sue fattezze e agisce autonomamente. La mente di Robert rimane segregata dentro una scatola dimensionale al di fuori della realtà, attendendo di riprendere possesso dell'involucro umano. All'alba il mutamento avviene al contrario con le stesse modalità. La mente del Divoratore non viene tuttavia segregata in una gabbia, ma permane in un mondo di tenebra con sembianze eteree. (Passiva Razziale, trasformazione demoniaca notturna, 5/6 utilizzi.)
Negazione della Forza » Fintantoché è nel suo ambiente notturno, il Divoratore di Sogni può entrare in contatto con le tenebre a suo piacimento. Il suo corpo diviene effimero, sinuoso, quasi liquido. In questo stato, il mostro è molto difficile da colpire con semplici attacchi fisici, essendo estremamente rapido nei movimenti. Un qualunque guerriero che volesse attaccarlo con un'arma, dovrà concentrarsi notevolmente per mettere a segno la sua offensiva. In termini tecnici, il Divoratore non risulta immune ai colpi fisici, ma è più sfuggevole. L'efficacia della tecnica è rimessa alla sportività dell'avversario, consistendo difatti in un'abilità con un fattore aleatorio. (Tecnica personale Passiva, quando è notte il Divoratore è estremamente difficile da colpire, 3/4 utilizzi.)
Mondo Nero » Di notte la presenza del Divoratore di Sogni non è solo fisica. Il mostro influenza il campo di battaglia con le sue capacità di rilevazione, estrapolando dalle menti dei suoi avversari gli incubi più ricorrenti o profondi. Quando il Divoratore agisce in un ambiente notturno, richiama a sé il potere di controllare le apparizioni oniriche. I nemici presenti nel suo raggio d'azione saranno disturbati e intimoriti da visioni orribili provenienti dalle loro teste, proprio come in un incubo; tali apparizioni non possono in alcun modo attaccare, muoversi o fungere da difesa. (Tecnica personale di influenza psionica Passiva, i nemici vedono i propri incubi sul campo di battaglia e ne sono disturbati, Psionica, 3/4 utilizzi.)


Attive utilizzate:

Notte Perenne » Il Divoratore di Sogni necessita di un ambiente notturno per emergere dall'involucro umano. Quando lo richiede il momento, Robert ha deciso di concedere alla sua controparte oscura un metodo semplice ed efficace per apparire e prendere in mano la situazione. Puntando il dito al cielo, Robert lascia defluire una grande quantità di energia del Mondo degli Incubi per mutare il giorno in notte. La trasformazione è reale e avviene attraverso l'impiego di nubi talmente scure da impedire alla luce del sole di raggiungere il terreno, rendendo di fatto l'ambiente circostante estremamente buio. Tale processo può essere annullato con una tecnica di dissoluzione a pari consumo. Dura quattro turni, periodo nel quale il Divoratore beneficia di 4 CS alla Forza. (Tecnica personale di potenza Alta, trasformazione concreta del giorno in notte per quattro turni con aumento di 4CS alla Forza, Magica, consuma Energia.)
Artigli Protesi » Quando appare nella sua forma brutale, il Divoratore di Sogni è solito utilizzare gli artigli presenti sulla mani deformi per attaccare. Spendendo una parte della sua riserva energetica, inoltre, può rafforzare ulteriormente gli artigli, infondendo una parte di oscurità e guadagnando 4 CS alla Forza. (Descrizione delle armi naturali / Tecnica personale Media di power up, gli artigli si affilano con un guadagno di 4CS, Fisica, consuma Energia.)


Riassunto/Note/Altro:
Possiamo riassumere - in maniera brutale, tanto per restare in tema - la prima parte di post come una riflessione importante di Robert sul suo ruolo nel mondo, sull'origine dei suoi poteri e sulla necessità di impiegarli per un fine differente dalla semplice caccia notturna; fa molto "antieroe dei fumetti", lo so, ma era esattamente questa la piega che volevo far prendere alla storia del mio personaggio. Dopo essersi convinto che, almeno, può decidere in che modo sfogare la bestia che porta dentro, Robert lascia il posto al Divoratore. La creatura in un primo momento dimostra tutto il suo istinto, dimenticandosi addirittura del patto che aveva stretto con la controparte umana. Poi, ammonito dallo stesso Robert, si lancia in combattimento e affianca un guerriero in particolare: si tratta di Shaoran, personaggio con cui ha avuto a che fare qualche settimana addietro. Sfruttando le sue capacità elusive nelle tenebre e la forza dei suoi artigli (effetti descritti nello specchietto delle abilità, in particolare Negazione della Forza, Notte Perenne e Artigli Protesi) il Divoratore tenta di compiere un massacro tra i Caduti. A livello tecnico riempio la mia riserva di CS con 8 punti in Forza e li sfrutto tutti per questo attacco mulinante.
Il danno alla Mente è la Corruzione che si manifesta contraria alle scelte compiute da Robert/Divoratore. Sarà notte per quattro ipotetici turni. Al Master la penna!
 
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view post Posted on 5/12/2015, 22:38
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Sürgün-Zemat - La Valle Cinerea
«You are all slaves»

Odette aveva riposato quanto doveva, il sonno dei giusti. Si sgranchisce gli arti come un infante fa con le prime luci dell'alba, ma al contrario lei aveva atteso la notte ormai incombente per fare tutti i preparativi del caso. Mise mano nel suo sacco, estraendone le varie componenti di Masquerade, facendo di quelle poche casse il suo personalissimo camerino. Poteva sentirlo nell'aria, sospinto dal vento, al di là dell'aroma acre di pece e ferro battuto, al di là del sudore e del tabacco per pipa che le pizzicavano le narici. Qualcosa di rivoltante, putrefazione ed escrementi, fragranze adatte ad un branco di animali e nulla più. Ormai il loro arrivo era prossimo, eppure lei si prende tutto il tempo necessario per adornarsi in vista dello scontro. ogni cinghia stretta al punto giusto, ogni placca fissata come solo un cavaliere del regno saprebbe fare. Era passato molto tempo, eppure ricordava ancora nitidamente chi l'aveva istruita, chi con calma e perseveranza le aveva insegnato a far ripartire il peso della corazza su tutto il corpo. Chiude gli occhi, si concentra quel tanto che basta e riesce a sentirli, i loro cuori. Ove siedono i Mammelucchi c'è un ritmo regolare, pacato come lo scorrere di un ruscello, cuori senza paura. Ove invece riposano gli schiavi si ode solo un gran trambusto. Incapaci di prendere sonno, tormentati da ciò che li attendeva, tentati dai sussurri dell'Ahriman e dalla paura di una morte ormai alle porte. Trova conforto in quei battiti, che siano rapidi o calmi, sono come una dolce melodia capace di darle la pace interiore. Non questa volta. Per qualche strana ragione questo non la faceva calmare, non la rendeva rigida e inflessibile come accade di solito. Perché in fondo lei non era li solo per il bene dell'Akeran, o per far si che la memoria di quanto stava per accadere non andasse perduta per sempre. Lei odia profondamente l'Ahriman e tutto ciò che rappresenta. Perché all'infuori di tutta la filosofia spicciola sul dualismo della vita, sull'egoismo e sullo spirito di sacrificio. All'infuori del peccato e del castigo, l'Ahriman e i caduti erano una sola cosa, deboli. Creature tristi e vili, incapaci di trattenere i propri istinti proprio come degli animali. Non demoni, non uomini, ma bestie. Vivono nel proprio lordume, spacciando tutto questo per libertà. Quando invece, alla fine, loro non sono poi tanto diversi dall'esercito che stanno per affrontare. Sono schiavi, assoggettasti alla volontà di qualcosa che nessuno sa davvero giustificare. Quale libertà c'è nel fare quello che si vuole? Quale piacere si può trarre quando tutto è concesso



« Non è tanto diverso dal poter mangiare sempre una torta, in fondo. Se una volta a settimana ti è concesso il dolce, allora sei felice, aspetti con trepidazione il momento in cui potrai mangiare la leccornia all'aroma di fragole e panna. Ma... se la torta invece fosse sempre li? » Teneva la bella e la Bestia stretti tra le dita, osservando il riflesso della maschera d'avorio nella lama dorata della prima. Parlava tra se e se, non curante degli sguardi incuriositi dalla sua minuta figura, straniti da quella che alcuni additavano come semplice pazzia o paura per lo scontro ormai imminente. « Alla fine la torta diventa come il pane, o il brodo. Si trova sempre li, non ha più quel suo essere speciale, essere attesa fino a quella fatidica sera. Poi ti rendi conto che mangiare sempre la torta inizia ad infastidirti, non è più nemmeno così buona. Va a finire che la torta la odierai soltanto, e avrai perso per sempre quella dolce prelibatezza. »



Ed infine non era più soltanto lei ad udirli. Il suono di passi mescolati a rantoli e gemiti di rabbia e bestiale spietatezza. Era come se il Baathos avesse rigurgitato ogni aberrazione o bestia deforme, un'indigestione di violenza e pestilenza blasfema. Avanzano senza ritegno per le loro stesse vite, mentre lo scricchiolare del legno preannuncia la prima salva di macigni che provvede a far strage delle loro fila, ma questo a loro non importa. Scavalcano i corpi dei loro morti e avanzano, lo stesso risultato, salva dopo salva. Persino quando I Mammelucchi iniziano a far fischiare sciami di frecce sulle loro teste, questi non danno peso ai loro attacchi. ogni corpo che cade viene schiacciato, divorato o persino usato come scudo da chi ne aveva la forza. le mani degli schiavi tremano, scimitarre alla mano, scudo alzato mentre si preparano a dare battaglia a quel grande nemico che ormai da mesi aveva tormentato la loro terra. Preghiere e imprecazioni, bisbigliate o urlate come un grido di battaglia. L'impatto è violento, caotico, in meri secondi tutto intorno a lei vi era solo un frenetico vorticare di sangue e acciaio. Nel caos della battaglia lei sa come comportarsi, nonostante non vedesse una vera battaglia da ormai parecchio tempo. Si muove come un'ombra, sgusciando tra le insenature di corpi martoriati e soldati pronti a versare ancora altro sangue. Si muove alle loro spalle, lacera e strappa i loro tendini, facendoli cadere in ginocchio così che le sciabole degli schiavi abbiano rapidamente ragione delle loro carni. L'impatto sopraggiunge inaspettato, come un'ospite che si presenta tardi al ballo in maschera. Viene scaraventata lontano, impattando bruscamente contro una tenda, il suono chiaro delle costole incrinate anticipa brevemente il dolore. Infine lo vede, una bestia simile ad un orso, con delle corna grottesche e la carne bruciata che pulsava viva fuori dalla pelle. Saltò oltre la fila di soldati, le frecce che impattavano contro la sua epidermide non sembrano turbarlo, e si avvicina sempre di più. Lame alla mano Odette si alza, allarga le braccia, si pone dinanzi all'aberrazione.



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« Audace, hmmm? La mamma non te l'ha insegnato che una donna non va sfiorata nemmeno con un fiore? » La notte era ormai consumata dalle fiamme della battaglia, i Mammelucchi hanno fatto buon uso delle loro bombe incendiarie, consegnando svariati caduti ad una fine agonizzante. L'Aberrazione però sembra essere coriacea, quello che richiede un lavoro di coltello, come si suol dire. « Non preoccuparti, adesso te lo faccio vedere io perché insegnano queste cose. »



La mastodontica mano del demone si schianta al suolo, Odette scarta rapidamente in avanti e con precisione chirurgica recide di netto il tendine d'Achille con un solo affondo, facendo cadere in ginocchio il suo avversario. Questi lacera l'aria circostante con un ululato, menando furiose artigliate al suolo, accecato dalla fuliggine e dalla furia non si rende nemmeno conto del suo nemico, che con un singolo balzo si è poggiato sul suo capo. I passi talmente leggeri da risultare impercettibili, l'equilibrio perfetto nonostante i bruschi movimenti. Ed in una singola mossa le lame dei pugnali recidono l'unico occhio buono della bestia, l'altro ormai troppo deforme e bruciato per essere di alcuna utilità. Il molosso si dimena in preda alla sofferenza, si innalza su due zampe mentre le mani stringono il volto, ormai deturpato dalle ferite. Ed in un singolo colpo lo scontro si chiude, la giugulare squarciata da parte a parte riverse al suolo una copiosa quantità di sangue nero, proprio come la pece. Nei suoi ultimi istanti, forse riacquistando un bricioli di lucidità, sembra quasi tossire qualcosa simile a un "mi dispiace". Inutile ormai, un campo di battaglia non è certo posto per simili frivolezze, pensava Odette. Eppure era dispiaciuta, almeno in parte, che non vi fosse un altro modo per aiutare quelle anime tormentate. Ma loro avevano scelto, e aveano fatto la scelta sbagliata. Ci sono colpe che si possono lavar via solo con il sangue, specialmente nell'Akeran.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 2 Forza - 2 Velocità }

Fisico {55%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (5/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (5/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (5/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (5/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (5/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (5/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (5/6)


Attive & Oggetti:

