Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Castello di Carte - Valzer al Crepuscolo

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view post Posted on 22/2/2016, 08:43
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Maestro
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Il chiarore del mattino lentamente lasciava spazio all'oscurità della sera.
Il cielo diveniva più grigio e il sole si appoggiava dolcemente al di là delle mura di cinta della città, disegnando una corona dorata entro le soglie delle case. In quel variopinto connubio di emotività, si cullava la barca del pescatore, agevolmente scorrendo entro canali e anfratti. D'un colpo, l'Edraleo apparve maestosamente dinanzi agli occhi dei suoi ospiti: una cupola argentata scavava il cielo con la propria imponenza, ricavandosi un cantuccio tra le nuvole con dolcezza e candore.
Nel mentre, il Lagùno sembrava aver dismesso i panni di fosco sacco di morte e sangue, lasciandosi andare a un tono più chiaro e a un andamento più pacato.
La brezza riempiva le vele con agevolezza e le urla dei soldati sembravano ormai lontane.

« Potete star tranquillo, ormai » disse il pescatore, sereno. « Nessuno ci seguirà più. »
Sulle rive del fiume, infatti, non c'era nessuno ad aspettarli. I passatoi che consentivano agli armigeri di bersagliare il legno della barca avevano lasciato spazio ad alte mura e palazzi imponenti. Tutto, però, sembrava immerso in un irreale silenzio. Non una finestra, una voce, nemmeno un uccello che gracchiasse al rimbombo della prua sull'acqua scrosciante.
« Come mai non c'è nessuno? » Chiese Medeo, serioso. Il pescatore agitò il remo, dando l'ennesimo colpo secco al fondo del fiume. Poi sospirò, pacato.
« Hanno sgombrato il quartiere » disse. « Da mesi hanno allontanato chiunque nel raggio di un chilometro dall'Edraleo, sperando che questo bastasse a garantire la sicurezza del Re. »
Poi scosse il capo, da sotto il cappuccio marrone. « Ma non è bastato, probabilmente. »
« Caino è già li, chissà da quanto » gli fece eco Medeo.
Rimasero in silenzio qualche secondo. « Voi pensate che sia tardi? Che questo tempo basti a uccidere un Re? »
Medeo sospiro, malinconico. « Non mi interessa del Re, mi interessa di Caino » asserì, sicuro. « È lui che deve pagare. »
« E poi, messere? Quando Caino paga... che succede? » Chiese, subito. « Se poi se ne presenta un altro peggiore? »
« O se Julien si dimostra un pessimo Re? »

Altro silenzio.
« Non siate troppo generoso coi giudizi. Il male del mondo non è mai una persona sola » ribatté il pescatore.
« Per anni si è accusato il Re che non perde mai di essere un tiranno » proseguì, serafico, « e alla fine del suo regno le cose non sono che peggiorate. »
Diede un altro colpo di fondo, spingendo la barca in un nuovo canale. Le alte mura lasciarono spazio a una cavità in muratura, che scorreva sotto la via principale, prima di inoltrarsi sotto le segrete dell'Edraleo. « Il male del mondo è la cultura che la regna, le effigi o i simboli in nome dei quali un popolo combatte. »
« Sono i peccati che dovete combattere, non i peccatori. »

Medeo rimase in silenzio. La barca sfociò in una grotta più larga. Entro di essa, un piccolo stagno circolare raccoglieva i canali che venivano dal Lagùno. Il pescatore chiuse la vela e accompagnò la barca fino a un piccolo molo di legno. Fece pressione col remo e la barca toccò il molo dolcemente, aderendo al passatoio.
« Tu che ne sai del mondo, vecchio? Quanti altri posti hai visto oltre a questo? » Chiese Medeo, curioso.
« Chi sei? »

Il vecchio apparentemente non disse nulla. Ma sotto il cappuccio Medeo lo sentì sorridere.
« Non sono stato sempre un pescatore » asserì, sorridendo. « Ho servito tanti padroni e altrettante cause, capendo solo troppo tardi che nessuna di essa valesse i miei anni migliori. »
Sospirò, malinconico. « Ho speso tante e troppe forze per cercare di migliorare il mondo » disse, serio. « Ma non ho migliorato nemmeno me stesso, alla fine. »
Medeo si irrigidì. « Io non sono te, vecchio » rispose, secco. « Io so come rendere questo posto migliore. »
Il vecchio sembrò sorridere ancora. « Forse hai ragione; d'altronde, tu hai un destino. »
Poi lo ammonì. « Solo una cosa ti chiedo » sentenziò, serafico. « Non sottovalutarlo... »
Medeo rimase immobile, senza dir nulla. Poi si congedò con un inchino e saltò giù dalla barca, dirigendosi verso le scale.
« ...non fare come me » sentì dire al vecchio, alle sue spalle.
Quindi, si girò di scatto, sbarrando gli occhi. « C-che cosa? » Chiese.
Ma attraccato al molo non c'era più nessun pescatore. E nessuna barca.
C'era solo il molo e il canale con l'acqua scrosciante.
Oltre che Medeo e i suoi dubbi.

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Valzer al Crepuscolo

Edraleo di Ladeca
Piano terra


valzer1

L'ingresso dell'Edraleo era immerso in un'oscurità senza nome.
L'atrio si dispiegava in un grande salone, arredato da arazzi, tappeti e quadri preziosi. Il tutto normalmente profumava di fiori di campo ed era illuminato dallo scintillante luccichio dei cristalli, che rifrangevano le luci delle lampade a olio in tutta la stanza.
Eppure, il quel momento l'ebrezza dell'altisonante formalità sembrava assai lontana. Non c'erano lampade a illuminare nulla, e i cristalli dei lampadari rifrangevano soltanto gli ultimi sprazzi di sole che balenavano attraverso le tende chiuse delle finestre.
Per converso, la polvere e l'incuria regnava ovunque. Le passioni degli ultimi giorni avevano fatto trascurare qualunque cerimonia in quel luogo normalmente di rappresentanza e formalità. I tappeti erano sporchi e raggrinziti; le lunghe scalinate laterali, che abbracciavano il piano terra e portavano gli ospiti in direzione del soppalco sovrastante, erano scevri di qualunque mobile o fioriera che potesse render più agevole il tragitto.
Finanche i maggiordomi che solitamente accompagnavano gli ospiti verso i palchi erano scomparsi. Gran parte delle porte erano state sbarrate con assi e chiodi, mentre alcune panche erano state accatastate lungo la porta principale alla grande stanza del parlamento, onde rallentare qualunque malintenzionato che avesse voluto raggiungerli.

D'un tratto, il silenzio caustico fu appena interrotto da un clangore strozzato.
Il rimbombo fu appena accennato, inizialmente. In seguito, gli fece eco un rumore più forte, un rintocco di metallo più secco. Poi, il fragore fu evidente e a esso si accompagno uno sbuffo di polvere, proveniente dal centro di uno dei tappeti del salone. All'ennesimo colpo secco, il tappeto si scostò e - sotto di esso - una botola semi nascosta tra le steli di marmo, si levò dal pavimento, aprendosi a libro verso l'alto.

« Ce ne avete messo di tempo. »
Disse una voce, accogliendo la notizia con nervosa franchezza. Emerse dal buio con silente compostezza. Un passo davanti all'altro, con un rintocco di tacco che lo accompagnò all'altezza della botola.
« Da qua » disse Medeo, afferrando la sacca dalle mani di Montu. L'uomo non fece troppe cerimonie, spalancò il sacco e fece ricadere sul suolo decine di armi di vario tipo.
Il clangore riecheggiò per il salone ripetutamente, ma Medeo parve curarsene poco. La maggior parte delle armi erano composte di un metallo particolare, lucido e poco levigato, quasi "rozzo", con impugnature adattate alla bene e meglio tra stracci di cuoio e bardature di lacci di pelle.
Nel mentre, un rumore stridente accompagnò i due avventori del salone. L'ingresso principale si spalancò a fatica, mentre le ante - rinforzate con mobilia accatastata in ordine sparso - venivano spinte con difficoltà verso le pareti.
Oltre di esse, un piccolo gruppo di soldati in armatura completa fece capolino.

« Ecco, ora la festa è al completo » aggiunse Medeo, fissando Joyce e gli altri soldati raggiungerlo verso il centro del salone.
Subito dopo, tornò a fissare il gruppo di armi al centro del salone.. Poi, dopo averci rovistato per qualche attimo, tirò fuori una lama sottile, non dissimile da una katana, e se la infoderò nella cinta.
« Questa farà al caso mio. » Infine, fissò gli altri, alternando un'occhio su ciascuno di essi. « Prendete una di queste armi, dovrebbero essere in grado di uccidere Caino. »
Qualcuno dei soldati sbuffò nervosamente; altri si limitarono a sudare freddo. Medeo, dal canto suo, colse ogni segno. « Caino è sul tetto, insieme al Re. »
« Sarà uno scontro duro e non è detto che sopravviveremo » asserì, secco. « Per questo motivo, se c'è qualche cacasotto tra voi è il caso che sparisca adesso. »
« Perché dovremmo prendere ordini da te? » Chiese una guardia, visibilmente nervosa. « Sei un criminale e un fuggiasco, per quanto ne so io. »
Medeo sorrise, beffardo. « Perché probabilmente sono quello che conosce meglio Caino qui dentro » rispose, a tono. « E potrei fare la differenza tra la nostra vita e la nostra morte. »
Poi fece un passo indietro, fissando i presenti.
« Qualcun altro ha qualcosa di altrettanto furbo da dire? » Chiese, freddo.
« Sputate fuori ora le domande, altrimenti afferrate un'arma e stringetevi a essa. »
Si comincia.



CITAZIONE
QM Point
Siamo alla finale. Il primo post sarà molto semplice, in quanto serve solo per consentirvi di "interpretare" la scena, prima che il combattimento inizi. Si, perché sarà una vera e propria "bossfight". Con una regola particolare, però: ogni vostro attacco contro Caino potrà danneggiarlo solo se portato con una delle armi contenute nel sacco. A quanto vi dice Medeo, infatti, questo tipo di metallo può danneggiare Caino. Quindi dovrete scegliere un'arma e farlo pensando a come "sfruttarla" attraverso le vostre tecniche. Le armi tra cui potrete scegliere sono:

• Una spada lunga, con lama piatta.
• Un grosso scudo.
• Un paio di guanti corazzati di metallo.
• Una serie di coltelli da lancio, dalla lama piatta.

Nel vostro post dovrete scegliere tra una di queste armi e, per il resto, interpretare. Potrete anche porre delle domande a Medeo, vi risponderò in confronto. Ciascuno di voi può, però, impugnare una sola arma. Il resto ve lo dirò al prossimo post.

I lettori
C'è una parte anche per i lettori. Tanto per mettere un po' di pepe alla scena finale, ho deciso di dare un "premio" a chiunque volesse scommettere sull'esito della quest. Le regole del combattimento, che spiegherò più avanti, consentiranno a uno e solo uno di uccidere Caino. C'è la possibilità, però, che nessuno dei partecipanti ci riesca - come detto. I lettori potranno, se vorranno, "scommettere" (senza puntare nulla) sull'esito finale della quest. Coloro che indovineranno l'esito finale della quest, guadagneranno 200 gold. Tutti gli altri, invece, guadagneranno solo 25 gold per la partecipazione.
Si potrà votare solo fino all'inizio del prossimo turno, momento in cui inizierà il combattimento vero e proprio. Le possibilità sono quattro:

• Sarà Montu a uccidere Caino;
• Sarà Joyce a uccidere Caino;
• Sarà Medeo a uccidere Caino;
• Nessuno di loro ucciderà Caino.

È gradita una stringata motivazione sulla "previsione", nonché un poco di tifo, ove vogliate. Forza :bastard:

Tempi di risposta. Votazioni e post entro massimo lunedì prossimo.
 
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view post Posted on 26/2/2016, 01:31
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Inspirò avidamente quando riprese coscienza, gli occhi ancora serrati, ma i polmoni gli si riempirono di polvere e fu costretto a tossire saliva, terra e sangue. Cercò di alzarsi, il braccio sinistro pendeva inerme lungo il fianco con la spalla evidentemente lussata; forse era riuscito a deviare il masso che stava per colpire il loro carrello ma di certo non ne era uscito incolume. Si scrollò di dosso la terra di cui era ricoperto e non senza fatica superò un cumulo di pietre crollate dal soffitto tremendamente pericolante. Era stata forse l’esplosione causata da Nicolaj o la valanga di terra che aveva naturalmente seguito i grossi massi staccatisi da una delle pareti a rendere la miniera un vero e proprio campo di battaglia: si sentivano colpi di tosse, i carrelli su cui i Sussurri avevano viaggiato giacevano a terra ribaltati e si vedevano le membra dei soldati che li avevano attaccati emergere mostruosamente dalle macerie.
Una mano insanguinata sembrava chiedere aiuto in un pietoso attimo di terrore, sembrava volesse afferrare la libertà fuori dalle rocce che avevano sepolto il corpo e aggrapparsi ad un ultimo istante di vita, ma immobile disegnava il ritratto della morte che era franata loro addosso.
Il soffitto dietro di loro era crollato, una parete li divideva dalla strada verso la Ferriera, ma si sentivano chiaramente le voci dei soldati sopravvissuti che cercavano di raggiungere i Sussurri. Cosa poteva promettere loro Caino per spingerli a lottare ancora, e ancora, e ancora? Perché aggredivano una parete di roccia quando dall’altra parte potevano essere molto probabilmente tutti morti? Erano motivati dal pensiero di un ruolo in una Ladeca occupata dal Priore o più semplicemente erano mossi dalla paura?
Montu poggiò una mano contro la fredda pietra lacrimando.
-Fermatevi. Fermatevi, vi prego.-
Sussurrò quasi a sé stesso mentre le lacrime scavavano la polvere sulle sue guance.
Non si sarebbero fermati, e chissà quanto lontani dall’Edraleo avrebbe dovuto lottare ancora. Dov’erano i suoi compagni? Chissà se qualcuno oltre l’Eterno era scampato a quella devastazione, ma in ogni caso la loro missione era compromessa. Peggio… i Sussurri avevano fallito.
-No!-
Scacciò quel pensiero scuotendo la testa, doveva rimettersi in sesto e prepararsi; finchè un solo Sussurro avesse avuto respiro non doveva darsi per vinto, e lui non era messo nemmeno così male, doveva solo correggere la posizione di quella spalla.
Afferrò un frammento dei sostegni in legno spezzatisi durante la frana, lo strinse tra i denti e poggiò l’articolazione scomposta contro la parete; sbuffava cercando la forza di colpire la roccia, e quando lo fece soffocò in gola l’urlo di dolore sentendo i denti incidere il legno morbido. La spalla era di nuovo utilizzabile.
Ci sarebbe voluto del tempo prima che gli uomini di Caino lo raggiungessero, poteva cercare i suoi compagni. Camminò nella polvere seguendo rumori che potessero tradire movimenti: sospiri, picchiettii, pietruzze che scivolavano. Trovò Laurent disteso a terra, svenuto ma vivo; poco più lontano c’era la bambina, sporca di terra si copriva una ferita sulla gamba seduta dentro il carrello che, ribaltato, l’aveva riparata dai massi più grandi deformandosi.
Ilyr e Sergey erano stati ugualmente fortunati?
-Ilyr!!!-
Pochi attimi dopo un urlo.
Sergey. Ilyr. Erano vivi.
Montu si mosse il più velocemente possibile verso i due membri della Mano, sentiva nuove energie invadergli le membra; si dovevano riorganizzare in fretta per respingere i soldati che stavano per arrivare e per completare la missione. Nulla era perduto!
Non appena li raggiunse il Torchio non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca.
Sì, stavano tutti bene, non c’era tempo da perdere nel dire ovvietà.
-Tu! Prendi la sacca e risali la scala; troverai altri soldati ad attenderti. Da loro le armi che ci sono la dentro e fate il culo a quel bastardo di Caino.-
La scala… Erano sotto l’Edraleo! Ce l’avevano fatta! Non erano stati vani i loro sforzi, tanto meno il sacrificio della Foglia. Ma… Caino non sarebbe dovuto essere già all’Edraleo. Non stava assediando la città? Aveva già raggiunto il Re? Ilyr diede voce ai pensieri del Demone:
-C-Caino è all'Edraleo?-
-Così ci ha riferito Medeo; così sembra che gli abbia detto il suo informatore misterioso.-
Un dannatissimo problema. Poteva essere già troppo tardi? La disperazione doveva abbandonare il cuore del Demone, o non sarebbe riuscito a svolgere il suo compito al meglio.
In cima a quella scala di corde, superata l’apertura nel soffitto, c’era il futuro del Dortan ad attenderlo.
C’era la possibilità di salvare Re Julien e di distruggere l’uomo che aveva avvelenato la regione per anni, mondandola con le sue menzogne e la sua crudeltà.
C’era la possibilità di salvare Ladeca e di rispedire gli Occhi del Serpente nella loro tana nell’Akeran.
Quanti uomini stavano combattendo in quell’istante, lontani da loro, ignari che tutto si sarebbe svolto nelle marmoree sale simbolo della Democrazia e della Libertà? Quante donne stavano tremando abbracciate a figli inermi o alla speranza di vederli tornare, insieme ai mariti, ai fratelli?
Potevano cambiare le sorti del mondo.
-Va e rendici fieri di te.-
Le parole del Pipistrello lo riportarono alla realtà.
-E non preoccuparti per noi.- Come poteva non farlo? -I Sussurri vendono cara la pelle.-
Concluse Ilyr maneggiando lo stesso esplosivo che aveva usato Nicolaj per sacrificarsi.
Li ringraziò. Per tutto quello che erano stati capaci di donargli.
Si inchinò davanti ai suoi mentori e con la paura di non rivederli mai più fissò nella mente i loro volti.
La Mano sarebbe vissuta in eterno.
Nei cuori di tutti coloro che, anche solo una volta, avevano riposto la loro fiducia nei Silenziosi Sussurri.

