Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Castello di Carte - Quadri

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view post Posted on 5/12/2015, 11:15
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CITAZIONE
Continua da qui.

quadri1

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La notte era scena su Scotia, il paesello ai margini di Acque Perdute.
Una via buia disegnava l'amenità dell'aria entro i margini di quelle case tozze, mentre le vie si riempivano di null'altro che dei rancori dei loro abitanti. O dei ricordi di chi un tempo vi aveva vissuto. Ovunque regnava apatia e silenzio, rovine e miseria, entro l'antro di rammarico che si schiudeva nei cuori tremuli dei pochi che mantenevano una casa, o delle mura, dietro cui nascondersi.
Tra uno di quei palazzi tozzi, due occhi lugubri fissavano la luna da dietro una finestra opaca, sperando che ella rispondesse, brillasse o cadesse giù a distruggere tutto.
Sperando e sospirando, come spesso gli era capitato di fare, ultimamente.

Colse i passi diverso tempo prima. Li udì oltre la porta, aumentare di volume man mano che si avvicinavano a quella sua stanza di rimorsi.
Fu quasi felice che qualcuno gli portava qualche notizia, mirando il cielo buio e comprendendo come tra tutta quell'oscurità, presto o tardi, anche lui avrebbe ritrovato un raggio di serenità.
Le nocche del suo ospite rintuzzarono contro la porta in mogano scuro e lui non disse altro che le solite parole di circostanza.
« Avanti. »

Balenarono nel buio due occhi vitrei come i suoi.
Le fiamme delle candele disegnavano piccoli fiotti di luce entro quei capelli scuri e lisci, umidi per la nebbia calata con la sera.
Aveva l'aria apparentemente stanca, frustrata. Quasi come se fosse latore di un peso più fisico che morale; come se avesse trasportato macigni fino a quella porta, soltanto per lasciarli cadere in terra e sentirsi responsabile del buco nel pavimento che avrebbero provocato. Lui lo percepì molto prima che parlasse; gli bastò comprenderlo dal tremolio delle labbra, dall'occhio basso e dalla mano nascosta dietro al bacino.
L'aria mesta, nonostante non avesse colpe; pareva sentirsi colpevole anche soltanto di portarle quelle notizie.
« Eccellenza... » disse lui, trattenendosi le parole in bocca qualche altro istante. « ...ecco... »
« Parla » rispose lui, tagliando corto.
« Dicci, Dulwig. »
Dulwig sembrava un cane bastonato. Qualcosa l'aveva colto al cuore, come uno stiletto troppo difficile da estrarre. Gli gravava ogni istante di quella disavventura, come se fosse soltanto colpa sua. Eppure, qualcosa gli ribatteva nel petto: non poteva sopportarlo da solo quel peso. Non poteva esser vero che il suo signore non percepisse minima colpa da quanto accadeva.
Erano i suoi piani che andavano in fumo. Ma a rammaricarsene sembra soltanto lui.
Trattenne la rabbia nel pugno e parlò.
« Teslat è fuggito » disse, secco. Lo sputò fuori, dolendosi soltanto un attimo.
« E Viluca è scomparsa nell'incidente... »
Avrebbe pianto, se avesse potuto. « ...tutto è perduto » aggiunse, abbassando lo sguardo fino al pavimento.

Davanti a lui, Caino non disse nulla. Il Priore rimase immobile dinanzi alla finestra, fissando la luna scomparire dietro la foschia. Abbandonarlo, come avevano fatto tutte le speranze e le possibilità. Sotto di essa, poi, una cittadina morente, fatta di ruderi e vecchi decrepiti prossimi alla morte. Non era rimasto nessuno con lui; soltanto i morti gli prestavano lo sguardo, mostrandogli il proprio disappunto per non avere un corpo con cui abbandonarlo.
« Non ci resta altra scelta, dunque. » Rispose, poco dopo.
Aveva un'aria calma, troppo calma per qualcuno che stava perdendo tutto. Quasi come se non gli importasse; quasi come se - alla fine - sapeva già quale sarebbe stato l'esito.
« Teslat aveva letto il libro; in qualche modo era riuscito a leggerlo » asserì ancora. « Con lui svanisce l'ultima speranza che avevamo di trovare il tesoro dei nostri antenati. »
Si voltò, guardando Dulwig negli occhi. « Non credo che ci resti alcuna altra possibilità, quindi. »
« Manda un messaggio a Lhissra'had » aggiunse, serafico. « Dille che accettiamo la sua proposta. »

Dulwig trasalì.
Un brivido freddo corse lungo la schiena e, più di ogni altra volta, l'ordine del suo signore gli parve una bestemmia.
La memoria dei suoi fratelli veniva distrutta come un colpo di spugna con un grumo di polvere. Bastò una parola per dimenticare ciò che era successo e disgregare il monito intrinseco dalla perdita di tutto ciò che avevano perduto. Non si sarebbe fermato. Non gli sarebbe bastato vedere due di loro scomparire al di là del limbo, per comprendere quanto fosse ormai eccessivo il prezzo pagato. No, non bastava. Serviva pagarne uno infinitamente più grande.
« D-due terzi del Regno » balbettò Dulwig, incredulo. « Lhissra'had ha detto che vuole... »
« ...due terzi del regno... »

Caino a quel punto esitò.
L'ultima parola gli aveva lesionato quel poco di cuore che ancora gli restava. Evidentemente nulla gli era più caro del potere stesso, di quella parte di dominio che voleva tutto per se.
Il prezzo era terribile; troppo, perfino per lui. E pagarlo gli sarebbe costato più di perdere tutti i suoi figli.
« Lo sappiamo, dannazione! » Urlò, sbattendo i pugni sul tavolo.
« Eppure possedere un terzo del Regno » aggiunse, ancora scosso, « è sempre meglio che non possederlo affatto! »
Sbatté ancora i pugni sul tavolo, lasciando che la rabbia divenisse sfogo, e lo sfogo pietà. I quadri appesi alle pareti parlavano di antichi soldati, battaglie epiche e stemmi nobiliari che si erano ricoperti di onori e voluttà. Nulla come gli affreschi sembrano rappresentare l'orgoglio del passato, tutto quello che i loro antenati avevano voluto imprimere su carta, per farlo divenire immortale.
Tutti, fissando quei quadri, si chiedevano semmai sarebbero divenuti oggetto di un dipinto, un giorno.
D'altronde, si sa, i fallimenti non vuole dipingerli nessuno.

« Ascolta, Dulwig » disse Caino, parlando con uno strano afflato di cordialità.
« Pensaci, io e te » asserì, secco, « in cima al mondo, comandanti di un Regno che conoscerebbe finalmente la propria gloria. »
« Quant'è che questo posto non apprezza un lungo periodo di pace? » Chiese, con una domanda retorica.
« Io e te potremo donargli finalmente quella pace che merita, governando con una personalità forte e risoluta. »
Altri minuti spaziarono tra loro, con lunghi silenzi. « Un giorno, poi, ci riprenderemo tutto ciò che Lhissra'had ci avrà sottratto. »
« Ma per ora, marceremo al suo fianco fino al soglio di Re Julien. »

Dulwig deglutì, lasciando che quel grumo di saliva ingoiasse, al suo posto, l'amenità di quello che si sarebbe apprestato a dire.
« Come desidera, eccellenza. » Poi fece un passo avanti, quasi volesse essere sicuro di sentir distintamente la risposta.
« Posso dare l'ordine, dunque? »

quadri2

Caino sorrise, serafico.
« Nulla ci potrà fermare, questa volta. »
E dal momento successivo fu ufficialmente guerra.
 
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