Corallo: 2 Forza - 2 Velocità






Odette incassa in pieno il danno ricevuto dal colpo ad area, consumando un corallo per scontrarsi con un bel bisteccone Caduto e consumando tutte le 4 CS contro l'esercito nemico. Ah si, faccio uso anche di varie passive tra cui la Scurovisione per poterci vedere un paio di ceppe nella notte del Divoratore :sisi:


 
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view post Posted on 6/12/2015, 01:14
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Un giovane mamelucco osservava meravigliato la katana del Demone mentre la sua scimitarra si muoveva tra le esperte mani del fabbro che ne stava definendo l'affilatura, quando l'accampamento si riempì del suono veloce delle campane delle vedette.
Gli occhi del giovane si spalancarono, in un attimo recuperò la sua arma e corse via, verso le tende degli ufficiali per ricevere i suoi ordini, lasciando il Demone solo con la consapevolezza che la battaglia stava, veramente, per iniziare.
Montu corse verso le palizzate a Sud, e vide all'orizzonte l'esercito nemico che, come un ondata di terrore, dipingevano l'arido Sürgün-zemat di nero. I caduti avanzavano inesorabili, rallentati dall'impervio e fangoso terreno, senza mostrare però fatica nè fretta.
Dietro di lui agli schiavi venivano consegnate le armi e le pettorine di cuoio, dall'aspetto tutt'altro che impenetrabili; i mamelucchi intanto muovevano i grandi trabucchi e controllavano il loro equipaggiamento, sicuramente ben messo; i volontari infine si preparavano ognuno a modo suo: qualcuno rideva sguaiatamente incontro ai caduti fremendo nell'attesa di massacrarne il più possibile, altri caricavano le armi da fuoco o le balestre, altri ancora attendevano in silenzio, immobili.
Montu fissava l'orizzonte e l'orda, in piedi subito dietro le picche che rappresentavano l'ultima difesa fisica di Theras. Poi c'erano gli uomini, poi c'erano gli eroi.
L'Eterno era sicuro di sopravvivere a quella battaglia? Certo la profezia era stata chiara almeno in quel punto: il suo vero potenziale, quello "assaggiato" in presenza dello Sciamano, doveva ancora manifestarsi. Sperava solamente che quel potere non gli venisse concesso dalla corruzione che colpiva chi veniva sconfitto dall'Ahriman. Un dubbio che lo attanagliava più di quelli sul suo vero ruolo, come Demone, nelle profondità del Baathos. Non poteva sottovalutare il combattimento solo per le parole di una profezia che poteva benissimo non realizzarsi, anche se le premesse erano tutte a favore dell'Ogre.

Accanto a lui si materializzò un ufficiale che stava schierando gli arcieri in attesa che il nemico fosse a tiro.
-Tra poco più di mezz'ora l'esercito dell'Ahriman sarà a portata dei nostri archi. In quel momento i trabucchi avranno fatto il grosso del lavoro, a noi spetta il compito di dare l'ultima ripulita prima che i nostri sguainino le spade.
Non fatevi spaventare dal numero del nemico, i corrotti sono aberranti creature del Baathos, si muovono lenti e sono stupidi. Non fatevi spaventare dalle loro deformità, li ostacolano e offrono più superficie per voi arcieri, e non c'è arto che non possa essere mozzato dalle vostre spade.
Ricordatevi che alle vostre spalle c'è la vostra terra, la vostra famiglia, la vostra vita in un futuro libero dallo scempio dell'Ahriman. Siate pronti!-

Come potevano non spaventarsi del loro numero? Meno di mille uomini si paravano dinnanzi ad un esercito di almeno cinquemila mostri. Come potevano non avere paura della ferocia con cui braccia e zanne e artigli si abbattevano sulle carni degli uomini?
Passò il resto del tempo, che sembrava scorrere più lentamente del normale, in meditazione, senza fare caso a ciò che succedeva intorno a lui, con gli occhi fissi sul nemico.

Quando i trabucchi entrarono in azione l'esito non fu quello sperato, il terreno ostacolava più le loro mosse che quelle dell'Ahriman. Gli arcieri poterono uccidere solo un centinaio di caduti prima che questi raggiungessero le picche. Accadde tutto con inaspettata velocità, molti si infilzarono nella palizzata difensiva, ma morte le prime file i restanti usavano i cadaveri per scalare la barriera. Entrarono nell'accampamento e si riversarono sugli uomini seminando morte e disperazione. Gli schiavi vennero decimati, pochissimi di loro erano sopravvissuti e continuavano a combattere. I corpi che non venivano maciullati o dilaniati sparivano tra le truppe dell'orda, probabilmente per risorgere corrotti dal potere del Baathos.
Un corrotto alto più di due metri si parò davanti al Demone: le spalle erano larghe e muscolose e all'altezza delle scapole spuntavano altre due braccia, nelle cui mani stringeva brandelli di mamelucco. La bocca era chiusa ma una zanna aveva trapassato la guancia destra e sembrava quasi un affilata placca protettiva per lo zigomo tanto era lunga e spessa. Tutta la faccia, così come il corpo grigio, era sporca del sangue di chi aveva massacrato fino a quel momento. Gli occhi vuoti fissavano l'avversario che aveva di fronte, grugniva e le narici si dilatavano sbuffando polvere. Il corrotto iniziò a correre verso Montu, uno schiavo gli si trovò accanto e il mostro lo afferrò, strappò il suo corpo a metà come fosse un foglio di carta e impugnò il busto brandendo la spina dorsale come fosse una corta frusta. Le vertebre schioccavano mentre la creatura copriva con estrema facilità e velocità i metri che lo separavano dal suo bersaglio.
Il Demone aveva sgranato gli occhi, incredulo di fronte a tanta barbarie, non poteva immaginare che il nemico disponesse di tale forza in combattimento. Creature simili dovevano essere rimaste nascoste tra i semplici "sacrificabili" in attesa di manifestarsi e distruggere ogni speranza degli uomini. L'Ahriman puntava a vincere quella battaglia anche grazie ad una studiata strategia psicologica.
Quando i due si scontrarono Montu fu investito da una pioggia di interiora e sangue, la sua lama tranciò una parte di colonna vertebrale che schizzò via. Il corrotto usava tutte e quattro le braccia per mettere in difficoltà il Demone, che dovette ricorrere a tutta la sua velocità e freddezza per evitare di venire sopraffatto. La lama della katana feriva e affondava nella carne grigia senza che il mostro sembrasse provare dolore, poi accadde l'impensabile: il Sole, alto nel cielo fino a quel momento, sparì e tutta la zona venne avvolta dall'oscurità. L'accampamento non era preparato, gli ufficiali non avevano previsto un simile evento, e non una torcia illuminò i corrotti che massacravano gli uomini colpendo alla cieca, senza curarsi di uccidere i propri simili. In un istante Montu prese la decisione che gli salvò la vita: lasciò che il Demone si liberasse, forse per l'ultima volta in quella forma prima della rinascita. Il suo corpo si gonfiò, i muscoli si tirarono e si contrassero centinaia di volte in un secondo, gli arti si allungarono e crebbero affilati artigli. Corna ricurve spuntarono dalla fronte, e gli occhi lasciarono il posto a due crateri vulcanici che sembravano gettare lava.
Poi ogni muscolo venne definito da una linea di fuoco, e i pugni si infiammarono.
L'improvvisa luce ravvicinata sembrò scuotere il corrotto, che per una sola frazione di secondo si arrestò. In quell'istante Montu lo colpì con una violenta testata che lo fece arretrare di qualche metro, poi estrasse la sua pistola e fece fuoco diverse volte. Il Demone vide corrotti corrergli incontro da ogni direzione, sembravano falene attratte dalla fiamma, e la sua mossa per far sì che distinguesse i nemici nell'oscurità quasi gli si rivoltò contro. Alzò un braccio e dietro di lui centinaia di cadaveri si ammassarono, erigendo un macabro muro difensivo. Mentre gli artigli e i denti dei mostri affondavano nella sua carne l'Eterno brandì il suo martello e iniziò a rotearlo correndo nella direzione in cui ricordava ci fossero le tende. Sentì ossa e crani frantumarsi sotto i suoi colpi, vide le più orribili forme che l'Ahriman avesse prodotto arrivargli contro e continuò a colpire. Le urla degli uomini si erano fatte più forti, l'aria puzzava di sangue e morte. Chi avrebbe potuto salvarli?
Qualcosa lui poteva farla, poteva continuare a correre, poteva incendiare le tende e tutto ciò che potesse prendere fuoco per restituire almeno la vista a quegli uomini, altrimenti disarmati di fronte a tutto quello che stava succedendo. Non sarebbero stati massacrati senza opporre alcuna resistenza.



Energia: 150 -30 =120%
Fisico: 75 -10 =65%
Mente: 75%
Riserva CS: 1 (+1 Forza +1 Velocità +2+1 Maestria nell’uso delle Armi)

Equipaggiamento (Forma Umana):
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta

Equipaggiamento (Forma Demoniaca):
Martello da Guerra Infuocato: Impugnato a due mani
Pugni Infuocati
Pistola: Riposta

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
[10/25] Muro d'Ossa. Consumo Energetico: Medio (10%)
Il negromante richiama davanti a sé una barriera invalicabile composta dalle ossa dei suoi nemici, bloccando gli attacchi che gli sarebbero rivolti contro.
La tecnica ha natura magica. Il caster richiamerà un muro di ossa dal terreno per bloccare le offensive rivolte contro il suo Fisico; a seconda della personalizzazione, la barriera potrà essere composta da ossa, carne, lame o qualsiasi altro materiale solido che possa essere utilizzato per la stessa funzione. La tecnica ha potenziale difensivo pari a Medio e nessun potenziale offensivo. Le dimensioni coperte dal muro potranno essere particolarmente grandi, permettendo di generare una difesa non solo potente, ma anche di grande portata.

[6/25] Furia. Consumo Energetico: Alto (20%)
il guerriero riesce a scagliare fino ad otto fendenti in successione con la propria arma.
La tecnica ha natura fisica. Il guerriero riesce a scagliare fino ad otto attacchi in rapida successione a mani nude, o con la propria arma. La posizione delle varie offensive cambierà in base al movimento compiuto dal guerriero. Questa tecnica può essere utilizzata anche con le armi da lancio. Non aumenta la velocità di movimento del guerriero, ma solo quella con cui compie gli attacchi. La tecnica va contrastata come un'unica offensiva di portata complessiva Alta che andrà a danneggiare il Fisico, avente natura fisica.

Passive Usate:
Forma demoniaca [Per alcune razze di Theras, il concetto di "forma" è limitato. I demoni possono apparire agli altri sia con l'aspetto di umani qualunque che con la forma più consona di creature mostruose come li si rappresenta solitamente, a seconda della necessità. Consumando un utilizzo di questa passiva e soltanto se durante la notte, una progenie dei demoni può assumere una forma che manifesti la sua discendenza: per alcuni si tratterà di trasformarsi in un mostro vero e proprio, mentre per altri di assumerne solo alcuni tratti tipici (corna, ali, ecc.).] (Numero di utilizzi: 65)

Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Note: Durante l'attesa dell'arrivo dell'orda uso un Corallo. Durante il combattimento contro il corrotto utilizzo 3CS per evitare di soccombere (1 Velocità, 1 Maestria nell'uso delle armi nella "fase difensiva" / 1 Forza quando lo colpisco con la testata). L'Alto al Fisico lo incasso quando per la tecnica di Caccia cala la notte, dimezzandolo però con la Personale 10/25. Contrattacco usando la Personale 6/25 colpendo mentre corro. L'intento è quello detto anche nel post, incendiare quante più cose possibili per far sì che gli uomini vedano (da quello che ho capito siamo piombati nell'oscurità più totale - tant'è che Lucious ha usato una Passiva per poter vedere). Ah, da quando cala la notte anche io passo in forma demoniaca grazie alla Passiva Razziale.
 
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Liath
view post Posted on 6/12/2015, 16:29







Le nuvole scorrevano lente, riflesse dallo specchio d'acqua bassa che di estendeva fino all'orizzonte in tutte le direzioni. Un soffio caldo giunse da lontano e increspò la superficie, recando con sé il messaggio che pigramente si propagò attraverso le sue sfilacciate connessioni neurali.
Ti aspetto.

