Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Ciò che non conta

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~ D a l y s
view post Posted on 12/2/2016, 23:52




the emptiness that we confess
in the dimmest hour of day



Era stata prigioniera di una gabbia d’oro senza tempa, di un sogno da cui era impossibile svegliarsi, come nel peggiore degli incubi. Era stata sola, in una camera piena dell’odore di molti uomini. Era stata talmente piena di estranei da poter vomitare i loro cuori al sorgere di ogni sole. Era stata seduta sul trono, con le gambe accavallate e la punta del piede a schiacciare il suo stesso mondo. Era stata distesa sui braccioli a gambe aperte con lo scettro in una mano sola e l’altra a carezzarsi la fronte asciutta sognando di avere pensieri più bagnati. Aveva corso nei giardini proibiti, rotolato tra l’erba umida, volato nel cielo bollente. Si era fatta lanciare tra le nuvole e nell’acqua più profonde, nella neve che si squagliava al suo tocco. Aveva nutrito i desideri più proibiti, ubriacandosi della loro soddisfazione. E si era privata di tutto fino a trasformare il dolore in piacere.
Era stata come le fiamme ardenti, consumando la vita fino alla fine dello stoppino. Era stata come il fumo, inafferrabile, incomprensibile, impossibile da guardare troppo a lungo senza restarne ipnotizzati. Eppure non era più riuscita a fermarsi e appartenere, a chiudersi su se stessa per concludere quella danza ripetitiva e folle. Non aveva provato alcun piacere meno strutturato di un vino fermentato molti anni. E sognava di poter sorridere per qualcosa di più stupido dei suoi compagni di letto.


Non ti manca il tuo corpo, costrutto?


Era sdraiata tra le sue braccia meccaniche, le uniche che riuscissero a reggerla senza rabbrividire. Il piacere impossibile da esprimere e il vuoto freddo che lentamente si annoiava di esistere. Carezzò quel viso senza volto con le dita tiepide. Si bagnò un polpastrello, disegnando un sorriso umido sul metallo liscio.


Non vorresti avere degli occhi per vedere il colore imperfetto di ogni cosa? Non vorresti avere delle labbra per bruciarle d’estate e infrangerle contro il mio corpo d’inverno?


Lui non parlò. Non ne aveva bisogno. Il suo corpo ebbe un tremito talmente violento che le strappò una risata sommessa. Si sedette a cavalcioni di quella figura, di quella gabbia che chiudeva dentro ciò che lei aveva lasciato scappare fuori da troppo tempo. Poggiò i propri palmi su quelle che non erano guance, mentre un velo di pietà le calava sugli occhi d’acciaio.


E poi mi abbandoneresti per sempre, in cerca di una donna vera?


Erano così simili. Aveva smesso di illudersi e di non ammetterlo. Lui le circondò le spalle con le mani, avvicinandola lievemente a sé. Forse era una promessa, o forse una minaccia. Poggiò la fronte contro la sua, espirando delicatamente.


Sarà il mio regalo. Per te”.


Gli doveva la compagnia di molte notti, in cui gli altri si erano susseguiti e lui era rimasto, insonne, a coprirla con le lenzuola. In cui lei fingeva di dormire per imprigionarlo tra le palpebre socchiuse di nascosto. Gli doveva la fedeltà di anni trascorsi nel lascivo divertimento di una girandola insensata, dove i giovani invecchiavano e lei rimaneva uguale, senza più dimensione per la memoria e la maturità.
Glielo doveva perché voleva guardarlo in faccia, una faccia vera, e scacciare quell’inquietudine che li rendeva più vicina. Perché doveva finalmente avere il controllo su di lui come su tutti gli altri. Perché quelle come lei non potevano permettersi di…


before a moments glory
the light begins to fade
Say you'll see me again
even if it's
just in your
wildest dreams



…Scopare!


L’uomo spalancò gli occhi, occhi lucidi, alzando a guardare quelli di lei, due pozze smeraldo profonde come un prato affacciato su un dirupo. Di lei che gli era arrampicata addosso, con la sottoveste di seta sollevata sopra le cosce e una mano attorno al suo collo.


Ecco quello che faremo”.


Lei rise forte, con la mano destra che scioglieva gli spilloni dei capelli. Gli assestò un deciso colpo di reni, spingendolo sui cuscini che coprivano il pavimento, a cavalcioni sopra di lui.
Erano così vicini che le punte dei nasi si sfioravano. Aveva un profumo elaborato, di spezie e di sandalo e le sue labbra erano rosse, con lievi tracce di saliva a renderle lucide come la buccia della ciliegia.


Mi hanno detto che ti sei impiantato un occhio talmente potente da vedere come veramente sia una persona”.
Si spogliò la veste con un unico movimento deciso. Rideva ancora. Sentì la stoffa atterrare poco lontano dalla sua testa.
Chiaramente avevano ragione”.


La sfiorò delicatamente, ancora pensando che si sarebbe svegliato a breve. Stava al tavolo della taverna, aspettando clienti disposti a comprare la sua merce. Ed era arrivata lei, vestita come una cittadina del Dortan tutta trine e merletti. Tutta quella stoffa, poca per la verità, rossa che lasciava intravedere quanto denaro potesse spendere gli era piaciuta. Ma non avrebbe creduto che lei prendesse così sul serio la sua proposta di trattare in privato.
Stava considerando l’ipotesi di chiederle spiegazioni, ma lei aveva premuto quelle labbra irresistibili sulla sua bocca. E i suoi fianchi erano così caldi così…perfetti.
Che quasi non sentì le mani della donna che gli stringevano il collo. Almeno fino a quando non gli mancò il fiato.


Ascoltami bene”.


Era difficile concentrarsi sulle parole. C’erano quelle dita strette attorno al suo collo. E c’era dell’altro stretto…beh insomma, stava perdendo il filo, ecco. Non poteva farci nulla.


Ho bisogno di un appoggio. In incognito. Che faccia cose per me. E tu hai evidente bisogno di compagnia”.
Evidente. Quella voce, dei come sapeva essere convincente. E profonda.
Finchè io non trovo quello che cerco. Farai grossi affari”.


Boccheggiò, incerto sulla ragione, sicuro che lei non avrebbe ammesso obiezioni. Cercò di sorridere, ma era difficile. Anche perché non solo le sue mani erano calde. Oh no.
OH. NO.
Erano bollenti. Tutto lo era. Come se lei stesse lentamente andando in ebollizione. Non aveva molta esperienza, ma era quasi certo che non succedesse a quel modo. Annuì. Perché, ecco, non era proprio il caso di iniziare la loro convivenza a quel modo.
Lei sciolse le dita e posò un bacio lieve sulla sua guancia.


Visto che te ne intendi di questa città…


Pensò a lui che le diceva di intendersi della rivoluzione del Canale, di tutto quello che stava nascendo in quel luogo favoloso. Si chiese se avrebbe trovato quelle mirabolanti meraviglie che lei era venuta a cercare, quali che fossero.


…per prima cosa organizzeremo una festa. Musicisti. Donne. Molti uomini. Senza badare a spese”.


Lui la guardò aggrottando la fronte, incerto. Forse era un gioco di parole.
Lei strinse le cosce. Con quel calore che pareva provenire da sotto la pelle. Quel bollore. Quel fumo che le saliva lieve dalla curva della schiena. No buono. Niente gioco di parole. Solo puzza di roba bruciata.


Ricevuto”.


Lei si alzò in piedi, stiracchiandosi verso l’alto. Gli rivolse un’occhiata di sfuggita, che gli fece venire le farfalle.
Farfalle gratinate.
Nello stomaco.


Lo faccio per una buona causa, sai?
I suoi capelli corvini erano così lunghi da coprire quella cosa che aveva rischiato di ucciderlo. La guardò imbambolato. Poi alzò gli occhi sulla sua risata.
Ah sì?


