Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Sotto un nuovo sole; il Sultanato

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view post Posted on 29/1/2016, 00:22
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idvSgPY


Jahrir schioccò le labbra e si passò la lingua sul palato, assaporando il sapore di tabacco rimastogli appena sotto le guance.
Fumare dopo aver rischiato la vita su un campo di battaglia lo faceva sentire come se avesse evitato gli artigli dell'Ahriman soltanto per conficcarsi la punta di una lancia nella coscia. Guardava la corruzione dritta negli occhi e le soffiava volute di fumo sul viso, svuotando il fornello della pipa sulle rocce dove erano giaciuti i corpi dei caduti. Una sensazione di invulnerabilità ribelle che sarebbe terminata con la nicotina che gli restava a disposizione.
Allungò la pipa in direzione di Aleksjéj, che rifiutò con un elegante gesto della mano. C'era qualcosa di anacronistico nell'offrire a un drago di fumare.
Nel Sürgün-zemat, qualche ora dopo il termine dell'apocalittico conflitto che li aveva coinvolti, era come se entrambi si aspettassero che dovesse accadere ancora qualcosa. Le asperità della pianura rocciosa che li circondava stavano metabolizzando la cenere sollevata dallo scontro, piene della luce romantica del tramonto, nel mentre che gli schiavi che li avevano aiutati si erano divisi in chi si ingozzava di cibo e chi non si era nemmeno tolto l'armatura. Dopo tutto ciò che era successo, nemmeno la loro gioia entusiastica era in grado di spezzare la pacifica impressione di silenzio che era calata su tutto l'attendamento, svuotatosi dalla paura e dalla tensione come un gigantesco polmone che stesse deliberandosi in un sospiro di sollievo.
Un polmone di certo più sano di quelli del Kahraman.
Mmmh.
Aleksjéj non si lasciò sfuggire quel brontolio.
Non posso fare a meno di notare di non essere l'unico frenato nel godersi questa vittoria.
Mh-mh.
Il nano fissò il bocchino della pipa come se potesse animarsi e convincerlo a confessare le sue tribolazioni. Lo immaginò come un ometto con la voce di Zuben e un carattere focoso, pronto a sottolineargli come chiunque altro avesse contribuito alla sconfitta dell'Ahriman più di quanto avesse fatto lui. Quando lo strinse fra le labbra, lo fece per soffocare quello sproloquio giusto e ingrato che gli riempiva la testa, e Venatrix fu in grado in maniera del tutto inconcepibile di tradurre quel comportamento in una spiegazione dettagliata dello stato d'animo del nano, e a produrre la consolazione meno goffa che la loro ingombrante differenza d'età e di pensiero potesse conciliare.
Non era la nostra battaglia, Kahraman.
Le labbra del nano si piegarono in una smorfia.
Sarà; ma le chiappe che hanno rischiato di finire nello stomaco di un Maegon grosso come una montagna erano le mie.
Oh. — Aleksjéj nascose una risata dietro la mano serrata. — Vedo che la vicenda sta già assumendo i connotati di una storia da raccontare agli amici davanti a un bicchiere di rakı.
Già. — schioccò le labbra. — Ora devo solo trovare gli amici a cui raccontarla.
Il drago lo raggiunse e gli posò una mano sulla spalla, distendendo il viso in un sorriso luminoso.
Accetterei volentieri di offrirti un giro di acquavite, se mai dovessi trovarmi a passare da Qashra.
Tu? — Jahrir roteò la pipa tra loro. — Avrei scommesso ogni pelo della mia barba sul fatto che fossi astemio.
Infatti.
Mmh.
Si staccò dal drago scuotendo la testa. Aleksjéj aveva l'abitudine di sedurlo come un dongiovanni farebbe con una verginella. Una sensazione che non aveva niente a che vedere con il nano tarchiato, peloso e volgare che il suo orgoglio gli ricordava essere e la ragione principe per cui non sarebbero mai riusciti a stringere una vera amicizia. Quando lo scoprì a sorridergli con una cortese espressione di intimità, gli si accapponò la pelle fino alla nuca. Non riuscì a immaginare quanto Venatrix fosse divertito da quelle reazioni nemmeno quando lo vide soffocare una risata alla scelta repentina di cambiare discorso.
Piuttosto, cosa farai ora? Non sembrano prospettarsi altre catastrofi all'orizzonte. Te ne svolazzerai lontano da questo deserto per un altro paio di secoli?
Il drago piegò il capo e i suoi orecchini tintinnarono riempiendo gli spazi lasciati vuoti dalle sue parole.
Resta un'ultima risposta a cui intendo dare la caccia.
Mh-mh.
L'interesse del nano nella questione terminò, e tornò a prendere lunghi respiri dal bocchino.
Tu, invece?
Si prese un secondo per riflettere, poi tese la pipa verso gli schiavi che rumoreggiavano a un centinaio di piedi di distanza come un sottofondo musicale ai margini della loro conversazione. Uno dopo l'altro sembrava che si stessero lasciando andare a festeggiamenti sempre più sfrenati: chi bevendo, chi cantando, chi spintonandosi e abbracciandosi.
Ho promesso a Zuben che avrei liberato questi disperati. — il suo sguardo si soffermò su un uomo secco come una spiga che versava lacrime da almeno venti minuti e snocciolava sguaiatamente i nomi di tutti i suoi dèi, ringraziandoli uno dopo l'altro. — Pensavo di portarli a Qashra, dove il loro padrone troverà difficile reclamarli.
È un lungo viaggio. Sei molto generoso.
Una spira di fumo si librò nell'aria.
Io? Se c'è qualcuno che dovremmo ringraziare, quello sei tu, Aleksjéj. Senza di te questi uomini non avrebbero un futuro.
Seguì il tintinnio musicale dei braccialetti.
A te, Kahraman.


Jahrir Gakhoor
sotto un nuovo sole

— il sultanato —


Un mese di viaggio in incognito sarebbe stato pesante per chiunque.
A partire dalle distese aspre e grigie del Sürgün-zemat, Jahrir era riuscito a trovare una ragione diversa per odiare ciascuno dei settecento schiavi che lo accompagnavano: chi per l'accento sgraziato delle città libere, chi per essere troppo lento, chi per mangiare troppo, chi per l'essere troppo silenzioso, chi per non starsene mai zitto.
Aveva dovuto assumere dei mercenari perché li accompagnassero attraverso il Bekâr-şehir e le provincie di Taanach, dove alcuni nuclei di banditi erano rimasti a predare su chi fuggiva dalla marcia dell'Ahriman. Uomini con poche pretese e abituati a fare poche domande, ai quali aveva deciso di rivelare fin da subito la loro destinazione. Era fermamente convinto che mantenere dei segreti con loro avrebbe reso le cose complicate in seguito.
Tanto più che c'era qualcosa che già intendeva nascondere agli abitanti del Sultanato.
Ascoltatemi tutti! — disse una sera all'intero gruppo migrante, battendo un mestolo su uno scudo per richiamarli al centro del complesso di yurte. — C'è un segreto importante che voglio manteniate con le genti di Qashra, quando arriveremo a destinazione!
Prese un lungo respiro.
Il mio nome!
I miei confratelli nani sono ancora convinti che io sia caduto al termine della Gloriosa Rivoluzione, e non ho intenzione di turbarli con una mia improvvisa rinascita. Intesi?
Ignorò le lamentele lusinghiere che alcuni mossero a quella decisione. Gli schiavi non potevano sapere che lui era stato nominato primo sultano postumo, dopo il riappropriarsi dei territori dell'Akeran da parte dei nani, e anche coloro che ne erano a conoscenza sembravano soprassedere sul fatto che una sua apparizione avrebbe infranto tutti gli equilibri saldati da Zeheb Al Adhel negli ultimi anni. Un sultano che per quanto se ne intendesse lui di politica aveva fatto un ottimo lavoro nel preservare la ricchezza e i principi del popolo nanico.
Finì per mancargli il tono freddo e distaccato di Zuben. Ogni sera cenava con i mercenari che aveva pagato per accompagnarlo, raccontando della battaglia che avevano combattuto alla bocca dell'abisso e arricchendola di nuovi particolari. La storia più frequente narrava di come fosse sfuggito alle zanne di Iανός attirandone l'attenzione su di lui con il digrignare dei denti, per poi nascondersi fra le sue scaglie e tagliarne la carne dall'interno.

Il quarantesimo giorno di marcia il profilo della moschea dorata di Qashra apparve all'orizzonte, splendente come un gioiello posto sulla cima di un cumulo di monete. La città era abbastanza vasta e intricata da nascondere tutti loro; il problema stava nel far varcare le mura a più di mezzo migliaio di schiavi senza attirare attenzioni indesiderate. Gli uomini erano proprietà del califfo Nu'man e lo sarebbero stati fino a che lui non sarebbe riuscito a garantirgli asilo: bastava che un solo mercante avido si accorgesse del suo piano per vendere quell'informazione, e a quel punto il sultano non avrebbe rischiato un incidente politico con le città libere per garantire l'indipendenza di un pugno di schiavi.
E Qashra era piena di mercanti avidi, pronti a vendere persino la propria madre per un pugno di monete. Figuriamoci loro.


VimTjpM


Entreremo a gruppi, per non attirare troppo l'attenzione. — il piano di Jahrir era chiaro, almeno nella sua testa. Lottò contro ogni fibra della sua riottosità per spiegarsi con gli altri. — Ciascuno di noi si metterà a capo di una cinquantina di schiavi, e entreremo a due giorni di distanza l'uno dall'altro. Di solito alle porte non controllano chi entra, ma con gruppi numerosi come il nostro di certo si insospettiranno. Non mi interessa che cosa sarete costretti a fingervi per entrare nella città, ma tenete a mente che gli abitanti di Qashra odiano quelli delle città libere e non vedono di buon occhio gli schiavisti. Qualunque cosa decidiate di fare, non date loro ragione di pensare che siate trafficanti di uomini. Io guiderò il primo gruppo.
Una volta dentro, lui sarebbe andato alla ricerca di qualcuno o qualcosa in grado di fornire loro asilo e copertura.
Ci rivediamo dentro. Vi raccomando di non fare il mio nome.



CITAZIONE
Bene! Inizia questa breve quest che, come avrete capito, riprende esattamente dalla conclusione di Fetiales. Non dovete sapere nulla di Fetiales per seguire questi avvenimenti, però, quindi non preoccupatevi; vi basti tenere a mente che Jahrir (eroe del popolo nanico creduto morto dopo l'ottenimento dell'indipendenza) ha partecipato a una battaglia epica nel Sürgün-zemat, alla testa di un esercito di schiavi e contro un gigantesco signore dei demoni. Questi schiavi gli erano stati prestati dal califfo Nu'man ma, essendo lui estremamente contrario allo schiavismo, ha promesso a se stesso e ad alcuni di loro di "liberarli" al termine della battaglia, invece che riportarli al califfo. Quindi inizia il suo esodo verso Qashra, dove spera di trovare loro asilo :sisi:
Gli schiavi sono circa 700, di cui circa 250 soldati ben addestrati. Durante il tragitto Jahrir assume alcune guardie per scortare e controllare il grande numero di uomini, fra le quali ci siete anche voi partecipanti.
Il post termina alle porte di Qashra. Il nano vuole far entrare gli schiavi a scaglioni per non attirare l'attenzione, e ciascuno di voi sarà alla guida di una cinquantina di schiavi. Il vostro compito nel primo post è inventarvi un modo per farli entrare nella città: le guardie vi impediranno di entrare dalle porte normalmente, visto il gruppo numeroso, quindi voglio che vi sentiate totalmente liberi nella descrizione di questo momento, con l'unica limitazione che è necessario che scaturiate un effetto di potenza Media almeno per riuscire a far entrare gli schiavi a Qashra (potete usare ammaliamenti, furtività, entrare di forza, inganni... quello che preferite).

È un post molto libero, che mette alla prova la vostra fantasia e funge al contempo da presentazione; per qualsiasi domanda specifica non esitate a sfruttare il post in confronto :zxc:

Per quanto riguarda la scelta da compiere in questo post, invece, è la seguente:
• Jahrir si rivolgerà a un ricco mecenate per chiedergli di garantire per gli schiavi.
• Jahrir si rivolgerà al tempio di T'al perché dia asilo agli schiavi.

Chiesa o privato? A chi si rivolgerà il nostro nano? :8D:

Cinque giorni per il post e tre giorni per le votazioni; enjoy! :asd:


Edited by Ray~ - 29/1/2016, 00:46
 
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miky1992
view post Posted on 1/2/2016, 21:18




Ricordi.



Sono disteso a terra, le zampe e il collo imprigionati da pesanti catene. Sento il respiro di mio padre rimbombare nella caverna. Quando ero cucciolo quel suono mi infondeva una sensazione di sicurezza, ma ora rabbrividisco terrorizzato a ogni respiro. Sollevo il muso verso di lui: Mi fissa dall'alto del suo scanno di pietra, come faceva quando ero un cucciolo. Le zampe aggrappate alla roccia, le ali dorate ripiegate a coprire il corpo a mo di mantello. La lunga coda attorcigliata attorno a una stalagmite. Ha la stessa espressione imperturbabile di sempre, eppure intravedo un velo nel suo sguardo. Lacrime di disgusto, o delusione?

Mio padre batte le palpebre e il velo di lacrime si dissolve. Allunga il collo verso di me e dispiega le ali. - Gli esseri umani sono tutti uguali. Le loro glorie sono come fiamme, divampano e infine si estinguono. Le nostre azioni invece rimangono per sempre. Dice e chiude gli occhi. - Capisci quindi la gravità di ciò che hai fatto?

Continua a farmi la predica anche ora, come se ormai potesse servire a qualcosa. Abbasso lo sguardo sulle zampe imprigionate e poggio la fronte contro la fredda roccia. - Allora, è questa la fine. Dico.

Mio padre serra gli artigli, la pietra si sgretola e cade a terra davanti a me. - Sì. Hai tradito i tuoi alleati, traviato il tuo ruolo e ora delle tue folli ambizioni non rimane nulla. Lo dice con tono sollevato, come se si fosse levato un peso di dosso. - Hai perso il tuo rango, i tuoi diritti, tutti i tuoi servitori sono stati sterminati. Dice e abbassa lo sguardo. - Di te non rimarrà nemmeno il ricordo. Allarga le grandi ali dorate e plana accanto a me. Gli artigli poggiati sulla mia schiena incidono le scaglie.

Il respiro accelera, il cuore mi balza in gola. - Padre

Lui mi fulmina con lo sguardo. - Non chiamarmi così, io non sono più niente per te. Dice e mi costringe a terra con la sua mole. Gli artigli si aprono un varco nel diamante e affondano nella carne. Mi divincolo e urlo. Le catene mi trattengono. Quando muovo la schiena, le zampe del carnefice si muovono con me. Non vuole lasciarmi andare. Ci vogliono parecchi minuti perché mi stacchi le ali dall'articolazione e recida vene e tendini. Quando termina, le ali cadono a terra con un tonfo e zampilli di sangue mi bagnano la schiena. Allora mi colpisce alla schiena con una fiammata, cauterizzandomi le ferite e impedendomi di morire dissanguato. - D'ora in poi potrai solo alzare lo sguardo al cielo e rimpiangere ciò che hai perso. Lascerai le tue impronte su questa terra, proprio come le creature a cui hai inflitto tanto dolore.

***



Stig spalancò gli occhi e si tirò su di scatto. Gli ci vollero diversi minuti per rendersi conto di trovarsi nella yurta. Il cuore gli batteva veloce e il fiato ridotto a un sibilo gli raschiava la gola. Si tastò la fronte accaldata e prese un paio di profondi respiri. Un sogno... ho sognato? Strinse i pugni. Si tirò su e prese a passeggiare per l'accampamento. - Mio padre... scosse la testa e si strofinò gli occhi. - Non ricordo il suo nome.
La scaglia fece il suo dovere: i ricordi risvegliati dal sogno si affievolirono fino a scomparire.
Il sogno aveva lasciato dietro di se una sgradevole sensazione di inquietudine e Stig decise di rimanere sveglio.
Mi mancavano le notti calde dell'Akeran. Si l'Edhel ha il suo fascino ed è pieno di opportunità interessanti, ma rischi di congelarti le chiappe se ti addormenti nel posto sbagliato. Stig chiuse gli occhi e inspirò a fondo l'odore di casa. Ormai sono affezionato a questa terra. Imbattersi nel nano e nella sua combriccola di schiavi è stato un vero e proprio colpo di fortuna. Visitare il sultanato e cercare lavoro era comunque nei miei progetti. Così posso avere sia l'uno che l'altro.

Seduto accanto alle ceneri del fuoco da campo, stava uno degli ex schiavi. Stig si avvicinò e riconobbe nell'uomo un membro del gruppo che avrebbe dovuto scortare in città. Aveva parlato con lui un paio di volte, ma non si erano mai presentati. La stragrande maggioranza delle conversazioni le aveva avute con il nano a capo del gruppo, purtroppo. All'inizio le sue storie erano pure divertenti, ma il nano ha la tendenza a esagerare fino all'inverosimile le proprie imprese.
Stig fece spallucce. Se anche solo la metà del suo racconto è vera, credo si sia meritato il diritto di fare lo spaccone.
L'uomo alzò lo sguardo. Non disse nulla, si limitò a fissarlo mentre si avvicinava.
Stig gli rivolse un cenno del capo e si sedette vicino a lui. La strana inquietudine non lo abbandonava e parlare con qualcuno forse poteva aiutarlo a distrarsi.
Attese che fosse lui a parlare per primo.
- Riusciremo a passare?
Stig annuì. - Ricordatevi quello che dovete dire: siamo dei viandanti in cerca di lavoro. Non dovrebbe essere difficile farglielo credere. Disse.
L'ex schiavo gli lanciò un'occhiata preoccupata. - Le guardie non sono così ingenue, ci perquisiranno, ci interrogheranno. Scosse la testa. - Appena ci vedranno fiuteranno puzza di imbroglio.
Stig sorrise. - Se c'è una cosa che ho imparato delle guardie è che basta qualche parola “gentile” per renderle molto più malleabili. Disse e accarezzò Sleutel.
In realtà non era sicuro che il potere della chiave li avrebbe avvantaggiati più di tanto, ma era da parecchio che voleva testare i poteri di Sleutel e quella era una buona occasione.

***


Nell'avvicinarci all'ingresso a Qashra, Stig notò sempre più gruppi di pellegrini. A quanto pare aveva visto giusto nel ritenere che il nuovo clima di progresso e innovazione avrebbe favorito l'immigrazione. Però rimaneva il problema del numero, cinquanta persone attirano troppo l'attenzione.
Avvicinandosi, la città appariva come una vera e propria montagna d'oro, nemmeno un drago poteva rimanere indifferente a quella vista. A ogni passo avvertiva la tensione aumentare, se avesse potuto adesso sarebbe fradicio di sudore.
Quattro guardie erano immobili davanti all'ingresso della città dorata.
Merda.
Due guardie ci vennero incontro, una indossava un'armatura più elaborata rispetto alle altre tre. Doveva essere l'ufficiale in comando.
Stig fece un cenno con la mano e gli ex schiavi si fermarono.
L'ufficiale fissò il gruppo e disse: - Chi siete? Disse e corrugò la fronte.
Stig abbassò il capo davanti all'ufficiale. - Siamo viandanti. Stiamo cercando un posto dove lavorare per guadagnarci da vivere. Fece spallucce. - Abbiamo sentito dire che il lavoro non manca qui.
Stig accarezzò Sleutel e l'energia magica dell'artefatto lo inondò. Diresse quella forza verso l'ufficiale. La magia psionica non era il suo forte, per questo non era certo del buon esito dell'incantesimo.
- Siete tanti, dovremmo portarvi in caserma per accertarci che il vostro racconto sia vero e che non abbiate altre intenzioni.
Stig sorrise e si sistemò la maschera. - Non vogliamo creare problemi, siamo solo dei poveri disgraziati affamati e accaldati venuti a cercare lavoro.
- Sono sicuro che siete in buona fede. Disse l'ufficiale.
- Perdere tempo con noi non sarebbe forse uno spreco? Non siamo criminali, solo uomini desiderosi di rendersi utili. Voi cercate criminali no? Disse e allargò le braccia. - Noi non siamo criminali.
- Uomini volonterosi ne servono al giorno d'oggi. Disse l'ufficiale e si lisciò la barba.
- Possiamo entrare? Disse Stig con tono remissivo.
- Si, muovetevi. Disse l'ufficiale e alzò il braccio per far capire alle altre guardie di farci passare.
La guardia rimasta accanto all'ufficiale si massaggiò il mento e assunse un espressione contrita. Forse aveva capito qualcosa, ma non voleva contraddire il proprio superiore.
A ogni modo Stig non voleva rischiare. Meglio darsi una mossa e allontanarsi subito.
Stig fece un cenno con la mano e il gruppo varcò l'ingresso a passo veloce. - Veloci. Mormorò Stig allo schiavo più vicino affinché facesse il passaparola. - L'inganno non durerà a lungo.

Stig attese accanto all'ingresso che l'ultimo uomo varcasse l'ingresso prima di entrare. - Muovetevi. Disse agitato.
- Fermi!
Il cuore di Stig perse un colpo. Si voltò, due guardie armate di lancia gli venivano in contro. Non c'era l'ufficiale con loro. Forse il potere di Sleutel ha ancora effetto su di lui e questi due nani bastardi hanno deciso di fare di testa loro.
- Continuate a muovervi. Disse a bassa voce per non farsi sentire dalle guardie.
I due nani accelerano, le lance puntate contro Stig. - Fermatevi subito!
Non posso ammazzarle. L'omicidio di due guardie non passerà certo inosservato! Ci darebbero la caccia, troppi guai. Alzò lo sguardo al cielo. Grazie agli Dei non c'è una nuvola.
Stig si concentrò. La luce solare si accumulò nel palmo in una piccola sfera delle dimensioni di un'arancia. Un pensiero e la sfera esplose in un bagliore accecante. La luce inondò lo spazio circostante e raggiunse le guardie. Il colpo non era pericoloso, li avrebbe solo accecati per qualche minuto. Se tutto fosse andato come previsto le guardie non avrebbero avuto modo di raggiungerli e in quella fiumana umana che era Qashra sarebbe stato facile scomparire.
Stig storse la bocca. Pensare che questo trucchetto glielo aveva insegnato suo padre nel loro primo vero allenamento, gli fece stringere un nodo alla gola.
Stig non rimase a controllare la buona riuscita del piano. Raggiunse il gruppo e insieme corsero via, sperando che il trucco funzionasse.