Vento soffiò attraverso fessure e lembi nel tessuto, fischiando e gemendo lugubre. Un vento diverso.
Aveva la sensazione di esser stato lanciato in aria da un gigante, e poi riacchiappato a un pelo dal terreno. Il cervello stesso sembrò dolergli mentre lentamente cercava di capire dove stava e cosa era successo. A fatica, socchiuse gli occhi e lasciò che un fievole fascio di luce danzante invadesse i suoi sensi.
« Ben svegliato. »
Sobbalzò, senza capire da dove arrivasse la voce. Si trovava in una tenda ampia e bassa, arredata spartanamente con un paio di sedie pieghevoli e un tavolino da campo; un'altra brandina, in tutto simile a quella sulla quale stava ora, era nell'altro angolo. Una lanterna pendeva ondeggiando col vento esterno da un gancio, facendo sembrare le pareti di tessuto come il budello di una belva affamata.
Una delle sedie era occupata da un uomo sulla sessantina dall'aria tranquilla e un sorriso cordiale parzialmente nascosto dalla folta barba, brizzolata come i corti capelli ormai radi. Gli occhi dello sconosciuto lo fissavano con un'intensità penetrante, al punto che si trovò presto costretto a distogliere lo sguardo con imbarazzo.
Non aveva la più pallida idea di chi fosse l'altro e di come fosse arrivato lì, ma per lo meno non sembrava in pericolo.
L'uomo sembrò leggergli nel pensiero, perché il sorriso vacillò appena come per un'aspettativa tradita, ma senza darlo troppo a vedere si alzò in piedi e iniziò a preparare un fornelletto a spirito, sul quale mise un bollitore.
« Non ricordi niente stavolta, eh... »
Adrian lo fissò, sorpreso e incerto per quella rivelazione.
« Il vantaggio di tutta questa faccenda è che ogni volta divento più bravo nel riassumere quanto successo. » si concesse una breve risatina, e tornò a sedere. « Dovresti ricordare almeno il tuo viaggio nell'Erynbaran, credo... »
Foreste, un'impresa assurda, elfi in cerca di vendetta. Sì, di colpo tutto tornò alla memoria, come se avesse spalancato una porta segreta della sua mente.
« Mi avevano quasi preso... »
L'uomo annuì gravemente, partecipe del suo improvviso sconforto.
« E così hai deciso di usare il sigillo, anche senza conoscerne appieno le potenzialità. Non era la prima volta che aprivi un portale, del resto. Però, ed è un classico, qualcosa è andato storto... »
Acqua fino all'orizzonte, nuvole alte nel cielo. Silenzio. E un messaggio.
« Probabilmente sei riuscito a penetrare in quel piano, ma hai innescato un qualche meccanismo di sicurezza che ti ha sputato qui, nel Sürgün-zemat. E il risultato di questo secondo viaggio è stato tra i più raccapriccianti della mia vita. Ci ho messo quasi un giorno per rimettere insieme tutti i pezzi, ma, come avrai notato anche tu, persino la mia magia ha dei limiti. »
Sospirò, il sorriso ormai del tutto scomparso. A sostituirlo una profonda stanchezza sembrava intrisa nella sua espressione. A riscuoterlo, il bollitore iniziò a fischiare. Con gesti secchi, l'uomo prese da una scatola una polvere nerastra e la versò nell'acqua bollente, poi afferrò due tazze di latta e tornò alla sua sedia.
« Chi sei tu? Perché mi hai salvato? »
« Perché non avrei dovuto? » il vecchio inarcò un sopracciglio e sembrò trapassarlo con lo sguardo, poi sbuffò e scosse lentamente le spalle « In realtà non è stato per semplice altruismo. Diciamo piuttosto che questo caso mi ha incuriosito: il tuo viaggio si è manifestato con un rilascio notevole di energia nelle vicinanze. Volevo capire quale fosse la causa. »
Versò il contenuto della teiera nella due tazze, una delle quali porse ad Adrian.
Il giovane annusò il contenuto con curiosa diffidenza, poi risolto che si trattava semplicemente di tè, iniziò a sorseggiarlo lentamente.
« Il mio nome è Ramius, demonologo e conoscitore di magia dimensionale. Si può dire che ti sia andata tutto sommato bene, ad avermi nelle vicinanze. Tu, invece, ti trovi sotto le mie modeste cure da una settimana circa. Questa è la quarta volta che, al tuo risveglio, ricostruisco la tua storia. Le volte scorse però, per la gran parte, sei stato tu a raccontarmela... »
Lo sguardo sotto le folte sopracciglia grigie si incupì, tradendo un'ombra di preoccupazione. Adrian si limitò a osservarlo senza commentare. Tutto gli sembrava così strano e privo di senso che faceva fatica a condividere la preoccupazione dell'altro. I suoi sensi gli risultavano così ovattati da sembrare un sogno. E probabilmente lo era, quindi perché darsi pena.
« Mi rendo conto che la situazione sia difficile di per sé, però temo che dovremo trattare una faccenda ancora più seria. » il vecchio sospirò ancora, e si poggiò stancamente allo schienale della sedia, esibendo un'aria decisamente infelice.
« Fui spedito qua, alcuni mesi orsono, per studiare l'inaspettata crescita nella popolazione di demoni in quest'area. La situazione è degenerata al punto che si è rivelato necessario inviare un contingente per arrestare l'avanzata, e ho deciso di mettermi a dispozione in caso avessero avuto bisogno di informazioni. Il comandante di questo esercito è un buon comandante, ma quello che si trova davanti è... »
Si passò la mano sul volto, lasciando morire la frase. Per ora era abbastanza: era inutile causargli altri turbamenti.
« Il punto è che la battaglia è alle porte, e io non sono sicuro di poter garantire anche per la tua vita. Forse prima di questo incidente avresti potuto cavartela da solo, ma nella tua situazione attuale... » si strinse nelle spalle. Poi, posata la tazza, si diresse verso un angolo della tenda e aprì un piccolo forziere squadrato, rinforzato da bande metalliche e forse non solo quelle.
« La tua mente ha bisogno di tempo per riprendersi, tempo che non le è concesso. Ma potrei aver trovato una soluzione. » per la prima volta dall'inizio della loro strana conversazione, esibì di nuovo un sorriso.
« Anche ieri ci abbiamo provato, ma non ha funzionato. Stavolta però dovrebbe andare diversamente: prova ad indossarli. » e gli porse un paio di bracciali di cuoio dalla foggia semplice.
Al centro di entrambi era incastonata una pietra ovale, trasparente ma con delle venature scarlatte, che sembrava emettere strani bagliori riflessi da luci inesistenti. Adrian le fissò, rapito dal baluginare ipnotico, finché il mago tornò a parlare.
« Sono opali della memoria, bagnati nel fiume Neiru. Da soli non sono sufficienti, ma con un piccolo aiuto da parte mia potrebbe fungere al loro scopo. Tuttavia... » tornò alla sua sedia, e fece per sorseggiare dal bicchiere. Con disappunto, notò che era vuoto. Di rimando, Adrian si finì il suo. « Tuttavia non reggerà a lungo. É solo un rimedio temporaneo, non ho né il potere né le conoscenze per ridarti l'integrità che hai perso. Se vorrai riaverle... »
Il sorriso scomparve, per lasciare il posto a un'espressione grave, addolorata.
...dovrai tornare là.


L'ondata nera aveva invaso la piana, e aveva impattato come una marea immonda contro le fragili difese umane. Dall'altura sulla quale si trovava Adrian continuava a chiedersi come potevano sperare di vincere quella battaglia. La prima ondata aveva sbaragliato i difensori, e ora dilagava nell'accampamento brulicando come uno sciame assetato di sangue.
THUM
Alla sua destra un trabucco scagliò un altro masso contro quel mare inarrestabile, ma il risultato fu quello di scagliare un sassolino contro un formicaio. Tutto era inutile.
Improvvisamente qualcosa di oscuro e terrificante stagliò in mezzo alla massa amorfa. Un colosso di zanne e artigli iniziò a farsi strada in mezzo ai soldati umani. Un altro abominio partorito per martoriare di incubi le menti degli impauriti uomini, fragili come le palizzate che stavano crollando una dopo l'altra.
THUM
Il giovane arretrò, lo morsa allo stomaco che lo attanagliava dall'inizio della battaglia si fece ancora più stretta. Non potevano nulla, perché combattere se l'esito era già scritto? Dovevano arrendersi e fuggire...
THUM
Lo sguardo scese di nuovo verso il fronte della battaglia. Adrian aggrottò la fronte, improvvisamente sorpreso: il colosso d'ombra sembrava combattere i suoi stessi simili in un turbinio di artigli e ferocia. Era passato dalla loro parte, o era semplicemente fuori controllo?
Poco distante dal mostro divamparono delle fiamme violacee di natura chiaramente magica che si insinuarono tra le fila dell'armata nera come un coltello nel burro. Adrian si chiese se quegli esseri provavano dolore, o una qualsiasi emozione. Non sapeva nulla di loro, e questa ignoranza accresceva ancora di più la sua paura...
THUM
« Tu! Mago, smettila di stare lì impalato, fai qualcosa o ti userò al posto di questi massi! »
Adrian si voltò di scatto e si trovò di fronte un mamelucco dall'aria truce, che si limitò a lanciargli un'ultima occhiata ammonitrice prima di tornare a dirigere le squadre di trabucchieri.
Il giovane tentò di mormore parole di scusa la gola era talmente secca che emise un rantolo patetico.
Non ce la poteva fare.
Mago.
Non lo era più. Ma cosa era, allora?

Un grido lacerante risuonò nel fragore del combattimento, e delle creature simili a uccelli coperti di squame si gettarono in picchiata sui trabucchi. Gli schiavi cercarono di respingerle con daghe e fionde con scarsa efficacia, mentre i mostri continuavano a compiere bizzarre piroette nell'afferrare corpi squarciati per poi lasciarli ricadere.
...fai qualcosa.
Lo stivale arretrò sul terreno roccioso, ma lo sguardo andò verso una pila poco distante di proiettili da fionda. Gli sembrò di avere uno di quegli esseri dentro lo stomaco, e il cuore aveva iniziato a battergli più forte dei tamburi da guerra. Non voleva.
Ma doveva.
La destra si mosse, una pallida imitazione della destrezza di un tempo, e le pietre seguirono il movimento fino a portarsi davanti ai suoi occhi. Il bersaglio. Mise a fuoco il più vicino dei mostri, che teneva tra le grinfie un braccio insanguinato. Adrian schioccò le dita e i proiettili schizzarono nel cielo vibrando come uno sciame di vespe.
L'uccello demoniaco lanciò un grido di rabbia e si voltò alla ricerca dell'origine dell'attacco. Incrociò il suo sguardo. Adrian sentì un rivolo freddo di sudore solcargli la schiena. La bestia emise un latrato secco, come di sfida, poi si scagliò verso di lui.
E calò il buio.
Nel caos della battaglia un altro grido di terrore si unì ai lamenti e alle urla. Un grido folle, amplificato dalla paura lacerante di quello che un tempo era stato un mago.
Una lastra di metallo sbucò dal nulla e si frappose nel mezzo della traiettoria dell'essere oscuro, ma Adrian non lo stava affrontando.
Stava scappando da quell'inferno.





Corpo [125-15] - Energia [50-5] - Mente [125-20]

CS: Precisione[2] | Concentrazione[2]

Passive
[Talento I: Studioso Magico (Arcanista) | Usi: 6/6 | Padronanza delle arti arcane]
[Talento II: Emanazione Arcana (Arcanista)| Usi: 6/6 | Manipolazione telecinetica di piccoli oggetti]
[Razziale: Esperienza| Usi: 6/6 | capacità di reagire a offensive inaspettate]

Attive
[Attiva 6: power up di 2 CS a Concentrazione e 2 CS a Precisione a consumo Basso (C) + Basso (M)]
[Attiva 1: attacco magico che scaglia un proiettile di piccole dimensioni a grandi distanze, causando un danno Alto (C) se non difeso o Basso (C) se difeso, a consumo Basso (C) + Basso (M)]
[Attiva 2: difesa magica Alta a consumo Basso (C) + Medio (M) + Basso (E)]

Riassunto
Adrian si risveglia nell'accampamento in preda a un'amnesia causata da eventi precedenti che lo hanno portato a varcare un portale incompleto. Di lui si è preso cura il demonologo Ramius, che sta cercando una soluzione a questa sua "incompletezza".
Nella seconda parte osserva lo svolgersi della battaglia senza intervenire, fino all'attacco di un gruppo di demoni-uccello che tenta di respingere (Attiva 1), con l'unico risultato di venire attaccato a sua volt. Si difende completamente dall'attacco e fugge dal mostro.