Montu si arrampicò sulla scala di corda trascinando con sé il sacco pieno d’armi e in cima trovò una pesante botola di ferro; dovette colpirla più volte prima di riuscire a spalancarla scostando il tappeto che la copriva.
Un rumore di passi che si avvicinavano lo paralizzò. Caino?
-Ce ne avete messo di tempo.-
No, evidentemente era quel Medeo di cui parlava Sergey; sarebbe rimasto deluso nel vedere che non c’erano altri oltre il Demone.
-Da qua.-
Tirò su il sacco e mentre Montu si issava nel grande salone dell’Edraleo ne svuotò rumorosamente il contenuto sul pavimento di marmo. Le armi sembravano smussate, il metallo era lucido e levigato, le impugnature improvvisate con lembi di cuoio o pelle.
Le porte dell’ingresso principale si spalancarono lentamente, i mobili che erano stati accatastati contro il legno massello vennero spinti contro le pareti e nella grande sala entrò un manipolo di soldati in armatura completa. Tra loro spiccava l’uomo che il Demone aveva conosciuto nel Baathos, mesi prima dell’assedio: il tossicologo Jorge Louis Joyce.
-Questa farà al caso mio.-
Disse Medeo una volta che tutti lo avevano raggiunto intorno al bottino portato da Montu; infoderò una lunga lama che aveva trovato in mezzo a tutto quel ferro -che non sembrava potesse rappresentare una reale minaccia per Caino- e invitò i presenti a scegliere come lui un’arma.
-Caino è sul tetto, insieme al Re. Sarà uno scontro duro e non è detto che sopravvivremo.-
La sua voce era ferma, non sembrava provasse alcuna emozione al contrario dei soldati che tradivano nervosismo e paura nell’affrontare il Priore.
Qualcuno non si fidava. Medeo era veramente un criminale? Giunti lì una cosa simile era forse importante? Il Demone si sarebbe potuto trasformare davanti ai loro occhi e qualche soldato l’avrebbe attaccato, senza pensare di poter sfruttare il potere per distruggere Caino.
A chi poteva importare se c’erano artigiani, ladri, Demoni o tossicologi tra loro se non ad uno stupido? Erano tutti in forze e decisi ad uccidere lo stesso uomo. Tanto doveva bastare.
Nonostante ciò l’atteggiamento arrogante di Medeo disturbò Montu. Forse veramente conosceva Caino più di ognuno di loro, ma perché lo voleva morto? Una domanda a cui si poteva -anzi si doveva- rispondere dopo lo scontro, qualora fossero sopravvissuti, ma una domanda la cui risposta probabilmente avrebbe abbozzato una sorta di giustificazione per i toni del giovane.
Il Demone non ricordava di averlo visto a Basiledra quando era caduta.
Non sapeva chi fosse Medoro. O Belphegor. Avevano difeso quella città per anni prima che Caino la abbandonasse al suo destino fuggendo insieme alla sua codardia.
Non sapeva chi fosse Aang, o Raymond Lancaster, Fanie Elberim, Yuri Ivanov, Nicolaj Luciano, Ilyr Stepanich o Sergey Himmler. Non sapeva del sacrificio di Lothar Doppielame contro il drago Brunnen, né di Malzhar Rahl e del potere che l’aveva condannato all’esilio per non essere riuscito a salvare la città.
Cosa ne sapeva lui di quegli anni? Cosa ne sapeva lui di tutti coloro che erano morti in nome di un ideale?
Lui per cosa combatteva? Stupido piccolo arrogante.


Montu rovistava tra le armi e mentre riviveva i suoi ricordi sentì una fortissima rabbia invadergli l’anima. Caino. Era sempre stata colpa sua. Anche dell’intervento nella guerra tra Cavendish e Vaash. Sempre. Era sempre stata colpa del Priore. Avrebbe pagato. Sarebbe morto. Quella era la volontà dei Silenziosi Sussurri. Quella era la volontà del Dortan e del suo popolo.
Lo capì in un secondo: quello era il Bene!
Scartò una spada e dei pugnali con la lama piatta e uno scudo: benché Medeo avesse assicurato loro che quel metallo poteva ferire Caino lottare senza l’affilatura era un suicidio, inoltre non aveva intenzione di caricarsi sulle spalle uno scudo quando poteva difendersi in altri modi.
Sollevò un paio di guanti corazzati e ne saggiò la comodità e la flessibilità delle piastre di metallo applicate sul dorso: sembravano perfetti e la maglia di ferro si adattava perfettamente alla sua mano.
-Quanto è resistente questa lega? Possiamo maltrattarla quanto vogliamo?-
-Credo molto resistente signorina, altrimenti il nostro combattimento sarà molto corto. Se vuoi possiamo anche provarla subito.-
Ridacchiò e al Demone venne voglia di schiantare un pugno su quel sorrisetto arrogante.
Si trattenne con la convinzione che il nemico fosse uno solo.
-Andrà bene la faccia di Caino.-
Dov’erano Kuro e Ludmilla?



Energia: 90 +20 =110%
Fisico: 45 +10 =55%
Mente: 75%
Riserva CS: 4 [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
//

Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Intuito: Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza.

Onniscienza: Passiva (Numero di utilizzi: 2)
Le capacità investigative dell'Eterno vanno oltre le umane possibilità: il suo essere Demone gli consente di analizzare indizi che altri trascurerebbero per riuscire quasi a vedere cos'è successo in un determinato ambiente. Anche se ciò che Montu cerca di scoprire è avvenuto non recentemente e gli indizi sono quindi perduti, ogni evento lascia una potente aura che supera i limiti temporali; grazie alla lettura di questa aura il Demone riesce quasi a vedere cose anche molto lontane nel tempo.

Volo: Passiva (Numero di utilizzi: 4)
La naturale capacità del Demone di volare grazie alle sue ali è permeata nella sua forma umana, permettendo così a Montu di levitare anche quando non appare con il suo vero aspetto.

Note: Iniziamo, sono emozionatissimo!
Recupero 10% al Fisico aggiustandomi la spalla slogata e 20% all'Energia come "iniezione di fiducia" :sisi:
Uso anche un Corallo.

Ho preso i guanti corazzati di metallo.
 
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Alb†raum
view post Posted on 29/2/2016, 16:11




    Polvere, scalpiccio di zoccoli, tintinnio di speroni; qualcuno urlò contro il contadino in mezzo alla strada perché spostasse il suo carretto malandato. L'odore di sudore, letame e acido dei gas calmanti graffiavano i condotti lacrimali di Jorge. Strinse le redini. Stava andando incontro alla morte? Avrebbe voluto vedere Elize, parlarle, abbracciarla e dirle che, forse, avrebbe dovuto aggiungere un'estrema unzione al battesimo del neonato; ma non sapeva nemmeno se si fosse ripresa dalla convalescenza o se suo marito le avesse raccontato delle minacce. Forse avevano deciso di lasciar marcire il suo corpo in una qualche fossa comune sconsacrata, in preda a lupi e vermi; anzi, pure quelli sarebbero fuggiti inorriditi di fronte al suo tumore.
L'immagine del proprio corpo gettato nel fango venne sostituita da quella di Smith, morto, e un ghigno amaro gli attraversò le labbra. Lo spiccio funerale del comandante, l'arma che gli era stata posta in petto e le brevi preghiere pronunciate erano ancora ricordi freschi; e poi le grida, le risate, il terrore che non aveva ben capito, perché l'unica cosa che aveva afferrato era stato prima l'ordine del generale, poi il cavallo che gli avevano offerto. Jorge era spettatore in un teatro che gli aveva dilaniato le carni, tolto il fiato di gola e che, infine, gli era esploso in faccia riducendolo a brandelli; l'aveva messo a fianco di un mostro ingrato e l'aveva insultato. La ricompensa? Essere inviato a uccidere uno dei mostri più terrificanti di quelle terre, senza sapere nemmeno cosa diavolo fosse! In corpo aveva a malapena la forza di sorreggersi in piedi; nella mente, nemmeno quella.

    Fissò una stradina che si diramava poco lontano per entrare nella zona del mercato. Sarebbe stato facile far virare lì il cavallo, correre in qualche vicolo o lanciarsi all'interno di qualche abitazione o cantina rimasta abbandonata. Forse avrebbe potuto condurvi anche Elize e il bambino, e lì attendere che l'esercito di Caino passasse e ripulisse Ladeca prima di uscire. “Già, e magari anche riportare in vita la mia primogenita, e guarirmi dalla mia malattia” pensò con amarezza, fissando la viuzza sparire alle proprie spalle, inghiottita da una lavanderia. Whetstone non glielo avrebbe permesso, il generale non glielo avrebbe permesso, e probabilmente anche il re, perché a quanto pareva quello che era inizialmente il dovere di un padre generoso si era trasformato nell'obbligo di un eroe nazionale.
“Hai paura per te stesso, Jorge?” disse fra sé e sé, portandosi una mano alla fronte. “Dov'è tutta quella rabbia che hai a malapena sfogato sull'Ambasciatore? Quella furia per essere stato maltrattato, gettato nella polvere, fatto saltare in aria? Caino è stato l'artefice di questo!”.
Era forse un ipocrita che era giunto sino lì forzato, senza reale desiderio di opporsi all'uomo che voleva sterminare la sua famiglia? La stanchezza gli stava davvero confondendo i pensieri.

    Frugò così fra le proprie fiale fino a trovare quella che cercava, una piccola siringa piena di tonico di Gratia e concentrato di caffé. Era appena al di sotto di una dose letale; e lo sapeva perché dei quattordici minatori che quattro anni prima avevano acquistato da lui tagli in decrescente concentrazione, nove erano morti di arresto cardiaco. Quella era la quantità che aveva assunto il decimo. Aveva avvertito quegli idioti, ma alla fine era stato contento di avere avuto cavie tanto a buon mercato.
“Riuscirò a sopportare?”. Si portò una mano al cuore, sopra la placca di cuoio e metallo che sostituiva il suo pettorale. Lo sentì distante, agitato, come quando nelle notti di Shirazamar udiva le tempeste di sabbia soffiare a chilometri di distanza; e allora tornava bambino e si immaginava lì, sperduto nella polvere che gli graffiava le guance, con lampi che lo abbagliavano e le vesti lacere. Guardò la boccetta in cui il liquido rosso gocciolava al ritmo dello zoccolare del cavallo, poi la inserì nel catetere, con il solito pizzico dell'ago che penetrava nella vena. Fu come se fuoco gli fosse entrato in circolo. Sfumature rosse, ustionanti, poi un azzurro gelido gli attraversarono le vene; le budella gli si schiacciarono e gli sembrò di cadere in un baratro. Nella vertigine tirò le briglie a sé, per stringerle al petto come un appiglio. Il cavallo barcollò e una delle guardie urlò qualcosa, ma prima che si voltassero Jorge era tornato in sé, e dolore e stanchezza parevano ricordi lontani.

«Si sente bene?» mormorò uno dei soldati, facendoglisi vicino. Jorge non gli concesse mezza occhiata.
«Qual è l'Edraleo?» gli domandò. Con la coda dell'occhio catturò lo sguardo stupefatto dietro la celata dell'elmo.
«Sollevi gli occhi. È il castello in cima alla rupe».
Il sentiero che stavano percorrendo conduceva con un movimento a serpentina al costone di granito grigiastro che si ergeva sopra la città, e le mura del parlamento, dello stesso materiale, parevano essere state cesellate in quella sporgenza. Il centro del potere nasceva dalla stessa terra che governava; un simbolo potente... per un regno che ogni vent'anni affrontava sanguinose guerre civili e il cui ritmo di successione era scandito dall'acciaio.


    Fecero il loro ingresso nell'Eraldeo senza pompa o presentazione. Jorge prese qualche istante per apprezzare il salone arredato con arazzi intarsiati d'oro e porpora; i quadri a olio che ritraevano i paesaggi collinari del centro del Dortan, e quelli più aspri a nord; infine i tappeti, alcuni dei quali si distinguevano per gli arabeschi nello stile del sud. Tutto il mondo era stato radunato in quella sala, e Jorge non poté non sentirsi inquieto, come se migliaia di sguardi lo toccassero.
Due figure stavano al centro della stanza e frugavano in mezzo a un mucchio di armi gettato a terra. Jorge riconobbe in una quel Montu che aveva incontrato nel Baathos; l'altro individuo era tuttavia sconosciuto.
«Ecco, ora la festa è al completo» mormorò quello, vedendoli avvicinarsi. Jorge arricciò il naso. Non gli piaceva: era qualcosa nello sguardo, tetro e orgoglioso che glielo faceva apparire tanto detestabile? O l'atteggiamento con cui si era servito del mucchio di armi?
«Prendete una di queste armi, dovrebbero essere in grado di uccidere Caino» comandò infoderando l'arma alla cintura. Ordinò con lo sguardo di muoversi come si fa con i cani o le bestie maltrattate. Jorge era stato nell'esercito, e non questionò l'ordine, ma non si avvicinò. Chi era quel ceffo?
«Sei un criminale e un fuggiasco, per quanto ne so io» rispose per lui una delle guardie.
Jorge si pentì di non essersi informato di politica e di apparentemente non sapere nulla della persona a cui si trovava davanti. Quando si avvicinò per servirsi, quindi, si chinò senza rivolgere uno sguardo allo sconosciuto, sfiorarlo o altro. Allegra era una creatura abominevole, era vero, ma non sembrava armata di cattive intenzioni, solamente incapace di rendersi conto dei poteri spaventosi aveva. Lo sconosciuto, invece, pareva essere fin troppo conscio di quanto pericoloso fosse, e lo osteggiava a ogni frase, movimento... e insulto che la sua boccaccia non cessava di proferire.


