Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Castello di Carte - Cuori

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view post Posted on 17/12/2015, 14:13
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Tutto puzzava di polvere.
L'odore stantio delle pareti si mescolava all'umidità dell'acquitrino sottostante, lambendo l'aria con un rappreso tanfo di muffa e vecchiume. L'aria sembrava essersi riciclata infinite volte in quell'antro così vasto; il tempo l'aveva scalfita, divorata e costretta a ripulirsi, solo per scalfirla ancora. Anni e anni; secoli e secoli. Il risultato, alla fine, era una decadenza acre che si diffondeva in ogni aspetto di quel luogo.
Il sentiero l'aveva trovato tortuoso e, a tratti, pericoloso. Ai confini del deserto, la terra si lasciava inghiottire in un avvallamento profondo, che - ben presto - scaturiva in una vera e propria depressione elicoidale. Proseguiva tra pareti di sabbia e roccia, svincolandosi entro quella geometrica perfezione in un serpentino fatto di sassi e ghiaia sminuzzata, fino a terminare in un nuovo declivio e un ulteriore tratto di deserto. Molti, probabilmente, si erano arresi in quel punto; vi aveva trovato cadaveri rappresi dal sole, scheletri ormai quasi cenere e otri di ottone contorte dal caldo. Vi aveva scoperto i resti di chi non era mai andato oltre, vinto da se stessi o dalla paura che di quel sentiero non avrebbero mai visto la fine.
O mai più l'inizio.

Fu così che aveva compreso. Qualunque cosa stesse cercando, non si nascondeva più di quanto la paura stessa non gli consentisse di fare. Era il limite di coloro che andavano in cerca del tesoro a divenire metro di giudizio del valore di coloro che l'avrebbero raggiunto; soltanto i coraggiosi averebbero sconfitto il più grande ostacolo e mistero di quella realtà. Ovvero, la loro stessa paura di arrivarci.
Ma lui paura non ne aveva. Se l'era sentita scarnificare indosso; l'aveva vista mordergli lembi di pelle e strapparli a morsi con goffa arroganza. Se l'era immaginata iridescente, molesta e angusta, sorridergli sulla spalla indicando i tremiti della propria giugulare scandire tutte le esitazioni che aveva avuto. E scommettere quale sarebbe stata quella fatale.
Ma uno come lui di esitazioni fatali non ne aveva. Era già morto, risorto e morto ancora. Per poi risorgere nuovamente.
Cosa poteva temere ancora?

Fu così che dal declivio vide un nuovo sentiero; poi un piccolo colle e un'insenatura che si frapponeva tra due crostoni di roccia apparentemente ammassati tra loro, fino a sconfinare in un piccolo foro nella terra. Invisibile, quasi; seminascosto dall'orizzonte e dalla prospettiva delle rocce.
Oltre di esso, aveva dovuto scavare nella terra umida, per sfoltire la perizia che qualcuno doveva aver avuto nel fingere che non ci fosse proprio niente in quella grotta. Ovvero che il tempo aveva sommerso qualunque volontà e gioia; in un ultimo, blasfemo, tentativo di disilludere anche il più utopista dei cercatori.
Lui non c'era caduto comunque in quella trappola. Lui sapeva che qualcosa era li.
Non aveva bisogno di sperare. Non più.

Fu così che ci era arrivato.
La pozza d'acqua un tempo doveva aver ricoperto l'antro come un lago azzurrino, macchiato delle iridescenze dei minerali che sconfinavano dal soffitto e dalle pareti. Ora, però, era quasi del tutto prosciugato: rimanevano poche pozze d'acqua marcescente a isolare i lunghi tratti di pietra che univano i vari altari.
Cappelle, piccole cupole; più propriamente tombe, riverse nell'allegoria del loro passato. Erano conformazioni scolpite in roccia granitica, che isolavano una maestria di un tempo più fasto. Su di esse vi erano incisi volti, fregi e battaglie; su alcuni si poteva mirare ancora il luccichio di variopinti fregi di tintura, miracolosamente scampati all'umidità e che ancora si mostravano fieri sugli affreschi con coraggiosa intemperanza. La maggior parte degli altari comunque non custodiva altro che grezzi scafandri di pietra dura: grossi tumuli, alcuni anche vuoti, che custodivano soltanto polvere e ossa antiche.
Un passato talmente arcaico che anche le virtù che si portavano dietro sembravano del tutto scomparse, insieme alla dignitosa volontà di chi aveva voluto seppellirle.
E ovunque si ripetevano, sempre diverse e - al tempo stesso - sempre uguali. Altari, affreschi e tombe antiche.
Scheletri e cadaveri di valori dimenticati con quel luogo.
Era davvero solo quello il tesoro degli antichi?