É venuto una schifezza, ma nel tentativo di non fare un papiro ho dovuto stringare sopratutto l'ultima parte. Cercherò di redimermi con i prossimi post.
(Ho usato due attive per via dei due post in uno, spero di non aver commesso un errore)

 
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Ark
view post Posted on 6/12/2015, 20:31




~ Ciò Per Cui Combatto



      Quel deserto non mi era mancato per niente.
     Ricordavo molto bene la mia spedizione verso l’Abisso, l’entrata nel baratro coperto da sangue di demone, il mio rapido ma cruciale incontro con l’Ahriman. Il fallimento, la fuga… e la Corruzione. Senza rendermene conto passai la mano destra lungo i miei capelli ora grigi, come a controllare per l’ennesima volta se ero stato davvero salvato da quella maledizione.
     La mia anima era stata miracolosamente salvata un attimo prima che fosse troppo tardi, e ciò che ammorbava quella terra, l’aria, l’intero Akeran, adesso non doveva più farmi paura. La mia mente ne era perfettamente consapevole, tuttavia qualcuno s’era dimenticato di avvisare il cuore che aveva cominciato a battere sempre più forte alla vista dell’accampamento di soldati che si stagliava all’orizzonte.
     « Sono ancora in tempo per tornare indietro… » mormorai a me stesso. Difficilmente qualcuno poteva avermi visto dalla cima di una sporgenza rocciosa, nessuno avrebbe saputo che ero stato là se non per delle impronte sulla sabbia che presto sarebbero svanite. L’esercito era poco più di un punto all’orizzonte, ma era più che abbastanza per poter aprire un Varco abbastanza preciso da potermi portare da un soldato ed arruolarmi come volontario. Il sole del mattino sorgeva ad Est, l’aria era secca ma il vento non sollevava molta sabbia, permettendo di vedere lontano.
      Mi presi qualche attimo, in modo da confermare o meno la mia decisione di combattere. Sapevo già qual era la risposta, ovviamente, ma sentivo il bisogno di riordinare i pensieri che ultimamente erano sempre più confusi. C’è stato un tempo in cui lottavo per vendetta, poi per il bene di un intero regno, finché entrambi gli obiettivi non hanno perso significato. La vendetta l’ho abbandonata, ed il regno adesso non aveva un nemico se non sé stesso.
      Cosa mi aveva spinto lì, quindi? Per il gusto della battaglia? Il bene comune? Volevo proteggere Elayne dal pericolo della Corruzione, se non fosse stata fermata? Tutte cose vere, ma non era abbastanza. Però doveva bastare. Nulla di molto sensato, vero?
     Una linea verticale di luce argentata apparve davanti a me, aprendosi come una finestra dell’aria che portava a qualche centinaio di metri dal limitare dell’accampamento. Non avevo il tempo di aggrovigliarmi il cervello proprio adesso: c’era una battaglia da affrontare.
     Perché, a prescindere dal motivo, sapevo che dovevo essere là.

     Odore di sudore, polvere e latrine, il suono di fabbri al lavoro che riparavano armature e affilavano spade, di passi dei soldati che si muovevano ovunque nell’accampamento, gridando ordini o imprecazioni. Non era la prima volta che camminavo tra le tende di un esercito, e nemmeno quello mi era mancato.
     Ero giunto appena in tempo, lo sentivo dalla tensione che c’era nell’aria. Convincere le guardie che ero un volontario non era stato un problema: per quanto non abbia più cicatrici che possano mostrare le mie battaglie passate, uno spadaccino sapeva riconoscerne un altro anche solo dal modo in cui camminava come se la spada fosse stata un arto ulteriore appeso al fianco.
     Mi bastò qualche ora per fare un giro dell’esercito, e capivo abbastanza di strategia per capire che Jahrir non sembrava consapevole che costruire fortificazioni tra le rocce voleva dire limitare parecchio l’efficacia di armi d’assedio e cavalleria, che davano il massimo nello spazio aperto. Non ero l’unico ad aver fatto quel pensiero: ho sentito un mamelucco parlare con Jahrir in persona di come non appoggiava la scelta, ma senza alcun successo.
     Mi fermai ad osservare Zuben andarsene irrigidito, fermandomi poi sul generale che doveva guidarci alla battaglia. Sembrava stanco, parecchio stanco. Non doveva essere facile essere al suo posto, e non lo invidiavo. Continuai a guardarlo mentre attraversava l’accampamento verso un rilievo roccioso, finendo presto coperto dagli schiavi che preparavano le fortificazioni. « [color=darkblue]Che la Luce lo aiuti. Che la Luce ci aiuti tutti.
» pregai, nonostante io non sia uno che s’affida spesso alle divinità. Difficilmente sarei potuto essere miracolato due volte nella mia vita.
     Camminai ancora, senza pensare a nulla. Il vuoto era più rassicurante dell’inquietante dubbio che strisciava dentro i miei pensieri. Vidi un uomo emaciato conversare con un fabbro, per poi girarsi e quasi cadere a terra dopo essere inciampato su una pelle di pecora gonfiata e coperta di pece. Continuò a camminare come se nulla fosse, lasciando impronte nere dietro di sé.
     Appariva turbato, ma non fu quella cosa a farmi sentire un brivido lungo la schiena. Aveva un che di familiare, ma per qualche motivo non riuscivo a capire chi fosse o dove lo avessi già visto. Sapevo solo che la sua vista mi faceva sentire a disagio, sporco, come se fossi stato io stesso a finire nella pece. La sensazione rimase anche dopo che lui se ne fu andato.

     Risuonò un corno e tutti ci voltammo all’unisono verso Sud, il fiato sospeso. Durò un attimo, e all’improvviso tutti cominciarono a muoversi più rapidamente, la paura che dava le ali ai piedi. Io stesso camminai verso la prima linea, il mio respiro affannoso che veniva coperto dal suono dei passi e dai tonfi degli onagri in azione. Superai molte macchine d’assedio ferme, incapaci di prendere bene la mira in mezzo a quelle rocce, e maledissi la scelta di Jahrir a denti stretti.
     Giunto al limitare dell’accampamento mi fermai accanto a schiavi armati di daghe e protetti da semplice cuoio temprato e mamelucchi con armature complete, spade ed archi. Davanti a noi c’era l’orda di Caduti, ed improvvisamente l’idea di andarmene divenne molto più allettante di prima. Di quanto ci superavano, cinque a uno? E noi non potevamo nemmeno usare il massimo potenziale del nostro esercito…
     Sangue e maledette ceneri!
     Intorno a me gli schiavi tremavano e qualcuno fece dei passi indietro, soltanto per venire fermato da chi stava dietro di loro. Nemmeno a me piaceva l’idea di stare fermo e attendere che quell’ammasso di creature demoniache mi raggiungesse, tuttavia non c’era molto altro che potevo fare. Sfoderai la mia spada e poggiai il piatto della lama verticale sulla fronte, gli occhi chiusi, in una specie di rituale che ormai era parte di me.
     « Lama, non mi tradire oggi. » sussurrai, mentre il mio corpo veniva circondato da leggere scariche elettriche azzurre.
     Riaprii gli occhi solo per scoprire che non vedevo più nulla. Che cazzo stava succedendo? Sentivo gli ansimi disperati degli uomini intorno a me, anche loro ciechi nell’oscurità, e percepivo con la mente la presenza delle creature demoniache ormai ad un passo da noi.
     Lo scricchiolio del legno che veniva spezzato la diceva lunga sulla resistenza delle barricate, che non avevano alcuna speranza di poter resistere all’orda che ci veniva incontro. Sentii il tintinnio di daghe che venivano lanciate a terra e un suono di passi disperati che si allontanavano da lì, e dei pochi con me in prima linea ne rimasero ancora meno.
     Trassi un lungo, lento respiro fino a svuotare i polmoni e la mente. Tutti i dubbi che avevo, la paura, la frustrazione di una simile inferiorità vennero messi in un remoto angolo della mia mente, dove ora non c’era che il Vuoto. E nel Vuoto cominciai a combattere.

     Parata, mezzo passo indietro, piroetta, affondo, parata. La mia lama guizzava nel campo di battaglia, brillando nell’oscurità con la magia elettrica. Tranciavo arti e corpi in modo metodico, cercando di risparmiare le forze e combattere a lungo, facendo loro sudare ogni centimetro che guadagnavano. Non ero da solo, tuttavia non potevo permettermi di osservare il campo di battaglia. La mia capacità di percepire le aure ed i miei riflessi mi permettevano di schivare o parare la maggior parte dei colpi avversari, e dove spada o armatura non arrivavano a proteggermi evocavo scudi d’energia.
     Ma erano tanti, davvero tanti.
     La luce generata dagli incendi mi permise di vedere scorci di com’era la situazione intorno a me, ed ovunque c’erano cavalieri e schiavi che lottavano per la propria vita in piccoli gruppi. Decine di Caduti erano morti davanti a me, ma dietro di loro ce n’erano altri cento pronti ad assaltarmi, infiniti.
     Un artiglio era riuscito a penetrare la mia guardia ferendomi la spalla sinistra, strappando la maglia nera e rivelando la cotta di maglia che mi proteggeva il busto, l’unico motivo che impedì alla creatura di strapparmi il braccio. Sentivo il sangue colare caldo lungo il fianco, ma il dolore era molto lontano dalla mia consapevolezza mentre ero nel Vuoto. Spinsi via la creatura con un calcio ma in quel momento altri quattro m’assaltarono contemporaneamente da più direzioni in quel momento di distrazione.
     Fu in quel momento che un Incubo giunse da dietro di me e si scagliò come impazzito verso le creature che mi stavano minacciando, un ammasso di artigli lunghi come lame in un corpo che sembrava fumo nero, gli occhi che ardevano nell’oscurità come fiamme. Mulinò le braccia tranciando Caduti tutto intorno a lui, finché non ne rimase nessuno.
     Restai a bocca aperta ad osservare la scena, mentre nel Vuoto faceva irruzione il ricordo di una città nel deserto, un’ombra dagli occhi rossi che mi ordinava di uccidere un uomo.
     « Tu?! » riuscii a chiedere.
     « Io. » rispose semplicemente il demone con cui avevo condannato alla Corruzione un’intera città, lo stesso demone che adesso sembrava lottare contro i suoi simili, e che mi aveva salvato la vita.
     Non c’era tempo per dire più di quel rapidissimo scambio di battute, perché l’ennesima orda stava per attaccare.
     Ma io e la mia spada eravamo pronti.

ReportStato Fisico ~ 95/125. [-20, Orda di Caduti]
Stato Mentale ~ 75/75.
Energia ~ 100/100.
CS Guadagnati ~ 4 [4, Forza].
CS Consumati ~ 4 [4, Forza].
CS in Riserva ~ 0.
Consumi ~ [0 Bassi, 5% ~ 0 Medi, 10% ~ 0 Alti, 20% ~ 0 Critici, 40%]
Armi
» Hien ~ Sul fianco.
» Arco ~ Sulla schiena.

Armature
» Cotta di maglia ~ A protezione del busto.
» Armguards ~ Su ciascun avambraccio.

Oggetti
» Corallo ~ 0.

Abilità passive
» Sentinella ~ Auspex passivo basato sull'aura delle persone. (1/6)
» Inarrestabile ~ Può ignorare qualsiasi tipo di sofferenza fisica. (1/6)

Note
Verrà il giorno in cui non mi prenderò all'ultimo per scrivere un post :v:
Sono piuttosto sicuro che dopo il cambiamento delle tecniche di difesa io adesso possa difendermi come si deve solo da tecniche magiche e psioniche, quindi nel dubbio incasso l'alto al fisico e chi s'è visto s'è visto.
Nel post semplicemente descrivo l'arrivo di Shaoran e il combattimento contro i caduti, dove viene aiutato dal prode Divoratore. Uso un corallo che dona 4 cs in forza e li consumo tutti nel combattimento. Ho descritto che ne ammazza qualcuno durante il post giusto per fare un po' di scena, non penso due o tre cadaveri cambino l'esito della battaglia. Se così fosse posso sempre editare xD

 
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view post Posted on 6/12/2015, 20:37
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Intet, la sognatrice
il quarto Ahriman

— un cuore rigonfio di poetica invenzione —

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Il paragrafo iniziale di questo post è stato presentato per un concorso, dunque ho dovuto rimuoverlo.
Ho vinto! :)



Fragilità. Il tuo nome è donna.

La voce della corruzione riportò il terzo Ahriman alla realtà. Questa volta la distinse per ciò che era, invece di confonderla con quella di Aupiter. Le parlava sempre con quella voce.
Si era persa in una memoria; una memoria della donna che era stata prima dei caduti, prima della Tentatio e prima di ʤɛna. Un ricordo che apparteneva alla sua vita precedente, molto lontano da quel tempo e dal Sürgün-zemat. Un istante di solipsismo che le era stato possibile solamente grazie a Ιανός: nemmeno aveva incontrato l'antico guerriero dei Feziali, e già la sua presenza riusciva a separare ciò che era stata dalla corruzione. A separare Intet dal terzo Ahriman.
La caccia le stava ricordando chi era.
Il ciclo stava giungendo al suo termine. Il suo tempo come terzo Ahriman era prossimo a concludersi. Ma neppure con quella consapevolezza era in grado di sottrarsi al richiamo della corruzione, che aveva la voce dell'unico uomo che aveva amato.
Il nostro tempo insieme si sta stringendo.
Sì.
Eppure restano così tante candele.
Il terzo Ahriman lanciò uno sguardo sul campo di battaglia. Le vite degli uomini le apparivano come il baluginio di centinaia di fiammelle, tremolanti nell'oscurità. L'immagine dei secoli di dormiveglia passati con Aupiter e con il suo ricordo si sovrapponeva alla realtà. Si sentiva affogare, sprofondata fra le onde di meravigliose immaginazioni, e nemmeno si rendeva conto che il suo corpo stava muovendosi per obbedire alla Tentatio.
Questa volta, sarò io a spegnerle per te.