    «Con chi abbiamo il piacere di parlare?» domandò, studiando le armi. Le fogge nel mucchio erano disparate: vi erano diversi pugnali da lancio, una spada e uno scudo di notevole grandezza; parevano pezzi di metallo modellati per la pura funzione di colpire e senza decorazioni o fregi, con fascette di stoffa come rozza impugnatura. Jorge prese un coltello e fece scorrere un dito sul filo. “Piatto” constatò, e lo stesso notò nella spada. Le spade lunghe effettivamente non necessitavano di affilatura per risultare letali, ma lo stesso si poteva dire dei pugnali da lancio...?
«Mi chiamo Medeo e son quello che vi salverà il culo» la voce dell'altro pareva implorare un pugno e una mascella frantumata. «Tu da dove saresti uscito, invece?»
Jorge incassò la domanda senza intenzione di rispondervi. Che autorità aveva quel criminale, quella faccia di merda che da quando si era presentata non aveva sputato che minacce e insulti? Che diritto aveva di dargli confidenza? Lo fissò con severità, poi frugò tra le proprie fiale alla ricerca di un qualche veleno per armi. Era una sostanza scura, oleosa e, lo sapeva senza aprire la boccetta, estremamente puzzolente. Aveva mischiato radici di digitale a olio e strutto per creare una sostanza in grado di rimanere appiccicata alla lama; l'odore non era molto importante quando la somministrazione avveniva tramite una pugnalata nelle reni.
Fece cadere una goccia su uno dei pugnali. Questa, con sorpresa di Jorge, scivolò via come acqua su vetro.
«Che metallo è questo? Non si comporta come l'acciaio, e non è nemmeno affilato». Se lo rigirò tra le dita. Una sostanza lipofoba? O magica, certo, c'era sempre quel piccolo particolare che mandava a farsi fottere tutti gli studi sulla chimica che aveva studiato.
«Mi hai preso per un cazzo di fabbro?» La voce dell'altro si era fatta dura, e aveva perso l'allegra insolenza di prima. «È un metallo magico, che può danneggiare quello stronzo di Caino. Credo basti, no?»
Jorge gli rivolse un'occhiata gelida, come un tempo aveva fissato gli studenti incapaci di tenere chiusa la boccaccia; perché quel Medeo sembrava esattamente questo: un ragazzino chiassoso, pestifero e rozzo.
«Mi perdoni, lei non si è presentato con il titolo di lord, e visto il suo aspetto e il linguaggio ho pensato che lei dovesse essere uno stalliere o un maniscalco» pronunciò, asciutto. «E io non sono solito a sentirmi dare del tu da un servitore». “Perché è questo quello che saresti, non è vero? Un servo” nascose in quell'ultima frase. Il vero problema di Jorge è che non sapeva minimamente chi Medeo servisse.

«Il tuo nome è Montu, non è vero?». Aprì i due astucci di pugnali da lancio e li fece cadere a terra in un tintinnio disordinato; con accortezza si mise a infilare dentro quelli di “metallo magico”, come li aveva chiamati Medeo, scartando quelli che non si adattavano al meccanismo. «Ci conosciamo già, se non sbaglio». Fece scattare il meccanismo per assicurarsi che non si inceppasse; le lame fuoriuscirono senza problemi, e Jorge abbozzò un sorriso soddisfatto. Afferrò un paio dei propri pugnali da terra e se li infilò nella cintura, contro ogni evenienza.
Anche se era certo che anche quelli magici avrebbero svolto il loro compito contro la pellaccia di Medeo – se ce ne fosse stato bisogno, ovviamente.

Energia: 20% +20% + 5% (erba ricostituente) = 45%
Corpo: 30% +10% = 40%
Mente: 100%
CS:
Passive attivate:
Attive:


Note: Jorge prende i pugnali da lancio e si prepara. Utilizza anche l'erba ricostituente. Nient'altro da segnalare.


Enjoy it :8):
 
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view post Posted on 2/3/2016, 11:07
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Valzer al Crepuscolo

Edraleo di Ladeca
Tetto


La brezza spirava sottile.
Uno sbuffo di vento faceva schizzare i lembi delle tuniche, sollevando capelli e foglie dalle fronde sul fondo della strada. Sul tetto, quasi faceva più freddo; quella sottile brezza spirava con più forza, lasciando gli occhi indifesi dalla furia del vento che quasi provava a scuotere gli animi, molto più di quanto facessero le parole.
La città sembrava immersa in una quiete irreale. I rombi di guerra erano lontani, ammassati sulle mura cittadine e isolati da pochi e sparuti rimbrotti. Per converso, il crepuscolo discendeva su tutta Ladeca, al pari di una manto spesso di coperte che copre la fronte del bambino, riparandolo dal gelo della notte.
Era una quiete surreale, impettita e scarna. Priva di fronzoli o distacchi di pace; era un presupposto di inedia, un preludio alla fame.
Un primo atto attonito di uno spettacolo di cui nessuno poteva prevedere la fine.
Il terrazzo dell'Edraleo era al pari di una sconfinata piazza. L'intero soffitto dell'edificio era stato adibito a palcoscenico di rappresentanza; il marmo bianco levigato lastricava tutto il pavimento, ovunque l'occhio si perdesse. E si estendeva per diversi metri, potendo contenere agevolmente una ristretta folla. Il perimetro era circondato da un'alta balaustra, mentre gli angoli addobbati con grosse piante e ornamenti di vario genere.

Julien fu il primo a raggiungere la balaustra.
Passò una mano sul cornicione polveroso; la mano bianca e sottile si riempì di cenere grigiastra, mentre l'occhio tremulo scivolava di casa in casa. Socchiudeva piano all'immondo puzzo del sangue; a stento poteva credere che dietro quella quiete pacifica si celasse un rimorso di dolore. Che dietro ogni viale vuoto, dietro ogni albero mosso e dietro ogni sguardo attonito si celasse una storia terribile, una giornata da dimenticare e un futuro ancora peggiore.
Dietro tutto c'era, in qualche modo, lui e la sua inettitudine. E, ancora una volta, ogni sua decisione sarebbe pesata sul Regno più di quanto avrebbe voluto.
Si chiese soltanto perché. Ma lo fece in silenzio e in una lacrima.

« Misericordia? » Chiese una voce alle sue spalle.
Caino lo raggiunse dopo qualche passo. Non l'aveva perso di vista un momento sulle scale; ostentando un comportamento quasi paterno, infatti, gli risultava difficile sottrarsi a quel tono da carceriere. E non se lo sarebbe lasciato scappare per nulla al mondo. Faceva il padre, ma lo trattava da ostaggio.
« O, forse, pietà? » Aggiunse, sorridendo. « Cosa ti spinge a provare compassione per queste creature? »
Disse e non lo guardò.
Eppure, Julien lo odiò lo stesso. Storse il labbro in un'espressione disgustata; poi trattenne un pianto, e gli rispose a tono.
« Sei talmente inumano da non comprendere cos'è il bene del regno? » Asserì, secco. « Non puoi governare senza la gente; non si può avere una corona senza il sostegno del popolo. »
Caino trattenne una risata. E non si trattenne tanto.

« E tu saresti stato un buon Re? » Domandò, con disprezzo. « Guarda cosa hai fatto; guarda il tuo amato popolo. »
Julien questa volta pianse poco. Si prese qualche minuto di sfogo, salvo poi asciugarsi il volto col lembo della manica. « Io non ho mai chiesto di essere Re »
Lo sfogo portò con se altre lacrime. « Non ho mai voluto tutto questo; forse non sono adatto o forse avrei dovuto essere più cinico. »
« Ma non riesco a rinunciare alla vita di uno, per quella di molti » proferì, quasi sotto voce. « Non riesco a essere crudele. »

« Dobbiamo darti ragione » commentò Caino, più serio. « Un Re deve essere spietato, forte. »
« Quando ti nominammo Re avevamo immaginato per te un futuro diverso » gli disse, toccandogli una spalla. « Ti avremmo plasmato a nostra immagine, assuefacendo il tuo io al giusto bilanciamento tra crudeltà e giustizia che un Re deve avere nel proprio animo. »
Poi si guardò intorno, con aria schifata. « E invece ti hanno insegnato la pietà, il cordoglio e il dolore » asserì, riferendosi a Zeno. « Ti hanno dato quello che un Re non dovrebbe avere. »
« Una coscienza. »
Julien stette in silenzio qualche altro minuto. Teneva una mano sul volto, trattenendo le lacrime e lambendo con smorfie di sofferenza il manico della sua giacca di stoffa blu. Con l'altra, però, teneva l'elsa della sua spada, fiancheggiata alla coscia. La stringeva con fervore, quasi per infondersi sicurezza. Certo che, presto o tardi, si sarebbe sfogato contro il Priore.
« Io non sono come te » sussurrò, secco. « Non sono un cinico calcolatore, che disprezza la vita e accarezza la morte al pari di un'alleata. »
« Io provo pietà per i deboli e sopperisco all'idea di scavare la fossa ai miei nemici » proseguì, lento. « Non sono come quei nobili pieni di se. »
« Non sono come tutti loro e non sono come lui. » Commentò ancora, con gli occhi gonfi. « Non sono... »

« Un Re » Sottolineò Caino.
Ma Julien stette in silenzio.

« Siamo d'accordo, almeno su questo » proseguì il Priore al suo posto. « Allora vorrà dire che il nostro compito sarà più facile di quanto previsto. »
Gli posò l'altra mano sull'altra spalla e lo girò, costringendolo a guardarlo negli occhi. « Se è così, Maestà, vorrà dire che oggi vi libereremo da questo gravoso fardello. »
Caino sorrise. Fissava Julien nei suoi occhi tremuli e provava a scavargli nel profondo, tirandogli fuori poche e semplici parole. Le uniche che avrebbe voluto sentirgli dire.
« Siamo noi che ti abbiamo dato questo peso, tempo addietro » proseguì ancora, sicuro, « e in qualche modo sentiamo la responsabilità di doverti salvare da esso. »
Poi sorrise, sforzandosi di assumere un tono paterno. « Abdica in nostro favore » asserì, secco. « Dacci la corona e ti prometto amnistia per te, Zeno e chiunque vorrai. »
Poi sollevò il busto, in tutta la propria fierezza. « Amministreremo questo Regno col giusto bilanciamento da te detto: giustizia e cinismo. »
Julien abbozzò un sorriso e Caino ne fu quasi sorpreso. All'udire di quelle parole, le lacrime si fermarono. Tra tutti quei tentennamenti, infatti, sembrò quasi che le parole di Caino avessero fatto breccia da qualche parte. Avessero risvegliato una certezza, un angolo di lucidità da tempo lasciato a riposare, ma radicato nel cuore e nell'orgoglio del giovane Re.
« Ho imparato tante cose in questi mesi » disse, serioso. « Ho imparato che non sono adatto a fare il Re » asserì, secco. « Ho imparato che questo posto forse nemmeno ha bisogno di un Re. »
« Ho imparato il disprezzo dei nobili, la fame della gente e la nullità della giustizia terrena » proseguì. « Ho imparato che forse il popolo avrebbe il diritto di decidere da solo come governarsi. »
« Ho imparato che la giustizia è qualcosa che non ci appartiene e che non può essere amministrata dagli uomini senza un pizzico di egoismo e pregiudizio. »
Poi lo guardò in faccia, con tono di odio. « Ma ho anche imparato che qualunque cosa accada, qualunque cosa faccia e qualunque prezzo di sangue costi... »
Julien fissò Caino con tutto l'odio con cui si può guardare un uomo: « farò di tutto per impedirti di diventare Re! »
« Dovesse l'ultima cosa che faccio! »
Immediatamente dopo la mano che accarezzava l'elsa si strinse a essa con vigore. Julien la sfoderò rapidamente, svirgolandola sul volto del Priore.
Caino inarcò il corpo all'indietro e la punta della lama gli disegnò un sottile sfregio sulla guancia. Di tutta risposta, poi, con un colpo della mano destra disarmò il Re e con l'altra lo afferrò al collo, stringendo.

« Allora morirai come dici » gli rispose, con il volto a metà tra lo schifato e il divertito.

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« Uuuh ~ ♫ abbiamo interrotto qualcosa? »
La voce di Medeo si frappose tra i due, proprio nel momento più concitato. Caino si girò, opponendosi al gruppo che gli venne incontro. Dinanzi a se aveva tre guerrieri, armati di tutto punto e pronti a sfidarlo. Dietro di loro, poi, un gruppetto dei soldati della guardia reale, venuti a supporto.
Il Priore disegnò un becero sorriso sul volto. Fece pochi passi, trascinandosi dietro Julien, che prese a boccheggiare per la sofferenza.
« Teslat? » Chiese Caino, apparentemente stranito. « Sei... davvero tu? »
Medeo sorrise, mascherando l'odio con una smorfia di finta ironia. « Ciao paparino, son venuto a riscuotere le paghette arretrate. »
Poi lo fissò, più serio. « Ora posa quel ragazzo e nessuno si farà male... » Disse, sorridendo. « Nessuno di noi quantomeno. »

Caino fece pochi passi, insistendo in direzione dei tre.
Sorrise ancora, becero.

valzer2


« Siete ridicoli » asserì, secco.
« Non potete niente contro di noi e non impedirete il corso degli eventi. »
Li fissò uno a uno. « Conoscerete i lamenti del Bathos e vi pentirete di averci sfidato. »
Nel mentre parlava, il suo corpo prese a sollevarsi da terra. In una lenta ascesa, il Priore si portò a diversi metri dal suolo, trascinando con se anche gli spasmi sofferenti di Julien che si divincolava con forza.
Poi sollevò l'altra mano, quella libera e pronunciò una parola che fece vibrare l'aria di un tremore inconfondibile.
« Simit el Iblis »

La lingua dei Demoni fece tremare il mondo con la sua vibrazione. Il tempo e lo spazio parvero contrarsi, mentre il pavimento in marmo bianco sembrò divenire più scuro e creparsi in più punti. All'improvviso, da qualche metro di altezza, dei vuoti d'aria si concentrarono, formando due buchi, nei come la pece. Da essi presero forma lembi di carne spessa, larghi diversi metri di diametro, che piombarono diretti al suolo con velocità e potenza. Erano gambe mostruose, formate con carne marcescente e volti di centinaia di uomini che si contraevano dal dolore. I due rozzi piedi pulsarono contro il terreno, imprimendo loro una potenza tale da far crepare il soffitto e farlo crollare. Interi pezzi di terrazzo si sollevarono, staccandosi dal corpo principale e facendo mancare la terra sotto i piedi dei presenti.
Il principale colpito fu proprio Medeo, che scomparve in un buco del pavimento.