Alla fine era riuscito a parlare. Dare attenzioni alle belle donne era fondamentale, da manuale. Lei annuì, cercando una sedia che non trovò. Si strinse nelle spalle.
Lui pensò che l’aveva giudicata male. Che c’era qualcosa dentro di lei che nessuno poteva vedere, un piccolo nocciolo scintillante di pietà e grandi segreti, un vuoto incolmabile. Era per quello che era giunta fin lì e a pensarci, mentre annegava in quello sguardo, quasi si commosse.
Quasi.


Mi stavo annoiando”.


La lingua le saettò sul labbro superiore con il suono schioccante di un unico applauso.
Si era quasi commosso, pensò. E lei se ne era accorta, le era piaciuto. Molto più efficace che mostrarle la propria collezione di caleidoscopi, insomma. Era proprio vero che in quella città si faceva la rivoluzione.



CITAZIONE
Scena puramente for fun tra me e Last. Se qualcuno vuole unirsi ce lo dica prima in privato, altrimenti noi andiamo avanti <3

 
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view post Posted on 16/2/2016, 03:06
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Cavalier Fata
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Ciò che non conta. ~ Serata di Festa.
« Se solo fosse sempre tutto così semplice... »

« Per piacere, non lo starei chiedendo in questa maniera se non fosse importante. »

Un ometto di mezza età, con l'aspetto di uno a cui la vita aveva riservato un posto in prima fila nella sfortuna, si era presentato da me di prima mattina chiedendo, insistentemente, se fossi disposta ad intrattenere il pubblico ad un evento privato. Diceva di avermi sentito cantare la sera precedente, mentre mi esibivo per raccogliere qualche spicciolo durante il mio viaggio di ritorno al nord, e che la mia performance non era stata affatto malvagia.

« Perché rifiutare? È una occasione come tante altre per lavorare. »
« Significherebbe ritardare la mia partenza per l'Edhel di diversi giorni, capitemi... »

Oltre al fatto, non specificato, che non sarei stata la sola a cantare quella sera e, probabilmente, mi sarebbe stato chiesto di duettare con una delle altre artiste locali. Non che mi dispiacesse come idea, la musica delle terre del sud mi aveva sempre colpita in qualche modo, così come la danza, ma per me risultava davvero difficile entrare facilmente in sintonia con qualcuno, figuriamoci cantare o suonare.

« Vi pagherò bene, abbastanza da garantirvi un posto su una carovana di lusso. Ecco... »

Si frugò insistentemente dentro la tunica beige che indossava, estraendone un piccolo sacco di cuoio nero. Lo appoggiò sul tavolo a cui eravamo seduti, aprendolo per rivelarne il contenuto: diverse monete d'oro tintinnarono rotolando sino alle mie mani. Tamburellai con le dita piuttosto tentata dall'offerta. Il massimo che poteva succedere, volente o nolente, era di avere una prestazione scadente ma, a quel punto, almeno metà del denaro sarebbe già stato al sicuro nelle mie tasche. Di certo non era la reputazione ad importarmi così tanto.

« Metà adesso e metà a lavoro finito? »
Lo squadrai, fissandolo da sotto il mio largo cappello.
« Hmm... » si accarezzò la testa, oramai ridotta ad una spaurita radura con qualche timido capello bianco. Parve riflettere approfonditamente sulla mia semplice richiesta, nemmeno gli avessi proposto chissà quale complicato calcolo matematico e, alla fine, grugnì qualcosa di simile ad un sì.
« E sia, ma se non fai le cose per bene mi riprendo tutto quanto indietro, sia chiaro. »
Alzai le mani a quelle parole.
« Un patto è un patto, ditemi solo a che ora e dove devo presentarmi. »
« Metà pomeriggio, per incontrare gli altri membri dell'orchestra alla locanda di nuova apertura che si affaccia sul canale. Sarà quella addobbata con i festoni, non puoi mancarla nemmeno volendo. »
Allungai le dita raccogliendo metà delle monete.
« Non mancherò. »

[ ... ]


Il canale era un luogo splendido dove trascorrere un periodo in assoluto riposo e spensieratezza, lontano dalle problematiche vicissitudini che si erano susseguite al Dortan e nel profondo nord. Per l'Akeran era un periodo di grande innovazione, di profondi cambiamenti culturali e sociali, molti dei quali persino eccessivamente all'avanguardia per i miei gusti, ben più modesti e radicati in una mentalità umana. Nonostante questo mi bastava respirare l'aria di quei grandi cambiamenti per sentirmi spinta a mia volta a mettermi in moto, a fare qualcosa che non fosse aspettare passivamente l'ennesima guerra o catastrofe. Passando lungo gli argini del molo principale, nella speranza di individuare la locanda innominata in cui si sarebbe tenuta la festa, mi fermai a guardare le navi che attraccavano o salpavano dalle banchine. Mi dava uno straordinario senso di libertà quello stile di vita avventuroso, privo dei limiti imposti da una bandiera o una divisa. Magari, un giorno, avrei preso armi e bagagli salpando alla volta di una di quelle avventure leggendarie da tramandare con balli e canti sino alla fine dei tempi. Del resto a cosa serve un musico, se non a raccontare una storia?

Pochi minuti, e interminabili domande ai marinai, dopo trovai finalmente il posto. Alcuni operai stavano allestendo proprio in quel momento numerose ghirlande e striscioni variopinti, oltre che un via vai frenetico di botti, vivande e vettovaglie di ogni tipo e natura. Chiunque avesse organizzato quella festa - e qualunque fosse il motivo - non si era certamente fatto scrupoli a spendere un capitale. Senza infastidire i lavoratori entrai nella locanda.
All'interno la situazione era ancora più caotica: una moltitudine di persone stavano sistemando panche, tavoli e quant'altro sotto lo sguardo attento del vecchio che mi aveva ingaggiata. In un lato, distante dal fulcro dell'attività, c'erano tre ragazze ed un ragazzo di bell'aspetto presi dal parlare ad alta voce. Quando il vecchio mi vide me li indicò con la mano, facendomi cenno - in una maniera piuttosto grezza e volgare - di unirmi a loro. Sospirai, pregando gli dei di non dovermi sorbire qualche strampalato gruppo di ragazzini speranzosi di passare alla storia per le loro doti musicali. Erano tutti e quattro molto belli, dalla pelle olivastra e dai capelli scuri, indossavano abiti larghi e dai colori accesi e vistosi in tonalità che variavano dall'azzurro all'arancio. Io, al confronto, sotto il mio spolverino rosso sembravo poco più che una povera pezzente.
Vedendomi avvicinare una delle ragazze, quella più alta, si tirò in piedi - giacché poco prima stava distesa tra le braccia dell'unico uomo presente - salutandomi con la voce più stridula e fastidiosa che il cosmo mi avesse mai permesso di sentire.

« Questa deve essere la seconda voce del concerto! »

La seconda voce del concerto.
La seconda voce del concerto.
La seconda voce del concerto.


Nella mia mente apparirono e scomparirono, alla velocità del suono, decine di migliaia di modi atroci in cui porre fine alla sofferenze di quella povera sguattera. Mi trattenni - per la mia stessa incolumità e perché non valeva la pena d'essere bandita dall'Akeran per omicidio - salutando cortesemente con un cenno del capo.
La seguente ora e mezza la passai a provare alcune canzoni con loro e, a dispetto dell'impatto iniziale e della mia poca voglia di collaborare con ragazzini viziati del suddetto calibro, mi dovetti ricredere in merito alla loro bravura. Caterina, la prima voce del concerto, era veramente brava, tanto quanto me, mentre i suoi compagni suonavano in maniera magistrale i loro strumenti, fornendoci la base perfetta per qualsiasi cosa ci fosse passato per la mente di cantare. Alla fine, data la natura della mia voce - molto più morbida - ci accordammo sul fatto che io avrei fatto le parti principali delle canzoni e lei quelle degli acuti ed il controcanto più alto.
Tra una prova e l'altra il tempo a nostra disposizione venne meno.

[ ... ]

Sera, inizio della festa.