Un rintocco lo fece sorridere.
Ne aveva uditi altri lungo il tragitto; nei villaggi, nelle oasi. Finanche sotto il sole cocente di mezzogiorno, mentre l'arsura gli avrebbe suggerito null'altro che di badare alla propria sopravvivenza.
Finanche allora, però, lui aveva avuto modo di udire il rintocco; lieve, breve. Uno schioccare di lingua sulle labbra. Un segno di disappunto o di arguzia ben preciso, che isolava una mente intelligenze e un passo svelto. Almeno, sufficientemente svelto da seguirlo fino a quel punto.
E senza esitazione aveva superato il deserto, oltrepassato il declivio e scavato la terra che lui stesso aveva mosso. Senza fermarsi, senza esitare. Come se sapesse esattamente dove cercarlo. O come se aspettasse di sapere soltanto il punto in cui sarebbe stramazzato al suolo, morto.
Ma questo non era avvenuto e il rintocco sordo si era acuito quasi impercettibilmente. Come per rimarcare il disappunto.
Quando lo udì reagì come le altre volte. Sorrise leggermente e tirò dritto.
Superò una pozza d'acqua più grande, sciacquandosi gli stivali pieni di terra nella polla muschiosa e si diresse verso il centro dell'antro. In questo punto, infatti, dimorava l'altare più grande; una levigata cupola in marmo bianco che si dipanava per un diametro di diversi metri, racchiudendosi in un colonnato scolpito con volti e armamenti. Ipoteticamente, era come se il circondario del colonnato rappresentasse un'ultima guardia fedele al proprio signore, scolpita nella roccia e onorata col dovere di sorvegliarlo per l'eternità. Oltre di esse, poi, c'era un altare più regale: un trono in pietra rimarcato di gesta vittoriose, ipotetici fiumi d'oro e sontuosi palazzi, raffigurati nelle scalfite iscrizioni del seggio.
Su di esso, però, dimorava il principale dei suoi interlocutori. Era diverso da tutto il resto, se non fosse altro per la "resistenza" che aveva opposto al tempo e alla decadenza. Era uno scheletro di un uomo distinto, alto sul metro e ottanta; se ne stava ancora seduto regalmente sul seggio, con un braccio poggiato su di esso e l'altro puntato diritto dinanzi a se. Lo sguardo fisso, senza occhi, era teso lungo il braccio disteso e finiva nel dito indice puntato verso un obiettivo ignoto. E lo scheriniva con aria di sberleffo, adeguando la propria mandibola morta a un'espressione semiaperta.
Quasi sorridesse.

« Oh beh » sbottò Medeo, dinanzi a quell'immagine. « Immagino tu stia ridendo di me, giustamente. »
Fece pochi passi, saltellando sui gradini polverosi e avvicinandosi al seggio. Inarcò il capo, fingendo un breve inchino.
« I miei rispetti, cadavere » aggiunse, serafico, « comprendo il tuo divertimento; ho camminato per settimane, soltanto per un cumulo d'ossa ammucchiate... »
Notevole, pensò, sgravandosi il peso di una risata secca.