Nel mentre, Caino rimase a mezz'aria, gustandosi i riverberi delle carni che si contorcevano sotto il peso della sua potenza.
Infine, i suoi occhi divennero luminosi. Una pellicola dorata si disegnò sopra di essi, nascondendo finanche le iridi. Improvvisamente, una lampo di luce si profuse da essi e abbagliò tutti i presenti, coprendoli come un lamento di sangue che pioveva dal celo.
E la luce avvolse i soldati, già in difficoltà per il terreno franato. Come la loro carne toccò l'aura dorata, presero a lamentarsi e a soffrire. Le anime dei soldati si sollevarono dai loro corpi, mentre i presenti poterono vederle con orrore svirgolare lontano da essi e dirigersi direttamente verso la fonte del loro dolore. Ovvero, gli occhi stessi del Priore.
Mentre ciò accadeva, Caino non smetteva di ridere.
« Morirete come vermi! »



CITAZIONE
QM Point
Allora, Caino usa due tecniche per attaccarvi.

La prima tecnica è presa dal suo artefatto "Simit el Iblis" (ho sottolineato la parte che vi interessa)

CITAZIONE
Gambe الساقين
Ogni volta che camminava, gli sembrava di sentire come un terremoto ad ogni passo, un Tum Tum che andava al ritmo del suo cuore. Gambe titaniche per reggere un corpo possente ma invisibile, piedi larghi come carri che si muovono al solo scopo di schiacciare e rendere polvere tutto ciò che esiste. Passi che amplificano quelli di Caino, li rendono pesanti, saturi dei ricordi di ciò che ha fatto nel suo passato, e delle imprese che svolgerà in futuro. Finchè non sarà egli stesso libero dal suo giogo, spezzando le catene che lo ossessionano e lo intrappolano a metà strada tra la realtà e la finzione, tra il vero e il falso, tra Theras e Baathos. E nessuno mai piangerà lacrime amare per lui, perchè nessuno lo conosce e vorrebbe farlo. Solo un labile Tum Tum in lontananza, come il suono appena udibile di un cuore acerbo, già spezzato dalla crudeltà della vita.
[Attiva, consumo Medio, natura fisica: una delle gambe del Colosso apparirà dal nulla, attaccando un nemico a scelta del Corvo, che se colpito subirà un danno Basso da impatto e verrà azzoppato per un turno; Attiva, consumo Alto, natura fisica: entrambe le gambe appariranno e calpesteranno violentemente il terreno, causando un danno Medio a tutti i nemici sul campo.]

Consideratela una tecnica fisica che attacca il corpo. Come effetto ulteriore, derivante dal fatto che combattete sul tetto e che la tecnica "sfonda" il soffitto, la tecnica vi causerà come ulteriore effetto passivo una perdita di equilibrio.

La seconda tecnica, invece, è una tecnica magica di potenza "Critica" ad Area (alto per ciascuno), che causa metà danno al corpo e metà danno alla mente. E' sostanzialmente un lampo di luce generato dagli occhi di Caino che vi "strappa" l'anima.

Oltre a questo, Caino usa una passiva di levitazione contenuta nell'artefatto citato.

Nel vostro post dovrete semplicemente combattere, con le regole classiche di un duello. Ma dovrete farlo, avendo in mente una cosa. Caino può essere danneggiato in un modo specifico. Questo modo specifico lo dovrete capire da soli. Ho sparso indizi in giro in queste ultime giocate e c'è un indizio fondamentale mascherato in questo stesso post. Ovviamente non ammetterò variazioni in questo senso: ucciderà Caino solo chi lo colpirà nel modo specifico. Nel caso in cui lo colpiate entrambi nel modo giusto, avrà valore il post giunto per primo. Detto questo, vi fornisco un ulteriore piccolo aiuto: le armi che vi sono state donate hanno un potere interno che vi consente, una volta per turno, di generare una tecnica a scelta. Potete creare una tecnica a piacimento, magica o fisica, con le armi che vi ha dato Medeo. Questa tecnica potrà avere la potenza che preferite (ma ne pagherete il consumo normalmente), e potrà essere offensiva o difensiva, anche se vi consiglio di sfruttarla per provare a colpire Caino. Avrete massimo tre tentativi per provare a colpire Caino (ovvero questo e altri due turni) e in ciascuno di essi potrete creare una tecnica a piacimento. Se nessuno di voi due ci riuscirà, potrà ucciderlo Medeo... o nessuno. Ovviamente le tecniche create andranno valutate nella ricompensa finale, in termini di sportività. Non è detto che, alla fine, chi uccida Caino vinca anche questa scena.

I lettori

Anche qui i lettori sono chiamati a una scelta. Potrete decidere la strategia di Medeo in questo post.

• Totalmente difensiva; Medeo punta a far stancare Caino dagli altri due;
• Totalmente offensiva; Medeo va all'attacco;
• Media; Medeo si difende e contrattacca, ma subendo danno.

Termine per postare e votare una settimana circa.
 
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view post Posted on 3/3/2016, 02:00
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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-Allora morirai come dici.-
Le due sagome si stagliavano contro il tramonto che accompagnava Ladeca verso l’oscurità della notte, un’oscurità da cui rischiavano di non uscire mai più.
Caino era in piedi, le spalle dritte, sembrava non essere minimante toccato dalla situazione, sembrava non provare emozioni. Una fredda macchina che aveva svolto i suoi calcoli per arrivare al trono e stava per compiere l’ultimo passo.
Julien era davanti a lui, la mano del Priore stretta sulla sua gola, le gambe gli cedevano e le sue mani erano strette sul braccio ferreo del Corvo. Un uomo che faceva i conti con i suoi errori, e ne stava per pagare un prezzo fin troppo caro.
Il loro arrivo sull’ampio tetto di marmo dell’Edraleo aveva senza dubbio evitato il peggio; la costruzione dominava la città e in lontananza si vedevano i fumi della battaglia -l’esercito di Caino e di Lhissra’had Essien sembrava non riuscire a far breccia nelle mura-, i suoni arrivavano deboli trasportati dal vento che spirava forte sui presenti.
Quanto tempo era passato dalla seconda battaglia di Basiledra? Un anno, un anno e mezzo? Ricordava come fosse successo il giorno prima il Cuore di Marmo che collassava su sé stesso.
Lui era riuscito ad arrivare alla Piazza Centrale e da lì aveva guardato con terrore il cuore di Basiledra che sprofondava nella terra aprendo una voragine, divenuta ora una cicatrice per il Dortan.
Le cicatrici ricordano sempre qualcosa, e quella ricordava agli uomini che il male poteva sì sembrare invincibile, ma se anche una sola persona continuava a credere in un futuro diverso quel futuro rimaneva possibile. Ci aveva creduto Fanie mentre giaceva in ginocchio sul patibolo, ci aveva creduto Raymond che però non era riuscito a vederlo realizzato, e ci aveva creduto Kuro.
Ora, forse, qualche soldato lontano sulle mura era voltato verso l’Edraleo senza sapere cosa stesse succedendo. Ora c’era lui, c’era Montu, sul tetto della città, circondato dal marmo bianco; c’era lui a credere nel futuro e a combattere perché questo si realizzasse.
Sarebbe stato quantomeno ironico se l’Edraleo avesse fatto la stessa fine della sede del Trono che non Trema. Si guardò intorno e vide il terrore negli occhi dei soldati che seguivano lui, Medeo e Joyce. Sentiva le parole del presunto criminale che li guidava cercare di intaccare la statuaria compostezza del Priore senza riuscirci.
Caino avanzava verso di loro lentamente, un piede dopo l’altro e sembrava stesse ragionando sul minimo dettaglio perfino di quei passi.
-Siete ridicoli.-
Ovviamente non potevano sperare di spaventarlo o di farlo desistere solamente presentandosi lì con le armature tirate a lucido e le nuove armi.
-Non potete niente contro di noi e non impedirete il corso degli eventi. Conoscerete i lamenti del Bathos e vi pentirete di averci sfidato.-
Parlava di sé al plurale? Maledetto esaltato!
Levitò piano, si alzò di qualche metro trascinando con sé Julien che si dimenava annaspando e cercando di liberarsi dalla presa, poi il panico avvolse le anime di ognuno dei presenti: uccidere il Priore, d’un tratto, iniziò a sembrare veramente impossibile.
-Simit el Iblis.-
Il pavimento si crepò in più punti, il marmo sembrò perdere il suo colore, Caino osservava ciò che stava per succedere e un sorriso si disegnò sul suo volto. Il Demone sentì un brivido corrergli lungo la schiena mentre l’aria si squarciava sopra di loro; dall’altra parte delle innaturali aperture sembrava aprirsi un universo tanto distante quanto diverso da quello che conoscevano.
Due enormi gambe attraversarono le spaccature e si schiantarono al suolo prima che chiunque potesse rendersi conto del potere scatenato dal Priore. Gli arti sembravano putrefatti, volti umani contorti dal dolore risaltavano sulla carne marcia. Parti del soffitto crollarono nella grande sala sottostante, quasi tutte le lastre furono divelte e gli uomini persero l’equilibrio come se si fosse appena scatenato un terremoto; Medeo era sparito in una voragine apertasi nel marmo.
Montu accusò il colpo iniziale per poi sollevarsi in aria, portandosi alla stessa altezza del Priore.
Lo guardò fisso negli occhi:
شما خواهد مرد
Il Demone gli urlò contro la sua rabbia, sentiva il fuoco ardere dentro di lui ansioso di scatenasi.
-MORIRAI!-
Caino scoppiò in una risata tanto crudele quanto distaccata, e tutti capirono che quello era solo l’inizio dell’incubo.
I suoi occhi divennero d’oro, le palpebre erano spalancate e Montu vide chiaramente le pupille sparire dietro la pellicola simile al prezioso metallo. Poi un lampo di luce esplose da quegli occhi e illuminò il tetto dell’Edraleo accecando i presenti.
L’Eterno si portò istintivamente le braccia a protezione del volto, i suoi poteri avevano raggiunto un livello quasi inconscio e numerose lastre di marmo si alzarono dal pavimento distrutto per formare una barriera tra lui e il Corvo. La luce non lo investì direttamente ma quando le lastre ricaddero al suolo frantumandosi sentì il petto dilaniarsi e la testa esplodergli; vide uscire all’altezza dello sterno la sua stessa immagine umana, trasparente e tendente all’azzurro, seguita da quella rossastra del demone. Le due anime sembravano fondersi e lottare, aggrapparsi alle carni di Montu e voler fuggire, continuare ad esistere e abbandonarsi al Priore.
Montu ruggì verso il cielo che andava oscurandosi. La sua forza di volontà era più forte di Caino! Quel potere non poteva spezzarlo! La sua anima gli apparteneva così come la determinazione per resistere. Poteva farcela! Strinse i denti e le vene sul collo gli si ingrossarono, la braccia erano tese lungo i fianchi con i palmi rivolti verso il Corvo, i muscoli tesi. Vide la sua anima affondare sempre più nella sua carne, mentre quelle di molti soldati fluttuavano veloci verso gli occhi luminosi di Caino.
I guanti sembrarono stringersi sulle sue mani, legandosi fin sugli avambracci, le placche di metallo si contraevano muovendo di conseguenza le dita di Montu all’interno della maglia di ferro.
Così come l’anima degli uomini dai palmi dei guanti fuoriuscì qualcosa della loro stessa forma, dorata come la luce emessa da Caino.
Il metallo sembrava fremere, aspettava qualcosa. Un ordine. C’era un potere nascosto nelle loro armi, era questo l’ultimo dono dei Sussurri.
-Morirete come vermi!-
Sotto di lui i soldati urlavano di dolore investiti da quella maledetta luce, e l’ordine si formulò quasi naturalmente nella mente del Demone: gli occhi, strappateglieli.
L’immagine eterea e dorata dei guanti esplose verso il volto di Caino, dopo un istante la luce divenne nera con incandescenti riflessi rossi -come fosse composta da tizzoni ardenti- e la velocità aumentò.



Energia: 110 -10 -20 =80%
Fisico: 55 -10 =45%
Mente: 75 -10 =65%
Riserva CS: 4 [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]

Equipaggiamento:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta
Guanti di metallo: Indossati

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Corallo [+1 Forza, +1 Velocità, +2 Maestria nell’uso delle Armi]
Corallo [+2 Forza, +1 Velocità, +1 Intelligenza]
Gemma della Trasformazione
[Anello del Tuttofare - Immortalità]

Pergamene Usate:
//

Abilità Usate:
Barriera (7/25) - tecnica magica di potenza Media; difende da un attacco rivolto al Fisico di potenza Media o inferiore.
Lo Stregone del mio villaggio ha detto che sono l’unico che può seguire le sue orme. Mio padre era fiero di me, ma vedevo mia madre sempre più preoccupata… mi sembrava di percepire il suo dolore. Lo Stregone ha detto che anche questo fa parte del mio dono. L’addestramento è cominciato all’inizio del ciclo lunare.
Le cose mi riescono con impressionante facilità.
Da subito -con un consumo Energetico Medio- ho imparato a richiamare davanti a me una barriera composta da ossa (io riesco a crearla anche con qualsiasi altro materiale solido e di dimensioni particolarmente grandi, ma lo Stregone dice che è impossibile); posso usarla per bloccare gli attacchi che mi potrebbero rivolgere contro.
Il mio maestro dice che tutti noi possediamo un’energia potentissima, ma dobbiamo imparare a canalizzarla… qualsiasi cosa voglia dire. Comunque si è spaventato moltissimo quando -con un consumo Energetico Medio- sono riuscito a scagliare un grosso ammasso di energia nel cielo, sopra di noi; si è scaricato a terra come un fulmine non appena l’ho desiderato. Ho capito che posso lanciare l’energia anche fin dove non è più possibile vederla, e posso perfino cambiarne il colore anche se non il danno all’impatto rimane lo stesso. L’energia “canalizzata” sembra sia particolarmente efficace contro la Progenie dei Draghi, mentre è più debole se viene subita dalla Progenie dei Demoni.
Curioso.


L'anima dei guanti. Consumo Energetico: Variabile
Il metallo di cui sono composti i guanti sembra possedere un'anima. Quando chi li indossa è impegnato in un duello questi possono generare un'immagine di loro stessi che mantiene le proprietà del metallo di cui sono composti. Il colore di tale emanazione può variare secondo il desiderio del caster, ma la forma rimarrà sempre quella dei guanti.
Il lampo di luce ha la capacità di trafiggere, lacerare, strappare o dilaniare il bersaglio come fosse materia, riuscendo però ad essere etereo per qualsiasi cosa che non voglia essere colpita da chi indossa l'arma.
Tecnica di natura Magica; Potenza pari al consumo speso. Infligge danni al Fisico, può essere difesa da tecniche di natura Magica di potenza uguale o superiore.
Consumo speso: Alto (20%)

Passive Usate:
Immortalità. Passiva (Numero di utilizzi: ∞)
Il Demone sfonda lui stesso la barriera della non vita, divenendo un immortale e sconfiggendo la morte una volta per tutte.
La tecnica ha natura magica e conta come un'abilità passiva - si potrà dunque beneficiare dei suoi effetti in qualsiasi momento nel corso di una giocata. Il caster diviene a tutti gli effetti immortale, rimanendo in vita indipendentemente dalla quantità di danni subiti. Non potrà comunque continuare a combattere con una somma di danni mortali sul corpo, non sarà immune al dolore né agli effetti dei danni - ad esempio, con una gamba spezzata non potrà camminare. La tecnica garantisce una difesa dalle scene in cui è possibile perdere il proprio personaggio o al termine di un duello con Player Killing attivo: i personaggi possedenti questa passiva non potranno essere uccisi in nessun caso.
[Il Demone potrebbe comunque essere ucciso qualora gli si cavassero gli occhi]

Intuito: Passiva (Numero di utilizzi: 4)
Abituati da sempre a barcamenarsi tra i rischi del continente, i possessori di questo talento hanno sviluppato un intuito fuori dal comune che gli permette, con una semplice occhiata ad un interlocutore, di capire cosa sia in grado di fare, di fatto apprendendone la classe e il talento di appartenenza.