CITAZIONE
STIG SCHEDA RIASSUNTIVA:

Corpo: 100
mente: 75
energie: 125 – 110 ( 5 tecnica consumo basso – 10 tecnica consumo medio)
Passive impiegate:

Memoria ancestrale [Molte progenie dei draghi sono condannate a vivere una vita eternamente più lunga di quella media di un umano, maledette inoltre dal possedere la memoria ferrea della razza draconica. Alcune di loro hanno dunque sviluppato un meccanismo difensivo che permette di manipolare la loro stessa memoria, permettendogli di vivere con più serenità. Con un utilizzo di questa passiva è infatti possibile recuperare, dimenticare o distorcere un ricordo del proprio passato quasi a comando.] (Numero di utilizzi: 6-5)

Studioso Magico: Gli Arcanisti sono maestri della magia, studiosi e discepoli delle arti magiche in grado di sviscerare ogni segreto della dottrina. Tale è la loro dedizione, infatti, che sono in grado di richiamare ed esercitare la magia in maniera istantanea, senza tempi di preparazione o di utilizzo delle abilità. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, l'Arcanista sarà in grado di utilizzare qualsiasi abilità di natura magica in tempi nulli, senza preparazioni di sorta o rituali specifici. (Numero di utilizzi: 6 – 5)

Tecniche Attive:

Aprire i cuori - Si dice spesso che il cuore non è altro che una grossa serratura che aspetta solo di essere aperta; o almeno così Sleutel crede, perché è in grado di farlo. Per la chiave del drago, i cuori degli uomini non sono altro che recipienti d'avarizia e invidia, colmi solo del desiderio di rubare il grande tesoro del suo creatore. La leggenda dice che il drago abbia usato questo specifico potere per convincere il giovane eroe a prendere la chiave con sé, e che poi l'eroe l'abbia usata nuovamente nella più vicina taverna per consolarsi della delusione ricevuta nella montagna con qualche giovane fanciulla. Con questa influenza mentale, la chiave può aprire i cuori dei più deboli e sedurre la loro volontà, portandoli a guardare il possessore di Sleutel come se fosse degno della massima fiducia, le cui parole non possono che essere vere. [Attiva, costo basso energetico, natura psionica, Sleutel può convincere un bersaglio che il suo possessore è completamente degno di fiducia per un turno. Non infligge danno] (TECNICA LEGATA ALL'ARTEFATTO.)

Lampo: L'utilizzatore intensifica e riflette la luce solare per accecare tutti coloro che gli stanno attorno. Ha natura magica. Consumo medio, tecnica ad area. Danni nulli, ma se non protetta accecherà i bersagli per un turno.

In pratica Stig usa il potere di Sleutel per convincere il capo delle guardie di essere degno di fiducia e poi la sua tecnica di potenza media per accecare le guardie e darsela a gambe.

 
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¬K a h ø r i
view post Posted on 2/2/2016, 12:55




Gli schiavi.


Il suo lungo viaggio senza meta l'aveva condotta all'altro capo del mondo, nel Sürgün-zemat. Aveva attraversato i freddi e gelidi territori dell'Edhel, i paesaggi rocciosi e rossastri del Dortan e le lande sabbiose e dorate dell'Akeran, fino a ritrovarsi lì. Lì, in quel luogo tanto lontano, ma in un qualche modo tanto vicino a quello da cui era partita, come se il cerchio si fosse chiuso. Sì, quella distesa rocciosa e disabitata le ricordava il Samarbethe: anche se priva di cime ghiacciate, quel terreno impervio, le montagne, le rocce acuminate e l'atmosfera tetra dovuta al suo confine col Baathos rievocavano nella sua mente quel posto lontano. E, in un certo senso, la facevano sentire a casa. La progenie dei demoni ne aveva preso il controllo, rendendolo praticamente inabitabile, così come le ombre avevano fatto su al nord.
"Gli uomini li temono, proprio come temono me."
No, non si sentiva un demone e mai si sarebbe paragonata a quegli esseri, ma aveva girovagato abbastanza per capire quanto gli altri avessero paura di lei. Lo leggeva nei loro occhi, ogni volta che gli passava di fianco, e nei loro corpi tremanti nel vederla avvicinarsi. Ma non le importava. Aveva imparato ad accettare quella sensazione di ripudio nei suoi confronti, a conviverci e, forse, ad apprezzarla, perché tanta gente le restava alla larga, evitando di causarle problemi. Tuttavia, il suo interesse per gli esseri viventi e per il mondo non era affatto cambiato, anzi, andava aumentando col passare del tempo e per ogni cosa che riusciva a comprendere, sorgevano molti altri interrogativi.
Uno di questi si presentò proprio al suo arrivo in quella regione, quando vagando nelle città poco più a settentrione sentì alcuni mercanti discutere di una merce quanto mai interessante.
- Eh si, ho fatto proprio un bell'affare! L'ho pagato diversi denari, ma mi hanno dato un uomo bello robusto e sano. Ah! Sarà facile rivenderlo come combattente e raddoppiare il mio guadagno. -
- Ma a chi vuoi darla a bere? Lo so benissimo che non sai fare affari quando si tratta di schiavi! Di sicuro l'avrai pagato il doppio di quel che vale, oppure te ne avranno rifilato uno di bell'aspetto ma malato mortalmente. Ahahah! -
- Tsk! Sei il solito stronzo. Tempo di dargli una bella sistemata e levargli di dosso quell'orrendo tanfo e poi vedremo chi è l'incapace! Lo venderò per il doppio, ti dico. Anzi no, il triplo! Avresti dovuto approfittare di quell'offerta, non ce ne saranno altre... -
Il loro discorso sarebbe continuato ancora a lungo, ne era certa: quando si trattava di orgoglio, gli uomini potevano restare a discutere per giorni e giorni sulle stesse cose, pur di avere ragione e dimostrare di essere meglio degli altri. A lei non importava di tutto questo, la sua mente si era soffermata soltanto alla parola schiavi.
"Uomini che vendono e comprano altri uomini, che sottomettono i loro simili."
Incapace di comprendere questo bizzarro concetto e spinta più che mai dalla sua curiosità, continuò ad andarsene in giro per l'Akeran, osservando quei commerci e quella particolare usanza, ascoltando tutti coloro che ne parlavano senza immischiarsi troppo, cercando di farsi un'idea. Alla fine comprese che la pratica dello schiavismo era una cosa assai comune in quelle terre, che quasi tutti consideravano normale e giusta, come comprare cibo o oggetti di varia utilità. Ad ogni uomo reso schiavo veniva assegnato un valore in monete, a seconda del suo stato fisico o della sua cultura: gli uomini possenti venivano venduti come guerrieri o per i lavori più pesanti, quelli più gracili ed intelligenti come istruttori alle famiglie più ricche. Così come, in altre parti del mondo, la vacca veniva utilizzata per trainare l'aratro e il cavallo, animale più nobile, per trasportare qualcuno, lì erano gli uomini a prendere il loro posto.
"Uomini al pari di bestie, e nient'altro. Davvero molto interessante."


Jahrir, il Kahraman.


Anche se quelle faccende non la riguardavano affatto, vi si ritrovò inaspettatamente coinvolta. Un uomo, più precisamente un nano, si trovava in quelle terre desolate per aver combattuto un'epica battaglia contro un grande signore dei demoni. Jahrir, quello era il suo nome, ma tutti quelli che viaggiavano con lui lo chiamavano Kahraman.
Lo incontrò per caso, mentre si dirigevano l'una nella direzione opposta dell'altro, con al seguito quasi un migliaio di uomini, ma non gli prestò molta attenzione: aveva sentito di quello scontro, ma non era certo sua intenzione prendere parte in una lotta tra bene e male e dover scegliere con chi schierarsi. Dopotutto, lei non avrebbe saputo nemmeno distinguerli.
Fu però lui ad avvicinarla, al contrario di quanto si sarebbe mai potuta immaginare. Si fermò a qualche passo di distanza e la osservò in silenzio, muovendo gli occhi in tutte le direzioni per studiarla, come se stesse cercando di vedere oltre quell'oscurità di cui era composta. Non sembrava affatto intimorito, né dava l'impressione di provare disgusto o ribrezzo per una creatura come lei.
Dopo aver tirato un paio di volte dalla pipa che teneva in mano, una strana espressione comparve sul suo volto, simile ad un sorriso.
- Sarò breve e conciso. Non mi interessa chi tu sia, né cosa ti abbia portato in queste terre dimenticate dagli dei. Ho bisogno di uomini che mi aiutino a portare questa gente fino al Sultanato e il fatto che tu sia arrivata fin qui tutta intera, mi fa credere che potresti essermi utile. Ti interessa? -
L'ombra lo fissò negli occhi, ruotando leggermente la testa verso il basso, senza dare alcun segno di assenso. Dopo qualche secondo di silenzio, il nano sbuffò, facendo uscire una nuvola di fumo denso dalle sue narici.
- Senti, non ho tempo da perdere. Se è il denaro che cerchi, posso pagarti, altrimenti... -
- Non mi interessano i soldi. -
La Tentazione si spostò verso sinistra e rivolse lo sguardo agli uomini dietro dietro di lui, indicandoli con uno dei suoi artigli.
- Chi sono? -
Il ghigno sul viso di Jahrir scomparve e lui aggrottò la fronte, come se quella domanda lo avesse infastidito.
- Perché vuoi saperlo? -
- Voglio solo sapere chi sono. Sono schiavi? Se è così, ti aiuterò. -
Quello sollevò un sopracciglio e la guardò di traverso, forse sorpreso da quell'affermazione, poi si voltò verso la compagnia.
- Sì, schiavi. Sono tutti quelli che hanno combattuto con me, o meglio, quelli sopravvissuti. - Si voltò nuovamente verso di lei, stavolta con un'espressione seria e priva di sentimenti. - Perché ti interessano tanto? -
- Sarà divertente. -
Detto questo, l'ombra fluttuò lentamente verso uno di quegli uomini e gli si sistemò lì a fianco, in silenzio, mentre il Kahraman continuava a fissarla perplesso. Probabilmente non comprese quelle sue parole, come avrebbe potuto? Un uomo sempre vissuto in quel mondo, che aveva affrontato tanti pericoli e sperimentato tante cose, non avrebbe mai capito dove stesse il divertimento nell'accompagnare una compagine di schiavi durante un lungo cammino. Forse avrebbe meditato ancora su quel breve scambio di parole, forse no. Fatto sta che il nano scosse il capo in segno di rassegnazione e con la mano fece cenno a tutti di ripartire.


Il Sultanato.


Il viaggio fu lungo e faticoso, almeno così dicevano gli uomini. Camminare per un mese lungo quelle strade impervie, senza che nessuno si accorgesse di loro doveva costare grande fatica. Lei si sentiva invece più che soddisfatta di quell'avventura in cui era stata trascinata: aveva conosciuto le gesta del loro condottiero e poté osservare da vicino il modo di vivere e convivere di tutte quelle persone. Tanti sconosciuti che si aiutavano l'un l'altro nei momenti più difficili e che, almeno fino a quel momento, non erano stati affatto trattati come bestie.
"Che quel nano provi dei sentimenti per queste persone? Forse lui vuole bene, come dicono gli umani, agli schiavi..."
Era questa la domanda che ricorreva più spesso alla sua mente, ma anche dopo un mese di cammino assieme a loro, non era ancora riuscita a trovare una risposta.
Lungo la strada Jahrir assoldò altri come lei, mercenari che si unirono per denaro ed altri motivi che non le interessavano. Lei rimase sempre in silenzio, spostandosi di qua e di là nella massa, ascoltando tutto ciò che gli altri avevano da dire, per imparare più cose possibili su quegli esseri tanto interessanti.
Una sera il Kahraman – anche lei aveva iniziato a chiamarlo in quel modo – richiamò l'attenzione del gruppo e, quando tutti gli furono vicini, decise di rivelare loro quello che lui definì un segreto.
- Il mio nome! I miei confratelli nani sono ancora convinti che io sia caduto al termine della Gloriosa Rivoluzione, e non ho intenzione di turbarli con una mia improvvisa rinascita. Intesi? -
Tutti annuirono, e così fece anche lei, senza aver capito esattamente a cosa si stesse riferendo il nano. Poco importava, comunque: aveva promesso che lo avrebbe aiutato e così avrebbe fatto. Se quello era il suo volere, lei non avrebbe proferito parola a riguardo.
Finalmente arrivarono nei pressi del Sultanato, un territorio vasto, dai terreni aridi e poco ospitali per l'insediamento umano. Nonostante questo i suoi abitanti per eccellenza, i nani, lo avevano reso, con il loro ingegno, florido e prosperoso, fino a farlo diventare una delle più grandi potenze di Theras. Questo era ciò che aveva sentito dire in giro. Ed in un certo senso doveva riconoscere a quegli esseri barbuti e burberi, di aver efficacemente ripopolato un luogo dapprima così aspro e brullo, ma non riusciva a cogliere la bellezza di tutto questo. Per lei, la bellezza non era altro che un'espressione comune e forse troppo utilizzata per descrivere ciò che piaceva a questo o a quello, puramente soggettiva e senza dei criteri che l'aiutassero a comprenderla.
Dopo qualche altro giorno giunsero a Qashra, capitale del Sultanato, famosa per le sue università e per il contributo dato da queste ultime nello studio del sapere. Non c'erano stati intoppi fin lì, ma i suoi compagni di viaggio le spiegarono che la parte difficile sarebbe arrivata in quel momento. La città era infatti circondata e protetta da alte mura e si poteva accedere al suo interno soltanto attraversando la porta principale, cosa che avrebbe destato diversi sospetti, dato il gran numero di schiavi che si stavano portando dietro.
Jahrir aveva assicurato a tutti loro che avrebbe trovato un modo per farli restare vivi, ma non poteva occuparsi da solo di scortare più di mezzo migliaio di persone al di là di un muro. Per di più, non potevano muoversi tutte assieme.
- Entreremo a gruppi, per non attirare troppo l'attenzione. - Spiegò il Kahraman quando furono vicini alle mura cittadine. - Ciascuno di noi si metterà a capo di una cinquantina di schiavi, e entreremo a due giorni di distanza l'uno dall'altro. Di solito alle porte non controllano chi entra, ma con gruppi numerosi come il nostro di certo si insospettiranno. Non mi interessa che cosa sarete costretti a fingervi per entrare nella città, ma tenete a mente che gli abitanti di Qashra odiano quelli delle città libere e non vedono di buon occhio gli schiavisti. Qualunque cosa decidiate di fare, non date loro ragione di pensare che siate trafficanti di uomini. Io guiderò il primo gruppo. -
Poi scelse gli uomini che l'avrebbero seguito e congedò tutti gli altri, scomparendo tra la folla.


Alle porte di Qashra.


I mercenari continuarono ad entrare, a gruppi e a due giorni di distanza l'uno dall'altro, com'era stato loro ordinato. L'ombra prese con sé cinquanta uomini come aveva detto il nano e si mise in disparte, cercando di elaborare un piano per entrare. Mentre attendeva l'arrivo del suo turno, si rese conto che quegli schiavi non la evitavano più come facevano all'inizio: cercavano di mantenere sempre una certa distanza da lei, ma la guardavano e le parlavano in maniera tranquilla, serena, come se si fosse instaurato un qualche rapporto tra loro. Non li avrebbe definiti cattivi come facevano le genti più a nord, ma solo persone sopravvissute ad una grande battaglia e con la speranza di poter finalmente riacquistare la loro libertà. Felici. Sì, forse li avrebbe definiti così.
Quando arrivò il suo momento, si sentiva pronta e piuttosto sicura dell'idea che aveva avuto. Si alzò da terra, leggera e fluttuando come al solito, e prese come riferimento un uomo di fronte a lei, tentando di assumere un aspetto il più possibile simile al suo: un uomo dai capelli corti, le spalle possenti, il fisico robusto e gli arti muscolosi. Certo, sarebbe rimasta sempre un essere dal colore nero, senza piedi e che non toccava il terreno, ma forse anche quel piccolo cambiamento avrebbe potuto aiutarli.
Con un cenno, richiamò l'attenzione dei suoi uomini e li fece radunare attorno a sé.
- Bene. Ci avvicineremo alle mura tutti assieme: io rimarrò davanti al gruppo, voi seguitemi e restate uniti. - Disse mentre li osservava negli occhi uno ad uno. - Cercate di essere il più naturali possibile e rimanete dietro di me, così avrò modo di proteggervi. Non fermatevi per nessun motivo e continuate a camminare fino a che non saremo arrivati dall'altra parte. Tutto chiaro? -
Gli uomini rimasero in silenzio durante il suo discorso, poi annuirono, anche se non troppo convinti. Non se ne preoccupò ed iniziò a dirigersi verso le mura, concentrandosi solo su sé stessa, scacciando dalla sua mente tutti gli altri rumori.
Si mosse lentamente, e così gli schiavi dietro di lei, e quando ebbe una visione chiara dell'ambiente circostante e, senza produrre alcun suono o movimento, immaginò una donna, che faceva la sua entrata nel campo da una vicolo laterale. Era alta e longilinea, con i capelli biondo cenere lunghi e mossi, con i boccoli che scendevano delicatamente per la schiena, fino ai fianchi, e davanti le coprivano i seni; i suoi occhi erano cerulei e la sua pelle chiara risplendeva alla luce del sole, facendo risaltare le sue labbra rosse e carnose. I suoi lineamenti erano delicati, quasi perfetti, come quelli di una dea, e le curve del seno e dei fianchi avrebbero suscitato una qualche reazione persino al più puro e casto di cuore. Camminava con eleganza, quasi sfiorasse il terreno senza poggiarvi i piedi, ancheggiando e mostrando tutta la sua nudità, e si frappose tra il gruppo guidato dall'ombra e le guardie, che sorvegliavano le mura. Si rivolse quindi a queste, indicandole una dopo l'altra con l'indice e facendo ampi gesti con le braccia per richiamarle a sé, mentre sfoggiava il suo sorriso più bello e ammiccava ogni tanto, diffondendo il suo profumo di rose, inebriante ed eccitante come una droga.
- Venite, avvicinatevi. Sì, dico a te! E anche a te! - Quella voce era una musica, una cantilena dal suono dolce e melodioso, che le stava invitando alla perdizione e a dare sfogo ai loro desideri più oscuri.
L'ombra ed i suoi uomini continuarono ad avanzare come se nulla fosse accaduto, immuni dall'allucinazione e, quando le guardie sembravano aver ormai ceduto a quella tentazione lussuriosa, approfittarono di quella confusione e fecero un ultimo piccolo scatto per cercare di entrare nella città e raggiungere Jahrir e gli altri.

la Tentazione.

Corpo: 95%
Mente: 90%
Energia: 95%
Riserva CS: 4 intelligenza

Passive utilizzate:
CITAZIONE
»Agire nell'ombra. Consumando un utilizzo di questa passiva, il mentalista potrà quindi lanciare le sue tecniche di illusione senza dire una parola e senza compiere alcun movimento, facendo credere che le immagini siano giunte spontaneamente sul campo di battaglia.
(Consumo: 6 utilizzi - 5 rimasti) [Pergamena Mentalista Immagini statiche]

Attive utilizzate:
CITAZIONE
»L'apparizione di Venere. Tecnica di natura psionica che crea sul campo di battaglia l'immagine di una donna bellissima, come fosse una dea, dalle curve sinuose e capace di attrarre esseri viventi di ogni sesso col suo sguardo ammaliante ed i suoi movimenti ipnotici. Questa visione ingannerà i cinque sensi di tutti i presenti per un turno, concedendo al tempo stesso un aumento di 4 CS alla riserva di intelligenta del suo evocatore.
Consumo: 5% corpo 10% mente 5% energia [Pergamena Mentalista Illusione Ampliata Fortificante]

Note: Eccomi qua, primo post in assoluto in una quest di Asgradel :8D:
L'ho presa un po' larga, lo riconosco, ma mi sembrava necessario fornire una spiegazione sul perché un'ombra potesse essere interessata agli schiavi e su come avesse incontrato Jahrir. Spero di aver fatto bene o.o

Nell'ultimo paragrafo la Tentazione finalmente agisce e utilizza una psionica facendo apparire questa donna bellissima che, con il suo aspetto seducente e le sue movenze, attrae le guardie a sé e, sostanzialmente, le distrae dal gruppo di uomini e dall'ombra che intanto cercano di entrare in città. Il tutto aiutato dalla passiva Immagini Statiche per non far vedere a nessuno che la mia piggì si sta preparando a lanciare l'illusione.

Spero che il post sia di vostro gradimento e se vorrete darmi qualche consiglio in confronto, ne sarei più che felice :zxc:
Buona quest a tutti!
 
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view post Posted on 3/2/2016, 16:11
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Jahrir Gakhoor
sotto un nuovo sole

— il sultanato —


Nei giorni che passò a Qashra, Jahrir finì col rimpiangere la scelta di vivere ai margini del Sultanato, dove lo splendore della nazione arrivava perlopiù con i racconti di meraviglie distanti e la qualità impeccabile di certe provvigioni fra gli scaffali dei negozietti di confine. Ricordava ancora con precisione le parole di Shaelan, quando si era presentata sulla soglia di casa con il sacco delle compere, un anno prima:
Al bazar avevano una nuova qualità di tabacco; l'ho presa, così puoi provarla e dirmi com'è.
Qahtakia. Foglie piccole, coltivate nei terreni bonificati delle coste del Qatja-yakin, essiccate esponendole al sole fino ad assumere una tonalità bruno-grigiastra e caratterizzate da un aroma intenso. Quello, il profumo penetrante del cardamomo, il sapore amaro del caffè e il suono dell'acqua che bolliva negli ibrik di ottone erano i suoni e gli odori di casa sua. Ma forse aveva solo nostalgia di Shaelan e gli sembrava di sentirli ovunque; Qashra era un come un chiassoso carnevale di genti, parole ed emozioni: capitava che si svegliasse malinconico e che appena un paio d'ore dopo finisse per odiare il viavai caotico dei mercanti, i bazar colorati e la promiscuità delle parole che si intrecciavano nelle piazze. Alcuni palazzi lo disgustavano per il modo superbo con cui sfoggiavano giardini pensili e porfidi ordinati ad appena un centinaio di piedi di distanza dai vicoli dove si rannicchiavano i mendicanti.
Il Sultanato gli dava tante ragioni per sentirsi orgoglioso quante gliene dava per offendersi e indignarsi: non era mai a corto di argomenti per sostenere le tesi del proprio umore.