« Rispetto » disse qualcuno, parlando alle sue spalle.
Lo riconobbe distintamente. Sentì il rintocco secco, marcato, che accompagnava la sua voce. Sentì la stizza nel dover insegnare a un estraneo come lui, le buone maniere da prestare in un luogo tanto sacro. Sorrise ancora, Medeo; d'altronde, se l'era immaginato. Aveva scelto le parole di scherno nel modo giusto. Voleva che il suo inseguitore si rivelasse col galateo, prima che con un pugnale nella schiena. L'aveva spinto a manifestarsi e c'era riuscito.
« Porta rispetto per qualcosa che non conosci » ribatté la voce, nervosamente, « ...e nemmeno capisci. »
Aveva un vestito di pelle bianca, sontuoso; pantaloni stretti e lunghi fino al polpaccio, con scarpette di camoscio decorate in oro. Lungo i fianchi scendeva un cappotto con bottoni in perla, bianco e giallo, circondando una camicia vaporosa. Il volto era di un bianco marmoreo, magro; capelli ricci e biondi scendevano con boccoli lungo le spalle, e si accompagnavano a un naso fine, labbra rosse e guance rosate. Due occhi azzurri lo fissavano con sdegno, mentre dalla mano destra ribatteva un bastone da passeggio, che cadenzava ritmicamente sulla roccia nuda.
Era un bellissimo manichino, che cozzata incredibilmente con l'aria antica e morente di quella tomba ai confini del mondo.
« Cos'è amico » rispose Medeo, subito, « hai perso la strada per la festa? »
L'uomo non si scompose; fece un passo nella pozza, non curante di come l'acqua salmastra macchiasse le sue scarpe eleganti di un verde pastello.
« Ti ho sorpreso in un luogo che non ti appartiene » rimarcò l'uomo, ignorandolo, « e speravo fino all'ultimo che cambiassi strada. »
« Ora dovrò eliminarti, come non sono stato costretto a fare da molti secoli ormai. »
Medeo sorrise ancora. L'uomo tenne il bastone stretto in entrambe le mani e si preparò all'attacco; non c'era il minimo segno di fatica nel suo corpo. Non un cedimento, o un fiato; aveva sopportato settimane di viaggio e tormento senza che questi incrinassero minimamente il suo angelico aspetto di padrino di chiesa. Non era umano, probabilmente.
« Aspetta » disse Medeo, aprendo entrambe le mani dinanzi a se. « Dimmi almeno chi sei! Non lasciarmi morire senza sapere! »
Lo disse, apostrofandolo con un'espressione eccessivamente sconvolta. In cuor suo, però, si sdegnò per quella messinscena da commedia di quart'ordine, come se un tipo come quello si sarebbe veramente lasciato prendere dall'infausta ambizione del cattivo che snocciola il suo piano un attimo prima dell'ultimo capitolo del romanzo.
Incredibilmente, però, ci cadde con entrambe le scarpe di camoscio.
« Eric Coldbane » asserì il belloccio, parlando con la boccuccia rossiccia. « Il guardiano degli Antichi, il perfetto ultimo, il gelo al di là del tempo. »
« Veglio su questa tomba e sui segreti che custodisce sin dall'alba dei tempi » sbottò, seccato.
« Non leggo la tua natura » rimarcò, poi, « vedo che in te brilla la scintilla della vita, eppure i flutti dell'anima non rimarcano alcuna storia. »
Infine, sbatté il bastone contro la roccia, con violenza. « Non so chi tu sia, né come sia arrivato qui; ma presto tutto questo non sarà più un problema. »
« Oh beh » sbottò Medeo, divertito. « Dipende dai punti di vista... »
Ai margini della pozza che l'uomo attraversava apparvero due figure scure. Emersero dall'ombra come emergono le fantasie oscure di un bambino, mentre il vento disegnava delle dita cui - poi - fecero seguito braccia robuste e occhi spiritati. Le figure si posero ai lati di Coldbane e lo disarmarono, prima ancora che questi potesse comprendere cosa gli fosse accaduto.
Lo presero con forza e lo sbatterono sulla pietra nuda, immobilizzandogli gambe e braccia.
« Sarai pure a guardia della tomba dall'alba dei tempi principessa » sbottò Medeo, divertito « ma sei ingenuo come un poppante. »
« Ti sei così concentrato su di me da non accorgerti di loro » concluse, lasciandosi andare a una fragorosa risata.
« Sei scaltro » ribatté Coldbane, da terra. I capelli biondi si erano schiacciati contro il terreno, sporcandosi in più punti; la giacca perlata, poi, si era strappata lateralmente.
« Ma non fare l'errore di sottovalutarmi » aggiunse. E con un poderoso colpo di reni si rialzò; la mano destra svirgolò nel vento e, liberandosi dalla presa, afferrò il voltò della creatura alla sua destra, strappandogli pelle, naso e labbra con la facilità con cui si strappa della carta sgualcita. Poi Coldbane rotolò di fianco, afferrando il bastone caduto e lo agitò contro l'altra creatura, affondandolo all'altezza del suo cuore.
Quando anche l'altra creatura cadde, Medeo non poté far altro che mostrarsi visibilmente sorpreso.
« I miei compimenti, Coldcoso » disse, applaudendo sonoramente, « niente male per un vecchietto. »
« Tu sei il prossimo » rispose. « Vieni porcellona, mi son sempre piaciuti i travestiti » ribatté Medeo, mimando un bacio con la bocca.