XbkjRzc

Nel caos della battaglia, Jahrir aveva deciso di unirsi ai combattimenti.
Quando i primi caduti si erano avventati sulle paratie dell'accampamento e le avevano superate, lui si era sollevato dalla sua paralisi e si era diretto verso la rastrelliera di armi più vicina. « Non cambierà niente » gli ripeteva la voce di Shaelan. « La morte fa parte del ciclo. Devi accettarla. »
Karahman, eccovi! — esclamò Zuben nel vederlo — Gli uomini hanno bisogno di ordini! Non sappiamo cos'abbia provocato questa notte e gli schiavi... — ignorò le lacrime sulle guance di Jahrir e quest'ultimo lo afferrò per la spalla, penetrandolo con occhi di fuoco.
Zuben, prendi il comando delle truppe. Io mi unirò agli schiavi.
— Come? Io...
Il nano armeggiava con i lacci della sua pettiera di cuoio, senza nemmeno guardarlo.
Fai come ti dico.
A poca distanza da loro, alcuni schiavi abbandonarono le armi e si nascosero fra le tende. Un mamelucco venne trafitto dalle corna deformi di un caduto. L'aria si alzava in volute di cenere e scintille, pregna dell'odore dello zolfo. La notte, calata all'improvviso, amplificava le grida degli uomini e i versi delle bestie. I volontari davano sfoggio dei propri poteri abbattendo le progenie dell'Ahriman e dando respiro all'accampamento strangolato dalle forze nemiche. Curiosamente alcuni fra loro sembravano appartenere a stirpi demoniache: uno in particolare si muoveva con una brutalità tale da poter essere scambiato per l'Ahriman in persona. Jahrir ringraziò T'al per quell'inaspettata fortuna: il loro intervento sarebbe stato davvero determinante per l'esito di quella battaglia.
« Certamente più del tuo. Scappa, benim sevgili. »
Non scapperò.
Ancora non impegnato nei combattimenti, il nano fu il primo ad accorgersi del terzo Ahriman, mentre si vestiva per il combattimento.
Il signore dei demoni apparve al centro dell'accampamento, sgorgando dalle crepe del terreno come pece. Il suo corpo aleggiava come fumo, incapace di sollevarsi a più di un metro d'altezza, in uno stato di materia fra il liquido e il gassoso; eppure in quell'orrore d'inchiostro si distinguevano già i suoi occhi privi di vita, i denti affilati come rasoi e le dita sottili come le zampe di un ragno. Nel vederlo alcuni schiavi scoppiarono in lacrime e si gettarono a terra, scavando con le mani e stringendosi la testa fra le dita.
Per la mia barba...
Il corpo dell'Ahriman prese forma lentamente, assumendo l'aspetto di una creatura mostruosa che era un incrocio fra una donna innaturalmente sottile, un pesce e un rettile. La sua pelle era ricoperta di squame traslucide; le sue mani e i suoi piedi avevano esili artigli; dalla sua schiena si allungavano viscidi tentacoli e il suo bacino terminava in una lunga, robusta, coda. La sua testa era scheletrica come quella di un pesce abissale, con due coppie di ganasce e altrettante fila di denti acuminati. Tutto intero non era più grande della yurta in cui avevano discusso Venatrix e Jahrir, ma la sua andatura ingobbita falsava qualsiasi stima sulle sue dimensioni.
Gli schiavi cedettero al panico; il centro dell'accampamento, dove stavano ritirandosi per sfuggire ai caduti, era occupato dal loro nemico. In molti di loro iniziarono a manifestarsi le prime avvisaglie della caduta: il loro sguardo si spense, si accovacciarono a terra e iniziarono a passarsi le mani sul corpo, come se volessero lavarsi da chissà quali peccati.
Merda, merda, merda...
Jahrir afferrò una lancia e la puntò contro la creatura. Per un attimo fu certo che quella gli stesse sorridendo, aldilà della sua forma aliena. Non aveva mai visto niente di simile. Gli tremavano le gambe.
Fu in quell'istante che venne superato da una ragazzina.
Una bambina che non dimostrava più di otto anni, avvolta in uno straccio, che prese a correre in direzione dell'Ahriman. La strega di Taanach, nella manifestazione che aveva scelto per raggiungere l'Ahriman.
Ehi, ferma! Costa stai facendo?! — le gridò, certo di non averla mai vista prima. — Siktir gıt!
Quindi strinse le dita sull'impugnatura della lancia e si gettò all'attacco, seguendo quella scia.

Centinaia di fiammelle che baluginano nell'oscurità.
Curioso
e triste.


4YzbLvK

Se spegnerai tutte le candele saremo costretti a separarci.
Intet chiuse indice e pollice su un'altra fiammella, persa nel sogno. Non si rendeva nemmeno conto di ciò che il suo corpo stava facendo nel Sürgün-zemat; la sua mente era intrappolata sotto gli infiniti strati di immaginazione provocati dal dormiveglia, e la Tentatio le faceva compagnia con la voce e l'aspetto di Aupiter.
Non possiamo stare insieme per sempre.
È questo quello che credi?
Le labbra del drago sfiorarono la prima vertebra sotto la sua nuca per poi scivolare con dolcezza verso le sue spalle. Il suo corpo venne scosso da un brivido e si strinse tra le braccia.
Eppure qualcosa dentro di lei le impediva di abbandonarsi a quella tentazione. L'incomprensibile sensazione di trovarsi all'interno di una realtà innaturale: dolce, meravigliosa, desiderata... e sbagliata. Cosa stava succedendo al di fuori delle pareti di quella grotta? Quanto tempo erano rimasti distesi in quella penombra?
È l'inevitabile sopraggiungere della notte ad addolcire i momenti prima del sonno.
Resta con me e la tua coscienza galleggerà appena sotto la superficie, per sempre.
Io... questo non è possibile...
Non era stata lei a chiedergli di non andarsene? Era stato Aupiter ad abbandonarla, non il contrario.
Perché?
Perché...
Perché niente di tutto questo è reale.
La voce della strega di Taanach interruppe quello scambio di battute, distinta e potente come un tuono, sebbene spezzata da un ansimo frenetico. Intet sollevò lo sguardo e la vide: una figura femminile, coperta di stracci, che stagliava la sua ombra contro le pareti della grotta. Era la prima volta che qualcuno riusciva a penetrare nel suo sogno, ma la riconobbe subito.
Zaide, bambina mia, sembri stanca. — si sentiva stranamente felice di vederla. — Sei qui per prendere il mio posto?
La strega eluse la sua domanda. Era imperscrutabile. Il suo petto si sollevava ritmicamente per assecondare il respiro affannoso.
Dunque è questo il tuo vero aspetto. — le disse con una sfumatura di superiorità, rifiutandosi di parlarle al femminile. — Ti ho sempre immaginato più mostruoso.
Intet sorrise, passando le mani sul viso di Fascies.
Mostri si diventa nella confusione, combattendo e cedendo. Nel nostro caso per amore. — l'altra non rispose. — Se non sei qui per prendere il mio posto, sei qui per uccidermi?
Sono qui per vederti. Comprendere. Il mio viaggio è già terminato.
Sei delusa da ciò che vedi?
Stupita. — affermò la strega, poggiando una mano contro la parete per sorreggersi. Il suo viso era di ghiaccio; la sua pelle persino più pallida del solito. — Il marionettista che ha orchestrato la mia vita non è altri che un burattino a sua volta aggrovigliato nei fili.
Intet si lasciò carezzare dalle dita di Aupiter che camminavano con eleganza sulla curva della sua schiena.
Fili che strangolano. Fili che legano. Fili che tagliano. Fili che cuciono. Che cosa mostruosa, che queste lame abbiano due fili.
Quando ho iniziato a muovermi era l'odio a spingermi. La vendetta. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di vederti esanime.
E ora?
...ora capisco che il mio nemico non sei tu. È lui. — e così dicendo indicò Aupiter, che sembrava non vederla nemmeno. Il suo dito tremava per la stanchezza. — La corruzione. Mi sono lasciata manovrare come un pupazzo, attribuendo a te i suoi peccati. E sarei disposta a fare qualsiasi cosa pur di eliminarla, ma...
...ma non è possibile.
...ma non è possibile.
La Tentatio non è qualcosa che possa semplicemente andare distrutta. Essa esiste e basta. Sotto un certo punto di vista si potrebbe quasi pensare che siamo noi essere viventi a tenerla in vita. Si può solo cedere a essa, o arginarla.
Voi avete distrutto la mia vita...
...o abbiamo operato soltanto come strumenti affinché tu ti autodistruggessi? E per cosa, se non per rinascere come una fenice su un nuovo, insospettabile, grado di esistenza? Nessun altro avrebbe potuto raggiungermi qui, fra i colori disordinati della mia tela. La strega di Taanach può. Ora che il suo viaggio è terminato, può.
Zaide non aggiunse nulla. Guardava Intet dall'alto al basso, con occhi di ghiaccio, regolando il respiro con la bocca.
...Io non ti ringrazierò mai.
Non farlo. Al tuo cospetto siamo insignificanti. Tu sei una dea, ormai...

...e come tale puoi scegliere.



CITAZIONE
Mi rendo conto di come questo post sia più criptico di quelli a cui vi ho abituato in apertura della quest, ma andava fatto. Stateci. Mo' vi spiego tutto quanto.
Innanzitutto, un appunto sui nomi dei draghi: come sapete ciascuno di loro ne usa molti. Uno formale, uno in forma umana, uno come soprannome, blablabla. Quindi, per chiarirvi eventuali dubbi:

Venatrix (nome formale) = Rubietentia (nome informale) = Aleksjéj Vasìljeviç Lévin (per gli uomini)
Intet = Somnhya = il terzo Ahriman (o perlomeno la persona che è stata il terzo Ahriman prima della corruzione. La madre di Venatrix)
Fascies = Aupiter (il padre di Venatrix)

Capirete dunque che buona parte di questo post (il primo e ultimo paragrafo) sono raccontati proprio dal punto di vista del terzo Ahriman che ha una connessione profonda con la corruzione. Come Jahrir sente la corruzione parlargli per voce di Shaelan, Intet l'ha sempre vista con la voce e l'aspetto di Fascies. Ciò è incrementato dal fatto che la magia di Intet (così come quella di Venatrix) è intimamente legata alla manipolazione dei ricordi e, un po' come se la Tentatio avesse usato i suoi stessi poteri contro di lei, da quando si è trasformata nel terzo Ahriman la sua mente è intrappolata in un sogno infinito in cui passa la notte insieme ad Aupiter. La presenza di Giano (che sta indebolendo la corruzione) ha iniziato a incrinare la perfezione di questo sogno.
Va da sé che quanto è narrato nel primo paragrafo è qualcosa avvenuto realmente (un ricordo, appunto, sfruttato dalla corruzione). Quindi, grandecolpodiscenasuVenatrixacuinonfregherànienteanessunomaandavascrittoperchéioavessipace, Venatrix è stato effettivamente concepito da Intet e dal ricordo di Fascies (un'illusione). Per questo il drago è identico a suo padre. Tecnicamente... è suo padre: è il ricordo vivente di come Intet ricordava la persona che aveva amato (i due avevano una relazione molto tira e molla nella mia idea, ehm). Ma tanto il povero Venatrix non lo saprà mai.

Comunque, torniamo a ciò che interessa voi direttamente. I vostri attacchi danneggiano l'armata dei caduti, che attualmente sta messa così:

Corpo - 195%
Mente - 300%
Energia - 280%

Come si evince dal paragrafo centrale, il terzo Ahriman compare al centro dell'accampamento, portando scompiglio fra le fila dell'esercito. Numerosi schiavi iniziano a trasformarsi in caduti, e ciò comporta due conseguenze:

1. Tutti voi subite un attacco fisico compiuto a 4CS (forza e rapidità) da un png casuale vicino a voi che si trasforma in caduto (uno schiavo, un mamelucco o un altro volontario).
2. La corruzione attacca la vostra mente. Ormai penso che abbiate capito come agisce: a Jahrir ha parlato con la voce di Shaelan. A Intet con la voce di Fascies. In entrambi i casi ha cercato di portarli sulla via sbagliata, favorendo la loro corruzione e spingendoli a "lasciarsi andare". L'attacco della corruzione nei vostri confronti sarà simile: un assalto psionico critico ad area (alto su ciascuno) che danneggerà la mente, da interpretare liberamente. È il tentativo della corruzione di trasformarvi in caduti, quindi per ciascuno di voi sarà diverso e personale, e potete interpretarlo a piacimento :sisi:
Nel vostro post potete continuare ad attaccare l'armata dei caduti o meno, a piacimento. Siate pure autoconclusivi sulle schiere di demoni e con l'esercito di schiavi, se è a semplice fine narrativo. Potete anche lanciarvi contro l'Ahriman stesso, se volete! In quel caso, non siate autoconclusivi.