GQ14caZ

Vuole il caso che quando si incontrò con il sacerdote di T'al a capo della Moschea d'Oro il Kahraman fosse di cattivo umore, avendo perso tempo prezioso nella folla congestionata della piazza antistante il tempio.
Lì vi era una statua di bronzo che lo rappresentava assai più alto e bello di quanto non fosse in realtà, con un turbante da sultano in testa e una scimitarra allacciata in vita. La dicitura sul piedistallo diceva: "Jahrir Gakhoor, primo sultano, nato a Qashra nella seconda era, guidò il popolo nanico verso la liberazione durante la Gloriosa Riunificazione. Morì al termine della battaglia, garantendo un futuro al suo popolo, e il suo corpo non venne mai ritrovato."
Era una bella statua. Anche troppo. Nessuno l'avrebbe mai confuso con quel prestavolto, come gli diede conferma il sacerdote.

Signor Erdoğan, settecento schiavi sono un numero... impressionante. Lei mi mette in difficoltà.
L'officiante era un umano dalla pelle color carbone, alto quasi due metri, dal capo rasato e con una lunga barba nera. Aldilà di una semplice toga bianca indossava un paio di orecchini d'oro triangolari e mezza dozzina di bracciali simili a spire di serpente.
Jahrir storse il naso. Troppo spesso il messaggio che le razze mortali potessero dare vita a meraviglie veniva interpretato come l'indolente godimento del lusso.
Senta, si metta nei miei panni. Dove dovrei portarli? Il Sultanato è l'unico posto nell'Akeran dove possono essere trattati da uomini liberi, e come dice lei sono troppi per pensare di andare aldilà del canale e attraverso tutto il deserto dei See. Poi la Moschea d'Oro non è famosa proprio per questo?
Il sacerdote strinse le dita e stiracchiò un sorriso di difficile condiscendenza.
Ma certo, Qashra pone le sue fondamenta nel diritto alla libertà di ogni individuo... abbiamo dato asilo a qualche schiavo in passato, ma si parla di gruppi di non più di dieci persone. Garantire la benedizione e la coscrizione al servizio di T'al a un gruppo così numeroso potrebbe... causare problemi.
E quali problemi? Non vi sto certo chiedendo di tenerli qui nel tempio, anche se potreste! Del loro alloggio e approvvigionamento mi occuperò io, voi dovete soltanto respingere le pretese di chi potrebbe volerli indietro.
Ma non crede, signor Erdoğan, che chiunque sia abbastanza ricco da possedere più di settecento schiavi abbia anche il potere di infiltrarsi a Qashra e minacciare comunque la loro incolumità?
È proprio per questo!
Il sacerdote abbassò la testa e pensò a lungo. Purtroppo Jahrir non era mai stato un buon venditore e, aldilà di compassione e libertà, non gli veniva in mente nessun'altra ragione per convincerlo delle sue buone intenzioni. Quando gli si rivolse di nuovo, gli bastò guardarlo negli occhi per capire quale sarebbe stata la risposta.
Mi dispiace signor Erdoğan, ma per quanto condivida le sue preoccupazioni, non posso correre un tale rischio.

Uscendo dalla moschea avrebbe voluto sbatterne il portone, se non fosse stato alto una decina di metri e pesante due quintali. Si sedette sulla scalinata bianca davanti alla facciata e prese a fumare la pipa.
La Moschea d'Oro era una costruzione imponente: quasi diecimila metri quadrati di marmo, con un cortile circondato da una cinta fortificata e sul quale si affacciava una serie di portici coperti, il tutto dominato dalla presenza di un torreggiante minareto alto abbastanza da essere visibile dall'esterno di Qahsra. Sarebbe stata una fortezza perfetta, se non fosse stato per la pavidità di chi la amministrava.
Batté freneticamente un piede a terra, alla ricerca di una soluzione. Non poteva lasciare gli schiavi per le strade, ma nemmeno parlare a troppe persone della loro presenza. Forse era stato troppo ottimista a credere che il Sultanato avrebbe condiviso la sua ricchezza con un migliaio di sconosciuti apparsi dal nulla, ma erano pur sempre la sua gente! Qualcuno avrebbe capito!
Qashra metteva a disposizione alcuni caseggiati per il riparo dei mendicanti: dormitori ampi e brutti, più che sufficienti ad alloggiare gli schiavi fino a che non avrebbe trovato una soluzione permanente. Più tempo avrebbero passato lì, però, più possibilità c'erano che le persone sbagliate si accorgessero della loro presenza. Doveva muoversi in fretta. E non riuscì a farlo.

I giorni passarono senza che Jahrir riuscisse a venire a capo della situazione. Nessun sacerdote di Qashra sembrava disposto a dare fiducia a uno sconosciuto, men che meno per una questione così importante. Passò un'intera settimana prima che la situazione venisse turbata di nuovo.
Jahrir stava attraversando Qashra con alcuni dei suoi mercenari; nei giorni precedenti li aveva impiegati per la protezione degli schiavi, a piccoli gruppi. Stavano facendosi largo fra la folla di uno dei bazar più affollati della città, quando il nano scorse un lampeggio metallico con la coda dell'occhio e si tuffò di lato appena in tempo per evitare la lama ricurva di un pugnale, trovandosi a rotolare sul porfido d'argilla.
Che cosa...?!
Il nano! Uccidete il nano!
Assassini.
Sette uomini estrassero le armi, scatenando il panico generale e sconquassando tutto il mercato: le persone iniziarono a fuggire travolgendo le bancarelle e sollevando sabbia e polvere. Gli odori delle spezie si mischiarono a quelli del pesce e dei profumi, facendo girare la testa al nano, che ebbe appena il senno di fare un cenno d'intesa alle sue guardie.
Nu'man è disposto a pagare una fortuna per riavere indietro i suoi schiavi, nano. Hai fatto arrabbiare un uomo potente... e non tutti sono così stupidi da rifiutare la generosità di un califfo.
Jahrir sputò e si mise in piedi. La barba gli prudeva per la terra che ci si era infilata, e non aveva nemmeno capito quale dei sicari avesse parlato.
Non li temeva. Nessuno di loro. Due mesi prima aveva guardato l'Ahriman negli occhi e camminato sullo stesso suolo di Iανός; non sarebbero stati sette ragazzetti denutriti a metterlo fuori combattimento. Estrasse una scimitarra dalla cintola - sì, la statua l'aveva ispirato a comprarne uno - e regalò loro lo sguardo più temerario che gli riuscisse.
Provateci, allora.



CITAZIONE
Secondo post! Purtroppo il sacerdote della Moschea d'Oro si rifiuta di alloggiare così tanti schiavi, e Jahrir è costretto a trovare un'altra soluzione. Soluzione che non arriva: dopo un'intera settimana di ricerche, la voce della presenza degli schiavi di Nu'man si diffonde, evidentemente, perché il nano viene attaccato (insieme a voi) mentre attraversa un bazar di Qashra. Quelli che vi attaccano sono ragazzini affamati e per niente assassini prezzolati: deboli, mal nascosti e impulsivi.
Il vostro post sarà quindi costituito da una parte opzionale e una obbligatoria:

• nella parte opzionale vi invito a descrivere la settimana di soggiorno del vostro personaggio a Qashra che, per quanto impiegato nella protezione degli schiavi, ha la libertà di girare per la città e scoprire le meraviglie del Sultanato. Sono aperto a darvi qualsiasi informazione in tal senso, quindi chiedere e vi sarà dato. Qualora vogliate instaurare un dialogo con Jahrir, possiamo benissimo concordarlo nel topic in confronto :sisi:
• nella parte obbligatoria, invece, vi ritrovate in combattimento. È un combattimento un po' particolare, poiché inizialmente voi non sarete attaccati. Sarà Jahrir a subire tre assalti consecutivi di potenza Media ciascuno, di natura fisica e di danno al fisico, dal quale dovrete decidere se proteggerlo o meno (i sicari si lanciano contro di lui per pugnalarlo, semplicemente, senza alcuna tattica). A quel punto potrete concludere il duello come preferite, essendo pure autoconclusivi con gli assassini, purché subiate un ulteriore danno Basso (come e dove vi lascio la libertà di stabilirlo). Date pure sfogo alla vostra fantasia nel descrivere l'esotica risoluzione di un tentato assassinio fra le vie di un bazar~


Detto questo, il voto. Al termine del combattimento (come svelerò nel post successivo) Jahrir scoprirà chi è il mandante dei sicari. E questo potrà sceglierlo l'utenza stessa; quindi il voto è molto semplice:
• Il mandante è un mercante venuto a conoscenza degli schiavi grazie alle chiacchiere provenienti dalle mense dove sono stati alloggiati.
• Il mandante è un sacerdote venuto a conoscenza degli schiavi grazie all'officiante di T'al.


A voi! 3 e 5 giorni come al solito :sisi:


Edited by Ray~ - 3/2/2016, 16:41
 
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view post Posted on 8/2/2016, 18:58
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
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Sotto un nuovo sole; il Sultanato
- Una decisione per la libertà -


Il lungo viaggio

Un individuo di qualsiasi natura, di qualsiasi razza, a modo di vedere di Ririhiyo aveva tutto il diritto di essere libero nelle proprie scelte, nel proprio modo di fare le cose. Nessuno aveva il diritto di soggiogare la vita di qualcun altro e questa era una cosa in cui lei credeva davvero ciecamente. Lei pensava di essere libera ma a pensarci bene non era poi così vera, lei era schiava di quel mondo che non le permetteva mai di fare quello che voleva, cosi tempi che voleva lei. E poi c’era Lilith che stava sempre lì in guardia, attenta ad ogni sua mossa.

”Tu credi di essere libera Lilith? Io non ne sono sicura, se fossi libera non avrei così tanta paura di ciò che mi sta intorno, non sarei così devastata da ciò che mi è successo. Troverei un modo per andare avanti ma di modi ne trovo poco. Per come la vedo io questa è prigionia…tu cosa ne pensi?”


"Quante paranoie ti fai, cucciola. Ma non vedi? Non mi senti? Io SONO libera, nessuno potrà mai farmi prigioniera, nessuno potrà mai mettermi in catene."


Il demone, dentro la sua anima, nel rispondere sfiorò la coscienza di Ririchiyo con un misto di odio e potenza, quel genere di sentimenti che non aveva mai trovato sani ma che, inevitabilmente, avevano sconvolto anche lei. Stare tanto tempo a stretto contatto con Lilith l’aveva cambiata troppo profondamente, lo sentiva, e lo sconvolgimento morale di aver vissuto una bugia fino all’incontro con l’Ahriman l’aveva resa facile da abbindolare, soprattutto per un demone come quello che aveva dentro.

”Catene. Forse l’odio è una prigionia ben peggiore del ferro.”


Lentamente era quella la conclusione a cui era arrivata. Dopo gli ultimi avvenimenti aveva deciso di vivere solo per sé stessa e basta ma poteva dirsi giusta una cosa del genere? Di sicuro non aveva intenzione di morire per qualcun altro però poteva davvero restare come un’inutile ameba che naviga in quel mondo dove ognuno, alla fine, doveva prendere una posizione?
Quando si svegliò si ritrovò in una tenda buia, alle cui basi si potevano scorgere pigri raggi. Le ci volle qualche minuto prima di rammentare: aveva deciso di partecipare alla liberazione di alcuni schiavi, di portarli al sicuro. Non aveva fatto molte domande ma davanti ad una cosa del genere nemmeno una come lei poteva tirarsi indietro. Si sollevò appena guardandosi intorno e cercando le sue cose, aveva tenuto addosso il suo kimono ma il mantello da viaggio no. Quando lo scorse fra le sue armi, lo prese per metterselo addosso e poter quindi uscire da quella tenda. Il giorno era giunto, ora toccava a lei.
Le catene facevano paura ma si era resa conto che i sentimenti erano una prigionia ben peggiore di qualunque altra, soprattutto quando questi erano logoranti, distruttivi, esattamente come un demone.
Era così cominciata quella sua avventura dove, per la prima volta dopo tanto tempo, aveva deciso di mettere in gioco la sua vita per quella di qualcun altro. Chiunque avesse conosciuto quella nuova Ririchiyo non avrebbe mai potuto dire che fosse da lei ma, forse, la ragazzina rivedeva sé stessa in quegli schiavi, persone che cercavano la libertà dai padroni esattamente come lei la cercava dalla vita e come Lilith dal suo odio verso quel mondo che l’aveva vomitata fuori contro la sua volontà.



Il sultanato

La meta ormai era sempre più vicina, poteva quasi vedere le vette della moschea dorata così vicine da poterle quasi toccare. Forse le sarebbe bastato allungare la mano per sfiorarle ma non lo fece, non eseguì gesti che potevano farla passare per pazza, quelle erano cose che poteva fare solo qualcuno che sognava, lei non poteva permetterselo. Sapeva perfettamente che ancora non era in grado di raggiungerle. Allungò per un attimo lo sguardo sugli schiavi che erano giunti fino a quel luogo dopo una marcia che aveva spossato tutti, che li aveva resi stanchi e deboli. Lei viaggiava sempre con il suo cappuccio tirato sulla testa, non che si vergognasse delle sue origini ma era meglio non mostrare troppo quello che riteneva il suo segreto, quelle corna che le avevano procurato fin troppi problemi sin dalla sua nascita. C’erano quasi, il loro viaggio si sarebbe presto detto concluso.
Una sera, mentre erano fermi e accampati, il nano che era al capo della spedizione attirò la loro attenzione dicendo che avrebbero dovuto tutti mantenere un segreto. Ririchiyo se ne stava in disparte in attesa della sua razione e fissò per un attimo quella piccola creatura. Aveva sempre avuto grande stima per quella razza perché sapevano farsi valere, sapevano trovare il proprio posto senza paura e senza lasciarsi surclassare dalla loro statura.

"Nascondere il proprio nome potrebbe essere una mossa furba. Ti immagini se qualcuno lo dicesse?"


Esordì Lilith cantilenando, quasi divertita, quasi immaginandosi realmente la situazione e condividendola con la mente della ragazzina.

”Ma tanto non lo farà nessuno, nemmeno tu. Se mai dovessi aver bisogno di te cerca di stare ai patti, non intendo essere additata come una traditrice.”


Se prima il tono era quasi di scherno, adesso il demone si era fatto serio. Ririchiyo aveva imparato fin troppo bene a capire le sfumature dei sentimenti della sua ospite. Ormai era un libro aperto per lei.

"Lo so…tu non tradiresti nemmeno i segreti dei tuoi nemici. È un vero peccato che tu non dia lo stesso valore alla vita che dai ai segreti. Per proteggere quel nano o quegli schiavi non sacrificheresti mai la tua vita."


Era vero. Ma nemmeno quel nome se sotto minaccia, niente valeva più di lei perché una volta morti tutto perde senso. E per lei era ancora presto.



Le porte di Qashra

Il suo gruppo sarebbe stato l’ultimo a varcare la soglia di quella città, o almeno a provarci. Andò avanti a passo svelto, con il mantello viola che svolazzava dietro di lei e il cappuccio che celava il suo di segreto, esattamente come quel nome che non avrebbe mai dovuto dire. Quando finalmente giunsero davanti alle guardie questi li fermarono guardando per un lungo istante, sia lei che i cinquanta uomini che aveva al suo seguito.

«Chi siete? Cosa vi porta a Qashra?»


Ririchiyo non si fece spaventare né intimorire, quelli erano solo uomini e lei ne aveva viste di peggio. Alzò il suo sguardo ametista sulle guardie che adesso stavano davanti a loro e la fissavano con profonda ingenuità e curiosità al contempo. Davvero pensavano di tenerla fuori in quel modo?
Senza dire nulla accinse al potere di Lilith che glielo lasciò prendere con un semplice sospiro, senza dire nulla. I suoi occhi si illuminarono appena e ci volle poco per far cadere quegli uomini sotto la sua malia, sotto il suo carisma.

«Noi siamo ombre e come tali passeremo da queste porte senza far rumore. Le ombre abitano i vostri incubi e vedrete ciò dimenticando i nostri visi…»


Non disse altro, gli uomini erano già caduti sotto il suo incantesimo e presero a fissarla con aria stupida, con l bava alla bocca come se stessero già dormendo ma sapeva bene che non sarebbe durato troppo, nonostante quelli fossero solo umani lei era ancora troppo debole. Prese un po’ più potere da Lilith e un’aura oscura al avvolse quasi completamente. Sentiva il suo corpo come rigenerato, i suoi muscoli più scattanti e come un fulmine parti proprio alla volta delle guardie colpendole tutte con un colpo di piatto con la mano proprio dietro al collo per farle svenire ai suoi piedi. Come mosche caddero sognando quelle ombre di cui lei aveva parlato.
Ecco, aveva fatto il suo dovere. Alzò poi lo sguardo sugli schiavi che la fissavano un po’ intimoriti, un po’ perplessi. Che ognuno pensasse ciò che voleva, lei aveva fatto ciò che andava fatto.

«Muoviamoci. Venite.»


Ordini. Da bravi schiavi eseguirono cercando di passare oltre i corpi delle guardie che stavano a terra privi di conoscenza.
I loro sogni sarebbero stati sconvolti da ombre scure, da morte e da due fari ametista che parlavano di morte. Non si sarebbero ricordati di loro e tutto questo perché Ririchiyo era stata veloce, aveva approfittato prima di vedere il suo incantesimo crollare a terra.


CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico: Indenne
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 120/125 %


    Mente 120/125%


    Corpo 50/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare (5/6)
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

»Tecniche di attacco:
    Affascinare:
      » Gli ammaliatori hanno sviluppato naturalmente un'influenza tale sugli altri da essere in grado di condizionarne la volontà semplicemente con la loro presenza. Essi potranno emanare un'aura attorno a loro influenzando qualunque persona sia presente nei dintorni, inducendoli a non contraddire l'ammaliatore o a seguirlo, o ancora a temerlo. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, dunque, l'Ammaliatore sarà in grado di emanare un'aura di ammaliamento che conta come un'influenza psionica passiva con effetto da personalizzare liberamente, purché non si discosti troppo dai principi enunciati.«

    [妖怪 のような目] “Youkai no yōna me”
      »Gli occhi di Ririchiyo si illuminano di viola, chiaro segno che il suo contatto con Lilith è più forte del solito e che quindi può attingere dal suo potere. Grazie a questo stretto contatto riesce ad avere un power up di natura fisica che le farà guadagnare 2CS a forza per una durata di due turni e si tratta di una tecnica di power up.«
      consumo: basso energia, basso mente
    Riserva di CS: 2
»Specchietto riassuntivo:
    Utilizza la sua passiva per cercare di far cadere le guardie sotto la sua malia in maniera tale che si dimentichino del loro passaggio lasciando solo sogni confusi, poi utilizza la tecnica per farli cadere e svenire. Solo ombre nei loro sogni che avrebbero quindi sostituito i volti degli schiavi e quello di Ririchiyo.


Sotto un nuovo sole; il Sultanato
- L’attacco -

Non aveva voglia di visitare la città, non aveva voglia di uscire anche se sapeva che oltre la porta che aveva eretto davanti a lei, le si sarebbero potute aprire mille meraviglie. Forse aveva paura. Stava cercando di capire, di cambiare di nuovo direzione ma tutto ciò la spaventava quasi più di vivere.
Un giorno che era con gli schiavi sotto la sua protezione, stava guardando verso l’uscita, verso quel mondo che attendeva solo lei ma per il quale non si sentiva pronta. Aveva fatto un passo avanti però, con quegli uomini si era abbassata il cappuccio senza troppi problemi, aveva aspettato e una volta pronta l’aveva fatto.

«Lei è mai stata una schiava?»


Le chiese un giorno uno degli uomini. Lei aveva lo sguardo ostinatamente fissato verso l’uscita ma quando questo parlò si voltò verso di lui con aria assente.
Cosa poteva risponderle? Cosa poteva dire a qualcuno che stava cercando di distruggere le proprie catene che le sue erano ancora potenti?

«Si.»


«E come avete fatto a liberarvi?»


A quella domanda la ragazzina tornò a guardare verso l’uscita con la sua aria inespressiva.

«Non l’ho ancora fatto!»



1564ilj



Non aveva fatto assolutamente nulla, se ne rendeva conto ma in fondo era lì per un lavoro ben preciso, qualsiasi altra cosa sarebbe stata solo una distrazione inutile, l’unica cosa che sperava e che quella gente potesse trovare un po’ di serenità, una nuova casa dove nessuno avrebbe messo loro delle catene ai polsi.

"Mi sbaglio o la stai prendendo un po’ troppo sul personale? Perché ci tieni così tanto? Riirchiyo, non ti riconosco più."


Non rispose al demone ma, in fondo, nemmeno lei si riconosceva più e forse era giusto così. Era giovane e in continua evoluzione, non poteva rimanere ferma a vecchi odi e rancori, doveva trovare un modo per guardare altrove, per trovare il suo posto e, forse, quello poteva essere il primo passo.
Dovevano aspettare, dovevano solo attendere la fine di tutto quello che ma questa fine sembrava non arrivare mai. La cosa davvero tragica, il campanello dall’allarme che faceva capire quanto fosse pericolosa quella loro impresa, suonò un giorno, mentre insieme al nano e altri due mercenari, stava attraversando Qashra e Jahrir venne attaccato. Un lampo, veloce, ma non per lei. Scatto in avanti proprio alle prime parole pronunciate dal nano lasciando che il cappuccio le scivolasse dalla testa lasciando scoperto quel segreto che avrebbe voluto celare ancora per un po’, i suoi occhi ametista si illuminarono e le sue labbra si mossero veloci lasciando scivolare fuori una nenia incomprensibili. Davanti al nano, in sua protezione, comparve uno specchio oscuro, con una cornice elegantemente intarsiata di energia oscura, demoniaca. Il potere di Lilith stava affluendo verso di lei per proteggere quella piccola creatura che stava facendo qualcosa di grande, qualcosa che Ririchiyo non poteva fare altro che appoggiare.
I suoi occhi si spostarono poi velocemente verso la fonte di quell’attacco: dei ragazzini apparentemente senza alcun spessore. Era sorpresa, si sarebbe aspettata qualcuno dall’aria terribile, lo stereotipo del cattivo, come quelli che aveva incontrato fino a quel momento sul suo cammino e invece no, anzi, sembravano normali, senza abilità speciali ma sapeva bene che dei propri occhi non ci si poteva mai fidare. Ebbe un attimo di esitazione, sufficiente a farla colpire da un pugnale che le lacerò appena il braccio sinistro disegnando un grossi segno rosso. Lei lo fissò per un attimo, quasi incapace di capire come poteva essere successo e, alla fine, tornò a fissare quei giovani con aria severe.

