Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Caccia Grossa, Capitolo I°

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view post Posted on 2/1/2016, 01:05
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SeeD_
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Ragnar
Nano
Narrato
Caccia Grossa
- CAPITOLO I°, L'UOMO DI FERRO -


Ragnar si destò in un sospiro, uno di quelli leggermente più forti del normale che ti prendono nel sonno, quelli che ti danno come l’impressione di venir fuori da una profonda apnea. Sentiva il gelo sul volto e sulle mani, sentiva il sudore colargli dalla fronte fin sopra il naso e sentiva un forte fischio dall’orecchio destro che gli faceva ciondolare la testa a destra e a sinistra, nel vanto tentativo di farlo terminare. Lentamente oltre ai sensi, anche la mente cominciò a riattivarsi e nel riaprire gli occhi si rese conto di trovarsi all’interno di una grotta, si, ma non in una normale. Mentre alla sua destra la parete rocciosa era coperta soltanto da verdi chiazze di muschio, alla sua sinistra poteva verede un ammasso di ferraglia accatastata senza alcuna logica, tubi e piastre messe li senza nessun senso, proprio come se qualcuno avesse tentato di sbarazzarsene con una certa fretta. Il soffitto era lontano, ma non buio come si aspettava, proprio sopra la sua testa un enorme globo di energia donava a gran parte dell’ambiente una luce dal tono giallo e caldo, la stessa luce che gli permise di vedere le cinghie di ferro che lo tenevano ancorato alla pietra tramite polsi, caviglie e torace ed oltre a questo si rese conto di essere in piedi, si, perché davanti a se sostava un robusto nano dallo sguardo rude e con un grosso martello da guerra ben saldo nella mano.

Il nano dal canto suo, appariva proprio come uno si immagina che sia un nano, con la lunga barba ispida color rame che si adagiava sulla pancia pronunciata, i lunghi capelli del medesimo colore raccolti in un due lunghe trecce che scendevano sul davanti mentre il resto della capigliatura si fermava all’altezza delle spalle, le dita tozze, le guance gonfie, il naso grosso e schiacciato e lo sguardo severo, bruto, con gli occhi di un marrone talmente intenso da ricordare quello delle castagne in autunno. A distinguerlo dai nani comuni però, questo aveva metà del corpo completamente fatta di metallo, a partire dal centro del petto, proprio alla base del pettorale sinistro, una linea trasversale divideva la pelle dal metallo lungo tutta la parte destra del corpo, includendo spalla, braccio e gamba.

« Il tuo nome, di grazia? »
Ragnar rimase a guardare quel nano con uno sguardo perplesso, allibito, un po’ per via del bizzarro aspetto di quest’ultimo e un po’ per la convinzione che se non ci fossero state quelle cinghie di metallo a tenerlo, probabilmente non avrebbe avuto la forza sufficiente di reggersi sulle proprie gambe. Si sentiva stanco, confuso e debole, ma nonostante tutto trovò le forze di rispondere.

« Il mio nome è Ragnar... ma ti chiedo di perdonarmi se penso che la domanda giusta sia un altra.. che diamine ci faccio appeso a questo masso? »
Parlare fu strano, gli costò molta più fatica di quanto pensasse e gli lasciò una bile amara in gola, oltre a quel tipico sapore metallico che il sangue lascia sulla lingua.
Il nano soffiò in un sospiro pesante e, spostando il peso da una gamba all’altra, emise dalla parte metallica del corpo una serie di cigolii che lasciarono intendere il bisogno di un’imminente manutenzione, ma nonostante tutto egli sembrò non farci caso. Mosse il collo da una parte e dall’altra, facendolo scricchiolare prima di cominciare a parlare.

« Molto bene, Ragnar.
Ti ho trovato poco lontano dall’ingresso di questa grotta che per tua informazione, è la mia momentanea dimora. Hai una sola opzione adesso e due diverse possibilità.
» con la mano sinistra, quella libera, si massaggiò lievemente la base della barba. « Raccontami perché ho dovuto raccoglierti da terra e se la tua storia mi soddisferà, ti accompagnerò da un umano o un elfo che possa curare quella brutta ferita, mentre in caso contrario ti butterò in mezzo alle ferraglie e lascierò che l’infezione faccia il suo corso. Non sono mai stato un campione nell’aggiustare le cose e tu figliolo, non sei certo il mio lavoro meglio riuscito. »
Ragnar, con gli occhi sgranati, volse lo sguardo sul fianco indicato dal nano, vedendo una spessa toppa di metallo appoggiata su di una evidente ferita e tenuta ferma da viti e chiodi piantati nel suo addome. In un attimo il gelo che avvertì al suo risveglio sembrò uno scherzo in confronto a quello che gli spezzò il respiro in quel momento e lo stesso si poteva dire anche per il sudore, che ora sentiva bagnargli il petto e la schiena. Strinse i denti talmente forte da spezzarli quasi, fu preso dal timore, dalla paura. Cosa ci faceva li? Cosa era successo? Le domande cominciarono ad accastarsi nella mente senza logica e senza dargli tregua, come se ci fosse una sorta di conto alla rovescia che rendeva tutto più difficile. Lentamente poi, nel tempo di diverse manciate di secondi, cominciò ad ascoltare nuovamente il suo respiro ed a concentrarsi su di esso, ritrovò la calma, la stabilità mentale e riuscì a fare un breve punto della situazione: era vivo.
Annusò accuratamente l’aria e il non sentire nessun fetore gli fece capire che la ferita era ancora fresca e quindi ben lontana dall’infenzione annunciata dal nano di ferro, quindi doveva solo ricordare che cosa era successo e successivamente trovare una soluzione.
Socchiuse gli occhi, tentò di concentrarsi.