Battendo due volte il tacco dello stivale sul palchetto di legno attirai l'attenzione del nutrito gruppo di ospiti arrivati alla taverna. C'era davvero un discreto gruppo eterogeneo e molti altri, attirati dalla curiosa folla, si stavano unendo ai festeggiamenti. La maggior parte, me compresa del resto, probabilmente nemmeno sapevo il perché si trovavano lì, ma essendoci cibo e vivande in quantità - oltre che buona musica - dubitavo che quella questione interessasse la testa dei più. Con un colpo di tosse mi schiarì la voce preparandomi a cantare. Al mio fianco Caterina fece lo stesso, mentre alle nostre spalle gli altri presero a suonare le prime note della canzone che avevamo scelto.

« Buona sera signore e signori, siamo lieti di darvi il benvenuto a questa serata di festa. »
Nonostante le rimostranze degli altri avevo chiesto di poter tenere il cappello in testa, non volevo che i miei occhi attirassero l'attenzione di qualche convinto cacciatore di streghe.
« La prima canzone parla di un segreto... » sorrisi a Caterina. « ...chi non ne ha mai avuto uno? »

Quella canzone l'avevo sentita la prima volta durante una serata di festa in Roesfalda, quando lavoravo per il mio patrigno, ed ero il secondo violino del complesso locale. Mi aveva colpita perché, in qualche modo, era allo stesso tempo allegra ed inquietante al tempo stesso. Volendo essere proprio sincera la mia parte preferita era il duetto che arrivava a tre quarti della canzone per cui mi ero accordata con la mia compagna. Sotto la musica più leggera degli strumenti recitai la piccola scenetta.

« Allegra? »
Domandò, fingendo una vocina tremolante.
« Sì, Caterina? »
Le risposi, inclinando un poco la testa nella sua direzione.
« C'è qualcosa che devo dirti... » fece una piccola pausa. « ...ma devi promettermi di non dirlo a nessuno. »
« Lo prometto. »
Mi guardò titubante, con una delle migliori interpretazioni che avessi mai visto.
« Lo giuri sulla tua vita? »
Affilai lo sguardo, fissandola negli occhi.
« Lo giuro sulla mia vita. »

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Yes two can keep a secret if one of us... is dead!

 
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view post Posted on 18/2/2016, 16:03
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Roma! Roma? Si, Roma.

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Qatja-yakin - Residenza de Sang
«Eastern Winds»

Ogni giorno sembra quasi lo stesso, ormai. Ogni giorno mi alzo all'alba, faccio colazione, leggo un po, do l'acqua alle piante. Poi si va al mercato, distinzione un po inutile visto che non c'è una stradina o una via che non sia piena di bancarelle e botteghe, per lo più di ingegneria e Alchimia, qualche locanda e pochi negozi d'antiquariato. Strade sempre affollate di giorno, col calare della sera il baccano diviene un brusio. Quando buona parte della popolazione si ritira per riposare, gli ingegneri addette alle chiuse si rilassano dopo la dura giornata di lavoro, seduti come amici di vecchia data sulle sponde del canale, sorseggiando vino o birra. Il vino non è un gran che a meno che non sia d'importazione, ma la birra prodotta dai nani è semplicemente divina. Non posso berla in pubblico, qui la gente non è come a Dortan, ai bambini non gli permettono nemmeno di avvicinarsi all'alcool, sono molto pignoli su questo. La ristrutturazione della villa è quasi conclusa, ho fatto riadattare il vecchio scantinato con un sistema di tubature che portano acqua pulita. Oh si, il macchinario, quel chiassoso barilone metallico impiantato da Otto. Si trova ancora in fase sperimentale, ma sembra funzionare bene se si escludono gli intoppi frequenti dopo ogni attivazione. Se lo sviluppo dovesse avere successo il tenore di vita della città migliorerebbe considerevolmente. Un sistema di filtraggio per l'acqua marina, se ne dovrebbero costruire di più grandi sulle sponde, in numero sufficiente da poter confluire con l'acqua recuperata dalle falde sotterranee. Quello nello scantinato è piccolo, ma perfetto per riempire la vasca interrata con acqua pulita. Non c'è niente di meglio di un bagno fresco durante le afose giornate ai confini del Sultanato. Ma oggi non ' come gli altri giorni. Per questo mi sto tirando a lucido, ormai sono a mollo da quasi due ore, qualcuno la considererebbe una pazzia, ma devo essere perfetta.



« ? Ma che ce frega, ma che ce importa,se l'oste ar vino c'ha messo l'acquaaaaa! ? » Inoltre con la vasca posizionata nello scantinato non devo preoccuparmi che qualcuno possa sentirmi cantare, distruggere la mia nobile etichetta con qualcosa che non può risultare se non volgare e plebea alle orecchie dei più curiosi. A detta di Otto però farmi vedere come una giovane nobile è la scelta migliore di questi tempi, molti abili inventori ed artisti sono in cerca di un mecenate e lui sa come scegliere quelli per cui vale la pena spendere un po di denaro. « ?E noi ie dimo, e noi je famo, c'hai messo l'acqua, e nun te pagamo! ? »

« Non pensavo che ti piacesse ancora cantare queste canzonacce. » La voce di otto mi prende completamente alla sprovvista, facendomi sussultare dentro l'ampia vasca che segnala con fare evidente la mia sorpresa. I bordi della stessa sono abbastanza alti da coprire la visuale di chiunque, per questo non si è fatto grossi problemi ad entrare. Afero i bordi con le mani, sollevando il capo quel tanto che basta per rendere visibili gli occhi, due piccole fessure marchiate da uno sguardo astioso e chiaramente offeso. « Sono canzoni popolari e sono arte! »

« Ti manca proprio Ladeca, hmmm? Comunque, ho fatto ritirare l'abito, una delle domestiche l'ha già portato nei tuoi alloggi. Ahem, comunque, buon bagno. » Si dirige con fare trafelato nel salotto d'ingresso, probabilmente a pianificare nuovi miglioramenti per il macchinario di filtraggio. Avevo pensato di farmi accompagnare da lui, ma ahimè con la mole di lavoro che si ritrova in qualità di capo ingegnere non ha proprio tempo per stare dietro a certi divertimenti mondani. Una festa, proprio qui, come quelle a cui la mamma era solita accompagnarmi nel Dortan. « Un nobile senza nome che decide di indire una festa su una città del canale senza fare nomi o dare inviti. Una semplice dimostrazione di sfarzo, quasi data per noia. »



Era questa la vera domanda, perché? Certo era inevitabile che il crescente sviluppo tecnologico avrebbe irrimediabilmente attratto ricchi benefattori ben oltre i confini del Sultanato, ma chi lo fa diviene semplicemente un mecenate. Invece, una festa, ha un che di classico ma al contempo di superfluo. Si potrebbe pensare ad una questione di fama, ma non ci sono nomi dietro ad essa. Se fosse stato un modo per sbarazzarsi di qualcuno allora non avrebbe fatto tanto baccano, una semplice festicciola privata tra volti complici con obbiettivi comuni. Una festa data per il semplice gusto di darne una sembra essere la pista più ragionevole, eppure la mole della stessa e la quantità di beni scialacquati per prepararla rendono impossibile non pensare che ci sia qualcosa sotto. Rimuginarci su non mi darà certo le risposte che cerco, se ci sarà una sorpresa allora sarà li per assistervi di persona! Mi copro con un asciugamano grande abbastanza da avvolgermi tutta, una rapida asciugata e poi via nella mia stanza, sperando che il sarto sia abile quanto è pagato. Cremisi scuro con merletti neri, nel complesso semplice e sobrio, spalline larghe per non farmi sembrare eccessivamente gracile, un grazioso fiocco nero per raccogliere i capelli in una lunga coda sciolta. Non avevo mai ordinato un vestito sino ad ora, ma nel complesso non credo farà una brutta figura. Magari mi ripasso un po d'etichetta, che non fa mai male.



[...]