"Uccidiamoli."


”Non ci pensare nemmeno, li catturiamo!”


Almeno uno dovevano prenderlo, era sicura che potessero servire le loro informazioni. Non disse altro, si limitò ad alzare la mano destra davanti a lei, in direzione del ragazzino che l’aveva colpita e attinse velocemente al potere del demone per poi scagliare un’ombra dalla mano che andò dritta verso gli occhi del ragazzino, accecandolo e lasciandolo disorientato. Lo vide cadere a terra e si lanciò verso di lui a tutta velocità provando a bloccarlo a terra e guardando gli altri.

«Ce lo portiamo via?»


Chiese senza porgere la minima attenzione al caos che si era scatenato intorno a lei. Le cose non stavano andando bene, se ne rendeva conto, avevano proprio bisogno di un asso nella manica e forse quei ragazzini potevano esserlo.


CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico:
    •Danno basso al braccio sinistro.
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 105/125 %


    Mente 110/125%


    Corpo 45/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare (5/6)
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

»Riserva CS: 2 (Ultimo turno per [妖怪 のような目] “Youkai no yōna me”)

»Tecniche di attacco:
    [妖怪のミラー] “youkai no mirā”
      »Ririchiyo e Lilith sono in grado di creare davanti a loro un vero e proprio specchio dalla cornice nera e dalla superficie che è in grado di riflettere il caster avversario. Il colpo arriverà sullo specchio rimbalzando letteralmente e tornando indietro al mittente ed è un tecnica di natura magica.
      I colpi potenza alta vengono deviati, quelli medi e bassi invece vengono rimandati indietro come semplici attacchi fisici.«
      consumo: medio mente, medio energia


    [ブラインド] “Buraindo”
      »Sia in forma umana che in forma demoniaca, Ririchiyo e Lilith sono in grado di richiamare a sé il potere demoniaco per poter accecare l’avversario e lasciandolo confuso per qualche istante. Utilizzata in fase di difesa può causare autonclusività e l’effetto dura un solo turno ed è una tecnica a natura psionica. Se portata a segno causa un basso all'energia«
      consumo: basso energia

    2CS per atterrare e catturare il ragazzino
»Specchietto riassuntivo:
    Utilizza la prima tecnica per difendere il nano da uno degli attacchi e poi il secondo per accecare e disorientare il ragazzino che l’ha attaccata per poi saltargli addosso e catturarlo utilizzando le due CS in maniera tale da portarlo via per fargli delle domande.

code by Misato Kojima ♥ don't copy


-GdrOff-

CITAZIONE
So che sei assente Ray e quindi non sono stata a chiederti ulteriormente rischiando io stessa di ritardare ancora .-. spero intendessi questo con “inglobare il mio post precedente” .-. in caso contrario trucidami e modifico!

-GdrOn-
 
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¬K a h ø r i
view post Posted on 8/2/2016, 23:49




L'odio.


Il suo piano funzionò: come aveva previsto, le guardie restarono ammaliate da quella semidea apparsa dal nulla e dalle sue movenze seducenti. Non ne rimase troppo sorpresa, perché aveva ormai imparato che gli uomini cedevano facilmente alle tentazioni, specialmente quando si trattava della lussuria.
Gli schiavi fecero esattamente cosa gli era stato ordinato, riuscendo ad entrare tutti incolumi nella città, raggiungendo infine il resto del gruppo e il loro condottiero. Aveva portato a termine il suo compito e non vedeva la necessità di approfondire quel legame che, forse, si stava creando con loro, per cui se ne tornò silenziosa tra la massa, ricominciando a fare quello che più le interessava: osservare ed imparare.
Quando tutti ebbero oltrepassato le mura, il viaggio riprese per le vie di Qashra, alla ricerca di qualcuno che potesse – e volesse – ospitare quell'enorme numero di persone.
Jahrir decise di rivolgersi alla chiesa, o meglio, ad un sacerdote di T'al della tanto famigerata Moschea d'Oro della città e nessuno discusse quella sua idea, tanto meno lei, a cui la cosa non interessava minimamente. Non perché li volesse morti, ma a parer suo non importava che fosse un uomo di fede o qualcun altro ad accoglierli, sarebbe bastato trovar loro un posto dove stare al sicuro.
Il nano si diresse quindi verso la sua prima meta e non ebbe problemi a farsi accompagnare dalle sue guardie, a patto che non fossero entrate con lui nel momento in cui avrebbe dovuto accordarsi con l'officiante.
Quando arrivarono, la folla ammassata nella piazza antistante la moschea era tanta, forse troppa anche per uno spiazzo di quelle dimensioni e dovettero scivolare tra la gente e spintonare qualcuno in qua e in là per riuscire a raggiungere la scalinata dall'altra parte. A quel punto, come prestabilito, il Kahraman entrò da solo nell'edificio, mentre gli altri lo avrebbero atteso lì fuori.
La Tentazione si mise da una parte, in un angolo, cercando di imprimere nella sua memoria quanto più gli era possibile: la piazza era davvero grande, di forma circolare, e molte vie confluivano fin lì. Al centro c'era una statua in bronzo raffigurante Jahrir, almeno da com'era scritto nel piedistallo, ma lei non riusciva a cogliere tutta quella somiglianza. Poi la scalinata, su cui gli altri stavano aspettando il ritorno del loro capo, in marmo bianco e infine la moschea, che si stagliava imponente dietro di lei. Era enorme, alta diverse decine di metri, con le mura di un bianco candido ed un gigantesco portone di legno all'ingresso, alto circa dieci metri, placcato in oro e minuziosamente lavorato, con disegni arabeggianti sparsi un po' ovunque. Il corpo centrale aveva forma circolare, diviso in tre ordini di monofore che si facevano più grandi scendendo verso il basso, ognuno con al lato due torrette cilindriche senza finestre. A destra e a sinistra, due minareti ancora più alti spiccavano sul resto della struttura, anch'essi a forma di cilindro, ma più slanciati ed eleganti, con delle terrazze lavorate e piene di archetti in basso. Il tutto circondato da un muraglione più basso con archi a sesto acuto e coperto da cupole di un blu ceruleo, con i dettagli ed i pinnacoli dorati, così come tutti gli infissi.
Guardarla da lì, con il naso rivolto all'insù, le provocò una strana sensazione in una parte imprecisata del corpo, a cui non seppe dare un nome. Forse quella era la bellezza di cui tutti parlavano. Fu un qualcosa che non le piacque affatto, perciò distolse lo sguardo e tornò a fissare il popolo ammucchiato di fronte a lei, rilassandosi con quel brusio di voci in sottofondo, come fosse una ninna nanna.
Dopo un tempo imprecisato, il nano sbucò fuori dal portone, ancora più basso di quello che ricordava se messo a confronto con tutto quello che li circondava, e si sedette sul primo gradone, iniziando a fumare la sua pipa. L'ombra gli si avvicinò fluttuando come al solito e lo osservò in volto: era visibilmente irritato. Sapeva che gli esseri viventi usavano parlare in certe situazioni, per sfogare la loro rabbia, quindi decise di sedersi anche lei, per quanto le era possibile, e tentare.
- Che ha detto il sacerdote? -
- Non ci aiuterà, quel figlio di una lucertola zoppa. Ha paura di attirare l'attenzione. -
Si interruppe così, senza proseguire. Forse non era quello il miglior discorso per incominciare una conversazione. Fece un altro tentativo.
- Perché ti interessano gli schiavi? -
- Non lo sai? Ah... Forse è meglio così. I nani un tempo erano tutti gitani o schiavi. Qualche anno fa si è combattuta una grande battaglia per conquistarci l'indipendenza, e grazie a ciò siamo stati in grado di creare tutto questo. – Mosse la pipa intorno a sé per indicare Qashra nel suo complesso, soffermandosi sulla moschea. Poi piegò il bocchino verso la statua nella piazza. - La vedi quella statua? Sono io. Anche se qui glorificano la storia più di quanto non sia stata, ho sempre odiato la schiavitù: un uomo dovrebbe poter decidere da sé sul proprio destino: se T'al ci avesse creato perché fossimo al servizio di altri uomini, non ci avrebbe dato il libero arbitrio.
Lei ascoltò il suo discorso in silenzio, annuendo, e si ricordò di una battaglia a cui l'uomo aveva accennato prima di entrare in città.
- Una battaglia, mh? La Gloriosa Rivoluzione di cui parlavi fuori dalle mura? -
Non le rispose, ma alcuni dicevano che chi tace acconsente e lo prese per un sì. Si voltò verso la statua.
- Tu sembri più basso. -
Il nano tirò un'altra boccata dalla sua pipa, senza voltarsi a guardarla.
- E più brutto.
La nera creatura rimase in silenzio per qualche istante, poi si decise a chiedere quella cosa che tanto la interessava, perché altrimenti non avrebbe potuto comprendere i discorsi del suo interlocutore.
- Cos'è l'odio? -
Non appena sentì quelle parole Jahrir si alzò rapidamente, come se la sua rabbia fosse improvvisamente aumentata, e si pulì le mani sulle vesti.
- Ma che domanda è? Ti sembro un dannato psionico?
- Mmmh... No, immagino di no... -
- L'odio è... Quando qualcuno o qualcosa ti da fastidio, ti fa infuriare, e faresti qualsiasi cosa per impedirla, no? Bah! Non sono qui per spiegare queste cose. E se non vuoi sperimentare l'odio altrui, dovresti imparare a formulare domande più intelligenti.
Aveva alzato il tono di voce e, anche se non capiva il perché, l'ombra capì che ormai quella discussione era terminata e si alzò a sua volta. Neanche un uomo famoso e con tanta esperienza come lui era riuscito a capirla. Non avrebbe insistito, no. Dopo tutto aveva ottenuto la risposta che cercava.
- Grazie lo stesso. Me ne ricorderò. -
E si allontanò lentamente, dirigendosi verso l'entrata della moschea.


La Moschea d'Oro.


Non appena varcò la soglia un fortissimo odore di incenso e di fumo la invase, disorientandola per un momento. Non era mai stata in una moschea prima d'ora, né in qualsiasi altro luogo di culto, ma quella doveva essere la sala principale: era ampia e rettangolare, divisa in tre navate, separate da file di colonne alte e circolari in marmo bianco, con i capitelli decorati con delle foglie dorate. Il pavimento era ricoperto da grossi tappeti colorati, sicuramente molto costosi, con decorazioni e disegni arzigogolati e particolari, rappresentanti fiori, animali e figure geometriche di vario tipo. L'oro dei candelabri e dei lampadari, che scendevano dal soffitto, luccicava e rispecchiava la luce del sole, che entrava dalle vetrate delle finestre in alto, anche se l'atmosfera restava abbastanza cupa. Diversi sacerdoti, tutti incappucciati e silenziosi, si muovevano in qua e in là, adoperandosi per mantenere accesi i vari bracieri sparsi in tutto il salone.
Un arco trionfale, alto più o meno quanto il portone, separava quella stanza da un'altra più piccola, in cui si ergeva un gigantesco braciere d'oro, unico simbolo di T'al e del suo culto. Non vi erano infatti altre rappresentazioni fisiche del dio, perché gli uomini consideravano offensivo ritrarre le sembianze di un essere superiore, di una divinità.
L'ombra non avrebbe certo potuto sapere tutte quelle cose sulla religione, se uno degli ex-schiavi non gliele avesse raccontate durante il cammino: T'al, anche detto il Creatore, era considerato uno dei Daimon più potenti ed importanti fra tutti, come se gli altri si fossero originati da lui; era il padrone della creazione e della distruzione, della vita e della morte e gli venivano attribuiti tanti aggettivi che lei ancora non riusciva a comprendere.
Gli esseri viventi sembravano però dipendere molto da quella cosa che chiamavano fede, per tutte le divinità in generale, ed era proprio per questo che aveva deciso di addentrarsi in quel luogo sconosciuto. Trovava interessante l'idea che potessero basare le loro brevi vite su qualcosa di sconosciuto e forse inesistente, e che si aggrappassero a quelle entità nel bene e nel male, come dicevano loro.
Aspettare l'intervento di qualcuno o qualcosa, senza essere certo della sua esistenza... È forse la cosa più divertente di cui sono venuta a conoscenza fino a qui...
Dopo aver curiosato un po' in giro, osservando tutti quegli oggetti minuziosamente lavorati, si accertò di avere l'aspetto di un uomo incappucciato ed avvolto in un mantello per non spaventare nessuno e si avvicinò ad un officiante.
- Buongiorno. E così questa è la famosa moschea di Qashra. È molto grande. – Si guardò attorno, soffermandosi sulle fantasie delle vetrate ed i loro colori. - Qui si venera T'al, dico bene? -
Il sacerdote si voltò verso di lei, chinando il capo in segno di saluto, le dita delle mani incastrate fra loro e nascoste dalle lunghe maniche del suo abito.
- Esattamente; sei il benvenuto. Le nostre preghiere si alzano in favore del Creatore, sopra a ogni altro Daimon. -
Ricambiò il saluto, chinando anche lei il capo.
- Mmmh... E il Creatore vi ascolta? – Le parole del nano riaffiorarono improvvisamente, rimbombandole nella testa. “Se non vuoi sperimentare l'odio altrui, dovresti imparare a formulare domande più intelligenti.” - Perdoni la domanda. Sono solo affascinato dalla fede ed i suoi misteri. – Si apprestò quindi ad aggiungere.
L'uomo la fissò, accennando ad un sorriso, ed allargò le braccia per indicare la maestosità dell'edificio, come se le stesse mostrando la grandezza di T'al stesso, iniziando a camminare.
- T'al ascolta le nostre preghiere e ci dona prosperità, perizia, senso artistico e amore per la vita. Senza i suoi doni niente di ciò che vedi a Qashra sarebbe stato possibile: gli esseri umani non sarebbero che gusci vuoti; macchine prive di un'anima spirituale e guidati solamente dalle loro funzioni biologiche. Le parole di T'al ci insegnano a vedere e apprezzare i colori del mondo, pur senza trascurare i nostri compiti e la nostra fisicità. -
La Tentazione ascoltò con attenzione ed iniziò a seguirlo, mantenendosi sempre a debita distanza.
Amore per la vita...?
Non sapeva cosa fosse, ma dal tono dell'anziano officiante sembrava qualcosa di positivo per loro, una sicurezza. Eppure là fuori quasi mille persone erano state appena rifiutate da quelli come lui. Forse T'al aveva altro da fare, piuttosto che ascoltare le loro richieste.
- Le sue parole sono davvero molto... Belle. Sa, io vorrei imparare ad amare la vita come mi ha appena descritto. – Si fermò e si voltò verso di lui. - Potrebbe suggerirmi qualcosa? Forse T'al saprebbe guidarmi in questo cammino.
Era ovvio che non sapesse se quelle parole fossero belle o meno, ma era abbastanza intelligente da capire che quella recita stava funzionando, per cui avrebbe dovuto continuare su quella linea.
- Naturalmente. T'al non pretende lunghe preghiere o una partecipazione attiva alle funzioni, sebbene il calore dei fedeli sia sempre apprezzato; per entrare nelle sue grazie è sufficiente combattere l'indolenza mentale e fisica dalla quale siamo tentati ogni giorno. Chiunque lavori e si operi di continuo per aiutare gli altri non potrà fare a meno che divenire sempre più sensibile alla realtà che lo circonda, percependone le virtù artistiche e le preziosità grandiose e complesse della natura. Come uno scalpellino che impara a conoscere e apprezzare le pietre su cui batte ogni giorno, così l'essere umano può conoscere la grazia solamente attraverso il lavoro e l'impegno. Il servizio, a favore degli altri o di sé stessi, è un dono di T'al, e in quanto tale non va sprecato.
Ti basti pensare questo: la vita di ciascun essere è limitata per natura, ma durante il suo corso egli può realizzare opere illimitate. T'al ci spinge a impiegare il nostro potenziale di essere viventi, sempre, piuttosto che lasciarci morire senza mai conoscerlo. O peggio ancora, lasciarci vivere in uno stato indolente di non-morte abominevole, come ricercano alcuni negromanti.
-
Capì a quel punto che quel povero uomo sapeva forse meno cose di quante ne sapesse lei. In primis, lei non si sentiva parte di quella cerchia di esseri dalla vita limitata per natura e, di conseguenza, non vedeva il bisogno di affannarsi a fare tante cose in così poco tempo. Ma questo lui non poteva saperlo. In ogni caso lei e gli altri mercenari stavano svolgendo il loro lavoro di scalpellino in quel momento, ma quel dio non sembrava volerli aiutare in nessun modo; al contrario, li aveva cacciati fuori dal suo tempio. Sorrise e continuò comunque la sua recita.
- Aiutare gli altri, mh? Allora credo che T'al mi abbia già mostrato la via... Grazie per essere stato così esauriente. – Fece per andarsene, ma quando fu sull'uscio della moschea si fermò. - Vorrei chiederle un'ultima cosa: nella mia vita ho incontrato molte persone che provavano... Mmmh... Odio. Sì, odio. Ma, allo stesso tempo, che si prodigavano per aiutare gli altri. C'è secondo lei una spiegazione a tutto questo?
L'officiante ricongiunse le mani e si lasciò sfuggire un risolino, osservandola con sguardo comprensivo, come se avesse già sentito e risposto a quella domanda già centinaia di volte.
- L'odio è un'emozione naturale: per quanto possiamo illudercene, è impossibile evitare che ci avviluppi fra le sue spire, di quando in quando. Ciò che possiamo evitare, però, è che ci conduca sul percorso del nichilismo, del pessimismo e della nullafacenza. La via che ci insegna T'al è quella di incanalare l'energia che proviene dalla rabbia e dall'odio nel lavoro; in qualcosa che possa essere utile a noi stessi o agli altri, evitando di abbandonarcisi. -
L'ombra annuì e chinò il capo, uscendo ed infilandosi tra le vie di Qashra. Probabilmente non avrebbe più messo piede in un posto come quello, poiché non temeva l'odio e nemmeno T'al e tanto meno credeva di aver bisogno del suo aiuto; nonostante questo c'era una cosa importante che aveva capito.
Gli esseri umani considerano l'odio come la peggiore delle emozioni... Eppure, dall'odio di un uomo ha preso vita questa missione, per salvare la vita di molti altri... Forse gli uomini non hanno capito... Forse non è come dicono loro...


Il bazar di Qashra.


Nella settimana a seguire il Kahraman si diede molto da fare per trovare un rifugio a quella gente, rivolgendosi a tutti i sacerdoti di sua conoscenza. Nel frattempo, lei e gli altri ebbero la possibilità di visitare liberamente la città, come semplici viaggiatori, cosa di cui approfittò per imparare e conoscere nuove cose.
Le vie si sviluppavano in tutte le direzioni, seguendo le forme del terreno, creando una complicata rete di comunicazione attraverso i quartieri della città e brulicavano di gente di tutti i tipi a tutte le ore del giorno.
I colori delle costruzioni e la loro architettura la incuriosivano in un qualche modo, con quei giardini pensili che spuntavano ogni tanto dalle mura, dando al tutto un tocco di vita in più.
Gli abitanti, le case, i profumi ed i suoni. Tutto era vario ed omogeneo allo stesso tempo in quella città.
La cosa che la stupì di più però, fu che non tutti la guardavano con sospetto: forse erano abituati a viaggiatori di tutti i tipi, forse le ombre erano creature più comuni di quanto credesse, fatto sta che riuscì a passare quasi inosservata anche immergendosi tra la folla, comportandosi come una di loro.
Quello che però attirò di più la sua attenzione furono i bazar, giganteschi mercati in cui si poteva trovare di tutto e di più, sparsi in giro un po' dovunque. Erano come delle città in miniatura, nascoste sotto grandi teli colorati e rettangolari, appesi e sostenuti da diversi fili che si intrecciavano in modo da far penetrare la luce del giorno ed illuminare i vari banchi con le merci esposte. Là sotto ogni mercante aveva una sua postazione, circondato da ceste e bancali contenenti la mercanzia, creando un percorso preciso da seguire dopo esservi entrati. Ognuno di loro vendeva un qualcosa di particolare, di unico, e cercava di richiamare l'attenzione dei passanti con grida, gesti, esposizioni di qualsiasi genere e così via. C'erano frutti, spezie, verdure, ortaggi, cereali, legumi, formaggi, carni di diverso tipo, negozi di tè e caffè e persino qualche banco che vendeva vesti di seta preziosa o oggetti di artigianato, come bigiotteria e ceramiche.
Fu proprio mentre l'ombra e gli altri mercenari, assieme a Jahrir, giravano per uno dei bazar più affollati di Qashra che accadde qualcosa di inaspettato, almeno per lei. In un attimo, vide il nano tuffarsi di lato improvvisamente e rotolare per terra, poi una voce non troppo lontana che urlava – Il nano! Uccidete il nano! - e subito dopo la mandria di gente che correva via in preda al panico, lasciando deserto quel luogo pieno di vita fino ad un secondo prima. Quando la polvere si abbassò, finalmente poté scorgere sette uomini, o meglio, sette giovincelli di fronte a loro, con le armi in mano e gli sguardi minacciosi.
Dicevano di essere stati mandati da un certo Nu'man e il Kahraman era il loro bersaglio.
Poveri sciocchi...
Non ce l'aveva con loro, no. Come tanti altri si erano venduti, forse per soldi o chissà cos'altro, e stavano solamente svolgendo il loro lavoro. Purtroppo per loro però, anche la Tentazione aveva una missione da portare a termine e, per la prima volta dalla sua comparsa sul mondo di Theras, stava iniziando a capire qualcosa di quelle che chiamavano emozioni. Non avrebbe permesso a sette assassini da strapazzo di rovinare quell'esperienza.
Non appena vide un'altra delle guardie fiondarsi su uno dei nemici, iniziò a concentrarsi, richiamando a sé tutte le sue energie: chiuse gli occhi ed unì i palmi delle mani, come i sacerdoti della moschea durante le loro preghiere, poi iniziò a recitare una lenta litania.
- Andelu ih ven... Andelu ih ven... Andelu ih ven... -
Il suo corpo iniziò a tramutarsi: la luce gialla che fuoriusciva dalla sua bocca si fece sempre più vivida ed intensa e dalla parte inferiore del suo corpo, prima più compatta, comparvero lunghi fasci di tenebra nera, che iniziarono a strisciare a terra come dei serpenti. Si stava rendendo vulnerabile, lo sapeva bene, ma quella procedura era inevitabile al suo scopo.
Era quasi al culmine della concentrazione, quando sentì dei passi veloci dirigersi verso di lei. Aprì gli occhi e vide uno di quei giovani correrle incontro come una furia, la spada alta e pronta per un fendente. Lo attese, immobile, e quando questi caricò il colpo, lei sgusciò via di lato, riuscendo ad evitare il colpo quasi del tutto: un strascico nero si staccò, svolazzando leggero fino a toccare terra, come un fazzoletto lasciato cadere dal tetto di una casa. Per l'impeto del colpo il ragazzo cadde e fu quello il momento in cui l'ombra decise di contrattaccare: allargò le braccia e le mani con i palmi aperti, emanando il suo potere nello spazio circostante, stando ben attenta a non intaccare i suoi alleati.
Il bazar si oscurò improvvisamente, riempendosi di una nebbia fitta e densa, quasi da poter essere tagliata con la lama di un pugnale. Subito dopo iniziarono ad udirsi delle urla strazianti, come degli ululati, le urla di uomini che venivano straziati e torturati ferocemente, senza alcuna pietà. Infine un odore molto intenso ed inequivocabile iniziò ad espandersi: sapeva di muffa, di cibo avariato, di fogna, di cadavere putrefatto. Odore di morte.
Allora poteva sentirli, quei poveri ragazzini: non riuscivano più a vedersi, non capivano dove si trovassero, se ne stavano fermi e tremanti con le mani premute sulla faccia, a dondolare avanti e indietro senza alcuna via di scampo. I loro occhi erano sbarrati e i loro suoni che uscivano dalle loro bocche erano gemiti di paura e terrore. Sì, quello era il potere degli incubi.
Solo quando fu certa di averli sistemati tutti quanti riavvolse le sue tenebre e si diresse verso Jahrir e gli altri mercenari.
- Mmmh... Siete ancora tutti interi. – Si guardò attorno esaminando gli assassini, ormai neutralizzati. - Certo non si può dire lo stesso di loro... Mmmh... -
Rimase lì in piedi, cercando di recuperare le forze e assumere nuovamente le sembianze di un uomo quasi normale, attendendo nuovi ordini.

la Tentazione.

