Gli scuri cieli dell'Edhel, nascosti tanto spesso dalle fronte degli alberi quanto da cumuli di nubi gravide di pioggia, erano i soli che Amrod aveva visto per tantissimo tempo, per i cento e rotti anni della sua vita. Libero, o forse dannato, non aveva più questa limitazione, e benché l'elfo avesse vagabondato per qualche tempo nei reami della sua razza, aveva trovato dentro di sé il coraggio per una simile impresa. Negli anni di andare e venire da nord a sud, di scoprire l'oriente e comprendere l'occidente, aveva macinato miglia, distrutto suola di scarpe, subito il terrore di un agguato e l'ebrezza di una fuga senza scopo. La più dura lezione che aveva imparato era che al mondo non bastava che tu vivessi, bisognava che tu servissi, non importava a cosa o per chi; per quasi tutti si era strumento prima che persona. Il Giardiniere sapeva che quella plumbea logica non era frutto di una malvagità che aveva infettato i cuori di tutte le razze - perfino della sua, e Amrod l'aveva capito soltanto con la distanza - ma una forma d'armatura forgiate dalle paure e dalle ansie che la vita cuciva addosso a qualcuno; anche il più speranzoso e ingenuo quando fissava il domani, lo agghindava di pericoli da fronteggiare. Amrod si era adeguato a quella realtà, benché lui non avesse alcunché da perdere, e di seguito nulla da temere nemmeno la fame grazie alla sua scienza, ma viaggiare richiedeva comunque dei costi: dogane e pedaggi, tetti sotto cui stare, scarpe da risuolare, vestiti da rammendare, e la debolezza di un cuore caritatevole, che si faceva commuovere facilmente dalla miseria. Aveva imparato a fuggire le grandi città e le folle di indigenti che lo abitavano, perché davanti a quelle scene era tentato di dare tutto sé stesso, ma lui era un minuscolo giardiniere e non poteva cambiare il mondo, qualsiasi sforzo facesse quell'impresa titanica non era alla sua portata; essere sempre in viaggio era un modo per non pensarci, la sua armatura per non radicarsi in un posto e consumarsi nell'impresa di sconfiggere quel demone imponente chiamato Povertà. Questo insomma costringeva quell'improbabile vagabondo di Amrod a lavorare, ma visto che aborriva la violenza che non conosceva alcun mestiere e che a mentire era incapace, gli era impossibile fare il mercenario o commerciare e finiva così ad immischiarsi in compiti improbabili.
Ad esempio una volta il Caduto si trovò ad esplorare un'ignota regione del Plaakar, fra le terre più impervie e misteriose dell'intero Akeran, già esotico e affascinante oltre ogni misura per l'elfo. Il bando richiedeva i più forti, i più abili e coraggiosi e quindi era probabile che venisse escluso, essendo carente di quelle caratteristiche come venivano solitamente intese, e fra una promessa di ricchezza ed un'altra di avventura, prometteva di appagare anche la sete di conoscenza, addirittura l'intera spedizione era in nome della conoscenza. In nome della conoscenza, quelle esatte parole erano scritte nel messaggio, e quasi non sembrò vero all'elfo di trovare un ingaggio simile. Quando si presentò all'incontro, tremolante per la sincera possibilità di fallire un compito che si auspicava fosse interessantissimo, ebbe una mezza delusione. Chi lo accolse era un tipo simpatico, vestito in abiti sgargianti, agghindato di ricchezze come si confaceva ad una persona perbene in quella parte del mondo, e ciò stava bene all'elfo, tutt'altra opinione aveva di ciò che addobbava la stanza: una massa di tesori rubati. Questa sarebbe stata la cultura che dovevano ricercare? Strappare manufatti dalle tombe di civiltà defunte? Una parte di sé trovava ripugnante quei furti spacciati da atti di eroismo, ma un'altra vocina gli suggeriva che forse avrebbe dovuto fare meno lo schizzinoso, meglio nelle case di chi aveva il coraggio di cercarli piuttosto che a marcire, nascosti sotto tonnellate di fango, no?
Il padrone di casa li traghettò oltre il sontuosissimo salone, dove li aspettava un uomo dall'aspetto tutt'altro che raccomandabile; solo il colore di barba e capelli stonava con l'immagine di uomo d'azione. Se erano alla ricerca di simili mercenari, con lui erano fuori strada, con la rotondità bonaria del viso e lo sguardo timido anche di fronte a tante meraviglie, sentì dentro di sé la sicurezza d'esser scartato, il sollievo di non dover ponderare certe questioni etiche, e la curiosità del perché non fosse ancora stato scacciato. Quando Kaan srotolò la mappa davanti ai loro occhi, snocciolando la missione che dovevano intraprendere, gli fu chiaro che aveva preso un bel granchio: c'era dentro, e nessuno metteva in discussione la sua presenza. Prometteva tanto, anzi troppo: svelare i segreti di Theras, ambigua come tutte le promesse degli oracoli. Nonostante tutto, si decise a rovinare l'atmosfera, facendo come ogni volta che veniva presa al servizio di qualcuno le sue condizioni: non nuocere a nessuno. L'elfo non intendeva certo tradire i propri principi, piuttosto avrebbe tradito loro; fu esplicito nel rivelare la cosa. Si preso però la briga di snocciolare le sue competenze: ottimo senso dell'orientamento, conoscenza del regno vegetale e derivati, guaritore sopraffino, piccolo e facilmente trasportabile. Nessuno obbiettò o tentò di cacciarlo, perciò si accomodò avido di informazioni sulla loro avventura. C'era una bambina che faceva tante domande, forse la figlia dell'altro avventuriero, che pareva interessato più all'ingaggio che al resto, o forse del selvaggio che non capiva l'importanza delle scoperte scientifiche. Poi si costrinse a rimangiarsi quelle parole, pregiudizi velenosi che cancellavano i legittimi dubbi di quelle persone, forse più avvezze di lui ad una vita simile. Ascoltò le risposte ed il resto delle chiacchiere con il massimo dell'attenzione, e la vergogna della propria superficialità a serrargli il cuore.