BASTA

Una voce poi echeggiò, all'altezza dell'altare centrale.
Lo scheletro che puntava il dito in avanti riprese forma. Attorno alle dita smunte si costruì della carne rosata, mentre il lungo panno di seta viola che lo ricopriva si riempì di nuova vita. Apparve il torso magro di un anziano, con gambe smunte adagiate a fatica sul seggio di pietra. Infine, un volto dagli occhi grigi e le grosse occhiaie, balenò nel buio sopra un naso adunco e una folta barba bianca.
« Ti dirò quello che vuoi sapere » asserì l'anziano, parlando a fatica. « Perché tu vuoi risposte, prima che tesori. »
Medeo lo scorse con apprensione, lasciando che il sorrisetto sagace si sostituisse con un'espressione più seria e compassata.
« Bene, vecchio; dammi ciò che voglio... » ribatté, serio, « e lascerò voi e la vostra polvere in pace per un'altra eternità. »

Il vecchio fu sorpreso, nonostante tutto. Sorrise e lasciò che la sua testa si accomodasse sulla spalliera del trono.
« Non avrei mai pensato che dopo tutto questo tempo qualcuno mi avrebbe chiesto ancora una volta questa storia » disse, sorridendo.

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« Il mio nome si è perso nel tempo » iniziò, pacato, « così come quello del mio casato. »
« Ho memoria solo di cosa rappresentavo: un regnante, un signore di una terra arcaica - che oggi non è null'altro che l'antenato remoto della civiltà odierna. »
Lasciò che lo sguardo calasse sui due, serioso. « Erano anni antichi, in cui non si sapeva molto del mondo; erano gli anni in cui le civiltà avevano vita e la guerra era ancora uno scontro d'onore. »
Poi sospirò, melenso. « A quel tempo conquistai gran parte dell'odierno Dortan, cavando il sangue dai miei nemici e accogliendo la parola di coloro che si dichiararono sconfitti. »
« Ma imparai ben presto che la spada può comprare molte cose, ma non tutte » aggiunse, secco « non può comprare una discendenza, per esempio. »
« Ebbi molte mogli e altrettante amanti » proseguì, dopo. « Studiai magia e scienze, trovando il modo di proseguire a lungo la mia vita - nonché di vivere in eterno. »
« Speravo, al fine, di trovare una donna che mi desse dei figli o di vivere abbastanza a lungo per regnare in eterno sulle mie terre. »
Poi si portò una mano al volto, con rammarico. « Capii ben presto, però, che il potere ti lacera il cuore e stanca le carni, molto più di quanto non faccia il tempo. »
« Capii anche che nella mia immensa avarizia, avevo passato anni nell'incolpare le mie concubine sulla mia mancata discendenza... »
« ...quando in realtà la colpa era solo mia. »
Lo fissò, sereno. « Ero sterile; e me ne accorsi solo quando il mio corpo era già quello che vedi. »