Una locanda appena aperta, enorme, addobbata a festa come se fosse nato il figlio del re. Oh, beh, del sultano. C'è una mole di persone impressionante, ma i più non indossano vesti più complesse di un semplice cittadina qualunque. Ed io mi ritrovo nel mezzo della folla, risaltando come una rosa rossa in un campo di margherite, squadrata con un misto di sorpresa e curiosità. Mi aggiro nella sala principale con fare curioso, ma composto, devo comunque dare quantomeno l'impressione di appartenere ad una discendenza nobile. Nel Dortan appartenere alla nobiltà è un vero fastidio. La gente comune ti giudica con astio, la nobiltà ti guarda come un fastidio o un ostacolo, tutti gli altri vedono solo una ricca e facile preda di cui nessuno piangerà la dipartita. Ma qui al Canale è tutto diverso, qui i nobili sono visti come mecenati e facoltosi filantropi, abili uomini d'affari e astute mercanti. Certo i ladruncoli dei vicoli bui li considerano ancora come una valida fonte di profitto, ma finché si ha una coppia di guardie del corpo come le mie allora non c'è nulla di cui preoccuparsi. Oggi però ho preferito concedergli un giorno libero, Jericho in particolare sembra aver preso davvero a cuore lo sviluppo tecnologico del sultanato. Principalmente per armi da fuoco ed esplosivi, ma è comunque un bel pensiero! Certo è che per ora non c'è molto da fare qui dentro, la maggior parte degli ospiti se ne sta in piccoli gruppi seduti attorno a tavoli ricolmi di cibarie, discutendo di fede e scienza come accademici del Lithien. La maggior parte di loro però deve essere qui nella speranza di incontrare la persona dietro ad un simile banchetto, magari per ingraziarsela e ricevere finanziamenti per i propri progetti. Voglio incontrarlo anche io, per mera curiosità, chissà che non incontri un volto familiare. Nell'attesa mi lascerò cullare dalla piccola banda addetta all'intrattenimento canoro degli ospiti, sgranocchiando silenziosamente una mela rossa, rispondendo con un sorriso cortese a chiunque rivolgesse il proprio sguardo verso di me. Nulla di più, non volevo attirare l'attenzione più dio quanto avessi già fatto con i miei abiti sgargianti.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {100%} ~ Mente {100%} ~ Energie {100%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)
» Passiva Personale - Grazia del Duellante: (6/6)


Attive & Oggetti:

//






giphy


 
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Endymion~
view post Posted on 19/2/2016, 23:07





Party Hard



«Diana!» gridò il giovane mentre si apprestava a salire a due a due gli scalini che portavano al primo piano della taverna. «Dove sei?»
«Sono qui!» rispose la donna.
Senza esitazioni Zephyr seguì la voce, entrando nella seconda porta sulla sua destra. «Ehy!»
«Bentornato!» disse mentre stava rifacendo il letto.
«Hai un buon vestito e qualche amica che ti aiuti con i capelli?»
Diana lo guardò interdetta prima di rispondere, non senza qualche dubbio «Sì...? Perché?»
«Questa sera ci aspettano ad una festa» Tirò fuori dalla tasca una lettera con su scritto “Per Zephyr Blackhart”, e con un sorriso a trentadue denti sventolò trionfante il falso invito.
«E cosa sarebbe?»
L'espressione di gioia svanì dalla faccia del uomo «È l'invito ad una festa. Heh» sospirò «E io che volevo solo portarti con me e farti vedere come trascorrevo le serate in gioventù.» Abbassò la testa e guardò teatralmente verso il basso, tentando di emulare l'espressione di un triste cagnolino.
Diana gli prese la lettera di mano, guardandola per bene. «Hmmm, e chi mai ti inviterebbe a questi eventi?»
«Bhè, sai, sono il proprietario del Drago Rosso...»
«Una locanda come mille altre, e nemmeno tanto rinomata, visto che ci spostiamo spesso.»
«Ho tante conoscenze tra la malavita.»
«Nah, direi più...» la donna gli si avvicinò, guardandolo dritto negli occhi «...che tu abbia fatto questo falso invito, solo perché l'altro ieri ho insistito nel voler sapere qualcosa del tuo passato, 'nevvero?» Le labbra rosee si incresparono in un sorriso di malizia.
«Huh? No. Avevo solo voglia di andare ad una festa ed ubriacarmi.» tentò di tagliare corto l'uomo senza guardarla in volto e scacciando una fastidiosa mosca invisibile con la mano destra.
«Allora...» la mano di lei prese il colletto della camicia di Zephyr e lo tirò a sé finché le loro labbra non si incontrarono. Il bacio però fu breve: lei stava giocando con lui.
«E questo cosa sarebbe?» chiese amareggiato.
«È l'anticipo di cosa ti aspetta questa sera.»
«Mi sembra un anticipo troppo piccolo, non so se può bastare come caparra» disse mettendo le mani sul fianco di lei sorridendo.
«E invece io penso che lo sia» con gentilezza la donna si scostò «devo andare a prepararmi!» aggiunse prima di uscire dalla porta.
Zephyr sospirò. Tutto il lavoro e solo uno zuccherino.
«E fai il letto!» gridò Diana scendendo le scale.
«Ma che!? Tanto 'sta sera le coperte non ci serviranno» mormorò tra sé e sé prima di sdraiarsi e tentare di dormire.


jpg
La carrozza rossa e nera si fermò di fronte alla grande casa. Il cocchiere borbottò qualcosa, e dalla cabina uscì Zephyr, con i capelli tirati all'indietro, tutto in tiro, in un completo nero. Tese la mano verso la piccola porta dalla quale Diana fece capolino, anche lei con un vestito da sera scuro.
«La aiuto a scendere, Mylady.»
«Oh, la ringrazio, Sir.» rispose ridacchiando la donna.
A braccetto si incamminarono entrambi verso la grande porta aperta, dove Zephyr diede il suo falso invito alla guardia.
«E voi sareste Zephyr Blackhart?»
«Esattamente! E sono in dolce compagnia, se questo non è un problema.»
L'uomo nerboruto guardò le scritte e l'invito, e senza trovare nulla di compromettente indicò ai due l'entrata.
«Ed ora, aperitivi alcolici» disse facendo l'occhiolino.


Yeee, fatto in fretta e in modo minimalista: ho ucciso la descrizione a questo turno :asd:

 
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view post Posted on 22/2/2016, 22:32

Hear me Quack!
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Qatja-Takin
~
Una Locanda





Arrivare al Canale, dopo aver girovagato per l'Akeran, cercando di vendere la merce rubata ai peggiori farabutti e brutti ceffi che si siano mai visiti, era un po' come tornare a casa. La ciurma tutta, capitano compreso, stanca dal lungo viaggio, si rifugiò immediatamente in una taverna e, dopo un pasto consumato nel silenzioso brusio che li circondava, tutti trovarono un posto dove accasciarsi e dormire. Tutti, tranne Aruj, che rimase sveglio, ad ascoltare le ultime notizie dagli avventori della locanda. Era passato un po' ti tempo, dacché i manifesti raffiguranti il nano erano caduti in terra, lavati dalla pioggia, strappati dai ragazzini dispettosi o coperti dai bollettini delle ultime nuove delle città e nessuno sembrava riconoscere più il pirata, che non dovette preoccuparsi di nascondere la propria indole casinista e caciarona. I pochi rimasti a bere, però, non erano molto interessati a voler conversare con il nano, sarà perchè alcuni di loro già sonnecchiavano con la faccia schiacciata su un tavolo, sarà perchè nessun ubriacone vuol sentire le chiacchiere di chi è più sobrio di lui, sarà perchè girare armati, accompagnati da un gruppo di pirati, non è il modo migliore per dare una buona prima impressione, qualunque fosse la ragione, il capitano trovo che l'oste fu l'unico a prestargli orecchio. I discorsi, fra loro, furono fatti a basa voce, in un borbottio che ricordava un calderone colmo d'acqua bollente, quasi come se i due non volessero disturbare il placido sonnecchiare della gente attorno. Così, uno di fronte all'altro, il locandiere e il pirata, si scambiarono le ultime notizie, non che ce ne fossero molte, il periodo di relativa pace aveva portato calma piatta nell'Akeran, anche se, qualcosa di interessante sarebbe successo di lì a poco: a quanto pare, una nobile stava preparando un'enorme festa; non c'era bisogno d'imbucarsi o di avere un invito, nè di preoccuparsi di non essere ospiti sgraditi, era aperta a tutti; l'evento sarebbe stata la cosa più interessante capitata a Qatja-Yakin da qualche tempo e sembrava essere qualcosa che, a detta dell'oste, andava visto assolutamente. Con questa lieta notizia, il pirata prese l'ultima pinta e fumò l'ultimo sigaro, prima di lasciare la dovuta mancia all'uomo dietro al bancone e andare a godersi il meritato riposo. Quando si sarebbe svegliato, all'indomani, avrebbe avvertito la ciurma della grande serata.