Onniscienza: Passiva (Numero di utilizzi: 2)
Le capacità investigative dell'Eterno vanno oltre le umane possibilità: il suo essere Demone gli consente di analizzare indizi che altri trascurerebbero per riuscire quasi a vedere cos'è successo in un determinato ambiente. Anche se ciò che Montu cerca di scoprire è avvenuto non recentemente e gli indizi sono quindi perduti, ogni evento lascia una potente aura che supera i limiti temporali; grazie alla lettura di questa aura il Demone riesce quasi a vedere cose anche molto lontane nel tempo.

Volo: Passiva (Numero di utilizzi: -4-3)
La naturale capacità del Demone di volare grazie alle sue ali è permeata nella sua forma umana, permettendo così a Montu di levitare anche quando non appare con il suo vero aspetto.

Note: Subisco la prima tecnica neutralizzando la perdita d'equilibrio con la Passiva di Volo, e mi porto alla stessa altezza del Priore. Mi difendo in parte dalla seconda tecnica con Barriera, subendo però il Medio alla Mente. Poi attacco con la tecnica "generata" dai guanti, descritta sotto Abilità usate.
 
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Alb†raum
view post Posted on 6/3/2016, 14:49




     “Ovviamente devono essere sul tetto” grugnì fra sé e sé Jorge appoggiandosi al bastone. “Dove poteva avvenire altrimenti uno scontro finale?”. Tutte quelle drammatizzazioni da romanzo da quattro soldi iniziavano a essergli snervanti: risalire quelle rampe di scale con le ferite di frecce, tagli e schegge era una tortura a cui si sarebbe volentieri sottratto in cambio di una battaglia meno stupidamente ricercata, magari nella sala delle riunioni, o nelle cucine.
A ogni passo assaporava metallo e il pulsare delle vene delle tempie gli rimbombava sotto la maschera. Attraversavano corridoi addobbati di tappeti e arazzi, salivano scale con moquette rossa e passavano sotto a quadri che li guardavano gravemente, un po' come tutta Ladeca che ora, senza muovere un dito, li stava osservando salire in soccorso a quel re fanciullo; ma Montu era giovane, Medeo sembrava esserlo, mentre Jorge rimaneva indietro, appesantito dal respiratore, dalle ferite e dall'età.
“Almeno tutto questo finirà oggi” pensò, stringendo le dita sul pomo del bastone. “Nel bene o nel male”. Dopo se ne sarebbe andato da Ladeca per tornare nell'Akeran; oppure avrebbe potuto deviare nell'Edhel, per quanto orrore gli facessero gli elfi con i loro riti selvaggi. La sua salute si stava deteriorando in fretta, tuttavia, e non era il caso di essere schizzinosi nei confronti della magia... quando non stava tentando di ucciderlo.

    Varcarono l'ultima soglia al termine di un corridoio, e il tetto si aprì finalmente di fronte a loro. Era un giardino pensile di marmo; sembrava una città montana, dove il lastricato spoglio e bollente nei giorni del sole ricordava le stesse rocce delle alpi su cui sorgeva. Due figure al centro si fronteggiavano: un uomo dai capelli corvini... e un bambino stretto fra le sue grinfie. Jorge non ci mise molto a capire chi fosse il loro beneamato e acerbo sovrano.
«Ciao paparino, son venuto a riscuotere le paghette arretrate» esordì Medeo, avanzando verso il regicida. Paparino? Fissò l'uomo di fronte a loro. Non doveva avere molti più anni di Medeo, e certamente non abbastanza da avere un figlio di quell'età. Che mostri erano quelli? Che intenzioni avevano?
«Siete ridicoli» asserì Caino, secco, e mai così tanto Jorge aveva condiviso la propria opinione con una persona che lo voleva uccidere. «Non potete niente contro di noi e non impedirete il corso degli eventi. Conoscerete i lamenti del Bathos e vi pentirete di averci sfidato».

    Una frase in lingua dei demoni. Dall'alto piovvero due gambe giganti che precipitarono sul pavimento della piazza. Scrosciare di una frana, roccia che scricchiolava e cedeva lamentandosi in tuoni. Jorge cadde a terra e lanciò un urlo; sbatté la spalla destra e striscio per qualche metro. Il respiratore emise scintille stridenti, poi il terreno sotto di lui mancò.
«Merda!» urlò, serrando le spalle. Un rumore di ventole si propagò per tutto il suo corpo, poi aria soffiò dagli sbocchi del respiratore. Si levò in volo di qualche metro, mentre sotto di lui il marmo precipitava fra i supporti di legno sfondati.
«Morirete come vermi!» strillò Caino, ridendo. I suoi occhi si illuminarono di una luce dorata; dalle iridi si propagò un lampo che invase la piazza, e la compagnia che Jorge aveva portato si dimenò in preda alle convulsioni. Un fumo biancastro fuoriusciva dai loro corpi, come se quello sguardo stesse mangiando loro...
“L'anima”. Quello che il tossicologo aveva studiato riguardo all'essenza delle creature era stato molto poco affidabile, e decisamente teorico; eppure da secoli la magia rubava, commerciava e distruggeva anime.
Lo sguardo si avvicinò a lui solcando con velocità il terreno della piazza. Un brivido gli corse sulla schiena. Doveva scansarsi, parare con qualcosa; ma sarebbe morto comunque, perché non aveva più una stilla di forza in corpo, e un altro tentativo lo avrebbe certamente ucciso.
“Queste armi possono ferire Caino” gli aveva detto in tono duro Medeo. Di più non aveva fatto, come se quello fosse stato un segreto gelosamente custodito. Jorge estrasse i pugnali da lancio. Erano lucidi, chiari, come se fossero stati forgiati senza alcuna purezza o fossero stati fatti per specchiarsi.
“Specchio...” quegli occhi dorati, crudeli, che rubavano anime con la stessa facilità con cui un'occhiata scruta un volto... era davvero in grado controllare così bene quel potere? La magia è instabile, capricciosa; come le Afrit, fa ciò che le viene detto di fare, non ciò che si vuole. Anche quel potere doveva essere così. Quelle armi erano ciò che serviva per rivolgerglielo contro.
Strinse i pugni. Quattro pugnali si gettarono contro Caino ed esplosero a pochi metri da lui, prima che la sua occhiata potesse colpire Jorge. Una superficie piana, lucida si stese di fronte al Priore come metallo fuso, uno specchio creato dalle lame che avrebbe riflesso quel suo attacco e glielo avrebbe scaricato direttamente in quei suoi due occhi taglienti.

    Jorge scattò in avanti, lambendo l'aria con i pugnali rimanenti sguainati. Non aveva occhi per Montu, Medeo o il Re, solo per Caino e la sua figura nerovestita. Non aveva idea di chi fosse; non l'aveva visto prima.
Eppure era lui che metteva in pericolo Elize.
«Tu credi di poter giocare come vuoi nel mondo?» urlò, e le rune impresse nel bracciale si illuminarono. Sferrò un affondo diretto verso gli occhi di quello psicopatico. «Parli come un imbecille, ti atteggi come un pazzo! Come pensi che potrà finire?! Cosa pensi di essere?»
Mirò allo stomaco, poi di nuovo agli occhi. Non sapeva se avrebbe funzionato; ma fallire voleva dire plausibilmente morire, e sarebbe stato felice non essere lì quando quel malato di mente avrebbe distrutto il Dortan.

Energia: 35% (- 10% )
Corpo: 30% (-10%)
Mente: 80% (-20%)
CS:
Passive attivate:
Attive:

[Difensiva magica alta dei pugnali; Consumo: mentale alto; genera uno specchio che assorbe un attacco magico di potenza media, e in fase offensiva attaccherà con un attacco magico di potenza media l'aggressore.]

[Personale psionica media (14/25): Consumo: energetico medio; Buff sul bersaglio; durata di due turni. I colpi fisici del bersaglio non infliggeranno danni extra ma potranno essere parati solo da tecniche di natura psionica di consumo almeno basso o difesi normalmente (ovvero come semplici attacchi fisici). Difese di altre nature non avranno più effetto (come è normale per ogni tecnica di una determinata natura). Continua a valere il confronto di CS.]

Note: Jorge utilizza come tecnica dei pugnali uno specchio che rifletta a Caino il suo attacco (sotto tecnica di potenza media mirato agli occhi), dopodiché gli si getta addosso per cavargli gli occhi, just in case.


Enjoy it :8):
 
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view post Posted on 7/3/2016, 15:12
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L'aveva atteso tanto.
Quel momento se lo era immaginato come un quadro visto troppe volte; un panorama ammirato ogni giorno.
Entro di se vedeva i contorni di quel momento e sapeva esattamente cosa dire. Come umiliarlo, come ruggire o come sbeffeggiarlo, in preda ai suoi variopinti e disincantati sberleffi.
Aveva così tanto da rimproverargli che aveva sempre considerato troppo poco il tempo a disposizione per rinfacciarglieli. Così si era adagiato sull'idea che umiliarlo sarebbe stata la più gratificante delle decisioni; il titolo di coda più coerente. Ridicolizzarlo per la sua altezzosa alterigia: banalizzare quel suo trionfo di toni.

E così era stato.
Aveva dato fiato alla gola e aveva atteso la sua risposta.
I suoi sogni, però, divenivano confusi in quel momento. O meglio, divenivano foschi.
Non si era mai immaginato davvero quale sarebbe stata la sua risposta. Sapeva, in qualche modo, che sarebbe stata assolutamente opinabile, deprecabile. Poco consona alla grandezza del suo momento. Lui l'avrebbe evitata, schivata e schifata. Sarebbe andato oltre e gli avrebbe piantato una lama nel cuore. Quello sarebbe stato l'esito.
E in questo suo disegno aveva volutamente omesso qualunque potenza o volontà che Caino gli avesse rinfacciato.
Quello era il suo giorno. E Caino non avrebbe potuto nulla contro il suo destino.
Ma qui si rese conto di sbagliare.
Mentre sbeffeggiava il suo padre innaturale, sentì la sua stessa voce echeggiare nella sua stessa testa.
Si sentì ricoperto di alterigia e non troppo differente dal Priore stesso. Arrogante e presuntuoso; poco umile in quel suo bisogno di divenire eroe di quel momento.
Umile? Per un attimo si stranì davvero di averlo pensato. Perché mai dovrei essere umile?
Perché è nell'umiltà che si affaccia la vittoria. Tutti quelli che hanno sempre immaginato di uccidere Caino sono stati sopraffatti dalla loro arroganza. E Caino stesso ha fallito i suoi obbiettivi per l'arroganza innata che l'ha sempre portato a immaginarsi vincitore di ogni trofeo. Immaginarsi vincitore: pensarlo, per non esserlo mai davvero.
E nei tratti della sua arroganza prendeva forma ovattata il suo sogno. Quella stessa arroganza con cui si pretendeva già vincitore donava alla sua giornata, e al suo destino, il tratto fosco dell'irrealtà.
Sarebbe stato vinto dalla sua arroganza. Come Caino, come Rainier, come Mathias Lorch e tutti loro prima di lui.
Lui non era diverso da loro. Peccava di arroganza.

E lo comprese tardi.
Lo capì quando qualcosa mancò sotto il suo corpo.
Quando il piede destro scivolò su di una superficie improvvisamente in pendenza. Quando il piede sinistro pestò l'aria e, sotto di essa, nient'altro che baratro.
Quando il pavimento gli si aprì sotto i piedi e, tra le faglie del tetto, apparve una mano demoniaca che tentò di afferrarlo per la gola.
Solo allora capì che il suo sogno era stato il suo incubo. E che l'arroganza l'avrebbe ucciso, alla fine.

Medeo fece uno scatto indietro d'istinto e sventolò la lama dinanzi al corpo, quasi a difesa del suo petto. Nel farlo, avvertì il braccio demoniaco ruggire; la lama gli si conficcò in una delle nere vene pulsanti e, come burro, attraversò tutta l'ampiezza dell'arto, scivolando dall'altra parte. Si difese e il braccio si fece in due parti, di cui un moncherino enorme che si agitava a mezz'aria, e una seconda parte che ricadeva in basso, scomparendo nel baratro.
L'uomo la fissò con stupore e disgusto, comprendendo altresì come il suo destino non sarebbe stato differente. Quello scatto indietro, infatti, l'aveva a sua volta condannato al baratro. Destò un braccio e l'alzò verso il bordo, cercando un appiglio che non venne. Nel mentre, i suoi piedi si agitavano nel vento, cercando scale che non ci sarebbero mai state.
E gli occhi videro il tetto, Caino e gli altri due, scomparire verso l'altro, mentre Medeo precipitava verso una fine ignobile.

Fu in quell'istante che capì i suoi errori.
E gli errori di tutti prima di lui.
Capì come il destino non fosse fatto di uomini soli, né di uomini arroganti.
Chiunque ambisce al proprio sogno, tiranneggiando oltre di esso, riceve null'altro che il dono del più intimo desiderio del destino.
Quello di fallire.
Nessuno può sognare da solo; e nessuno può arrogarsi il diritto di essere vincitori.
Come se la vittoria dipendesse soltanto da uno. O da se stessi.
Si è umili, prima che vittoriosi. Si è uomini, prima che Re.
E mentre Medeo capiva la lezione, scompariva verso il baratro.

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Valzer al Crepuscolo

Edraleo di Ladeca
Tetto


Il volto di Caino era contratto in un'estasi di divertimento e sadica goduria.
Gli occhi dorati investivano tutto lo spazio; quasi come una torcia di fuoco, ovunque spaziasse vedeva corpi contorcersi e anime dissiparsi.
Quelle stesse anime si consumavano e come fibre di vento schizzavano verso di lui, nutrendolo di maggiore potenza. Nel mentre, le braccia del demone schiacciavano i corpi doloranti, spezzando le ossa con rumori secchi e ovattati, ripetuti come il crepitio di un fuoco che vomita zampilli sul selciato, o lo stridere della ghiaia pestata dal cuoio dello stivale.
Nel mentre, il Priore fissava il mondo intorno a se. La sua potenza si ingrossava al ripiegare dei suoi nemici, che scomparivano oltre il proprio orizzonte o morivano allo scindere della sua potenza.
Qualcuno provò persino a reagire e Caino rispose con sfacciata arroganza. Una emanazione magica permeò il lembo d'aria che lo divideva dai due soldati in prima linea. Il Priore inizialmente non la riconobbe a dovere, scambiandola per una ramificazione ansante di un uomo o una mano. Ma poi la percepì. E l'angolo della sua bocca si inarcò, in un sorriso misto di pietà e compassione.