Ora parliamo delle scelte:
Come avete desiderato, Jahrir si lancia nella mischia e lascia il comando delle truppe a Zuben. Sfortunatamente, si trova proprio faccia a faccia con l'Ahriman; ma forse era proprio lo spavento che gli serviva per ignorare la voce della corruzione. Infatti, come molti di voi avevano intuito, questa era la scelta che meno avrebbe corrotto il nano (+1 punto), ma anche quella meno impattante sulla battaglia, la cui situazione si fa sempre più disperata (lasciarlo in disparte avrebbe aiutato le truppe a organizzarsi, ma reso più difficile al nano ignorare la voce di Shaelan. Richiamare Venatrix, beh... potete immaginarlo.)
La classifica, quindi, sta a questo punto:

Jahrir - 8 punti
Zaide - 6 punti
Giano - 5 punti

La scelta di questo post è dedicata interamente a Zaide (e la prossima, come potete immaginare, a Giano). La strega interviene nella battaglia soltanto quando l'Ahriman si rende visibile, prendendo l'aspetto di una bambina per scivolare meglio tra i caduti. Jahrir se la trova affianco, ma non riesce a fermarla. Una volta raggiunto l'Ahriman, la strega usa tutta l'energia che le resta per scivolare nella mente di Intet, dove scopre il sogno eterno a cui la corruzione l'ha condannata. Quest'ultima azione sommata al viaggiare da sola l'ha privata di grande parte delle sue energie, dunque è esausta e indebolita dalla situazione.
Qui Zaide vede il terzo Ahriman per quello che è veramente: una donna innamorata che la corruzione sta manovrando come un pupazzo. Esattamente come Intet aveva fatto con lei, mandandole Shabāha dopo Shabāha per corromperla. Questo la fa sentire un po' superiore, un po' insoddisfatta, un po' arrabbiata, ma soprattutto confusa. Ho volutamente lasciato il pov di Zaide stessa in secondo piano, poiché non ho voluto inquinare l'eccellente lavoro narrativo compiuto dall'utente (Zaide) fino a oggi: il viaggio della strega è già terminato. Quest'ultima vicenda è solo una formalità.
Come suggerito da Intet, Zaide ha una scelta:

— Può usare le ultime energie che le restano per attaccare Intet, nel sogno, e ucciderla.
— Può usare le ultime energie che le restano per attaccare Fascies (la corruzione), nel sogno, e ucciderlo.
— Può usare le ultime energie che le restano per ignorare il sogno, tornare nella realtà e aiutare l'esercito di Jahrir (come, lo vedrete nel post).

Questa è una scelta criptica e in buona parte simbolica; fate attenzione a cosa scegliete e perché, quindi!
I tempi sono i soliti; enjoy!


Edited by Ray~ - 25/11/2020, 22:36
 
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view post Posted on 8/12/2015, 14:00
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[...]


III

PoV: Vaalirunah

(Sürgün-zemat)




Aveva l'impressione di aver già visto quelle peculiari sfumature di rosso.
Un tramonto di fuoco sulla linea curva dell'oceano infinito era una visione a cui non si stancava mai di assistere, non in quegli anni distanti dove a ogni risveglio trovava una meraviglia nuova da scoprire. Per il sognatore che era, l'immaginazione disegnava sempre qualcosa di diverso sulla tela del giorno morente: poteva essere un abbozzo di speranza per il mattino successivo, poteva essere l'infantile desiderio per una fuga nel ventre così distante che l'aveva generato, o più di solente poteva essere semplice incertezza per il futuro. Tuttavia, quel preciso tramonto aveva un significato speciale: sapeva riconoscere l'aroma di salsedine, il lieve solletico causatogli da ogni singolo granello di sabbia sui piedi, il dolce suono della risacca sulla spiaggia...

« Non mi guardi più come una volta. »

...e quella voce alle sue spalle.
Il fragile sospiro di una mente incrinata da troppe crepe perché la si potesse risaldare del tutto.

« Te ne vuoi andare, non è vero? »
chiuse le palpebre concentrandosi sugli ansiti che deformavano le sue parole
« Mi vuoi abbandonare? »
sì, ricordava perfettamente che cosa sarebbe venuto dopo;
l'aveva visto centinaia di volte

« Desideri lasciarmi qui a morire, da sola? »

Riaprì gli occhi su quella magnifica finestra di colori, il regalo d'addio del giorno pronto a ceder passo alla notte.

« No. »
parlò con una voce di cui aveva quasi scordato il suono
« Non ho mai desiderato la tua fine. »
« Sei stata tu a decidere. »

Lentamente si volse, e i suoi occhi si incastrarono in quelli di lei - senza odio, né paura, né risentimento. Guardando la creatura che credeva di aver amato, osservandola contrarsi preda di un male più grande di lei, riuscì soltanto a provare compassione.

« Tu mi hai ucciso. »

Così com'era stato allora, lei gli si avventò contro con le fauci spalancate.
Il dolore aveva vinto. La fame aveva vinto.


~

Fu come se la realtà fosse andata in mille pezzi, uno specchio infranto oltre il quale si celava una nuova immagine.
Le grida di terrore, il tanfo delle viscere riverse sul terreno, il clangore delle armi: tutto quel vortice di sensazioni violente lo investì e lo riportò al presente con la forza. Si trovava a terra, sopra di lui un caduto in cui credette di riconoscere un volto; aveva le zanne strette attorno al suo braccio destro, ma non era riuscito a trovarne la carne. Le scaglie di luce dorata che rivestivano l'epidermide del Sesto l'avevano salvato da una dolorosa ferita, e forse anche da più di quello. Non comprese che cosa fosse successo, né capì bene che cosa stesse succedendo, ma in quei frangenti critici l'istinto prese il sopravvento e reagì senza neppure pensare. Lo colpì con una ginocchiata al ventre e lo riversò su un fianco, invertendo le posizioni; e quando il mostro fu atterrato, gli conficcò metà della sua spada dentro il petto. E ancora una volta precipitò nel baratro della sua memoria.

~


« BUGIARDO! »
non era più chino sopra l'empio involucro di un uomo perduto
« Stai mentendo... »
sotto di lui giaceva Lirin, e stava morendo
« ...sono morta a causa tua! Tu hai deciso di lasciare quell'isola!
Tu hai deciso di avventurarti per mare senza neppure avere idea di quale fosse la meta!
»

Il suo corpo mutilato galleggiava nell'acqua torbida, sputava sangue e piangeva. La rabbia senza confini che le scolpiva gli occhi lo ferì più profondamente di quanto qualsiasi lama avrebbe mai potuto fare. Sapeva che aveva ragione. Era stata tutta colpa sua. Non avrebbe dovuto prendere quella scellerata iniziativa, non importava quali fossero state le sue motivazioni; l'idea di una fuga senza l'aiuto di nessuno era stata una follia che era costata la vita alla sua amata figliola.

« L-lirin... i-io... io che cosa dovevo fare? »
« ... se solo avessi saputo... »

Sollevò le zampe squamate da rettile per coprirsi gli occhi e celare allo stesso tempo la sua vergogna e il suo dolore; ma si fermò quando realizzò di avere gli artigli sporchi del suo sangue.

« Menti ancora una volta... »
tra un singulto e l'altro le parole lo colpivano ancora e ancora, perforando più in profondità
« ...questo era ciò che volevi. Levarmi di mezzo, tornare completo. »
« ...no, non così. »
« Io ti odio... »

A quelle parole un mulinello scosse la pozza, e le acque si gonfiarono minacciose attorno a loro.

« IO TI ODIO! »

Ne finirono entrambi inghiottiti.


~

Si rialzò di scatto, estraendo la spada dal corpo esanime.
L'acciaio sgusciò dalla carne in un lamento liquido e orribile, che di riflesso gli causò un principio di vomito. Lo ignorò, cercò di riprendere possesso di se stesso e di normalizzare il battito cardiaco. Non doveva aver respirato per interi minuti, tanta era la voracità con cui stava divorando boccate di quell'aria impestata. Barcollava e a stento si teneva in piedi, ma riuscì a rialzare lo sguardo e a realizzare che tutto attorno vi era di nuovo l'orgia di uomini e mostri intenti ad ammazzarsi a vicenda. La notte era calata d'improvviso, e gli schiavi parevano essere tutti impazziti o mutati. Fu forse solo in quell'attimo che iniziò a intuire che qualcosa non andava. Cercò franticamente con gli occhi una risposta alle domande e ai dubbi che come tarli gli stavano divorando il cervello, e quando si posarono sulla ripugnante creatura emersa al centro degli schieramenti - le figure e i colori del mondo si rimescolarono per l'ennesima volta.

~

Videro i cadaveri.
Impossibili da contare, tantomeno da riconoscere. Rivestivano il marmo del tempio come un tappeto di carne marcescente: la gloriosa opera della corruzione nel suo trionfo finale. Non vi era più nulla da salvare, niente da ricostruire. Il silenzio era tutto ciò che rimaneva, e presto anche quello sarebbe stato loro sottratto. Le voci che giocavano crudeli con le loro pene non erano che un anticipo sul percorso. Caddero in ginocchio sul sangue dei sudditi e dei nemici, ormai mescolati assieme. Alzarono braccia toniche da donna al cielo, scrutando oltre la volta sbriciolata - come se lì da qualche parte vi fosse davvero la risposta a tutto; la medesima e patetica speranza che in primo luogo li aveva congiurati su quella terra di lacrime. Ma nella notte non vi erano stelle. Non vi era Dio ad ascoltare. Sapevano quale sarebbe stato l'epilogo.

Le loro mani e la loro pelle avevano già iniziato ad accartocciarsi. Impossibile non vedere le venature di nero allungarsi fino ai polsi e ai gomiti, impossibile ignorarle mentre conquistavano il loro spazio sul corpo e sulla mente - con un rumore simile a quello che facevano le foglie secche d'autunno calpestate per errore. Così gli occhi si posarono con sconcertante naturalezza sul pugnale che tenevano in grembo; lo afferrarono con decisione, consapevoli di non avere più altra via di fuga dall'incubo. Certi... della propria disfatta?

« Questo è sbagliato. »
le dita tremarono attorno all'elsa - esitanti
« Questo è ciò che è stato. »
le labbra impastate dalla debolezza e dalla stanchezza faticavano ad articolare le parole
« Questo non è ciò che deve essere. »
ma la loro determinazione si era fatta assoluta
« Questo non ci darà mai pace. »


~

Scagliò via i suoi deliri assieme alla spada, lontano da qualche parte nella mischia, e quasi come se quel semplice gesto fosse stato abbastanza da cancellare con un colpo di spugna ogni crimine di cui si era macchiato - si sentì di un tratto rinvigorito, la mente lustrata d'ogni dubbio. La realtà riprese forma rispecchiando il suo stato di rinnovata lucidità, e finalmente tutto gli fu chiaro. Sapeva che cosa doveva fare. Sapeva perché doveva farlo.
Le sue spoglie si spezzarono come tranciate da un fulmine di luce, e dal bagliore nacque di nuovo.

VAALIRUNAH1v2_zpsdh8pwzat

Ruggì riaffermando la sua esistenza al di fuori dei labirinti della corruzione, spiegò le ali piumate e si scagliò sull'essere la cui sola presenza distorceva il mondo. Agli astanti sarebbe forse apparso come un folle assalto, il tentativo di travolgere e sbranare il fulcro dello schieramento nemico; un mostro che combatteva un altro mostro. Eppure la Scaglia sapeva che quella battaglia non sarebbe mai stata vinta con la violenza. La Tentatio non può essere cancellata più di quanto non lo può essere il cielo; questo aveva detto alle sue stesse orecchie nelle ore precedenti all'assalto. Credeva ancora in quelle parole. E per questo aveva bisogno di vedere, di capire.

Non gli importava quale rivelazioni potessero celarsi dentro quelle spoglie orrende, né quali atroci verità potesse celare la sua mente divenuta una con la corruzione. Aveva ormai accettato che finché avesse esitato, non avrebbe mai veramente appreso di che cosa fosse tristemente difettoso - di che chiave fosse sprovvisto per dischiudere lo scrigno del segreto dei mortali. In fondo, rifletté in quegli attimi eterni precedenti all'impatto, non aveva fatto altro che cercare da quando i suoi occhi si erano aperti sul Theras. Aveva cercato sulla terra e per mare, fra gli uomini e dentro gli uomini, nel cielo e in sé stesso, ovunque meno che nel posto più ovvio, l'ingranaggio fondamentale che partoriva, muoveva e infine distruggeva ogni anima. La stessa forza che prima cibava la tentazione, e poi la consumava. Il male definitivo.

Aveva bisogno di conoscerlo meglio.
Doveva sapere.





















 Energia. {85%}
 Mente. {80%}
 Corpo. {65%}




Condizioni fisiche. Ferite e graffi superficiali sparsi, lacerazione a un fianco.
Condizioni psicologiche. Profondamente scosso dalle visioni innescate dalla Tentatio.