« Dunque... credo che sia iniziato tutto a Rolenga... »

...Rolenga era una città di poche anime ben lontana dalla grotta in cui adesso si trovava, ma come Ragnar ricordava, probabilmente tutto era iniziato da li. Si trovava in quella città per riporarsi dal lungo viaggio che aveva intrapreso, aveva preso una stanza in una piccola locanda dove lui era l’unico ospite da mesi a quanto gli avevano detto e quella sera, si stava intrattenendo con una cena in sala assieme ad alcuni dei clienti abituali. Fu li che lo sguardo gli cadde su un manifesto, una richiesta di lavoro da parte del governatore di Evisa, una citta ben più grande a circa tre giorni da li. Il volantino non era molto chiaro, parlava solo di un ingaggio ben pagato per dare la caccia ad una creatura e che maggiori dettagli sarebbero stati forniti dal governatore stesso. Ragnar decise di riposare li quella notte, ma alle prime luci dell’alba sarebbe partito per Evisa con tutte le intenzioni di approfondire su tutta la faccenda. Il viaggio fu calmo e tranquillo, privo di intoppi. Giunto davanti al governatore venne messo al corrente di tutta la situazione venendo così a sapere che alcuni pelleverde da diverse settimane scendevano dalla vicina montagna per razziare i pascoli ed i raccolti. Ragnar si rivelò come Soul Slayer e decise di accettare l’incarico per liberare Eivsa dai pelleverde, dirigendosi quel giorno stesso sulla montagna per raccogliere quante più informazioni possibili. Seguendo il fiuto e le molteplici tracce lasciate dagli orchi, raggiunse un ingresso nella montagna presidiato da un goblin armato di una mazza di legno più grande di lui. Ragnar rimase nascosto da alberi e cespugli e si preoccupò di restare tutto il tempo sotto vento. Osservò la situazione per numerose ore e non notò nessun movimento sospetto, il goblin non faceva altro che ruotare la testa in ogni direzione più o meno ogni quarto d’ora e quindi pensò che fosse giunto il momento di agire.
Sguainò lentamente la lama nera che teneva legata dietro la schiena e senza emettere il minimo rumore si mise in piedi e colpì. Muovendo il braccio come una frusta scagliò la spada contro il goblin trafiggendolo in pieno petto ed uccidendolo sul colpo. il tonfo del corpo morente sul terreno però, attirò fuori un altro goblin che ebbe appena il tempo di avvicinarsi al compagno morto e di poggiare la sua ruvida mano sull’elsa della Ragnarǫk. Il Soul Slayer piombò su di lui come un fulmine e con un fendente preciso della Vegnagun, l’altra spada che portava con se, recise il collo del mostro di netto, lasciando che la sua testa rotolasse via di qualche metro. Ripose la Vegnagun e impugnò nuovamente la spada nera e guardingo, si addentrò nella montagna. Una volta dentro si trovò in un ampia grotta, almeno due volte più grande di quella che ospitava il nano, dove circa una dozzina di grossi orchi accatastava grosse armi e carcasse di animale.

Sicuro di se, attirò l’attenzione dei mostri con una sagace battuta prima di cominciare ad affrontarli uno e più per volta fino ad eliminarli tutti, ma poi, una volta terminata la pulizia, un ruggito spaventoso riempì la vastità dell’enorme caverna. Un enorme orco, uno sciamano dalla pelle bruna, fece la sua comparsa armato di un lungo e massiccio bastone con numerose incisioni scarlatte sopra. Gli bastò colpire il terreno con il bastone e la vibrazione che si creò nell’etere fu tanta da far perdere la presa a Ragnar su entrambe le spade. Il guerrierò capì subito che lo sciamano era di tutta altra pasta e per questo decise di non raccogliere nessuna delle sue armi e di evocare la terza, la Buster Sword. Con la grossa spada fra le mani diede inizio alla violenta battaglia contro l’orco, fatta di scambi di colpi talmente possenti da far tremare l’intera montagna quasi. Tuttavia il Soul Slayer non riuscì ad avere la meglio, fu colpito con violenza sul capo e poi, con una seconda onda d’urto perse la presa anche sulla terza arma e vene scaraventato fuori, sul ciglio della montagna. Lo sciamano uscì fuori brandendo la Buster Sword nella mano mancina ed avvicinandosi al guerriero lo trafisse sul fianco destro dell’addome, prima di estrarre la spada e spingerlo giù dal dirupo con un violento calcio...

« ...E questo è tutto quello che ricordo... ... non c’è altro. »

Il nano arricciò il naso e piegò un angolo della bocca, continuando a massaggiare la sua barba fra mille cigolii. Successivamente portò la mano dietro al collo e fece come per dire qualcosa, ma si limitò soltanto a soffiare aria. Prese tempo, poi con un tono alto ed amichevole, mutò la sua espressione e parlò.

« E va bene Ragnar, mi hai convinto. Vediamo di trovare qualcuno che riesca ad aggiustarti! »


CITAZIONE
Scena Privata

 
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