Corpo: 80%
Mente: 75%
Energia: 80%
Riserva CS: 4 velocità

Passive utilizzate: //
Attive utilizzate:
CITAZIONE
»Mondo d'incubo. Tecnica di natura psionica che modifica l'aspetto del campo di battaglia per due turni consecutivi e lo trasforma in un luogo lugubre, ricoperto di nebbia e in cui riecheggiano urla strazianti, ingannando tutti e cinque i sensi di tutte le persone lì presenti. Essendo un mondo congeniale all'ombra, al momento del lancio essa aggiunge 4CS alla sua riserva di velocità, mentre i suoi avversari dovranno difendersi o perderanno tutti 2CS. Il lanciatore si causerà un auto danno del 10% al corpo, 15% alla mente e 15% all'energia per il mantenimento della tecnica. [Pergamena Mentalista Mondo di Sogno]

Note: la parte opzionale è compresa nel secondo paragrafo e in parte del terzo, quindi si tratta dell'esplorazione della moschea e dei bazar della città in generale.
Per quanto riguarda il combattimento la Tentazione non difende, ma contrattacca soltanto con la psionica Mondo d'incubo e intrappola tutti i nemici nella sua illusione. I 4CS di velocità vengono utilizzati per schivare l'attacco, che comunque non può essere evitato del tutto, perché per preparare la tecnica l'ombra si concentra e resta immobile, quindi la spada dell'avversario le provoca un Basso al Corpo.
 
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miky1992
view post Posted on 9/2/2016, 14:21




Camminare per le strade di Qashra riportò alla mente di Stig i mesi trascorsi a Ladeca. La cosa peggiore delle città dicono sia l'odore, tante persone si sentono, in tutti i sensi. Per fortuna la maschera oltre a nascondere il volto era ottima per filtrare almeno in parte l'odore. Per il resto l'unica differenza con Ladeca erano i nani. Qashra pur con tutta la sua opulenza, i palazzi dorati, le grandiosi moschee, non riusciva a nascondere il proprio cuore marcio. I mendicanti affollavano i lati delle strade principali e si accalcavano in quelle secondarie. Potevi vedere nobili vestiti con tuniche d'oro passeggiare accanto a qualche bambino vestito di stracci intento a chiedere l'elemosina. Stig si sentiva parte di entrambi i mondi: aveva sperimentato sia la vita agiata che la disperazione e grazie a questa aveva compreso ciò che aveva sbagliato in passato.
Quando il sacerdote di T'al li respinse la cosa non sorprese Stig più di tanto. I sacerdoti sono bravi a pretendere la carità dagli altri, ma quando si tratta di mettersi in prima linea ecco che hanno sempre qualche bella parola per tirarsi fuori dai guai.
Stig provò pena per Jahrir. Ma in fondo il popolo dei nani non è diverso dalle altre razze, a nessuno piace occuparsi dei problemi altrui specie in quelli in cui non c'è nulla da guadagnare.
Però quel contrattempo portava con se anche un altro problema: uno degli altri mercenari infatti era un volto noto per il drago. L'aveva incontrata tempo prima, nella città di Lamia, poco prima che i caduti la conquistassero. Grazie al potere della scaglia di drago Stig aveva rivissuto ogni istante di quella avventura, compreso il momento del processo. Non sapeva quale fosse il suo ruolo negli eventi che hanno portato alla caduta della città, forse era una agente dell'ahriman, forse era solo una povera sfortunata capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il problema era che non poteva fidarsi di lei.
Decise di affrontarla, di dirle chiaramente cosa pensava e come si sarebbe comportato nei suoi riguardi. Lo fece appena uscito dal tempio di T'al. Le si avvicinò e disse: - Non so bene cosa fai qui, ma ti terrò d'occhio.
Ririchiyo alzò lo sguardo su di lui, quasi come se stesse cercando di sondare la sua anima. Stig si chiese se anche lei si ricordava di lui. Ririchiyo senza cambiare espressione si limitò a fare spallucce e a dire: - Fai come ti pare, non sei un problema per quanto mi riguarda.
Stig rimase a fissarla per un istante, poi disse: - Spero non lo sarai nemmeno tu. Disse e si allontanò.

INCIDENTI DI PERCORSO



Stig si trovava in una delle tante moschee della città, ad ascoltare la predica di un sacerdote di quattro soldi, su di una religione in cui non credeva. Tutto questo perché da giorni circolava la voce di un grande spettacolo di tecnologia e religione in allestimento nella suddetta moschea. Ma dopo quarantacinque minuti (per la maggior parte passati in ginocchio) a pregare, Stig ne aveva abbastanza e voleva andarsene.
- E ora, i canti.Disse il sacerdote.
- Finalmente. Mormorò Stig.
Il prete meccanico fece capolino da dietro la tenda viola. Aveva un viso realistico, con rughe e una liscia barba bianca, a parte gli occhi di vetro spalancati come fosse posseduto. - A...veeee. Cantò l'automa, con voce stridula e metallica.
Stig guardò a destra: due file di coristi a orologeria fecero capolino da dietro una porta di legno. Si muovevano a scatti, e le teste compivano rotazioni a 360 gradi mentre cantavano: - lo..de.. a T'..aaaal.
I coristi investirono le prime file e la tunica di uno dei fedeli rimase attorcigliata nella gamba di uno degli automi. L'uomo venne trascinato verso l'altare dalla forza erculea dell'automa, mentre questi si divincolava e gridava per la paura. Le ruote dentate che l'automa aveva negli arti tirarono la tunica e denudarono l'uomo che corse via urlando.
Un paio di coristi sembravano indecisi sul da farsi e invece di raggiungere l'altare andarono a sbattere l'uno contro l'altro. I frammenti dei volti angelici di porcellana schizzarono ovunque, mandarono in frantumi una vetrata e colpirono alcuni presenti. A quel punto i fedeli cominciarono a correre verso l'uscita calpestandosi l'uno con l'altro.
Stig rinunciò all'idea di fuggire e si rannicchiò dietro una colonna nella speranza di scampare alla furia degli automi.
Il sacerdote intanto era rimasto paralizzato da un misto di orrore e vergogna, se ne stava immobile al centro dell'altare con la bocca semi aperta e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Ci pensò il prete meccanico a svegliarlo: - Nel fuoco purificatore Disse l'automa e sollevò il sacerdote al cielo come fosse un bambino. - lo spirito... l'automa lo trascinò verso l'enorme braciere, come volesse battezzarlo. - Glo..glo..glo. Continuava a ripetere, le braccia alzavano e abbassavano il sacerdote. Qualcosa nei meccanismi doveva esserci inceppato. Al quarto “Glo” un lembo della tunica del sacerdote prese fuoco. L'uomo urlò, prese a calci l'automa. Il gesto dovette aver rimesso in funzione i meccanismi interni del prete meccanico, perché questo lasciò la presa e si voltò verso i fedeli ormai fuori dalla moschea.
Dei coristi rimanevano solo i due automi decapitati che continuavano a scontrarsi e a cantare.
Il prete meccanico era tornato a officiare i riti come se nulla fosse. Il vero sacerdote cercava di domare a suon di pedate e urla le fiamme che stavano consumando la sua tunica.
Stig non disse nulla, si limitò a uscire e a correre via il più velocemente possibile lungo le vie di Qashra.

IL VERO VOLTO DI QASHRA.



Stig sapeva quale fosse il suo ruolo, sapeva che presto o tardi la notizia della presenza di mille uomini sarebbe giunta alle orecchie sbagliate e che ogni giorno che passava in compagnia del nano aumentava il rischio di un assalto. Aveva anche pensato di mandare al diavolo lui e gli schiavi, li aveva portati a Qashra, non gli doveva più nulla. Non era l'orgoglio a trattenerlo, il giudizio di un nano non gli interessava. Era il semplice carisma del nano, o meglio, ciò che stava facendo a interessarlo. Altruismo o ingenuità? Non aveva ancora deciso.
Stig era intento a negoziare con un mercante il prezzo di un filetto d'agnello, quando le parole di Jahrir lo fecero scattare sull'attenti.
- Che cosa...?!
- Il nano! Uccidete il nano!
Successe in un attimo: gli assassini estrassero le armi e si scatenò il finimondo. Alcuni uomini in fuga investirono Stig facendolo andare a sbattere contro la bancarella. Alcuni pezzi di carne gli caddero addosso. Stig barcollò, spintonò un paio di nani in fuga e si avvicinò a Jahrir.
- Nu'man è disposto a pagare una fortuna per riavere indietro i suoi schiavi, nano. Hai fatto arrabbiare un uomo potente... e non tutti sono così stupidi da rifiutare la generosità di un califfo.
Dei poveri disperati senza un piano lanciatisi allo sbaraglio per guadagnare qualche spicciolo. Se questo è il meglio che il califfo ha possiamo stare tranquilli.
- Provateci, allora.
Gli assassini si lanciarono alla cieca contro Jahrir, come veri disperati, senza un piano preciso in testa. Le mani scattarono verso i pugnali ai fianchi, corse verso il nano, ma era semplicemente troppo distante. Maledisse se stesso per aver reagito troppo lentamente.
Fu un luccichio sulla destra a farlo reagire d'istinto: Scansò di lato, andando a sbattere contro una bancarella abbandonata. Rovinò su di una grossa cesta colma di pesce. L'odore coprì quello di spezie e polvere e gli fece rivoltare lo stomaco. Si rimise in posizione eretta e una fitta al fianco gli lacerò la mente. Abbassò lo sguardo, una sottile linea rossa gli solcava il fianco. Il sangue ribolliva, i muscoli fremevano pronti all'azione, il respiro accelerato. Richiamò la propria antica forza in un istante, la scarica di energia lo attraversò come un fulmine. Stig strinse i denti, estrasse il pugnale dal cinturone e bloccò l'arma nemica a mezz'aria con il filo della lama.
L'assassino non si perse d'animo, ritrasse la lama e scattò in avanti.
Stig balzò all'indietro. La lama disegnò una mezzaluna a un soffio dalla gola.
L'assassino gridò e gli si scagliò addosso. Stig urlò a sua volta, si sentiva lo stomaco attorcigliato su se stesso, le gambe tese e rigide, gli occhi bruciavano per colpa della polvere e delle spezie. L'assassino affondò la lama in faccia a Stig.
Il drago schivò di lato e colpì l'assassino al fianco.
L'uomo urlò e indietreggiò di qualche passo. La mano premuta sul fianco, il viso deformato in un espressione mista di rabbia e dolore.
- Almeno siamo pari. Disse Stig e sorrise trionfante.
Furono i suoi compagni a mettere fine allo scontro: Quella che lo sorprese di più fu la ragazza. Lei non gli andava a genio e per una buona ragione, certo non si sarebbe fatto scrupoli ad accettare il suo aiuto, ma non ci contava troppo. In realtà una parte di lui era convinta fosse in combutta con gli assassini e vederla difendere con tanto impegno il nano gli fece una strana impressione. Dell'ombra non sapeva cosa pensare, era solo felice che fosse dalla loro parte visto quello che sapeva fare.
Avevano catturato uno degli assassini. Stig sorrise, forse avrebbe potuto condurli al mandate.
Al termine dello scontro Stig si avvicinò al nano. La mano destra alzata avvolta in un lieve alone luminoso. Cercò di infondere la propria forza in Jahrir, per permettere alle ferite di rimarginarsi. Non era certo che il nano avrebbe approvato. - Serve una mano? Disse e allungò il braccio verso il ferito.


CITAZIONE
STIG SCHEDA RIASSUNTIVA:

Corpo: 100 - 85 (5 ferita bassa al fianco - 10 consumo medio tecnica)
mente: 75
energie: 110 – 90 ( tecnica cura consumo alto)
Passive impiegate:

CITAZIONE
Memoria ancestrale [Molte progenie dei draghi sono condannate a vivere una vita eternamente più lunga di quella media di un umano, maledette inoltre dal possedere la memoria ferrea della razza draconica. Alcune di loro hanno dunque sviluppato un meccanismo difensivo che permette di manipolare la loro stessa memoria, permettendogli di vivere con più serenità. Con un utilizzo di questa passiva è infatti possibile recuperare, dimenticare o distorcere un ricordo del proprio passato quasi a comando.] (Numero di utilizzi: 6-4)

CITAZIONE
Studioso Magico: Gli Arcanisti sono maestri della magia, studiosi e discepoli delle arti magiche in grado di sviscerare ogni segreto della dottrina. Tale è la loro dedizione, infatti, che sono in grado di richiamare ed esercitare la magia in maniera istantanea, senza tempi di preparazione o di utilizzo delle abilità. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, l'Arcanista sarà in grado di utilizzare qualsiasi abilità di natura magica in tempi nulli, senza preparazioni di sorta o rituali specifici. (Numero di utilizzi: 6 – 4)

-
attive impiegate:

CITAZIONE
Cura incisiva (400G)
Il campione è in grado di risanare un danno di moderata entità a se stesso o a un alleato. Al momento dell'acquisto va specificata quale risorsa il campione intenda risanare con questa pergamena. Se si possiede la tecnica passiva "guarigione vigorosa" o equivalenti, questa tecnica permette di risanare un danno Alto, altrimenti risanerà solamente un danno Medio.Ha natura magica
Consumo: alto (attinge da mente e rigenera energia)

CITAZIONE
Forza del drago. Con questa tecnica evoco un barlume della mia antica forza, grazie all'allenamento i miei muscoli tornano forti come un tempo. Questa tecnica ha natura fisica. Consumo medio 4 CS a forza 2 pt consuma corpo

come concordato Stig ha usato la cura sul nano e ho optato per una mossa di supporto e la passiva studioso magico per contrastare gli attacchi nemici. spero sia chiaro. le 4 cs vengono così impiegate: due per parare e due per colpire.
 
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view post Posted on 10/2/2016, 15:15
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Jahrir Gakhoor
sotto un nuovo sole

— il sultanato —


Chissà come, Jahrir finiva sempre per farsi accompagnare dai fenomeni da baraccone più strani. Certo, gli era bastato vederli per rendersi conto che i suoi mercenari non fossero esattamente dei maestri di cappa e spada, ma ne ebbe la certezza solamente quando li vide combattere e scatenare i più atroci poteri della mente contro sette ragazzetti denutriti.
Se non altro ci avrebbero pensato due volte prima di attaccarlo di nuovo. Oppure - e questo pensiero gli sopraggiunse mentre deglutiva - gli avrebbero mandato contro forze corrisposte alla minaccia costituita dai suoi mercenari.
Per tutte le piastrelle e le ceramiche uscite fuori dalle mani di T'al, rilassatevi; sono solo dei ragazzini.
Lasciò che il dragonide lo curasse e rinfoderò la scimitarra. Non poteva fare a meno di sentirsi un po' invidioso: gli unici poteri di cui lui si era mai potuto vantare erano un'incredibile tolleranza alle bevande alcoliche e una fortuna sfacciata.
Il sicario che avevano catturato non aveva nemmeno tentato di fuggire: faceva rimbalzare lo sguardo tremante su ciascuno di loro, accarezzandosi la pelle color oliva delle braccia e scivolando sulle ginocchia sottili. Di tanto in tanto si mordeva le labbra e guardava intorno a sé, fuggendo con le iridi scure fra le rovine del bazar ormai deserto.
Jahrir gli si parò innanzi e socchiuse le palpebre.
Rispondimi in fretta e farò finta di non vederti rubacchiare qualcosa dai chioschi distrutti, prima di lasciarti sparire nella polvere dei vicoli.
Chi vi manda?

Quello abbassò la testa e rimase in silenzio.
Su, ragazzo, non fare l'idiota! — il nano gli sputacchiò in faccia. — Sei disposto a vendere la dignità per un pugno di monete, ma non a fare il nome di un disonesto criminale per salvarti la vita? Devi rivedere le tue priorità.
Quello corrugò la fronte e strinse i pugni.
No, è che...
È che...?
...è che... non lo so.
Jahrir arricciò le labbra. Aveva senso: nemmeno lui si sarebbe preoccupato di rivelare il suo nome a un branco di ragazzini scapestrati. Immaginò che fossero disperati al punto tale da non farsi domande sulla provenienza dei soldi o del lavoro.
Con chi vi siete incontrati? Dove? Siete già stati pagati?
Ma le risposte furono prevedibili: « era incappucciato, non l'abbiamo visto in volto, non ha detto il suo nome, ci siamo incontrati più volte nei vicoli della città e ci avrebbe pagato a lavoro compiuto. » Nessuna informazione rilevante al di fuori della consapevolezza che qualcuno sapeva di lui e degli schiavi.
All'inizio dovevamo solo spiare, e gli ordini ci arrivavano sempre dai bazar. Qualche volta ho notato i gioielli che indossavano quelli che ci venivano a parlare, e il loro accento. Una volta hanno detto che combattere la tratta degli schiavi avrebbe portato più problemi che altro, specie in un periodo come questo.
Dunque i suoi nemici oltre a nutrire un interesse sulla taglia emessa da Nu'man erano anche favorevoli allo schiavismo. Era come se a Qashra si nascondesse una piovra di mercanti, imprenditori e usurai che stava lentamente stringendo i tentacoli intorno al suo collo, nascondendosi dietro ai sorrisi e alle belle parole. Uomini che avevano interesse a lasciar sopravvivere una porzione di manodopera non pagata, purché restasse al di fuori delle proprie mura. Era quel tipo di ipocrisia sfacciata e disonesta che può nascere solo da un interesse economico. Quella che spingerebbe chiunque a commettere le peggiori atrocità giustificandosi e consolandosi con i profitti del facile guadagno, e rimboccando sete preziose sui propri sensi di colpa ripetendo che non è sbagliato cercare di vivere la migliore vita possibile.
Un suo vecchio amico diceva sempre: « onesto è colui che accorda il pensiero alla verità. disonesto è colui che accorda la verità al proprio pensiero. »
Aveva sempre creduto in quelle parole, così vere. Eppure non poteva negare che i tempi fossero cambiati, dalla Gloriosa Rivoluzione: il Sultanato viveva in pace e garantiva il benessere dei suoi abitanti. Non poteva incolpare il progresso di favorirsi di un peccato che era delle città libere, e non di Qashra. I mercanti non potevano certo smettere di commerciare con il Bekâr-şehir soltanto perché la sua ricchezza era frutto del lavoro degli schiavi.
...Forse era lui a stare cercando di cavare farina da un sacco di carbone.
Vattene.
Il nano agitò la mano, ingarbugliato nella sua rete di pensieri, e il ragazzetto sparì fra le tende dei banchetti, se non dopo aver raccolto un pugno di datteri.
Il problema immediato era che a Qashra si erano accorti di lui. E non esisteva altra città nel Sultanato abbastanza grande da dare alloggio a tutti i suoi schiavi.