Tratti.
— Levitazione [volo] (3/5)
— Calma Interiore [difesa psionica passiva] (6/6)
— Anima d'Acciaio [resistenza al dolore psionico] (5/6)
— Spiegare le Ali [forma astrale] (5/6 - 5/6)
— Sciabola di Folgore [sciabola magica] (6/6)
— Ispirazione [+1CS in Vigore ad ogni cast altrui di tipologia magica] (6/6)
— Intuizione [riconoscimento illusioni + auspex per talento e classe + auspex per suddivisione delle risorse] (6/6 - 6/6 - 6/6)
— Tecnica [capacità di danneggiare la riserva energetica con attacchi fisici] (6/6)
— Memoria Eterna [capacità di rievocare, modificare, cancellare qualsiasi ricordo personale] (6/6)
— Cosmoveggenza [auspex informativo sul territorio] (2/2)
— Vigore [resistenza alla fatica da consumo energetico] (6/6)


Equipaggiamento.
— Spada lunga ornata
— Scimitarra rotta
— Pugnale rituale
— Corpetto di cuoio
— Bracciale cerimoniale (a cui sono assicurate mediante laccio la biglia stordente [1], la biglia fumogena [1], e la biglia dissonante [1])
— Sacchetto di sabbia rimodellante (erba rigenerante [1])
— Pozione rossa (erba medicinale [1])

Tecniche passive e attive impiegate.
CITAZIONE
Manto di Stelle — già citata

USATA A CONSUMO BASSO

CITAZIONE
Spiegare le Ali — al suo solo desiderio, l'Imperatore è in grado di assumere le sue fattezze astrali rompendo quel guscio che è il suo vessillo e assumendo forme gigantesche e imponenti. Una volta trasformato, egli apparirà come un serpente dalle ali piumate e tale rimarrà finché non deciderà altrimenti, o finché non dovesse esaurire le forze per sostenersi. I suoi poteri - in realtà slegati a quelli dei draghi - gli consentono di assumere questa forma indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.

Abilità passiva: 6 utilizzi + Abilità passiva: 6 utilizzi.

CITAZIONE
Levitazione — già citata

CITAZIONE
Anima d'Acciaio — la mente del Sesto è come una fortezza, restia a ceder passo ai conquistatori. Indipendentemente dalla quantità di danni mentali sostenuti, egli sarà difatti in grado di mantere un certo grado di lucidità e non lasciarsi sopraffare da tentazioni malevole o attacchi psionici che mirano a corromperne l'integrità spirituale. Conta come una resistenza al dolore psionico.

Abilità passiva: 6 utilizzi.

CITAZIONE
Comunione Forzata — un tocco di mano sarà sufficiente al Frammento per strappare all'avversario i segreti che desidera celare, i suoi obbiettivi, i suoi pensieri, i suoi ricordi: ogni cosa verrà assimilata e rivissuta dalla divinità come fosse propria, seppur solo per un istante. Una tecnica che può essere sfruttata anche sui cadaveri, ma che in questa evenienza potrebbe dare risultati incerti e frammentati, a seconda del tempo trascorso dal decesso del bersaglio. La tecnica è di natura psionica.

Consumo: Basso (energia).

Note.
Mi scuso se il post è un po' lungo e probabilmente anche confusionario, ma sia mai che mi lasci sfuggire l'occasione di metter in testo un bel mindfuck :sese: Vaalirunah incassa pienamente l'Alto psionico, e questo si traduce nelle visioni descritte: perde contatto con la realtà e comincia a vedere episodi distorti delle sue vite passate, che altro non sono che i tentativi della Tentatio di farlo cedere al dolore. L'attacco del caduto è sostanzialmente descritto alla fine della prima visione, dove il Sesto vede l'immagine della sirena che aveva ucciso la sua prima manifestazione attaccarlo - quando invece nella realtà dei fatti è uno degli schiavi mutati. Lui crede di difendersi da lei, e invece si difende dal corrotto, frapponendo una difesa attiva Bassa all'assalto fisico. Nel resto del post non c'è nulla di tecnico da segnalare, è una sequela di svarioni che si conclude con la decisione di attaccare l'Ahriman, non perché veramente convinto di poterlo distruggere - ma perché intenzionato a penetrare nella sua mente (tecnica "Comunione Forzata" - consumo Basso); per riuscire ad attivare la tecnica avrebbe infatti bisogno di travolgere, ferire, o se non altro toccare l'Ahriman. L'azione è eseguita dopo aver assunto la forma astrale e aver sfruttato la passiva di volo per scavalcare gli altri uomini/caduti di mezzo. In questo attimo finale utilizza anche la passiva di resistenza al dolore psionico, per non cedere alle visioni prima di aver completato l'assalto.





 
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Caccia92
view post Posted on 10/12/2015, 19:36






Master of puppets, I'm pulling your strings
Twisting your mind and smashing your dreams
Blinded by me, you can't see a thing
Just call my name 'cause I'll hear you scream







¬ Sürgün-zemat
Un accampamento sul confine con Taanach


Ingiustificata ferocia si abbatteva sui corpi. Una violenza inaudita. Anche se una creatura crollava a terra, devastata dagli artigli brillanti, il Divoratore non si accontentava: infieriva più e più volte, strappando arti, aprendo pance, staccando teste. Era una vendetta a tutti gli effetti. Nella sua visione distorta del mondo, l'Incubo era convinto che ogni ferita procurata ai Caduti si ripercuotesse sulla Corruzione; per ogni morte, un dolore aggiuntivo all'Ahriman. Sapeva benissimo che tutto ciò non corrispondeva alla realtà, poiché i corrotti non soffrivano, non piangevano, non pregavano. Lui stesso aveva percepito la Tentatio e conosceva le sue caratteristiche. I membri del suo esercito non possedevano un'anima o ricordi o ambizioni, erano semplici pezzi di carne sospinti dal vento che spirava dal Baathos.
Ma al Divoratore non importava. Sfogava la sua rabbia per non soccombere alla seducente pressione che lo spingeva a fermarsi, ad obbedire. Persino in quel momento, mentre il suo sguardo invisibile era concentrato sulle prede migliori, avvertiva il sussurro nell'etere. Potere. Libertà. Tenebre. Una dolce melodia che serpeggiava fin dentro la sua essenza liquida, toccando e frugando nella speranza di trovare qualcosa. Di trovare Robert. Era il suo punto debole, il metodo migliore per ostacolare la sua avanzata distruttiva. Se lui conosceva molto bene la Corruzione, la Corruzione conosceva altrettanto bene lui.
Percepì un dolore pungente appena sotto gli spallacci metallici. Distratto dai suoi timori inespressi, il Divoratore non aveva fatto caso alla punta acuminata di una lancia. Gorgogliò, infastidito dall'accesso di un elemento estraneo nella continuità fluida del suo corpo. Tentò di divincolarsi, ma l'asta era penetrata a fondo e lo aveva bloccato in un'innaturale posa disarticolata. In quella posizione poteva osservare con attenzione la parte dell'arma che era sbucata all'esterno e che continuava a premere: era una lancia umana. Quel particolare lo mise in allarme istintivamente. Guardò a destra e a sinistra, come se potesse effettivamente vedere una sorta di Corruzione gassosa che s'insinuava tra i soldati e ne ottenebrava la mente. L'Ahriman aveva cominciato il suo lavoro di rastrellamento.
Un barile di olio per la manutenzione delle macchine d'assedio esplose improvvisamente, gettando all'aria tende, bracieri di ferro, scorte, uomini e mostri. Il Divoratore venne sbalzato alcuni metri verso le rocce che circondavano l'ingresso Sud dell'accampamento. Cozzò violentemente contro una parete solida, l'asta della lancia si spezzò; l'Incubo crollò immediatamente a terra, privato delle forze. Un gemito simile ad un rantolo proruppe dalle grandi fauci cremisi. Poi accadde.
In un primo momento gli parve di sperimentare una sorta di debolezza fisica, ma si ricordò quasi subito che le leggi delle altre creature non intaccavano la sua integrità. Scosse violentemente il capo. Il suo sguardo venne coperto da una patina scura, granulosa, seguita da una strana luminescenza porpora. Percepì un bisbiglio, voci che si sovrapponevano e lottavano per prevalere l'una sull'altra. Il corpo si contorceva e tentava di regredire ad una forma ben definita.
Infine, contro la sua volontà, piombò nel limbo della metamorfosi.

[...]



Robert aprì gli occhi e, ancora una volta, il buio lo avvolse.
Non accese la candela sul comodino e non allungò la mano per sentire se sua moglie era nel letto. Rimase invece immobile e si concentrò sul soffitto della stanza. Non lo vedeva realmente a causa del buio, ma immaginò grandi assi di legno e chiodi accuratamente posizionati. Sapeva di essere nell'incubo. Al piano di sotto lo attendeva la consueta scena di sangue e morte. Così non si muoveva, disteso sul materasso, sperando che una folata di vento o uno scossone lo svegliassero.
Non accade. Lentamente i suoi occhi si abituarono all'oscurità e riuscì a distinguere le pareti della camera da letto. Poi un armadio di semplice fattura, un baule chiuso da un lucchetto e il profilo di un appendiabiti. Percepì anche un suono che non ricordava di aver mai udito in precedenza, una sorta di mormorio sommesso. Alzò il busto e tese le orecchie; erano voci. Voci umane. Provenivano dal piano inferiore.
Non è possibile.
Scostò violentemente il lenzuolo e si avvicinò alle scale. Ascoltò. Non si era sbagliato, c'erano davvero delle persone in cucina. Gli parve addirittura di distinguerle attraverso la cadenza vocale: una donna e un bambino.
Il cuore di Robert accelerò.
Scese le scale precipitosamente, giunse sul pianerottolo e fissò allibito la cucina. Davanti a lui, i visi sorridenti e le braccia lungo i fianchi, stavano sua moglie e suo figlio. Avevano gli occhi puntati su di lui, come se attendessero il suo arrivo. Avevano smesso di parlare.
« Cosa...cosa succede? »
La donna, che aveva lunghi capelli neri e la pelle candida, si avvicinò di un passo. La sua espressione era molto dolce, ma Robert riusciva a scorgervi una punta di tristezza.
« Guarda. » Lilin indicò una macchia rossa che si stava allargando a dismisura sul ventre « Sei stato tu. »
Robert non sapeva cosa dire. Improvvisamente, si trovò in mano un lungo coltello da cucina sporco di sangue. Si sentì mancare e provò a dire qualcosa. Aveva perso tutta la salivazione. Anche se era soltanto un orribile incubo, la sensazione di essere colpevole lo attanagliava con incredibile intensità.
« Io...io... » balbettò.
Tra le guance di Lilin si aprì un sorriso delicato. Le fossette sotto gli zigomi la rendevano incredibilmente bella. E reale.
« Io ti perdono, Robert. » concesse e la macchia rossa venne riassorbita dalla pelle « Se mi prometti di restare per sempre al mio fianco. »
Che voce melodiosa. Robert avvampò; uno sconfinato senso di felicità lo riempì, lo avvolse, lo cullò come una ninna nanna. Lei lo perdonava per gli errori commessi. Lo perdonava! Era incredibile, nessuno avrebbe potuto fare una cosa del genere, ad eccezione di una persona straordinaria come sua moglie. L'amava perdutamente.
« Sì, te lo prometto. » quasi urlò « Prometto di... »
La porta di casa si spalancò. Un vento gelido spezzò il calore emanato dal camino acceso nella cucina.
Dall'oscurità penetrò una figura altissima e spettrale. Portava un lungo mantello nero che si avviluppava su un corpo magrissimo, quasi scheletrico, coprendone anche il capo. I movimenti fluidi e aggraziati davano l'idea di una creatura dalla consistenza liquida.
L'essere penetrò nell'ambiente.
« Attento a ciò che prometti. » sibilò.
Robert conosceva quella voce. Impiegò appena un secondo per identificare l'estraneo con la figura del Divoratore.
Ma cosa ci faceva nel suo incubo?
« Non pensavo avessi la facoltà di parlarmi attraverso i sogni. »
« Questo non è un sogno normale. »
Robert guardò Lilin, che nel frattempo gli si era avvicinata ancora di più. L'espressione della donna esprimeva puro terrore e le dita affusolate si stendevano per toccarlo, stringerlo.
« Lui ti ha costretto ad uccidere la tua famiglia. Lui! »
Il Divoratore ringhiò. Si avvicinò anch'esso, allungando un braccio sottile e rapace.
« Loro non sono Lilin e Nicholas. La Corruzione sta sfruttando l'onirico per vincolarti. »
Stranamente, quelle parole risuonarono forti e senza eco nella mente di Robert. Tornò a fissare Lilin con maggiore attenzione e scoprì che il viso era troppo definito, gli occhi troppo lucidi, le labbra troppo chiare. Poi scovò le minuscole venature violacee che trasparivano dalla pelle e il biancore dei denti perfetti. Nicholas, invece, era un piccolo angelo in miniatura, bellissimo ed innocente. Enormi occhi azzurri lo osservavano con aspettativa.
Ora vedeva con chiarezza. Aveva rivissuto quell'incubo molte volte e ricordava ogni dettaglio senza difficoltà. Lei non aveva quelle venature; lui non aveva gli occhi azzurri. Era tutto un inganno, una tremenda illusione.
Robert si sentiva in qualche modo tradito, nonostante la veridicità delle parole del Divoratore. Osservò con inquietudine il coltello che stringeva ancora tra le mani. Provò rabbia. Dolore. Ira. Tristezza. Infine, non sentì più nulla.
« Andiamocene. » disse con tono secco.
Si allontanarono insieme, lui e la figura cupa del Divoratore, dalla casa illuminata. Passeggiarono un poco nel paesaggio fatto di strade infinite che si perdevano nel vuoto. Il mondo nero si chiudeva intorno a loro. Ben distanti l'uno dall'altro, nonostante il desiderio di provare a toccarsi, di percepire quella sensazione d'insieme che fino a quel momento avevano sperimentato solo nella realtà.
Poi Robert cominciò ad avvertire la stanchezza. Le palpebre divennero di piombo. Il tempo del passato e dei rimpianti era terminato.
« Come facevi a saperlo? »
« Questa battaglia non è fatta solo di spade e zanne. Si combatte in profondità, nel subconscio. »
Robert scosse la testa.
« Non intendevo questo. » fissò il cappuccio liquido del Divoratore, scorgendo un bagliore rossastro « Come facevi a sapere i loro nomi? »
Ma l'incubo terminò bruscamente e il buio si dissolse.