2eg91rn
I ragazzi si prepararono a dovere per il grand'evento. Tutti si lavarono e accorciarono la barba, misero su gli abiti del giorno di festa e sfoderarono le armi decorative. Il capitano pulì il Kilij dalla salsedine, in modo che fossero ben visibili le iscrizioni sulla lama e, per l'occasione, acquistò un cappello piumato e curò la barba, legando piccoli ciuffi con perline, come era di moda nel Sultanato, completando il tutto con sgargianti abiti azzurri con arabeschi bianchi, com'era usanza fra i nani. L'unico rimpianto fu quello di dover lasciare la fida Affonda-Navi, prediligendo all'ingombrante arma da fuoco la propria sciabola e due pistole a pietra focaia, decisamente meno in linea con le inclinazioni di Aruj ma, certamente, più discrete ed adatte alla situazione.
Quando la ciurma della Küçük si unì alla festa, la menestrella era intenta a dimostrare le proprie doti recitative al proprio pubblico, attorno a loro un piacevole baccano li avvolgeva e pian, piano li divideva, disperdendo ognuno di loro in punti diversi. Il capitano restò qualche minuto fermo, lì in mezzo alla taverna, diventando invisibile fra la folla, prima di decidere di cercare un posto migliore da cui osservare lo spettacolino.
Trovato uno sgabello da cui potesse godere della vista, si rese immediatamente conto che l'intrattenitrice della serata nient'altri era che quella ragazza conosciuta qualche tempo addietro, Allegra. Fu così che il bucaniere si avvicinò ad uno dei suoi uomini lì presenti e, tirandolo a se per il colletto, gli ordinò di radunare tutti: era giunto il momento di animare l'aria con qualche melodia marinaresca. Così, in un batter d'occhio, tutta la ciurma si riunì in un punto della locanda, ognuno di loro con i boccali in mano, in attesa che il loro capitano desse spettacolo. Nel frattempo, Aruj s'avvicinò al palco, facendosi largo fra i presenti e, laddove poteva, infilandosi fra le gambe degli uomini che, abbassando lo sguardo incuriosito, notavano solo un cappello passargli accanto.
Giunto vicino al palchetto, il nano attese che la ragazza avesse finito di suonare, prima di farsi avanti e alzare un braccio, con un largo sorriso stampato sul volto e in una mano due boccali vuoti. Quando quella si voltò verso di lui, il pirata accennò un applauso con la mano libera. "Bello Spettacolo, davvero! A forza s'arrampicò sulla pedana, facendo forza con un gomito e reggendo in alto i bicchieri con l'altra. Ti ricordi di me, vero? Aruj, quello delle bombe ... La giovane gli rivolse un sorriso cordiale e fece cenno con la mano, socchiudendo gli occhi che, nonostante tutto, restavano spenti. "Certamente! È belle vedere facce note ogni tanto!" Il pirata tirò un sospiro di sollievo, nel vedere che quella era riuscita a riconoscerlo, seppur agghindato a quel modo, e proseguì. "Ho pensato potesse farti piacere assaggiare un po' di questo." Immediatamente abbassò la testa, tastandosi i pantaloni, in cerca di qualcosa, prima di tirar fuori dalla tasca la fiaschetta, inseparabile compagna d'avventure, e versarne il dolce contenuto nei boccali. "Ricetta mia!" Disse, fieramente il nano. "È così speziato da far alzare i morti dalla tomba." Fece e passò il boccale alla menestrella che, scetticamente guardò al suo interno, quasi cercasse l'ingrediente segreto. "I morti eh?" Sollevò leggermente il bicchiere e annunciò "Alla salute, buon nano." Per poi buttar giù tutto d'un fiato la brodaglia, mentre Aruj se la rideva sotto i baffi, in attesa di una reazione. Allegra strabuzzò gli occhi, rimanendo immobile per un secondo, rivolgendo poi uno sguardo al nano. "Questo l'ho sentito persino io. Credo... ahem... che ci siano bombe con un sapore meno intenso." Il nano scoppiò in una fragorosa risata che lo costrinse ad asciugarsi le lacrime dagli occhi. "Beh! Mi ha risvegliato la lingua dopo l'esplosione. È l'unico sapore che sento da allora." Le sorrise, concedendole uno sguardo comprensivo, non sapeva perché la ragazza non fosse capace di distinguere i sapori ma conosceva quell'orribile sensazione e decise di cambiare immediatamente discorso. "comunque ... sarebbe possibile fare qualche rischiesta ... ehm ... atipica?" " In che senso?" "Oh, niente di COSI' strano ... Vedi io e i miei uomini siamo stati a lungo in viaggio, ultimamente. Magari una bella canzone marinaresca può tirarli su il morale. Ne conosci qualcuna?" Oh sì, non molte purtroppo, perché al Dortan il mare - e persino il bagno - sono una specie di tabù... ma qualcuna la conosco.
A quel punto il pirata si avvicinò ad Allegra e le sussurrò qualcosa nell'orecchio, lei sorrise ed annuì, mentre gli sguardi della ciurma erano rivolti al palco. I ragazzi iniziarono a fremere, mentre vedevano il loro capitano aggiustarsi la barba e il cappello, preparandosi a dar, come suo solito, spettacolo.
Aruj era in piedi sul palco, mentre Allegra prendeva posizione agli strumenti, un cenno fra i due indicò che tutto era pronto. Il nano si schiarì la voce, attirando l'attenzione dei presenti, e quando ebbe gli occhi di tutti addosso, diede il via allo spettacolo.

La prossima canzone è sulla nostra bevanda preferita al Mondo!
Il GROG!
E voi vi chiederete, cos'è il Grog!
Ah, felice che l'abbiate chiesto!

Allegra incominciò a suonare.
La musica si diffuse rapida fra il pubblico.

Amici miei, Il grog
é quel miscuglio davvero speciale
di Rum ed Acqua ...
Solo, senza acqua.
E cosa mettono al posto di quell'acqua mancante?
Altro rum! Esatto ... E spezie!
Questo è quello che chiamano un "doppio" ...
O, per noi altri, Grog e questa, amici miei, è la canzone!


oj4dig



















Aruj Shadak
Riassunto/Note:*ruba la scena ad Allegra* :iena:



 
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~ D a l y s
view post Posted on 25/2/2016, 00:43




Era una storia triste quella che la sua festa raccontava. In una città sconosciuta, frenetica, in ebollizione come una zuppa cotta troppo a lungo. Una quotidianità trita e ritrita che non si accontentava della voluttuosità di una festa. Cercava uno scopo, un fine recondito, una risposta, senza trovarne nemmeno una.
E si affollava alla sua porta, con troppo vino in una mano e troppa fame sotto le tasche. Con le labbra scivolose e la bocca troppo impastata per dar voce alla mente ansiosa di novità. Il mondo cambiava attorno a quella stanza che si aggrappava alle pareti di legno, cercando una soddisfazione antica.
Erano gli stessi uomini, le stesse donne, giovani in storie già vecchie, con finali già troppo scontati.
Ed era lei, affacciata dietro una porta scontata e socchiusa, a spiarli mentre cercava di immaginare quale fosse il loro punto debole.
L’altro punto debole.
Il profumo le si condensava attorno come un mantello familiare, denso sulla sua pelle tiepida. Il rossetto le riempiva le labbra, rendendole due lingue di fuoco sulla pelle ambrata, pronte a fondere le lame gelide degli occhi d’acciaio. Due pugnali che trapassavano quelle comparse, incapaci di diventare protagonisti.