BAZAR, by bdbros - deviantart

Le giornate a seguire divennero sempre più difficili. La piovra capì di non poter affrontare Jahrir e i suoi mercenari in campo aperto, e spostò quindi la sua attenzione direttamente sul gruppo di schiavi. Ogni volta che il Kahraman e i suoi compagni distoglievano lo sguardo, alcuni di loro nel nulla, probabilmente rapiti o attratti da promesse di comodità e riposo, per essere riportati al loro legittimo proprietario.
« Muhammad era un bravo ragazzo. » gli dissero quando trovarono il corpo di uno di loro fra i vicoli, morto e con la pelle segnata da lividi e percosse. « Però diceva sempre che aveva paura che Nu'man venisse a prenderlo, e non voleva tornare a lavorare nella cava. Avrebbe combattuto fino alla morte, piuttosto che tornarci. »
Nel mentre, i contatti per trovare loro asilo si erano fatti sempre più rari, al punto tale da sorprenderlo che il suo piano non fosse giunto alle orecchie del Sultano. Mecenati e imprenditori sembravano evitare di rispondere ai suoi messaggi, e occhi scintillanti lo spiavano dagli angoli di ogni bazar. Erdoğan era diventato un nome disprezzato, che strappava smorfie di disappunto dalle labbra di chi lo sentiva. Gli sembrava di stare prendendo a pugni l'aria nel tentativo di combattere un fantasma che gli rideva in faccia. Possibile che non avesse un amico disposto ad aiutarlo, proprio lì nella sua terra?
Si ritrovò spesso a fumare sulla scalinata della Moschea d'Oro, fissando la sua statua. Ogni tanto gli pareva di sentire la voce di Shaelan. « Quello è il nano di cui mi sono innamorato. » gli diceva. « Onesto e intraprendente, che non ha paura di rovesciare il mondo pur di fare ciò che è giusto, anche se non sa fare niente. »
Mmh... ma che cosa dovrei fare, Shaelan? Il mio nemico è Qashra stessa. La parte più progressista, redditizia e proficua del mio popolo. Io sono solo un brutto e scorbutico nano, forse nel torto. È merito loro se abbiamo tutto questo, non soltanto mio.
« Tu combatti per difendere qualcuno o qualcosa. Loro per portare avanti. Guardate in direzioni diverse, ma non dovete essere nemici per forza. »
Beh... vallo a dire a loro.
« Non ascolterebbero né me né Erdoğan. Ma davvero credi di non avere amici che possano aiutarti, Jahrir? »
Non voglio...
« Non puoi avere tutto, benim sevgili. È per una buona causa. »

Il palazzo del Sultano era grande quanto la Moschea d'Oro, ma più sobrio. Costruito d'argilla, robusto e squadrato, dava l'idea di essere stato scolpito dalla terra stessa.
Zeheb Al Adhel non lo lasciava mai, se non quando strettamente necessario. Passava le sue giornate sepolto fra i resti di manifesti commerciali, contratti, sovvenzioni, appalti e comunicazioni ufficiali, firmandole tante volte che la sera doveva tenersi il polso per impedire che la mano continuasse a tracciare il suo nome nell'aria. Parlava per monosillabi e intratteneva massimo dieci udienze al giorno; il suo unico svago erano i due bagni (uno al mattino e uno alla sera) che si concedeva. Il suo lavoro era quello di un gigantesco, capillare e nevralgico burocrate; essenziale per la vitalità del Sultanato e sostenuto dalle voci del suo consiglio.
Quel giorno avrebbe dovuto incontrare il signor Erdoğan.
Aveva già sentito parlare di lui, e non bene. C'era chi alludeva alla possibilità che intrattenesse traffici illeciti, chi lo indicava come un criminale di guerra in fuga, e chi come un potente schiavista di Caezavi. Aveva fatto indagare su di lui, ma non era emerso nessun comportamento sospetto che desse adito a quelle voci, così non poté che incuriosirsi davanti alla sua richiesta di colloquio.
Fatelo entrare.
Fece un cenno alle due guardie accanto alla porta, che obbedirono immediatamente. L'uomo che varcò la soglia era un nano castano, con la barba tenuta corta e il naso gonfio. Aveva una cicatrice sopra all'occhio destro e i lobi delle orecchie incurvati in avanti. Non era bello e la sua espressione era scontrosa.
Zeheb sgranò gli occhi come se avesse visto uno spettro.
Che i golem del creatore mi strangolino, tu... non può essere!
Si alzò dal suo scranno e mosse qualche passo verso l'ospite. Fece un cenno eloquente alle guardie, che uscirono dalla stanza.
Tu dovresti essere morto!
Jahrir sorrise.
"Onesto è colui che accorda il pensiero alla verità. Disonesto è colui che accorda la verità al proprio pensiero." non eri sempre tu a dirlo?
Maledetto bastardo!
Il sultano lo strattonò e lo strinse con forza, abbracciandolo come una morsa. Anche Jahrir ricambiò il gesto, picchiandogli una mano sulla schiena.
Eravamo tutti convinti che fossi morto! Che cosa ti è successo? Perché ricompari solo ora? — Zeheb gli indicò un divanetto e lo condusse lì. — Ah, il piccolo Jahrir... voglio sapere tutto. Ma ti rendi conto? Tu dovresti essere al mio posto, a capo del Sultanato! Tu che hai parlato con l'Asgradel e con il creatore! Avrei dovuto capirlo... Shaelan non stava mai troppo alle riunioni del consiglio... ah! Avanti, dimmi tutto!
È una storia lunga, Zeheb. Ma cercavo appunto un amico a cui raccontarla davanti a un bicchiere di rakı — si sentiva un po' in imbarazzo, davanti al suo vecchio compagno d'arme. Non poté fare a meno di ripensare agli anni della Gloriosa Rivoluzione, quando tutti insieme passavano la sera a bere e fantasticare su un futuro libero per la loro razza. — Ti dirò ogni cosa, ma prima... ho bisogno di un favore.



CITAZIONE
Eccoci qua: vi informo che questo sarà già l'ultimo giro della quest, per voi (salvo un vostro eventuale e gradito post di chiusura); come avevo detto nel bando, questa avventura è più una lunga scena per introdurre i cambiamenti nel Sultanato :sisi:

Nel vostro post metterò alla prova i vostri personaggi con una scelta importante: ciascuno di loro sarà infatti contattato individualmente da un misterioso individuo che offrirà loro una piccola fortuna in cambio del compito di accompagnare un ToT di schiavi fuori dal confine del Sultanato. Un'offerta contraria a quella di Jahrir, quindi, ma molto, molto, molto più remunerativa.
Il come vi contatti, quando e con quali modalità, avete totale carta bianca nel descriverlo. Potrebbe usare degli emissari o incontrarvi direttamente; e in quest'ultimo caso potrebbe essere un mercante, un imprenditore o un usuraio, come suggerito da Jahrir. Di certo appartiene alla "piovra di interessi economici e mercantili" la cui presenza è stata sollevata in questo post. Vi lascio totale libertà nella descrizione di questo eventi, così anche come la sua risoluzione: potete accettare l'offerta e sparire con un gruppo di schiavi, portandoli fuori, oppure rifiutare (e anche in questo caso arbitrare a piacimento il rifiuto, che potrebbe essere pacifico o sfociare in uno scontro). Insomma, è una scelta d'allineamento e di caratterizzazione.
Se avete domande, fate pure in confronto.

Jahrir, nel frattempo, si è recato dal sultano Zeheb Al Adhel, suo vecchio compagno d'armi. Long story short, riuscirà a convincerlo a emanare un editto che garantirà la liberazione e la protezione di tutti gli schiavi che riescono a varcare la soglia del Sultanato, contro le leggi ingiuste delle città libere. Protezione e liberazione non gratuita, però: gli schiavi verranno infatti impiegati come lavoratori liberi, ma in che modo?

• Gli schiavi liberati verranno concessi come lavoratori e servi pagati ai ricchi mecenati del Sultanato, che garantiranno per la loro protezione.
• Gli schiavi liberati intraprenderanno un percorso spirituale come adepti di T'al, e la loro protezione sarà garantita dalla Moschea d'Oro e dalla chiesa.

Quest'ultima scelta sarà inoltre decisiva per determinare se sarà la sfera della Scienza o quella della Fede a guadagnare di più dalla scena :sisi:
 
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view post Posted on 14/2/2016, 23:08
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
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Sotto un nuovo sole; il Sultanato
- L'offerta -


Dopo l’attacco

I loro attacchi, il loro modo di combattere, sembrava aver sortito l’effetto voluto. Il nano si era ripreso, i ragazzini si erano sparpagliati, alcuni erano fuggiti, altri rimasti a terra tramortiti…ma non quello che aveva catturato lei. Lui era fermo e fissava tremante quelle creature fuori dalla sua portata che tenevano in pugno la sua vita. Alle prima parole del nano la ragazzina si voltò per un attimo verso di lui con aria indecifrabile.

«Ragazzini che hanno tentato di farci del male. Per quanto mi riguarda un attacco è un attacco qualsiasi ne sia la fonte.»


Non le importava più che fossero uomini, vecchi, donne o bambini, chiunque provasse ad ucciderla meritava a morte o, come in quel caso, di essere catturati. Lasciò poi il resto del lavoro a Jahrir che provò a porre le domande giuste e a tirargli fuori qualcosa ma quella persona, quella fetta di mondo che stava tentando in tutti i modi di portare avanti i propri affari, aveva come volto una maschera nera, dei gioielli e uno strano accento. La cosa non le piaceva per niente ma rimase ferma lasciando che fosse il nano a decidere il destino di quel giovane ladro, troppo giovane per poter maneggiare un’arma, troppo inesperto per poterli davvero uccidere.


Nei giorni seguenti

<blockquote>Dopo l’attacco in campo aperto non ci furono più simili episodi, erano forse riusciti a spaventarli? O magari si stavano solo organizzando per poter attaccare meglio? In ogni caso dovevano tenere le orecchie bene aperte ed essere pronti a qualsiasi evenienza. Ririchiyo si sentiva ogni giorno più tesa, ogni giorno più stanca e ogni giorno più nervosa. Sentire il peso della vita di quegli schiavi sulle sue spalle era insopportabile, non vi era abituata, era la prima volta in vita sua che cercava di fare una cosa così particolare e così speciale per qualcun altro. Era sempre stata convinta che l’unico modo per aiutare il prossimo era fare qualcosa che non potessero fare da soli…preservare la loro incolumità per esempio. Nei suoi brevi anni di vita aveva combattuto tante volte, aveva uccido e sentiva il viscidume del sangue sulle sue mani ogni singolo momento, eppure adesso aveva paura di non poter stare al passo con coloro che volevano la vita degli schiavi, che volevano vedere le proprie tasche sempre più piene.
Purtroppo la fortuna sembrava non sorridergli molto, ogni volta che distoglievano lo sguardo dagli schiavi ne veniva trovato qualcuno morto sui cigli delle strade o nei vicoli più stretti e meno frequentati, la stessa città stava mettendo loro i bastoni fra le ruote e questo riusciva a rendere la ragazzina solo più preoccupata, più tesa, più agitata….più spaventata.

"Attenta, bambina, la paura è una compagna pericolosa."


Lo sapeva bene. La giusta dose sapeva salvare la propria vita e quella dei compagni ma troppa era in grado di portarti alla tomba in tempi fin troppo brevi. L’aveva sperimentata, l’aveva sentita soprattutto quando si era ritrovata davanti all’Ahriman. Aveva domato la paura perché Lilith l’aveva guidata bene, l’aveva aiutata nella giusta maniera ma ora si trovavano davanti ad una situazione nuova, troppo perché riuscisse a mantenere il sangue freddo.
Alla fine decise di non perderli più di vista. La cosa sembrò funzionare per un po’ ma alla fine un episodio accadde. Una mattina le arrivò una missiva, la scritta era piuttosto infantile e dalla difficile lettura ma era piuttosto chiara: chiedeva un incontro con lei al calare della sera in una certa locanda di nome “Lupus”. Non c’era nessun nome, niente che potesse aiutarla ad arrivare al mittente e quello puzzava, era sicuramente una trappola.

”Cosa facciamo, Lilith, dobbiamo andare?”


Il demone rimase in silenzio per una manciata di minuti, riflettendo a lungo e, alla fine, toccò appena la coscienza della giovane, con delicatezza, cosa davvero rara nel demone.

"Temo sia l’unico modo per capirci qualcosa. Andiamo, nel caso ci sono sempre io. Tu non sei sola, mai."


Se normalmente la cosa suonava come una minaccia, in quel momento Ririchiyo si sentì quasi rincuorata dal fatto di poter contare su qualcuno, anche se quel qualcuno era una creatura demoniaca.

”Bene, speriamo solo di poter essere d’aiuto a Jahrir.”




Lupus

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Era nervosa e agitata ma scendere fra le strade insieme alle ombre l’aiutava a rilassarsi, nel buio non c’era più nulla che potesse spaventarla, era la luce che le faceva paura perché erano lì che si celavano davvero i pericoli. Fra gli ori e le luci sfolgoranti di quella città si stavano consumando i peggiori crimini verso la vita di qualunque essere vivente, proprio sotto il naso di tutti.
Quando raggiunse la locanda si assicurò di avere bene il cappuccio viola calato in testa perché, per quanto le sue corna fossero state belle in vista durante lo scontro di qualche giorno prima, non aveva intenzione di attirare su di sé altri sguardi indiscreti. Appoggiò la mano sulla maniglia per girarla e spingere la porta fino a trovarsi su una locanda piuttosto squallida dove, con tutta probabilità, si radunavano i lavoratori dopo una lunga giornata di fatica per potersi bere un bel boccale di birra e fare qualche chiacchiera con gli amici. Mentre si aggirava fra i tavoli affollati alla ricerca di un tavolo, si rese conto che quelle persone avevano corpi forti, muscoli possenti, uomini di fatica ma non schiavi, quale schiavo poteva permettersi qualcosa da bere?
Alla fine trovò un buco libero e si sedette iniziando anche ad ordinare. Avrebbe aspettato un po’ sperando, in cuor suo, che nessuno si facesse vivo. Purtroppo non fu così. Dopo una dozzina di minuti qualcuno si avvicinò al suo tavolo con un mezzo sorriso. Era un vecchio con delle vesti di un verde oliva piuttosto pregiate, non doveva essere un poveraccio, questo era certo. Lei non disse nulla, limitandosi a fissarlo per squadrarlo dalla testa ai piedi, fu l’anziano a sedersi strisciando la sedia a terra e lasciandosi cadere sopra con aria stanca, abbandonando poi il suo bastone appoggiato al tavolo in maniera tale da non doversi abbassare per raccoglierlo una volta finito l’incontro.

«Signorina, credo che quel cappuccio non sia necessario, tutti hanno visto cosa celate sul vostro capo. È un segno di forza, di potenza…perché nasconderlo?»


Esordì rivelando una voce ruvida, vecchia esattamente come il suo aspetto e stanca, come quella gamba che si trascinava dietro e per la quale aveva bisogno dell’ausilio del suo fidato bastone. Ririchiyo, però, sapeva bene che dei propri occhi, della copertina, non ci si poteva fidare; non doveva abbassare la guardia solo perché quella persone sembrava debole, se aveva deciso di incontrarla sapendo bene ciò che realmente era allora non doveva essere uno sprovveduto. Ancora non parlò la ragazzina, a farlo fu la cameriera che arrivò con la birra che la giovane aveva ordinato.

«Ecco a te ragazzina! Signore cosa posso portarle?»


La cameriera era già una donna di una certa età che guardò i due con grande sospetto ma il vecchio si limitò a sorridere con aria placida annuendo appena.

«Sa, credo che una bella brocca di vino possa andare bene.»


Con un’alzata di spalle la cameriera se ne andò e rimasero soltanto loro due. Ririchiyo non aveva ancora aperto bocca e il vecchio, che ancora stava fissando le spalle della donna che aveva preso le ordinazioni, spostò lo sguardo proprio su di lei, in attesa di qualcosa: voleva forse vedere le sue corna?

«Credo proprio che il vostro approccio con me sia alquanto maleducato. Sapete più o meno chi sono io…a voi? Qual è il vostro nome?»


Nomi…chissà come mai ma in quell’impresa sembravano aver assunto un’importanza che Ririchiyo non aveva mai dato.
L’anziano sorrise facendo spallucce.

«Sono solo un umile mercante che giunge a te con una proposta che, sono sicuro, troverai interessante. Se quelle corna sono quello che penso, e difficilmente mi sbaglio, allora potresti anche accettare. Una creatura dai grandi poteri capisce sempre quali sono le proprie priorità…»


Stava forse cercando di allettarla con le lusinghe? Beh, di certo non era la strada giusta, nemmeno con i demoni a volte lo era, pensava di vincere con quella strategia?

«Parli allora, l’ascolto!»


Prese il boccale di birra fra le sue mani iniziando a sorseggiarla e appoggiandosi bene allo schienale scricchiolante della sedia di legno tenendo i suoi occhi ametista fissi in quelli smeraldini del vecchio. Rimasero per un attimo in silenzio perché la cameriera comparve lasciandola la brocca di vino a un bicchiere davanti all’anziano cliente prima di congedarsi nuovamente. Solo allora la vera discussione iniziò.

«Diciamo che gli schiavi che avete portato con voi sono….molto importanti per qualcuno. Questo qualcuno sarebbe disposto a pagare una grande somma di denaro per vedere una buona parte di quegli schiavi portati fuori dalle zone del sultanato.
Dopo lo scontro avuto all’interna della città penso abbiate capito che il nostro padrone è pronto a qualsiasi cosa, a qualsiasi stratagemma. Però io ho visto tu cosa sei, una creatura meravigliosa che non può sottomettere la propria vita alla protezione di vite che per qualcuno hanno un valore molto alto. Non hanno utilità qui, non possono essere lasciati liberi, non sono in grado di decidere da sé…hanno bisogno di qualcuno che li guidi, qualcuno che possa dire loro quale direzione prendere e...»


«…e poterli così imprigionare e soggiogarli sotto il proprio potere? Questa si chiama protezione a casa vostra?»


Il vecchio aveva decisamente sbagliato tutto, dal parlare in quel modo delle vite di qualsiasi creatura al mettere in discussione la sua natura. Eppure non lo vide spaventato o arretrare davanti a quelle sue parole che erano uscite dalle labbra con fin troppa foga. Era placido e lo sguardo tranquillo come il mare piatto.

«Signorina io credo che lei abbia frainteso. Ad ogni modo la scelta è solo sua, pensi solo che se dovesse rifiutare potrebbe mettere in pericolo la vita di quegli schiavi, la vostra e anche quella dei vostri compagni.»


Ririchiyo aggrottò la fronte fissando il vecchio con uno sguardo carico di odio e disprezzo.

«Mi sta forse minacciando?»


«No, la sto solo invitando a riflettere sulle conseguenze di una scelta sbagliata.»


I sentimenti di Ririchiyo si mischiarono con quelli di Lilith. Odio, rancore, rabbia…avrebbe voluto sfogarli tutti su quel vecchio e su quella proposta che trovava intollerabile.

"Uccidiamolo."


Lilith voleva solo il suo tributo di sangue ma in quel momento la cosa l’allettava parecchio, così tanto che i suoi occhi si illuminarono appena appena di viola, in maniera tale che solo il vecchio potesse notare la cosa in quella luce soffusa ed illuminata solo da alcune candele sparse in giro e una sula lampadario.

«Io invece la invito ad andarsene oppure…»


«Oppure mi ucciderà? Davvero lo farebbe davanti a tutta questa gente? Devo forse ricordarle che la vostra posizione è piuttosto precaria e che il fatto che un protettore di quegli schiavi attacchi un povero vecchio non potrebbe fare altro che peggiorare la situazione? Sono sicuro che siate una creatura dalla grande intelligenza quindi saprete da voi che è inutile avere un atteggiamento così ostile…io vengo in pace ad offrirvi un’offerta vantaggiosa. Mi pare che però abbiate già deciso. Devo dunque andarmene?»


La ragazzina fece un sospiro cercando di recuperare la calma, cercando di staccarsi dalla coscienza di Lilith e riprendere così possesso delle sue emozioni; gli occhi si calmarono e quella luce di odio e rabbia si spense lasiando però una scia di rancore che difficilmente non avrebbe raggiunto il vecchio.
Scossa quindi la testa facendogli poi segno di prendere la porta e sparire dalla sua vista.

«Peccato…davvero un vero peccato. Spero possiate sopravvivere a questa pessima decisione. Buona fortuna!»


Il vecchio sospirò alzandosi lentamente dalla sedia e lasciando che questa grattasse il pavimento di legno, prese poi il suo bastone e si avviò verso l’uscita senza nemmeno voltarsi a guardare la ragazzina che era rimasta seduta, quasi come pietrificata.

”Pensi vogliano ucciderci tutti?”


"Non lo so….credo sia possibile…."


Non diede a Lilith nemmeno il tempo di finire che si alzò di corsa pagando ciò che aveva consumato e correndo via, fuori dalla locanda, per tornare da quelle persone che le erano state affidate per assicurarsi che la loro incolumità non venisse minacciata da niente. Cercava di convincersi di aver fatto la scelta giusta ma non ne era tanto sicura ma ormai il danno era stato fatto e doveva cercare di proteggere ciò che poteva davanti a persone così simili a lei e a Lilith.

”Meglio morire da uomini liberi che vivere da schiavi.”



CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico:
    •Danno basso al braccio sinistro.
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 105/125 %


    Mente 110/125%


    Corpo 45/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare (5/6)
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

»Riserva CS: 0

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miky1992
view post Posted on 14/2/2016, 23:48




INIZIO


Stig si era accorto di essere seguito. In realtà i suoi pedinatori fecero ben poco per nascondersi. In mezzo alla folla del Bazar è facile passare inosservati, mescolarsi alla folla. I tre uomini invece non fecero nulla per nascondersi. Si avvicinarono a passo spedito, senza provare nemmeno a nascondere le loro intenzioni.
Due di loro lo affiancarono, il terzo rimase pochi passi dietro per tenerlo d'occhio.
- Sei uno dei mercenari che stanno proteggendo gli schiavi di Nu'man vero? Disse l'uomo a destra.
Stig non si aspettava un nuovo assalto. Dopo la lezione impartita a quei poveri disgraziati era convinto che avessero perso ogni speranza di un assalto frontale, e i rapimenti avvenuti nei giorni successivi gliene avevano dato la conferma. - Si.
- Il nostro capo vuole vederti, ha un offerta per te. Disse.
- Che offerta?
- Una di quelle molto remunerative. Disse. - Noi dobbiamo solo portarti da lui, se ti interessa seguici.
I tre lo scortarono attraverso le vie della città. Stig non oppose la benché minima resistenza, anzi si lasciò guidare verso il capo dei manigoldi. Già immaginava il tipo di offerta che gli avrebbero proposto e non sapeva bene cosa avrebbe risposto.
L'abitazione del mandante non sfigurava a confronto con la moschea dorata: le pareti in marmo erano coperti da quadri che richiamavano scene di guerra: cavalieri in armatura e armati di lancia, in procinto di trafiggere le armate di demoni. Due cavalieri in armatura, uno con la spada alzata al cielo e pronto a calarla sul secondo disteso a terra con la spada alzata per l'ultima difesa.
A ogni angolo erano presenti statue di marmo bianco rappresentati figure di donne, uomini e animali. Stig venne condotto lungo un altra serie di corridoi, salì altri tre piani. A intervalli regolari grandi aperture permettevano alla luce solare di illuminare l'interno dei locali. Alla fine raggiunse in un salone arredato con mobili di legno rifiniti in oro, tappeti di seta rappresentanti figure astratte e un camino acceso. Un uomo vestito con una tunica azzurra sedeva su di una poltrona imbottita. Aveva un sorriso stampato sul volto e un bicchiere di vino stretto tra le mani grassocce.
Stig fece un passo avanti e disse: - Cosa volete?
L'uomo prese un sorso dal bicchiere e tossì. - Il nostro capo vorrebbe assumerti per un lavoretto semplice semplice: dovresti scortare un centinaio di schiavi fuori da Qashra, verso le città libere.
L'uomo rimase in silenzio per qualche secondo, ma vedendo che Stig non rispondeva decise di parlare ancora. - Possiamo pagarti venti volte il prezzo pattuito con il nano se vorrai, te li pagheremo letteralmente a peso d'oro. In fondo si tratta di un compito semplice, meno di una settimana e ti ritroverai con abbastanza oro da non dover lavorare mai più in vita tua.
Bastardo, spregevole figlio di puttana. È proprio vero, gli esseri umani non cambieranno da soli. Stig schioccò le labbra e scosse la testa. A quanto pare c'è ancora del lavoro da fare nell'Akeran, - Mi pagherai tu o il tuo capo?
- Metà ora, metà arrivato a destinazione.
- Se devo farlo voglio subito l'oro. non mi fido di chi non conosco voglio i nome
- Questo non è negoziabile, verrai pagato una volta raggiunta Tor-an. Sei un tipo sveglio, dovresti capire che la mia offerta è molto generosa e poi come hai già visto è solo questione di tempo: quegli schiavi torneranno tutti al loro legittimo proprietario. Approfitta dell'offerta e guadagnaci qualcosa.
- Pensare che questo mondo ha un debito così grande con voi... senza schiavitù tutto questo non sarebbe neppure potuto esistere, è così disgustoso. Ma ormai l'Akeran è cambiato, non abbiamo più bisogno di voi.
Stig lasciò fluire la propria energia magica senza porre alcun freno. L'energia lo attraversò come un fiume in piena, diffondendo una piacevole sensazione di calore. Era come se tutto il suo corpo vibrasse, pronto a esplodere da un momento all'altro. La magia rimase per un istante quieta dentro Stig, poi esplose inondando lo spazio circostante. L'energia pura assunse la forma di un serpente di diamante, le scaglie erano asce, spade, spuntoni e lance. Il serpente si mosse in cerchio attorno a Stig, avvolgendo i quattro uomini tra le sue spire.
I muscoli vennero percorsi da spasmi, le articolazioni si irrigidirono. Una fitta di dolore si irradiò al centro del petto. Forzare così i suoi poteri attraverso quella forma incompiuta aveva un prezzo.
- La spazzatura che nemmeno sa di esserlo, merita di essere distrutta.
Il serpente di diamante esplose in una miriade di frammenti luminosi che si dissolsero a loro volta subito dopo aver assolto il suo compito.
I quattro erano stesi a terra, il corpo dilaniato dalle lame e trafitto dagli spuntoni. Stig mosse le tre guardie con la punta del piede, nessuna delle tre reagì.
Il mercante invece lanciò un debole lamento alla pressione del piede di Stig.- Maledetto idiota. Mormora. Un fiotto di sangue gli impedisce di insultare ancora.
Stig poggiò la mano sul petto dell'uomo e infuse parte dell'energia residua in lui. L'uomo spalancò la bocca e inspirò a fondo. Le ferite si rimarginarono, anche se solo in parte.
- Se sei in combutta con quelli che ci hanno assaltati saprai che posso salvarti la vita. Dimmi il nome dell'uomo per cui lavori e ti lascerò vivere.
L'uomo digrignò i denti e sputò contro il drago un misto di bava e sangue. - Se parlo sono morto! Stronzo, non ti dirò nulla.
Stig lo colpì alla ferita sul fianco con un calcio.
L'uomo urlò e cominciò a contorcersi. Continuò a urlare per diversi minuti, maledicendo il drago e diverse divinità che Stig non conosceva.
- Per me lasciarti qui vivo o morto non cambia nulla, ma per te? Se fai il bravo e mi dici il nome potresti avere abbastanza tempo da mettere tutta Theras tra te e lui. Con me non avrai questa possibilità.
Quello roteò gli occhi e rimase in silenzio.
- Ultima occasione. Disse Stig e fece scivolare il pugnale fuori dal cinturone.
L'uomo strizzò gli occhi e fece una smorfia di dolore. - Najeeb, il mio capo si chiama Najeeb.
- Grazie. Disse Stig.
- Sei morto. Disse l'uomo. - Assolutamente, fottutamente morto.
- Non credo. Rispose con calma Stig, sguainando il pugnale.
L'uomo cominciò a contorcersi e a imprecare. - I miei compagni ti troveranno, non ci sarà posto su Theras in cui potrai nasconderti.
Stig non rispose. Tappò la bocca dell'uomo con il palmo della mano e gli tagliò la gola.
Il corpo dell'uomo venne scosso da spasmi. Il mercante affondò le unghie nel braccio di Stig nel tentativo di liberarsi, ma la presa del drago rimase salda. L'uomo emise un gorgoglio, le braccia si irrigidirono e si accasciarono al suolo.
Stig si alzò e trasse un profondo respiro. Aveva ucciso solo una pedina, solo una piccola, insignificante pedina. Non era molto, ma Stig aveva capito che uccidere pedine ha almeno una cosa in comune con il cambiare il mondo: da qualche parte bisogna pure cominciare.


CITAZIONE
Stig scheda riassuntiva.

Corpo: 85
mente: 75
energie: 90 (- 40 variabile consumo critico. - 20 cura alta)

CITAZIONE
Arte del diamante: plasmare la forma. La tecnica ha natura magica e provoca danni fisici ad area. L'utilizzatore sarà in grado di creare e plasmare diamanti avendo lui come punto d'origine. Potrà in questo modo generare frecce e sfere, armi, spazzate, contro gli avversari, con consumo energetico e potenza variabile. CONSUMA ENERGIA. costo variabile.

CITAZIONE
Il campione è in grado di risanare un danno di moderata entità a se stesso o a un alleato. Al momento dell'acquisto va specificata quale risorsa il campione intenda risanare con questa pergamena. Se si possiede la tecnica passiva "guarigione vigorosa" o equivalenti, questa tecnica permette di risanare un danno Alto, altrimenti risanerà solamente un danno Medio.Ha natura magica
Consumo: alto (attinge da mente e rigenera energia

passive

CITAZIONE
Figlio del fuoco. Le tecniche di natura magica vengono considerate di un livello superiori senza però che i consumi varino. Però le tecniche di natura fisica subite saranno considerate di un livello superiore senza che il nemico vari il consumo. Numero utilizzi 2-1
 
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¬K a h ø r i
view post Posted on 15/2/2016, 21:28




La Piovra.


Jahrir non approvò il loro modo di combattere, ma lei non si pentì di ciò che aveva fatto: erano solo dei ragazzini, questo era vero, ma avevano comunque attentato alle loro vite e, cosa più importante, avevano rischiato di interrompere la sua avventura. No, ora che li aveva ridotti così non avrebbero più minacciato nessuno.
Una donna che stava insieme a lei, un'altra mercenaria, ne aveva catturato uno, così il nano approfittò per interrogarlo, ma non ottenne grandi risposte: il ragazzo non sapeva con esattezza chi fosse il loro mandante, aveva solo ricevuto ordini da diverse persone in quella città, li aveva seguiti fino al bazar e poi aveva tentato di ucciderli assieme ai suoi compagni. Il Kahraman sembrava molto irritato dalle poche informazioni ricevute, ma non stupito: probabilmente sapeva cose che una creatura come lei non avrebbe potuto neanche immaginare.
Alla fine lo lasciarono andare e nei giorni a seguire continuarono a cercare un alloggio per tutti quegli schiavi, ma le faccende si complicarono sempre di più. Nessuno sembrava volerli aiutare e, nonostante tutte le guardie assoldate, quei poveri uomini scomparivano improvvisamente, senza che nessuno se ne rendesse conto. Camminavano cercando di restare più uniti possibile, facendo attenzione alle strade laterali e alle retrovie, ma ogni tanto, improvvisamente, alcuni di loro si allontanavano senza dire nulla e non tornavano più indietro.
L'ombra cercò di fare del suo meglio, perché aveva promesso di proteggerli, ma nessuno di tutti quegli sforzi servì a granché e il loro condottiero sembrava perdere la così detta “speranza” ogni giorno di più.
Se quel sacerdote sapesse di tutto questo, chissà cosa penserebbe del suo T'al...
Un giorno poi, mentre accompagnava un gruppetto di schiavi per le vie affollate della città, vide una figura piuttosto sospetta all'interno di un vicolo. Era incappucciata e ben nascosta e nessuno parve notarla, a parte lei. I loro sguardi si incrociarono e quella le fece un cenno con la mano, come se la stesse invitando a raggiungerla.
- Voglio andare a controllare le merci di una bottega qui vicino. – Disse rivolgendosi ai suoi protetti, cercando di non allarmarli. - Aspettatemi qui, non ci metterò molto. -
Quelli annuirono e lei si avviò verso la losca figura guardandosi un po' attorno, come se stesse davvero cercando un mercante della zona. Sapeva che lasciarli da soli non era la migliore delle idee, ma forse la persona che la stava chiamando avrebbe potuto aiutarli.
O forse è qui per ucciderli...
In ogni caso, date le recenti scomparse, le parve più opportuno accertarsene di persona.
Non appena si fu addentrata nel vicolo, lo sconosciuto le si affiancò silenzioso ed entrambi continuarono a camminare come se nulla fosse. Era una strada laterale lunga e stretta, con locali in disuso e case pressoché disabitate, nessuno camminava tra quelle mura a parte loro due. In fondo l'ombra poté scorgere un muro che sbarrava la strada. Un vicolo cieco. Quel misterioso individuo doveva aver scelto con molta attenzione il luogo in cui attirarla, il che non prometteva nulla di buono. Ma lei non aveva certo paura.
- Mmmh... Allora è qui che hai intenzione di uccidermi? -
Il suo tono era pacato, tranquillo, serio. L'altro invece sembrava divertito, tanto che si mise a ridere fragorosamente. Doveva essere certo che nessuno li avrebbe sentiti lì in mezzo.
- Ucciderti!? Speriamo proprio di no! – Era un tono fresco, giovane e beffardo, tipico dei ragazzini troppo sicuri di sé. - Sono qui per ben altro, io! Ma prima, dimmi, com'è stare dietro a quei bambocci? Ti diverte fargli da badante? Eh? -
Continuava a camminargli a fianco, senza guardarla negli occhi, passo lento ma sicuro, tutto impettito e probabilmente fiero di trovarsi in quella situazione. Al momento non sembrava volerle fare del male, quindi sarebbe stata al gioco.
- Quali bambocci? In giro ho visto uomini, donne, bambini, mercanti, sacerdoti, viandanti... – Si fermò un istante, come per simulare la ricerca di un qualcosa nella memoria. Riprese a fluttuare. - Mmmh... No, nessun bamboccio... -
Quello sghignazzò ancora una volta. Di sicuro era uno di quelli che si divertono facilmente.
- Aaaaaah, va bene, va bene. Tu sei in incognito, giusto? Come lo sono io, giusto? Ma non pensare che tu ed i tuoi amichetti siate passati inosservati in città. – Fece un ampio gesto con la mano, come ad illustrare un orizzonte immaginario di fronte a sé. - Noi siamo ovunque! I nostri occhi vi osservano dall'alto, le nostre orecchie ascoltano ogni vostra parola, la nostra morsa si striiiiiinge su di voi! – Chiuse le mani facendo sbattere i palmi e serrando le dita incrociate attorno al loro dorso. - Insomma: siete spacciati! – Concluse in tono soddisfatto.
Doveva essere un vero fanatico di quella presunta organizzazione e, tra l'altro, non sapeva fare bene il suo lavoro. Tutte quelle informazioni le sarebbero tornate molto utili.
- Mmmh... D'accordo. Non sei qui per uccidermi, ma mi stai minacciando. Cosa vuoi da me? -
Erano ormai giunti alla fine di quel vicolo. La Tentazione si mise con le spalle al muro e quello le si parò davanti. Un piccolo raggio di luce gli illuminò il volto e lui prontamente indietreggiò per non farsi vedere: era soltanto un ragazzino. Un altro, povero, ingenuo e sciocco ragazzino che non sapeva in che guai si era andato a cacciare.
- Ottima domanda! Vedo che finalmente hai capito la tua posizione! – Disse ancora più convinto e spavaldo di prima. - Dato che oggi mi sento particolarmente generoso, voglio farti un'offerta moooolto vantaggiosa!
L'ombra lo scrutò, inclinando leggermente il capo: il fatto che lei si fosse messa di proposito tra lui e il muro doveva avergli fatto credere di avere la situazione in pugno. Annuì per farlo continuare.
- Prendi un po' di quella gentaglia. Che so, diciamo una trentina di uomini, d'accordo? Pooooi li convinci a seguirti e te li porti dietro. Puoi anche picchiarli se oppongo resistenza, capito? E alla fine li fai uscire da questa maledetta regione senza farti scoprire da nessuno, magari di notte, quando dormono tutti, intesi??
Simulò ogni azione con le mani, come se tutte quelle parole e quegli esempi non bastassero a far capire gli ordini da eseguire.
Dunque era lui, o meglio, la sua organizzazione la fonte di tutti quegli schiavi scomparsi all'improvviso. Dovevano essere stati loro ad attirarli in trappola, catturarli e poi riportarli a quell'uomo, Nu'man. Ma perché si stavano rivolgendo proprio a lei?
- Mmmh... Se ho ben capito, vuoi che ti aiuti a riportare quegli uomini alla schiavitù. Non riesci a farcela da solo? -
Lo guardò con aria di sfida, ma anche se visibilmente irritato dalla domanda, quello mantenne la calma e non si mosse.
- Tsk, pensi che sia io a volere il tuo aiuto? Fosse per me sareste già tutti morti. Ma io sono qui solo come un tramite, come un informatore. Sono qui per farti capire da quale parte ti converrebbe stare. – Lo vide iniziare a trafficare sotto il mantello. - Infatti non solo avresti salva la vita, ma riceveresti anche un lauto compenso per il lavoro svolto! Non ti sembra più conveniente che fare da balia ad un branco di pezzenti che non valgono nulla, eh? EH!?
Aveva alzato la voce, forse nel tentativo di risultare più minaccioso. O forse la sfida lanciata dalla nera creatura l'aveva fatto arrabbiare. L'ombra si portò un dito sulle labbra, picchiettandosele e riflettendo: se il nano fosse stato lì con lei, quel ragazzino sarebbe stato già morto. E chissà se anche gli altri mercenari avevano ricevuto quella sua stessa offerta?
Chissà quale sarà stata la loro risposta...
Un altro raggio di luce li illuminò, facendo brillare il ghigno sul volto del ragazzino e qualcos'altro dietro l'apertura del mantello.
- D'accordo, ho sentito la tua offerta. Gli schiavi in cambio del denaro. A questo punto mi chiedo: cosa accadrebbe se io rifiutassi, mh? -
Sapeva già la risposta a quella domanda, l'aveva capito fin dall'inizio. Percepì il ghigno feroce del ragazzino e quella voglia di uccidere che aveva trattenuto fino a quel momento.
- Beh, in quel caso... – Estrasse il pugnale da sotto il mantello e puntò la lama verso di lei, poi le si avventò contro urlando. - MORIRAAAAAI!!!


La Tentazione - Paura.


SCRIIIIICK.
Il rumore della lama del pugnale che sfregava sulla parete di pietra rimbombò per tutto il vicolo.
L'ombra guardò dai suoi due metri d'altezza gli occhi di quel ragazzino, sbarrati e pieni di sorpresa mista a terrore. Durante quello slancio gli si era levato il cappucci, quindi lo studiò per bene: un adolescente dai capelli corti ed arruffati di colore rossiccio, probabilmente umano, con gli occhi marroni e le guance puntellate di lentiggini. Era rimasto pietrificato, con la bocca aperta, e continuava a muovere lo sguardo dall'arma al viso della nera creatura. Nel ventre di quest'ultima s'era creato un buco di circa mezzo metro, più che sufficiente per evitare di essere colpita. L'arma non aveva colpito altro che il muro.
- Mh? Tutto qui? -
Quelle parole sembrarono risvegliare dalla trance il giovane, che scattò all'indietro e si mise in guardia. Non aveva intenzione di desistere.
- Tu! Che razza di creatura sei!? Un demonio come te non dovr- -
L'ombra non fece caso alle sue parole e lo interruppe.
- Tu sai cos'è la paura? -
Quello la guardò con aria interrogativa.
- Ma che razza di domanda è!? -
- Mmmh... No, evidentemente no. Vedi... – Disse ricomponendo il suo corpo. - ... Un tempo neanch'io sapevo cosa fosse, ma l'ho imparato a mie spese. Può essere una cosa terribile, ma può anche salvarti la vita. Se per esempio tu avessi paura di me e scappassi, via di qui e ora, io non potrei ucciderti. Ma tu non hai paura, mh? -
- Certo che no! Io sono un assassino! – Strinse il pugnale tra le mani. - Tu sei solo uno scherzo della natura! -
La Tentazione inclinò ancora una volta il capo, iniziando a rilasciare i suoi fasci d'ombra.
- Già, mmmh... E la sai un'altra cosa? Non mi interessano i soldi, così come non mi interessa della tua vita... – La luce nei suoi occhi iniziò a risplendere più vivida che mai. - ...Ma c'è una cosa che mi interessa, e sai cos'è? Gli schiavi. -
Le sue sembianze non erano più quelle di un uomo, né di qualunque altro essere vivente presente sul mondo di Theras. Era un mostro, un terribile mostro nero con un teschio al posto del volto e delle enormi fauci.
- TU. TU TI SEI MESSO IN MEZZO ALLA MIA STRADA. TU HAI CERCATO DI PORTARMI VIA CIÒ CHE MI INTERESSA. -
Il ragazzino iniziò ad indietreggiare, mentre quegli oscuri fasci serpeggiavano in tutte le direzioni, riempendo le pareti e gli angoli di quella via, cercando di raggiungerlo.
- TU MI HAI MINACCIATO. TU MI HAI ATTACCATO. TU MI HAI OFFESO. -
Gli occhi del giovane erano pieni di terrore, le sue mani tremavano tanto da lasciar cadere a terra il pugnale e le sue gambe cedettero per la paura, facendolo cadere in ginocchio. Continuò ad indietreggiare tremante, scivolando ogni tanto e battendo i gomiti a terra per la fretta.
- MA GUARDATI ADESSO. UN INSULSO MORTALE STRISCIANTE, UN VERME CHE CERCA DI FUGGIRE VIA PER PAURA DI ESSERE SCHIACCIATO. -
L'ombra iniziò ad avanzare verso di lui, continuando ad espandere il suo corpo ormai senza forma.
- ED IO TI SCHIACCIERÒ. TI INSEGUIRÒ, TI TROVERÒ E TI SCHIACCIERÒ. O FORSE TI MANGERÒ, CHI LO SA? POTREI SQUARCIARTI LA PELLE LEMBO DOPO LEMBO E LASCIARTI DISSANGUARE LENTAMENTE, MENTRE URLI AGONIZZANTE. OPPURE POTREI SGOZZARTI, O TAGLIARLI LA TESTA E GLI ARTI DI NETTO. CI SONO TANTI MODI PER UCCIDERE, LO SAPEVI QUESTO, MIO PICCOLO ASSASSINO!? -
Il piccolo umano era ormai in preda al panico, ma riuscì a fare abbastanza forza sulle braccia e sulle gambe per alzarsi in piedi ed iniziare a correre verso l'uscita del vicolo, a perdifiato, senza voltarsi.
- SI! SCAPPA! IO MI NUTRIRÒ DELLA TUA PAURA! IO SARÒ IL TUO PEGGIOR INCUBO FINCHÉ NON MORIRAI! AHAHAH! -
Tuonò alla fine e si fermò. Lo sconosciuto era ormai lontano, probabilmente si sarebbe infilato tra la folla e avrebbe continuato a correre chissà ancora per quanto, pur di non farsi acchiappare da lei.
Certa che non si sarebbe più fatto vivo, iniziò a ricomporsi lentamente, per riassumere le sembianze dell'uomo incappucciato che si era finta di essere fino a poco prima.
Sentì una strana sensazione invadere il suo corpo e, senza saperne il motivo, sorrise. Ma non era felice, no. Quello era un ghigno malvagio, di chi trova divertente il terrore altrui.
Aspettò qualche altro istante, fino a che non si fu completamente ricomposta, poi si avviò lentamente verso la strada principale, riprendendo a fluttuare come suo solito.
Una volta fuori si sarebbe ricongiunta col gruppo di schiavi e si sarebbe scusata con loro per il ritardo, come era consono fare tra gli umani. Doveva raggiungere il nano ed avvertirlo di quanto accaduto, ma si sarebbe comunque concessa qualche momento per godere di quanto aveva appena vissuto.
Aaaah, i mortali... Poveri, piccoli, sciocchi mortali...

la Tentazione.