[...]



La battaglia imperversava in più punti e con sempre maggiore violenza. I Caduti soccombevano sotto i colpi di spada e di lancia, ma erano tanti, troppi. Dove un'aberrante creatura crollava, subito quattro o cinque bestie simili comparivano dalle retrovie. E gli uomini, per quanta determinazione mettessero in campo, non avevano sostituti da esporre. Lentamente, come il fuoco che anneriva ogni singolo strato di legno e stoffa all'interno delle tende, l'esercito della Corruzione si faceva largo nell'improvvisata roccaforte del Sürgün-zemat. Chi non soccombeva ad artigli e denti annegava nella disperazione e si trasformava in un burattino dell'Ahriman. Stranamente, i nuovi corrotti si accanivano con più ferocia sui compagni ancora lucidi, come se la contaminazione fosse un piano predisposto e studiato. Ma la Corruzione non aveva piani, non aveva fini ultimi: si espandeva semplicemente, casualmente e, forse, senza nemmeno rendersene conto. Al pari di un virus che, inconsapevole, distruggeva ogni cosa nella disperata ricerca di un equilibrio impossibile.
Mentre tutto ciò accadeva, il Divoratore aveva ripreso il controllo sul suo corpo. Il buco generato dalla lancia non si era richiuso e doleva in maniera fastidiosa. Un'orda di Caduti si avvicinava sbavando e ringhiando a lui, poiché nessun'altra vittima era disponibile. Poteva tranquillamente ignorare il dolore, abbattere i nemici e trovare uno spiraglio per ricongiungersi all'esercito umano. In quel momento, tuttavia, aveva paura. Paura vera; un terrore che, nella sua breve esistenza sul piano materiale, non aveva mai provato. La Corruzione si era insinuata molto più in profondità di quanto si era aspettato, aveva scavato solchi indelebili nell'anima di Robert, aveva cercato e trovato il suo passato. L'Ahriman, con le sue dita invisibili, era giunto a contatto con la verità. Una verità che doveva rimanere celata. Non tanto per il controllo che si poteva esercitare su Robert, quanto per gli spaventosi effetti che avrebbe sortito una rivelazione del genere. Gli incubi veri erano cominciati proprio con l'avvento della Corruzione.
Il Divoratore si sollevò da terra, assumendo una posizione adeguata al combattimento. Oppose un artiglio metallico ai Caduti più vicini, respingendoli verso le rocce. Poi notò gli sguardi spaventati dei soldati che correvano di fianco a lui, alcuni urlando per farsi coraggio, altri in preda al panico. Seguì la traiettoria dei loro passi.
Un'immensa creatura era comparsa al centro dell'accampamento umano, una sorta di rettile che racchiudeva nel corpo anche i tratti di una donna e quelli di un anfibio. E non vi erano dubbi su cosa rappresentasse quel mostro multiforme...una bestia che non sapeva come raffigurarsi poiché non possedeva un singolo aspetto; un quadro dipinto da più artisti, utilizzando i colori che ritenevano maggiormente importanti o affascinanti; la prova che la Corruzione era un potere volubile e in continuo mutamento.
« L'Ahriman... » sussurrò la voce di Robert, dischiusa nel profondo e ancora in preda ai sogni.
« Una delle sue manifestazioni. »
« ...distruggila! »
Per il Divoratore non era cosa solita studiare l'andamento di una guerra o la strategia di uno scontro. Eppure il suo istinto non lo spingeva ad attaccare brutalmente, a spingersi attraverso i Caduti per raggiungere quel nemico gigante. Aveva appreso un'informazione importante mentre era a contatto con la Tentatio: non si poteva distruggere fisicamente. L'Ahriman aveva assunto una forma fisica, ma il vero nucleo era impossibile da vedere o toccare. Il vero nucleo era la Corruzione, un avversario invisibile e insidioso.
« Non posso sconfiggere l'Ahriman, come non si può sconfiggere un incubo. » gorgogliò il Divoratore « Paradossalmente, è l'Ahriman stesso che deve decidere quando porre fine alla sua esistenza. »
Una serie di grida acute accompagnarono lo spirare del vento e la puzza di carne bruciata. I ruggiti dei Caduti erano incessanti.
« Ogni creatura vivente potrebbe essere l'Ahriman, perché ogni creatura di questo mondo porta dentro di sé un poco di Corruzione. Questo è il problema. »
Il Divoratore percepì una sorta di timore estraneo. Robert era sull'orlo di una crisi.
« La guerra è inutile. » bisbigliò l'uomo « Stiamo solo arginando l'avanzata di una lava oscura e famelica. »
« No. La Corruzione non avanza di propria volontà...attecchisce solo dove la lasciano entrare. »
Lo spirito di Robert parve calmarsi, intuendo una considerazione successiva.
« I soldati sono disperati. Vedono lo spettro della sconfitta all'orizzonte e sono attratti dalla prospettiva di scampare alla morte... »
« Esatto. Più ne muoiono, più la Corruzione alletta quelli ancora in vita. »
Se doveva farlo, lo avrebbe fatto a modo suo. Ed era solamente per opporsi ad un nemico che minacciava di interferire con i suoi piani di sopravvivenza nella realtà materiale.

« Forniamo altre truppe a questo esercito di disperati. »

Una nebbia fitta, quasi scura, piombò sul terreno roccioso del Sürgün-zemat. Dalla nebbia cominciarono a giungere dei nitriti spettrali. Infine, comparvero.
Erano neri, scheletrici e grondavano sangue dalle narici sbuffanti. Occhi di fuoco, denti brillanti, muscoli tesi su ossa sporgenti. Uno, due, dieci, cento. Erano cavalli dell'incubo.

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Le bestie del mondo onirico svanivano ad intermittenza, passando da un piano all'altro in pochi istanti.
Dal gruppo oscuro si staccarono i primi animali, seguiti immediatamente da un numero più consistente di esemplari. Si dispersero, ignorando i soldati e minacciando con i loro zoccoli tutti i Caduti che capitavano a tiro. Sfidavano i nemici aberranti ad inseguirli, a scostarsi al loro passaggio; fingevano morsi e svanivano all'ultimo secondo.
Il Divoratore emise un verso simile ad una risata. Seguendo la scia di cavalli neri, avrebbe trafitto tutti i Caduti che si fossero scostati dalla carica o distratti dall'apparizione. L'illusione sarebbe durata solo qualche minuto, un tempo sufficiente per mietere molte vittime.
E, forse, anche i soldati sarebbero caduti nel tranello, combattendo fianco a fianco agli incubi.








ROBERT/DIVORATORE


Critico {40%} ~ Alto {20%} ~ Medio {10%} ~ Basso {5%}



Mente: 125 - 10 = 115% (dolore)
Energia: 70 - 20 - 20 = 30%
Fisico: 75 - 10 = 65% (ferita sotto la spalla)

Riserva di CS: FORZA+4(Illusione estesa fortificante), FORZA+1(Passiva sulle illusioni); FORZA-5(Attacco)

Passive utilizzate:

Offuscare la Realtà » Quando il Divoratore di Sogni protrae la sua mano sulle vittime e le cala nel suo mondo di buio, tutto ciò che è reale viene irrimediabilmente distorto. Mentre è in contatto, il mostro - e di conseguenza Robert - acquisisce determinate capacità sovrannaturali: può lanciare illusioni senza pronunciare parole o compiere movimenti, può utilizzare gli incubi generati sul campo di battaglia come punto di lancio per le sue tecniche offensive e acquisisce 1CS in Forza nel momento in cui lancia un'illusione. (Immagini Statiche + Immagini Legate + Immagini Fortificanti, Il Divoratore può lanciare illusioni stando immobile, può utilizzare le illusioni come tramite per le sue abilità e guadagna 1CS in Forza ogni volta che utilizza una tecnica illusoria, Psioniche, consumano Energia. 5/6 utilizzi.)
Negazione della Forza » Fintantoché è nel suo ambiente notturno, il Divoratore di Sogni può entrare in contatto con le tenebre a suo piacimento. Il suo corpo diviene effimero, sinuoso, quasi liquido. In questo stato, il mostro è molto difficile da colpire con semplici attacchi fisici, essendo estremamente rapido nei movimenti. Un qualunque guerriero che volesse attaccarlo con un'arma, dovrà concentrarsi notevolmente per mettere a segno la sua offensiva. In termini tecnici, il Divoratore non risulta immune ai colpi fisici, ma è più sfuggevole. L'efficacia della tecnica è rimessa alla sportività dell'avversario, consistendo difatti in un'abilità con un fattore aleatorio. (Tecnica personale Passiva, quando è notte il Divoratore è estremamente difficile da colpire, 2/4 utilizzi.)
Mondo Nero » Di notte la presenza del Divoratore di Sogni non è solo fisica. Il mostro influenza il campo di battaglia con le sue capacità di rilevazione, estrapolando dalle menti dei suoi avversari gli incubi più ricorrenti o profondi. Quando il Divoratore agisce in un ambiente notturno, richiama a sé il potere di controllare le apparizioni oniriche. I nemici presenti nel suo raggio d'azione saranno disturbati e intimoriti da visioni orribili provenienti dalle loro teste, proprio come in un incubo; tali apparizioni non possono in alcun modo attaccare, muoversi o fungere da difesa. (Tecnica personale di influenza psionica Passiva, i nemici vedono i propri incubi sul campo di battaglia e ne sono disturbati, Psionica, 2/4 utilizzi.)

Attive utilizzate:

Notte Perenne(2° turno) » (Tecnica personale di potenza Alta, trasformazione concreta del giorno in notte per quattro turni con aumento di 4CS alla Forza, Magica, consuma Energia.)
Rinchiudere la Psiche » Sebbene la mente di Robert sia ben protetta, il rischio di subire danni in quel senso è molto alto. Tuttavia, egli può ricorrere alla sua incredibile forza psichica per schermare totalmente o parzialmente la propria testa. Concentrandosi alcuni istanti mentre sta per subire una tecnica volta a distruggerlo psicologicamente, Rober - e il Divoratore - deflette i danni al cervello ricorrendo alle energie spirituali. (Tecniche personali di entità Media/Alta, una protezione Media o Alta per la Mente, Psionica, consuma Energia.)
Distorcere l'Assoluto » Il Divoratore può utilizzare i suoi poteri per richiamare gli Incubi dal Mondo Nero. Consumando una certa quantità di energia, la sua parola evoca le immagini più terribili sul campo di battaglia. Con un afflusso di energie pari a Medio, il Divoratore distorce la realtà con l'apparizione di un Incubo più o meno esteso che influenza tutti i sensi di un singolo bersaglio per due turni o tutti i presenti nell'ambiente. Consumando un quantitativo Alto di energie, invece, l'Incubo si estenderà ad ogni creatura vivente per due turni consecutivi, oppure per un singolo turno, donando però al Divoratore 4CS alla Forza. (Illusione Amplificata + Illusione Estesa + Illusione Amplificata Estesa + Illusione Amplificata Fortificante, Il Divoratore può lanciare illusioni che influenzano tutti per un turno, che influenzano un singolo per due turni, che influenzano tutti per due turni o che influenzano tutti per un turno e donano 4CS alla Forza, Psioniche, consumano Energia.)

Riassunto/Note/Altro:
Subisco il colpo fisico. Ho interpretato l'influenza della Corruzione riproponendo una versione modificata dell'incubo ricorrente di Robert, inserendo il Divoratore come aggancio per la difesa che oppone all'influenza. Di fatto, è lo stesso Divoratore a salvare Robert dalla Tentatio. Successivamente a questo momento di vulnerabilità, il Divoratore si riprende e decide di non intervenire direttamente sull'Ahriman, consapevole dell'inutilità di un attacco sulla forma fisica. Opta, invece, per riorganizzare la battaglia attraverso un'incremento delle truppe.
In termini tecnici, sfrutta un'illusione estesa a tutti i presenti - quindi sia soldati che Caduti, nei limiti del buon senso - per deviare l'attenzione dei mostri dagli uomini e permettere a questi ultimi di ritrovare il coraggio. Sfruttando il potere concesso dall'illusione (1 CS di passiva e 4 CS di tecnica) il Divoratore segue la scia di cavalli per mietere i nemici, quindi una serie di attacchi fisici rinvigoriti dai CS.
Al master la penna!
 
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27 replies since 27/11/2015, 17:12   979 views
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