L'approdo gli parve un paradiso, forse in contrasto al viaggio per lui da dimenticare. I marinai asservano che fosse stata una traversata breve e per nulla preoccupante nonostante qualche brutto momento, per l'elfo quelle due settimane parvero interminabili e fatte solo di vomito, maremoti, e lunghe giornate di noia; passò quasi tutto il tempo sulla sua amaca a star male. Aveva però scoperto qualcosa di interessante: la vita sull'oceano non faceva per lui, qualsiasi vocazione marinaresca gli era negata; non che fosse nei suoi progetti iniziali. Dopo tanti giorni assieme a del legno morto, trovarsi al cospetto di una così lussureggiante vegetazione era per lui fonte di stupore: finalmente la vita splendeva attorno a lui. Ascoltò appena le parole di Gaston, non per una qualche antipatia, ma perché troppo rapito dal fogliame oblungo e dai fiori dai petali vistosi, taluni bianchi screziati di fucsia, altri di un intenso rosso scarlatto. Mentre i marinai scaricavano il necessario, lui ripensò ai racconti degli alberi esotici che crescevano nel grande giardino della sua patria: serpenti dalle scaglie lucenti, rettili grandi o più di un lupo, scarabei dalle molte corna, ragni dal corpo peloso, zanzare dal morso fatale, uccelli dal piumaggio variopinto; questo e altro ancora lo aspetta, e lui non vedeva l'ora di fare la conoscenza di quelle bestie, purché a debita distanza. Alla fine qualche parola trasudò nel suo coloratissimo sogno ad occhi aperti: c'era una via da scegliere fra le tre possibili: una strada o il fiume, da navigare o seguire a piedi. Le comodità di un sentiero battuto erano evidenti, ma gli stivali dell'elfo si erano abituati a procedere senza quel vantaggio, d'altro canto rimettersi su una barca non lo entusiasmava per nulla; d'altro canto viaggiare sotto i rami lo riempiva di gioia. La scelta gli parve ovvia e perciò la ripeté ad alta voce senza fronzoli, ma non era tanto sciocco da non pensare ad eventuali pericoli sulla via; tanti erano dovuti all'ambiente ma forse ce ne erano degli altri. Perciò si avvicinò di fronte ad un albero, una palma dal tronco liscio e grigio e le foglie a felce, e con cortesia scambiò alcune parole con lei. Non mosse le labbra, semplicemente con una mano poggiata contro il legno, lasciò che i pensieri fluissero nel tronco, e le risposte dell'albero ritornassero in lui. " Salute a voi, signora palma, oggi è proprio una splendida giornata, anche se abbiamo fatto un bel trambusto qui, io e miei compagni. "
" Un animale che comunica? Che cosa strana, così come tutto questo rumore e questo muoversi. Che andate facendo qui? "
" Oh, ci stavamo spostando e migrando, come fanno gli uccelli di stagione in stagione. Non staremo molto, ce ne andremo al momento giusto. "
" Ottimo ottimo, le novità non sono così ben accette qui, stiamo bene così come è ora. "
" Oh, lo sappiamo. Scusate se vi disturbo ancora, ma ecco, io e il mio branco volevamo sapere, qui ci sono forse grossi predatori? Cose tanto grandi e potenti da abbattere i vostri simili? Avete sentito di cose così in questa stagione. "
" No, niente di simile, per fortuna. Qui non abbiamo di bestiacce simili che buttano già la foresta, per fortuna. "
" Siete stata gentilissima, signora, e grazie mille per tutto quanto. Buona giornata! "
Tirò via la mano dal tronco e poi si voltò verso il gruppo, ripetendo ciò che aveva scoperto: non c'erano bestie di grandi dimensioni in quella giungla, così gli aveva detto l'albero. Sapeva di non poter chiedere di altri pericoli, le percezioni di vegetali e umani di quella parola erano completamente differenti, così come molte delle informazioni che avrebbe potuto chiedere.
« Mi raccomando, monsieur elfo, faccia attenzione! - fece la bambina sistemandogli la cappa - Sento dei rumori strani in questa giungla... » " Oh, grazie, piccolina. Credo che quel che tu senta sia il quotidiano brulicare di questo posto. Piuttosto fai attenzione ai morsi delle zanzare e degli altri insetti, quelli sanno essere pericolosissimi se trascurati; dimmi se senti di quel pizzicore e troverò l'erba adatta. "
CITAZIONE Stato Fisico: Illeso, In piena forma; Stato Psicologico: Illeso, Tranquillo; Energia 100 %
Passive Usate:
° Linguaggio, Abilità personale 3/25 | Consumando un utilizzo di questa passiva, il Giardiniere potrà comunicare con le piante, benché siano loro a decidere se rispondergli o meno, come farlo, se mentirli o essere d'aiuto; proprio come qualsiasi specie umanoide. (5/6 utilizzi);
Note: Un doppio " scusatemi " 1- Per non aver interagito in confronto non vogliatemene. 2 - Per non aver risposto in tempo, mi son addormentato scrivendo il post per via della stanchezza in questi giorni e ho preferito terminarlo oggi.
Spero che tutto sia di vostro gradimento! |