Medeo trattenne una risatina. Poi, tornò ad ascoltarlo.
« Desiderai a lungo dei figli » ribatté, serafico. « Chiuso nel mio palazzo, piansi notti insonni e mi lasciai andare a ogni tipo di rito magico e sacro. »
« Sperai che il cielo mi concedesse questo sacrificio, come lode e onore di una vita passata a dimostrarmi degno. »
« Poi, un giorno qualcuno mi parlò di un pettegolezzo » sussurrò, più piano, « come di una voce di basso borgo che aveva trovato la sua dimensione in paesi remoti. »
« Cavalcai fino al limite del mondo, cercando quel potere » disse, stringendo il pungo con fermezza. « E quando lo trovai, non espressi altro che il mio unico desiderio. »
« Figli » sbottò. « Volevo dei figli; robusti, forti. In grado di mantenere la mia dinastia. »
Poi un luccichio gli si dipinse negli occhi. Una lacrima, avrebbe detto qualcuno. « E li ebbi. »
« Qualcuno mi parlò una notte » asserì, subito. « Credevo fosse un sogno, ma mi disse che mi avrebbe accontentato »
« Anzi, aggiunse che sarebbe stato quasi divertente realizzare quel desiderio e che non aveva mai osato tanto. »
Scosse il capo. « Non so dirti altro » aggiunse, perplesso. « So solo che quel potere l'avrebbero poi chiamato Asgradel, le generazioni future. »
Fece una piccola pausa, riprendendo fiato. « Per il resto, posso solo dirti che al mio ritorno mi attendevano almeno dieci figli adulti. »
« Tutti uomini e donne coraggiosi; tutti carismatici e formati; tutti speciali » sospirò, amareggiato « sopratutto l'ultimo. »

« ...Caino? » chiese Medeo, serio.
« Oggi lo chiamate così » rispose l'altro, secco. « Non ricordo più il suo nome originario. »
« Era il peggiore di tutti » sospirò ancora. « Come gli altri, non era del tutto un uomo; erano stati creati quindi non potevano sognare, né provare emozioni reali; non potevano comprendere il desiderio e l'ambizione, ma le vivevano astrattamente, senza capirne il senso o il limite. »
« Sopratutto lui » sussurrò, stranito. « Si nutriva delle anime altrui, non possedendone una propria; traeva potere dal desiderio altrui e, in questo modo, divenne immortale. »

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« Per questo lo imprigionammo, sfruttando il suo stesso potere contro di lui » aggiunse, secco.
« Lo rinchiudemmo in un luogo remoto, seppellendo in questi luoghi tutte le nostre vite e i nostri tesori... »

« ...e lasciando che un tomo visibile solo in sogno contenesse le indicazioni su come raggiungere questo luogo » concluse Medeo.
« Creai una speranza per qualunque mio discendesse volesse scoprire la sua origine » asserì ancora il vecchio, scosso, « creai un guardiano a veglia di questa eredità. »
Coldbane chinò il capo, serioso. Medeo lo fissò; poi, si rivolse ancora al vecchio.
« Ma non avevate immaginato che lui si sarebbe risvegliato... » sbottò Medeo, secco. « E che un giorno vi avrebbe cercato ancora. »
« Avrebbe bramato il più grande dei poteri, cercandolo in voi... » sentenziò, serio. « Avrebbe bramato l'Asgradel »
« Quello stesso Asgradel che l'aveva creato. »

Il vecchio sorrise per la prima volta, sornione.
« Invece l'avevo previsto » asserì, secco. « E prima di rinchiudermi in questo posto, forgiai qualcosa in grado di fermarlo. »
Medeo si illuminò. Lo guardò con brama e gli si rivolse quasi implorante. « Io sono qui per questo. »
« Io devo fermarlo, devi credermi. »
« Ti credo, Teslat » aggiunse il vecchio. « O Medeo, se preferisci. »
« Seguo il tuo percorso da molto prima che tu immagini e speravo che avessi la forza di trovarmi. »
Poi si levò in piedi. La pianta nuda e rappresa di carne decadente si accasciò al contatto con la pietra, come se sopportasse un peso troppo grande. Le gambe magre tremarono visibilmente, mentre le braccia rachitiche trovarono il sostegno della colonna più vicina, per non cadere.
« Ti donerò quell'arma » disse, in direzione di Medeo « ma questa funzionerà solo se sarai abbastanza scaltro da capire come usarla. »
Medeo sorrise, sogghignando. « Non ti deluderò, nonno » aggiunse, con un pizzico di ironia.
« Ucciderò Caino » sentenziò, secco « una volta e per sempre. »



Scusate la lunghezza, ma c'erano molte cose da dire e poco spazio per farlo.
 
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