Interessante”.


Sorrise, anche se nessuno poteva vederla. Non aveva bisogno della luce nei loro sguardi per sapere quanto il desiderio fosse rimasto lo stesso nonostante tutto il resto fosse cambiato. Avrebbero potuto edificare un’intera città di macchine e canali, ma il prezzo della felicità sarebbe sempre stato racchiuso tra le sue cosce.
Poggiò una mano sulla spalla dell’uomo che aveva organizzato la festa a nome suo. Lo sentì sobbalzare, lo sentì ricordare, il sapore della sua pelle ancora sulla lingua. Un aroma acido, un misto sgradevole di incredulità e inesperienza, di novità sorpresa a spiare dietro i cespugli. Gli sussurrò una richiesta all’orecchio. Un ordine, in realtà, ma non aveva bisogno di essere diretta, perché lui l’avrebbe accontentata comunque. I tempi erano davvero cambiati, infondo.
Lo guardò uscire dalla porta, avvicinarsi ai musicisti, parlare a bassa voce, agitare le braccia in una danza sgraziata, contrattare un nuovo prezzo. Ci volle più tempo del previsto, ma finalmente la musica si fermò qualche secondo. Gli strumenti vennero accordati e una nuova melodia riempì la stanza.
Meno ingenua e sentimentale della precedente, meno allegra. La melodia che lei voleva. Scivolò fuori dalla porta, sotto le luci soffuse, mentre i primi accordi del tango facevano eco ai suoi passi. Non era vestita alla moda della terra d’Oriente, che aveva conquistato senza alzare quasi un dito.
Il suo era un abito d’occidente, di quelli che aveva indossato per un Re ormai divenuto solo una leggenda vecchia e polverosa. Mentre lei era ancora nuova come una strada spianata da troppe primavere e resa ripida da ogni inverno. Un abito rosso che le avvolgeva il petto, sfiorandole la curva morbida del seno. Altera, afferrò i lembi della gonna, generando un’onda che scoprì la gamba sinistra. Uno spacco vertiginoso della gonna a balze lasciò intravedere il calice più colmo di quel banchetto, come l’iride dietro il battito di una palpebra. Appena un istante, prima che ruotasse su se stessa e piegasse il collo all’indietro.
Un cigno davanti a una briciola di pane, provocata dalla futile gioia di quella visione, desiderosa di turbarla disegnando cerchi nell’acqua.


Che fortunata ed inusuale coincidenza, una coppia”.


La musica proseguiva e, nonostante fosse ferma, i suoi fianchi si muovevano a ritmo. Li accompagnava con i palmi, suggerendo di essere perfettamente in grado di fare più di una cosa insieme. Soprattutto mentre danzava. Si leccò le labbra. Ecco, soprattutto mentre si leccava le labbra e danzava. Lui pareva abbastanza fascinoso, capiva perché lei lo stesse seguendo. Forse sperava di rimediare una bella gitarella in quel paese dove si va solo di notte. Si pensa di aprire una porta e talvolta si fugge da quella di servizio, in quei momenti incresciosi dove l’alcool rende una poesia anche gli sguardi lascivi di quei maschi, imprenditori e scienziati del nuovo mondo.
Ammiccò alla volta del giovane che non conosceva non ancora.


Vi state divertendo?


Forse si stavano divertendo, in effetti. Agitò le lunghe ciglia, arricciando un poco le labbra. Quasi a dubitare, a sottolineare che lui avrebbe potuto avere di meglio. Tra le sue braccia, per esempio, avvolto come il vestito rosso, agitato contro quei luoghi che per il momento erano celati alla vista. Scosso tra quei fianchi che parevano il bocciolo di una rosa – oh che ironia, veramente – fuori stagione. Sorrise, ma non c’era nulla di rassicurante nel suo gesto.


Dicono che il tango sia la musica degli amanti”.


Terminò la frase strascicando l’ultima vocale, in un sospiro umido. Aveva raccolto i capelli in una morbida cascata di boccoli artificiali, che cadevano come trucioli d’onice dal colmo della testa fino alle spalle. Sobbalzarono alla sua risata lieve, come tanti piccoli predicatori davanti ad una battuta sconcia. O davanti a una regina che socchiude le gambe mentre siede sul trono e non porta le mutande.


La signora non balla?


Mentre si guardava attorno sorniona, attenta ad altre possibili prede amicizie, sperò davvero di no. Le erano sempre piaciute le sfide.



CITAZIONE
Ovviamente mi approccio al pg di End.



Edited by ~ D a l y s - 25/2/2016, 16:35
 
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Endymion~
view post Posted on 1/3/2016, 22:31




Ciò che non conta
Lo sguardo di Zephyr saltò da persona a persona, osservando ora un sorriso falso, ora una mano stretta a pugno, ora un piede scalpitante. Le donne erano quasi tutte più giovani degli accompagnatori, e lui non poteva biasimare gli uomini per quella scelta: anche lui sperava di bearsi della bellezza femminea, anche quando sul suo volto sarebbero cresciute rughe aspre quanto le dune del deserto, e le sue gambe avessero smesso di funzionare a dovere.
Vecchi sbarbati e giovani baffuti, se solo avessero sopperito gli uni alle mancanze degli altri forse Zephyr avrebbe potuto smettere di sorridere. Soprattutto due uomini erano assai esilaranti: uno giovane, aveva i capelli rasati di lato mentre il ciuffo in cima alla testa svettava verso il soffitto, mentre il vecchio, ormai troppo stempiato, tentava in ogni modo di mantenersi il riporto per celare la sua mancanza.

I suoi occhi si soffermarono su una donna vestita in rosso. Capelli corvini danzavano mentre le sue gambe si muovevano a ritmo. E stava guardando lui. O forse qualcun altro? Si girò prima a destra, poi a manca, ma non vi era nessun uomo dietro di sé. Con la mano sistemò i capelli brizzolati, sperando non fossero fuori posto.
Mentre i fianchi di lei si muovevano a ritmo, accompagnate dalle esili dita, le dita di lui si attorcigliavano nel tentativo di sbottonare il colletto della camicia: faceva caldo.
Le labbra di lei, rosse come il fuoco, vennero bagnate dalla sottile lingua, mentre lui si mordeva il labbro inferiore.
Non senza sentirsi un po' colpevole, il ragazzo guardò Diana, ma anche lei era stata rapita dallo sguardo accattivante della donna. E così, con una mano che reggeva il gomito, la ragazza mise in bella mostra il proprio petto mentre teneva tra i denti l'unghia dell'indice. Quella era una reazione strana: quando le aveva proposto tempo addietro un rapporto a tre lei gli aveva mollato un ceffone, mentre ora...

Si voltò di nuovo verso la donna e, vedendola ammiccare, rispose a sua volta con un occhiolino e un lungo sorriso bramoso. La sua mente era tornata un poco lucida, e perciò decise di continuare quel gioco, senza però sbavare come prima. Non le tolse gli occhi di dosso, mentre cercava ancora di delineare una linea d'azione. Già farsi ammaliare dalla sua bellezza in un battito di ciglia lo portava in svantaggio, ma quello non era per forza un errore.
Alla prima domanda Zephyr si limitò ad annuire poco convinto, nel caso lei avesse organizzato tutto ciò e volesse il parere degli invitati. La festa non brillava in alcun modo, e l'unica cosa che l'aveva resa più interessante è stato l'arrivo di lei; che sembrava vestita di sola passione.

«No, non ho mai avuto il piacere di ballare su queste note, ma lui sì. Se ti aggregherai a noi per questa serata lo puoi prendere in prestito.»