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« Se pensate che simili scherzi possano spaventarci » asserì, digrignando la bocca in un sorriso malevolo, « allora vi sbagliate di grosso...! »
Rise di gusto e, mentre rideva, le sue mani si levarono ai lati del suo corpo. Come un direttore d'orchestra, Caino sollevo e abbassò le braccia a più riprese, mimando il gesto di un'onda che si alza dal mare per bagnare la riva. Con la stessa intensità, subito dopo si creò una vibrazione nell'aria: una mistificazione della realtà che prese le forme di una risonanza amplificata dal vento, una distorsione dello spazio che si ribatté più volte, annullando qualunque entità - magica o fisica - che gli si rinfacciasse contro.
La stessa emanazione di luce che vibrò in sua direzione, divenne rapidamente più scolorita, opaca, fino a scomparire. Allo stesso modo, strozzò sul nascere qualunque assalto che fosse portato ai suoi danni, al pari di una mano che blocca la strada alle formiche prima di arrivare alle briciole di pane, scacciandole con vigore.
« Non siete che mosche, vermi per--- »

Poi la sua voce si arrestò.
L'intensità del suo sguardo dorato ancora riverberava su tutto il tetto dell'Edraleo. Improvvisamente, però, si rese conto di qualcosa di anomalo.
Quello stesso bagliore che bruciava i corpi dei suoi nemici era aumentato di intensità. Per qualche ragione, l'aria sembrava più densa, la luce ancora più dorata e finanche il cielo increspato dall'arrivo della sera scompariva nell'acuto riverbero che si era diffuso.
Eppure, nessuno soffriva più del normale. E, anzi, la potenza della luce emessa dagli occhi di Caino sembrava diminuire di intensità.
« C-cosa...? » Il Priore rimase sgomento per la prima volta da quando era sul tetto. Era come se si fosse accorto solo in quel momento di un sottile sfrigolio che lo infastidiva all'altezza delle spalle. Era come un prurito improvviso, una ferita purulenta che improvvisamente prendeva forma - o di cui si accorgeva solo in quell'istante. Rapidamente, il prurito aumentò, fino a divenire una fastidiosa irritazione cutanea.
Il suo volto si contrasse ancora. Dal sorriso di scherno di qualche istante prima, mutò fino a divenire di un pallore sgomento. Gli occhi dorati divennero allarmati e presero a scrutare i suoi nemici, cercando la fonte di quel suo inspiegabile malore.
« T-tu... » disse, fissando uno dei soldati in prima linea. « ...d-dove hai preso quell'arma? »
I coltelli di uno dei soldati, infatti, si erano fusi fino a divenire una unica lastra immacolata. La stessa apparve lucida e luccicante alla vista; tanto luccicante da riflettere, come uno specchio, la stessa luce emanata da Caino.
Rimandando al mittente la sua stessa potenza.

« Maledizione, come --- COME È POSSIBILE?! »
Caino urlò. E, per la prima volta, urlò di dolore. Il lampo di luce si intensificò, fino a divenire di una lucentezza insostenibile per qualunque occhio. Quasi come il bagliore di un tuono, la luce dello specchio abbagliò tutti i presenti. La pelle di Caino prese a bruciare di intensità e il rumore lo sfrigolio intenso ovattò ogni pensiero dei presenti, dando l'impressione che il Priore tutto stesse cuocendo sotto il proprio fuoco.
Quando, poi, la luce calò di intensità, il corpo di Caino era coperto di ferite e ustioni. La sua tunica si era spezzata, bruciata sotto il calore della sua stessa pelle. E la sua carne era ustionata, violacea in più punti e sanguinante.
E le ferite, incredibilmente, non sembravano rimarginarsi.
Caino era umano.

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« N-no... » balbettò, sofferente. « Non è reale... »
« Tutto questo non è reale... »

La sua mano si allungò sul suo viso, richiamando l'attenzione del suo io. In qualche modo, si straniva ancora di quell'evento; cercava il sangue nelle sue dita, la caducità del suo corpo e la debolezza del suo animo. Cercava di comprendere se fosse tutto un terribile incubo o, per qualche ragione, quel giorno davvero rischiava di morire. La sua mano scorse sul suo volto con la tensione di un uomo che teme la notte, pervadendo di terrore e sobbalzando ogni volta che raggiungeva un taglio o una bruciatura. Era tremula e nervosa, al punto che - molto presto - si decise ad arrestarne la corsa.
Non voleva più sapere, non voleva più sentire.

« Voi... maledetti » balbettò, con gli occhi lucidi. « Ve ne pentirete... »
Cercò a fatica di rialzarsi, voltandosi in direzione del vuoto. Sarebbe volato via; sarebbe fuggito, come già accaduto tante volte. E, proprio come accaduto altre volte, sarebbe tornato più forte. Sarebbe tornato sua Eccellenza Caino ancora una volta, fino al giorno in cui avrebbe trionfato.
Quello era solo uno dei tanti suoi giorni, non l'ultimo.

Quando fece per voltarsi, però, qualcosa lo attese.
Era stanco, vinto, ma ancora desideroso di vivere. Eppure, il suo corpo sobbalzò nuovamente, scoprendo che la strada per la libertà gli era stata sbarrata da un'altra figura.
Il suo passò si arrestò all'improvviso, in quanto sbarrato e ostacolato da una presenza inaspettata.
La sagoma nera era ombrata, in controluce con quel poco di sole che ancora non era scomparso dietro l'orizzonte. Il corpo tetro di un ultimo boia gli si era opposto con vigore e, sul suo volto nero, dimorava stampato a fuoco un sorriso ironico e becero. Un sorriso di scherno.

« T-testat! » Sbottò Caino, quasi come fosse una bestemmia. « T-tu eri sprofondato... »
Medeo scosse la testa, negandogli anche quella verità. D'altronde l'evidenza parlava per lui: era lì a guardarlo dall'alto al basso, e non sul fondo dell'Edraleo.
Caino pianse. Le lacrime gli sgorgarono per la prima volta, in una paternale compassionevole che mischiava il dolore e il sangue alla caducità propria di qualunque essere umano sul punto di morte. E come qualunque essere umano, il Priore si disperava. E implorava.
« T-ti prego, Teslat! » Allungò le mani, toccando il petto di quello che una volta era suo figlio. E lo implorava ancora. « Ti prego... saremo di nuovo una famiglia, ti renderò il nostro erede...! »
Medeo allungò un braccio, sfiorandogli il mento con la mano sinistra. Quasi con tenerezza.
« Quante volte devo dirtelo, paparino? » Chiese, fingendo dolcezza. Poi gli occhi si stranirono, contorcendosi in un'espressione di odio. « Io non sono Teslat. »

« Io sono Medeo! »

Medeo sfoderò la sua lama azzurra nel vento. Quella lama stessa che aveva donato ai suoi compagni il potere di sconfiggere il Priore, svirgolava nel vento, vibrando quasi di euforia. La mosse verso il Priore e un taglio orizzontale sporcò di sangue quel poco che rimaneva del tetto dell'Edraleo. Gli altri videro la lama passare a filo il corpo di Caino, all'altezza delle ginocchia.
Un taglio secco, che il Priore incassò senza poter opporre nulla. Un rumore sordo riempì il silenzio e i legamenti del Priore parvero cedere quasi immediatamente.
Con un tonfo sordo, Caino tornò a inginocchiarsi, senza che le gambe reggessero ormai il suo peso.
Nel mentre, Medeo sorrise. Entro di se, sapeva che il suo destino si stava compiendo. Non quello dei suoi sogni, ma quello del suo reale presente. E, ironicamente, a insegnarglielo era stato proprio l'irrefrenabile orgoglio del Priore. Quello stesso orgoglio che l'avrebbe portato presto alla morte.
« Io non sono come te » disse Medeo, serio. « Non bramo la vittoria oltre i miei meriti »
« Non voglio coprirmi di ori se il mio destino non li merita » asserì. « Lascerò che siano i fautori del nuovo domani a prendersi il merito di seppellire il passato. »
Medeo lasciò cadere la lama sul pavimento. Poi, afferrò il corpo di Caino e lo girò verso il soldato che l'aveva reso debole.
Lo girò verso Jorge.

« Avanti, Cavaliere » disse Medeo, « prenditi il sangue della tua vittima. »
« Uccidi Caino, ora. »



CITAZIONE
QM Point
Sono contento.
Sono contento che qualcuno abbia colto i riferimenti. E lo avete fatto credo entrambi, benché la risposta di Ramses non abbia rispecchiato esattamente quello che avevo immaginato come il modo per colpire Caino. Dovevate togliergli la sua immortalità, ovvero impedirgli il rigenerarsi delle sue ferite. La risposta era nel suo stesso attacco e Albtraum ha risposto nel modo esatto in cui bisognava rispondere. L'attacco di Ramses era altrettanto buono, ma confuso nella sua esplicazione (tanto è vero che non ho potuto specificarlo a dovere nel mio post). Senza contare che, comunque, non era esattamente un riflettere quello che hai fatto, bensì soltanto un creare un fascio di luce dello stesso colore e con forma diversa (se non ho inteso male). Albtraum invece ha fatto esattamente quello che volevo: che fosse riflesso il raggio.

Detto questo, nel prossimo post (l'ultimo post, nonché l'ultimo di tante cose) metterò ricompense e quant'altro.
In questo turno, infatti, ad agire sarà solo Albtraum. Che dovrà fare quello che molti pensano non avverrà: uccidere Caino. Decidi come ucciderlo, decidi come finirlo. Hai piena libertà di esecuzione. Qualunque cosa farai, però, dovrà essere un unico colpo secco: un'unica azione. Non ammetterò nulla che sia particolarmente irreale (es. un mostro marino che appare e si divora Caino), bensì una cosa verosimile in quel contesto. Puoi anche decidere di non ucciderlo, in realtà. Ma, in tal caso, dovrà rispecchiare la volontà del personaggio.

Per i lettori. Per questo turno, ho in mente una cosa particolare. Alla luce di quello che è stato l'esito di questo post, vi potrà essere più facile capire quale fosse il riferimento preciso che avevo inserito nel post precedente. Badate bene che non è un riferimento "narrativo", ma una specie di "easter egg" vero e proprio che avrebbe aiutato, chi l'avesse trovato, a capire che tecnica usare per uccidere Caino. Il primo che lo trova lo scriva in confronto, riceverà ulteri 200g di premio.

Le ricompense ai partecipanti al prossimo turno.
 
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Alb†raum
view post Posted on 8/3/2016, 22:08




Caino cadde nel momento in cui le sue risate si erano fatte più violente; e fu in quell'istante che Jorge perse il fiato. Una luce bianca invase ogni cosa prima che potesse impiantare le lame di quegli attrezzi spuntati nel cranio del Priore, venne riflessa dalla pietra e dal marmo, dalla pelle dei presenti, dalle montagne circostanti, come se il sole fosse improvvisamente tornato a splendere al di sopra di Ladeca. Jorge fu avvolto come da una coperta morbida, inconsistente come la schiuma; ogni dolore in corpo e ogni pensiero si annullarono in quella bambagia.
Qualche istante dopo, un lamento sommesso lo richiamò. Il bianco sfumò in un grigio più pacato, la luce riacquistò le sue ombre, l'ovatta tornò a essere il peso del respiratore e delle ferite scavate nella spalla e nelle gambe.
Caino era ai suoi piedi, morente.

“L'ho... ucciso?” mormorò fra sé, confuso, guardando quell'omuncolo prostrato di fronte a lui. No, respirava ancora, eppure... era un'altra cosa. Niente più arroganza, insolenza o poteri terribili. Ora dalla sua bocca uscivano solo rantoli e bestemmie, rabbia e rassegnazione.
«N-no...» balbettò Caino, annaspando per il dolore. «Non è reale... Tutto questo non è reale...».
Medeo gli si avvicinò. Jorge rimase a guardare l'essere che prima aveva fatto tremare un'intera città pregare di fronte al figlio. Il cuore di Jorge si strinse di disprezzo. “Ogni creatura al mondo che sia fatta di carne non è altro che questo: carne” aveva detto Dantes, il pazzo, il mago. “Carne che apprende, carne che si irrobustisce, carne che comanda e uccide, oppure che si ammala e deperisce. Ma, prima o poi la carne, marcisce e vermi nascono dalla polpa. Non è forse rivoltante?”.
Anche Caino, finalmente, marciva.

«Uccidi Caino, ora» gli comandò Medeo, lanciadogli ai suoi piedi il padre. Jorge lo fissò per qualche istante.
«Cosa... siete voi? Padre e figlio, a quale razza malefica appartenete?». Si sfilò la maschera dal volto e se la lasciò cadere al fianco, dove rimase a penzolare per le tubature. Si passò una mano sulle guance sudate, glabre a causa di quel miscuglio di tossine che si iniettava ogni giorno.
«Invecchiate, potete morire?»
Perché, se c'era una cosa che Dantes non aveva considerato, era che la carne non desiderava marcire, e in quel momento più che mai Jorge non avrebbe voluto altro che una cura per la woromhabes.
«Il qui presente Sua Eccellenza Mezzo Morto Caino è un Antico, l'ultimo rappresentante di una razza immortale» il tono di Medeo pareva quello di un moccioso che tentasse di nascondere un peto dietro parole non più interessanti di quello. «A parte questo, è un grandissimo stronzo - ma questa peculiarità non deriva dalla razza (credo). Immagino la sua anima sia vissuta per centinaia di anni e si sia reincarnata quando necessario. Questo lo ha reso immortale, ma - come vedi - non invincibile. C'è sempre un punto debole.»

Immortale... questo figlio di puttana era immortale. Cosa avrebbe fatto Jorge se avesse avuto quella medesima capacità, o, anzi, se anche solo non fosse condannato a morire in pochi mesi? Si prò una mano alla tempia e sentì che pulsava al ritmo del tumore che gli cresceva dentro. Desiderava solo un anno o due da vivere in più, nulla di eterno, nulla di permanente! Doveva solo...
Solo?
La domanda risuonò nella mente di Jorge come un'eco perduto fra le montagne.
Aveva perduto la moglie, i figli; aveva sacrificato ogni amicizia veleno dopo veleno, consumando nello studio di tossine sempre più letali i momenti prima trascorsi a ridere e parlare con i propri vecchi compagni e colleghi.
Aveva insultato sua figlia, suo genero; se a suo nipote avrebbero dato il suo nome, non sarebbe stato altro che per quell'aspra minaccia pronunciata nel sanatorio. Tutta la sua fortuna era stata consumata nell'armamentario che ora aveva al posto dei polmoni, e i pochi terreni comprati con i risparmi di una vita li aveva ridotti in liquidità e spesi in puttane. Non c'era pace o conforto in quella vita.
Allora perché?
Perché si ostinava a vivere?

“Non voglio morire” strillò dentro di sé. “Non voglio ridurmi come mio padre. Non voglio ridurmi come mia madre! Spettri senza cervello, ombre sbiadite!”. Rivide il suo volto come se l'era trovato davanti a Selhades, il viso di un vecchio divorato dal veleno e dalle malattie, di colore cianotico, gonfio, decrepito.
Voleva solo risparmiarsi questo, questo e nient'altro! Lui non aveva bisogno di nessuno, non aveva bisogno del mondo, soltanto di non morire nella miseria, di non...