Corpo: 80%
Mente: 75%
Energia: 80%
Riserva CS: //
Passive utilizzate:
CITAZIONE
»Disperdersi. Grazie al suo corpo etereo è in grado di decidere come e quando cambiarne la sua consistenza, così da poter oltrepassare degli ostacoli o essere oltrepassata per vanificare gli attacchi fisici, se attacco e difesa vengono compiuti a parità di CS. (Numero di utilizzi: 6 - 5 rimasti) [Passiva razziale: Forma Eterea]

»Imporre timore. Potrà avvalersi delle sue conoscenze per scegliere un oggetto, un'azione, un evento o un essere vivente e far sì che l'avversario lo avverta come una fonte di pericolo e ne resti a debita distanza. (Numero di utilizzi: 6 - 5 rimasti) [Passiva Maledire - Ammaliatore lv.1]

Attive utilizzate: //
Note: non c'è un vero e proprio combattimento tra i due. Con la passiva disperdersi evita l'attacco del ragazzino (che è portato a 0 CS) e con imporre timore "seleziona" sé stessa come bersaglio da temere, per cui l'altro fugge via spaventato. Ovviamente la scelta è di restare al fianco del nano. :sisi:
 
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view post Posted on 16/2/2016, 13:40
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Jahrir Gakhoor
sotto un nuovo sole

— il sultanato —


Un Maegon grande come una montagna? Mi prendi in giro?
Zeheb, te lo giuro su tutto ciò che ho di più sacro: Iανός grattava il cielo con le sue scaglie e affondava la testa nelle nuvole; era come guardare un'intera città Maegon sollevarsi, camminare e parlare. Un mostro indescrivibile!
E tu ti sei infilato fra le sue fauci per affondare nel suo corpo e pugnalarlo al cuore?
Beh sì... più o meno. Diciamo che l'ho combattuto al meglio delle mie possibilità, ecco.
Zeheb emise una risata simile allo scoppio di un motore a vapore, che gli sollevò i baffi e gli fece tremolare le guance. Prese la bottiglia d'acquavite e riempì i due bicchieri che avevano davanti, già incrostati col segno delle loro labbra.
Insomma, sembra che tu ti sia dato da fare dalla Rivoluzione. Ma si può sapere perché non ti sei più fatto vedere?
Jahrir buttò giù il rakı tutto d'un fiato.
Ma guardami, Zeheb! Che razza di Sultano pidocchioso pensi che sarei stato? Mettimi in mano una piccozza e abbatterò una montagna, ma dammi carta e penna e scoprirai che non so mettere in fila neanche due parole. Per T'al, sai perfettamente quali sono le mie opinioni su politica, economia e religione!
Il Sultano sorrise con lo sguardo basso, mentre gli riempiva il bicchiere di nuovo.
Sì, sì... « un circo a tre piste, pieno di sedicenti saltimbanchi. »
Jahrir aveva gli occhi lucidi e li puntò sull'amico, lasciando passare una lunga pausa.
Sei un Sultano cento volte migliore di quello che sarei stato io, Zeheb. Guardati intorno: Qashra è magnifica, ed è solo merito tuo; io non sono che un vecchio vagabondo che ha parlato con l'Asgradel quasi per caso, e ha avuto la grazia di veder esaudito il suo desiderio.
Zeheb risucchio rumorosamente l'aria con il naso.
...un futuro per il nostro popolo.
...già.
I ricordi del Kahramn volarono al termine dell'Erdkun, quando aveva sentito una voce imperiosa parlargli dal cielo e una mano invisibile aveva iniziato a dipingere sulla tela del Sultanato tutte le immagini di gloria e prosperità che avevano affollato la sua mente sino a quel momento. Aveva provato una gratitudine sconfinata per quell'entità, al punto tale da trovarsi a ringraziare Fanie, Jace e Caino. Non aveva idea di che fine avessero fatto quegli uomini.
Per lungo tempo aveva creduto che la sua vita fosse finita in quel momento, e che i giorni a seguire non fossero stati altro che il trascinarsi sbiadito del suo martirio. Eppure Aleksjéj gli aveva mostrato che poteva ancora aiutare, e ora, di nuovo, la liberazione degli schiavi di Nu'man gli avevano dato una ragione per continuare a combattere. Sembrava che la vita si ostinasse a non volerlo abbandonare a se stesso, suggerendogli a mezza voce che l'Akeran aveva ancora bisogno di lui. Non come Sultano, ma come fantasma benefico e silenzioso; come simbolo in cui credere; come guardiano.
Forse hai ragione: saresti stato un pessimo Sultano... — disse Zeheb tranciando quel flusso di pensieri e collegandosi a esso per coincidenza. — ...ma sei un eroe, e lo sarai sempre.
Un eroe morto. E così devo rimanere. Non sono tagliato per la fama e non voglio deludere l'opinione che gli altri nani si sono fatti di me.
Il Sultano alzò un sopracciglio con aria interrogativa, poi sbuffò sonoramente e si batté una mano sulla pancia.
Come preferisci. Non sarò certo io a convincerti a uscire allo scoperto: tremo al pensiero della quantità di scartoffie e udienze che mi toccherebbe raccogliere in quel caso, come se non ne avessi già abbastanza da sistemare.
Zeheb non era cambiato: anche ai tempi della Rivoluzione non faceva altro che lamentarsi di quei compiti burocratici che si sentiva in grado soltanto lui di portare a termine, e che si accollava di continuo. E presto il Kahraman gliene avrebbe fatti gravare sopra molti altri, con suo sommo dispiacere.
A proposito di questo, Zeheb... cosa hai deciso per la questione degli schiavi?
Il Sultano tornò serio. Anche lui aveva gli occhi lucidi e il naso rosso.
Uhm, una bella gatta da pelare, quegli schiavi... — si grattò una guancia e iniziò a parlare lentamente, chiudendo gli occhi di tanto in tanto. — ...non che abbia grande simpatia per le città libere, e soprattutto per Nu'man. Quei barbari continuano a praticare la schiavitù come se non avessimo combattuto alcuna Rivoluzione, e hanno persino il coraggio di dire che senza di essa l'Akeran non avrebbe visto alcun progresso... sono dei ricchi, grassi e pigri animali; questa è la verità.
Prima di continuare butto giù un altro bicchiere di acquavite.
Ah, ma prendere una posizione decisa contro di loro significherebbe inimicarceli ancora di più e... bah, i mercanti mi ucciderebbero se solo rischiassi di mettere in pericolo le loro preziose rotte commerciali. Far convivere gli interessi di tutti è sempre difficile, ma qui nell'Akeran sembra che le persone abbiano scelto tutte delle opinioni differenti apposta.
Jahrir si fece serio e incrociò le braccia.
Qui non si tratta di compiacere i mercanti, Zeheb. — strinse gli occhi con severità. — Si tratta di fare la cosa giusta. Il popolo nanico si è modellato intorno al sacrosanto diritto alla libertà di ogni individuo; hai già dimenticato per cosa combattevamo?
Mah... il popolo nanico si è modellato intorno a tante cose: le superstizioni e le tradizioni di T'al, modi di dire da gitani rimbambiti, la scontrosità di un orso, un orgoglio profondo e radicato come una vena di rame e... — schioccò le labbra. — ...e libertà, sì.
Il Kahraman mise entrambe le mani sul tavolino che li divideva, si sporse in avanti e puntò i suoi occhi in quelli del Sultano.
Zeheb, rispondi a questa domanda:
preferisci essere il re di un popolo promiscuo, ricco e disonesto - come quello delle terre libere - o di contadini liberi, memori e grati della loro storia?

bvyjm8p

Qashra era tanto bella di sera quanto lo era di giorno, screziata dalla luce dorata del tramonto e scontornata dalle ombre dei picchi intorno a lei. Jahrir, però, non la guardava; se ne stava rivolto verso l'orizzonte nella direzione opposta, dove si apriva un'intera valle di canali che si intrecciavano e perdevano più a sud, scavalcando il confine fra cielo e terra.
Se n'era andato subito dopo il suo colloquio con Zeheb, con la consapevolezza che il giorno successivo gli schiavi sarebbero stati salvi: un messo del Sultano li avrebbe raggiunti e condotti alla Moschea d'Oro, dove l'indisponente sacerdote di T'al sarebbe stato costretto a informare tutta la cittadinanza sulla nuova legge indetta dal popolo nanico: ciascuno schiavo che avrebbe raggiunto le terre del Sultano sarebbe stato liberato dalla sua condizione di servitù e posto al servizio e sotto la protezione di T'al, contro le pretese dei suoi padroni mortali, nel nome della tradizione di libertà e uguaglianza del popolo nanico.
I mercenari che aveva assunto durante il viaggio sarebbero stati premiati e considerati i veri liberatori, forieri di quel cambiamento. Li avrebbero accolti a braccia aperte o insultati, e un po' si sentiva in colpa per averli abbandonati in mezzo a tutto quel caos, sebbene nulla impedisse loro di andarsene.
Lui non avrebbe visto nulla di tutto questo, poiché in quel momento era già lontano dalla gemma del Sultano, fuori dalle mura e diretto verso sud. Si era fermato giusto per tirare due boccate di fumo dalla sua pipa, sedendosi su una roccia e perdendosi ad ammirare l'orizzonte sconfinato davanti a sé.
Dunque, andiamo. — disse tra sé e sé, rialzandosi. — L'Akeran ha ancora bisogno di me.
Ora e per sempre, benim sevgili.
E così dicendo, raccolse le sue cose e sparì con gentilezza nella polvere alzata dalla brezza serale, come il fantasma di un vecchio amico di quella terra.



CITAZIONE
Quest terminata! Come vi avevo detto, si è trattato più di una lunga scena tra me e voi, rilassante e perfettamente inquadrata nel contesto di "Sotto un nuovo sole": spero che vi sia piaciuta e vi sia stata d'ispirazione, nonostante la sua brevità :sisi:
In GdR, Jahrir lascia Qashra di nascosto e saranno i vostri personaggi a essere indicati del merito/colpa di aver liberato gli schiavi di Nu'man. Qualora diceste in giro di Jahrir, semplicemente la gente non vi crederebbe. Potete fare liberamente un post conclusivo in cui descrivete questi eventi; siete liberi di lasciare la città come e quando preferite.
Passo alle ricompense:

Misato Kojima: 500G e 50 Kuruş; non ho molto da aggiungere rispetto alla recente valutazione che ho fatto di te. Mi è dispiaciuto per la bassa partecipazione dovuta alla coincidenza con alcuni impegni, ma siccome hai recuperato il primo post per intero, non ho diminuito in alcun modo la tua ricompensa.
miky1992: 500G e 50 Kuruş; come sopra: ciò che più apprezzo di te è la maturità dei contenuti e dei concetti. Ciò che meno apprezzo sono i numerosissimi errori grammaticali e sintattici. Dai sempre un occhio di più a queste cose.
¬K a h ø r i: 500G e 50 Kuruş; mi sei piaciuta: scrivi senza errori e in modo scorrevole, e giochi un personaggio che, seppur non originalissimo, riesci a rendere in maniera poco scontata. Sei senza dubbio sopra il livello di una bianca, e hai anche compreso velocemente le regole di combattimento. Oltre al premio in denaro, ti assegno anche un punto promozione con il quale puoi riscattare la fascia gialla nell'apposito topic in bacheca.

VOTANTI:

Lucious: 30 G e 3 Kuruş
Numar55: 30 G e 3 Kuruş
¬K a h ø r i: 30 G e 3 Kuruş
Last Century: 30 G e 3 Kuruş
Lill': 30 G e 3 Kuruş
RamsesIII: 30 G e 3 Kuruş
kremisy: 20 G e 2 Kuruş
Fatal_Tragedy: 10 G e 1 Kuruş

La quest conferisce inoltre 50 punti automatici alla sfera della Fede per quanto riguarda "Sotto un nuovo sole"

Va da sé che mi sono dimenticato la mia ricompensa: 500G e 50K anche per me.


Detto questo, ringrazio tutti per la partecipazione e procedo a pubblicare la nuova descrizione del territorio del Sultanato! :zxc: alla prossima~


Edited by Ray~ - 17/2/2016, 20:23
 
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¬K a h ø r i
view post Posted on 18/2/2016, 22:41




Un qualcosa in più.


Il povero ragazzino non si fece più vivo e nessun altro membro di quella sua “potentissima” organizzazione tentò di avvicinare né lei, né gli schiavi. Anche gli altri mercenari, o almeno quelli che avevano combattuto assieme a lei, avevano declinato l'offerta di tradire il Kahraman e tutti quegli uomini e li rivide in giro a fare da scorta ai vari gruppi. Del nano però non v'era più traccia. Come si era ripromessa lo cercò in ogni parte della città per aggiornarlo di quell'imminente minaccia, all'apparenza sventata, ma non lo trovò da nessuna parte. Si recò persino più volte alla scalinata di fronte alla Moschea d'Oro, dove Jahrir andava spesso a fumare la pipa nei momenti di tensione, ma quell'uomo sembrava scomparso, svanito nel nulla, come le orme dei passi sulla sabbia dei deserti che vengono nascoste dal vento.
Valutò l'ipotesi che anche lui avesse potuto incontrare qualche assassino e forse essere stato ucciso, ma uno come lui, che aveva affrontato battaglie e guerre ben peggiori di qualche sicario da strapazzo, non poteva certo lasciarsi morire così facilmente.
Chiedendo in giro, la gente la guardava come se fosse pazza.
- [color=?]Jahrir? Ma che diavolo vai dicendo? È morto tanto tempo fa! Smettila di profanare il suo nome![/color] –
Quelle furono le uniche risposte che ricevette dagli abitanti di Qashra. Lui si era spacciato per qualcun altro, nessuno sapeva fosse ancora in vita, nessuno l'avrebbe aiutata a cercarlo.
Nonostante non capisse cosa stesse accadendo, continuò a far fede alla sua promessa proteggendo i suoi uomini per il resto della giornata e, quando calò la notte, decise di fermarsi per riposare e che avrebbe continuato le indagini il giorno dopo.

Quando riprese le sue ricerche c'era un'atmosfera strana per le vie della città e tutti la fissavano diversamente dal solito, come se nei loro occhi ci fosse ammirazione e non sdegno. Fece finta di nulla per tutta la mattinata, perché aveva cose ben più importanti di cui occuparsi, fino a che un nano non le si parò davanti: indossava vesti pregiate e stringeva in mano una pergamena arrotolata.
L'ombra cercò di schivarlo, ma questi non sembrava avere intenzione di lasciarla passare. Forse era un altro di quegli assassini.
- Mmmh... Cosa vuoi? -
L'uomo la squadrò per un istante con una certa aria di superiorità, poi srotolò la pergamena davanti a sé e, dopo essersi schiarito la voce, ne afferrò le estremità con le mani ed esordì a gran voce.
- Per ordine di sua eccellenza, il Sultano Zeheb, ogni schiavo che abbia raggiunto le terre del Sultanato, sarà liberato dalla sua condizione di servitù e posto al servizio e sotto la protezione di T'al, contro le pretese dei suoi padroni mortali, nel nome della tradizione di libertà ed uguaglianza del popolo nanico. -
Arrotolò di nuovo la pergamena e fece un piccolo inchino col capo, poi le si rivolse quasi con un sorriso.
- Sono un messo della corte, inviato qui per accompagnare questi uomini alla Moschea d'Oro, dove troveranno asilo. -
Tra gli schiavi ci fu un crescendo di esultanze e gridi di gioia: alcuni semplicemente sorrisero, altri iniziarono a stropicciarsi gli occhi come se stessero vivendo un sogno, altri ancora si abbracciarono dandosi delle vigorose pacche sulle spalle. A vederli così, li avrebbe definiti felici.
Intanto la gente si era radunata attorno a loro e la fissava con sguardi increduli, bisbigliando di quanto fosse assurdo che un essere come quello avesse salvato tante persone.
- Chi mi garantisce che non gli farai del male? E dov'è Jahrir? -
Il nano si fece improvvisamente serio, come se quella frase lo avesse ferito profondamente.
- Puoi accompagnarli, se vuoi, ma non ti azzardare mai più a nominare il Kahraman in questo modo, intesi? -
Quel tono severo e quell'espressione accigliata le fecero capire che quel discorso sarebbe dovuto morire lì, un po' come il grande condottiero nei ricordi di tutti gli abitanti della città.
L'ombra si limitò dunque ad annuire e si mise in marcia in coda al gruppo, guidato dal messo, così da poter tenere d'occhio la situazione.
Lungo la strada la gente continuò a fissarla, qualcuno la indicò mentre spiegava agli altri la situazione, i più coraggiosi addirittura le si avvicinarono per complimentarsi. Forse iniziava a capire.
Credono che il merito di quest'impresa sia mio... Chissà se per gli altri sarà lo stesso...
Quando infine arrivarono nella piazza antistante la grande moschea, scorse il sacerdote con cui aveva parlato al suo arrivo in piedi di fronte al portone, con quella sua postura da uomo di fede.
Non appena li vide arrivare, questi si diresse velocemente verso il nano, si scambiarono qualche parola, e poi la raggiunse, salutandola con un cenno del capo. Sembrava stizzito, ma non lasciò trapelare nulla dalle sue parole.
- Ebbene, vedo che alla fine T'al ti ha indicato la retta via. È nobile da parte tua aver aiutato queste persone così bisognose. Sono certo che il grande T'al ti ripagherà con il suo immenso amore per questo. -
Anche lui fece un piccolo inchino con le mani congiunte, forse in segno di ringraziamento.
- T'al, mh? Già. Ma non è me che dovreste ringraziare. – Volse lo sguardo alla statua di bronzo al centro della piazza e sentì qualcosa di strano al centro del suo corpo, ma cercò di non farci caso. - Mmmh... Il mio lavoro qui è finito a quanto pare. Prendetevi cura di questi uomini... E che T'al vi protegga. -
Ovviamente non credeva in quell'ultima frase, ma sapeva bene che in quel modo sarebbe stata più convincente. Anche lei fece un inchino all'officiante, in segno di rispetto e di saluto, come erano soliti fare i mortali. Questi ricambiò e poi si voltò, dirigendosi verso il gruppo di ormai ex-schiavi ancora increduli della loro grande fortuna.
Lei li salutò da lì con la mano e loro fecero altrettanto, poi si allontanò imboccando la prima strada che si trovò davanti e non si fermò fino a che non si ritrovò fuori dalle mura di Qashra.

Era di nuovo sola, senza una meta né uno scopo. Ma c'era qualcosa di diverso in lei, una consapevolezza in più. Non si trattava della fede e nemmeno di tutta quella faccenda sugli schiavi. O meglio, sì, quegli uomini c'entravano eccome. Ma come esseri che provavano dei sentimenti, come persone con cui aveva speso assieme diversi giorni e che le avevano lasciato qualcosa dentro. Non capiva cosa fosse, né da dove provenisse esattamente, ma quella strana sensazione al centro del suo petto non l'aveva abbandonata dalla piazza della città e lei si sentiva stretta come in una morsa. Non era qualcosa di brutto, o almeno, lei non lo avrebbe definito così per quanto ne sapeva.
Forse è così che ci si sente quando si aiuta qualcuno... O quando gli si vuole bene... O forse questa è quella che chiamano amicizia...
Era ancora molto confusa al riguardo e sapeva bene che non sarebbe giunta ad una conclusione in breve tempo. No. La sua avventura sarebbe continuata ancora a lungo: c'erano tante altre cose da scoprire, nuove persone da conoscere e luoghi da esplorare. E avrebbe dovuto apprendere, apprendere sempre di più. Ma di una cosa era più che sicura: quell'esperienza l'aveva cambiata e le aveva dato qualcosa di unico, che non avrebbe mai più dimenticato.

la Tentazione.

Corpo: 80%
Mente: 75%
Energia: 80%
Riserva CS: //
Passive utilizzate: //
Attive utilizzate: //
Note: niente di che, post di chiusura della role. Ancora grazie a tutti quelli che hanno partecipato :riot:
 
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view post Posted on 21/2/2016, 22:04
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
········

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Sotto un nuovo sole; il Sultanato - Inseguimento -
Era ferma, seduta in quella stanza che aveva condiviso con alcuni degli schiavi sotto la sua protezione e guardava fuori. Aveva rifiutato l’offerta di quel ricco mercante e, ora, cosa avrebbe fatto? Che problemi sarebbero sorti? Smise di contare il tempo che passava, senza mai lasciare la stanza, quasi come se avesse davvero paura che qualcuno potesse entrare da un momento all’altro ad attentare alla vita di quella gente che, a suo parere, ne aveva subite fin troppe di angherie.
Quando alla fine la porta si aprì davvero gli schiavi si voltarono preoccupati e Ririchiyo scattò in piedi sfoderando la sua naginata e preparandosi ad usare il potere del demone. Certo, dopo la trasformazione l’avrebbero guardata tutti con orrore probabilmente, ma per salvare le loro vite era un prezzo che poteva pagare. Per fortuna non era qualcuno di crudele, un criminale, era un mandante del tempio, si vedeva anche dal modo di pronunciare le parole.

«I vostri schiavi sono liberi, sono protetti dal sultanato e sotto l’ala di T’al nessuno farà loro del male.»


La ragazzina rimase in silenzio abbassando però la sua arma e rinfoderandola senza ulteriori indugi. Fissò a lungo quel mandante ma non sapeva se fidarsi o meno, il nano non era andato ad avvisarli: perché? Il silenzio si protrasse fin troppo a lungo e alla fine, a riempirlo, fu proprio lo schiavo con il quale aveva scambiato un piacevole dialogo qualche sera prima. Lui la guardava con gli occhi pieni di lacrime, con lo stesso sguardo di qualcuno che era riuscito a raggiungere il sogno che accarezzava da una vita intera.

«Siamo liberi….siamo liberi…»


Parole semplici, rotte da un pianto di felicità. Se prima voleva assicurarsi davvero che fosse tutto reale adesso quell’idea scemò lentamente dalla sua mente. Il nano non era andato da loro, forse non era nemmeno più in città, in fondo non voleva che si sapesse di lui.

"È stato più furbo di noi…"


Poco ma sicuro. Alla fine la ragazzina voltò lo sguardo verso il messo e annuì con aria grave.

«Lo spero per voi. Se dovessi scoprire che non avete mantenuto fede alle vostre parole tornerò qui.»


Non disse altro, lasciò la frase alla libera interpretazione dell’uomo che avrebbe potuto riferire il dialogo come meglio avrebbe creduto. Non salutò gli ex schiavi, non degnò di una sguardo la stanza e superò il messo quasi come se non fosse nemmeno stato realmente presente. Si allontanò ignorando qualsiasi cosa o persona e cercando di uscire da quella città il più velocemente possibile.

***


Quando fu alle porte, proprio mentre cercava di farsi notare il meno possibile, notò qualcuno superarla prima di lei: era uno dei mercenari che aveva combattuto quella battaglia con lei. Aveva un aspetto strano, quasi quanto il suo.

”Secondo te dove se ne andrà?”


"Come potrei saperlo? Perché? Ti incuriosisce per caso?"


”Parecchio….con quell’aspetto non deve essere stato facile sopravvivere a questo modno….”


"Forse dovresti smetterla con questa storia. Siamo in tempi di guerra, duri, difficili…per nessuno è facile vivere. Credo che dovresti smetterla con questa storia…"


Ririchiyo ignorò le parole del demone iniziano a camminare svelta, sempre più svelta per stare dietro al passo de La Tentazione per raggiungerla prima che potesse sparire oltre il suo sguardo, oltre quel limite dopo il quale non sarebbe più stata in grado di raggiungerlo.


CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico:
    •Danno basso al braccio sinistro.
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 105/125 %


    Mente 110/125%


    Corpo 45/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare (5/6)
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

»Riserva CS: 0

code by Misato Kojima ♥ don't copy

 
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