Zephyr inarcò dapprima un sopracciglio con fare interrogativo, dissimulando subito l'espressione con un lieve accenno del capo, quasi a lasciar intendere che condividesse lo stesso pensiero della compagna, e che quella fosse anche una sua richiesta. Subito dopo lasciò che la giacca scivolasse dalle spalle, per poi buttarla al volo verso una sedia senza nemmeno interessarsi molto di come fosse atterrata. Rimase solo con la camicia bianca, di cui ne arrotolò le maniche fino al gomito.
Si avvicinò con un sorriso sulle labbra, mantenendo la mano sinistra rivolta verso l'alto, mentre la destra era pronta ad abbracciare la vita della donna dinanzi a lui.

«Mi concede questo ballo?»

In fondo voleva averla a pochi centimetri da lui, per guardare dentro a quegli occhi grigi e tentare di indovinare qual'era il suo scopo.

 
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~ D a l y s
view post Posted on 8/3/2016, 23:36




Lo puoi prendere in prestito.
Puoi.
Negli occhi della Rosa brillò una luce di scherno. Quella tipa non aveva capito nulla. Lei non prendeva in prestito. E non chiedeva il permesso. Lei non esitava, non sceglieva, non aveva bisogno di essere in dubbio. Lei era come una lingua di fuoco in un bicchiere d’alcool. Ruvida e bollente. Senza dubbi, che portava sempre via la parte migliore.
Lui si credeva molto affascinante, con quel capello bianco e quell’aria da ragazzone rodato. La sua giacca che volava via le ricordava la biancheria di una zoccola nei bordelli di Basiledra dopo che le veniva mostrata la prima moneta d’oro.
Gli sorrise. Poggiò una mano dentro la sua, l’altra dietro la schiena. Non gli lasciò il tempo di respirare al suo tocco.
In un istante lo afferrò con la sinistra per il fianco, trascinandosi verso di lui, fermandosi a pochi centimetri dal suo volto. Come un cardellino dietro il vetro di una finestra piegò il viso in avanti, le ciglia come ali scosse da un tremito che si posava appena sopra le labbra ancora lucide. Sulle guance un rossore quasi virginale.
Quasi.
Mentre con il petto si premeva contro di lui. Non troppo, non abbastanza perché lui potesse rendersi conto che lei non portava alcun genere di biancheria. Abbastanza perché gli venisse il dubbio.


Vi piace danzare?


Con le labbra rosse gli sfiorò l’orecchio, con il fiato caldo gli entrò dentro. Come avrebbe dovuto fare lui, se solo fosse stato più svelto. I suoi fianchi lo sfiorarono appena. Un tango o forse una lotta dissimulata. Un invito o solo una curiosità. La mano rilassata in contrasto con le movenze frementi.


A me davvero molto”.


Il suo respiro si fece più pesante, mentre con la mano libera guidava quella di lui sulla propria vita, là dove la stoffa del vestito era più sottile. Là dove le dita avrebbero potuto stringerla e seguire la sua danza immaginando le sue notti. Là dove lui si sarebbe sentito più forte. Signori, ecco il vero uomo, il guerriero. Fa un’incursione nei pressi del territorio proibito, così vicino alla meta. Così. Dannatamente. Lontano.


Mi fa. Letteralmente. Impazzire”.


Ora nel suo fiato c’era una nota strozzata. Le sue labbra gli si posavano direttamente sull’orecchio, senza più alcuna distanza. I loro due corpi ancora si muovevano appena, mentre la musica andava avanti. Una vera mancanza di rispetto. Una vera occasione di fargli capire come non fare con una come lei. Una capace di bagnare anche le parole.
Con una spinta gli girò le spalle, torcendosi contro il suo corpo, dentro le sue mani. Inarcò la schiena contro il suo petto, lo percorse con lo sguardo e ritornò nella posizione iniziale. Il piede battè caparbio a terra, mentre i fianchi ruotavano imperativi. Un ordine, una chiamata a cui non poteva resistere.
Lo puoi prendere in prestito.
Rise sommessa, mentre dentro i suoi occhi languidi si faceva strada un suggerimento. Malizioso, come il corpo che lui ora poteva chiaramente immaginare.


Chi mi conosce vi direbbe di fare attenzione. Che sono una donna pericolosa, un’ottima danzatrice e una svergognata a cui piace giocare con i cuori degli uomini”.


Nel mezzo della gente intenta a ballare, quando il suono degli strumenti copriva quasi la sua voce, ma non la promessa che l’avvolgeva, non quel profumo di fiori che si mescolava all’aroma dolce del suo sudore. Non le dita che si intrecciavano a quelle di lui, suggerendo un abbraccio più personale.


Non dovreste credere a questa gente”.


Gettò la testa e il corpo all’indietro, sfiorando quasi terra con i capelli, mentre a lui non restava che tentare di reggerla. Quasi lasciandola cadere a terra.
O forse no.
Un momento perfetto per avvolgere la gamba destra attorno a quella sinistra di lui e gettarsi tra le sue braccia. Quasi fronte contro fronte, mentre gli respirava contro il ritmo affrettato del proprio respiro. Mentre dettava il battito del suo cuore con il proprio, il seno schiacciato sul suo petto.


Io sono molto.
Davvero molto.
Peggio di così
”.


Con la mano sinistra gli afferrò il mento, decisa, premendogli le labbra rosse sulle labbra secche. Senza chiudere gli occhi, trafiggendolo con due pugnali d’argento. Senza socchiudere le labbra, ma con la foga famelica di un’intrusa a un banchetto.
Senti queste labbra. Le porte di un inferno in cui non puoi ancora entrare, dove riposano verità che i saggi possono assaporare come una pietanza pregiata. Come il fondo di una tazza di latte raccolto sul margine di un biscotto.
Senti queste labbra, labbra porta di una prigione per spade abbandonate, labbra della rosa, labbra anonime come petali dimenticati a terra da un amante geloso. Sono tutte tue. Sono di tutti a differenza delle tue.


È stata generosa la tua amichetta”.
Una giravolta, mano nella mano, mentre lui ancora doveva reagire al suo gesto improvviso.
Ma certe cose uno deve prendersele. Mi piacciono gli uomini che guidano le danze”.


Due passi rapidi all’indietro e si liberò dalla sua presa confusa, mescolandosi alla gente. Invitandolo con lo sguardo che non si staccava dal suo, con la mano tesa che aveva ancora l’impronta di quella di lui. Con quella gamba nuda sotto la gonna che segnava il tempo della danza. E quella lingua stretta tra le labbra, che pareva improvvisamente più morbida.
Danzava in mezzo agli altri, sola, aspettando che lui facesse una mossa. Muoveva il corpo rapido, come la fiamma di una candela tra venti contrari. Ora pareva umana, ora solo un’impressione di luce tra due sguardi. Ma quegli occhi, la stella polare del suo movimento. Quegli occhi lo chiamavano. Quelli erano il suo potere più grande.
Torna da me. Con i passi decisi di un ballerino. Mostrami che quelli come te calano l’ancora nelle profondità dei mari più sconosciuti e sfondano le porte della capitale con il loro ariete ego.
Vinci la resistenza di una signora prendendomi per i polsi contro queste pareti senza arazzi. Fammi sentire le schegge contro la schiena. Là dove non c’è dignità, svela il mio inganno. E scoprirai che sotto la pelle si nasconde la vera vergogna di una donna.
Ma.
Non.
La mia.
Io sotto la pelle ho solo altra pelle, buia e tiepida, come le vacche notturne dei filosofi.
I passi erano sempre più rapidi, sempre più elaborati, mentre si rivelava per quello che era veramente. Alcuni la sfioravano sulle braccia. Qualche damerino cercò di attirarla verso di sé. Ma lei era curiosa di sapere se lui avrebbe avuto il coraggio. Essere uomo con una donna come lei. Tra tutte le sue spine in cerca di una filastrocca trita e ritrita, banale. Ma profonda. Socchiuse le labbra emettendo un sospiro profumato e insoddisfatto.
Vinci la tua resistenza e vieni qui. A prendermi.
In prestito.
Mostrami chi comanda, paparino.