Caino rantolava. Pallido, dissanguato e in fin di vita, attendeva che gli menassero una spada sulla schiena, o che finalmente i suoi polmoni collassassero.
Jorge si rese conto di quanto fosse schifosamente simile a quel verme che ora gli strisciava ai piedi. Potere fino a sé stesso, mancanza di considerazione verso gli altri; la differenza stava nel fatto che Jorge era nato uomo, lui Antico. Dopo aver passato trent'anni ad ammazzare persone con il veleno, probabilmente quella era l'unica, sostanziale differenza; anzi, perlomeno Caino aveva avuto uno scopo e degli ideali che non fossero fini al mero denaro, mentre Jorge non aveva mai avuto che quello.

Sollevò lo sguardo su Medeo. Il proprio cuore era una voragine. Cavò uno dei pugnali che aveva conservato sulla cintura e prese Caino per i capelli, esponendogli la curva del collo. Il taglio che eseguì fu rapido, pulito, come quello che aveva compiuto due giorni prima a propria figlia. La lama scavò nella carne del collo, recise la trachea e proseguì; con uno strattone frantumò la colonna vertebrale. Il corpo cadde a terra, la testa da cui pendevano vene tranciate e frammenti di midollo gli rimase a pendere in mano.
«Quanti anni ho, secondo lei, Medeo?» domandò Jorge, fissando la testa che reggeva in mano.
Qualunque fosse stata la risposta, non fece in tempo a sentirla.

Il suo braccio destro fu subito preso da un movimento convulso e la testa di Caino rotolò a terra, accanto al corpo da cui era appena stata separata. Jorge la seguì poco dopo e atterrò nella pozza di sangue, contorcendosi con il rumore della ferraglia del respiratore che graffiava il terreno. Braccia e gambe erano contratti in fitte dolorosissime e si piegavano ovunque senza nemmeno che potesse registrarne il moto; tese una mano per chiedere aiuto, ma questa si rifiutò. Spalancò la bocca per urlare, ma tutto ciò che vi uscì fu un gorgoglio incomprensibile.

Tutto attorno a lui si fece luminoso, di un bianco intenso che gli penetrò le pupille come fuoco; tutti i suoi pensieri furono disintegrati in quella luce.
Fuori, davanti agli occhi di tutti, il corpo di Jorge giaceva a terra, ansimante, con uno spasmo tremante al braccio destro; dopo qualche istante questo si irrigidì, poi cadde a terra, inerte.

Energia: 35% (- 10% )
Corpo: 30% (-10%)
Mente: 80% (-20%)
CS:
Passive attivate: (turno precedente) volo [5/7]
Attive:


Note: Segnalo: nel post precedente mi ero dimenticato di sprecare un uso di passiva di volo; per il resto, Jorge taglia sommariamente la testa a Caino, dopodiché ha un ictus e cade a terra.


Enjoy it :8):
 
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view post Posted on 14/3/2016, 11:39
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Maestro
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Il colpo fu freddo e ci fu silenzio.
Un'invasata opacità pervase il mondo, nell'attimo in cui la lama corse per tutta la sua distanza.
Un taglio netto che divaricò il bene dal male, il passato dal presente e il futuro dal destino. Quasi come se le mille anime sacrificate da Caino urlassero all'unisono, quel silenzio immerso nel dolore conteneva in se centinaia di significati. Chiunque avesse avuto cuore per udirli, infatti, avrebbe percepito distintamente le grondanti lacrime scendere dagli occhi di chi aveva sofferto per colpa di quell'uomo.
In un mondo trasceso e ormai scomparso, ovunque le sue vittime fossero state destinate, potevano comunque vedere la scena. Ammirare la lama fredda che cingeva il collo del loro boia; il coltello lucido che trasudava sangue, staccando nervo per nervo, lembo di pelle per lembo di pelle, in un sgusciante rumore umido di carne separata. E in quegli occhi c'era la rabbia di chi era stato vessato e vinto; di chi aveva sofferto i supplizi della guerra, della tirannia e della fame. Di tutti coloro che erano stati usati dal Priore per i propri scopi ed erano morti per un ideale che avevano compreso troppo tardi, o non avevano compreso mai davvero.
Per tutti loro, quel giorno, quella lama vibrava. Correva e sentenziava a morte colui che per la propria arroganza mai avrebbe pensato di esser sacrificato.
I suoi vizi trionfavano definitivamente, sacrificandosi sull'altare dell'indolenza. Aveva perso e, questa volta, Caino perdeva davvero.

Nel silenzio di quella scena, Medeo quasi pianse.
Nonostante il suo scherno, la sua rabbia e la sua arroganza, ebbe un sussulto. Teneva la testa del Priore in una mano e sosteneva il corpo con l'altra. Nell'attimo in cui il soldato abbatté la sua lama indomita, il fu Teslat abbandonò il suo sorriso beffardo e si abbracciò in un richiamo profondo di paternale sconforto. Come se il mondo gli fosse sembrato più pesante e quel momento così agognato, fosse più duro del previsto. Molto più duro.
Con la morte di Caino finiva un'era e con essa anche l'innocenza di Medeo arrivava a un nuovo traguardo. Per quanto disillusa, distorta e da tempo infranta, la richiamata compassione che provava per il padre che moriva andava a infrangere l'ultima barriera di umanità. Aveva compiuto il suo più atroce omicidio. Il suo più grande traguardo, ma - al tempo stesso - l'unico che, forse, non era mai stato davvero pronto a cogliere.

Forse sarebbero bastate parole, spiegazioni.
Forse sarebbe servito quantomeno provare a cercare un incontro col padre, prima che l'arroganza e la follia di quest'ultimo tramutassero un piano astuto in quello che realmente era: null'altro che un tentativo disperato di risalire una china ormai lontana.
E così Medeo ebbe l'impulso di fermare quella morte. Quando il coltello ebbe compiuto il suo compito, sentì la testa di Caino sfuggirgli e rotolare lontano dal corpo, sul marmo infranto e sporco del tetto dell'Edraleo. E l'uomo si lanciò, quasi senza pensare. Si abbatté di lato, nel tentativo assurdo di recuperare quella testa ed evitare che si allontanasse troppo dal corpo. Un gesto disperato che il beffardo Medeo accolse con le lacrime agli occhi: le mani affusolate che tentavano di stringere le carni spezzate, il sangue riverso e le membra sparse ovunque. Si affrettò, quasi come se il tempo avesse un senso in quella situazione; le raccolse, cercando di riportarle goffamente al proprio posto.
Eppure, quando si ritrovò lembi di carne umida nelle mani sporche di sangue, ricadde in un pianto senza vergogna.

Caino era morto.
E il suo peggior nemico lo piangeva.

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Valzer al Crepuscolo

Edraleo di Ladeca
Tetto


Tutt'intorno c'era solo quiete, ormai.
Il prode cavaliere che aveva sottratto Caino dal mondo dei vivi, se ne stava svenuto in un lago di bava e disperazione. Ansimava, ma con gli occhi sbarrati fissava un mondo che non poteva più percepir davvero. Probabilmente aveva avuto una crisi respiratoria, o qualcosa di simile; Medeo se ne curò poco anche perché - per qualche motivo - sapeva già che sarebbe sopravvissuto. Per il resto, anche gli altri erano scomparsi. I soldati erano morti o spariti entro le crepe del tetto, mentre l'altro guerriero sembrava finanche scomparso dalla vista, attratto verso il fondo o semplicemente corso via a cercare aiuto.
Per un po' di tempo rimasero soltanto loro due. Medeo e Caino.
La testa ormai vicina, racchiusa in un fagotto di stoffa onde non farne sberleffo nel fissare le membra che continuavano a spargersi ovunque. Il corpo, invece, era ancora immacolato e prono: fermo nella stessa posizione in cui era morto. Medeo si era inginocchiato davanti a esso e, senza pensare, se l'era stretto in un ultimo e turbante abbraccio. Aveva pianto a più singhiozzi, fissando la carne inerme del padre che non l'aveva mai avuto come figlio, ma che non avrebbe mai potuto averlo più. Tutte le infinite possibilità, per quanto improbabili, erano ora state sottratte al tempo e allo spazio e i rimpianti prendevano il sopravvento su qualunque logica o pensiero che l'odio avesse potuto generare.
C'era solo silenzio e di quel silenzio atavico Medeo non riusciva che cogliere solo la sua disperazione, come se prima non avesse mai potuto ascoltarla.
Come se la guerra non avesse fatto altro che coprire ogni pensiero. E adesso fosse troppo tardi per ascoltare.

« Se solo io---- » ripeteva, come una distorta litania « ---se solo io avessi capito... »
« Se solo io ci avessi provato; se solo fosse stato diverso »
Lo stringeva e con la guancia umida di lacrime si strofinava il volto col suo collo tagliato di netto. « Se solo il mondo fosse stato diverso... »
« Se solo io ---- »

« Smettila » lo interruppe qualcuno.
Stivali neri e una lunga tunica scura avevano fatto capolino sul tetto. Il suo passo era lento, rispettoso e probabilmente fissava la scena già da qualche minuto. Eppure, nell'introversa insipienza di quel dolore che così a fatica riusciva a comprendere, non riuscì a trattenere il disappunto oltre l'ennesimo singhiozzo.
« Era quello che volevi » aggiunse l'uomo, secco. « È andata esattamente come speravi. »
« Quindi smettila. »

Medeo si voltò stizzito. I suoi occhi ricolmi di lacrime a fatica distinsero i contorni della figura che aveva di fronte. Erano alti e imponenti, ricolmi di effigi sacre e con una tunica nera che gli scendeva da sotto le spalle. Il viso era duro, ma magro, con capelli altrettanto neri che cadevano ai lati del volto. Per un attimo credette di vedere Caino ancora in vita, in piedi dinanzi a se. Poi, però, capì.
« Dulwig » ribatté secco. « Perché? »
Dulwig si accigliò, scuro in volto. Comprese il senso della domanda, ma - in ogni caso - non ebbe la forza di presupporlo. « Perché... cosa? »
Medeo trattenne il pianto e si sfogò, quasi con violenza.
« Mi hai rivelato i suoi piani » asserì, secco. « Mi hai detto come raggiungerlo e come fare arrivare le armi. »
« Mi hai finanche aiutato quando stavo per precipitare sul fondo dell'Edraleo... » sospirò ancora, finendo la frase. « L'hai tradito nel momento in cui più avrebbe avuto bisogno di te. »
Poi tacque un secondo, prima di ribattere ancora. « Perché? »
Dulwig si stranì. Con un gesto involontario si mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Poi rispose, senza scomporsi. « Si è tradito da solo. »
« Si è venduto a mercenari del sud, soffocando entro la sua stessa arroganza; ha voluto a tutti costi un trono che non gli spettava più e che non aveva alcuna rilevanza con la missione del suo culto. »
Dulwig passò uno sguardo severo sul cadavere del suo signore. « Non potevo ignorare quest'ennesima follia; avrebbe trascinato centinaia di innocenti nel baratro. »

Medeo in qualche modo accolse quella frase con ancora più disperazione. Si strinse attorno al corpo del padre e prese a ribadire il proprio pensiero, in un flebile delirio contornato da lacrime e singhiozzi.
« Potevi convincerlo! » Urlò, d'istinto. « Potevi parlargli e fargli comprendere della follia del suo piano; ti avrebbe ascoltato...! »
Dulwig mosse il capo, in segno di disappunto. « Sai che non è vero » rispose. « Ascoltava solo se stesso e fino all'ultimo non ha tradito la sua arroganza. »
« È come se fosse morto per sua stessa mano. »

Medeo pianse ancora, sollevando il capo al cielo quasi per trovare la forza di andare avanti. In un lascito di trascendenza che gli faceva richiamare un dio cui non aveva mai creduto.
« Non ti frega un cazzo » sentenziò Medeo, severo. « Te ne stai li a giudicare e non te ne frega nulla; è come se non fossi umano. »
Dulwig annuì flebile, senza cogliere la provocazione. « Probabilmente non lo sono; ma, quantomeno, la cosa mi aiuta a non compiangerlo. »
Poi scostò lo sguardo oltre Medeo, fissando un particolare che nessuno dei due aveva ancora notato. « E comunque la tua lotta non è finita, Teslat »
Il suo occhio andò oltre Medeo e il corpo di Caino, fissando l'angolo remoto del tetto. Li se ne stava un ragazzo coi capelli lunghi e il volto smunto, chiuso in posizione fetale e raffermo in un pianto inconsolabile. Medeo quasi non l'aveva udito, preso com'era dalla sua disperazione. Si era finanche dimenticato della sua presenza.
Era Julien, chiuso nella remota estremità della sua disperazione.
« C'è ancora un regno da risollevare. » Concluse Dulwig, fissando Julien.

In quell'istante, Medeo si ridestò quasi da un sogno.
Prese visione di Julien e il suo dolore si staccò dalla disperazione atavica di qualche istante prima, per ridestarsi in rinnovato odio.
« Tua --- » accusò, fissando il giovane Re « è tutta colpa tua...! »
« Se non fosse per il Regno e per il Re, nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto! » Parlò con rabbia e, mentre sbraitava, camminava verso Julien.
Il giovane Re fissò Medeo e trasalì. Fece per andare più indietro, ma si rese conto di essere ormai vicino al bordo del tetto. Quindi scappò di lato, provando a guadagnare una via di fuga più agevole lungo i bordi. Ma Medeo con un balzo gli si frappose davanti e si avventò su di lui, bloccandogli il collo con la mano destra.
« Quante altre persone dovranno morire per una corona o per un'etichetta? » Urlò, ormai gonfio d'ira. « Quanta altra gente dovrà sacrificarsi in nome di questo stramaledettissimo Regno?! »
Julien tremò, vinto dalla paura. « I-io non voglio tutto questo » balbettava, « non ho chiesto io di essere Re...! »

In quel momento, Medeo realizzò di avere tra le mani tutte le risposte ai suoi problemi.
Di avere il potere divino di decidere e giudicare la vita o la morte del Regno. E, mentre lo pensava, si ricordava della bella Eloise e delle sue parole.
« Vorrei un mondo privo di religioni, di dettami, di signori o regnanti » asserì, quasi in trance. « Vorrei un posto in cui tutti avessero delle possibilità e fossero privi di pregiudizi. »
« Vorrei un posto in cui poter convivere civilmente, senza sentirmi in colpa per il colore della mia pelle » ribadì, ricordandosi le ultime parole dell'elfa, prima che morisse tragicamente lungo la via per l'Edraleo.
Subito dopo, Medeo bloccò Julien per le lunghe ciocche dei capelli, impedendogli di muoversi. Con l'altra mano, poi, sfoderò un lungo coltello da caccia che teneva nella cintura.
Dulwig si accorse della cosa e trasalì a sua volta. « Teslat, fermo » urlò, in direzione dell'altro. « Non è questa la soluzione! »
« Oh certo che lo è » ribatté, con occhi spiritati. Sulla bocca si conformò un tragico ghigno sadico, ancora bagnato del sangue di Caino.
« Questa è la soluzione » ripeté, ormai del tutto rapito. « Farò quello che nessuno ha mai avuto il coraggio di fare in questi anni. »
Infine sollevò il coltello al cielo e lo abbatté in direzione del volto di Julien con quanta più forza aveva in corpo.
Gli uccelli si levarono, mentre un nuovo silenzio si abbatté su Ladeca.
E sul Regno tutto.