 
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Endymion~
view post Posted on 13/3/2016, 02:13




Ciò che non conta
Le note gioconde saltellavano nell'aria spronando le coppie a divertirsi e ballare, ma in mezzo alla folla vi erano loro due che esitavano. Teste di diversi colori, gli uni scuri come le piume di un corvo, gli altri come quelle di un cigno. Lei lo abbracciava stretto, senza timore, giocando con sussurri innocui mentre lo attirava nella trappola, muovendogli la mano verso i fianchi morbidi, ed intanto il colorito roseo sulle guance sembrava prenderlo in giro, come se lei fosse casta e pura.
L'uomo aveva già intuito che fosse come una sirena, eppure mai avrebbe immaginato che anche tappandosi le orecchie lei lo avrebbe affascinato: con la coda gli spruzzava la spuma marina, mentre l'acqua cristallina risaltava le sue curve e l'odore di salsedine in sua presenza sembrava il miglior profumo esistente. Così lo aveva attirato con lo sguardo, catturandolo con un respiro, assecondando i desideri della mano e muovendola anzitempo dove lui aveva già intenzione di spostarla. Non era solo ciò a stuzzicarlo, di donne procaci ne aveva incontrate, ma nessuna lo confondeva come lei. Mitigava il fervore del corpo con parole sin troppo rispettose. Che la bianca criniera l'avesse indotta in errore nel dargli una certa età?

«Sì»
sussurrò.


La donna si rigirò tra le sue braccia, senza staccargli gli occhi di dosso e, con un battito del piede, quasi fosse un segnale, incominciò a muoversi. Il suono della scarpa contro il pavimento gli ricordò il rintocco di una campana, come se volesse svegliarlo da quel sogno ad occhi aperti, e ci riprovò con più impegno: lo avvertì delle dicerie sul suo conto, e di come lei fosse peggio ancora.
A lui nemmeno sfiorò l'idea di crederle, mentre la accompagnava, sorreggendole la schiena mentre si avvicinava con la testa al pavimento, quasi sfiorandolo con i capelli. Per quanto rincarasse gli ammonimenti, lì, abbracciati come due serpenti, lui si sporse in avanti mentre lei prendeva il suo mento con le dita, avvicinandolo per poi stordirlo con un bacio. E gli occhi di ghiaccio lo vollero trafiggere come due lame, eppure lui rimase impassibile allo sguardo mentre assaporava le sue morbide labbra.
Quello era un gioco in cui lei giocava con il suo ego, abbandonando l'abbraccio, lasciandolo in cerca di un proseguimento, mentre lo richiamava con lo sguardo. Aveva fatto leva sul suo essere uomo, suggerendogli cosa avrebbe dovuto fare per averla, perché lei lo voleva, perché lei doveva essere il suo pensiero fisso, almeno per un altro po'.

Con passo rapido e deciso, lievemente armonizzato con la musica, Zephyr percorse la distanza che li separava senza badare a chi aveva attorno, andando dritto verso quella mano a mezz'aria che lo aspettava. La prese, tirando la donna in rosso a sé, e le fissò gli occhi. Senza dire alcuna parola incominciò a muoversi, dandole piccoli suggerimenti con la pressione della mano dietro la schiena e spingendo la sinistra verso la direzione che voleva. Due passi avanti, una giravolta, altri passi verso le spalle di lei e altre giravolte. Se lei non le avesse fatto toccare i fianchi e non lo avesse abbracciato tanto da fargli venire il dubbio sulla presenza della lingerie, probabilmente le avrebbe fatto fare qualche piccolo volo a mezz'aria, o qualcosa di più acrobatico.

«E io amo giocare con il fuoco. Potrei bruciarmi, ed è un rischio che mi piace correre.»

Erano arrivati dove voleva lui, vicini ad una porta aperta che poteva farli sparire all'interno della villa, in qualche altra stanza meno affollata. La mano sinistra si affrettò verso il volto di lei, cercando di entrare tra i capelli, mentre lui si avventava verso le labbra rosse, come una falena si avvicina al falò sopraffatta da qualche istinto primordiale.
Questa volta non voleva farsela sfuggire tra le mani, non adesso che l'aveva persino assecondata senza indugio.



 
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view post Posted on 21/3/2016, 02:38
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Cavalier Fata
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Ciò che non conta. ~ Serata di Festa.
« Se solo fosse sempre tutto così semplice... »

Vedere Zephyr in quella bizzarra situazione mi divertiva enormemente. Mi sembrava di vedere due giovanissimi ragazzi alle prese con il loro primo amore, intenti a giocare passo passo ad una danza che rischiava di bruciarli entrambi. O meglio, sapendo chi era la donna, probabilmente, la fiammata sarebbe stata a senso unico e travolgente come l'eruzione di un vulcano. Ma io cosa ne potevo sapere, da quel piccolo palchetto, mentre li accompagnavo con un leggiadro valzer? Riposai la gola tra una canzone e l'altra mentre la banda, al completo, continuava a eseguire la musica per accompagnare le danze.
Guardai Aruj, felice come un fanciullo dopo aver cantato la sua canzone marinaresca, e mi venne in mente di cantare qualcosa di divertente, che rallegrasse l'ambiente: passai vicino ai ragazzi dell'orchestra chiedendo loro di intonare una melodia decisamente meno elegante dello splendido valzer che avevamo imbastito. Mi serviva un andante, allegro, su cui cantare quelle pochissime strofe.

La musica si abbassò lentamente, permettendomi di parlare senza gridare.

« Questa è una canzone dedicata a tutti i capitani coraggiosi che salpano ogni giorno da qui, al Canale, per recarsi nelle acque inesplorate dell'oceano. Parla di un nano, un nano capitano. Un nano furtivo! »

Strizzai l'occhio ad Aruj, mentre con la mano davo il ritmo per iniziare la canzone.




« Chi lo sa che faccia ha?
Chissà chi è,
tutti sanno che si chiama Shadak!

Era qui un momento fa
chissà' dov'è',
dappertutto hanno visto Shadak!
»

Mi portai la mano sopra gli occhi, come a voler scrutare lontano, tra la folla.
Facevo fatica a trattenere le risate, al punto che dovetti sforzarmi per non rovinare tutto.

« Ogni nave affonderà
chissà' perché'
se la cannoneggia Shadak...

...sto tremando qui dentro di me
chi lo sa... se a Ladeca toccherà...

...e se gioielli e denari non ho, a Shadak,
il mio amore darò!
»

Mantenendo l'ultima nota gli piroettai attorno, facendo in modo che il mio spolverino lo accarezzasse sulle spalle.
Avrei dato qualsiasi cosa per sapere ciò che, in quell'istante, stesse pensando il nano.

« Sparando come un matto se ne va
navigano per l'oceano di Zar.

Quanti demoni del Baathos ha dietro sé,
ma sarà un osso duro Shadak!

Ruba i soldi solo a chi ce n'ha di più'
per intascarli per sé...

...sembra giusto pero' non si fa
neanche un po'
a me però però
è simpatico e non saprei dire di no a Shadak;
il mio cuore darò!
»

L'intermezzo strumentale partì proprio mentre io, chiudendo l'ultima parola, mi cimentai nell'ennesima piroetta attorno ad Aruj. Non ero la migliore ballerina del mondo, questo è vero, ma visto che non pesavo praticamente nulla i miei passi risultavano essere quasi impercettibili. In quel momento mi lasciai sfuggire anche una risatina, coperta in larga parte dalle note.

« Ruba i soldi solo a chi ce n'ha di più'
per darli a chi non ne ha...

...sembra giusto però non si fa
neanche un po'
a me però però
è simpatico e non saprei dire di no a Shadak;
il mio cuore darò

il mio cuore darò
il mio cuore darò
il mio cuore darò
il mio cuore...

Darò!
»



Allegra e Aruj sono ancora amici adesso, sì?...
....sì?
 
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9 replies since 12/2/2016, 23:52   311 views
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