Castello di Carte
Fine



CITAZIONE
QM Point
Ecco qui, un post che mi è costato molto. Caino muore senza parlare, senza dire nulla. Il suo rimpianto è enorme, così come la sua sconfitta; quello che pochi avevano colto di questo pg è che fosse destinato a fallire e - come tale - ha agito con arroganza e poca lucidità man mano che aumentava il suo rimorso. Fino a quando non gli è stato fatale.

Complimenti ad Albtraum per la vittoria. Complimenti anche a Ramses III per l'ottimo risultato.

Quanto ai lettori e all'indizio nascosto, era molto difficile. Nel secondo post di questo thread Caino parla con Julien. In questa parte se notate, tralasciando la parte iniziale puramente descrittiva e prima che i due vengano interrotti da Medeo, potete notare che ho diviso il dialogo in sei paragrafi (alcuni formati da una o due frasi). La prima parola di questi paragrafi è sempre pronunciata da Caino e se le mettete in ordine queste sono: Misericordia E Dobbiamo Un Siamo Allora. Se isolate le prime lettere di ciascuna parola e le mettete insieme si forma la parola MEDUSA, ovvero il mostro che mitologico che fu ucciso con uno specchio. Ecco, questo era l'indizio su come uccidere caino :asd:
Era difficile, infatti non ci è arrivato nessuno.

Le ricompense, quindi, sono le seguenti:

Lill' 250 gold
kremisy 25 gold
A Way To End 25 gold
Last Century 250 gold
Numar55 75 gold
Neéro 50 gold
Ray~ 25 gold
Lul~ 75 gold

Quanto ai due finalisti.
Albtraum vince un artefatto dal valore di 2000 gold, "Il Volto di Caino", di seguito riportato.
Ramses III vince un artefatto dal valore di 1000 gold, "Il Corpo di Caino" di seguito riportato.

artefatto1

Il Volto di Caino

Occhi gialli che scrutavano il mondo
La verità del tempo si perde nelle favole raccontate ai bambini prima di addormentarsi. Nelle storie nere, più che altro, che i genitori narravano ai figli per prepararli alla vita; per incrementare in loro il senso di giustizia e verità che li avrebbe guidati nel tetro presente. Così era ricordato Ludwig Lestat Lucavi, anche detto "Caino, il Priore". Un nemico del passato, una paura da rifuggire e un pericolo di cui aver timore. Una foga di ingerenza e corruzione che si diffuse nel regno come una piaga, lambendone le certezze in ogni angolo. Presto divenne un'icona di spettrale timore; uno spauracchio da cui rifuggire. Un monito del passato che avrebbe intimorito le genti, onde evitare che ripetessero i loro stessi errori nel futuro. Per la salvezza dei loro figli e di ciò che restava dei valori di verità e giustizia.

Quello che pochi sanno, invece, è che qualcosa è sopravvissuto di quell'antico monito.
Uno sprazzo di realtà, che prese le forme convesse e marmoree di una maschera di pietra levigata. Imbevuta del suo stesso sangue, la soglia scavata entro le venature di quel volto finto si erano impregnate del sangue nero del loro padrone. Si erano scavate al punto da rimanere salde e forti del suo stesso potere, espandendolo sulla cute e sullo spirito di chiunque l'avesse indossata dopo di loro. Nessuno ne sarebbe stato realmente degno, ma - in qualche modo - era come se la potenza del Priore sarebbe sopravvissuta nelle forme e nell'animo di chi era vissuto anche dopo la sua morte. Di chi, pian piano, sarebbe stato consumato dall'altrettanto forte rimorso, rimuginando sul mondo e sui dettami falsi. Sulle finte icone che avevano donato di buonismo di facciata un territorio marcio di guerre e ipocrisia. E che aveva visto nella disperata cavalcata dell'ultimo tiranno, uno sprazzo di sincerità e ardimento come mai se ne sarebbe stato visto più. Nell'apatica marcescenza dei valori bigotti della nobilità, forse il minore dei mali che avrebbe potuto colpire la gente di quelle terre.

E così, chiunque si fosse addossato del marchio ineluttabile di quell'uomo un tempo noto come "Caino", ne avrebbe vestito parte del potere. Una maschera bianca, dai toni appena accennati, avrebbe donato di uno sguardo altrettanto vigile chiunque si fosse preso il vizio di farne sopravvivere la costanza, se non il messaggio. Occhi dorati che avrebbero continuato a vedere il mondo al di là della sua luce, risplendendo nei peccati altrui anche in caso di buio completo. Posto che nulla avrebbe fermato il messaggio del Priore a suo tempo, nemmeno l'oscurità della notte. Con esso, inoltre, avrebbe dimorato la costanza della bocca e del respiro; filtrando il mondo per mezzo delle labbra di simil porcellana, infatti, il portatore non avrebbe dovuto più respirare aria, ma anime. Si sarebbe nutrito del principio della vita, traendo dagli altri - e non dal finto mondo - la forza per continuare a riempirsi i polmoni, avanzare il passo e muovere la mano. Infine, di quella mente intrisa di bianco, nulla sarebbe passato se non l'intelligenza che distingueva il suo antico padrone. Nemmeno una bugia fine avrebbe potuto passare il vaglio critico di Caino e - allo stesso modo - altrettanto sarebbe accaduto col suo fittizio successore. Perché nessuna verità è davvero al sicuro per la mente fine di chi riesce a percepirla. [Tre passive, a 3 utilizzi ciascuna; il portatore della maschera può vedere al buio naturale come se fosse giorno; il portatore non teme il soffocamento o la mancanza d'aria, in quanto la maschera gli consente di respirare normalmente anche in assenza di aria; il portatore riconosce le bugie se indossa la maschera, pur non potendo comprenderne l'entità, né la verità oltre di esse.].

Ma non è tutto. L'influenza del suo antico signore va oltre la mera sopravvivenza.
Essa si ramifica nelle mani e negli occhi, così come nella voce e nel portamento. E lo sguardo si posava, un tempo, oltre le menti deboli, allo stesso modo di un'aquila che sovrasta la roccia e tutti i vermi che si nascondono in essa. Principiava Caino e finiva l'influenza debole dell'uomo comune, ovunque esso giungesse. Allo stesso modo accade ancora, nelle vesti del suo nuovo padrone. La maschera fa eco del passato fastoso, rimembrando a tutti che l'imponenza non ha nome, ma solo una forma: quella di Caino. Pertanto, il possessore può agire con la propria mentale influenza su qualunque mente debole, con un condotto di carisma che costringe il malcapitato a subire la potenza del suo ego. Qualunque mente debole non si difenda da tale malia, infatti, sarebbe naturalmente portata a difendere le argomentazioni del possessore, come se fosse la verità più estrema. E ciò avverrebbe fino alla morte, ove la mente fosse afflitta in un momento di sconvolgimento emotivo che non le consentisse di opporre alcuna critica [Psionica, attiva consumo Basso, risorsa energia; non causa danno, ma la vittima prenderà le parti del possessore in qualunque alterco o discussione, fino alla fine della giocata; se usata come tecnica di pk, l'effetto è permanente.] Altrettanto può accadere nel mondo intero, come un messaggio che non si limita a una singola e debole mente. La sua influenza può camminare lontano, infatti, come un ramo di sangue che non trova ostacoli; tutte le manti circostanti il portatore della maschera possono subirne l'influenza, venendo naturalmente afflitte da tanta potenza e indotte a non mentire a chi sa riconoscere il loro peccato. A maggior ragione accade nel cuore di chi già è influenzato dalla potenza della maschera: per loro, infatti, l'influenza del fu Priore si trasforma in comando. [Psionica, attiva ad area a consumo Medio, risorsa energia; non causa danno, ma chiunque nella zona sarà costretto a dire la verità per un turno intero; se nella zona c'è qualcuno che ha già subito una tecnica di Caino, questo potrà anche ricevere un ordine specifico che dovrà eseguire (sempre nei limiti del buonsenso; nessuno potrà essere indotto a violare l'istinto di sopravvivenza o i propri valori più intimi).]. Eppure l'influenza può essere anche violenta, talvolta. Tanto accadeva quando Caino irretiva una mente debole, dedicandogli un dogma o un rito specifico. Spesso questo si richiedeva per i suoi scopi più alti, ma altrettanto può fare il suo successore spirituale. Con l'influenza potente del suo sguardo, infatti, il possessore può danneggiare una mente debole e prosciugarne la potenza. Insieme a essa, poi, andrebbero perduti parte dei ricordi e delle proprie certezze. D'altronde, come un coltello che fuoriesce dalla carne, non si può violare un corpo senza farne perdere qualche goccia di sangue [Psionica, attiva consumo Alto, risorsa energia; danno Medio a un nemico e questo perde 2 CS a scelta; come effetto aggiuntivo, dimentica fino a fine turno tutti i ricordi legati a un evento specifico a scelta del possessore.]. Infine, qualora la lotta sia strenua, il Priore sapeva quando ritirarsi. Quando rientrare nei suoi ranghi e beneficiare della sua potenza per se stesso. Nell'antro nero del suo orgoglio, infatti, egli custodiva la calma che giovava alla sua mente, così come la forza tratta dall'animo di chi lo sosteneva. O dei numerosi ignari innocenti che - prestandogli orecchio - gli donavano in realtà parte del loro spirito. [Psionica, attiva consumo Alto, risorsa energia; cura un danno Medio alla mente; se usata, nello stesso turno, con altre tecniche dell'artefatto, questa dona anche 1 CS a scelta al portatore].

Gli unici limiti dell'ego del Priore erano le sue stesse medaglie.
Il carisma che gli si portava in volto, infatti, prendeva le forme di un tratto ineguagliabile, così come accadeva per la voce e il portamento. E tale supplizio ancora giace sulle teste dei suoi successori, che - portando la maschera che gli fece da araldo - non possono negare al mondo che quella fu la maschera di Caino. [2 malus; se il portatore subisce una tecnica di auspex, il caster capirà che egli indossa la maschera di Ludwig Lestat Lucavi, detto "Caino", nonché i suoi poteri; chiunque ascolti o veda il portatore con indosso la maschera vedrà nel suo aspetto e nella sua voce un tratto non comune, corrotto e quasi innaturale.]



artefatto2

Il Corpo di Caino

Inelluttabile sazietà di spirito.
Il Corpo caduco dell'uomo un tempo era ignoto. O, quantomeno, lo era per coloro che si erano elevati al rango di tiranni o re tra gli uomini.
Tale era Ludwig Lestat Lucavi, detto "Caino". Protettore della verità e del dogma che lo rese padrone di una parte di mondo, fino a quando il bigottismo dei suoi detrattori non lo spinse ai margini, facendo prevalere la democrazia e la libertà, oltre l'efficienza. Così il comune divenne diffuso, e la specialità dell'uomo come Caino lo intendeva, scomparve come un ricordo tra le menti deboli. Tanto fu, che ormai il suo spirito dimenticato è visto come un marchio di paura, di demonismo o di pericolo. Tanto fu, che ora l'uomo comune teme chi sarebbe naturalmente condizionato a dominarlo, in quanto sa che la sua debolezza è scarna e - presto o tardi - si rivelerà in tutta la sua banalità.

Pochi sono coloro che conservano quel corpo indomito.
Quello spirito pregno di ardimento che fu il Corpo di Caino. E questo dimora nel cuore dei pochi che ne sono stati infettati: coloro che hanno macchiato il proprio corpo del suo sangue benedetto, ricevendone in dono un nuovo ardimento, una nuova forza. Questo consente al possessore, per esempio, di resistere a qualunque clima, che sia caldo torrido o freddo perenne; che sia vento sferzante o arsura dilagante. Il corpo resiste freddo e immobile, come se nulla accade. Allo stesso modo, la potenza del muscolo è sempre proporzionata a quella dell'avversario. In modo che se la differenza tra la potenza del possessore e quella del suo nemico è minima, questa aumenterà o si ridurrà fino a divenire pari a essa. In quanto nessuno può ergersi a padrone del corpo di Caino: questo dosa la sua potenza per quel tanto che vale la vita di un misero essere umano. [Passiva a 6 utilizzi; il corpo del possessore resiste a qualunque clima, non subendo alcun effetto per le variazioni di esso; passiva a 4 utilizzi, durante uno scontro fisico, se il possessore possiede 1 CS in meno dell'avversario, allora ne guadagna 1. Malus, se in ogni scontro fisico il possessore possiede 1 CS in più del suo avversario, allora ne perde uno.].

Quando poi il possessore scende in battaglia, il suo corpo risplende come l'ego che fu di Caino.
La sua mano si può abbassare sulla preda come una lama sulla testa del cervo. E qualunque volta in cui questa entri in contatto con la pelle del nemico, quest'ultimo si sentirà più debole e indifeso. Subirà la pressione dell'indomita potenza che fu del Priore, sentendosi svilito e vinto. Vedendo una parte del proprio animo scivolare via e donarsi al possessore, come un lascito di gloria che il servo dona al suo padrone, prima di subirne la punizione. Per dovere e rispetto. [Magica attiva, consumo Basso, risorsa energia; ogni volta in cui il corpo del possessore tocca quello di un nemico, questo perde 1 CS e il possessore guadagna 1 CS; questa tecnica è utilizzabile anche attraverso armi o qualunque strumento a contatto]. Ma è solo l'inizio. La mano del possessore si chiude e le sue unghie diventano lame; allo stesso modo, come fu per Caino, la mano diventa un'arma temibile e pari a una spada di acciaio finissimo. In questo modo, può colpire l'avversario agli arti o in qualunque punto in cui regga un'arma, rendendolo inerme come merita di essere. Danneggiandolo e privandolo di un elemento di fondamentale importanza [Fisica attiva, consumo Medio, risorsa energia; utilizzando le mani come fossero armi, il possessore può infliggere un danno Basso all'avversario e disarmarlo di un singolo pezzo di equipaggiamento; questa tecnica può essere utilizzata come conduttore di qualunque tecnica a contatto]. Ma se non basta, il corpo può chiamare sangue. Quella stessa lama può penetrare nel costato e scavare fino al cuore, lasciando dietro di se una scia di dolore e sangue. In questo caso, la vittima patirà a lungo quel dolore e fuggirà dal possessore, così come i deboli fuggivano dallo sguardo di Caino. Ma il possessore potrà seguirli, udendo i pianti sommessi e annusando il puzzo della paura oltre qualunque nascondiglio. Scovandoli, come ogni fiera scova la sua preda. [Fisica attiva, consumo Medio, risorsa energia; utilizzando le mani come armi il possessore causa un danno Basso alla vittima, e un ulteriore danno Basso da sanguinamento nel turno successivo; come effetto aggiuntivo, il possessore potrà sapere la posizione della vittima per tutta la giocata, seguendo la scia di sangue da questi lasciata].

Come unico prezzo di questo potere, il possessore subirà la stessa sorte che era di Caino.
Il suo corpo sovrannaturale, infatti, era gelido al tocco, apparentemente come fosse morto. Il potere, infatti, non è scevro da difetti. E l'unico difetto di un corpo fuori dal comune è quello di distinguersi da qualunque altro pezzo di carne comune che vaghi sulla terra. E gli altri lo temeranno, in quanto i vermi temono chi è diverso da loro. Chi è nato per comandarli. [Malus il corpo del possessore sarà gelido al tocco, provocando negli altri la sensazione che non sia umano].



 
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8 replies since 22/2/2016, 08:43   290 views
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